FGC - Programma per l'Università di Firenze

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Premessa Nonostante l’Università di Firenze si mostri come un Ateneo a misura di studente, sano e ben funzionante, la situazione è ben diversa. I problemi, comuni a quelli di altre università pubbliche, sono molti ma hanno radici comuni: l’autonomia universitaria e le politiche sull’istruzione. Secondo la classifica CENSIS, l’UniFi nel 2017 risultata essere il secondo migliore Ateneo italiano. La situazione rimane sostanzialmente invariata in altre classifiche, in cui comunque l’ateneo fiorentino si trova tra le prime 10 università pubbliche a livello nazionale. Se sicuramente classifiche del genere fanno contenti rettori e i baroni universitari, per gli studenti che quotidianamente vivono la realtà dell’UniFi, la situazione è ben diversa. In un Ateneo che non riesce a garantire efficacemente a tutti i suoi studenti l’accesso a posti mensa ed aule studio sufficienti, che ostacola la formazione di quegli studenti che sono costretti a lavorare per pagarsi gli studi e che alimenta progressivamente il distacco tra facoltà “di serie A” - perché più profittevoli per i privati – e facoltà “di serie B”, viene da chiedersi quali siano stati i criteri utilizzati per stilare tale classifica. Se la situazione per gli studenti universitari è problematica, la reazione della rappresentanza studentesca di questi anni non è stata da meno. Ci si batte per questioni singole e marginali, preferendo sponsorizzare feste e aperitivi rispetto al lottare concretamente contro i problemi reali degli studenti e le motivazioni che ci sono dietro. Si portano avanti battaglie arretrate e fini a se stesse lasciando gli studenti delle classi popolari privi di una reale rappresentanza. Queste organizzazioni studentesche sono spesso e volentieri dei semplici trampolini di lancio per giovani politicanti, interessati di più a “fare curriculum” politico che non a rivendicare una situazione migliore per gli studenti dell’ateneo. Il filo che lega i problemi dell’università e la politica è molto forte e chi è legato a partiti che sono ora al governo, o che lo sono stati negli anni precedenti, non può rappresentare un’alternativa di cambiamento. Noi comunisti abbiamo obiettivi diversi: non vogliamo far credere a nessuno che per cambiare basti dare un voto alla persona giusta, perché per cambiare le cose dobbiamo lottare. I candidati del Fronte della Gioventù Comunista se fossero eletti si impegnerebbero in prima linea nell’essere più trasparenti possibile nel riportare agli studenti ciò che avviene nei vari organi, per trasformare quello che è un semplice ruolo di rappresentanza in un megafono reale delle lotte e delle rivendicazioni studentesche. I comunisti lottano contro l’università di classe, contro l’autonomia universitaria. L’autonomia finanziaria e normativa impone agli atenei di rispettare dei vincoli di guadagno. Ciò ha portato le università a diventare delle vere e proprie aziende, con un bilancio da gestire e da rispettare. In quest’ottica lo scopo non risulta più essere la formazione e l’istruzione degli studenti, ma soltanto garantire che tra finanziamenti statali e tasse dirette sugli studenti il bilancio sia sempre in attivo. Un ateneo che deve generare degli utili dai suoi studenti non vuole studenti con redditi bassi; ha invece bisogno di studenti ricchi e di studenti che vengano a lavorare gratuitamente. Diventa quindi chiaro come il progressivo aumento del costo dell’istruzione universitaria sia diretta conseguenza degli ingenti tagli che sono stati fatti al diritto allo studio ed all’istruzione pubblica. Gli atenei tendono quindi a scaricare il peso della ricerca dei fondi sugli studenti e sulle loro famiglie. Questa è una premessa importantissima, in quanto purtroppo tutte le università sottendono a questa logica aziendalistica e non può essere in alcun modo sufficiente vincere una semplice elezione studentesca per ribaltare le cose. La sola rappresentanza non è in grado di sostituire la partecipazione attiva degli studenti nella lotta contro l’università di classe.

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Borse di studio e alloggi L’assegnazione delle Borse di Studio e dei Posti Alloggio messi a disposizione dall’Azienda per il Diritto allo Studio Universitario (DSU) Toscana è del tutto insufficiente e non copre le necessità attuali né quelle previste per i prossimi anni. Non è possibile però conoscere il numero di borse di studio, slegate dall’alloggio, erogate annualmente per l’ateneo di Firenze, in quanto non viene fornita una graduatoria pubblica, ma il risultato è consultabile soltanto dallo studente che ne ha fatto richiesta. Richiediamo maggiore trasparenza circa il numero di borse di studio disponibili ogni anno e quelle erogate. Per quanto riguarda gli studentati, a fronte di circa 50.000 studenti, i posti letto sono 1694 in 14 studentati per studenti fuori sede e quelli messi a disposizione gratuitamente ogni anno dall’UniFi sono solo 215 attraverso una graduatoria, assegnati agli studenti vincitori del posto alloggio e della borsa di studio; i restanti 1479 vengono affittati a “solo” 175 euro al mese a tutti quelli studenti idonei ma non beneficiari, facendo così passare per privilegio (in una città dove il prezzo degli affitti arriva a toccare 400 euro per una singola) ciò che per uno studente figlio delle classi popolari è tutto tranne che un favore. In quest’ottica anche gli alloggi degli studenti delle classi popolari diventano motivo di profitto da parte dell’Ateneo. Se il numero di studenti vincitori di borsa di studio e alloggio supera i 200 posti offerti gratuitamente, viene assegnato un contributo annuo massimo di circa 2000 euro per sostenere le spese di affitto e le spese dei libri: una cifra irrisoria, se si pensa a quanto possa costare mantenersi autonomamente in una città come la nostra. Questa situazione finisce per scaricare il costo degli affitti sulle famiglie degli studenti (tenendo anche conto che per chi si trova in una bassa fascia ISEE, è obbligatorio sostenere un costo iniziale per vedersi assegnato posto alloggio e borsa di studio), con il risultato di costringere sempre più spesso gli studenti di estrazione popolare ad alloggiare lontano dall’università, pagando comunque cifre esorbitanti per locazioni disagiate. Inoltre gli studenti, per non vedersi togliere il tetto sotto cui dormono e quei pochi soldi che ogni anno vengono loro erogati, devono, oltre ad avere ISEE inferiori a 23.000 euro, sostenere un numero minimo di CFU (differente in base al corso di studi ed all’anno accademico), mantenendo una media di voto che risulta essere eccessivamente alta. Questi requisiti vengono verificati in 2 scadenze (una ad Agosto e una a Novembre, con l’obbligo di restituzione parziale dei fondi erogati, in caso di inadempienza). È chiaro che nessuno studente che abbia necessità di veder sostenuto il proprio diritto allo studio tramite borse o fondi regionali, avrà la possibilità concreta, se non tramite ingenti sacrifici, di mantenerla; gli studenti che avrebbero maggiormente bisogno di aiuto risultano quindi essere i più penalizzati. Un’altra volta ci ritroviamo di fronte ad una selezione di classe, che decide cosi chi potrà accedere ad un’alta formazione e chi no attraverso criteri economici. La Gioventù Comunista rivendica l’assegnazione gratuita di tutti gli alloggi con priorità assoluta agli studenti delle classi popolari, l’apertura di nuovi studentati e una politica di edilizia universitaria per riqualificare gli studentati, ribadendo che per noi l’istruzione universitaria debba essere pubblica, di qualità ed accessibile a tutti.

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Mense Sono necessari interventi di ampliamento delle mense universitarie; ad oggi l’UniFi dispone di poco più di 1000 posti mensa a fronte di circa 50.000 studenti iscritti, rendendo la consumazione dei pasti un vero e proprio inferno specialmente nelle prime settimane di lezione di ogni semestre. L’università deve mettere a disposizione un numero adeguato di strutture, evitando così che quelle esistenti si saturino fino al limite. È inoltre fondamentale garantire l’apertura del servizio mensa anche nell’orario serale per offrire 2 pasti giornalieri nelle sede didattiche decentrate come quello di Santa Marta e del Polo Scientifico di Sesto Fiorentino. L’accesso ad un pasto a prezzi popolari e dignitoso è parte integrante del diritto allo studio. Rivendichiamo la gratuità dei pasti per gli studenti delle fasce ISEE più basse.

Studenti part-time e lavoratori Il percorso di aziendalizzazione e di privatizzazione selvaggia del sistema universitario sta rendendo l’accesso a questo livello di istruzione un lusso per pochi. La possibilità di continuare gli studi sta venendo sempre più preclusa alle classi meno abbienti; per questo in Italia circa la metà degli studenti universitari è costretta a lavorare per mantenersi gli studi. Anche a Firenze sono migliaia gli studenti lavoratori costretti ad una situazione di precarietà, sfruttamento e lavoro a nero per poter pagare le tasse universitarie e i libri. Invece di aiutare tale categoria di studenti, l’UniFi altro non fa che ostacolare il loro percorso di formazione, mettendo a disposizione il corso di studi “part-time”. Qualsiasi studente iscritto part-time è costretto a completare il suo percorso di studi con tempistiche differenti rispetto agli iscritti regolari, poiché annualmente potranno essere sostenuti esami che corrispondono ad una determinata percentuale dei CFU effettivi per il rispettivo anno (una triennale può quindi essere completata in 4 o 6 anni). Gli studenti che per studiare sono costretti a lavorare saranno quindi costretti a pagare le tasse per più anni, diventando così per l’università un’ulteriore fonte di profitto. L’UniFi non fa sconti sulla prima rata di iscrizione, applicando agevolazioni solo sulla seconda rata. Considerando che la maggior parte degli studenti lavoratori risulta essere in basse fasce ISEE, l’ingresso in un percorso di studi part-time risulta essere, paradossalmente, sconveniente. Inoltre, se il percorso di studi part-time nei corsi a numero non programmato è accessibile a tutti, diverso è il caso nei corsi a numero chiuso, già di per sé difficilmente accessibili agli studenti figli delle classi popolari e che, nella maggior parte dei casi, richiedono una lunga e costosa preparazione per i test di ingresso. In questi casi infatti uno studente lavoratore è vincolato a dover dimostrare di avere un impiego di almeno 6 mesi nell’arco dell’anno solare, con una retribuzione non inferiore a 2840,51 euro. Vengono così esclusi moltissimi giovani che pur impiegando nel proprio lavoro tempo ed energie (sottratte allo studio), lavorano a nero, con contratti giornalieri, o semplicemente non riescono a raggiungere questa soglia di retribuzione. Richiediamo l’abolizione dei CFU massimi che uno studente part-time può ottenere nell’arco di un anno e l’apertura di tutti i percorsi part-time, specialmente nei corsi di laurea a numero programmato, i quali ad oggi sfavoriscono gli studenti bisognosi in tali corsi di studio. In più richiediamo l’obbligo per i docenti di non distinguere tra programmi per frequentanti e non frequentanti ma di incrementare le piattaforme e-learning, caricando il materiale didattico e le registrazione o i video delle lezioni.

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Tirocini Riconosciamo i tirocini come una forma di manodopera specializzata gratuita, a vantaggio esclusivamente di aziende pubbliche e private. Prendendo in considerazione il caso delle professioni sanitarie, a Firenze vi sono 2 tra i poli ospedalieri più celebri di tutta Italia, ma che già dalla denominazione stessa di Azienda Ospedaliera Universitaria ne rivelano la propria natura: luoghi che in teoria dovrebbero formare futuri infermieri e medici e che invece si trasformano in luogo di sfruttamento indiscriminato. Lo studente si trova a dover svolgere ben 1800 ore di tirocinio obbligatorio per il conseguimento della laurea triennale, sottolineando la completa mancanza di ruolo formativo e la propria reale natura di sfruttamento. I tirocinanti sono costretti a svolgere turni massacranti, principalmente di notte (dalle ore 20.00 alle ore 7.00) e nei giorni festivi, come se svolgere tirocinio in questi giorni fosse più formativo rispetto ad altri, andando inevitabilmente a danneggiare gli studenti; non è infatti possibile riuscire a conciliare lezioni, studio e turni massacranti, specialmente per gli studenti fuori sede. Spesso e volentieri gli studenti si ritrovano a dover svolgere mansioni senza avere opportuno sostegno da parte del personale specializzato, che risulta essere sempre più carente a causa del progressivo smantellamento del sistema sanitario pubblico. In poco tempo il tirocinante si ritrova così a dover sopperire alla carenza di personale nelle strutture ospedaliere, svolgendo a tutti gli effetti quello che dovrebbe essere un lavoro retribuito. Inoltre bisogna tener conto che per coloro che sono costretti a lavorare per studiare, questa tipologia di formazione è inaccettabile, infatti quest’ultimi saranno portati a dover conciliare il tirocinio e gli studi, con il proprio impiego. Per questo è necessario rivendicare dei tirocini realmente formativi, che tengano conto del lavoro degli studenti, per i quali esigiamo agevolazioni sugli orari e sui turni e l’erogazione di una retribuzione proporzionale alle ore svolte.

Borse di collaborazione L’unico sussidio diretto agli studenti dell’Ateneo sono le borse di collaborazione, le quali hanno principalmente la funzione di abbattere i costi del personale qualificato. I borsisti vincitori offrono all’Università una prestazione lavorativa di 150 ore per poco più di 1.100 euro, in cui collaborano ai servizi di orientamento ed accoglienza, ai servizi d’informazione ed assistenza presso le biblioteche di Ateneo, ai servizi d’informazione ed assistenza della strumentazione e nei laboratori didattici. Il risparmio dell’Ateneo è evidente, considerando che lo studente nel sostituire un normale impiegato, percepisce 7,75 euro l’ora senza contributi, ferie o giorni di malattia. La dimostrazione di come all’Università non interessi primariamente sussidiare il diritto allo studio, ma risparmiare sugli stipendi, sta nel fatto che l’accesso a queste borse non è principalmente basato su scala reddituale, ma sul criterio meritocratico del rapporto media/ crediti. È inoltre inammissibile che a Firenze possano far richiesta per la borsa di collaborazione anche gli studenti di penultima fascia della tabella delle tasse universitarie di 125.000 euro e che al termine della collaborazione il responsabile sia tenuto a valutare l’attività dello studente ai fini del pagamento di quanto spettante. Rivendichiamo perciò un aumento delle assunzioni di lavoratori stabili che possano offrire un servizio migliore e parallelamente una rimodulazione dei criteri di assegnazione delle borse con un aumento delle stesse.

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Caro libri A Firenze il costo dei manuali di testo è elevato e grava per lo più sugli studenti provenienti da ambienti popolari. Per questo gli studenti sono spesso costretti a cercare testi usati e fotocopiati, i quali sono però difficilmente reperibili e talvolta visti negativamente dai professori. Nel corso di una laurea triennale si arriva a spendere un minimo di 900-1000 euro di materiale. Inoltre è bene sottolineare che i libri messi a disposizione dalle biblioteche sono insufficienti al numero di studenti presenti a Firenze e che esistono biblioteche come quelle di storia dell’arte che non concedono il prestito se non notturno. Sono necessari più investimenti bibliotecari per permettere agli studenti di alleggerire il costo dei manuali di testo, i quali vanno a sommarsi a delle tasse universitarie già salate, soprattutto per gli studenti di estrazione popolare, e l’apertura al servizio di prestito di ogni biblioteca.

Lavoratori L’Università non è composta solo da studenti ma anche e soprattutto da migliaia di lavoratori. La maggior parte dei servizi che non sono amministrativi o puramente didattici, sono affidati a lavoratori esternalizzati. E’ il caso dei dipendenti delle imprese di pulizia o dei lavoratori delle mense. Il loro posto di lavoro è a rischio ogni volta che si rinnova il bando per quel servizio e l’ingresso di un’altra cooperativa vuol dire licenziamento o riassunzione da parte del vincitore, ma con stipendio ridotto. La competizione al ribasso tramite questi bandi fa risparmiare l’Università a la Regione, mentre cresce il guadagno di chi gestisce le cooperative e le aziende interinali, il tutto sulla pelle di chi lavora e a totale discapito del servizio per chi l’Università la vive. I lavoratori sono la spina dorsale su cui si basa la stessa esistenza dell’Università e non rappresentano una variabile di bilancio che possa venire meno da un giorno all’altro come la scadenza di un bando. Chiediamo l’internalizzazione di tutti i lavoratori effettivi dell’Ateneo. Tuteliamo i servizi e tuteliamo i diritti di chi lavora per garantirlo.

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