Cittadini & Salute Giugno 2014

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L’editoriale di

Mario Dionisi

Quello che state leggendo è l’ultimo numero di Cittadini & Salute. Prendiamo una pausa che è più di una sospensione estiva perché riteniamo che il giornale abbia bisogno di un ripensamento generale. La fase in cui si sottolineava la cifra della crisi economica della Sanità nel nostro paese è stata superata nell’attuale condizione in cui ci troviamo. E questo perché le azioni per compensare le sue perdite gigantesche appaiono una cura peggiore del male. La limatura sui costi, il taglio di qualche posto letto o di qualche ospedale sono, a nostro avviso, un rimedio assai lontano dalla soluzione. La questione delle questioni riguarda la presenza di personale amministrativo alle dipendenze della Sanità, l’eccessiva terziarizzazione in un rapporto confuso e promiscuo con soggetti privati nella Sanità pubblica per arrivare al mancato riconoscimento del ruolo che invece tanti imprenditori e medici che lavorano nell’ambito privato svolgono a sostegno dei sistemi di cura. In alto su tutti c’è l’eccessivo peso del settore farmaceutico sia in ambito di rappresentanza sia come gravame alla spesa pubblica. Ma anche queste realtà esplosive sono ancora poca cosa di fronte al fatto che la Sanità, oggi, con l’avvento preponderante della tecnologia, ha un volto completamente nuovo rispetto a venti anni fa. Gli unici in linea sono gli ambulatori diagnostici che sono i veri e propri avamposti della cura articolata, della conoscenza di eventuali patologie e della ricerca sulla cura appropriata. Il sistema sanitario si è sostenuto anche grazie a questo settore cresciuto sull’iniziativa di tanti capitani coraggiosi. Ora i tagli all’interno di ciascun ente regione danno da pensare che di questo ambito nessuno voglia saperne. In sostanza, in questo nuovo stato di cose - nuovo perché come fosse un male oramai cronico quindi imparagonabile con la prima patologia pura e semplice bisogna lavorare per l’informazione. Ma su questo bisogna pensare strategie nuove, attività nuove e un modo diverso di essere nella comunicazione. L’appuntamento quindi è solo rimandato a quando avremo trovato queste nuove strategie.

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RICERCA

Nuovi metodi contro il cancro Sanità e famiglie in ginocchio per sostenerli C’è l’immunoterapia. Una tecnica, più che una metodica, in grado di dare risultati sorprendenti per alcune neoplasie come il melanoma e i tumori della cervice la nuova frontiera della lotta al cancro. A dirlo è l’articolo dell’Ansa sulla 50a edizione del Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco) in corso a Chicago. “Dopo la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia spiega all’Ansa Michele Maio, direttore del Dipartimento di Immunoterapia oncologica del Policlinico Alle Scotte di Siena - la nuova strada è l’immunoterapia, che rieduca il sistema immunitario a tenere sotto controllo il tumore. Un aspetto molto importante è che ora cominciamo ad avere basi solide per poter dire che l’immunoterapia non solo funziona contro la malattia metastatica, ma può essere in grado di ridurre il rischio di recidive in pazienti ad alta probabilità di avere di nuovo un tumore dopo l’intervento chirurgico”. I trattamenti possono essere usati anche in combinazione con altri farmaci. Importante l’attenzione sul melanoma. Si è ripresa la ricerca sulla molecola Ipilimumab. Il melanoma (tumore maligno della pelle) ha infatti un’incidenza nel mondo che raddoppia ogni dieci anni e nel 2012 sono state fatte 232 mila nuove diagnosi principalmente nella popolazione giovane, mentre nel 2013 i nuovi casi in Italia sono stati 10.500. Un secondo studio dimostra inoltre che un unico trattamento di immunoterapia personalizzato (definito T cell therapy) induce una completa e duratura remissione del cancro alla cervice avanzato. Importanti progressi si stanno ottenendo anche contro il cancro al polmone. Il trattamento con la molecola innovativa Pembrolizumab come terapia iniziale ha portato ad w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

una riduzione della massa tumorale nell’80% dei pazienti considerati. C’è un però. “Il costo delle cure rischia di discriminare i pazienti”. Lo dice Stefano Cascinu, presidente dell’associazione italiana di oncologia medica. “Il rischio è quello di creare forti discriminazioni tra chi può curarsi e chi no”. L’intervento della delegazione italiana che si è occupata delle terapie anche dal punto di vista della loro disponibilità e accessibilità. I nuovi farmaci oncologici previsti nella classe Cnn (a carico del cittadino) non sono ammessi alla rimborsabilità. La classe di farmaci Cnn “doveva essere provvisoria, ma ora il pericolo è che diventi permanente, creando potenzialmente delle discriminazioni tra i pazienti”. Il rischio in alcuni Paesi è una realtà: “In Gran Bretagna, ad esempio - ha affermato Cascinu - proprio la limitazione imposta per motivi economici all’accesso a farmaci e diagnosi già sta facendo registrare, per l’oncologia, un nuovo tasso di aumento della mortalità”. L’algoritmo per la sostenibilità dei costi. Oncologi americani stanno provando a sviluppare un algoritmo per “classificare” i nuovi antitumorali, innovativi ma dai costi sempre maggiori, sulla base di tre parametri precisi: benefici, effetti collaterali e prezzo. L’obiettivo è appunto quello di ridurre e tenere sotto controllo il costo complessivo delle terapie oncologiche, divenuto quasi insostenibile per i sistemi sanitari, attraverso un approccio più attento alla prescrizione dei nuovi medicinali. Il problema della sostenibilità del costo delle terapie riguarda ovviamente tutti i sistemi sanitari, al punto da essere stato sollevato e stigmatizzato anche dei maggiori esperti Usa. Pia de’ Tolomei

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ATTUALITÀ

Cancro, ma quanto mi costi?

Il fronte della prevenzione passa dalla terapia, prevenzione e cura, all’analisi dei costi che oramai danno le direttive per ogni malattia in Sanità, specialmente pubblica Tutto ha una misura economica, e neanche la salute fa eccezione. Anzi, per i suoi costi e il deficit pubblico tutto speciale riservato in diversi dicasteri della Sanità in alcuni enti regione, salute viene sempre equiparata ai suoi costi. Il problema di questa impostazione è che il binomio - sanità-costi - potrebbe trovare la sua variante costi-salute. Che si traduce, se vuoi essere in salute questo ha un costo economico. E non è molto diversa l’equiparazione proposta dal Cinquantesimo congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) tenutosi a Chicago e concluso il 3 giugno. Il dato è questo: con sei miliardi di euro in cinque anni solo in Italia si potrebbero produrre come risparmi grazie a campagne di prevenzione oncologica mirate e diffuse. Se questo fosse proiettato in chiave europea il dato diventerebbe di cinquanta miliardi. (Oramai pare esserci quasi indifferenza al dato umano, quindi il Cinquantesimo congresso rimane sui numeri e noi in tal senso proviamo a seguirlo). Il costo totale del cancro in Europa è, ogni anno, di 126 miliardi di euro, in Italia si arriva a 16 circa. Per garantire l’accesso alle terapie migliori a tutti cittadini servono w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

risorse, tante, così tante da far paura ai sistemi sanitari, soprattutto quelli pubblici. L’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) dal canto suo ha fatto sapere, in sede di congresso, al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che i sei mesi di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea devono diventare il “semestre della prevenzione contro il cancro”. Nel 2012, le nuove diagnosi nel Vecchio continente sono state 3.450.000, con 1.750.000 morti, cioè tre al minuto. La richiesta esplicita è che l’Italia diventi capitale europea della prevenzione oncologica. Un ruolo di merito vero e proprio che potrà essere ricoperto da ogni Paese chiamato ad assumere la presidenza Ue. Promuovendo però iniziative concrete. Solo così i risparmi potranno essere significativi. Sempre in termini di gravame economico che ha preso completamente il posto di quello morale non si considera più il tumore più pericoloso o letale, ma quello più costoso. Come se il problema fosse tutto questo. Continuiamo a turarci il naso e seguire il ragionamento degli oncologi-manager. Nell’Unione europea il tumore più costoso è al polmone con 18,8 miliardi ogni anno. Supera il dato del tumore al seno che

arriva a 15 miliardi. Al terzo posto dei costi il tumore al colon-retto con 13,1 miliardi, quarta la prostata con 8,43 miliardi. Chiaro che si vada ad attaccare sulla patologia più costosa. Sarcasmo a parte si ritiene che l’approccio sia dovuto al fatto che questa patologia comporta la più grande trasmissibilità in altre parti del corpo. Ebbene, sul carcinoma polmonare l’Aiom avvierà, a partire da giugno, una campagna di sensibilizzazione sui danni anche del fumo passivo. L’Aiom pensa all’assistenza con incremento costante della popolazione anziana, nel 2030 il 30% degli italiani sarà costituito da over 65. Bisogna però fare i conti sempre coi soldi. Le risorse sono sempre più basse delle necessità. Quindi i costi dovranno sopportarli i pazienti, reali o potenziali. Nel 2013 erano 2.800.000 i pazienti con storia di cancro, nel 2020 saranno circa 4.500.000. Ma va detto che la questione fondamentale resta l’appropriatezza prescrittiva. Il paziente deve avere una diagnostica in grado di saper vedere per tempo eventuali pericoli. E poi c’è l’altra faccia del problema: la sopravvivenza nella fase metastatica che è migliorata di molto grazie a trattamenti sempre più efficaci. Dolcino da Novara

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CURIOSITÀ

Fitness, a 18 e a 50 anni possibile stesse capacità fisiche Studio, età d'oro 27 per lui, 29 per lei, a 55 anni il crollo

C’è un’età per ogni tipo di allenamento. Rimanendo allenati, avendo lo sport praticato come abitudine fissa, si possono ottenere performance sportive impressionanti anche ad età matura. Ma questo non deve essere un obiettivo. D’altra parte è anche vero che la performance sportiva può essere uguale a 18 come a 50 anni. Ma bisogna anche tener presente che, da uno studio recentemente pubblicato, il calo di rendimento mediamente arriva, inesorabile, dopo i cinquantacinque anni. Ad evidenziarne le differenze, chiaramente, sono tempi, qualità della prestazione, ma soprattutto capacità cardiaca di recupero. Non è una grande scoperta. Ma la scansione precisa dell’età, del limite medio dopo del quale arriva l’inevitabile declino, si è preso la briga di scriverlo un studio dei ricercatori della università Camilo José Cela di Madrid. La rilevazione effettuata sulle risultanze degli atleti irriducibili è stata pubblicata su Age Journal. Il campione è stato vario. Quarantacinquemila maratoneti e top runner. Sia uomini che donne.

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Questi hanno percorso una maratona in piena regola. La distanza è quella conosciuta: i 42,195 metri della maratona di New York negli anni 2010/2011. La scoperta è consistita nel rendimento dei partecipanti che sono stati suddivisi in un grafico per fasce di età dai 18 ai 75 anni. Ebbene, l’andamento delle prestazioni segue una curva perfettamente una sorta di “inversione ad u”. A sorpresa il grafico dimostra che i corridori giovani e i cinquantenni avevano performance molto simili. Se l’età d’oro per correre gare su distanze del genere è 27 anni per lui e 29 per lei, i tempi si prolungano a partire dai cinquantacinque anni in poi. Prima dell’età d’oro i tempi per la maratona calano del 4% ogni anno di meno, per entrambi i sessi. Successivamente gli atleti aumentano i loro tempi di gara ad un tasso del 2% all’anno. Secondo i ricercatori fino a 50 anni ci si può sentire in forma come da giovani e il tasso col quale le prestazioni calano è moderato fino ai 55 anni, dopo scende in modo evidente in entrambi i podisti, in modo più evidente nelle donne. Angelina Travaglini

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RICERCA

Quando è il “fumus” ad essere moda

Le sigarette “fai-da-te” con cartina e tabacco diminuiscono la vendita dei normali pacchetti, ma diffondono la cattiva abitudine per la salute. Cade anche l’illusione del fumo elettrico

Pare siano meno nocive. Sicuramente sono più economiche. Ma soprattutto vanno di moda. Piacciono ai giovani. In Italia raddoppia l’uso di tabacco, nell’arte di rollarlo in cartine. Il dato eclatante consiste nella cresciuta di circa il 400% rispetto al 2005! Il passaggio chiaro e netto. Dal 9,6% al 18% dal 2013 al 2014 il numero di fumatori che preferiscono rollarsi una sigaretta invece che acquistarla in pacchetti confezionati. Il dato fa parte del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità presentato il 31 maggio per la Giornata Mondiale senza Tabacco. E anche la corsa alla sigaretta elettronica non è più un buon affare, lasciando recedendo, come buon affare per chi investe, alla sigaretta fatta in casa. A sceglierla, secondo l’indagine condotta in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, sono soprattutto i giovani di età compresa tra i 15 e i 20 anni (34,3%). Meglio quindi pensare a strategie, invece di congetturare, anche qui, misure economiche. Uno strumento consiste nei farmaci. Ne esistono in grado di aiutare a superare la dipendenza sono a totale carico dei cittadini e i Centri per il Trattamento del tabagismo che erogano le loro prestazioni fuori dai Livelli essenziali di assistenza. Pareva fosse una soluzione. In molti hanno stimato un affare sicuro nella vendita di sigarette elettroniche e nell’apertura di centri specializzati. Ma in un anno si è evidenziato il flop. Gli utilizzatori sono passati dal 4,2% del 2013 all’1,6% del 2014. I fumatori elettronici sono passati dall’1% della popolazione (circa 510 mila persone) allo 0,5% (255 mila), mentre i consumatori occasionali sono w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

scesi da 1,6 milioni nel 2013 (il 3,2%) a circa 550 mila (l’1,1%) nel 2014. (Sempre nel rapporto redatto dall’Istituto Superiore di Sanità). Gli utilizzatori della e-cig hanno mediamente 42 anni e sono soprattutto uomini (66%), in sei casi su 10 preferiscono lo svapatore contenente nicotina a quello con solo vapore e aromi. Sempre più spesso, inoltre, si riforniscono presso tabaccai e farmacie e non più presso rivenditori specializzati. Compare quest’anno chi, tra gli utilizzatori della e-cig, dichiara di aver aumentato il numero di sigarette tradizionali (1,7%) e chi ha iniziato a fumarne sebbene prima non avesse questa abitudine (12,1%). Ma sempre sul fumo c’è allarme. Ma sui Centri antifumo. In Italia molti sono in difficoltà e rischiano la chiusura. Il pericolo arriva proprio dalla Sitab, Società italiana di tabaccologia ed è stato lanciato durante la Giornata mondiale contro il tabacco del 31 maggio. Secondo la Sitab il fumo continua a essere la prima causa di morte evitabile in Occidente e uccide ogni anno nel nostro paese più di 70 mila persone. Si è prospettato l’aumento del prezzo delle sigarette come strumento per diminuire i consumi. Ma secondo la simulazione dei ricercatori italiani la tassazione è la forma più efficace per ridurre il tabagismo. La proiezione elaborata dai ricercatori vede la riduzione del 38% dei fumatori. Ma ogni tassa in Italia è troppo impopolare per essere veramente prospettata. E poi - dice il cronista - una diminuzione di consumatori, se veramente avvenisse, significherebbe una diminuzione di introiti per lo Stato. Natalia Albensi

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ATTUALITÀ Lo slogan è italiano. Fa parte di una delle tante iniziative di sensibilizzazione verso la malattia. L’iniziativa di diffondere la sua conoscenza è europea. Contro il melanoma. Prevenzione, informazione, prognosi precoce, quindi sono importanti. Lunedì 26 maggio dalle 9 alle 18 è stato il giorno proclamato. Lo slogan: l’attenzione per la propria pelle deve manifestarsi ogni giorno. Il giorno dopo, il convegno ne alla biblioteca Giovanni Spadolini al Senato a Roma ha evidenziato i progressi tecnologici nella diagnosi. Il mantra è sempre: “diagnosi tempestiva”. Arriva da un laser pensato e sperimentato dai ricercatori dell’Università del Queensland. Si tratta, quindi, di un sistema di imaging di laser, il primo del suo genere in Australia. Rileva ogni processo sotto-pelle. Nasce per essere completamente sostitutivo della biopsia. Sfrutta una parte dello spettro elettromagnetico che fino a poco tempo fa non era stato possibile utilizzare. Tutto questo in virtù della tecnologia diagnostica che procede per sistemi di imaging. Il melanoma va inquadrato come una priorità della lotta contro il cancro. Prevenzione, informazione, prognosi precoce, quindi sono importanti. L’incidenza del tumore per la pelle è raddoppiato negli ultimi dieci anni. Maggior numero di casi si trovano nei Paesi del Nord Europa rispetto ai popoli del Mediterraneo.

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Guardare bene la pelle

Il motto di sensibilizzazione di un centro diagnosi a Napoli, un “Up” che consente di monitorare L’iniziativa è stata organizzata dall’Osservatorio sanità e salute in occasione dell’Euro melanoma day. Si tratta di una giornata dedicata alle visite e screening dei tumori cutanei. A fare le presentazioni del convegno che fa il punto sui metodi per combattere il melanoma è Cesare Cursi, presidente dell’Osservatorio sanità e salute. Michele Mozzillo, vicedirettore dell’istituto nazionale tumori di Napoli, ha brevemente accennato sui sistemi di conoscenza da parte dei giovani. Un aiuto potrebbe arrivare dalla tecnologia telematica che consente di fotografare specifiche presenze anomale sulla pelle per spedirle al centro di ricerca al fine di avere un parere veloce. Dopo il saluto di Raffaele Calabrò, della commissione Affari sociali per la Camera dei deputati, Riccardo Bono, specialista in Dermatologia IDI di Roma, evidenzia sull’importanza della predittività. Avere la diagnosi per tempo è decisivo per evitare conseguenze molto dannose che possono portare alla morte. Importante allora la conoscenza da parte di ciascuno, monitorando la pelle o farsi aiutare da persone esperte.

Paolo Marchetti, direttore di oncologia Sant’Andrea di Roma, entra nella specificità della malattia, ad uso conoscitivo del parterre formato da studenti universitari della facoltà di infermieristica. Ciò perché una conoscenza, pur sommaria, del problema aiuta sicuramente a diffondere un livello di conoscenza diffusa, in grado di rendere maggiormente vigili sulla presenza visibile sulla pelle di un neo o di formazioni da interpretare. Ha spiegato la delicatezza dell’individuazione della patologia, Gerardo Botti, direttore del dipartimento patologia diagnostica e laboratorio istituti tumori di Napoli. Molti dei ricorsi per danni causati da cattiva diagnosi sono causati dalla mancata individuazione della presenza di un melanoma. In tal senso la delicatezza del ruolo ascritto all’analisi patologica del melanoma. Botti illustra i test di predittività attraverso delle analisi molecolari dei soggetti. Mauro Picardo, responsabile laboratorio di fisiopatologia cutanea dell’istituto dermatologico San Gallicano di Roma, illustra sull’incidenza della malattia secondo il colore stesso della melanina che implica anche la coloritura della pelle. Questo evidenzia diversa suscettibilità di resistenza ai raggi del Sole, w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


può salvare la pelle

un neo che appare sulla pelle … Strumenti utili per combattere il melanoma per tempo

quindi la capacità di proteggersi, tra diverse tipologie umane. Antropologicamente l’aumento di produzione della melanina è intervenuto nell’evoluzione dell’uomo con la sua maggiore esposizione all’ambiente e con la perdita dei peli. Ma c’è anche l’aspetto genetico che ha una caratteristica preminente nello studio del fenomeno. Ad illustrarla, Giuseppe Palmieri, responsabile dell’Unità genetica dei tumori (CNR Sassari). La predisposizione genetica deve aggiungersi alla parte molecolare. Il melanoma avviene come accumulazione di alterazioni genetiche. Filippo Belardelli, direttore del dipartimento di ematologia oncologica e medicina molecolare, ha illustrato sulle terapie. La difficoltà è lo sviluppo accompagnato ad approcci terapeutici che

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sono diventati importanti anche ad altri studi sul tumore. Importante ancora il farmaco dell’interferone che però deve essere associato ad altri farmaci evitando effetti tossici. Un altro livello è il coinvolgimento del sistema immunitario. Intervenire con approccio terziario è un campo di ricerca preminente. Un altro monito alla diffusione dell’informazione arriva da una ricerca pubblicata su sull’Australian Journal of Dermatology. Si lancia l’allarme su una forma che si manifesta come innocuo foruncolo. Compare sulla pelle come un nodulo rosso. Se il nodulo mantiene forma e grandezza per qualche tempo, è probabilmente innocuo, ma se compare improvvisamente e cresce progressivamente per oltre un mese, deve essere trattato come melanoma nodulare.

Deve essere rimosso entro tre mesi. Dare maggiore conoscenza, soprattutto al mondo dei medici di base o non specializzati. Ma la ricerca fa passi avanti. C’è l’Ipilimumab. Il suo uso ha consentito grandi passi avanti nella sopravvivenza evitando recidive. Lo studio è avanzato in fase di prima sperimentazione su casi specifici. I risultati sono stati divulgati dalla Bristol-Myers Squibb e presentati al 50° Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco). C’è la riduzione del 25% del rischio di recidiva o morte. Le rilevazioni hanno dato, con la somministrazione di ipilimumab, il superamento della malattia da parte del 46,5% dei pazienti. Senza recidiva. Si dimostra così, nuovamente, che ipilimumab ha il potenziale per ridurre il rischio di recidiva in uno stadio più precoce del melanoma e supportano la nostra convinzione sul fatto che l’immuno-oncologia può avere una vasta applicabilità in linee di terapia e stadi della malattia. Beatrice Portinari

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RICERCA

Sapere prima dell’infarto che incombe

Con un piccolo apparecchio sarà possibile capire anticipatamente e intervenire per tempo con programmi prevenzione personalizzata Il test è stato presentato sulla rivista Genome Medicine. Ed è già stato sviluppato e sperimentato da un team di Gregory Gibson della Georgia Institute of Technology ad Atlanta su un gruppo di pazienti. Consiste in un test di sangue basato che percepisce la presenza di alcuni geni che svelano il rischio di morte per infarto su individui con problemi cardiovascolari e permette dunque di intervenire precocemente con programmi di prevenzione personalizzata per quei pazienti che risultano più a rischio. Il progetto di elaborazione su vasta scala consiste nell’essere messo a disposizione attraverso un piccolo sistema meccanico da usare in situazioni ordinarie e capire se sta arrivando l’indesiderato colpo al cuore. La pratica sarebbe facile, tipo dei diabetici che usano queste piccole macchine per misurare la glicemia. Il test ha dato forza all’ottimismo degli esperti. Si controlla quanto sono attivi alcuni geni implicati in processi

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infiammatori e del sistema immunitario perché il livello di attività di questi geni è risultato correlato al rischio di infarto. Ora il sogno è realizzarla questa piccola macchina. Dovrebbe avere una forma tascabile. Dovrebbe essere utilizzabile dai pazienti stessi per vedere di volta in volta il proprio rischio. È stato testato su circa trecento pazienti con responsi positivi: un esame per distinguere i pazienti con serio rischio di infarto da quelli che rischiano meno. In futuro, chiunque abbia problemi di coronarie, nel senso di circolazione sanguigna a livello di arterie che ossigenano il cuore, e sa di ostruzioni da depositi di calcio e colesterolo, potrà averlo come un prezioso mezzo per capire cosa sta avvenendo, se un malessere o un dolore sono un allarme oppure no. Potrebbe essere annoverato anche come un modo per tenere sotto controllo la riuscita di terapie e programmi di prevenzione. Alagia Fleschi

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RICERCA

Il sistema immunitario mantiene giovane la pelle La scoperta arriva dall’Università di Harvard ed è stata brevettata con quattordici ricerche dalla Shiseido I bagni solari in prospettiva della stagione solare sono stati un’occasione, negli anni, di effettuare ricerche sul rapporto tra i sistemi di difesa della pelle col sistema immunitario. Se è vero che le condizioni della pelle sono uno specchio, mendace o reale, dello stato di vitalità di una persona, la relazione potrebbe trovare conferma attraverso i sistemi per preservare il suo stato di benessere. Tutti sanno che gli stress ambientali - irradiazione solare, secchezza, inquinamento, stress psicologico - inibiscono l’attività dei recettori. Viene meno così la funzione protettiva delle cellule stesse. Grazie a test effettuati su biopsie di pelle di volontari, ricercatori giapponesi hanno scoperto che le cellule di Langherans della pelle giovane, sotto stress, restano inattive anche fino a 90 giorni. Il nuovo complesso stimola l’attività immunitaria e fa ritornare il sistema ad uno stato di omeostasi, ovvero di equilibrio, fondamentale per il mantenimento della giovinezza e della bellezza della pelle. Questi risultati sono stati presentati durante il congresso annuale della Society for Investigative Dermatology, svoltosi a fine

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maggio in Messico. Si è parlato di questa scoperta che però a ben guardare ha venti anni. O meglio, venti anni di ricerca e di continue applicazioni. (Cosmetici che rinforzano il sistema immunitario cutaneo. C’è il retinolo, i filtri solari e le staminali vegetali, pietre miliari della dermatologia che si trovano nella maggioranza delle creme antirughe). La scoperta è della Shiseido. I ricercatori sono della Cutaneous Biology Research Center del Massachusetts General Hospital di Harvard, a Boston. Oltre alla crema idratante e protettiva si annunciano speciali attivatori delle cellule di Langherans. Controllano l’immunità della pelle che, sotto stress, perde le capacità protettive e accelera l’invecchiamento. Il nuovo complesso combina miscele di ingredienti coperti da brevetto, fra cui i Beta-glucani, abbondanti nei funghi e nei lieviti e ad elevata azione di attivazione immunitaria in grado di proteggere la funzionalità delle cellule di Langherans. In particolare gli ingredienti agiscono su un enzima, CD39, recettore presente sulle membrane delle cellule di Langherans. Gemma Donati

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ATTUALITÀ

Sanità non fa rima con equità

Lo dice il rapporto dell’Istat che evidenzia problemi nell’accesso alle cure Il Sistema sanitario nazionale essendo costretto a lavorare in un regime più rigido avrebbe migliorato i livelli di efficienza. Una deduzione libera emersa all'interno del rapporto Istat 2014. Quindi sempre secondo l’Istat anche la qualità ne ha sofferto. Subito dopo, però l’istituto di statistica fa rivelare che per la crisi molte famiglie rinunciano a curarsi. Una realtà che non aveva bisogno dell’Istat per essere rilevata, si dirà. Ma questa parte della ricerca annuale dell’istituto superiore di statistica che rileva l’insieme delle più importanti fenomenologie riguardante la Sanità, evidenzia numeri e dati. In tal senso il Mezzogiorno è notevolmente svantaggiato. Un criterio per l’Istat consiste nel miglioramento dei livelli di appropriatezza e nell’aumento costante della sopravvivenza. L’allarme sanitario è nel Sud dove le condizioni di salute sono peggiori rispetto al resto del Paese. La speranza di vita è di 79 anni per gli uomini e 83,7 anni per le donne (nel Nord rispettivamente 79,9 e 84,8 anni). La prevalenza di cronicità grave si attesta al 16,1%, contro il 14,2% registrato nel Nord del Paese. La ricerca è stata pubblicata a fine maggio ma rileva il dato dell’anno 2012. Ed è proprio in questo anno che l’11,1% dei cittadini dichiara di aver rinunciato alle cure (accertamenti o visite specialistiche non odontoiatriche, interventi chirurgici o acquisto di farmaci). La quota sale al 13,2% fra le donne, mentre a livello territoriale è più elevata nel Mezzogiorno (15% circa). Nel 50,4% dei casi, chi rinuncia ad una prestazione sanitaria lo fa per motivi economici, ma nel 32,4% la causa risiede nelle liste di attesa o eccessiva distanza dalle strutture. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Nord-Sud tornano ad essere due categorie oppositive all’interno di un sistema che si manifesta come universalistico. Migliorano l’efficienza e la qualità del Sistema sanitario nazionale, ma restano aspetti problematici quali le differenze per l'accesso alle cure sul territorio - con il Mezzogiorno notevolmente svantaggiato - e le difficoltà delle famiglie, a causa della crisi, a far fronte alla spesa per la salute. Il Sistema sanitario pubblico, rileva l’Istat, “ha migliorato notevolmente il suo livello come si evince dalla riduzione del debito accumulato nel corso degli anni, e i suoi standard di appropriatezza. Inoltre, l’aumento costante della sopravvivenza e la sostanziale stabilità delle persone affette da cronicità gravi, testimoniano che l’attività di assistenza e cura svolta dal Ssn ha conseguito esiti soddisfacenti”. Ma ci sono anche “aspetti ancora problematici” sul fronte dell’equità, con “persistenti divari di genere, sociali e territoriali”. Recita il rapporto Istat: “destano preoccupazione anche gli evidenti segnali di riduzione della spesa sanitaria pubblica e le difficoltà dimostrate dalle famiglie a far fronte con risorse proprie alle cure sanitarie”. Lo svantaggio del Mezzogiorno sarebbe, quindi, “strutturale”. Le condizioni di salute sono peggiori rispetto al resto del Paese. La speranza di vita è di 79 anni per gli uomini e 83,7 anni per le donne (nel Nord rispettivamente 79,9 e 84,8 anni). La prevalenza di cronicità grave si attesta al 16,1%, contro il 14,2% registrato nel Nord del Paese. Nel 50,4% dei casi, chi rinuncia ad una prestazione sanitaria lo fa per motivi economici, nel 32,4% a causa delle liste di attesa o eccessiva distanza dalle strutture. Matilde di Canossa

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RICERCA

Pistacchio contro il diabete

Emerge da uno studio spagnolo presentato al convegno sull’obesità Lipidi all’83%, proteine al 12%, il restante carboidrati, questa la ripartizione classica che si dà della sue capacità nutrizionali, offerta dall’Istituto nazionale per la ricerca e per gli alimenti e la nutrizione. Sempre sui valori nutrizionali in grado di dare energia, per cento grammi, sono segnalati 608 kilocalorie, con 18,1 proteine. Contiene carboidrati, zuccheri, Amidi, Fibre 10,6. C’è tanta Vitamina A, Calcio, Fosforo, Potassio. Ma la novità di questa ricerca consiste proprio nel fatto che pare abbia avere anche delle qualità terapeutiche. Mangiare pistacchi è un’arma efficace contro il diabete. Questo tipo di frutta secca, infatti, ha i cosiddetti “grassi buoni”. Entrano in azione e hanno facoltà di terapia preventiva quando si è nella fase precedente allo sviluppo vero e proprio della malattia. È quanto emerge dallo studio spagnolo, della Roviri i Virgilio University, presentato al convegno europeo sull’obesità di Sofia, in Bulgaria. Nello studio, cinquantaquattro persone, in fase pre-diabete, con sovrappeso o obesità, hanno seguito per otto

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mesi la dieta mediterranea e ad alcuni di loro sono stati prescritti 57 grammi di pistacchi al giorno. Non è stata riscontrata una differenza particolare di peso tra chi aveva mangiato pistacchi e chi non lo aveva mangiati, ma nel primo gruppo risultava invece notevolmente sceso il livello di insulina, segno che il corpo trovava più facile “lavorare” gli zuccheri del cibo. Merito di grassi insaturi, fibre e carotenoidi e antiossidanti che sono contenuti in buone quantità nei pistacchi e che, spiegano gli scienziati, in un mix benefico aiutano il corpo a gestire meglio gli zuccheri. D’altro canto, l’elogio al pistacchio non è cosa nuova. Si sa che contribuisce ad abbassare il colesterolo. Questo perché gran parte dei grassi contenuti sono monoinsaturi. La vitamina A, il ferro e il fosforo sono considerati ricostituenti per il sistema nervoso. Molto celebrati, in precedenti ricerche, il contenuto di polifenoli che hanno proprietà antiossidanti in grado di diminuire l’effetto di infiammazioni e combattere batteri e funghi. Giovanna Visconti

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ATTUALITÀ

Pendolarismo sanitario in Italia

Mille nuove diagnosi e 470 morti: è il “bollettino” quotidiano del cancro del nostro Paese Grazie al miglioramento delle terapie, in Italia, ci sono circa due milioni di persone che hanno superato la malattia. Ci sono i “lungo-sopravviventi”. Ma le liste d’attesa per la chirurgia oncologica raggiungono una media di sessanta giorni. Troppo alte! Conseguenza: ogni anno quasi ottocentomila italiani emigrano in altra regione. Prevalentemente al nord d’Italia. Al Nord vanno in cinquantacinquemila partono dalla Campania, cinquantaduemila dalla Calabria, trentatremila dalla Sicilia, dodicimila dall’Abruzzo e diecimila dalla Sardegna. Con un costo economico equivalente di due miliardi l’anno. Deve ancora essere realizzato il Piano oncologico nazionale 2011-2013. Dovrà essere incluso nel Patto per la salute, prossimo ad approvazione. Il problema è stato analizzato giovedì 15 maggio nella IX Giornata nazionale del malato oncologico dove è stato presentato il “VI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici”. La situazione fotografata nel Rapporto richiede urgenti disposizioni normative, anche in tema di tutela della fertilità, e risorse da destinare ai servizi. Il cancro rappresenta la prima causa di accettazione delle domande di inabilità e disabilità, con conseguenze inevitabili sul piano lavorativo e sociale. Le liste d’attesa, però, non sono il solo livello sul quale intervenire. Secondo i dati 2009 delle schede di dimissione ospeda-

liera per il tumore alla mammella riportati nell’Oncoguida, nel Lazio 53 strutture di chirurgia oncologica su cento hanno trattato meno di 15 casi, nel Veneto 15 su 61 e in Emilia Romagna 27 su 58; per il tumore del colon retto, nel Lazio 43 su 106 strutture, nel Veneto 16 su 62 e in Emilia Romagna 35 su 75. È evidente anche la disomogeneità territoriale nella distribuzione degli acceleratori lineari, apparecchiature fondamentali per i trattamenti radioterapici. L’assurdo è che se alcune aziende sanitarie italiane in determinate regioni superano gli standard europei che prevedono dalle sette alle otto macchine di alta energia per milione di abitanti, altre invece sono molto al di sotto di questi parametri. In Italia, infatti, vi sono complessivamente 377 acceleratori lineari, che dovrebbero essere utilizzati da almeno 228 mila persone; nelle Regioni del Nord ve ne sono 184 (pari a 6,7 per milione di abitanti), al Centro 99 (7,4 per milione di abitanti) nel Sud ed isole 94 (4,9 per milione). Nel 2013 si sono registrate in Italia 14 mila diagnosi di cancro in persone tra i venti e i 39 anni e sono circa 200 mila gli italiani fino a 44 anni che vivono dopo una diagnosi di tumore. Una strategia specifica consiste nel preservare i metodi per preservare la fertilità. Necessario, quindi, consentire a ché siano prescrivibili ai pazienti dei farmaci necessari per le pratiche di conservazione della fertilità. Tutto questo, sempre, sotto una stretta sorveglianza dell’oncologo e del ginecologo. Vanni Fucci

Cittadini & Salute

Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774.081389 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Roma). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 31/05/2014

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