I quattro veda tarantini alfredo 1c

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di ALFREDO TARANTINI 1c


Le notizie più antiche sulle concezioni religiose dell’India ci sono state trasmesse da un complesso di testi indicati con il nome Veda, “scienza” ( radice gr. Fid in eidon, oida, << vidi, ho veduto, so>>) il “sapere per eccellenza”, cioè, “il sapere sacro, religioso” complesso nel quale si contengono non solo inni rivolti all’esaltazione delle varie divinità, ma pure tutto quanto al soggetto degl’inni stessi possa strettamente connettersi: illustrazioni liturgiche, cioè, esegetiche, teologiche, per massima parte in prosa, e pure filosofiche. Tali testi riflettono tutti idee risalenti in tempo di gran lunga più antico di quello nel quale essi vennero composti e poi redatti. Sono composti in forma più arcaica del sancrito vero e proprio e trasmessi per lunghi secoli oralmente, tali testi furono considerati dagli Indiani canonici ( cioè giunti a loro per rivelazione divina).


Quattro sono i testi che costituiscono la letteratura vedica sono le Samhita e si dividono in: Rgveda – E’ il più antico documento databile tra il 1500 e il 1200 a.C., consta di 1028 inni raccolti in dieci cerchi, o cicli per complessivi 40.000 versi, dei quali 500 sono ripetuti. Questi inni, oltre a essere preghiere e invocazioni, sono anche confessioni (chi li recitava confessava le proprie colpe per purificarsi e rendersi così degno di sacrificare al dio). Ogni divinità, in ciascun inno, è posta al vertice della gerarchia divina;di notevole importanza sono gli inni dedicati ad Agni, il dio del fuoco e del focolare, quindi la divinità familiare. Suo compito è permettere il collegamento fra questo mondo e il mondo divino. Agli inni è attribuita una diversa paternità: famiglie di poeti, donne, dèi e semidèi. Si può ragionevolmente supporre che i vari inni siano stati trasmessi per tradizione orale attraverso poi una elaborazione sacerdotale millenaria che avrebbe raggiunto col tempo un’incredibile complessità.


Samaveda – E’una raccolta di circa 1875 inni tra cui inni tolti dal Rgveda. Il nome significa “Veda delle melodie”. Si tratta di un libro di canti che i sacerdoti-cantori utilizzano nella liturgia. Troviamo numerosi canti e preghiere alle divinità, c’è la preghiera recitata dallo sposo, durante l’offerta di un sacrificio.


Yajurveda – Riguarda le formule sacrificali. Il sacrificio resosi col tempo cerimonia sempre più ampia e complessa, perché risultasse in ogni sua parte perfetto, doveva necessariamente avere norme ben precise, di qui un intero Veda, il Yajurveda, il Veda delle formule sacrificali. Costituito da versi originali e da altri, tratti dal Rgveda, esso contiene formule in prosa, con le quali il sacerdote accompagnava il rituale del sacrificio e sul cui fine e significato dava giudizio. Più che indirizzate agli dèi, le formule sono rivolte a tutti gli utensili del sacrificio stesso, la funzione e il valore mistico dei quali sono via via ricordati, e contro il cui cattivo uso, apportatore di sventure, vengono pronunciati scongiuri o preci, dirette a far manifesta agli dei la volontà sacrificante, e invocazioni di bene per questo e auguri di male per i suoi nemici. Le formule consistono pure in allusioni alla vita dell’universo, simboleggiata nelle varie fasi del sacrificio, o in indovinelli o qualche volta in parole incomprensibili, ma pur significative al fine rituale.


Atharveda – E’ diviso in 20 libri e contiene circa 6000 versi. Atharva significa sacerdote, stregone, incantatore, e gli inni sono formule recitate dall’officiante durante riti solenni. Pertanto contiene inni diretti, con esorcismi ed incantesimi, a favorire l’uomo in ogni atto della sua vita fin dal suo primo venire alla luce; ad esaltare mezzi atti a combattere malattie personificate in dèmoni o prodotte da dèmoni: febbre, itterizia, pazzia, lebbra, tosse, calvizie, ecc.; a togliere efficacia ai veleni; a suggerire ciò che occorra per sopraffare nemici, rivali, incubi, dèmoni, stregoni, potenze ostili; a indicare i mezzi idonei all’innamorato per fargli ottenere l’amore della donna desiderata; a far conseguire la vittoria in battaglia; a ottenere la buona riuscita nel commercio, o il meglio per il re o per il morto nell’aldilà.


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