07/03/2020 - Piacenza e il coronavirus

Page 1

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE FONDATO NEL 1983

Tel. 0523 881747 www.dodisnc.com Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

Tel. 0523 881747 www.dodisnc.com GIOVEDÌ 07 MAGGIO 2020 - ANNO 38 N. 04 - EURO 0,20

“LaREDAZIONE cooperazione garantisce i servizi più essenziali” Nicoletta Corvi: “Confcooperative in prima linea”

Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

CODOGNO

A PAGINA 5

Le domande degli italiani ora che l’emergenza sembra rallentare

Covid19, dove abbiamo sbagliato parla il Pres. Ordine dei Biologi Che cosa non ha funzionato? Cosa si poteva fare meglio? Lo abbiamo chiesto al Presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna - (a pagina 6) LENTI A CONTATTO

Nel dopo virus un green new deal di

ECONOMIA

A PAGINA 2

CULTURA

SANITÀ

Presto un grande evento per Piacenza

Antonella Lenti

C’è un prima del virus; c’è un qui e ora in cui tutto si è fermato e si muore di virus; c’è un dopo virus tutto da scrivere e da inventare se lo si vuole. Tre tempi di una storia con un filo conduttore che li lega. Da qualunque parte la si prenda ne nasce un interrogativo sul nostro rapporto con l’ambiente e con lo sviluppo di cui la componente umana della natura è stato ideatore, protagonista e utilizzatore estremo. Per ricapitolare ecco lo schema che abbiamo di fronte. LA CASELLA DEL PRIMA – Ieri c’era un’economia vorticosa, il mito del Pil, della produzione che galoppa all’infinito sganciata da altri fattori

A PAGINA 7

GUSTA PIACENZA

Rota: “Prima la Pagani: “Alla sicurezza, poi sanità piacentina il lavoro per tutti” serve una scossa” a cura della redazione

SEGUE A PAGINA 6

Beppe Maestri racconta il virus dalla prima linea

di Giovanni Volpi

A PAGINA 4

A PAGINA 3

AI LETTORI

Corriere Padano tornerà in distribuzione il 6 giugno. Seguiteci sul sito corrierepadano.it

Un bianco da nero quando è Barbera A PAGINA 8


Corriere Padano

2

07 maggio 2020

VIRUS / Dei vicini

Lo psicologo Costa aiuta a capire come affrontare la nuova fase della pandemia Gran parte del mio lavoro di terapeuta è dedicato ad aiutare le persone ad elaborare ed adattarsi ai loro “giorno dopo”. Il giorno dopo un lutto come la perdita di una persona cara, o la perdita un lavoro; il giorno dopo la nascita di un figlio, o l’inizio di una nuova avventura professionale. Il giorno dopo il 21 febbraio scorso quando sono stati diagnosticati i primi casi di Covid-19 nel Lodigiano e il giorno dopo l’inizio della fase 2 partita il 4 Maggio. Sarà un nuovo cambiamento a cui dovremo adattarci così come lo abbiamo fatto in questi 2 mesi di quarantena, dalla quale ci accingiamo ad uscirne con un po’ di timore, proprio perché nelle nostre mura abbiamo trovato sicurezza rispondendo ad un bisogno primario degli esseri viventi: sentirci al sicuro con cibo, protetti dall’esterno e in vita. Ora che le porte delle nostre case, e soprattutto quelle degli altri, si aprono dovremo giorno dopo giorno aprirci anche noi dal punto di vista psichico e relazionale a convivere con prudenza con il rischio di un virus che non è scomparso, ma è ancora presente tra noi. Per questo motivo il nostro nuovo “giorno dopo” sarà inevitabilmente molto lungo in cui dovremo familiarizzare con nuove modalità relazionali e di incontro con l’Altro, siano essi familiari o persone

sconosciute che via via riempiranno le nostre strade, i mezzi pubblici, i luoghi di lavoro. Come un paio di mesi fa ci aspettiamo nuovi comportamenti dettati dalla paura che è una fase emotiva fondamentale e funzionale quando ci si confronta con il nuovo, perché innesca i processi di elaborazione: speriamo che la paura non si trasformi nuovamente in angoscia o forme di fobie sociali in cui tutti gli Altri sono percepiti solo ed esclusivamente come fonte di rischio di infezione: è vero, lo possono essere, ma sono anche persone che come me sono compartecipi della fatica che insieme stiamo provando nell’attraversare questa nuova fase. Ciò che fino ad ora ci ha aiutato è stata una forma di solidarietà, che se ci permettiamo di condividere soprattutto ora con gli altri, con prudenza, attraverso gli sguardi dietro le mascherine ci potrà venire in soccorso. Mettere in atto ora comportamenti azzardati per rimpossessarci della vita normale, sarebbe socialmente pericoloso e frustrante emotivamente, ma se sapremo stare nell’attesa con responsabilità e nuove forme di progettualità, allora la nostra vita di prima tornerà a poco a poco all’orizzonte.

L’emergenza vista con gli occhi di un farmacista di prima linea

Giulio Costa

Giuseppe Maestri ci racconta l’evoluzione dell’emergenza dalla paura vissuta, in quel di Codogno, alla speranza a cura di

piacenzaonline.info di

Carlandrea Triscornia

Quegli occhi azzurri che svettano con vivacità sopra la mascherina protettiva sono diventati uno dei simboli italiani dell’emergenza Coronavirus. Il dottor Giuseppe Maestri, piacentino doc, più semplicemente Beppe per chi lo conosce, in questi due mesi ha conquistato prime pagine di giornali e televisioni di tutto il mondo raccontando la sua storia di combattente dalla prima linea sanitaria. Mai si sarebbe aspettato che la storica farmacia di Codogno, che gestisce con la socia Elena Palotta (anche lei piacentina), diventasse l’avamposto sanitario della zona rossa. A spezzare la nebbiosa tranquillità della bassa lodigiana è arrivato un virus bastardo ed invadente che ha deciso di manifestarsi con forza spaventosa proprio in quello sperduto ospedale di provincia, ignorato dal mondo ma gettonato dalle partorienti lodigiane e piacentine. Partiamo proprio dal “paziente uno” e dalla scoperta che il Covid-19 non era più solo una vicenda cinese, remota bensì qualcosa che bus-

sava con ferocia maligna alle nostre porte. Che impatto ha avuto sulla vostra attività? «Il primo caso emerso ha generato un po’ di panico generale. Tutti abbiamo pensato “ma come … proprio a Codogno!”. Comunque siamo riusciti a gestirla bene. Ha funzionato il coordinamento fra noi, le istituzioni, il sindaco, gli assessori, le autorità sanitarie e gli stessi medici di base. Abbiamo fornito istruzioni ed indicazioni ai cittadini: regole chiare su come comportarsi. Precauzioni semplici ma che hanno abbassato i rischi. Cose che ora sono note a tutti ma che due mesi fa lo erano meno. Ad esempio evitare gli assembramenti davanti alla farmacia. Siamo stati forse i primi in Italia a non far entrare più nessuno all’interno ma a servirli fuori, come se fossimo stati di turno serale. Una modalità che abbiamo adottato subito a Codogno e che poi abbiamo mutuato anche nella nostra sede di piazza Cavalli a Piacenza, un paio di settimane dopo». Come sono stati quei primi giorni vissuti nell’epicentro dell’emergenza? «Una situazione surreale. Tutte le attività erano chiuse, le persone barricate in casa. La città sembrava quasi il set di un film di Sergio Leone. La paragonerei ad un infuocato mezzogiorno western in una città deserta, con la polvere che si solleva dalla strada vuota, sospinta dal vento. Solo che in questo caso il pericolo non erano i banditi e le pallottole sparate dai nemici di Clint Eastwood. Non era cinema: era una realtà fatta da una malattia tanto sconosciuta quanto pericolosa».

Non hanno aspettato i decreti né le ordinanze. L’ultima preghiera comunitaria risale al 21 febbraio con l’allarme del primo focolaio codognese. A condurla, l’imam del centro islamico di via Caorsana: Yassin al Yafi, un religioso di origine yemenita, laureato in studi islamici, guida spirituale della principale moschea di Piacenza, un’associazione che conta migliaia di fedeli. “Abbiamo chiuso il Centro e sospeso le cinque preghiere quotidiane. Ci siamo attivati subito per sostituirle con delle dirette streaming sulle reti sociali. Ho reinventato il mio ruolo realizzando ogni giorno preghiere, sermoni e lezioni coraniche online”. L’imam ha ricoperto una funzione centrale di mediazione sin all’inizo dell’epidemia. Ha tradotto le disposizioni delle autorità, dispensato consigli e confortato le tante famiglie in difficoltà: “La gente mi chiede del fututo, non hanno paura per le loro vite perché le persone di fede sanno accettare la morte, ma temono per l’avvenire dei figli, per la perdita del lavoro, per la tenuta economica delle

Ingombrante, tangibile paura… «Da farmacisti in prima linea … l’ansia c’era e non era poca. Andavi a lavorare alla mattina con la paura di contagiarti. Arrivavano nostri clienti con la tosse. Ti raccontavano di avere febbre persistente da giorni; qualcuno parlava di strani sintomi come la perdita del gusto e dell’olfatto. Sia io sia i miei collaboratori eravamo dotati di mascherine, guanti, visiere, camici monouso, cuffiette copri capelli: siamo stati attentissimi. Quando però ti trovi davanti ad una persona che sospetti essere un caso di Covid … puoi avere tutte le protezioni di questo mondo ma nulla riesce a salvarti dalla paura, quella vera. Non pensi tanto a te ma ai tuoi famigliari, ai figli, ai genitori. L’idea di diventare un pericolo per coloro a cui vuoi bene è un tarlo psicologico difficile da scacciare». Potremmo dire che il virus ha contagiato pesantemente il vostro lavoro? «Lo ha completamente trasformato. Si è perso anche il contatto con il cliente. Prima la gente era abituata a venir in farmacia per comprare le medicine ma anche per fare due chiacchiere. I più affezionati a volte cercavano anche un po’ di conforto, qualche consiglio non necessariamente legato alla salute. Quasi fossimo anche degli psicologi. L’emergenza ha trasformato le vendite in una cosa veloce, mordi e fuggi. Prendi il farmaco e torni a rifugiarti in casa. Si è perso il contatto ed è diventato un mestiere più freddo, automatico. Un fatto comprensibile e dettato dalla paura».

Siete riusciti a tutelarvi? Qualcuno di voi si è ammalato? «Fortunatamente è andato tutto bene. Siamo stati molto attenti e cercheremo di esserlo anche in futuro». A proposito di futuro, cosa vi aspettate da adesso in poi? «L’impressione è che la situazione stia migliorando ma bisogna tenere la guardia molto alta. Il virus continua a circolare. Non sono terminati i contagi e ci si ammala ancora, anche se meno rispetto al passato. L’emergenza non è finita. Spero che le persone abbiano capito come affrontare la situazione, come comportarsi. Credo che per almeno un altro mese si debba usare prudenza assoluta per arginare l’epidemia. Per noi farmacisti, così come per medici, infermieri, sanitari ci sarà da restare “in tensione”. La tranquillità è ancora lontana. Tornando a fare entrare i clienti nelle farmacie inizieremo a ricucire quei rapporti personali con i clienti che si erano allentati. Già in questi primi giorni di fase 2, anche qui a Piacenza, ho intravisto un qualche cambiamento. Intravisto perché con le mascherine si vede poco, si perdono le espressioni del volto. Però dopo tanta tensione, tanta paura, qualche timido sorriso negli occhi riesco a leggerlo. Non è ancora la fine assoluta di un incubo. Penso però sia l’inizio di un domani nuovo e più sereno». Nella foto Giuseppe Maestri

L’Imam Yassin al Yati: “Anche noi abbiamo rinunciato ai riti funebri” loro famiglie”. La maggioranza dei musulmani residenti nel nostro territorio svolge lavori umili e faticosi, in alcuni magazzini del polo logistico rappresentano l’80% della forza lavoro. Il Covid-19 si è preso 13 vite fra i musulmani della città. “Di solito celebriamo le esequie in moschea ma abbiamo rinunciato ai riti funebri e mi sono limitato a benedire le salme nel piazzale del Centro alla presenza di tre parenti”. Davanti a un crescente malessere sociale il Centro islamico ha creato il proprio welfare dell’emergenza. Ogni settimana decine di volontari preparano centinaia di pacchi alimentari “per musulmani e non musulmani in difficoltà economiche, non facciamo distinzioni”, precisa l’imam. Al cuore dell’azione, i ragazzi dei Giovani Musulmani, costola giovanile del Centro islamico. Più esperti in informatica dei loro genitori e con il giusto vigore, il gruppo si è dato un nome “Giovani per il Bene” e solcano le strade della città e della provincia per portare la spesa a domicilio. “Il centro si è trasformato in un supermecato sociale, ad inizio marzo abbiamo ottenuto il permesso dalla Prefettura per girare sul territorio per motivi umanitari”. Il Ramadan è cominciato lo scorso 23 aprile ed è secondo i musulmani il mese sacro in cui fu rivelato il Corano a Mohamed, ultimo e definitivo profeta. Salvo precise eccezioni, compiere il digiuno e assolvere alle preghiere comunitarie non è un opzione ma un obbligo per ogni devoto all’Islam. “In tempi di pandemia e di restrizioni sociali abbiamo cercato di non snaturare il peso di questo evento. Anzi, abbiamo voluto rafforzarlo”. Il Centro di via Caorsana ha così promosso “Nella mia casa c’è una moschea”, una iniziativa che incoraggia ogni fedele a

dedicare alla preghiera una stanza o un angolo della propria abitazione. Le celebrazioni del Ramadan assumono dimenzioni oceaniche in contesti islamici quando al tramonto le comunità si raccolgono per la quotidiana sospesione rituale del digiuno, l’“Iftar”. L’apice della ricorrenza giunge alla fine del mese con l’“Eid el Fitr”, la grande festa della “rottura del digiuno”. “Siamo molto tristi di non poter festeggiare la fine del mese del sacrificio. E’ un giorno speciale da vivere in comunità: i musulmani si abbraciano, mangiano insieme e si fanno regali”. Realtà molto articolata e principale riferimento religioso per i circa 22mila musulmani residenti sul territorio, il Centro di via Caorsana ha le spalle larghe. Il direttore Yassine Baradai è anche segretario generale dell’Ucoii, la principale organizzazione islamica in italia, di ispirazione popolare e conservatrice. La moschea è al centro di una rete che collabora con enti di solidarietà internazionale del peso di Islamic Relief, una associazione caritatevole che aiuta le popolazioni musulmane in stato di sofferenza. A Piacenza, Islamic Relief ha donato una sessantina di pacchi alimentari e ad inizio aprile il Centro di via Caorsana ha offerto decine di cassette di frutta e verdura agli operatori del 118 e della Croce Rossa. Nonostante la reatività della comunità e le sue iniziative di solidarietà nei confronti della cittadinanza, i rapporti con l’attuale amministrazione comunale rimangono freddi e distanti. “Non abbiamo ricevuto gli auguri per il Ramadan né particolari ringraziamenti”. Gaetano Josè Gasperini


07 maggio 2020

VIRUS / Economia

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE FONDATO NEL 1983

Tel. 0523 881747 www.dodisnc.com Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

Tel. 0523 881747 www.dodisnc.com Poste Italiane spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02 2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Pc

GIOVEDÌ 07 MAGGIO 2020 - ANNO 38 N. 04 - EURO 0,20

“LaREDAZIONE cooperazione garantisce i servizi più essenziali” Nicoletta Corvi: “Confcooperative in prima linea”

CODOGNO

A PAGINA 5

Le domande degli italiani ora che l’emergenza sembra rallentare

Covid19, dove abbiamo sbagliato parla il Pres. Ordine dei Biologi

Beppe Maestri racconta il virus dalla prima linea A PAGINA 2

CULTURA

Che cosa non ha funzionato? Cosa si poteva fare meglio? Lo abbiamo chiesto al Presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna - (a pagina 6) LENTI A CONTATTO

Nel dopo virus un green new deal di

ECONOMIA

SANITÀ

Presto un grande evento per Piacenza

AntonellA lenti

C’è un prima del virus; c’è un qui e ora in cui tutto si è fermato e si muore di virus; c’è un dopo virus tutto da scrivere e da inventare se lo si vuole. Tre tempi di una storia con un filo conduttore che li lega. Da qualunque parte la si prenda ne nasce un interrogativo sul nostro rapporto con l’ambiente e con lo sviluppo di cui la componente umana della natura è stato ideatore, protagonista e utilizzatore estremo. Per ricapitolare ecco lo schema che abbiamo di fronte. LA CASELLA DEL PRIMA – Ieri c’era un’economia vorticosa, il mito del Pil, della produzione che galoppa all’infinito sganciata da altri fattori

A PAGINA 7

GUSTA PIACENZA

Rota: “Prima la Pagani: “Alla sicurezza, poi sanità piacentina il lavoro per tutti” serve una scossa” a cura della redazione

SEGUE A PAGINA 6

Corriere Padano

di Giovanni Volpi

A PAGINA 4

A PAGINA 3

Un bianco da nero quando è Barbera A PAGINA 8

AI LETTORI

Corriere Padano tornerà in distribuzione il 6 giugno. Seguiteci sul sito corrierepadano.it

AI LETTORI Aperto un laboratorio

Dopo tre mesi Corriere Padano torna in distribuzione. La tragica emergenza che coinvolge particolarmente il Piacentino penalizza sensibilmente la nostra capacità editoriale costringendoci a ridurre la periodicità, da settimanale a mensile. Svilupperemo invece la presenza on line producendo per il nostro sito www.corrierepadano.it nuovi contenuti e servizi utili. Noterete, sfogliando il giornale, la pubblicazione di testi prodotti dalle redazioni di alcune testate piacentine on line: ilmiogiornale. it - piacenzaonline.info – piacenzadiario.it E’ l’avvio di un laboratorio attorno all’ipotesi di una nuova rete che produca una informazione che sappia interpretare il tempo che stiamo rincorrendo senza alzare la testa. Ecco, noi vorremmo alzare la testa e guardare al futuro dell’informazione cercando di essergli contemporanei. Non sarà facile. Concordiamo però nella convinzione che più esperienze, più conoscenze, più punti di osservazione, più responsabilità possano aiutare. Giuseppe De Petro

3

Rota: ”Sicurezza in primo piano poi il lavoro per tutti” “È tempo di fare sistema e confrontarci con tutti i protagonisti istituzionali da quelli locali a quelli regionali e nazionali”

ZES (Zona economica Speciale) per dire, come ho già ribadito, che Piacenza merita un trattamento speciale a causa della particolare drammaticità che ha segnato il propagarsi del virus. Vorremmo inoltre confrontarci con i vari livelli istituzionali: quello locale già funziona, penso però a quello regionale ed a quello nazionale, quindi mettere in calendario incontri con i consiglieri e assessori regionali e con deputati e ministri.

a cura della redazione

“Voglia di ripartire, certo. E’ una assunzione di responsabilità”. Alberto Rota presidente uscente di Confindustria Piacenza è molto chiaro e determinato: “Vede, è un’assunzione di responsabilità perché siamo noi i primi a voler garantire la massima sicurezza nei luoghi di lavoro. Il protocollo di sicurezza adottato a livello nazionale, alla fine, ha confermato ciò che le nostre aziende avevano già organizzato di loro iniziativa” Presidente, come vi siete mossi per mettere a punto i vostri protocolli? Ci siamo consultati con i nostri consulenti sanitari e abbiamo partecipato ai tavoli con le istituzioni locali: Prefetto, la sindaca Barbieri, i sindacati e le altre associazioni di categoria. Abbiamo anche dichiarato di volerci assumere i costi per maggiori controlli, dai tamponi ai test sierologici. Il protocollo licenziato dal governo nei contenuti è più “lasso” di quanto avremmo voluto. Non sono previsti esami sierologici perché non ancora affidabili. Sarebbe più rassicurante per i lavoratori e per noi sapere di lavorare in un ambiente frequentato da persone sane. Quando saranno approvati li inseriremo nei nostri protocolli. Comunque non abbiamo trascurato nulla. Ora che il virus sembra aver rallentato e quindi essere maggiormente sotto controllo, dobbiamo preoccuparci anche della “salute” delle nostre aziende. Che significa, sul nostro territorio, difendere il lavoro di circa 40.000 lavoratori nella massima sicurezza, difendere le posizioni conquistate sui mercati, anche mondiali. Significa difendere il futuro sociale ed economico del nostro territorio. Da posizioni naturalmente diverse, il confronto con i sindacati si sta sviluppando senza evidenti tensioni… Tensioni assolutamente no, nonostante la differenza di ruoli, siamo entrambi consapevoli della complessità e gravità dei problemi che interessano il lavoro e i lavora-

Sei mesi fa stava sicuramente organizzando il passaggio di consegne al nuovo presidente ripercorrendo i quattro anni e mezzo al timone di Confindustria Piacenza, poi l’emergenza virus ha sconvolto i piani di tutti…

tori, del valore sociale dell’impresa. Noi siamo già in linea con i protocolli firmati a livello nazionale, ciononostante stiamo lavorano a un protocollo provinciale per migliorarlo. Riguardo la cosiddetta Fase 2 siete sul pezzo, come diciamo noi, ma se alziamo lo sguardo cosa vedete? Il tavolo convocato dalla sindaca come sta lavorando? E’ stata una apertura dei lavori, un primo confronto tra varie associazioni portatrici di esperienze e problematiche di ciascun settore. Utile alla corretta interpretazione del fenomeno che si sta sviluppando interessando tutti i livelli sociali. Ora noi stiamo lavorando a un documento che si sta affinando in questi giorni al nostro interno, da condividere poi con le altre categorie, pur tenendo conto delle singole specificità. Con alcune siamo in rapporto di filiera, particolare non trascurabile. Proposte ne abbiamo già fatte, per esempio la richiesta di poter usufruire dello

E’ stato disorientante, inoltre la perdita del nostro direttore Cesare Betti ci ha stordito. Purtroppo al nuovo presidente non potrò consegnare la stessa situazione di cui ho beneficiato io: buoni risultati e costante sviluppo. Potrà però riscontrare come la nostra struttura stia dimostrando un livello di esperienza e conoscenza delle procedure a volte banalizzata, ma che in questo momento viene portata ad esempio da tanti che si rivolgono a noi per avere lumi sulle interpretazioni delle nuove disposizioni. Il salto che dovremo fare sarà riuscire ad analizzare e comprendere il tipo di emergenza che ci ha colpito e che ci costringe a rinunciare ad innumerevoli certezze. I nostri associati hanno già dimostrato di sapere assumere tutte le responsabilità e i rischi di impresa, confermando di poter svolgere un ruolo di tutela e rilancio del nostro territorio. Sono sicuro che Confindustria Piacenza farà la sua parte in termini di salvaguardia della sicurezza e lavoro, ricordiamoci però che la stessa responsabilità deve caratterizzare i comportamenti di tutti. Solo così ci possiamo salvare ed avere un futuro meno incerto. Nella foto Alberto Rota

Francesco Rolleri designato a succedere ad Alberto Rota per il quadriennio 2020-2024

Riunitisi in modalità telematica, 62 dei settanta componenti del consiglio generale di Confindustria Piacenza hanno

espresso la designazione di Francesco Rolleri (Amministratore delgato della Rolleri Spa) alla successione di Alberto Rota. Il consenso registratosi è stato molto ampio. Secondo quanto previsto dallo statuto, la Commissione di designazione, nominata lo scorso 9 dicembre nelle persone di Antonio Cogni, Maurizio Vecchi e Giuseppe Conti, aveva iniziato subito le consultazioni. Il consiglio generale avrebbe dovuto tenersi per formulare la designazione il 24 febbraio, ma

causa Covid è stato riprogrammato per il 4 maggio. I lavori della commissione sono stati facilitati dalla rinuncia spontanea da parte di Marco Livelli (Jobs) a favore di una candidatura unitaria. Nelle prossime settimane il presidente designato alla successione di Alberto Rota presenterà al Consiglio Generale la proposta della sua squadra di vicepresidenti e le linee programmatiche di mandato. Sarà poi l’assemblea che verrà convocata tra la fine di giugno e luglio, per la prima volta in

video-conferenza, ad eleggere il tredicesimo Presidente dalla fondazione, avvenuta il 15 settembre 1945. Con questa elezione si dà compimento alla Riforma Pesenti che ha modificato gli statuti di tutte le associazioni confederali in armonizzazione con quello di Confindustria nazionale. Lo ha fatto semplificando le procedure, eliminando l’organo di giunta, ampliando però l’ufficio di presidenza. Francesco Rolleri, 55 anni, oltre ad essere amministratore delegato della Rolleri Spa di

Vigolzone, la cui attività consiste nella piegatura di lamiere per macchine utensili impiegando 125 dipendenti, non è nuovo a incarichi pubblici. Prima sindaco di Vigolzone per due mandati, poi nel 2014 eletto presidente della Provincia di Piacenza, riconfermato nel 2016 fino al 31 ottobre 2018. Per ultimo candidato alle Europee con +Europa. Esperienze che sicuramente lo aiuteranno a muoversi nel panorama economico e sociale piacentino.


Corriere Padano

07 maggio 2020

VIRUS / Sanità

4

Non solo Coronavirus: la scossa che serve alla sanità piacentina

Augusto Pagani, presidente dell’Ordine dei medici di Piacenza, delinea un quadro di proposte concrete per l’integrazione di medicina ospedaliera e territoriale a vantaggio dei pazienti ti, che possono concludersi anche nell’arco di settimane.

a cura di

Insomma, lei pensa a una sorta di pronto soccorso “parallelo” gestito direttamente e a sua discrezione dal medico di famiglia in dialogo con i colleghi ospedalieri…

ilmiogiornale.net di

Sostanzialmente sì. Oggi in casi del genere per non aspettare i tempi delle varie prenotazioni si manda il paziente in pronto soccorso dove spesso i colleghi ricominciano da capo e cioè senza l’apporto collaborativo del medico di medicina generale; e quindi senza un corredo di informazioni che potrebbero servire per curare il paziente partendo non tanto da una medicina d’urgenza, ma dal suo passato, attestato dagli esami magari già fatti e dalle indicazioni del medico curante.

Giovanni Volpi

Guardare avanti. E non solo ai prossimi mesi di convivenza con il Coronavirus. Alla sanità serve una scossa organizzativa per affrontare il futuro. E Augusto Pagani, presidente dell’Ordine dei medici di Piacenza, prova a delineare un quadro concreto da cui ripartire per migliorare la qualità dell’assistenza a tutti pazienti e non solo agli ammalati di Covid-19. Dottor Pagani che cosa ci ha insegnato questa emergenza Coronavirus? La pandemia ci ha insegnato tante cose. Innanzitutto, ha confermato la necessità di programmare per tempo le dotazioni di uomini e mezzi; alla già spesso segnalata carenza di medici e infermieri si è aggiunta in quest’occasione una grave carenza di mezzi di protezione, che soprattutto nella fase iniziale dell’epidemia ha determinato una situazione di alto rischio per tutti gli operatori sanitari, nonostante l’epidemia in Cina fosse nota da tempo e l’emergenza fosse stata dichiarata il 31 gennaio dal governo. Una situazione estremamente grave, arrivata in un attimo; e che non solo a Piacenza ma anche in altre province e regioni ha evidenziato uno scarso coordinamento tra servizi territoriali e ospedalieri. Abbiamo uno dei migliori servizi sanitari al mondo, ma servono maggiore integrazione, più dialogo e coordinamento. Infine questa tragedia ci ha insegnato che per gestire al meglio un’emergenza bisogna essere molto rapidi nei tempi di reazione, sapendo ciò che si deve fare, avendo ciò che serve e senza ostacoli burocratici o di altro tipo

Molto bello dottor Pagani, ma per fare tutto questo servirebbe anche meno burocrazia, o sbaglio?

Dott. Augusto Pagani presidente Ordine dei medici di Piacenza

che riducano l’efficacia degli interventi. A che modello organizzativo si potrebbe fare riferimento per migliorare le cose? Un modello molto vicino a quello che abbiamo, ma apportando le dovute correzioni. Partiamo dalla drastica riduzione degli accessi agli studi dei medici di famiglia e ai pronto soccorso dei casi non Covid durante l’emergenza. Un calo di oltre 80% che sebbene dovuto all’evitare il rischio Covid, e al netto della riduzione dei potenziali incidenti o infortuni diminuiti per il lockdown, ci ha fatto capire come molte presta-

zioni che prima venivano ritenute indispensabili forse non lo erano. Un dato che fa capire come si potrebbe programmare l’attività in modo diverso, per garantire a tutti le necessarie prestazioni ambulatoriali, ma sostituendo quelle non indispensabili con una medicina di consulenza telefonica o di tele-assistenza, ferma restando la visita a domicilio in caso di bisogno in condizioni di massima sicurezza sia per il paziente che per il medico. Senza dimenticare gli sviluppi di una attività come quella svolta dalle Usca… Che ruolo potrebbero avere le Unità speciali di assistenza domiciliare? Andrebbero sviluppate attraverso una collaborazione più stretta e articolata anche per altre patologie tra medici di medicina generale, specialisti e personale infermieristico. Naturalmente nei casi in cui sia utile anche per ridurre l’ospedalizzazione. Allo stesso scopo potrebbe essere utile organizzare appositi day hospital per pazienti con patologie impegnative, pluripatologie o patologie croniche che necessitino di controlli periodici. Ci può fare un esempio? Pensi a un paziente con il diabete, che ha problemi di scompenso cardiaco, di insufficienza renale ed asma: molto spesso è prenotato per appuntamenti singoli nelle quattro specialità e altrettanto spesso deve fare più di un controllo all’anno. Il che comporta anche la ripetizione di alcuni esami da fare più volte nello stesso periodo, così come più spostamenti di paziente e accompagnatore. Sarebbe un indubbio vantaggio sotto tutti i profili, anche di mezzi e costi, programmare per un paziente del genere un day hospital dove si verifichino una o due volte nell’arco dell’anno le sue condizioni per tutte le patologie nello stesso momento. Basterebbe implementare un servizio che a Piacenza abbiamo già a disposizione da diversi anni e che funziona egregiamente. Di che cosa si tratta? Di un servizio che in alcuni casi permette, a discrezione dei medici di famiglia, la prenotazione diretta e con precedenza sui percorsi normali di un certo tipo di accertamento o di consulenza per i loro pazienti. Ampliare il raggio d’azione offerto da questa opportunità sarebbe un bel passo avanti. Anche ad esempio per consentire al medico di famiglia di prenotare velocemente una visita domiciliare di uno specialista o un day hospital per una qualsiasi esigenza di accertamento o approfondimento di fronte a una sintomatologia complessa accusata dal paziente; e arrivare così a una diagnosi in tempi brevi, dopo aver svolto tutti gli esami in una sola giornata e non spalmati su diversi singoli appuntamen-

Certo, questo purtroppo è scontato. Ci sono troppe norme e troppi singoli adempimenti che spesso trasformano i medici di medicina generale un po’ in passacarte, mentre invece dovrebbero dedicarsi ad altro. Ci spieghi meglio come impatta la burocrazia sul vostro lavoro… All’interno del Sistema sanitario nazionale le prescrizioni di consulenze o accertamenti in convenzione sono fatte in modo diverso a seconda delle regioni coinvolte. E quindi le stesse prestazioni, per esempio tra Emilia-Romagna e Lombardia, prevedono criteri e regole differenti. Cosa che per una città di confine come Piacenza, visto che diversi pazienti si rivolgono anche alle strutture lombarde, complica spesso il lavoro. Poi la burocrazia impera sulle note Cuf, che servono a stabilire l’esenzione per determinati tipi di patologie; c’è nelle esenzioni per reddito e soprattutto nell’enorme mole di certificati medici che vengono richiesti ad ogni pie’ sospinto, per fare qualsiasi cosa nell’arco di un’intera vita, dall’attività sportiva di un giovane all’ingresso in una casa di riposo di un anziano. Qual è la soluzione per tagliare i rami secchi? Attenzione, spesso le richieste sono anche sensate; ma queste necessità di certificazione dovrebbero essere informatizzate e uniformate per qualsivoglia attività, riducendo i tempi e i costi. Basterebbe che tutti avessimo la stessa cartella digitale per i nostri pazienti da cui estrarre in automatico il certificato richiesto. Poi sotto il profilo burocratico non va dimenticata anche la necessità di arrivare all’autocertificazione almeno per i primi tre giorni di malattia del lavoratore, evitando inutili appuntamenti che servono solo a certificare la sua assenza senza ulteriori necessità di approfondimento diagnostico, visto che molto spesso il paziente si presenta a malessere terminato e il medico diventa un notaio che attesta qualcosa di cui è solo spettatore e non arbitro. Ma tornando alla cartella digitale, potrebbe avere anche un altro utilizzo ben più ampio di quello certificativo. Ci dica, dottor Pagani… Se questo documento digitale uniforme dialogasse davvero in modo sincronizzato con i software dei reparti ospedalieri, delle case di cura, degli studi degli specialisti, si potrebbero estrarre di volta in volta tutti gli elementi necessari diligentemente inseriti dal medico di famiglia. Costerà tempo, ma vuol mettere quanto se ne risparmierebbe a valle per tutti? Sarebbe il modo migliore per integrare medicina ospedaliera e medicina generale a tutto vantaggio della cura dei nostri pazienti.


07 maggio 2020

VIRUS / Emergenza sociale

Corriere Padano

“Confcooperative in prima linea per sostenere famiglie e aziende”

5

Nicoletta Corvi: “Le cooperative sociali hanno garantito i servizi essenziali in piena emergenza. Ci confronteremo anche con le imprese per studiare insieme interventi specifici” Con la fase 2 e la riapertura delle aziende emergono nuove esigenze e si configurano nuovi scenari che interesseranno il territorio superata l’emergenza sanitaria da Covid 19. “La riapertura delle attività produttive non può prescindere dall’elaborazione di un piano di azione incentrato sui servizi alle famiglie”, afferma Nicoletta Corvi, direttore di Confcooperative Piacenza, la quale sottolinea l’impossibilità per le donne lavoratrici (e in generale per le famiglie) di recarsi al lavoro in mancanza di una riprogrammazione dei servizi per l’infanzia e per le fasce deboli della popolazione. “Come Confcooperative – ricorda Corvi – abbiamo individuato nuove strategie di intervento per sostenere le famiglie in fase di post emergenza e per rendere sicuri gli ambienti di lavoro, con particolare attenzione alle cooperative sociali, dove gli spazi sono usufruiti da bambini, anziani, disabili e persone in difficoltà”. Il direttore di Confcooperative sottolinea la mancanza – ad oggi – “di una programmazione ben definita ed inclusiva di tutti gli elementi necessari al riavvio dei servizi alla persona: organizzativi, autorizzativi, sanitari, economici”, ed evidenzia la necessità di “azioni definite e di una visione complessiva di insieme”. Tutte le nostre cooperative – aggiunge Corvi – hanno lavorato in questi mesi all’individuazione di proposte alternative per poter riprendere la propria attività (dopo oltre due mesi di inattività) in totale sicurezza, adeguandosi alle nuove modalità di lavoro consentite oggi dalle recenti direttive. Siamo consapevoli – aggiunge – del profondo e radicale mutamento con cui ci dovremo confrontare e abbiamo ragionato su alcune linee di azione da adottare nei prossimi mesi”. Qualità e sicurezza “Le cooperative sociali – per poter garantire gli standard di sicurezza necessari nella fase di post emergenza – necessitano di un incremento del personale (qualificato ed opportunamente formato). Solo così potranno offrire gli stessi servizi qualitativi a gruppi più circoscritti di persone (negli asili, nei centri estivi, nelle strutture per anziani e per disabili). In un centro estivo, ad esempio, – spiega Corvi – per

Sostenere le cooperative significa creare le condizioni affinché le realtà produttive possano ripartire poterci occupare di piccoli gruppi di bambini, avremo bisogno di molti più educatori rispetto al passato”. A ciò si aggiunge la proposta di estendere il servizio di sostegno a domicilio (o di piccolo gruppo), ad una platea più ampia di anziani e disabili. “Queste nuove modalità di lavoro – aggiunge – comportano un conseguente aumento dei costi ed un necessario maggiore sostegno da parte del settore pubblico, affinché i costi maggio-

ri non gravino sulle famiglie stesse”. Si aggiungono inoltre gli interventi in ambito di sicurezza degli ambienti per garantire il rispetto delle indicazioni sanitarie: distanze, dispositivi, sanificazione, nuova modulazione di spazi e arredi. “In queste settimane – aggiunge Corvi – stiamo svolgendo un’intensa attività di monitoraggio insieme alle famiglie per comprendere al meglio le esigenze del territorio ed intervenire rimodulando l’offerta in maniera mirata”. Servizi su misura in azienda Confcooperative sta inoltre ragionando sulla possibilità di proporre ‘servizi su misura’ alle aziende del territorio: “Intendiamo confrontarci con le imprese locali per studiare insieme interventi specifici, pensati appositamente per chi rientra al lavoro e deve – nelle stesse ore – occuparsi dei propri figli e dei genitori anziani. Potremmo pensare di portare i nostri servizi direttamente sul luogo di lavoro, ed offrirci come utili strumenti di welfare aziendale in convenzione con le aziende e con la collaborazione delle famiglie. Una soluzione che consentirebbe di rientrare a lavoro con maggiore serenità”. Impegno crescente sul territorio “Sostenere le cooperative – prosegue Corvi – significa creare le condizioni affinché le realtà produttive possano ripartire, rendendo un servizio importante alle famiglie e al territorio, e – al tempo stesso – permettere alle numerose cooperative sociali coinvolte, di ritornare esse stesse ad essere produttive, consentendone la sostenibilità economica ed il mantenimento della occupazione, prevalentemente femminile”. Il direttore di Confcooperative ricorda, infine, il grande contributo offerto dalle cooperative sociali in questi due mesi: “I servizi essenziali sono rimasti attivi anche in piena emergenza, ed abbiamo offerto un supporto – in molti casi – personalizzato, attraverso il mantenimento di alcuni presidi sul territorio. I bisogni esistenti sono rimasti tali anche in piena emergenza e nuove fragilità si sono aggiunte e ci impongono un grande impegno per il futuro”. Nella foto Nicoletta Corvi

Liberali Piacentini: “La pandemia deve insegnarci il criterio etico di spesa. Per noi una priorità assoluta” L’Associazione non si è finora espressa in omaggio al pensiero di chi vuole che, in periodi difficili, non si polemizzi, e ciò ha fatto rispettando peraltro un criterio che non è proprio della cultura liberale. Siamo eredi di un mondo politico (quello dello Stato liberale) che si sentiva forte a Camere aperte (non, chiuse). Il confronto (che non è la polemica, degenerazione del confronto) è sempre positivo se è proposta di diverse soluzioni perché chi ha la responsabilità di decidere decida, scegliendo fra più soluzioni. In momenti difficili il confronto dovrebbe essere potenziato e non pretermesso (così sostiene chi in esso sostanzialmente non crede perché intriso di ideologie fideistiche) come se non si dovesse disturbare il manovratore (unico). Oggi – come liberali – prendiamo posizione perché la polemica è già scoppiata. Antonio Coppolino e Corrado Sforza Fogliani La Sindaca ha preso posizione contro la discriminazione regionale per l’hub che ha immotivatamente ignorato Piacenza. A questo, a parere nostro, si deve essenzialmente rimanere ed è su questo che la Sindaca (di cui apprezziamo, oggi, la determinazione, se la riconfermerà) deve esigere precise risposte dal Presidente della Regione. La manovra (di distrazione di massa) tentata dal Pd, è patetica: l’ospedale non c’entra, si deve discutere di hub in questo contesto emergenziale e subito, fin che c’è tempo. Nella polemica innescata dalla discriminazione anzidetta, si è inserita la ministra De Micheli. È un’altra manovra di distrazione di massa. Si è spesa in un articolo di 203 righe (nella sua versione giornalistica) di cui solo 5 righe (prima) e 6 (dopo) riguardano Piacenza, per un totale di 11 righe su più di 200. L’articolo – a parte i consueti ringraziamenti accattivanti (con baci sottintesi) a tutti – è un insieme di frasi apodittiche (abbiamo fatto “tutto il possibile”: ma se è di questo, che si discute!) o di appropriazioni personali di meriti non dimostrate né accennate. Le parti piacentine. Per la prima parte (ospedale militare, medici infermieri volontari) andrebbero verificate le affermazioni e allo stato non possiamo esprimerci e tantomeno accettare l’indimostrato, non possedendo elementi per giudicare. Per la seconda

parte (nuovo ospedale e progetto nazionale ecc.) abbiamo già detto: fuga in avanti, per non parlare del presente. Sul piano nazionale, la pandemia darà motivo di attivarsi a chi non crede nell’iniziativa privata (che c’è anche nel pubblico, anche se non è di esso una caratteristica). L’Italia dovrà guardarsi dalla pandemia statalista che i profittatori di regime tenteranno di introdurre. Sul piano locale (ma anche nazionale), la pandemia deve insegnarci questo: che non abbiamo fatto a Piacenza quello che hanno fatto le nazioni che hanno sconfitto il virus Corona in un mese (Sud Corea) e cioè una campagna sistematica di tamponi (a sintomatici ed asintomatici), perché non avevamo i soldi per farla. Come, all’inizio, ci dicevano che le mascherine non servivano perché non c’erano i soldi; ora, dicono il contrario. Altrettanto la scelta fra anziani e giovani: non c’erano tutte le macchine che ci volevano, e neanche i soldi per comprarli perché mal spesi prima. Il discorso, passa al Comune – in questa sede – e a tutti gli organismi locali. Va rivista, prima di tutto la spesa: fare non le cose opportune, ma cose necessarie e/o indispensabili (e basta). Anche le spese già deliberate vanno riviste a questa luce: così si troveranno i soldi per abbassare le tasse, che sono la sciagura del nostro tempo. Non è concepibile spendere milioni e milioni per rotonde inutili (8/9 su 10). Se si riuscirà – anche in sede locale – ad uniformarci a questo criterio di “affamare la Bestia della spesa pubblica”, la pandemia potrà financo essere utile (e non solo tragica e dannosa). L’aspetto etico della spesa pubblica è una priorità assoluta, sul quale devono ritrovarsi tutti gli uomini di buona volontà. Su questo criterio selettivo, l’Associazione sarà sempre d’accordo, sostenendo chi in buonafede starà da questa parte. Potrà scapitarne (al momento, nell’immediato) il clientelismo elettorale, ma l’opinione pubblica capirà. E comunque comincerà anch’essa a convincersi del criterio (etico) di spesa che la pandemia deve insegnarci (ed ha a quasi tutti insegnato). A cura dell’Associazione Liberali Piacentina "Luigi Einaudi"


Corriere Padano

6

07 maggio 2020

LENTI A CONTATTO

La svolta, nel dopo virus un vero green new deal

C’è spazio per una nuova frontiera pubblica che progetti su ambiente, salute e digitale con un’ottica diversa. Da qui si riparte di

Antonella Lenti

C’è un prima del virus; c’è un qui e ora in cui tutto si è fermato e si muore di virus; c’è un dopo virus tutto da scrivere e da inventare se lo si vuole. Tre tempi di una storia con un filo conduttore che li lega. Da qualunque parte la si prenda ne nasce un interrogativo sul nostro rapporto con l’ambiente e con lo sviluppo di cui la componente umana della natura è stato ideatore, protagonista e utilizzatore estremo. Per ricapitolare ecco lo schema che abbiamo di fronte. LA CASELLA DEL PRIMA – Ieri c’era un’economia vorticosa, il mito del Pil, della produzione che galoppa all’infinito sganciata da altri fattori. LA CASELLA DEL QUI E ORA – Nel qui e ora c’è naturalmente il dolore che ci accomuna tutti per le persone che vengono continuamente colpite e che soccombono alla malattia e poi c’è qualcosa che non era mai accaduto nell’era contemporanea: il blocco totale delle attività. Dall’oggi al domani si è fermata la nazione. La prima volta nell’era contemporanea. LA CASELLA DEL DOPO – Il dopo è un nuovo spazio da riempire. Ci possono stare tante idee nuove tante strade completamente diverse da quelle che abbiamo percorso fino a qui. Nel dopo si hanno davanti due strade: riaccendere i motori al punto in cui si erano spenti e procedere nella stessa direzione oppure riprogettare (e si tratta di farlo in corsa) e ripensare la direzione che si vuole prendere e i mezzi con cui ci si vuole arrivare a quella direzione. Di questo “dopo” hanno parlato in tanti in queste settimane. Tanti esprimono la certezza che nulla sarà come prima. Va detto però che nulla cambia per moto proprio. Ci vuole il coraggio e la determinazione a volercela fare e agire concretamente contro l’inquinamento e salvare l’ambiente di cui - piccolo particolare da ricordare se ce ne fossimo scordati - anche noi facciamo parte. Il virus ce lo ha drammaticamente spiattellato in faccia. Il tema ambientale è il cuore della pandemia che

In questa foto Giuseppe Miserotti. In alto, Laura Chiappa stiamo vivendo e l’interrogativo sul quale dopo dovremmo costruire è stato oggetto di alcuni interventi pubblicati dal blog www.antonellalenti.it canale Lenti a contatto idee in movimento di cui sono stati protagonisti Laura Chiappa presidente di Legambiente di Piacenza intervistata dal blog; il dottor Giuseppe Miserotti presidente di ISDE Emilia Romagna (medici per l’ambiente) e membro della giunta nazionale di ISDE e già presidente dell’ordine dei medici di Piacenza attraverso un’intervista rilasciata di recente a Slowfood on air e la riproposizione di un intervento su YouTube del presidente di Isde-Italia Agostino Di Ciaula. Tre protagonisti diversi che parlano del dopo in chiave ambientale. Dapprima Laura Chiappa che nella lunga intervista si sofferma sulla necessità di imprimere una svolta decisa “se non ora quando” è il suo messaggio partendo da una questione di fondo la relazione tra epidemie e inquinamento: “si dovranno fare altri studi per approfondire, ma il legame sembra essere strettissimo”. Chiappa mette l’accento su

un concetto che da vent’anni pare inascoltato: una virata decisa al modello di sviluppo. “Alla base di tutto rendere compatibile il maggior benessere con un minore consumo di risorse. Con forza lo hanno ribadito i ragazzi di Friday for future senza essere purtroppo ascoltati”. Segnala. E chi dovrebbe portare avanti questi progetti nuovi, ambiziosi? “Be’ la politica – dice Chiappa - bisogna che la politica cominci a rigiocare il suo ruolo davvero. I fondi saranno impiegati per riprendere da dove abbiamo lasciato e riprendere quindi le politiche di prima o li useremo per ripartire con questa riconversione dell’economia green cercando di lavorare per uno sviluppo economico diverso? Il nostro incitamento è questo: Cominciamo già da adesso”. Come abbattere i tanti interessi connessi al nostro sistema di vita attuale? “La riconversione - spiega Laura Chiappa - potrebbe portare a vantaggi non solo per l’ambiente e la salute dei cittadini, ma anche per l’economia che ne trarrebbe enormi benefici”. E servono poi azioni decise per affrontare le fragilità che questa esperienza ha messo in evidenza: dalla gestione della sanità al deficit tecnologico. “Quando parliamo di svoltare – richiama Laura Chiappa - ci si riferisce anche alla necessità di un piano pubblico per sanità e istruzione. Credo che vadano ripensati questi due sistemi. Sulla sanità negli ultimi anni si è spinto molto sulla privatizzazione in molte regioni. Ora torniamo a ripubblicizzarlo e a ridargli importanza. Prendiamo Piacenza non serve un nuovo ospedale. Serve avere medici, assistenti, serve un sistema diverso che permetta di curarci meglio non sono le strutture a fare la differenza, è quello che c’è dentro. Altrettanto credo sia necessario pensare a piani di connessione digitale per tutto il territorio senza distinzione tra il territorio urbano e quello montano e rurale in modo da permettere lo smart working di cui si è fatto un gran parlare e che stiamo sperimentando solo ora. E’ una soluzione che attiva due elementi virtuosi.”

Insomma il tema è stimolante e aperto. Ci sarà la svolta? Di svolta parla anche Giuseppe Miserotti nell’intervista a Slow Food on air ripresa dal blog. Miserotti rilancia il tema del modello di sviluppo e parte dalla biodiversità. L’italia è un paese ricchissimo di biodiversità però questa si sta perdendo e il depauperamento apre le porte a una minor sicurezza. “La biodiversità – dice Miserotti - definisce anche delle chiavi di rapporti molto complessi e sono di tipo genetico, di tipo competitivo rispetto ad aree che riguardano anche la biodiversità dell’uomo. Ora si parla molto del coronavirus non dimentichiamoci che il territorio da dove probabilmente è partito il famoso salto di specie che è avvenuto nella zona di Whuan, con 11-12 milioni di abitanti con un’espansione territoriale enorme e con fenomeni di urbanizzazione che hanno radicalmente cambiato non solo la vita dell’uomo, ma i rapporti molto fini e molto invisibili anche rispetto alla microbiologia del mondo animale e vegetale che è sempre in un equilibrio perfetto”. Quindi il dottor Agostino Di Ciaula di Isde-Italia che esprime non poche perplessità sulla fase due cioè il riavvio seppur parziale deciso per il 4 maggio. Nel domandarsi se siamo davvero pronti per la fase due e per la riapertura mette l’accento su due questioni di fondo di cui ci si dovrebbe occupare prima di ripartire: ricominciare per quale sviluppo e ricominciare con quale sanità? Solo passando per questi due terreni, analizzando gli errori e correggendoli si può entrare in una fase 2 senza che sia un azzardo, è in sostanza il suo messaggio. Il dottor Di Ciaula in particolare sulla sanità “Riflettiamo, ci dice il medico su un sistema sanitario fortemente depotenziato nel corso degli anni e sul fatto che si è data molto più importanza al tema cura più che alla salute”. Argomentazioni che richiamano alla necessità di un cambiamento. www.antonellalenti.it

Covid19, dove abbiamo sbagliato parla il Pres. Ordine dei Biologi

Che cosa non ha funzionato? Cosa si poteva fare meglio e non è stato fatto? Lo abbiamo chiesto al Presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna a cura di

heralditalia.it di

Salvatore Di Rienzo

Coronavirus, dove ha sbagliato l’Italia? Col senno di poi è facile dare giudizi. Eppure è doveroso iniziare a fare delle analisi. Seppure nel pieno rispetto di quanti, a vario titolo, stanno ancora combattendo questa grave epidemia. In Italia sono decedute, al momento in cui si scrive, quasi 30 mila persone da Covid-19. Il numero delle persone contagiate ha superato abbondantemente le 200 mila unità. La Lombardia si è trovata ad affrontare una situazione sanitaria da guerra. Che cosa non ha funzionato? Cosa si poteva fare meglio e non è stato fatto? Perché l’ondata è stata così grave e travolgente? Sono le domande che si fanno di milioni di italiani. Lo abbiamo chiesto al Presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna. L’intervista esclusiva di Herald Italia. Presidente, qual è il rapporto tra un biologo e il coronavirus? “Il biologo ha importanti competenze in materia di virologia. Questo contrariamente a quanto la gente possa credere. Il biologo può selezionare il virus, effettuare l’identificazione del genoma, andare ad analizzare il materiale virale. Che in questo caso è di Rna. Ovviamente rileva con indagini analitiche la presenza del virus, con il cosiddetto tampone. Che altro non è che una sonda, che contiene la copia opposta di questo filamento di Rna, successivamente amplificata è rilevata. Poi ci sono tutta una serie di altre attività importanti poste in essere dai biologi. Fino alla ricostruzione Epidemiologica e Filogenetica dei flussi virali, una specie albero genealogico, che ci fa comprendere da dove il virus è partito e come si sia modificato nel tempo . Andare a rintracciare il cosiddetto Paziente 0.” Eppure i biologi si vedono pochissimo in tv, nonostante l’importanza del loro lavoro. “Ha ragione. Si lamentano di questo molti colleghi e mi lamento io. Tenga conto che i biologi iscritti all’ordine sono circa 50 mila. I

medici iscritti all’ordine ne sono circa mezzo milione. Gli infermieri ancora molti di più Sono categorie che hanno un peso politico molto più alto di quello dei biologi. Siamo peraltro una categoria giovane . Sono appena due anni che siamo stati inseriti all’interno delle professioni sanitarie, grazie ad una legge che io stesso ho perorato prima come deputato e poi come senatore.” Abbiamo varato i provvedimenti più restrittivi. Siamo entrati prima nell’emergenza e ne stiamo uscendo dopo. Dove ha sbagliando l’Italia? “Nella qualità di presidente dell’Ordine dovrei darle una risposta diplomatica (scherza n.d.r.). Le rispondo da semplice biologo e osservatore. Purtroppo sono stati commessi molti errori. Quanto e se questi errori erano effettivamente evitabili non lo posso stabilire io. Premettendo però che col senno di poi sono tutti bravi a dare giudizi. Ora che la situazione è più chiara è facile parlare. Anche se c’è chi alcune cose le ha dette dall’inizio.” Cioè? “Il primo errore a mio avviso è stato quello di non voler ascoltare gente come Giulio Tarro o come Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, oppure Maria Rita Gismondo del Sacco di Milano. Quando ci avevano avvertiti che ci trovavamo in presenza di due diverse epidemie e due diverse categorie di virus. Diversi da quello che l’equipe di Maria Capobianchi aveva già isolato allo Spallanzani di Roma. Il cosiddetto virus cinese presente nella coppia di turisti cinesi ricoverato che erano portatori del virus di provenienza dalla Cina. Il virus si è diffuso per oltre un mese al nord in maniera incontrollata “C’era invece unaltro virus, cosiddetto autoctono, che io ebbi a definire ‘padano’, attirandomi le ire di molti soggetti politici, come se fosse una forma di discriminazione. Tutt’altro. Lo definivo padano perché girava nel territorio della pianura padana molto tempo prima che arrivasse il virus cinese. Cosa che poi è stata dimostrata dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, quando ha isolato in tre pazienti di Codogno dei virus che all’analisi del genoma si sono manifestati diversi dal Covid-1 e Covid-2 (la mutazione del virus cinese nei due pazienti dello Spallanzani). Adesso è una notizia pacifica.” Molti in questa emergenza hanno acquisito una grande notorietà “Anche quelli che in un primo momento hanno duramente conte-

stato Tarro e la dottoressa Gismondo, adesso si attestano sulle loro posizioni. C’è chi in questa emergenza ha acquisito una grande notorietà televisiva, al cospetto della normalità scientifica di cui sono portatori. Perché molti di questi sovraesposti non hanno scoperto niente. Questo non va a loro disdoro ma il piglio di lanciare anatemi e distribuire patenti di ortodossia scientifica è francamente intollerabile. Alla fine, sappiamo tutti che alcuni di questi personaggi ancora sovraesposti avevano già sbagliato clamorosamente le loro previsioni.” La tesi all’inizio inascoltata delle due Epidemie “Mentre alcuni personaggi sovraesposti agli inizi di febbraio parlavano del virus cinese, dicendo che non c’era pericolo in Italia, altri studiosi lavoravano all’identificazione dell’epidemia interna. Tarro lo ha affermato dall’inizio come ipotesi scientifica. Sosteneva che c’erano due epidemie. Una interna e una dalla Cina. Quella cinese era più facile da controllare, verificando e bloccando l’ingresso di merci e persone. Chiaramente anche il virus autoctono probabilmente viene dalla Cina. Su questo ci sono le responsabilità della Cina, che non ha avvertito quando era in tempo.” Il virus quindi si è diffuso incontrollatamente per circa un mese. “L’epidemia interna, quella che si è diffusa nel nord dell’Italia, stava invece diffondendosi in maniera incontrollata. Il fatto che il nostro sia un altro virus, in effetti, è passata molto sotto traccia. E non parliamo di una cosa trascurabile. Un virus che cavalcava in quei luoghi già qualche mese prima dell’emergenza, pensi quante centinaia di migliaia di persone ha infettato prima che si prendessero provvedimenti. Così gli asintomatici hanno distribuito il virus in buona parte del nord Italia.” Presidente D’Anna, alla luce delle sue dichiarazioni si spiega meglio ciò che è successo in Lombardia. “È chiaro che questa situazione incontrollata, ha fatto in modo che migliaia di persone contemporaneamente si siano rivolte al sistema sanitario. Ecco spiegata la catastrofe. Perciò tutto è andato in tilt. Nessun sistema sanitario al mondo avrebbe retto. Perché è una sanità di guerra, non di pace. Se a un virus come questo gli dai più di un mese di tempo ti infetta in maniera silente anche un milione di persone. Ed è quello che è successo, considerando gli asintomatici. Quindi il primo grave problema è stato dare tempo a questo virus di infettare il nord Italia.” Trovate l’intervista completa su www.corrierepadano.it


07 maggio 2020

CULTURA E SOCIETÀ

RIPRENDIAMOCI IL FUTURO: cultura e scuola, come sarà la ripartenza a Piacenza

Papamarenghi: “Presto annunceremo un grande evento per Piacenza” a cura di

piacenzadiario.it di

Laura Parmeggiani

Parte dalla biblioteca e dai libri il parziale, graduale risveglio culturale di Piacenza, in contemporanea alla Fase 2 dell’emergenza Coronavirus. Non solo consegne a domicilio di libri della Passerini Landi, ma anche, a breve, la possibilità di operare prestiti o restituzioni direttamente presso la biblioteca. Lo conferma l’assessore alla cultura Jonathan Papamarenghi che precisa “Abbiamo attivato la consegna a domicilio dal 4 maggio pensando soprattutto ai bisogni degli over 65 e dei ragazzi che stanno lavorando alle tesi. A breve, probabilmente già da lunedì 11 maggio, saremo anche in grado di ripristinare la consegna diretta dei libri, con un operatore che sarà

disponibile all’ingresso della Passerini Landi, ovviamente con tutti i dispositivi di sicurezza. Anche i libri dati in prestito, una volta restituiti, andranno in quarantena; verranno collocati in uno spazio apposito e non rimessi in circolazione se non dopo un periodo di riposo cautelare.” Intanto, in questi due mesi, è stato boom di iscrizioni alla biblioteca digitale EmiLib attivata dalla Regione, con migliaia di titoli tra libri, riviste, quotidiani e dvd. Ma la cultura è anche altro. “Per quanto riguarda i musei -aggiunge Papamarenghi - la

loro riapertura non avverrà sicuramente entro maggio. Rispetto ad altri comuni, dove si spinge per aprire, noi abbiamo scelto una via più cauta, evitando di incentivare la mobilità. Anche il teatro, pur valutando la possibilità di spettacoli a numeri ridotti, che però sarebbero risultati elitari, resterà chiuso per diverso tempo; ci riserviamo di prendere in considerazione come coinvolgere i piacentini negli effetti delle deroghe concesse al Festival di Ravenna con il maestro Muti e l’orchestra Giovanile Cherubini. Si sta poi pensando ad un grande

che gli avevo trasmesso creando un prodotto facile da consultare che rispecchi fedelmente le mie necessità. Per ora è on line la prima parte che riguarda la scrittura di recensioni di libri letti, delle altre parti non posso parlare perché sono ancora in via di definizione.

tre parole vorrei catturarne l’anima.

evento per Piacenza, qualcosa che possa ripagare la comunità piacentina delle tante sofferenze causate da questa epidemia; nelle prossime settimane-assicura l’Assessore- saremo pronti ad annunciarlo” La cultura è importante, e lo sarà, a sostegno del turismo, anche per la ripartenza. Le priorità però al momento sono anche altre. Aiutare le imprese, il commercio, ristoranti e alberghi (che hanno chiuso prima di altri). Aiutare le famiglie e mettere a punto soluzioni praticabili per riaprire le scuole. “Dopo aver attivato il progetto “Porcospino”-precisa Papamarenghi- ora serve mettere mano agli spazi della scuola sollecitando le istituzioni per essere pronti a settembre. Pronti a garantire un’adeguata istruzione ai quasi 20.000 studenti piacentini (valutando solo quelli dalla materna alle medie) e una risposta adeguata alle tante famiglie che già a partire dal 4 maggio, dovendo ricominciare a lavorare, si troveranno ad affrontare non poche difficoltà.

Paolatorretta.it a tutto libri Nuova veste grafica per il blog a cura di

piacenzadiario.it di

Mirella Molinari

Tra le tante proposte on line, a Piacenza spicca quella di Paola Torretta. Un blog, da poco rinnovato, per chi ama la scrittura e la lettura, ma anche un diario culturale con suggestioni e spunti fuori dal coro. La nostra breve intervista a Paola, svela qualcosa di più di questo progetto e del suo sviluppo. Ricordiamo quando e con quale spirito é nato il blog Paola Torretta? paolatorretta.it nasce dalla passione per i libri, per la lettura e soprattutto per la capacità che alcuni scrittori hanno, utilizzando parole ben armonizzate, nel costruire storie. Grazie al web questa passione ha trovato uno spazio dove lavoro intensamente informando e condividendo sensazioni e opinioni. Da qualche settimana il blog si mostra con un look rinnovato; cosa resta del progetto originale e cosa c’é di nuovo nei contenuti? Dopo quasi due anni di lavoro ho pensato di dare un’immagine nuova e più immediata per rendere il progetto sempre più contemporaneo. Fortunato è stato l’incontro con Edoardo Repetti, un talentuoso ragazzo piacentino, che attualmente residente e lavora in Olanda, che con le sue professionalità di grafico è riuscito a concretizzare le sensazioni

In base a quale criterio scegli libri da recensire? L’idea di base di paolatorretta. it era quella di creare un diario delle mie letture legate alla esperienza personale. A questo primo approccio assolutamente personale vorrei ora aggiungere un approccio più informativo. È mia intenzione, dal mese di maggio trasmettere una panoramica sulle novità editoriali italiane e straniere e incrementare l’aspetto social di condivisione. I tuoi autori preferiti. Ma ti chiedo anche a quale scrittore vorresti fare una intervista. Non riesco ad avere degli autori preferiti in assoluto ma risponderei a questa domanda dicendo che le fasi della mia vita sono spesso legate al ricordo degli autori che ho letto in quel periodo. Ad esempio gli anni del liceo mi portano a Natalia Ginzburg e Gabriel Garcia Marquez, la giovinezza e l’università sono invece legati alla scoperta della letteratura inglese in particolare di Jane Austen. Ora, poiché sono tornata da poco dagli Stati Uniti, è il momento di Ernest Hemingway, Fernanda Pivano e Tom Wolfe. Quale scrittore vorrei intervistare? Sicuramente tutti quelli che ho letto. Poiché sono innamorata del momento magico della scrittura, ad ogni autore indistintamente chiederei com’è arrivato alla scrittura e qual è il suo metodo di lavoro. In al-

Infine un consiglio per una buona lettura. Visto il periodo che stiamo vivendo e per capire anche il potere lungimirante della narrazione, perché non leggere Spillover, un libro scritto nel 2017 da David Quammen, scrittore e divulgatore scientifico statunitense, pubblicato recentemente da Adelphi. Non è un romanzo ma comunque racconta una storia super avvincente. Grazie a questa lettura forse comprendiamo meglio la nostra

Giornale indipendente: distribuito gratuitamente nella città di Piacenza e nei comuni limitrofi attraverso espositori posti nei luoghi di aggregazione e passaggio. Direttore responsabile: Giuseppe De Petro. g.depetro@corrierepadano.it

città che da luogo tranquillo e provinciale, dove non succede mai niente, improvvisamente si è trovata catapultata in cima alle classifiche tra le città italiane con il più alto numero di morti per la diffusione della pandemia del Covid 19. A Piacenza auguro, nonostante il profondo affanno e le difficoltà, di risollevarsi e ripartire al più presto promettendo di appoggiare dalle pagine del mio blog qualsiasi iniziativa interessante mi venga proposta.

Editore: Sumarte S.R.L. Largo Erfurt, 7 29122 Piacenza Tel. 345 8004819 www.corrierepadano.it Pubblicità Sumarte S.R.L Pubblicità 29122 Piacenza Largo Erfurt,7 Tel. 335 5620636 E-Mail: infosumartepubblicita.it Stampa: FDA Eurostampa Srl Borgosatollo (BS) Registrazione Tribunale di Lodi n.162 in data 20/07/1983

Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Corriere Padano

7


Corriere Padano

GUSTA PIACENZA

8

07 maggio 2020

ILLICA VINI - Da agricoltura biologica nella riserva naturale del Piacenziano

Un bianco dal nero dove il nero è Barbera

1919 IL CENTENARIO - BLANC DE NOIRS: sul sughero c’è scritto che la vita è troppo breve per bere vini mediocri Mia nonna era di Casa Roveda. In famiglia sentivo parlare di Casa Roveda con timbro enfatico. Da piccolo mi figuravo fosse come la Casa Bianca di Washington, come la Casa Rosada di Buenos Aires. È qualcosa di meno. Casa Roveda, Val Tidone, siamo sempre andati lì a prendere il vino. Il babbo aveva un ex commilitone diventato vignaiolo, che gli preparava la damigiana. Mi piaceva accompagnarlo all’acquisto, ascoltare le loro storie (anche se si ripetevano spesso). L’ex commilitone diventato vignaiolo, disse che l’unico vino buono di Piacenza si faceva in Val Tidone. Era convinto, oggi lo sarebbe meno. La piccola Val d’Ongina ad esempio offre ottimi autori, gente che esce dalle righe tracciate dal frizzantino e dalla scodella macchiata. Ho conosciuto Fabrizio Illica, vignaiolo proprio lì. Mi ha invitato a una cena in cantina. Fabrizio ha una bella sala attrezzata, si accorda con un cuoco (c’era uno dell’ex Osteria del Teatro) che gli prepara il menù, a cui abbina i suoi vini. Il tutto incastonato in un contesto suggestivo, attorno hai Castell’Arquato, Veleia, Vigoleno. La Illica vini potrebbe produrre il Vin Santo, avendo vigne dentro la zona, ma oggi non interessa. Hanno già un ventaglio completo in produzione: bianchi, rossi, passito, metodo Martinotti, Metodo classico. Tutto biologico certificato, tutto con quella punta di sperimentazione che genera prodot-

SCHEDA TECNICA DENOMINAZIONE: 1919 IL CENTENARIO BLANC DE NOIRS Spumante Metodo classico Bianco Biologico. NOTE DI DEGUSTAZIONE Colore giallo paglierino con riflessi leggermente aranciati. Il pérlage è fine e persistente; il bouquet è molto ampio: agrumi, pompelmo rosa, fragolina di bosco, ori bianchi, lime, miele d’acacia e origano verde. Al palato è un vino croccante, fruttato e fresco con note di frutta agrumata proveniente da boschi selvatici. ABBINAMENTO Ottimo come aperitivo, accompagna frutti di mare crudi o lessati, scampi, gamberi rossi, salmone, tonno e spada crudi o marinati, mozzarella di bufala o burrata, pasta o riso con sughi di verdure delicati, culaccia. Primi piatti della tradizione piacentina, tortelli di magro al burro e salvia, tortelli con la zucca, panzerotti. Secondi piatti a base di carni bianche.

ti d’identità garantita. Quando l’offerta è ampia, cerco di darmi un obiettivo. Quando nella scelta c’è un metodo classico, lo punto. Quello di Illica incuriosisce, un bianco dal nero, dove il nero è Barbera. Non è un’invenzione, ma ci vuole cognizione e pure coraggio per buttarsi nell’impresa. E poi quando leggo il nome: 1919 Il Centenario, anche se non è riferito al Piacenza Calcio, mette allegria. Fabrizio ne stappa una per bagnare la visita. Mostra il bel giallo carico, la fila di bolle che si arrampica a centro bicchiere e aggiunge: “Se vedessi che colore ha il mosto ti spaventi, è marrone. Per fortuna mentre matura, qualcosa di buono succede.” Intasco il turacciolo. Sul sughero c’è scritto che la vita è troppo breve per bere vini mediocri. Fabrizio però non usa mai mediocre per il vino. Usa un più simpatico “potabile”. Mi porta in cantina, dove illustra tutto con rigore. Gli chiedo cos’è la concia, lo vedo scritto su una botte. Risponde: ”At vol savèi tropp”, però mi anticipa che sta lavorando a un bianco di bianchi. Dall’espressione capisco che è lui il primo a volerlo bere. Alla Illica sono molto ospitali. Gradirebbero vedermi andar via storto, ma li muro. Ci congediamo su una bottiglia di Archeus, il loro passito. Quando si stappa, sembra stiano scrollando una pianta di albicocche. Saluto, ringrazio, e carico il mio acquisto di 1919. Quando finirà l’emergenza, torno. Garantito.

L’Angolo delle Delizie di Cortemaggiore, l’arte della pasta fatta in casa Tradizione, innovazione e fantasia, ma soprattutto passione per il proprio lavoro: questi gli elementi che ispirano quotidianamente Sandra Viviani, titolare e “anima” de “L’Angolo delle delizie” di Cortemaggiore. Un’attività cui Sandra ha dato vita nel 1991, dopo un’esperienza a Forte dei Marmi e sette anni al Ristorante Colombo, e che porta avanti instancabilmente, affiancata da aiutanti che ogni giorno preparano con lei tagliatelle, lasagne, cannelloni, anolini, pisarei, tortelli e una ricchissima varietà di pasta ripiena. Prodotti confezionati con ingredienti a km 0, provenienti dai campi del marito agricoltore Luigi o da produttori del territorio. Pochi fornitori, ma selezionati, che sanno garantire l’alta qualità di ogni prodotto: è il caso della farina, che viene quella a bassissimo contenuto di cenere, “per avere una sfoglia più chiara – racconta Sandra – i clienti comprano ‘con gli occhi’. Le persone sono oggi più attente alla qualità: amano variare, ma senza rinunciare alla garanzia di un buon prodotto. Questo è indice di una maggiore consapevolezza”. Tra i prodotti più apprezzati de “L’Angolo delle delizie” spiccano i tortelli con le ortiche, un classico del laboratorio: pasta verde e erbe selvatiche caratterizzano questa pasta ripiena. Gli abbinamenti sono spesso sfiziosi, per soddisfare anche i palati più esigenti; uno su tutti, il ripieno al radicchio trevigiano e speck. Alla pasta fresca si affiancano una serie di sughi e condimenti preparati in abbinamento alle diverse tipologie. Sandra prepara anche dolci della tradizione, le cosiddette ‘torte da credenza’ – come crostate, ‘sbrisolone’, torte di mandorle, pasticceria secca – utilizzando ingredienti classici ma sperimentando anche ricette più innovative. L’Angolo delle Delizie si trova a Cortemaggiore in via Garibaldi 22/B, tel. 0523/836841 – www.langolodelledelizie.it

Il Panificio Lavelli, 50 anni di qualità

Se passate a Mottaziana di Borgonovo, lasciatevi condurre dal delizioso profumo dei #biscotti appena sfornati, il miglior biglietto da visita del Panificio Lavelli (via Principale 108), 50 anni di qualità e tradizione al servizio del cliente. Naturali, privi di conservanti e coloranti, ottimi per la colazione e perfetti da inzuppare, i biscotti della casa sono tra le proposte più apprezzate e sono venduti anche in pratiche confezioni richiudibili. Da Lavelli è obbligatorio assaggiare le specialità dolciarie artigianali tra cui, appunto, i biscotti, come le tipiche ciambelline dure piacentine, ma anche torte, panettoni e piccola pasticceria, preparata con cura per ogni occasione importante. Il Panificio opera solo con materie prime controllate, selezionate e provenienti dal territorio circostante. Nel negozio si possono trovare tante varietà di pane fresco appena sfornato, focacce e pizze. http://www.panificiolavelli.it/


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.