Cittadini & Salute Dicembre 2012

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Mario

Dionisi Cari amici lettori,

si torna a parlare del servizio sanitario in questi

Le parole di Monti si traducono nel fatto che l’im-

giorni dopo le parole evidentemente incaute di Ma-

prenditore da chi prende in appalto la possibilità di

effettivamente capito il significato. “Significare” in

un inquilino che paga in tutto e per tutto le spese. An-

rio Monti. Ma, secondo me, sono pochi ad averne

fornire servizi sanitari si trasforma in affittuario. Cioè,

questo caso deve intendersi con l’indicazione di

che laddove è lui il soggetto di ogni attività. L’im-

chi fa impresa nella Sanità.

esercitare un servizio e questo servizio lo farebbe ri-

“chi paga”. E questo nel codice cifrato di Monti è In sostanza, il 27 novembre cosa ha detto Monti?

Il mondo della sanità pubblica è a corto di risorse.

Per questo, nella dichiarazione che avrebbe fatto

prenditore paga per avere in affitto la possibilità di pagare interamente al paziente.

È questa la riforma? Oppure si vuole fare per il si-

stema sanitario quello che si è già tentato con l’uni-

bene a risparmiarsi, Mario Monti li reclama. Ma

versità: far entrare i privati. Ma qui siamo in materie

dai prelievi forzosi fatti all’impresa sanitaria: tasse

gherebbe a posteriori i suoi corsi universitari quando

questi finanziamenti in effetti ci sono già. Si rilevano

dirette o indirette, compartecipazione di spesa, abbassamento della contribuzione pubblica per visite e analisi diagnostiche.

E sono sempre i soggetti privati a pagare. Questi

sono sia i destinatari diretti del servizio: i pazienti,

sia gli imprenditori.

Dell’effetto di questa riforma lanciata in teleconfe-

renza, su quanto inciderà su tutti noi, pazienti po-

tenziali o reali, ne parliamo diffusamente in questo

diverse. Mentre il diritto allo studio lo studente pa-

entra nel circuito lavorativo. Nel sistema sanitario non c'è possibilità di una dilazione di questo tipo. Non può valere una promessa di pagamento futura perché potrebbe non essere onorata, in tempi di crisi

non si sa cosa succederà domani: sei è in moneta o se si è in vita. L’impresa sanitaria non potrebbe soste-

nere questo livello di rischio. Quindi non è neanche

questo ironico livello di privatizzazione a cui si pensa. Forse però c’entra sempre il tema della morte. La

numero.

risposta è nella volontà di ammazzare la Sanità pri-

della compartecipazione alla spesa di gruppi finan-

dalla grande impresa. Non a caso, la prima dichia-

sono anche esterni a questo variegato mondo.

dero di Montezemolo.

Voglio però soffermarmi un attimo sul problema

ziari che fanno parte del mondo della sanità ma che

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vata esistente ed affermarne una nuova sanità fatta

razione a favore di Monti è arrivata da Luca Cor-

Mario Dionisi

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ATTUALITÀ Un gran putiferio. Ed è del tutto giustificato. Renato Balduzzi il primo che deve scendere ai ripari sull'incauta esternazione di Mario Monti. Il ministro della salute si è sforzato di dare una versione per tranquillizzare gli animi. Chiaramente il tentativo è di buttare acqua sul fuoco, ma quel che è detto è detto. Lodevole, quindi, lo sforzo del ministro Balduzzi di leggere le dichiarazioni di Mario Monti del 27 novembre, per cui il servizio sanitario pubblico italiano non potrà essere garantito così com’è stato dall’inizio della sua istituzione e come vuole la Costituzione repubblicana: utilizzabile per tutti. Il ministro dà la diversa chiave di lettura: “Monti ha affermato la fierezza del sistema sanitario nazionale dicendo che per il futuro, potrebbero esserci le opportunità di valutare nuove forme di finanziamento. Si tratta dell’eventualità di inserire la sanità integrativa dentro il sistema di finanziamento del sistema sanitario nazionale. Il presidente del Consiglio si è limitato a fare un suggerimento sul futuro. Si è aperta una discussione e sto cercando da ieri di far capire a tutti che non c’è nessuna intenzione di modificare il sistema”. Ma a sferrare l’attacco seguono una schiera di polemisti da ogni dove - specialmente nel mondo della Sanità pubblica. “Il servizio sanitario pubblico, così com’è non può sostenersi” - è quello che si è ripetuto in ogni occasione di dibattimento. Qual è la novità? Che a dirlo è il presidente del Consiglio in persona?

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Il Sistema sanitario ha

Ma i privati sono privati di agibilità di gestione nel pianeta della cura della salute. C’è bisogno dei “L’unica soluzione consiste nell'ingresso di risorse private”. In effetti, non è uno dei tanti editoriali vocati a un neoliberismo. L’ha proprio detto Mario Monti in quel 27 novembre attraverso il video messaggio trasmesso a Palermo durante un meeting di offerta tecnologica di imprese che producono per la Sanità. Meditazione e ponderatezza sulle parole sarebbe stato quello che ciascuno si aspettava dal premier tecnico. Naturalmente le parole del presidente del Consiglio Mario Monti hanno suscitato una ridda di polemiche. Con timing perfetto entra in campo la Cgil. “Il presidente del Consiglio non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale dopo averlo ridotto all’osso. Se il Governo ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo”. Ma il giorno dopo, il 28 novembre, da Palazzo Chigi arriva una nota in cui si chiariscono bene le tesi del presidente del Consiglio e per un certo verso, si rettificano. “Il nostro Sistema sanitario nazionale, di cui andiamo fieri - il messaggio scritto per esteso e non semplificato - potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento”.

(Di qui la polemica per cui il governo vorrebbe vendere la Sanità ai privati). “Il momento è difficile - ha premesso il premier - la crisi ha colpito tutti e ha impartito lezioni a tutti, e il comparto medico non è stato esente né immune” dalla crisi. “Il governo - ha continuato Monti - è però un vostro alleato prezioso”. - “Abbiamo la consapevolezza di vivere un momento difficile - ha premesso Monti la crisi ha colpito tutti e ha impartito lezioni a tutti. È importante riflettere sulle lezioni impartite dalla crisi. Il campo medico non è un’eccezione, le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità dei sistemi sanitari, incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantita se non ci saranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni. La posta in palio è chiaramente altissima - ha continuato Monti - l’innovazione medico-scientifica, soprattutto nella fase d’industrializzazione, deve partecipare attivamente alla sfida considerando il parametro costo-efficacia, un parametro non più residuale”. Successivamente Palazzo Chigi ha diffuso una nota di precisazione sull’argomento. “Contrariamente a quanto riw w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


bisogno dei privati

loro soldi ma lo Stato non molla il controllo, la direzione e la verifica dei risultati raggiunti

portato dai media - afferma la nota - il Presidente ha voluto attirare l’attenzione sulle sfide cui devono far fronte i sistemi sanitari per contrastare l’impatto della crisi. Ciò vale, peraltro, per tutti i settori della pubblica amministrazione. Le soluzioni ci sono, e vanno ricercate attraverso una diversa organizzazione più efficiente, più inclusiva e più partecipata dagli operatori del settore. Le garanzie di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non vengono meno”. “Per il futuro - afferma Palazzo Chigi - è però necessario individuare e rendere operativi modelli innovativi di finanziamento e organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie”, aggiunge la nota del governo. “Il Presidente - si spiega - non ha messo in questione il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, bensì, riferendosi alla sostenibilità futura, ha posto l’interrogativo sull’opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale forme di finanziamento integrativo. Inoltre - si sottolinea ancora -, egli ha voluto sollecitare la mobilitazione di tutti gli addetti ai lavori, così come degli utenti e dei cittadini, per una modernizzazione e un uso più razionale delle risorse”. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Ma forse la cifra del problema è espressa dal ministro della salute in un’intervista al quotidiano La Stampa pubblicato il 22 novembre. Ancor prima di vestire i panni del pompiere, il ministro dice chiaramente che nel mondo della Sanità ci sono 3,8 miliardi di euro da tagliare. (Visto che il sistema è già deficitario, tali esborsi potrebbero essere garantiti dai privati a cui si dovrebbe garantire proporzionale prospettiva di introito - ma questa è una considerazione di chi scrive). Balduzzi in verità parte da un ragionamento semplice, ma vero: “Non si può pensare che se la ricchezza del paese diminuisce le risorse per la Sanità possono aumentare”. Il ministro della salute ha impostato la sua spending review sanitaria su argomenti strettamente economicistici: meno soldi esprime il prodotto interno lordo, meno soldi alla Sanità come se fosse una logica conseguenza. Senza contare che se ci sono meno soldi tra la distribuzioni di merci e ricchezza degli italiani ci sono anche meno soldi da spendere per la cura della salute, quindi a maggior ragione ci sarebbe bisogno di interventi eccezionali per servizio, la Sanità, che non può essere equiparato ad altri servizi sociali.

Il ministro ritorna anche sulla questione dei ticket da sostituire con le franchigie come aveva detto i primi giorni del suo ingresso in ministero. Balduzzi ritorna su questa idea pensando a un sistema misto che si basa sulla configurazione reddituale dell’assistito. Le misure anticrisi hanno già toccato la Sanità. L’ultimo taglio di forbici è avvenuto il 22 novembre quando il disegno di legge per la stabilità economica italiana è stato approvato in Parlamento. Trecentosettantadue voti a favore, settantatré contrari. Di questo grande volume di provvedimenti hanno riguardato la sanità. Innanzitutto si toccano i Servizi di Assistenza Sanitaria di competenza delle Regioni che vengono ridotti di 5 milioni dal 2013. Ma dal 2013 sono agli enti regione vanno le competenze in materia di assistenza sanitaria indiretta. Si prevede di risparmiare così, 22 milioni nel 2013. Sempre nel 2013 avremo in meno 600 milioni per il fondo sanitario nazionale che arriveranno a un 1 miliardo nel 2014. Sempre in lettura rapida della riforma dello stanziamento economico per l’immediato in Sanità si prevede una più forte riduzione degli oneri per i vecchi appalti pari al 10%. Il tetto per i dispositivi medici si abbassa del 4,8% (oggi è al 4,9%) e nel 2014 calerà ulteriormente per arrivare al 4,4%. Non saranno i soli, non si finirà qui. Si confermerà un pianeta sanitario, nel nostro paese, a due tempi: uno per chi può e uno per chi non può. Spendere. Beatrice Portinari

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ATTUALITÀ

Monti e Sanità, terzo atto

Il premier il 29 novembre fa nuovamente marcia indietro, non era mai successo che tornasse sulle sue parole per la seconda volta in due giorni Lo ha detto il premier tornando sul tema affrontato in modo caustico il 27 novembre nel messaggio dato in videoconferenza a Palermo in un convegno sulle innovazioni tecnologiche legate alla cura della salute. Mario Monti non era mai tornato per due volte sullo stesso argomento in due giorni. La terza esternazione, infatti, è del 29 novembre. “Il diritto alla salute” e l’organizzazione pubblica dei servizi sanitari sono “requisiti irrinunciabili di convivenza civile” e “garanzia effettiva dell’uguaglianza dei cittadini”, ha spiegato Monti intervenendo al 50esimo del Nas (Nucleo antisofisticazioni). “Affermare la necessità di rendere il servizio sanitario pienamente sostenibile non ha nulla a che vedere con la logica della privatizzazione”, ha continuato Monti.

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“L’eccellenza sta anche nel pubblico e non sempre il privato è immune da scelte non ispirate alla competenza”, ha aggiunto. (L’espressione è criptica e sicuramente presterà il fianco a nuove polemiche. Significa che qualche volta anche nell’ambito della Sanità privata si combina qualcosa di buono?) Sempre il premier: “Il valore della salute pubblica, requisito irrinunciabile di sviluppo sociale e di convivenza civile, va preservato anche per il futuro il che è possibile solo introducendo le innovazioni e gli adattamenti che la situazione nel tempo richiede”. Monti insiste: “Dobbiamo, in una società adulta, essere capaci e avere il dovere di parlare senza che le parole diventino veicolo di equivoci e fraintendimenti, ma parlare per vedere la realtà dei problemi”.

Ha ribadito ancora: “Ripeto: affermare la necessità di rendere il servizio sanitario pienamente sostenibile, non ha nulla a che fare con la logica della privatizzazione. L’eccellenza sta anche nel pubblico e non sempre il privato è immune dalle logiche improprie del condizionamento di scelte non sorrette da trasparenza e competenza”. Le conclusioni: “La scelta dei migliori e dei più capaci, specie fra i medici, non può essere offuscata da logiche di appartenenza vicinanza o amicizia”. Secondo Balduzzi invece sono i giornali ad aver travisato il premier. Eh! Certo! La colpa è sempre dei giornalisti. Meno male che c’è il messaggio in teleconferenza che stranamente non è a disposizione e non si può recuperare. “La necessità di rendere sostenibile il sistema sanitario non ha nulla a che vedere con la logica di privatizzazione”.Gemma Donati

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REGIONE LAZIO

Lazio, disavanzo di 780 milioni! Il 2012 è stato infruttuoso per il rientro dal debito La Regione Lazio non ha lavorato bene sul taglio delle spese sanitarie. Non sono stati svincolati, quindi, gli 850 milioni che dovevano traslare alla Regione Lazio. Ma sulla presidenza della Regione Lazio aleggia un indice accusatorio grave per non aver saputo gestire i fondi della sanità ancora iscritti nel bilancio della Regione. Come dire, i soldi ci sarebbero se gli amministratori sapessero gestirli tecnicamente. Ma la cosa più grave consiste nella mancanza di una strategia chiara per uscire dal dissesto finanziario. E se a Enrico Bondi non possono esser date troppe responsabilità data la sua recente nomina a commissario e gestore della Sanità nel Lazio, le rilevazioni suonano come un indice accu-

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satore nei confronti dell’amministrazione uscente. Il governo della sanità laziale deve dire, in sostanza, quali ospedali devono chiudere, quali devono essere riconvertiti, deve sostanzialmente evidenziare la situazione reale, senza infingimenti. Non ci sono dati chiari ma l’unica cosa chiara è che ci sono dai settecento ai mille posti letto da tagliare! Questo lo sanno bene. Ma sulla scorta dei dati forniti dal Sole 24 Ore cerchiamo di fare i conti della serva. Nel raffronto della gestione tra Polverini e Marrazzo (e cioè i bilanci previsionali 2012-2014 e 20102012) c’è un aumento di entrate e uscite. Ma con Polverini le entrate sono maggiori che con Marrazzo: 5,2 miliardi in più.

Questa crescita di introiti si giustifica con l’aumento delle entrate per “contabilità speciali”, leggasi partite di giro e altri incassi. Ma con Polverini ci sono più entrate anche per i tributi propri. Ai tempi di Marrazzo si incassavano 11,8 miliardi, con Polverini entrano 12,5 miliardi. Con Polverini crescono anche le entrate per le vendite e i trasferimenti. Marrazzo aveva incassato 1,6 miliardi, Polverini 2,1. Ma cala anche la spesa per sanità e servizi sociali: 13,9 miliardi con Marrazzo, 12,1 con Polverini. Quale quota parte di tutte queste spese spettano alla Sanità? Se si fa la percentuale fissa dell’85% del bilancio regionale destinato alla cura della salute, il calcolo è breve. Possono far riferimento anche i dati generali. Piccarda Donati

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Speciale Psicologia Dott.ssa Pamela Serafini Psicologa

Autocontrollo, per dimagrire e-mail: pamela.serafini@tiscali.it

Dal supermercato ai dolcetti offerti al bar, il nostro ambiente ci fa ingrassare! Quante volte tornati a casa stanchi e dopo una giornata di lavoro apriamo il frigo e stuzzichiamo qualcosa prima di cena? Oppure a chi non è mai capitato di fare la spesa, comprando il necessario ma di farsi tentare alla cassa da seducenti cioccolatini dalle confezioni colorate che catturano la nostra attenzione? Uno studioso americano (Wansink B., 2007) la chiama la “dieta del see food”: vedere il cibo può indurci a mangiarlo anche se non abbiamo fame. E non solo vederlo, anche pensarlo. Immaginare vividamente un cibo può dare avvio alla secrezione di insulina da parte del nostro pancreas anche se non abbiamo mangiato. L’insulina abbassa il livello di glicemia nel sangue e ci fa venire fame. Mangiamo così anche solo per aver pensato al cibo! Difficilmente ci facciamo caso ma il cibo è quasi sempre alla portata dei nostri occhi: dall’ampolla dei cioccolatini nel soggiorno di casa, ai distributori di snack a scuola o al lavoro. La facilità di accedere a quello che viene chiamato “Junk food” (cibo spazzatura) ci induce a consumarlo anche se in quel momento non ci stavamo pensando e ogni volta che quell’alimento invitante ci passa davanti agli occhi, dobbiamo eroicamente dire di no, se non vogliamo prendere peso. Purtroppo la maggior parte delle persone si lascia tentare e arriva a incamerare ogni giorno almeno 200 calorie in più solo per essersi lasciati ammaliare dal cibotentatore. D’altra parte accendere la televisione per distrarsi non aiuta. Anzi. La pubblicità di continuo proietta immagini di cioccolata che si scioglie in bocca, pane appena sfornato (ma venduto in busta!), cibi pronti per chi è sempre impegnato, w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

per non parlare degli spot rivolti ai bambini, pieni di allegria e colori che invitano a mangiare cereali al cioccolato, merendine per ogni gusto e succhi di frutta. Difficile non pensare al cibo di fronte a una proiezione così invadente di immagini invitanti! È stato dimostrato che le persone che guardano la tv per molte ore al giorno, bambini compresi, tendono ad essere più sovrappeso di altre sia perché si muovono meno e sia perché continuamente sollecitati dalle pubblicità a gustare qualcosa mentre si rilassano davanti al proprio programma preferito. Gli snack sgranocchiati senza pensarci davanti alla tv, le merendine che accompagnano il caffè di metà mattina, quei dolcetti del supermercato acquistati alla cassa possono diventare responsabili di quei chili in più che ci ritroviamo su pancia e fianchi. Quali accorgimenti, dunque, possiamo adottare se non vogliamo prendere peso, sollecitati dal nostro “ambiente” tentatore? - Riempiamo il frigo di cibi sani e frutta: averli a portata di mano ci aiuta a consumarne di più; - Disponiamo dolci e snack negli angoli meno visibili e scomodi in modo tale da non averli sempre davanti agli occhi; - Per quanto possibile, rubiamo mezz’ora alla tv e concediamoci una passeggiata ogni giorno. Per perdere pochi chili di troppo non serve fare diete drastiche, basta correggere alcune abitudini poco salutari ma radicate. Fonti: Wansink B., (2007) “Mindless eating, perché mangiamo senza pensarci”, Editrice Pisani, Isola del Liri, (Fr).

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ATTUALITÀ

Contro le infezioni da sala operatoria Aumentano i casi in cui i degenti tornano a casa con virus post-intervento Oramai non è una novità. Crescono i casi di infezioni a volte non immediatamente percepibili attraverso sintomatologie evidenti. I batteri aggressivi sono individuati attraverso urino-coltura ed emo-coltura. Pare che l’organizzazione igienica della Sanità - pubblica o privata - riesca a combattere il fenomeno a fatica. E allora al Policlinico Gemelli è stato aperto un reparto virtuale contro queste patologie. Il fine consiste nello gestire, attraverso un sistema informatico centralizzato, i casi di infezione che si possono presentare in qualsiasi reparto di degenza. Il team di infettivologi lavora in modo coordinato e non seguendo il singolo caso con il singolo medico. Questo per gestire le consulenze richieste all’Istituto di Clinica delle Malattie infettive da parte degli altri reparti del Gemelli. Sempre più importante e decisivo il controllo e la gestione puntuali, rapidi e proattivi delle infezioni che si osservano in pazienti ricoverati. Al di là dell’ottima iniziativa del Gemelli che va anche in autotutela, è importante capire i modi e i sistemi per combattere questa che potrebbe essere una pandemia del futuro. Avanzano i batteri molto aggressivi e bisogna ammodernare alla base i sistemi di combatterli. Innanzitutto evitare di prescrivere antibiotici per la minima influenza. Esistono, infatti, nuove generazioni di batteri in grado di trasformarsi e modellarsi per il tipo di antibiotico da cui vengono attaccati. Una specie di sembianti che si mostrano in nuove vesti per presentarsi più aggressivi quando il repertorio di antibiotici è finito. Non è fantascienza. È il caso del Pseudomonas aeruginosa. Il batterio appare come uno ma, in definitiva sono molti. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

In un articolo uscito il 30 novembre su Time of India, si pone il problema del diffondersi del batterio. Gli studiosi delle propagazioni infettive presso l’Indian Institute of Chemical Biology sono specificamente alle prese sullo studio del Pseudomonas aeruginosa. Vogliono capire perché prolifica specialmente nelle sale ospedaliere e come riesca a nascondersi all’azione degli anticorpi e degli antibiotici. I ricercatori guidati da scienziato Chitra Mandal hanno svelato il meccanismo sinistro con cui i batteri che va sotto il nome di Pseudomonas aeruginosa, responsabile di infezioni ospedaliere, invade il corpo umano, sfugge i neutrofili (cellule immunitarie responsabili per la difesa) e stabilisce l'infezione. Un giornale russo, S&T RF, il 30 novembre ha pubblica risultati incoraggianti contro questo batterio, quantomeno per evitare che sconfini in Escherichia Coli. Ma il nemico numero uno sono le klebsielle. In una ricerca pubblicata su European Antibiotic se ne parla come un fenomeno oramai all’ordine del giorno. I centri sanitari europei si stanno organizzando: se proliferano a nulla possono gli antibiotici. In Europa le klebsielle resistenti a molti antibiotici sono aumentate di un terzo negli ultimi quattro anni. Anche gli antibiotici da ultima spiaggia a volte sono impotenti contro il proliferare. Lo ha detto Dominique Monnet, coordinatore del settore “Resistenza agli antimicrobici e infezioni associate all’assistenza sanitaria” parlando in occasione dell’European Antibiotic Awareness Day del 18 novembre. I germi resistenti si stanno diffondendo negli ospedali e nelle case di cura per anziani. Nell’Unione europea ogni anno, il costo delle infezioni resistenti agli antibiotici arriva ad un miliardo e mezzo. Matilde di Canossa

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CURIOSITÀ

Feste, mangiare si può

E in contempo riuscire a controllare il peso corporeo. Ma se si deve seguire una dieta: non farsi convincere dalla moda! L’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano ha letto con attenzione come gli italiani hanno risposto alle domande dei medici che li interrogavano sui loro comportamenti alimentari durante le feste di fine anno 2011 inizio 2012. Si può osservare le tradizioni culinarie guardando a porzioni leggere e in contempo tenere sotto controllo l’indice calorico degli alimenti. Si debbono preferire i grassi di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale che contengono colesterolo. Sono presenti in abbondanza specialmente nei panettoni e nei dolci. Quindi: - preparare i soffritti con vino bianco, evitando olio e burro; - limitare l’uso del sale e utilizzare verdure e spezie per insaporire le pietanze; - limitare i condimenti grassi con alternative fantasiose: spezie e funghi per i primi piatti; succo di limone, o di arancia, capperi e sottaceti per carne e pesce; preferire le cotture al vapore, al forno o alla piastra rispetto al fritto; - preparare dessert a base di frutta (macedonie, frutti di bosco), yogurt magro e sorbetto; - Bere molta acqua per contenere il contenuto calorico. Bere vino rosso moderatamente. A fine pasto, un’abbondante porzione di frutta fresca (agrumi, ananas, kiwi), limitando la frutta secca e candita ai soli giorni di festa. Mantenere uno stile di vita attivo, spostarsi preferibilmente a piedi o in bicicletta e preferire le scale al posto dell’ascensore. Ma la cosa importante rimane sempre quella di guardarsi bene dalle diete di moda. In tal senso, in Inghilterra, è stato pubblicato l’annuale elenco dei peggiori rimedi contro il sovrappeso. Il monito, anche lì, è che il Natale è alle porte. Bisogna prevenire. Tra le avvertenze possibili risuona il refrain, anche nel paese

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più modaiolo del mondo, di evitare le mode. Si tratta di un avvertimento extradietologico ma comunque un consiglio pieno di saggezza. Infatti, la cosa più importante - raccomandano - non fare quel che fanno i divi. Non imitarli quando dichiarano grandi performance grazie a un metodo. Costituiscono la fortuna di molte diete ma la sciagura per tanti malcapitati epigoni. La British Dietetic Association ha sentito tutto: il buono, il brutto, il bizzarro e il whacky! L’ufficio stampa riceve centinaia di telefonate da parte dei media, ogni anno su questo argomento molto sentito. Dukan, non c’era neanche il bisogno di citarla. Tra le principali controindicazioni forte stitichezza e alitosi. Segue tra le sgradite la dieta NEC (o KEN, in inglese). Impone cibi liquidi per dieci giorni. Arrivano allo stomaco col sondino naso-gastrico. L’inutilità di questo metodo si rileva quando si torna a mangiare regolarmente e si riprendono con altrettanta regolarità tutti i chili persi. C’è poi la Party Girl IV Drip Diet: ci si nutre con insieme di vitamine (B e C), magnesio e calcio per via endovenosa (un metodo in genere utilizzato per curare casi di malnutrizione grave). Senza commento. Da arresto immediato chi ha inventato la Six Weeks To OMG (Oh My God) Diet. Come predice la stessa denominazione sei settimane d’inferno in cui si fa sport la mattina e si mangiano solo proteine, concesso un caffè nero la mattina. Non meno pericoloso un altro metodo chiamato Alcorexia. Si tengono sotto controllo le calorie durante i primi cinque giorni per ubriacarsi serenamente nel fine settimana. La consolazione è che questi metodi non corrispondono a una nostra cultura e si spera rimangano il più possibile caratteristici dell’Oltremanica. L’averli citati serve semplicemente a riconoscerli prontamente. Se li conosci li eviti. Giovanna Visconti w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


RICERCA

Meno sport praticato

Lo dicono le iscrizioni nelle palestre, ma i medici non diano false indicazioni! Calo del 40% degli iscritti nelle palestre pari a un milione in meno che pratica lo sport. Lo dice il Rapporto Osservasalute 2011 del Policlinico Universitario Gemelli e l’Ansa ne dà notizia. Pedissequamente. Riportando anche l’analisi per cui questo dato dovrebbe essere rapportato alla crisi economica, quando nel corso del 2011 gli effetti della crisi erano molto meno sensibili. Il rapporto è stato pubblicato nell’aprile 2011, quando il termine “crisi” era l’espressione di dominio pubblico, ma non intaccava, come dal novembre 2011 a oggi, il senso di fiducia nei confronti del nostro futuro, così come lo intendiamo ora. Il servizio fantasioso alimentato da fantasiosi medici esorta giustamente a non abbandonare lo sport indicando l’attività casalinga come pratica facilmente perseguibile. Questo stilema è sicuramente un’ottima abitudine di vita: mezzora tutti i giorni e prima dei pasti, lo abbiamo scritto, lo dicono diversi studi. Ma come può praticare un’abitudine di vita come questa chi non ha una cultura dell’attività sportiva praticata più che radicata nelle abitudini di vita? Questo tipo di persona nella gran parte dei casi non rinuncia alla sua attività in palestra o nel suo

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circolo di riferimento. Chi non è abituato allo sport e ne ha, per questo più bisogno, ha invece assoluta necessità di un centro sportivo con tanto di istruttori a fare da guida attenta per evitare spiacevoli incidenti che facciano passare la voglia della sana abitudine. Il problema è che la cultura dello sport è assente proprio nel mondo della medicina che solo da due decenni ha iniziato a capire il grande effetto preventivo che l’adeguata attività motoria svolge in tutte le persone a tutte le età. In effetti, muovere il corpo attiva una miriade di varianti che rendono più complicata la prognosi per il medico che già è tempestato mentalmente dal ponderare su una miriade di possibilità all’apparire di un sintomo. L’attività motoria, d’altra parte, ha ancora molti segreti. Dottrine cambiano di decennio in decennio e le due matrici fondamentali - aerobico e anaerobico - si avvicendano l’un l’altra per cercare una sintesi che deve sempre attagliarsi sulle caratteristiche del singolo. E sulla singola persona debbono concentrarsi sia medici che preparatori atletici. Nessuna regola può essere massificata. Margherita degli Aldobrandeschi

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ATTUALITÀ Con piccole iniezioni si dà risposta a una grande tipologia di problemi. La terapia botulinica dal 1980 offre risposte a una miriade di patologie. Si può definire con tranquillità come un vero farmaco. Ricerca e campi di innovazione relativi alla tossina botulinica oggi possono dare risposta a molte patologie, come la distonia, le affezioni da tic e in genere i movimenti ipercinetici. Si tratta di una grande rivoluzione. Eppure la politica viaggia sempre in ritardo su queste innovazioni. Il meeting alla biblioteca del Senato della repubblica, giovedì 29 novembre, ha messo sullo stesso tavolo i più grandi medici che in Italia utilizzano questa tecnica con alcuni politici specificamente impegnati nell’ambito sanitario. Davanti a tanta manifestazione di potenzialità, molte delle quali già attuate, la parte politica non ha potuto far a meno che impegnarsi pubblicamente perché questo vuoto nelle normative sanitarie sia colmato al più presto. Alfonso Gherardelli, docente dell’Università La Sapienza, illustra sui meccanismi d’azione della tossina che agisce nella nervo-muscolare. Il meccanismo di sinapsi in qualche modo ne è colpito. Determina un blocco utilizzabile ai fini di recupero. Le applicazioni allo strabismo, nel 1980, sono state le prime indicazioni cliniche a cui è stata data risposta. Agisce a livello neurofisiologico, non c’è dubbio che il suo effetto si giustifica sulla placca esterna, le afferenze periferiche.

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Miracoli del botulino!

La terapia con questa tossina fa passi da gigante e molti impieghi terapeutici sono già comuneGran parte delle forme di distonia cervicale, tremori e tic, hanno trovato in quest’applicazione uno strumento terapeutico di successo. Dal 1980 possiamo dire che il problema degli effetti tossici di quest’applicazione e della sua durata è efficace a lungo termine senza effetti collaterali rilevanti. Il senatore Cesare Cursi, presidente dell’Osservatorio Sanità e Salute, evidenzia come la Sanità abbia bisogno di essere rivisitata. Certe divisioni tra organizzazioni di enti locali devono essere superate perché la cura della salute non sia determinata dalla fortuna di abitare in una regione al passo con i tempi o non. Domenico De Grandis, presidente della Società Italiana di Neurofisiologia Clinica di Verona illustra le modalità di applicazione della tossina nella trasmissione nervosa. È molto tossica. Le sue quantità devono essere calcolate con molta attenzione, anche perché differisce in tipologie diverse tra loro. E Alberto Albanese, direttore di Neurologia all’Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta di Milano: la qualità del medico consiste nel saper dare le giuste dosi perché un’iniezione eccessiva sarebbe paralizzante. Giulio Del Popolo, direttore di Neuro Urologia dell’Ospedale Careggi di Fi-

renze, illustra le applicazioni nelle patologie prostatiche in cui il blocco parziale della fluidità del passaggio di urina in vescica creava problemi di ristagno che in passato portavano a insufficienza renale che oggi sono un lontano ricordo. Con delle piccole iniezioni di urina si ottiene la risoluzione del problema. Così in diverse tipologie di casi in cui si ha incontinenza per le minzioni, questo migliora la qualità di vita del paziente. Alessandra Graziottin, ginecologa, cita Paracelso: “È la dose che fa la differenza tra il farmaco e il veleno”. Decisive, quindi, nell’uso di questa tossina, le quantità che sono utilizzate. La perizia del medico riesce a risolvere un tipo di patologia molto specifica. Entra nel merito del dolore illustrandone le cause non psicologiche o neurologiche sollecitando maggiore attenzione del mondo medico sulle sintomatologie dolorose. Il dolore ha spesso una causa biologica. Manifestazioni come vaginismo, dispareunia e vulvodinia e altre sindromi della vescica dolorosa trovano nella terapia del botulino una risposta in caso di ipertono biologico. Anna Rita Bentivoglio, dirigente di Neurologia al Gemelli di Roma, illustra gli effetti della sialorrhoea che consiste in una perdita di saliva che non dipende da w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


Anzi, “la cura”

mente applicati. Ma la classe politica deve legittimarla tra le più grandi innovazioni nella cura iper produzione di saliva. Con una puntura sulle ghiandole i pazienti risolvono il problema con il solo effetto di una salivazione più densa e meno acquosa di quella naturale, specialmente nel primo mese. Si tratta di una patologia tipicamente parkinsoniana. La terapia botulinica risolve anche tante forme di stipsi. La tossina botulinica è talmente versatile che può risolvere questi problemi e si ritiene abbia molti capitoli da scrivere. Anche per la ragade anale può essere evitato l’intervento grazie a una piccola dose. Sergio Barbieri, Neurofisiopatologo del Policlinico Maggiore di Milano, nel dare visione della fenomenologia del nervo facciale con gli spasmi determinati dalla sua disfunzione mostra l’intervento con la tossina botulinica e le sue soluzioni.

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Altra risposta della tossina botulinica è diretta all’iperidrosi, l’eccessiva sudorazione. La differenza dalle altre terapie dove vengono effettuate poche unità di iniezioni, in questo caso ne vengono effettuate molte. Nel caso della sudorazione della mano sono circa trenta. Roberto Eleopra, presidente della Società italiana di Neurofisiologia clinica di Verona, mette in evidenza come lo strumento della terapia botulinica offra una risposta al problema in grado di trovare dei correttivi, a differenza della chirurgia. I problemi di impatto dal farmaco sono risibili. Il nuovo trattamento porta un risparmio di spese certo. Laura Bertolasi, dirigente di Neurologia dell’azienda ospedaliera di Verona, riprendendo l’intervento di Graziottin

afferma come cause che determinano dolori definiti nella categoria del vaginismo siano espressamente muscolari. “Potremmo anche reinserire la norma in modo da aprire a voi mondo scientifico un’occasione per la cura della nostra salute che non possiamo non raccogliere”. L’ha detto la senatrice Emanuela Baio. Ma realisticamente questa nuova norma potrà essere approvata solo nella prossima legislatura. Importante il ruolo dell’Aifa, perché la documentazione offerta in questi interventi non lascia spazio a dubbi sull’applicazione di questo strumento terapeutico. Il senatore Claudio Gustavino si concentra nella differenza che c’è tra chi è impegnato delle decisioni (politica) e chi delle soluzioni (medici) ci passa il filtro dell’umanità. Gustavino nella scelta tra autonomia e diritto sceglie quest’ultimo. Di qui l’errore del Titolo V e la necessità della sua riscrittura: organizzare i servizi secondo una regia che deve tornare ad essere nazionale. Francesca da Polenta

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ATTUALITÀ

Cuore, autoriparazione cercasi Passi in avanti con la scoperta di cellule di microRna I tessuti del cuore hanno scarse possibilità auto-rigenerative ma con una recente ricerca si ritiene di poter migliorare questa realtà per cui il cuore riuscirebbe ad auto-ripararsi con le sue stesse cellule attraverso molecole di Rna. Sono infatti stati identificati dei microRna che dovrebbero incentivare la ricrescita del tessuto cardiaco. La sperimentazione è stata effettuata sulle capacità di indurre le cellule del cuore dei soliti amici roditori. Sono stati necessari due mesi di trattamento e si è rilevato un dimezzamento del danno infartuale. Ma la percentuale di cellule del cuore che riesce a rigenerarsi è ancora limitata: il tre per cento rispetto all’attuale un per cento. Senza alimentare facili ottimismi sui progressi della scienza medica, troppi passi bisogna ancora fare prima che l’infarto sia una malattia curabile. Questo studio pubblicato su Nature costituisce un importante passo, ma segue tanti altri nello stesso senso. Nel 2006 anche le cronache locali furono occupate da una scoperta di questo tipo che nella bravura della ricercatrice anche in materia comunicazionale - Nadia Rosenthal - sembrava portare alla scoperta definitiva. La ricerca fu attuata nel Laboratorio di Biologia Molecolare di Monterotondo. In questa sperimentazione i topi che riprendevano addirittura la funzionalità cardiaca. Il cuore si riparava attraverso la produzione di un fattore di crescita. Si produceva in modo continuo nel cuore il fattore insulinico 1 (IGF-1). Dopo aver procurato un infarto al piccolo animale, la funzionalità cardiaca era ripresa grazie alle cicatrici lasciate dall’infarto col quale si sostituisce un tessuto muscolare funzionante. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

In sostanza si è scoperto che questo fattore insulinico IGF-1 - era un fattore di crescita con specificità nella rigenerazione del tessuto cardiaco. La dimostrazione, antecedente alla scoperta, consisteva nel fatto che quando il fattore insulinico IGF-1 era carente c’era anche atrofia del miocardio. Inserendo IGF-1 nel roditore si rilevava che continuava a produrlo, non si ammalava di cancro né di altre malattie collegate a un fattore di crescita. Non solo. Procurando un infarto si recuperava la funzione cardiaca. Ma la ricerca con esiti positivi non finiva ancora qui. La cicatrice, che nel postinfartuato costituisce l’insufficienza cardiaca, era riassorbita e sostituito da tessuto muscolare miocardico. Ed è la stessa Rosenthal ad essere raggiante sulle scoperte del suo gruppo di studio rilevando che si sono raggiunti due risultati: primo, viene indicato qual è il fattore di crescita su cui puntare per la rigenerazione cardiaca, secondo, i risultati della riparazione del cuore dopo la ferita dell’infarto possono essere ridimensionati nelle proporzioni prevenendo la formazione della cicatrice. In tempi più recenti, nel maggio 2011, si è arrivati alla terapia vera e propria del cuore che si auto-rigenera, riparando la propria ferita. Le cellule cardiache estratte dagli stessi malati sono state purificate nel laboratorio di Anversa a Boston e poi fatte crescere. Una volta ottenuto il numero sufficiente sono state trapiantate le staminali nella porzione di cuore danneggiata dall’infarto. Questa ferita cardiaca si è ridotta. Questo ha confutato la convinzione diffusa in Medicina per cui il tessuto cardiaco, una volta danneggiato, non riesca più a rigenerarsi. La capacità di pompare sangue è migliorata per tutti i pazienti dell’8,5% dopo solo 4 mesi e del 12% a un anno dal trattamento. Matilde di Canossa

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Falsi tumori alla mammella negli Stati Uniti

Quando il benessere del medico viene prima di quello del paziente e la sua etica fa vacanza del tutto Un caso che fa discutere e potrebbe non essere isolato. Secondo una rilevazione statistica del New England Journal of Medicine si è rilevato che le mammografie di routine hanno portato negli ultimi trent’anni oltre un milione di donne negli Stati Uniti a sottoporsi inutilmente a terapie o a interventi chirurgici, quando invece questi tumori non avrebbero mai raggiunto uno stadio avanzato. In sostanza i medici si sono avvalsi del loro potere di suggestione per convincere facilmente le donne a sottoporsi a chemioterapie e altri interventi invasivi. Secondo l’autorevole pubblicazione inglese nel 93% dei casi le “diagnosi precoci” non hanno benefici per il paziente. La dimostrazione è che solo centomila donne sono arrivate a uno stadio terminale, mentre la diagnosi nefasta ha riguardato più di un milione. I casi rilevati come gravi e invece si trattava di semplici patologie da tenere sotto controllo sono stati circa il 93%. E sempre in tema di eccesso di terapia c’è anche il caso in cui l’accanimento chirurgico ha cause tutt’altro che nobili, bensì voglia di speculare da parte di alcuni cattivi medici che si approfittano delle speranze di familiari. L’articolo 14 del codice di deontologia medica impone al medico di “astenersi dall’ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita”. Il medico è direttamente responsabilizzato a non operare alcuna forma di accanimento terapeutico, anche in caso di pazienti in stato vegetativo. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

L’obbligo, quindi, consiste anche nel tutelare i pazienti coscienti dai tecnicismi e dalle false speranze di soluzioni miracolose. Ma c’è un problema che riguarda la pressione del medico davanti al profilarsi di una patologia che potrebbe manifestarsi, ma non ce ne sono le evidenze nei sintomi. Non sempre intervenire prima che si manifesti la malattia è una buona terapia. Il problema rimbalza sul livello di aggiornamento della ricerca in relazione alla terapia adeguata. Una cura eccessivamente tempestiva può essere del tutto inadeguata al male o addirittura sbagliata per una patologia che non si sarebbe mai manifestata. Quello che appare, quindi, è un eccesso di scrupolo da parte della classe medica non sempre motivato da difetto di conoscenze sulla fenomenologia della malattia al livello iniziale. C’è il caso di truffe a compagnie assicuratrici, come nel caso statunitense appena citato. Nel marzo 2011 si è rilevato che sia a Roma che a Milano la magistratura indagava su diagnosi gonfiate da medici compiacenti. Il tutto per settanta operatori sanitari indagati a Roma per truffa alle compagnie assicuratrici. A Milano, invece, inchieste della magistratura per mazzette nei laboratori di analisi milanesi: falso ideologico continuato, falso materiale continuato e truffa continuata aggravata, ma anche associazione per delinquere. A esporre il caso alla magistratura sono state le proprio le compagnie assicurative che si sono accorte di essere state truffate. Piccarda Donati

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RICERCA

Torna la malattia dei re

La cattiva alimentazione non è solo patatine, panini e salse piccanti, ma anche troppa carne che sta determinando il ritorno della gotta Si comincia con l’alluce per arrivare a caviglie, gomiti e ginocchia, spalle o polsi. Si gonfiano, arrossano procurando forti bruciori. Questa è la gotta. Il congresso degli esperti della Società italiana di reumatologia (Sir) riuniti a Milano dal 21 al 24 novembre ha evidenziato il ritorno di una malattia che si pensava in qualche modo regolata: la gotta. In Italia ne soffrono cinquecentomila persone. La patologia subentra per elevati livelli di acido urico nel sangue. Disordine metabolico, obesità, dislipidemia, iperglicemia, ipertensione accompagnano questa patologia. Il 40% dei pazienti presenta disabilità superiore alle più ottimistiche previsioni. Ci sono innovazioni farmaceutiche come il febuxostat che hanno permesso di compiere un importante passo in avanti. Nel convegno della Società italiana di reumatologia sono state presentate dal presidente Marco Matucci: “Il febuxostat ha dimostrato di avere un’efficacia simile al vecchio allopurinolo e quindi può costituire una valida alternativa terapeutica nei pazienti gottosi e iperuricemici, specie in quelli che non abbiano mostrato un’adeguata risposta clinica all’allopurinolo oppure in quelli che abbiano sviluppato un’intolleranza ad esso”. Controllare l’iperuricemia significa tutelarsi nei confronti di un importante fattore di rischio cardiovascolare. Curando la gotta si tengono a bada altre degenerazioni cardiocircolatorie e dismetaboliche. A peggiorare la situazione, tanto per cambiare, è anche la sedentarietà e altre abitudini alimentari non corrette. Non si tratta solo di eccesso di carne, ma anche di insaccati, pesce e crostacei. Ma anche il consumo di alcolici sull’acido urico porta ad attacchi di artrite nei gottosi. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Ma ricerche pubblicate in tempi recenti hanno rilevato che l’effetto degli alcolici sull’acido urico non è identico tra i diversi tipi di bevande. La birra è più nociva. Il vino va un po’ meglio. Censura sui superalcolici. È invece concesso il buon bicchiere di vino. Detto questo però la misura migliore consiste nel prevenire la malattia o tenerla a distanza. Il modo migliore consiste nel misurare il livello di uricemia nel sangue. L’uricemia esprime quanto acido urico c’è nel sangue. L’iperuricemia si verifica o per eccesso di produzione o per difficoltosa eliminazione renale di acido urico. L’organo deputato alla sua rimozione è il rene, che ogni giorno ne elimina circa quattrocentocinquanta milligrammi con le urine ed altri duecento digerendo. I valori normali di uricemia nel sangue oscillano da 4 a 8 mg/dl. L’iperuricemia porta alla formazione di calcoli renali nel caso in cui i cristalli di acido urico precipitano nelle urine nel bacinetto renale. L’iperuricemia può essere anche la conseguenza di gravi patologie, come leucemie, linfomi, ed ustioni estese. La dieta può dare un contributo ma può non essere sufficiente, in questo caso la farmacologia offre risposte adeguate. Chi vuole risolvere con una dieta, invece, sappia che deve dimagrire tornando a un peso forma e deve assolutamente evitare alimenti tipo: gli alimenti ad elevato contenuto purinico: animelle, fegato, rognone, estratto di carne, selvaggina, acciughe, sardine, lievito, caviale. In genere bisogna evitare di mangiare carni, pollame e formaggi. Francesca da Polenta

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ATTUALITÀ

La prescrizione del principio attivo sarà facoltativa

Il decreto sviluppo contiene questa modifica che la vedeva obbligatoria

La legge approvata a luglio prevedeva un orientamento chiaro dei medici nella prescrizione della ricetta. E questo valeva, sia per i pazienti sia per i farmacisti. Il principio di equivalenza è salvaguardato, ma se c’è un motivo per dare anche il nome commerciale del farmaco, questo può essere segnalato in modo motivato. Il dibattito tra governo e Parlamento vede il ministro della salute Renato Balduzzi senza tentennamenti: “La norma sulla prescrizione del principio attivo è equilibrata e non vedo ragioni per non continuare sulla strada della valorizzazione della cultura e della pratica del farmaco equivalente che fa risparmiare i cittadini e il Sistema sanitario nazionale”. Sono quattro gli emendamenti al disegno di legge sullo Sviluppo che ineriscono questa materia. Nessuno dei principali partiti vuole sfigurare davanti Farmindustria, tutti hanno fatto la loro parte: Udc, Lega, Pdl e Pd. Così il medico non è obbligato, ha solo la facoltà, di prescrivere il principio attivo invece della “griffe” del farmaco. Le pressioni che si prevedono su quest’aspetto non sono secondarie alla soluzione e una posizione dovrebbe arrivare w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

anche dal fronte dei medici che non appare unito sulla questione. Di sicuro, la novità appare come una seccatura da parte del medico di famiglia, ma d’altra parte costituisce una liberatoria laddove il professionista sia lui stesso sottoposto a pressioni o voglia rispondere a suoi personali convincimenti. Ma, visto che il tema di fondo rimane quello economico e del risparmio, i dati di Assogenerici parlano chiaro: secondo i produttori dei medicinali fuori brevetto la pratica del farmaco omologo ha prodotto un risparmio per il sistema sanitario nazionale di 250 milioni, con percentuale del 5%. In sostanza il farmaco di marca, quello conosciuto da tutti, come “il rassicurante tintinnio dell’Optaliton” citato in un film di Nanni Moretti, è duro a morire. Ma in questa difesa probabilmente non si muove solo un fatto industriale e strettamente commerciale. (Questo fornisce sicuramente la causa determinante più forte, senza dubbio). Come per ogni oggetto il nome che l’ha identificato per tanto tempo non può essere cancellato dall’oggi e il domani o addirittura chiesto di essere identificato con altri a mo’ di sinonimi.

Il nome come per qualsiasi oggetto designato costituisce un riferimento irrinunciabile. Nel nome del farmaco il suo destino. E questo vale tanto più per i farmaci di una certa notorietà. Se hanno avuto fortuna commerciale, in questa una parte la determina anche il nome. Come si diceva nel Medioevo: Nomen omen. Nel nome c’è segnato il destino. E questo si conferma anche per le medicine griffate che sono preferite dagli italiani al 57%, anche se costano di più. Secondo una ricerca del Censis il 45% degli italiani è disposto a pagare di più per avere le medicine di cui ricorda il nome, preferendole ad altre che contengono la stessa molecola. Eppure il 77% sa bene come, ora, le prescrizioni guardino solo al principio attivo. La presentazione di questa ricerca è avvenuta il 14 novembre nella sede del Censis. La ricerca è stata commissionata da Farmindustria. La ricerca parla addirittura di disagio da parte dei cittadini che trovano una confezione diversa da quella che si aspettavano per lo stesso farmaco. Una percentuale per il nome che non si presenta più come identificativo che si aggira intorno al 73%. Pia de’ Tolomei

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RICERCA

Il Dna non è uguale per tutti!

Si incrina l’unica certezza che sembrava caposaldo del nostro sistema di riferimento in biologia Sulla pelle umana non ci sono le stesse cellule di acido desossiribonucleico. Ma c’è scetticismo nel mondo della ricerca genetica. Il Dna non è uguale per ciascuna persona. Un terzo, circa, delle cellule cutanee ha diversi identici e di altre tipologie non ce n’è proprio il doppio. Si riteneva invece che le cellule dell’organismo fossero identiche come sequenza di Dna. Unica eccezione per le cellule cancerose e per quelle germinali. Lo rileva una ricerca pubblicata su Nature che è stata la più ripresa negli articoli dei giornali generalisti. In effetti, sulla pelle in una stessa persona ci sono diversi Dna. Le sottili diversità finora non erano state trovate perché non era stata ancora effettuata una visione delle cellule con una sorte di grande microscopio. Altre parti del corpo potrebbero dare le stesse risultanze rilevate per il caso della pelle. L’approfondimento specialmente in questo caso è di rigore. Ma i dubbi sulle risultanze sono più che prevedibili. Lo scetticismo riguarda le analisi genetiche che si eseguono sul sangue.

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Ma del resto sull’acido desossiribonucleico nonostante molti studiosi se ne occupino c’è ancora molto da sapere. Una curiosità che appare secondaria ma non lo è riguarda la sua individuazione di immagine. La molecola della vita è stata fotografata solo recentemente. Se ne conosce la sua struttura a doppia elica. Non solo le persone di scienza, ma su questa si è formata una vera e propria estetica. La prima volta è stata rilevata nel 1953. Si trattava di immagini da cristallografia a raggi X. La vera foto del Dna è stata pubblicata solo qualche giorno fa da New Scientist. Chi è rimasto alle immagini delle lezioni di biologia rimarrà deluso. Le due le immagini sono state ottenute al microscopio elettronico. La tecnica per rilevare la molecola della vita ha posto come base il filamento di Dna in soluzione disidratante. Quindi c’è stato un trattamento in sostanza idrorepellente. Con ciò si sono scavati dei piccoli buchi nel filamento. Così si è scoperto il vero volto del DNA! Quante sorprese deve ancora darci? Gemma Donati

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CURIOSITÀ

Cala l’intelligenza per l’umanità Ma non mancano le obiezioni che dicono il contrario. I nostri antenati sarebbero un modello di piena attività cerebrale Secondo nuove indicazioni derivate da ricerche in genetica, antropologia e neurobiologia molti geni inerenti la nostra capacità intellettuale ed emotiva, in altri termini le facoltà intellettive negli uomini, starebbero scemando, invece di potenziarsi com’è genericamente inteso. L’inizio del declino sarebbe arrivato immediatamente dopo il salto qualitativo fatto da un gruppo ristretto di ominidi che per primi iniziarono a intuire la necessità di migrare dall’Africa e trovare nuove dimensioni più adatte alla nascente condizione umana. Con la scoperta della coltura della terra in grado di dare sostentamento, in alternativa alla caccia, questi primi uomini hanno imparato a vivere in comunità. Con ciò la necessità di mantenere in forma i geni legati all’intelligenza è iniziata a venir meno. Ma secondo un’altra tesi riportata su Agi Salute: - essendo tra i duemila e i cinquemila i geni dell’intelligenza; - essendo questi suscettibili alle mutazioni; abbiamo assistito a un aumento delle facoltà intellettive negli ultimi cento anni. La risposta allora è che nutrizione e minore esposizione a inquinanti avrebbero dato un maggiore quo-

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ziente intellettivo ma minore capacità di gestire le facoltà mentali in senso più ampio. La ricerca è stata pubblicata sul periodico di attualità sulle innovazioni della scienza, Cell. Le sue conclusioni toccano il paradosso. Seguendo questa logica il massimo dell’attività cerebrale umana sarebbe stata rappresentata dagli uomini ai primordi della costruzione di società organizzate e successivamente alla capacità di trovare nuovi luoghi dove vivere. Come dire, la sicurezza organizzata in una forma di convivenza non accende l’intelletto in forme di contese interne alla propria comunità o per difenderla, bensì la assopisce. Con pieno rispetto per gli studiosi una visione molto ardua da sostenere. Ma quella pubblicata su Trend in Genetics, di cui Cell è stato il contenitore, l’ipotesi ha una natura strettamente statistica. I ricercatori dell’Università di Stanford che hanno firmato lo studio insistono sul fatto che tremila anni fa l’intelligenza iniziò ad affievolirsi per la parzializzazione dei ruoli, delle funzioni sociali nella comunità di appartenenza. In sostanza non c’è stata una pressione selettiva. L’uomo, essenzialmente, meno preoccupato di difendere la sua esistenza in vita è diventato più stupido. Alagia Fleschi

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Melanconia da Natale!

Esiste anche questa. Quando i sentimenti vanno in controtendenza alla cordialità che appare Non bisogna allarmarsi se

nella circostanza delle feste nata-

lizie si avverte un senso di estraneità al clima di ap-

parente affettività generalizzata.

Si tratta di un senti-

mento

individuato

nella psicologia con-

temporanea che è stato

I contatti e i rapporti familiari sono i primi a pa-

gare pegno perché più a contatto col proprio senso

originario di identità di persone.

A peggiorare le cose ci sono i raffronti con i ri-

sultati pratici raggiunti dagli stessi familiari.

La via d’uscita consiste nel liberare questo senti-

mento continuando a sentirsi liberi, lavorando sulla propria indipendenza di persone e di teste

pensanti.

Se poi c’è da affrontare un carissimo parente mo-

chiamato Christmas Blues.

lesto per la sua ostentata positività, ebbene è il caso

Una tristezza interiore che

propri errori.

Va via col finire delle feste.

va comunque compresa secondo un’analisi interiore che bisogna fare da soli o accompagnati da un tera-

pista. La manifestazione tipica corrisponde al bilancio che si fa della propria vita. Consapevoli o no, molte

energie spese non ritornano come stato di appaga-

mento e questo trasmette un senso di inutilità di tutto.

di farlo. Con tranquillità, dopo aver fatto luce sui

Mentre chi è sensibile a queste forme di saudade

da panettone e riflette sulle soluzioni migliori da

intraprendere giunga un abbraccio dalla nostra redazione e un vero, profondo augurio di

Buone feste!

Angelo Nardi

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Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774.081389 Illustrazioni e copertina Patrizio De Magristris. Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Roma). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 10/12/2012

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