Cittadini & Salute Novembre 2011

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Editoriale

Quando il medico diventa paziente di Angelo Nardi Lo stato di salute mentale e fi-

sico non è un credito che ciascuno

di noi ha in modo illimitato.

I medici sono i primi a saperlo

ma spesso se ne dimenticano. Ma è

proprio quando si ammalano che

riescono ad entrare meglio nei

panni dei loro pazienti.

E allora se il medico è anche un

buon psicologo, ma tanto più se è un neurologo di successo, ca-

pisce che sono le condizioni più o meno alterate per cui funziona la nostra psiche, le caratteristiche determinanti delle nostre

azioni, di quel che si intende per visione del mondo e della vita. La mente è quella che vede. Non gli occhi. Ma la mente è for-

temente determinata dalla prossimità o coesistenza con stati di

patologia fisica che inevitabilmente ne alterano la dimensione.

Oliver Sacks racconta tutto questo nel suo ultimo capolavoro

uscito recentemente nelle librerie italiane. È l’ultimo esempio

di una lunga schiera di pensatori che alla mente ascrivono le

assi fondanti delle più comuni percezioni. Il più estremista fu

George Berkeley nel diciassettesimo secolo che riteneva il mondo

materiale impensabile, non rappresentabile, sostanzialmente

inesistente, senza un centro di coordinamento delle percezioni

costituito dalla mente.

Il fatto che a sostenere una tesi molto simile oggi sia un neu-

rologo di chiara fama non costituisce la sola novità.

Oliver Sacks vuole dirci che i sensi, la vista, la percezione a

cui affidiamo buona parte della nostra credibilità sono, in defi-

nitiva, dimensioni sopravvalutate. Ne l’Occhio della Mente, il tentativo di Sacks consiste nell’ integrare la visione perduta con

le esperienze elaborate dal cervello. Così facendo come medico ha

imparato ad ascoltare con molta più attenzione. “Facile! - Si

dirà con un facile battuta - Oliver Sacks fa il neurologo non il chirurgo. Difficile sarebbe stata la continuità nella pratica me-

dica se avesse dovuto operare”.

La stessa obiezione vale per quanto riguarda le operazioni

più abituali operate da una persona che ha le percezioni limitate. Ma la qualità che ci rende diversi, l’uno dall’altro e diversi dal

mondo animale, consiste nella capacità di rielaborare certe sensazioni.

E su questa infinita attività nello sviscerare, capire, com-

prendere, ridiscutere e analizzare che un uomo è tale. www.cittad inies alut e.it

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Il rifiuto della propria malattia L’Ictus colpisce tutti

Iniziata la campagna antinfluenzale Quando la malasanità dà i numeri Rubrica Prevenzione & Salute

Tutelare la salute di chi lavora Combattere il diabete: prima! Se il pisellino non funziona Prevenzione, vale una finanziaria Quando il cuore fa brutti scherzi La dieta fa lo sperma ottimo nuotatore Si paga il ticket per i codici verdi Puglia, la sanità precipita Inceneritori, non sono dannosi per la salute Lavorare in sicurezza

Cittadini & Salute Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Art Director Antonella Cimaglia Webmaster Mariano Trissati Redazione Via Galletti,16 00012 Villanova di Guidonia (Rm) E-mail: redazione@cittadiniesalute.it Tel e Fax 0774 529498 - 0774 320278 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 04/11/2011

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Attualità

Il rifiuto della propria malattia

C’è un dato che le statistiche mediche non riescono a rilevare: la ricerca di terapie alternative o il rifiuto di curarsi da parte di ammalati a cui siano diagnosticate malattie gravi. Come se la medicina fosse un’opzione culturale o ideologica, la sovrastima dei propri mezzi intellettuali può far danni mortali.

Con la crescita del livello intellettuale medio e l’assimilazione di altre culture e dimensioni dell’essere, questo per la medicina ufficiale, prodotto dell’elaborazione delle società industriali potrebbe consistere in un problema. Anche la minore fiducia dei pazienti, lo scetticismo verso i risultati della chirurgia, della chemioterapia come di qualsiasi altro sistema di cura, possono allontanare la medicina dalla sua vocazione al successo, la guarigione del paziente. Di esempi recenti ce ne sono tra i più fulgidi. L’osannato genio del mondo della tecnica, Steve Jobs, ha aspettato dieci mesi prima di affidarsi a una cura in grado di combattere il tumore al pancreas. Nella sua biografia prossimamente in libreria, Walter Isaacson, l’autore, toglie il personaggio dal mito per farlo entrare in tutte le sue sfaccettature, negli acuti come nelle cadute di stile. Walter Isaacson parla esplicitamente di

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rifiuto della malattia e delle cure proposte da parte di Jobs preferendo una dieta macrobiotica. Secondo il biografo Steve Jobs ha aspettato dieci mesi prima di affidarsi alle chemioterapie e al normale protocollo medico per debellare il male. Nello scritto evidenzia a tal punto l’ostinazione del genio da ipotizzare che nel qual caso si fosse affidato per tempo alle terapie più consone per il suo raro caso di attacco tumorale al pancreas, probabilmente si sarebbe salvato. Prove contro-fattuali non possono mai essere evidenziate in medicina. Il caso di Steve Jobs deve però far riflettere su una patologia molto diffusa che si accompagna all’altra patologia più seria presa in cura. Si tratta del rifiuto di sentirsi malati. Immediatamente dopo la diagnosi per molti è difficile accettare che le condizioni di vita cambino, che bisognerà sottoporsi a una serie di terapie e cure probabilmente compagne costanti nel re-

sto del corso di vita. Ranzi Amri, un oncologo di fama mondiale, si è spinto a dichiarare sul foro interdisciplinare Quora che il tumore di Steve Jobs non era tra i più aggressivi. Se avesse accettato di farsi curare con i sistemi canonici sarebbe ancora vivo. Altri esempi in chiave metafisica hanno raccolto l’ammirazione di un pubblico di ricercatori di alternativa all’ordinario, come Tiziano Terzani che nei suoi libri predica il silenzio, il mistero, la religione, le tradizioni mistiche, le cure magiche. La sua visione della Vita consiste piuttosto in una dimensione della rassegnazione consapevole. Quindi la lotta contro il male, il cancro, si traduce in uno dei molti percorsi di coscienza richiesti dai diversi passaggi obbligatori chiesti in vita. In questa dimensione esistenziale assolutamente metafisica, Terzani rifiuta l’aggressività meccanicistica delle medicine e delle cure invasive. Tutto molto affascinante. Ma ha senso solo se inserito in una dimensione totalmente affabulatoria della propria esistenza. Trasformarla in un sistema di valori per il senso comune produce solo danni materiali. w w w.cittadinies alut e.it


Attualità Il problema forse consiste che tra i due mondi, quello metafisico di Terzani e quello del senso comune di noi tutti, non ci sono veri momenti di comunicazione. Quando avviene che si pretende di utilizzare insegnamenti trascendenti ad uso domestico si fanno solo danni. L’errore di Steve Jobs e di tanti altri che pretendono di avere un’”altra visione” dell’attuale consiste in questo. D’altra parte è pur vero che “il limite del nostro stesso modo di agire consiste nel fatto che si riconosce un senso ai problemi solo se già si intravvedono le specifiche tecniche risolutorie. Ma la vera salute non sopraggiunge forse perché si è capaci di scoprire la vera malattia?” (Emanuele Severino, Es-

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senza del nichilismo, pag.263, 1972). La trappola ideologica allora, forse, consiste essenzialmente in questo: dare alla malattia una derivazione di origine. Ritenere vera una individuazione della malattia, false o apparenti tante altre sue manifestazioni. Ed è invece il dilemma falso-vero che il pensiero della medicina ha completamente debellato. Esiste quel che risolve dal male, oggi, oggi per l’immediato futuro o per sempre. Inutile complicarsi la testa sul senso dell’origine o sulla natura profonda di una malattia quando arriva. Nel momento in cui c’è la malattia bisogna combatterla. Si può, si deve, perché il nostro “animus” ha un dovere nei con-

fronti della corporeità, azionando le forze a disposizione e queste sono date dai traguardi raggiunti dalla scienza. La verità fa parte di un altro sistema di costruzione del mondo. “La verità è una forma di inganno”, diceva Nietzsche. Questo perché i problemi e le cose non ci appaiono così come sono. Problemi e cose sono il prodotto della nostra testa che è la più grande costruttrice di inganni. Tra questi la pretesa che l’intellettualità possa tenere sotto controllo tutto, possa giudicare nel senso del bene e del male fenomeni e cose indipendenti da essa. Il male è indipendente dalla ragione. Bisogna farsene una ragione. Angelo Nardi

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RICERCA

L’Ictus colpisce tutti

Con un intervento chirurgico innovativo è arrivato il recupero completo. L’operazione deve essere tempestiva, solo così è efficace. Sabato 29 Ottobre si è celebrata nel mondo la VII Giornata Mondiale contro l’ICTUS Cerebrale. Il bilancio di un anno di ricerche porta un’innovazione importante nel mondo della ricerca. Scoperto il metodo per chiudere l’auricola sinistra del cuore per via per cutanea. In questo modo si scongiurano tecniche più invasive. Con questa tecnica si diminuisce e di molto il rischio di ictus. In Italia è stata applicata a trecento pazienti. Un terzo dei 600 mila degli affetti da ipertensione e fibrillazione striale non può essere sottoposto alla terapia con farmaci per evitare effetti collaterali. L’auricola sinistra consiste in una piccola propaggine digitiforme dell’atrio sinistro al cui interno il cuore circola più lento del

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normale. In caso di fibrillazione atriale, la contrazione cardiaca è meno efficace e il sangue nel cuore rallenta ancor di più, con il rischio che si formino pericolosi trombi che possono andare a occludere un vaso cerebrale provocando un ictus. Il 90% dei trombi si formi nell’auricola. E sempre nella ricorrenza del 29 ottobre si recita la solita statistica macabra e un po’ sarcastica media dei malati: ogni sei secondi, nel mondo, una persona viene colpita da Ictus. Non ci sono differenze di età o sesso. Ma il dato esibito, tra i più sensazionali, consiste nella rilevazione per cui una persona su sei è vittima di ictus nell’arco della sua vita. L’iniziativa della giornata contro l’Ictus è stata promossa dalla World Stroke

Organization (WSO) con il patrocinio del Ministero della Salute. E sempre nelle presentazioni le macabre classifiche. “L’Ictus Cerebrale è una catastrofe che può essere prevenuta e curata”. Questo il messaggio chiave della conferenza. Ictus è causa di più morti ogni anno di quelli attribuiti all’AIDS, tubercolosi e malaria messi insieme; costituisce la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza causa di morte nei Paesi del G8. In Italia, l’Ictus è responsabile del 1012% di tutti i decessi. Rappresenta inoltre la prima causa d’invalidità e la seconda di demenza con perdita di autosufficienza. Nel nostro Paese si verificano oltre 200 mila casi di Ictus ogni anno e ben 930 mila persone ne portano le conseguenze. L’Ictus non è soltanto una malattia dell’anziano (negli anziani di 85 anni ed oltre l’incidenza dell’Ictus è fra il 20 ed il 35%): circa 10.000 casi, ogni anno, riguardano soggetti con età inferiore ai 54 anni. Rex Stout

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Attualità

Iniziata la campagna antinfluenzale La vaccinazione è proposta per la cittadinanza da 65 anni in su ma anche ai malati cronici, per entrambi queste categorie sociali è gratuita.

L’influenza nel Lazio si stima ammonti ad 1 milione 123 mila di casi ogni anno, il 20% circa della popolazione totale, ma si estende anche a persone con meno di 65 anni affette da malattie croniche, donne al secondo e terzo trimestre di gravidanza, familiari di soggetti a rischio, medici e personale sanitario e Forze dell’Ordine. Al programma sono destinati 14 milioni di euro del Fondo sanitario regionale. Parte il 15 ottobre e si conclude il 31 dicembre. Lo scorso anno il programma di vaccinazione messo in campo ha consentito di coprire il 64% della popolazione anziana. Si estende anche a persone con meno di 65 anni affette da malattie croniche, donne al secondo e terzo trimestre di gravidanza, familiari di soggetti a rischio, medici e personale sanitario e Forze dell’Ordine. Al programma sono destinati 14 milioni di euro del Fondo sanitario regionale. Come al solito Renata Polverini non rinuncia a dire la sua. Generosa di dichiarazioni specialmente in caso di effettuazioni ordinarie. Si troverebbero suoi virgolettati anche quando la Regione decide di annaffiare le piante.

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La vaccinazione ordinaria non poteva fare eccezione: “Anche quest’anno spiega il governatore - parte con il contributo dei medici di famiglia e dei pediatri, la Regione Lazio ha voluto dare una tempestiva risposta a tutela della salute dei cittadini del nostro territorio. Lo scorso anno il programma di vaccinazione messo in campo ha consentito di coprire il 64% della popolazione anziana”. Un altro obiettivo previsto nel programma è quello di continuare ad incrementare la qualità delle attività di documentazione analitica delle vaccinazioni effettuate, privilegiando la registrazione delle informazioni su supporto informatico, grazie ai software dedicati e alle procedure di accettazione, gestione e tracciamento del flusso dei dati elaborati da Laziosanità. Il coordinamento del programma e la verifica dei risultati è affidato all’Assessorato alla Salute della Regione Lazio e all’ASP-Lazio Sanità, con il coinvolgimento dei medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta. Il 12 ottobre è arrivato nelle farmacie italiane. Il ministero della Salute ha iniziato la campagna vaccinale destinata soprattutto, oltre agli over 65, ai malati

cronici. Per entrambe queste categorie sociali la vaccinazione è gratuita. Fonte Agi Salute Il siero è raccomandato anche per i bambini di età superiore ai 6 mesi, le donne al secondo o terzo mese di gravidanza, i ricoverati in strutture per lungodegenti, i familiari di soggetti ad alto rischio, gli addetti ai servizi pubblici, il personale a contatto con gli animali. Quest’anno il vaccino sarà trivalente: proteggerà contro la cosiddetta “influenza A”, cioè il virus H1N1, e contro i ceppi australiani A/Perth/16/2009 (H3N2) e B/Brisbane/60/2008. Chiaramente il periodo destinato alla campagna vaccinale rimane quello autunnale. Parte dalla metà di ottobre e arriva a fine dicembre. La protezione indotta dal vaccino, infatti, comincia due settimane dopo l’inoculazione e perdura per un periodo di sei-otto mesi, poi tende a declinare. L’obiettivo è di coprire almeno il 75% del target, anche se l’obiettivo ottimale è fissato al 95%. Dati ancora molto lontani da quanto si è verificato nelle ultime stagioni: una copertura del 65,6% degli over 65% nel 2009-2010, l’anno dell’influenza A, e del 66,3% l’anno precedente. Ogni anno in media si ammalano dai 4 ai 6 milioni di italiani, e si stimano 8.000 decessi, l’84% dei quali tra le persone con più di 65 anni. Rex Stout w w w.cittadinies alut e.it


Attualità

Quando la malasanità dà i numeri

La commissione parlamentare sugli errori sanitari ha licenziato i dati sui presunti errori nelle corsie ospedaliere

Quattrocentosettanta errori in Sanità, 329 con morte del paziente. Il bilancio parte da aprile 2009 per finire a settembre dell’anno in corso. La cifra dei contenziosi riscontrati in sanità arriva dalla Commissione d’inchiesta della Camera sugli errori sanitari. Fa impressione il fatto che negli ultimi mesi c’è stato un incremento di casi in cui si sospettano errori, incuria, disattenzione: gli ultimi duecento casi riguardano gli ultimi dodici mesi. Sempre i dati della Commissione d’inchiesta della Camera riferiscono che per 223 volte la morte del paziente è avvenuta per errore dei medici o del personale sanitario, gli altri 106 decessi arrivano per carenze della struttura. In Calabria maggior numero di morti: 78, su 97 casi.

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Anche la Sicilia, con 66 morti su 91. Il Lazio 35 morti su 51. Seguono Puglia (32 casi, 21 decessi) e Campania (31 e 25). All’estremo opposto il Trentino, con un solo caso (che però si è concluso con il decesso), Sardegna e Molise con due casi ciascuna. Nel mezzo, le altre Regioni, Friuli Venezia Giulia, Basilicata e Marche (3) e Umbria (4), poi la Toscana con 29 casi di malasanità (18 decessi), la Lombardia con 28 (11 morti), l’Emilia Romagna con 24 (16 morti) e il Veneto con 23 (13 morti). Ma ci sono anche note positive che sarebbe altrettanto erroneo non evidenziare. Infatti, nel panorama nazionale c’è il Trentino Alto Adige, ma anche regioni virtuose al Centro-Sud. C’è l’Umbria con 4 segnalazioni, seguita da Marche e Basilicata (al Nord il Friuli-Venezia Giulia)

con 3 casi di presunta malasanità e Molise e Sardegna, entrambe con due sole segnalazioni. Sono dati che però non prendono in considerazione il flusso di malati verso i grandi centri nazionali: Roma, Milano, Torino e Napoli. Nel dato sulla migrazione sanitaria dalle Asl di appartenenza si insiste molto sulla concentrazione verso la quale le grandi unità sanitarie ospedaliere delle grandi città sono impegnate. In sostanza, in Italia chi può preferisce andarsi ad operare in un ospedale importante o in una struttura organizzata di una grande città evitando le stesse terapie o interventi negli ospedali vicino casa. Chiaramente la reazione della classe politica non ha guardato al problema sforzandosi in individuare i rimedi alle inadeguatezze sistemiche. L’occasione è stata buona per fare polemica politica. John Dixton Carr

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Rubrica

Prevenzione & Salute

Prevenzione & Salute vuole informare, in maniera semplice ed efficace, sulla prevenzione e sul modo di combattere le patologie più diffuse del terzo millennio.

Dal 16 al 19 novembre a Torino si effettua il congresso dedicato ai temi della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il Laboratorio Analisi Guidonia partecipa con i propri tecnici ed un camper dimostrativo.

Dottoressa Helen Costanzi Chimico Tossicologo LAG - Laboratorio Analisi Guidonia Via Roma 190 (Guidonia Montecelio) Tel. 0774 345000 mdl@laboratorioanalisiguidonia.it

Tutelare la salute di chi lavora

Oramai il refrain in tutte le sedi dove si discute di sistemi per tutelare la salute consiste in: prevenzione, prevenzione, prevenzione! Sul profilo normativo un passo avanti è stato fatto nel 2008 con la legge n.81 convertito in Testo Unico. Prescrive sistemi di prevenzione nei luoghi di lavoro. Come il lavoratore è obbligato a sottoporsi ad analisi diagnostiche, il datore di lavoro ha il dovere di organizzare in azienda esami diagnostici. Alla prima applicazione si sono riscontrati il 2 per cento di persone che hanno scoperto di avere il diabete senza averne cenno. Sono il 5%, invece, quelli che non si aspettavano di avere un’ipertensione. Le tipologie di malati inconsapevoli sono quelle più importanti. Sapere di avere delle affezioni importanti significa preservare il lavoratore dall’effetto conclamato del male. Decisivo saperlo prima. Prima che sia difficile correre ai ripari. L’aspetto rilevante riguarda il fatto che gli infortuni capitati durante l’effettivo svolgimento delle attività si è ridotto del 10,2%. (Fonte: Inail)

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Primo nemico del lavoro: lo stress. La ricerca non è riuscita a trovare una tecnica in grado di rilevare lo stress con analisi di laboratorio. Vengono quindi svolte analisi ponderate dei carichi e dell’ambiente di lavoro: turn-over, pendolarismo, straordinari ed altri fattori anche di natura psicologica, con riscontri oggettivi. Tra le forme di tutela del datore di lavoro e del lavoratore c’è anche l’uso di sostanze stupefacenti. Lo prevede la norma. Specialmente quando si svolgono oneri come mulettisti, autisti con patente C, ecc. Anche l’ipertensione nuoce il lavoratore specialmente quando il lavoro diventa un portatore sano dell’aumento della pressione arteriosa. In uno studio sul ruolo svolto dall’attività lavorativa sull’ipertensione arteriosa pubblicati sul Giornale Italiano del Lavoro ed Ergonomia (volume XXXIX, n.2), si è osservato che alcune caratteristiche fisiche del lavoro, ma soprattutto quelle di tipo organizzativo sono fortemente associate all’ipertensione arteriosa. Importante come il lavoratore giudica il proprio lavoro.

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Attualità

Combattere il diabete: prima!

Il 15 novembre in un convegno alla Sala Capitolare del Senato presso il Chiostro del Convento di S. Maria sopra Minerva l’illustrazione di come la malattia più diffusa acquisisce un carattere sociale

Il diabete si sta sempre più diffondendo. La sua espansione può essere limitata con accurata prevenzione prima che diventi una vera e propria fenomenologia medica tra la popolazione. L’estensione di questa malattia preoccupa per questo si debbono articolare programmi di intervento utili a contenere questa pandemia da una parte e a prevenire le complicanze del diabete per migliorare la qualità di vita dall’altra. Il 14 novembre in tutto il mondo la Giornata del diabete, ma già il 12 e 13 novembre, in Italia, il Consorzio diabete Italia, dà vita a una serie di iniziative di informazione sui 450 piazze italiane. Nei presidi diabetologici medici, infermieri e volontari con distribuzione di materiale informativo e verifiche attraverso screening della glicemia. E poi spot video nelle stazioni e nelle metropolitane, e radiofonici trasmessi dai network nazionali e da centinaia di emittenti locali. Questo grande sforzo organizzativo per dimostrare che battere sul tempo il diabete si può fare. Si deve fare! Innanzitutto cambiando il proprio stile di vita. www.cittad inies alut e.it

Il Consorzio diabete Italia in una sua comunicazione: “Tre milioni di italiani adulti hanno il diabete e il costo per ogni cittadino che ne soffre è in media 2.600 euro all’anno, più del doppio rispetto ai cittadini di pari età e sesso, ma senza diabete”. Il diabete, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, entro il 2030, sarà la quarta causa principale di morte in Europa. “Gran parte dei casi di diabete di tipo 2 - continuano gli esperti del Consorzio - può essere prevenuta da un cambiamento di stile di vita: dieta sana, limitata quantità di grassi e trenta minuti di moderato esercizio fisico al giorno. Uno screening per il diabete e per il prediabete è consigliabile in tutti i cittadini sopra i 40 anni. Un intervento precoce produce significati risparmi nei costi sanitari a lungo termine. Solo il 7 per cento, infatti, della spesa riguarda i farmaci antidiabete, il 25 per cento è legato alle complicanze. Il diabete è una delle cause principali di malattie cardiovascolari, renali e cecità e amputazione. Il 10 per cento delle persone con diabete soffre di cardiopatia ischemica, il 32 per cento di neuropatia, il 34 per cento di retinopatia.

Due terzi delle persone con diabete di tipo 1 e oltre la meta di quelle con diabete di tipo 2 non presenta un adeguato controllo metabolico”. Affrontare il diabete allora significa arrivare a una diagnosti tempestiva, e questo si può innanzitutto con la collaborazione del paziente, e un trattamento aggressivo, fin dalle prime fasi. La Sanità come organizzazione economica deve guardare anche ai costi sociali, umani ed economici delle complicanze di questa condizione: malattie cardiovascolari, dialisi, cecità, amputazioni. I nuovi percorsi di controllo guardano alla telemedicina, cartelle computerizzate condivise. Molto importante c'è anche l’implementazione dei sistemi di monitoraggio. Tra tutte le persone sono affette da questa malattia, solo l’1,5% viene trattato con farmaci innovativi come quelli della classe Dpp-Iv e Glp-1; per tutti gli altri si ricorre agli antidiabetici “tradizionali”. In Europa invece le cose vanno diversamente e Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna usano le nuove molecole nel 15% dei casi. Anche in Italia si stanno facendo progressi grazie all’impiego di nuovi farmaci che non rappresentano una criticità sul piano economico, quanto piuttosto un’opportunità per trattare in maniera più fisiologica, aggressiva e precoce il paziente. Ellery Queen

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Curiosità

Se il pisellino non funziona Evitare cure fai da te o rimedi acquistati su internet, lo dice la Società Italiana di Andrologia

Della questione si sono occupati gli esperti nell’ottantaquattresimo congresso della società italiana di urologia il 26 ottobre. La farmacologia, fanno sapere gli specialisti, con il nuovo Vardenafil ha trovato una risposta anche all’esigenza di discrezione e al bisogno di “dimenticare” che si sta assumendo un medicinale. Consigliato in casi di origine psicogena del malessere. Nella presentazione del congresso e degli espedienti da evitare gli esperti urologi e andrologi menzionano misure a cui si rivolgono un milione di italiani. Ma sono solo un terzo di chi ha questo problema. Sul sito di www.andrologia.org alla richiesta di un parere sui metodi erboristici acquistati su internet lo specialista risponde che le sostanze cosiddette naturali

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una volta studiate sotto il profilo scientifico si è dimostrato avevano solo effetto placebo. Non si deve pensare che sostanze naturali possano sostituire l’azione del Sildenafile, del Tadalafil o del Vardenafil. I prodotti naturali debbono essere acquistati in erboristeria, non in rete. L’acquisto in un negozio è sempre garanzia di qualità del prodotto. Il Vardenafil è una nuova terapia per la disfunzione erettile. Orodispersibile, si presenta simile ad una mentina che si scioglie in bocca. Va detto che per la disfunzione erettile ogni sei mesi viene annunciato un nuovo studio dove si garantisce il modo per debellarla, ma secondo dati evidenziati da stime statistiche sanitarie in Italia esistono tre milioni di persone che ne sono affette.

La disfunzione erettile fa parte dei mali da tener segreti. Il più delle volte viene preferito rinunciare all’atto. Ma è anche vero che la debolezza dell’erezione o un pene insufficiente per avere rapporti normali in più può rappresentare un sintomo per denunciare problemi più generali: diabete, ipertensione e altri. Il problema funzionale fa distinzione tra problema psicologico che deriva da fattori culturali e ambientali. I due problemi entrano in relazione con la diffusione dell’affezione che evidenzia insoddisfazione sociale diffusa nel mondo femminile, tanto che il 30% degli uomini ha problemi di ansia da prestazione. L’insicurezza deriva da donne sempre più esigenti. Sono dati Doxapharma. Circa il 20% delle persone intervistate, sia uomini che donne, non è soddisfatto della propria vita sessuale. Vitellozzo Vitelli

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Attualità

Prevenzione, vale una finanziaria A dirlo gli esperti della Società di Igiene e Medicina preventiva (Siti) durante il congresso di Sanità Pubblica a Roma, mentre la fondazione melanoma presenta un esempio pratico di informazione diretta

Maggiore attenzione alla prevenzione potrebbe avere sull’economia gli stessi effetti di una finanziaria. “Se tagliassimo la prevenzione avremmo epidemie, ricoveri e altri effetti che porterebbero a maggiori spese dell’ordine di 2030 miliardi di euro, quanto vale cioè una finanziaria. - ha affermato Sandro Cinquetti, vicepresidente Siti - Allo stesso modo se si potenziasse quest’area della medicina i vantaggi anche economici sarebbero dello stesso ordine di grandezza”. In questo momento la parte della spesa sanitaria nazionale dedicata alla prevenzione è teoricamente del 5%, ma la realtà è diversa: “Il valore reale è del 3,5% al massimo - ha spiegato Vittorio Carreri, membro del comitato scientifico del congresso, a cui hanno partecipato 1.500 persone - quando il minimo indispensabile sarebbe che almeno questo 5% venisse garantito e controllato”. Ed è un tormentone di ogni piano sanitario il dato che l’aumento della prevenzione consiste nel futuro della Sanità. “La Sanità può dare un grosso contributo nell’aiutare ad affrontare questo momento storico in cui le risorse a disposizione sono sempre di meno - spiega il

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segretario generale Siti Paolo Villari - è necessario moltiplicare gli interventi affinché i soldi vengano spesi con il massimo dell’efficacia”. La Siti, la Società Italiana di Igiene, Medicina preventiva e Salute Pubblica ha organizzato l’evento. Al congresso hanno partecipato più di 1.500 persone da tutta Italia. “Il congresso ha tre parole chiave, globalizzazione, nuove esigenze di salute e sostenibilità economica - spiega l’esperto - che sintetizzano probabilmente gli stimoli principali al cambiamento ed alla trasformazione dei sistemi sanitari, a cui si risponde tramite l’integrazione. Questa viene declinata nei suoi principali aspetti, tra sanità pubblica e medicina clinica, tra Stato e Regioni, tra globale e locale, tra le diverse società scientifiche, tra ospedale e territorio, nella convinzione che l’obiettivo generale del miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria sia perseguibile solamente attraverso un “senso di squadra”, che coinvolga tutti gli attori in gioco”. E sempre sulla prevenzione: “In Italia è penalizzata - spiega Villari - in teoria il 5% dei fondi dovrebbe essere speso per quest’area della sanità ma nessuna Regione

raggiunge questa quota. Per quanto riguarda l’assistenza sul territorio, il nostro paese è sempre stato un po’ troppo “ospedalocentrico”, ma bisogna superare questa visione non tanto perché si risparmia, anche se questo “effetto collaterale” è presente, ma soprattutto perché una medicina “vicino a casa” è più giusta per il paziente”. Ed è sul tema della prevenzione che la fondazione melanoma a un anno dalla sua nascita ha voluto impostare la sua lotta alla malattia. E ha deciso di farlo nel modo più disinibito e diretto: una campagna pubblicitaria basata su vignette e umorismo. La campagna di divulgazione è stata presentata in un convegno alla sala dell’emeroteca del Senato il 26 ottobre. Ogni anno in Italia sono settemila i nuovi casi e millesettecento i decessi. Ce n’è abbastanza per intensificare gli sforzi per combattere la malattia. Una pratica che ha due strade: la prevenzione e l’ipillumab. Ma nella prevenzione ci sono tanti strumenti e modi. Uno tra questi per intensificare l’informazione una campagna spiritosa di fumetti e di umorismo. Chiaramente si tratta di prevenzione come sinonimo di informazione capilarizzata tra il senso comune. Ma queste iniziative - assicurano alla fondazione melanoma - si traducono in un aumento di vite salvate. Francesca da Polenta w w w.cittadinies alut e.it


Sport

Quando il cuore fa brutti scherzi

Il colpo al cuore di Antonio Cassano deve far riflettere sul fatto che la pompa cardiaca ha bisogno di accurate diagnosi e non sempre le si può chiedere tutto

Un argomento per la giornata mondiale contro l’ictus, il 18 ottobre, trascorsa con qualche convegno. Questo non per frenesia comunicativa, ma per ricordare che l’ictus non dà preavvisi. Arriva e se non preso per tempo può essere inesorabile. Il messaggio non deve terrorizzare. Serve a indicare una condotta accorta, nella quale il controllo della propria pressione sanguigna sia una costante. Pronunciare il nome di questa patologia non deve essere un tabù. Anche se così è apparso per giorni. L’ictus ischemico che ha colpito il fantasista calcistico sabato 31 ottobre presentava tutti i segni più visibili per avere la sua prognosi eppure per emettere il comunicato ufficiale siamo arrivati al 2 novembre. Questo nonostante i medici del policlinico di Milano fossero disponibili a trasmettere in sintesi le risultanze. Certamente la salute sia materia sensibile alla privacy. Certamente va tutelata anche per un personaggio pubblico. Ma non si viola alcuna prescrizione di legge se viene semplicemente indicato il motivo per cui una persona pubblica si ammala. Chiaramente è da rifiutare ogni speculazione su motivi e stati successivi di gestione della malattia, ma su un personaggio pubblico www.cittad inies alut e.it

esiste il diritto di informare. Questo non è stato possibile per l’intercessione della Società calcistica Milan. (Come se la persona Antonio Cassano fosse proprietà del Milan). L’origine del malessere pare sia da attribuire a un piccolo difetto cardiaco sanabile con un’operazione. Le speranze di rivederlo in campo si alimentano nel passa-parola dei fans di Fantantonio Cassano. Ma è rigido costume dei medici non avallare attività agonistiche in presenza di affezioni cardiache, anche quelle che si ritengono superate. “Cassano sta bene”. Si continua a ripetere come un mantra, ma difficilmente la frase ripetuta potrà cambiare qualcosa nella realtà. Analisi cliniche e procedure diagnostiche si ripetono. La causa più accreditata consiste nella possibilità si sia formato un piccolo embolo, ovvero un grumo di sangue. Sarebbe arrivato a un piccolo vaso del cervello con la complicità di un lieve difetto cardiaco presente circa nel 20% della popolazione senza manifestarsi. È conosciuto come Forame ovale pervio (Pfo). Si tratta di un foro di meno di 2 millimetri di diametro fra i due atri del cuore. Il Pfo può passare inosservato anche ad esami accurati a cui è sottoposto un atleta come Cassano. L’elettrocardiogramma

transesofageo però non ha lasciato spazio a dubbi. In questi casi si opera con una tecnica chiamata “a ombrellino”. Il chirurgo parte da una vena nella gamba dove applica, attraverso un catetere, un ombrellino metallico che “tappa il buco”. Si tratta di un intervento in anestesia locale avvenuta il 4 novembre. Dopo due o tre giorni di ricovero e dopo una terapia di anticoagulanti, il fuoriclasse ritornerebbe a posto. “Abbastanza per giocare a Calcio in Serie A?” È tutto da vedersi ma le speranze ci sono e ben fondate. Nel 1996 il Calcio italiano ha avuto un precedente, stavolta in casa Inter. Sempre un attaccante di rango: il giocatore di colore Kanu a cui gli fu riscontrata disfunzione all’aorta. Dopo l’intervento ha giocato ancora ad alti livelli, ma in Inghilterra! Va ricordato che in Italia i parametri per l’idoneità agonistica sono più rigidi. Ma è la memoria del Calcio in giallorosso quella più colpita per il cuore. Nel ’69 il club giallorosso vide spegnersi improvvisamente Giuliano Taccola per un’anomalia al cuore. Il 30 dicembre 1989 il centrocampista Lionello Manfredonia ebbe un arresto cardiaco in campo e fu il medico Alicicco del Bologna a salvargli la vita rimettendo in modo la pompa cardiaca. Il centrocampista però non poté più riprendere la carriera agonistica. Poco male. D’altra parte le sfere verso le quali correre cambiano nel corso degli anni. Purché gli anni continuino a correre. Vanni Fucci

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La dieta fa lo sperma ottimo nuotatore

L’ha scritto The Independent sulla base di uno studio dell’Harvard School of Public Health Frutta, verdura e pesce. Sono gli alimenti che aumentano le chance di successo di diventare genitori. La dieta è in piena linea con lo stile alimentare mediterraneo. Contiene anche verdure a foglie, legumi e cereali interi, aumenta infatti le possibilità degli spermatozoi di raggiungere l’ovulo dell’11%. Un aiuto molto utile alle coppie che cercano di concepire un figlio naturalmente, senza ricorrere ad ormoni o alla provetta. Sempre per chi vuole provare ad avere figli in modo naturale, c’è un altro fattore che può migliorare le capacità “natatorie” degli spermatozoi, cioè l’esercizio e il movimento, ma fatti in modo moderato.

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Lo sperma contiene cellule germinali. Sono gli spermatozoi. Prodotti nelle gonadi, lo sperma feconda l’ovulo che è il gamete femminile. Questo processo di espulsione consiste nell’eiaculazione. Ed è la forza di questa espulsione spesso messa in crisi da problemi di diversa natura, tanto da mettere in crisi la stessa fecondazione a causa dell’incapacità dello sperma di arrivare all’ovulo. La scarsa produzione di sperma è causata dall’incremento dei livelli plasmatici di omociteina. Anche la scarsa assunzione di alimenti antiossidante come l’acido folico e la vitamina C si ha una cattiva qualità dello sperma maschile.

In caso di varicocele, gli antiossidanti come pentossifilina e l’acido folico e lo zinco migliorano la fertilità. Il seme contiene una complessa gamma di costituenti organici ed inorganici. Gli spermatozoi ne trovano giovamento trovandone sia protezione che nutrimento nella fase in cui sono diretti verso la riproduzione. Essendo un ambiente acido, la dimensione vaginale annulla le cellule dello sperma. L’ambiente vaginale acido è dato dalla microflora esistente che produce acido lattico. Le qualità presente nel seme proteggono gli spermatozoi compensandone l’acidità. Riescono almeno a sopravvivere il tempo utile arrivare all’ovulo. Sistemi e misure per rafforzare la fertilità dell’uomo vengono costantemente sperimentati. Piccarda Donati

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Si paga il ticket per i codici verdi C’era una volta la Sanità italiana: libera, per tutti, gratuita nei servizi diretti. Un modello nel mondo che ora è entrato in crisi per un deficit che si intende diminuire attraverso maggiori entrate

Il ministro della Salute Ferruccio Fazio pensa all’introduzione di un ticket per la medicina d’urgenza “anche per i pazienti da codice verde”. Il quale peraltro, essendo affetto da una patologia lieve, non dovrebbe andare al pronto soccorso intasando il servizio, ma farsi assistere dalle reti territoriali. Fazio l’ha detto parlando a San Benedetto del Tronto. Allo studio anche una “compartecipazione” per conto dei cittadini alla spesa sanitaria. C’è quindi un’autocertificazione del reddito per ticket sanitario. Dal ministero della salute la recente manovra finanziaria (art.17, comma 6, del decreto legge n. 98 del 2011, convertito nella legge n.111/2011) ha reintrodotto l’obbligo per gli assistiti non esenti di pagare una quota fissa di 10 euro su tutte le ricette di assistenza specialistica ambulatoriale, in aggiunta all’ordinario ticket già in vigore (pari alla tariffa delle singole prestazioni fino all’importo massimo di 36,15 euro per ricetta). La quota fissa è uguale per tutti e la sua introduzione non comporta alcun obbligo di certificazione da parte degli assistiti.

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Solo alcune regioni (in particolare l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria) hanno deciso di modulare la quota fissa di 10 euro in più quote di diverso importo, in relazione al reddito degli assistiti ed hanno stabilito particolari modalità e termini per consentire loro di certificare tale reddito. Per ulteriori chiarimenti, quindi, è necessario rivolgersi direttamente alla propria Asl o all’Assessorato alla sanità della propria Regione di residenza. D’altra parte va ricordato che, sempre dal ministero della salute, è ribadita la possibilità da parte degli enti regione di non applicare il ticket sulla specialistica di 10 euro purché adottino altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario e del controllo dell'appropriatezza. Così dicendo si restringe il campo di applicazione. “In una manovra dura ma necessaria per evitare rischi finanziari al nostro Paese - ha detto il Ministro Fazio - il Governo ha mantenuto il criterio di garantire a tutti i cittadini l’accesso alle prestazioni sanitarie: da qui la piena

conferma delle esenzioni ai ticket per le fasce sociali economicamente più deboli, per i bambini, i disoccupati, i pensionati sociali e al minimo, gli invalidi e i malati cronici e rari. Ciò premesso, al fine di assicurare ancor più a tutti, e soprattutto alle fasce deboli della popolazione, le prestazioni necessarie alla promozione e al mantenimento della salute, ho anche proposto al Ministero dell’Economia di rimodulare le esenzioni ai ticket per meglio ancorarle al principio dell'appropriatezza”. Forme inadeguate queste che cercano di compensare il deficit attraverso un ingresso di capitale fresco da parte dei pazienti-utenti. La conseguenza prevedibile da questa misura consiste nella minore richiesta di interventi sanitari da parte degli utenti-pazienti, non nell’aumento di risorse in ingresso per la sanità. Il problema allora consiste nella correttezza costituzionale di operazioni di taglio sul diritto alla salute garantito dagli articoli 32 e 38 della Costituzione. Il Fondo sanitario nazionale è passato dai sessantanove miliardi di euro del Duemila agli attuali centoquindici previsti nel 2011. Le esperienze di questi anni dimostrano che gli enti Regione meno spendono più sono virtuose. Piccarda Donati w w w.cittadinies alut e.it


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Puglia, la sanità precipita Il 27 ottobre Nichi Vendola ha chiesto a tutti i capigruppo del Consiglio regionale, di maggioranza e opposizione, di collaborare per recuperare le condizioni strette con le quali la Puglia deve uscire dal deficit

Il piano di rientro dal deficit sanitario in Puglia ha imposto il divieto del reintegro di ruoli medici e infiermeristici che nell’insieme ammontano a millenovecento unità. Praticamente una buona fetta della sanità pugliese che se non reintegrata, prorogata come incarichi, senza della quale già dal mese prossimo renderà la sanità di questa regione in ginocchio. A chiederlo a chiare lettere l’assessore alla Sanità della Regione Puglia che ha chiamato a raccolta personale politico regionale di tutti gli schieramenti per evidenziare grandi accorpamenti di unità strutturali. La richiesta chiaramente consiste in una proroga dei tempi di esclusione dal reintegro. La situazione più grave è quella dell’Asl Taranto, dove occorrono 324 varie figure professionali, più 6 primari. Segue il Policlinico di Bari (274 + 4), gli Ospedali Riuniti di Foggia (251 + 6), l’Asl di Brindisi (209 + 20). Tutto è iniziato dai Lea, livelli essenziali di assistenza. Si tratta di contratti a termine in scadenza a ottobre e dicemwww.cittad inies alut e.it

bre che non possono essere rinnovati. Sono indispensabili 1.809 medici e infermieri e 112 direttori di strutture complesse: primari e ingegneri. Il piano di rientro della Regione Puglia impedisce alcuna assunzione fino al 2012 incluso, ma il governatore dell’ente Regione aveva chiesto ai ministri Tremonti e Fazio di accettare una deroga. L’assessore alla Sanità, Tommaso Fiore, ha evidenziato la condizione della Sanità pugliese. Un discorso aperto a tutti i partiti perché ciascuno si senta responsabile. L’assessore vede nell’ulteriore accorpamento degli ambiti sanitari l’unica soluzione se non arriveranno gli aiuti in termini di deroghe dal governo. Questo significa chiudere strutture. Anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha preso una pausa dalla sua campagna elettorale permanente a livello nazionale per occuparsi della sua regione rendendo pubblica anche la norma statale rimasta inattuata di allentamento del Patto di stabilità.

Va detto che, suggestioni politiche a parte, la giunta regionale in Puglia aveva giù deciso misure di contenimento dei costi sanitari. Anche in Puglia si era andati con la mano pesante: mille posti letto in meno, rendere l’ospedalizzazione meno facile, forme alternative di territorializzazione della sanità come soccorso sanitario casalingo e ambulatori, diminuzione del costo dei farmaci con la messa in funzione della molecola di riferimento ancorando i prezzi a un parametro preciso. Nel 2010 il Patto della salute aveva stabilito che il deficit non poteva superare il 5% del Fondo sanitario regionale, pena il commissariamento. Louise Salomé

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Inceneritori, non sono dannosi per la salute

Lo hanno affermato gli esperti della Società di Igiene e Medicina Preventiva (Siti) durante il congresso a Roma svoltosi il 14 ottobre

Gli inceneritori, se di ultima generazione e ben controllati, non sembrano essere pericolosi per la salute, e di sicuro sono indispensabili nella gestione dei rifiuti. Il parere degli esperti dopo la sensazionale dichiarazione di Veronesi che parlò addirittura di impatto zero per gli impianti di annichilimento dei rifiuti. “Non ci sono risultati definitivi sugli effetti sanitari degli inceneritori - afferma Carlo Signorelli, professore di Igiene all’università di Parma - ma una gestione razionale del ciclo dei rifiuti non può prescindere da ben monitorati termovalorizzatori”. Secondo le cifre presentate, i termovalorizzatori di ultima generazione hanno emissioni al di sotto dei livelli di legge, e inferiori a quelle di altri impianti industriali: per le polveri sottili, ad esempio, rappresentano l’1% di quelle che si trovano nell’aria vicino agli stabilimenti. “Gli effetti dello studio Moniter sulla sorveglianza sanitaria nei pressi degli inceneritori dell’Emilia Romagna sono abbastanza tranquillizzanti - ha spiegato Pierluigi Mancini, responsabile della prevenzione della regione - anche se alcuni effetti sui neonati sono da approfondire”. www.cittad inies alut e.it

I relatori sono stati d’accordo nell’affermare che l’abbandono dei rifiuti in strada, come successo di recente a Napoli, sia l’opzione peggiore per la salute. “Valutare correttamente gli effetti sulla salute dell'emergenza non è facile - ha spiegato Maria Triassi, docente di Igiene dell’università di Napoli - ed è stato stimato però che i farmaci per le patologie della pelle e dell’apparato gastrointestinale hanno avuto un aumento delle vendite del 300%. La frammentazione dei compiti di sorveglianza e la carenza di informazioni alla popolazione hanno contribuito ad aggravare le emergenze”. Inceneritore pare, specialmente ai detrattori, il termine più adeguato a indicare gli impianti nominati anche termovalorizzatori. Anche nella normativa europea viene utilizzato il termine inceneritore. Gli inceneritori più diffusi in Europa sono del tipo “a griglie”. Trattandosi sostanzialmente di impianti che sfruttano il calore sviluppato dalla combustione, non è importante solo il tonnellaggio di combustibile (i rifiuti), ma anche il loro potere calorifico che consiste nel calore sviluppato durante la combustione che in genere è pari a circa 9.000-13.000 Mega Joule/t).

Con l’attuale dotazione di tecnologia e il termovalorizzatore è gestito in modo corretto, molti studiosi convergono sul fatto che l’impatto ambientale è tollerabile. Questo perché diversi filtri mediano l’emissione in aria. Diverse capitali europee, come Parigi, ma ci sono esempi anche in Italia, hanno i propri termovalorizzatori nelle immediate vicinanze. La legge Ronchi obbliga comunque al recupero dei materiali. La termovalorizzazione consiste in una risposta tecnologica che arriva dopo la raccolta differenziata. Nel termovalorizzatore non va la mondezza, tal quale, vanno le cosiddette ecoballe. Si tratta di materiale derivato da un lavoro di differenziazione operato prima negli impianti di preselezione dove tutto il materiale utile al riciclo viene recuperato. Questo dovrebbe scongiurare l’eventuale rilascio di sostanze nocive nell’ambiente. Ma il problema, oggi, consiste nel fatto che le discariche sono in via di rapido esaurimento, gli impianti di preselezione per produrre CDR sono insufficienti. Ma, cosa più importante, non ci sono adeguati inceneritori. Ubertino da Casale Cittadini & Salute

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Lavorare in sicurezza

Dal 16 al 19 novembre a Torino il congresso nazionale di Società italiana medicina-lavoro e igiene industriale (SIMLII)

Gli infortuni sul lavoro sono “un fenomeno sempre inaccettabile” e per questo non bisogna “abbassare la guardia riducendo gli investimenti”. Lo ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in una comunicazione ufficiale. L’ultimo dato dell’Inail rileva una diminuzione delle morti sul lavoro, ma sulla prevenzione sia in ufficio che in cantiere come in fabbrica i dati sono impossibili da rilevare perché non sempre si riesce a decifrare la causa professionale dell’affezione insorta. Su questo scottante necessità - implementare con tecniche adeguate all’oggi si convoca a Torino dal 16 al 19 novembre il settantaquattresimo congresso della società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale. Il tema di questa edizione guarda alla medicina del lavoro negli aspetti più attuali. La prevenzione si arricchisce di nuove competenze che non riguardano solo il miglioramento degli strumenti di analisi diagnostica ma anche le nuove malattie, le affezioni da stress, gli elementi più nuovi di eclissi della salute personale che nel luogo di lavoro possono essere percepiti. In tal senso la prevenzione sui luoghi di

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lavoro consiste in una grande possibilità per l’attuale fase critica per la nostra economia di cogliere i segnali nuovi che arrivano proprio dal mondo del lavoro. Il datore di lavoro ha tutti i vantaggi nel fare prevenzione al suo personale: - vengono anticipati gli effetti di una patologia sottovalutata; - eventuali cattive abitudini come abuso di alcol o uso di droghe vengono immediatamente percepite; - tra lavoratore e titolare si rafforza quel rapporto di reciproca fiducia determinato dal fatto che l’addetto diventa più produttivo se l’azienda si occupa di lui. Nell’edizione torinese di questi quattro giorni si parte proprio dalla Scuola torinese in materia di prevenzione. Torino, capitale italiana della produzione è sempre stata all’avanguardia nazionale sui metodi di analisi clinica dello stato di salute del personale in azienda. A Torino il primo impiego di tecnologia avanzata per arrivare alla valutazione dei rischi. Oggi c’è però bisogno di uno sforzo ancora più grande. Le esigenze multi-disciplinari e multi-culturali dei nuovi scenari del mondo del lavoro hanno bisogno di un aggiornamento e una grande estensione di esami diagnostici.

Il Congresso di Torino ha il merito anche di essere il primo con le nuove modalità di accreditamento degli eventi scientifici. Le attività seminariali e i dibattiti scientifici all’interno del congresso sono rivolti agli operatori della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro: medici specialisti in medicina del lavoro, igienisti occupazionali, ergonomi, tecnici della prevenzione, operatori della sanità pubblica, responsabili dei servizi di prevenzione e protezione, specializzandi, dottorandi, studenti, e anche agli attori principali, ovvero i lavoratori, i datori di lavoro e gli amministratori che hanno interesse ad approfondire le tematiche presentate. Tra le tematiche, l’aggiornamento dei metodi verso i lavoratori migranti, il rischio costituito dal rumore, la cancerogenesi professionale, il rischio da agenti chimici. Questo perché la medicina del lavoro, tanto più la medicina sul luogo di lavoro deve arricchirsi di capacità analitiche in grado di percepire le nuove affezioni. Quindi la medicina del lavoro e sul luogo di lavoro è il migliore metodo per fare prevenzione sanitaria in tutta la società. Il Laboratorio Analisi Guidonia sarà presente a Torino per presentare le sue esperienze e aggiornare con l’ultima tecnologia innovativa i sistemi di analisi e diagnosi medica. Conan Doyle w w w.cittadiniesalu te.it




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