VOX MILITIAE Anno VIII n 1

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VOX MILITIÆ CAVENDO TUTUS ANNO VIII - N° 1 GIORNATE DI STORIA DELLE FORZE ARMATE ITALIANE 4ª EDIZIONE Dottoressa Katia Albanese La 4ª edizione delle Giornate di Storia delle Forze Armate italiane organizzata dall’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea e dall’ Associazione Vox Militiae si è conclusa, come le precedenti edizioni, con una forte e sentita partecipazione degli intervenuti, desiderosi di approfondire i temi in agenda. Nella prima giornata, grazie ad intelligenti aperture e significativi interventi, il convegno ha dato spazio a mature riflessioni sulla “Resistenza” e sulla “Guerra di Liberazione” evidenziando, in particolare, il contributo dato dalle Forze Armate. Un pezzo di storia che ha suscitato un certo squilibrio all’interno della storiografia e della visione militare in quanto soggetto a varie valutazioni e divergenti accenni. Il punto di vista storiografico è stato sapientemente trattato dal Prof. Umberto Dante sulla vicenda di Cefalonia, dal Dott. Amedeo Esposito sul concetto di Patria e Forze Armate e dalla erudita conclusione del Prof. Piero Di Girolamo; l’ottica e la partecipazione delle Forze Armate sono state lodevolmente esposte dal Gen. D. (ris.) Gianfranco Gasperini e dal Col. Antonio Zarcone (Capo Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito). Nella seconda giornata, il tema trattato ha dato risalto all’importanza strategica del Mediterraneo e alle possibili convergenze che si potrebbero creare con l’Italia. Grazie all’intervento del Direttore del Centro Militare di Studi Strategici, Gen. D. Giacomo Guarnera, è stato possibile capire le attività di studio e di ricerca a carattere politico - militare che origina dal Concetto Strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa a cui risalgono le funzioni relative all’impiego dello strumento militare nel suo complesso; competenze che discendono dalle indicazioni politiche del Parlamento attraverso l’attività legislativa e tramite l’azione di Governo cui concede la fiducia. L’approfondimento sul tema del Mediterraneo è stato esposto dalla Dott.ssa Maria Egizia Gattamorta che ha illustrato i vari progetti in atto e le iniziative promosse dai Paesi membri del Dialogo 5+5 (Francia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna, Algeria, Libia, Marocco, Mauritania, Tunisia) finalizzate ad un dinamismo politico e commerciale. Gli approfondimenti culturali sono stati curati dal Prof. Giulio Lucchetta, docente di storia e filosofia antica presso l’Università D’Annunzio, che attraverso una suggestiva ed enfatica relazione ha permesso alla platea di riscoprire il Mediterraneo in modo emozionante. Gli aspetti sulla Tunisia, tra tradizione e modernità, un paese che ormai da anni favorisce scambi culturali e di amicizia con l’Italia sono stati trattati dalla Prof.ssa Elda Fainella del Centro Studi Sallustiani. Testimone dell’esistenza di questi rapporti è stato il Dott. Marcello Brignone, Presidente dell’associazione Italiana Amici della Tunisia che ha trasmesso un vivo segnale di dinamismo e di fiducia tra i due paesi. Le due giornate si sono concluse con il conferimento dei Premi “Ettore Troilo” alla Casa editrice Mursia per la continua attività editoriale rivolta ai valori delle Forze Armate e in particolare agli Alpini con il suo ultimo libro “La penna del najone” e “Martiri di Cefalonia” al 9° Reggimento Alpini distintosi in ogni occasione per dedizione al dovere.

Gennaio 2009 IL CONTRIBUTO DELL’ESERCITO ITALIANO ALLA GUERRA DI LIBERAZIONE Il grande tributo di vite, di sangue e di sacrifici offerto dalle Forze Armate, dall’ 8 settembre ’43 al 25 aprile ’45, merita il più incondizionato riconoscimento. Raffaele Suffoletta

La “Resistenza” e la “Guerra di Liberazione in Italia” rievocano un periodo lacerante della storia nazionale ancora oggi di difficile condivisione. L’analisi e la presentazione storica dell’esperienza partigiana hanno attribuito ad essa un carattere di contrapposizione politica anziché di Guerra di Liberazione dimenticando il contributo quantitativo e qualitativo delle Forze Armate Italiane. Si è parlato “dello sbandamento dell’Esercito” e del “tutti a casa”, ma, dopo le incertezze del primo momento, le FF.AA. e l’Esercito in particolare, si sentirono coinvolte nell’azione di Resistenza fino a divenire, in termini numerici, i principali protagonisti. Lo dimostrano i dati: nel settembre del ’43, per opporsi ai tedeschi morirono in pochi giorni in Italia ed all’estero oltre 20.000 militari, mentre circa 800.000 furono internati in Germania. Oggi si può affermare che mentre il 25 aprile si festeggia l’avvio della fase insurrezionale nel Nord Italia, l’8 settembre 1943 inizia la Guerra di Liberazione, quando i soldati dell’Esercito Italiano, impegnato su tutti i fronti, reagirono agli attacchi delle truppe tedesche. Sono questi soldati che, combattendo e morendo nelle unità regolari, assicurarono la continuità dell’Istituzione militare e la rinascita della Patria. TESTIMONIANZE SIGNIFICATIVE SONO TRATTATE NELLE PAGINE INTERNE

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VERSO CEFALONIA (Relazione del Prof. Umberto DANTE) Negli ultimi anni la riflessione sulla vicenda di Cefalonia ha avuto una sorte bizzarra quanto significativa. Grazie ad intelligenti aperture di Ciampi e al maturare di riflessioni, ricerche e convegni, Cefalonia va attraendo una crescente attenzione sia nazionale che internazionale. Per la nostra storiografia si tratta di una profonda trasformazione degli schemi che, come tutte le rotture crea un evidente disagio. Esiste un imbarazzo che si potrebbe definire della sinistra di derivazione comunista, abituata a fare riferimento ad una resistenza incentrata sul partigianato di partito, dove ai militari è sempre stato dato pochissimo risalto. E’ ancora viva la polemica lunghissima e destabilizzante suscitata da una relazione del prof. DE NAPOLI sulle formazioni partigiane monarchiche, tutte formate da militari. Non si negava l’esistenza del fenomeno ma si contestava lo studio e la ricostruzione dello stesso. Basta osservare il recente Dizionario che l’Einaudi ha dedicato al fenomeno per capire quanto squilibrio ci sia all’interno di una certa storiografia abbastanza calcificata intorno a schemi tradizionali. Sempre restando nella linea einaudiana, l’impostazione del Dizionario sostanzialmente coincide con l’ultima sintesi, destinata ad un pubblico abbastanza vasto da Santo Peli, in cui la resistenza dei militari viene giudicata “nel complesso del tutto inconsistente, anche se costosissima”, con un accenno fugace alla epica battaglia della “Divisione ACQUI a Cefalonia” e con un’ improbabile valutazione della battaglia di Bosco Martese, dove i civili, “tra cui molti giovanissimi, sono addirittura la maggioranza, circa mille o milleduecento”. Ed è significativo esempio di un certo atteggiamento, il fatto che questo dato sia appoggiato sul vecchio testo di battaglia, del 1953, preferendolo alla versione di quasi mezzo secolo posteriore, di quella di Luigi Ponziani, teramano ed autore della voce Bosco Martese nel sopraccitato dizionario. Ma Ponziani ipotizza un numero assai più prudente, seicento, basandosi sul fatto che la gran parte di questi “giovanissimi” del 1943 sembra essere sparita nel dopoguerra senza lasciare tracce significative nella memorialistica. La stessa cosa, lo stesso spiazzamento avviene a destra abituata a pensare alla resistenza con la bandiera rossa, le Foibe e la giustizia sommaria si trova a disagio dinanzi alla resistenza tricolore. Ma si tratta, nel complesso, di una coda conservatrice in progressivo arretramento del tutto eclissata dagli studi degli ultimi anni. Dalla metà degli anni ’90, per circa un decennio, assistiamo ad un fiorire di convegni, pubblicazioni di atti e di studi che portano Nicola Labanca a pubblicare un intervento dal titolo eloquente: Militari e Resistenza: le svolte della storiografia. Accanto a questa consacrazione scientifica, interviene con una vistosità che arriva al grande pubblico, con una singolarissima fortuna mediatica. Al bellissimo libro di Alfio Caruso si affianca il romanzo di Louis di Bernières, Il mandolino del

Fossa dellʼeccidio di 136 ufficiali. capitano Corelli (Captain Corelli’s Mandolin) che ad Hollywood diviene un film mediocre ma di grande visibilità mondiale. Dietro questa scia veramente straordinaria arriva il film televisivo di Riccardo Milani. Una cornice straordinaria al centro della quale va inserito l’intervento del Presidente Ciampi, lucidissimo nel cogliere la grande occasione che Cefalonia offriva all’Italia claudicante e smemorata della seconda Repubblica. Ebbene a fronte di questa straordinaria occasione e di intuizione poderosa abbiamo assistito ad una complessiva inadeguatezza culturale ed etica, che va smarrendo l’occasione proposta da Cefalonia. Occorre dirlo: prima di parlare di libri e di dibattito storiografico, bisogna citare l’inadeguatezza della presenza dello Stato sull’isola greca, dove tutte le iniziative e le presenze sono a carico dell’associazione della ACQUI, gestita con grandissima energia da Graziella Bettini, figlia di quel colonnello che fu comandante e martire a Corfù. C’è probabilmente un nesso, che è etico, di costume tra questa pochezza della Repubblica e quella di una certa discussione della storiografia minore, che a volte è piattamente retorica, in altri casi tracima in una polemica acre e spesso prevenuta, intrisa da quelle che, secondo un celebre giudizio crociano, sono le inclinazioni tipiche della storia minore italiana: passione per le tragedie come occasioni di una storia di contabilità funeraria e di polemiche minute. Dalla dimensione epica e di tragicità altissima che ci offrono le vicende di Cefalonia ci troviamo costretti a discutere sul numero dei morti in combattimento e dei morti fucilati, in attacchi portati avanti con virulenza nei confronti di personaggi di maggior rilievo della vicenda: i tenenti Apollonio e Pampaloni, il generale Gandin. Questa storiografia (in genere poco professionalizzata rispetto ad una bibliografia complessiva in cui compaiono personaggi come Caruso, Rochat, Rusconi, Montanari, Labanca) sarebbe poco meritevole di attenzione se non trovasse una straordinaria audience presso i media soprattutto quelli scritti. Responsabilità della perpetua ricerca di argomenti polemici, di novità comunicative e di toni strillati. Si potrebbe aggiungere: di livelli di ragionamento adeguati ad una crescente povertà morale ed intellettuale di chi scrive (i lettori in questo caso hanno minori responsabilità). Resta un problema pratico importante: una dif-

ficoltà a sviluppare la storia ed il culto di Cefalonia e di Corfù. Abbiamo riscontrato sul campo le remore crescenti di chi, autorità politica ed organizzatore di cultura, davanti alla prospettiva di occuparsi di Cefalonia, viene preso dal timore dell’aggressività di personaggi alla ricerca di spazi polemici. Il lettore perdonerà questo scrivere senza fare nomi. Ma è mia convinzione che in questi casi di strategia mirante al rimbalzo mediatico sia meglio non collaborare, non fare da amplificazione, e limitare la riflessione a principi generali. E porre l’accento sulle necessità di volare alto e di superare i pantani delle polemiche di basso profilo. Pantani che occorre, in qualche modo, andare a bonificare. Certo, all’interno dei reduci della ACQUI da sempre ci sono differenziazioni e discussioni. Già dal libro del cappellano Formato, il vero punto di partenza della storiografia su Cefalonia, sono ben visibili i punti di ombra che investono il comportamento del generale Gandin e degli ufficiali di artiglieria. Formato è sostenitore della linea della resa e descrive un Gandin pressato dai suoi sottoposti, in un clima di notevole tensione, con aggressioni, intimidazioni e minacce che spingono per il combattimento finendo, alla fine, per trascinare il generale e la ACQUI nella tragedia. In effetti Cefalonia presenta secondo tutte le ricostruzioni esistenti tre diversi e fondamentali aspetti problematici: 1. la volontà espressa dai reparti della ACQUI; 2. la condotta delle trattative e le battaglie; 3. la strage perpetrata dai tedeschi. Ebbene, sembra che la discussione polemica tenda ad incentrarsi esclusivamente sugli ultimi due punti. Che sono poi tipici anche degli interessi più cari alla storiografia polemologica. La discussione sulla strage non interessa, purché non si sfidi il buon senso. Ad esempio non si può distinguere con nettezza i caduti in combattimento dai passati per le armi. Fermo restando questo principio di fondo, rilevatori di onestà intellettuale, sul numero di morti si deve lasciare il campo a chi ama questo tipo di calcolo senza dare peso eccessivo ai risultati. Lo stesso Rochat ha dato prova nei suoi interventi più recenti di non volersi arroccare sul Piave delle cifre. Si tratti di cinquecento, di mille o di cinquemila fucilazioni, poco conta rispetto alla qualità ed al senso dell’eccidio.

La “casetta rossa” oggi.


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Una croce a ricordo.

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Cartolina emessa dalla Brigata «AQUI» nel 50° anniversario dellʼeccidio 1943-1993

Il monumento ai Caduti.

L’olocausto della ACQUI avviene in un clima di tipo di opzione significa rifiutare l’adesione a Apollonio nei momenti cruciali della vicenda ce lo restituiscono in tutta la sua drammatica solitucrudeltà e di non rispetto della morale militare. Salò, anche a costo di entrare nei lager. E il principio che ispira il comportamento (e la Laddove le circostanze rendono possibile la via dine: “il suo volto bianco ed imperlato di freddo difesa in sede legale) dei tedeschi, vale a dire il della difesa armata della bandiera della riorganiz- sudore rivelava una indicibile interna sofferenza. rispetto degli ordini ricevuti, è negato al soldato zazione della difesa, appare innegabile dall’insie- L’atteggiamento e le parole del generale destaronemico, che viene fucilato per avere combattuto me delle ricostruzioni storiche, che l’Esercito non no in tutti i presenti l’impressione di avere a che in rispetto delle direttive superiori. Ma probabil- si tira indietro e tende a ricostituirsi. Cefalonia fare con un uomo indeciso e sovraccarico del peso delle sue responsabilità”: Ma anche questo mente anche questa considerazione sulla strage non è l’eccezione. deve essere ridimensionata dentro al quadro com- E’ il caso in cui l’elaborazione dell’8 settembre da travaglio del comandante ha valore storico rileplessivo della valutazione dell’evento. parte del paese e del suo Esercito può compiersi vante in quanto testimonianza di una crisi, di una Non è certo la brutalità tedesca a distinguere Ce- con più libertà. Questo per motivi anche contin- difficoltà di passaggio, di una reazione in positivo falonia e Corfù da una scia sterminata di orrori e genti: i tedeschi sono pochi, la speranza di soste- ad una crisi profonda. Non è senza significato che degenerazioni. E’ proprio la riduzione di Cefalo- gno da parte di Brindisi e degli angloamericani assistiamo nei giorni confusi della scelta alla rinia a puro genocidio che va evitata. Sarebbe un è elevata, la vittoria sembra possibile e lo scon- cerca di consultazioni, all’appello ad una decisioricadere negli errori della storiografia apologeti- tro liberatorio. Rispetto a questo nocciolo, poco ne comune. Taluni hanno messo in discussione il ca della resistenza partigiana se si impiantasse la conta la titubante conduzione da parte di Gandin, reale svolgimento della votazione. Anche su quememoria di Cefalonia unicamente su un discorso l’incertezza delle scelte. Neanche Gandin è un sto è inutile irrigidirsi. Resta il fatto che Gandin di vittime, di innocenti sacrificati, di divisione Piave su cui si deve immolare il senso alto e pro- ha cercato di provocare le opinioni dei graduati, manichea della storia, di accusa senza appello ai ficuo dell’accaduto. Le parole con cui lo ricorda di cogliere la volontà dei suoi uomini. Ed anche in questo, più che una flessione tedeschi. Il punto di distinzione del ruolo del comandante semdi Cefalonia resta il fatto che gli bra emergere un’Italia diversa, italiani sono soldati e come tali che si colloca lontanissimo dasi battono. Occorre, dunque, prigli atteggiamenti del fascismo. ma di ogni altra cosa, pensare a Ma ancora non siamo arrivati Cefalonia come ad una campaal punto cruciale. A ciò che di gna militare. E in questa campanuovo e di diverso rappresenta gna, per la prima volta, l’Eseroggi Cefalonia. Con la scelta di cito Italiano si schiera contro le combattere con il tricolore e in forze che saranno sconfitte nella rispetto delle direttive che arriII^ G.M.. Abbatte gli Stukas, revano da un vertice brindisino siste alle truppe messe in campo ben povero di autorità e di capada Hitler e per qualche giorno cità, la ACQUI ci propone una spera nella vittoria. grande prospettiva di ricompoC’è nella scelta della ACQUI sizione della memoria, l’esiuna componente di temerarietà, stenza di una guerra antitedesca di scarsa percezione della realtà. non subordinata a logiche di Probabilmente, Rochat lo dice partito o addirittura ad esigenze tra le righe, esiste un problema antinazionali. Sotto il tricolore di avvicendamento traumatico al dell’esercito non avvengono comando. Dal paterno generale stragi, non c’è giustizia somMazzini si passa all’iperattivimaria, non c’è nulla che possa smo di Chiminiello e si torna al far pensare a pulizie etniche, comando problematico e condiideologiche, classiste. Non c’è viso di Gandin. I soldati sono divendetta, giustizia sommaria. sorientati, la disciplina si logora. In questa prospettiva, l’epopea Ma proprio in questa fusione di di Cefalonia, riscattata dalla spinte dal basso e di difficoltà meschinità delle polemiche e decisionale dall’alto prende cordel chiacchiericcio mediatico, po con più chiarezza, dentro il costituisce oggi il miglior punmondo appartato delle isole, la to di ripartenza possibile per la propensione complessiva della memoria italiana, con solide nazione. La ACQUI esprime fondamenta storiche e indiscuun’indicazione che la storia contibili per ragioni morali. Dal volume dello Stato Maggiore dellʼEsercito, Autori vari, fermerà per l’Italia intera. Per la maggioranza dei militari questo La Guerra di Liberazione - Scritti nel Trentennale


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MONTE LUNGO E MONTE MARRONE. LA RIPRESA (Abstract della relazione del Gen. D. (ris.) Gianfranco Gasperini) MONTE LUNGO Il I Raggruppamento Motorizzato (I° rgpt. mot.) nasce il 28/9/43 nella zona di S. Pietro Vernotico (LE) con reparti delle Divisioni “Legnano”, “Mantova” e “Piceno”. Quale comandante, è designato il Generale Vincenzo Dapino, Comandante (cte) interinale della Divisione UNITA’ DEL I° RGTP. MOT. -

67° rgt. fanteria “Legnano” 11° rgt. artiglieria LI btg. bersaglieri V btg. C/C cannoni da 47/32 LI btg. misto Genio unità servizi

Legnano. Il 31/10 il rgpt passa alle dipendenze operative della 5ª Armata (A.) USA e dal 6 all’8 novembre è trasferito dalle Puglie ad Avellino. Il 4 dicembre il rgpt. è assegnato alla 36ª Divisione Texas comandata dal Gen. Walker, e nella notte sul 7 dicembre si schiera a Mignano, con il compito di attaccare, conquistare e mantenere le posizioni di Monte Lungo, dorsale montuosa a sbarramento della valle che adduce a Cassino (obiettivo della 5ª A. USA). Su Monte Lungo i tedeschi avevano investito un caposaldo che faceva parte di una serie di fortificazioni a difesa della “Linea Gustav” che doveva fermare l’avanzata degli Alleati. Per la conquista di Monte Lungo furono necessarie due azioni. Nella prima, che ebbe luogo l’8 dicembre, secondo gli accordi presi lo schieramento comprendeva: - al centro, il I° rgpt., dopo avere dato il cambio ad elementi del 141° fanteria USA in posizione sui pendii sud-orientali di Monte Lungo; - a sinistra, il 142° fanteria USA (36ª D.), che già la sera del 7 avrebbe provveduto a rastrellare la cima del M. Maggiore occupando con avamposti la linea del Peccia, appoggiava l’attacco del I Rgpt mot. italiano con fuoco di armi leggere nella valle tra M. Lungo e M. Maggiore; - a destra, il 143° fanteria USA (36ª D) che avrebbe dovuto occupare le posizioni di Monte Sammucro e il paese di S. Pietro Infine; - L’artiglieria della 36ª Divisione avrebbe appoggiato il 142° e 143° fanteria con priorità alla richiesta del 143° nell’azione di appoggio generico. Il 636° battaglione anticarro era pronto ad azioni di fuoco in appoggio del I raggruppamento motorizzato dietro richiesta. La sera del 7 dicembre, poche ore prima dell’attacco italiano, ebbero inizio le operazioni per la conquista degli obiettivi sulla destra di Monte Lungo: Monte Sammucro e il paese di San Pietro Infine. Le truppe della 36ª Divisione americana, e precisamente il I battaglione del 143° reggimento fanteria, mossero all’attacco della quota 1205 del Sammucro, mentre il III battaglione «Ran-

Schema ordine di attacco 8 dicembre gers» puntava su quota 950. Conquistati i due obiettivi con un riuscito attacco a sorpresa, le unità americane erano però ricacciate sulle posizioni di partenza da un contrattacco tedesco la mattina dell’8 dicembre. Quanto a San Pietro, le cose andarono ancora peggio. Qui il II battaglione partì all’attacco contemporaneamente al I Raggruppamento motorizzato, esattamente alle 6,20 dell’8 dicembre, ma, percorsi poco più di 400 metri, i fanti americani dovettero arrestarsi di fronte a un fuoco di mortai pesanti, artiglierie e mitragliatrici. Neppure le due compagnie del III battaglione inviate in soccorso del II battaglione riuscirono a raddrizzare la situazione. Mentre questi fatti accadevano sulla sua destra, il I° rgpt. mot. si preparava ad attaccare all’ora «H» Monte Lungo coperto da una fitta nebbia che impediva l’osservazione del fuoco dell’artiglieria. Secondo Dapino questo risulterà comunque abbastanza soddisfacente essendo stati eseguiti tiri di inquadramento nel giorno precedente. Tiro preciso forse ma, certamente, non altrettanto efficace come vedremo. Alle 6,20, come previsto, ha inizio l’attacco. I fanti del I battaglione in primo scaglione cominciano ad avanzare verso quota 253. Sulla sinistra è schierata la 2ª compagnia bersaglieri, che procede a cavallo della ferrovia. L’avanzata dei fanti è subito ostacolata da alcune contrarietà, sebbene di lieve entità per il momento, così descritte dal capitano Enzo Corselli comandante della 1ª compagnia del 67° fanteria, ferito gravemente e decorato con medaglia d’argento per l’azione dell’8 dicembre:“Iniziammo il movimento durante il fuoco di preparazione, ancora in una fitta oscurità. Ma, a causa di questa e del terreno compartimentato e rotto, i nostri plotoni si disunivano e perdevano la direzione. Sciupammo così del tempo prezioso, sfasando la nostra azione rispetto al fuoco d’artiglieria, col quale era sincronizzata in base all’orario, non essendo possibile l’osserva-

zione, date le condizioni di visibilità. Per fortuna la nebbia è ancora fitta e serve a proteggere gli uomini della compagnia che scendono di corsa da quota 253 con le squadre ancora in fila. Ben presto un nuovo grave contrattempo viene a turbare l’avanzata: la perdita del collegamento col comando di battaglione, assicurato a mezzo di un telefono volante; isolati dal resto del reggimento, i fanti del I battaglione continuano l’attacco mentre cresce di intensità il fuoco nemico, sia di mortai, sia di armi leggere. Bisogna stringere i tempi, anche perché intanto la nebbia va diradandosi”. Diradatasi la nebbia, i fanti italiani ben visibili ed allo scoperto, falcidiati dalla reazione nemica, mentre l’attacco del 142° e 143° reggimento nella conquista di San Pietro e del monte Sammucro falliva, dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza. L’azione fu ripetuta con successo il giorno 16 dicembre. Il Gen. Walker preparò questa volta un piano d’attacco su larga scala, coordinato e progressivo contro i tre obiettivi immediati: San Pietro, Monte Lungo e San Vittore . Nella notte sul 16 dicembre il 142° partì all’attacco dalle posizioni di Monte Maggiore e Colle San Giacomo conquistate nei giorni precedenti; il II battaglione puntò verso l’estremità settentrionale di Monte Lungo, il I si diresse verso la parte centrale dello stesso. Entrambi ottennero un immediato successo. Presero il nemico di sorpresa, snidarono dalle trincee il battaglione di ricognizione della 29ª Divisione panzer e raggiunsero la sommità della montagna all’alba. A questo punto scattò l’ordine per l’entrata in azione del I Raggruppamento motorizzato. Alle 7,40 del 16 dicembre il comando tattico dell’unità italiana comunicò al comandante del 67° reggimento fanteria che il II/142 aveva occupato le quote 141 e 351 su Monte Lungo e disponeva che il reggimento di fanteria e il LI battaglione bersaglieri si tenessero pronti a iniziare l’attacco secondo i piani prestabiliti. Alle ore 8,30 iniziò il tiro di preparazione che si rivelò subito di una precisione meravigliosa: quello sulla quota senza numero 300 metri a nord-est di q. 343, a non più di 200-250 metri


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dalle nostre linee, destò l’ammirazione degli osservatori americani. L’attacco delle fanterie ebbe inizio alle ore 9,15. Partirono il II battaglione fanteria e una compagnia del LI bersaglieri. Il nemico, stordito dal tiro della nostra artiglieria, minacciato sul tergo dall’azione del 142 fanteria, non offrì questa volta una resistenza tenace. Alle 10,20 la quota senza numero era conquistata e alle 12,30 le prime pattuglie del II/67 giungevano sulla quota 343 mentre più a nord i bersaglieri prendevano contatto sul costone di Monte Lungo col 142° reggimento fanteria americano. Questa volta tutti gli obiettivi assegnati al I° rgpt. mot. erano stati raggiunti. Le perdite si rivelarono relativamente contenute: 6 morti e 30 feriti. Complessivamente per le due azioni furono impegnati poco più di 1.000 uomini. Tra morti, feriti e dispersi si contarono oltre 500 uomini. Il I° rgpt. restò a presidio delle posizioni fino al 21 dicembre, poi passò alle retrovie in riserva. “Ma il successo di monte Lungo trascende il campo militare e fu soprattutto quello di aver di mostrato agli Alleati ed a noi stessi di essere ancora soldati credibili”. MONTE MARRONE Nel frattempo il Comando del I° rgpt. mot. venne assunto dal Gen. Umberto Utili e nel marzo del 1944 si trasformò in “Corpo Italiano di Liberazione” alle dipendenze della Divisione Kressova (Polacca) ed assume la responsabilità del settore Castelnuovo contiguo al settore Mainarde. Poiché il Monte Marrone in mano tedesca avrebbe compromesso molto seriamente le condizioni della difesa dei due settori, il gen. Utili propose al Cte. della divisione di procedere alla sua conquista con un’azione ardita del battaglione alpini “Piemonte”. Anche per la conquista di Monte Marrone furono necessarie due fasi operative. All’alba del 31 marzo ebbe inizio l’azione. Così la descrive il generale Utili: “Alle 3,30 del 31 marzo il «Piemonte» incominciò 1’operazione. Precedevano i nuclei esploratori delle tre compagnie, suddivisi in pattuglie, ciascuna per un itinerario conosciuto e prestabilito; gli uomini erano alleggeriti al massimo,

VM armati soltanto di mitra, bombe e abbondante munizionamento. Non incontrarono il nemico e si acquattarono in cresta tra le 6,30 e le 7,15 del mattino. Alle spalle delle avanguardie giungeva poi il grosso delle rispettive compagnie”. Scrive ancora Utili: “Seguivano per l’occupazione stabile della posizione un plotone fucilieri ed una squadra mitragliatrici su due armi per ciascuna compagnia. Anche questo scaglione era stato per quanto possibile alleggerito e giunse sull’obiettivo con più dura fatica e intervalli di circa un’ora. Tutte le rimanenti forze furono impiegate come portatori sudando, sdrucciolando, riprendendosi, sospese sull’abisso in vertiginoso equilibrio, col piede sull’orlo appena apprezzabile di una cengia e le mani nervo-

tà che non poteva essere considerata normale. Nei giorni seguenti varie pattuglie tedesche tentaronodiavvicinarsialleposizionitenutedaglialpini. Poi per alcuni giorni i tedeschi non si fecero più vivi. Nella notte del 10 lanciarono l’attacco più consistente nel tentativo di ricacciare gli italiani da Monte Marrone. Il generale Utili che aveva trascorso la giornata di Pasqua con gli alpini che presidiavano il monte, racconta che durante la notte, improvviso si scatenò il combattimento. Dato l’allarme, l’artiglieria entrò in azione sugli obiettivi prestabiliti; sul Marrone divampò il combattimento, il nemico fu ricacciato e altri tentativi da parte dei tedeschi non furono più rinnovati. La conquista e la successiva difesa di Monte

Monte Marrone, sulla destra Monte Castelnuovo (aprile 1944) samente contratte attorno a una sporgenza della Marrone ebbe vasta risonanza sulle fonti di inparete verticale. Così, nella sorpresa più assolu- formazione italiane e alleate. ta, come nei piani, senza sparare un colpo e con L’impresa produsse soprattutto risultati psicodue soli feriti, a causa di incidenti di percorso, logicamente importanti, come scrive nelle sue il Monte Marrone era conquistato e all’appa- memore Utili che così prosegue: “Dal pieno renza i tedeschi non si erano accorti di nulla”. successo le nostre truppe attinsero fiducia in Il sospetto che sul Marrone stava succedendo se stesse e coscienza delle proprie possibilità. qualcosa di nuovo, scrive ancora Utili, i tede- Monte Marrone costò al battaglione «Piemonschi dovettero averlo probabilmente a giorno te» non più di venticinque perdite tra morti e fatto, quando le artiglierie alleate e i mortai ini- feriti, sia negli scontri che nel logorio di trinziarono i tiri di aggiustamento, con un’intensi- cea; e nemmeno un disperso. Anche il bilancio tra rischi e profitti era perciò incoraggiante. Ne guadagnò potentemente la compattezza del nostro piccolo corpo che verso la metà di aprile aveva ormai superato bene le crisi iniziali e dava affidamento di mantenersi saldo anche nelle prove a venire. Su questo punto ero diventato del tutto tranquillo”. Nota del Relatore La relazione al Convegno costituisce una sintesi dellʼopera Il Primo Raggruppamento Motorizzato del Prof. Giuseppe Conti, edita dallʼUfficio Storico dello SME nel 1984. Tale opera, a parte la numerosa memorialistica, costituisce il documento più completo e documentato redatto sullʼargomento.

Lʼazione di Monte Marrone


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LA GUERRA DI LIBERAZIONE - LA MEMORIA NELL’ESERCITO Abstract della relazione del Col. Antonio ZARCONE - Capo Uffico Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito

All’annunzio dell’armistizio, diffuso dalla radio la sera dell’8 settembre 1943, l’Italia si trovava nella seguente situazione: e Sicilia e Calabria meridionale liberate dagli Alleati; e restante parte della Penisola occupata e controllata dai tedeschi i quali, in attuazione del piano Alarico, studiato e programmato già subito dopo gli eventi del 25 luglio, avevano fatto affluire in Italia ingenti forze e potevano disporre di: 17 Divisioni (6 dì fanteria, 9 corazzate e motocorazzate, 2 di paracadutisti), 1 Brigata da montagna ed un considerevole numero di unità minori, presenti ovunque, mentre un'altra Divisione era in corso di affluenza. Con tali forze i tedeschi, incapsulando le unità italiane, con le quali erano frammischiate, erano anche in grado di: • controllare la Capitale e tutti i punti vitali della Penisola, le principali infrastrutture le centrali di collegamento, le ferrovie, i ponti ed i nodi stradali più importanti; • sorvegliare da vicino l'atteggiamento del Governo ed ogni movimento delle Forze Armate; In tale situazione, l’Esercito Italiano si tro-

vava, con la maggior parte delle sue forze operative dislocate nei teatri all’Estero (Francia Meridionale, territori ex jugoslavi, Grecia, Isole dell’Egeo) e perciò non immediatamente recuperabili per la difesa del territorio nazionale. Alcune unità richiamate in Patria in previsione di un possibile conflitto con i Tedeschi si trovavano ancora in piena crisi di schieramento. Peraltro, le unità dislocate in Patria si trovavano, nella maggior parte prive di mobilità e di adeguato supporto aero-navale, disseminate sulla fascia costiera o impegnate in compiti di natura territoriale che portavano alla dispersione di uomini e di mezzi su vaste aree ed erano dotate di armamento non certo adeguato a sostenere l’urto delle mobilissime e potenti forze corazzate e meccanizzate tedesche. Tuttavia, dalla sera dell’8 settembre, un gran numero di unità reagì combattendo agli attacchi proditoriamente sferrati dai tedeschi, sia in Italia che all’Estero, avviando la Guerra dì Liberazione. Quando non fu più possibile resistere, e divenne evidente che le unità Italiane non avrebbero ricevuto supporto dagli Alleati, che in regime armistiziale erano ancora formalmente dei nemici, per impedire:

· la distruzione che sarebbe derivata da combattimenti nelle città (infrastrutture, monumenti, luoghi sacri, ecc.); · il sacrificio vano dei soldati, fu preferito lo scioglimento delle unità che permise di salvaguardare quelle forze ed i materiali necessari per la costituzione delle prime formazioni partigiane in territorio occupato dai nazisti e delle unità regolari che, risalendo la penisola, combatterono a fianco degli Alleati. Il che avvenne non con unità di nuova formazione. ma con i vecchi tradizionali reparti formati per lo più da soldati di leva. Perplessi di fronte agli ordini, in ritardo e di incerta interpretazione, anche in conseguenza dell'orientamento governativo di non attaccare per primi, alcuni Comandi, nei giorni seguenti all'armistizio, furono posti dai tedeschi - principalmente con l'inganno e, in minor misura con la forza - nella impossibilità di esercitare la loro azione, e di qui il disorientamento dei reparti sottoposti. Le testimonianze evidenziano anche che molti Corpi e reparti furono sciolti dagli stessi comandanti che inviandoli in licenza cercarono di salvare i propri uomini dalla cattura.

DOCUMENTAZIONE DELL’UFFICIO STORICO SULLA GUERRA DI LIBERAZIONE Nell’ambito della Forza Armata, l’Ufficio Storico svolge la duplice funzione di centro di studi relativi alla storia dell’Esercito Italiano e di Archivio storico quale istituto conservatore. Nel quadro dell’amministrazione archivistica italiana, questa particolare situazione, per cui organi centrali militari non versano la propria documentazione all’Archivio Centrale dello Stato, ha acquisito forza di legge in seguito al Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali, ai sensi della legge 6 luglio 2002, n. 137 (art. 41), che esenta gli stati maggiori delle Forze Armate da tali obblighi per quanto attiene “la documentazione di carattere militare e operativo”. L’Archivio dell’Ufficio Storico conserva una vasta documentazione relativa alla guerra di liberazione, in particolare alla costituzione ed azione delle unità regolari che combatterono a fianco degli alleati ma anche relativa al movimento partigiano e ai suoi rapporti con i comandi dell’esercito. La denominazione dei “fondi” archivistici, utilizzata nel presente lavoro, è quella presente nel Manuale delle ricerche nell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito. Riguardo ai diversi mezzi di corredo per la consultazione, quasi tutti i “fondi” che citeremo, sono provvisti di elenchi in genere abbastanza sommari, che comunque permettono di effettuare ricerche sulla do-

mente archivistici e quindi si basa, nella cumentazione. descrizione del complesso documentario, Nell’esposizione abbiamo raggruppato i sulla individuazione in ogni fondo del vari fondi, complessi di serie di diversi sogsoggetto produttore delle carte e segue la getti produttori, raccolte e miscellanee in tipologia utilizzata nella Guida Generale tre gruppi principali, dei quali: agli Archivi di Stato; sono quindi compre- il primo comprende due importanti raccolse le prime due categorie di fondi indivite, formate da documenti di simile tipoloduate nella Guida Generale, cioè quella in gia: i diari storici e le circolari, costituite cui il nome del soggetto produttore è muvolontariamente dallo stesso Ufficio Stotato durante il tempo ma è rimasto unitarico a cui venivano periodicamente versario l’archivio da questo prodotto, poiché, ti tali documenti: in sostanza, non sono cambiate le compe• fondo N 1-11 diari storici seconda guertenze; e quella in cui la pluralità dei sogra mondiale:comprende i diari storico getti produttori (Comandi di grandi unità, militari dei reparti che combatterono a uffici del Comando Supremo, ecc.) delle fianco degli alleati (I Raggruppamento carte è confluita a costituire un complesso motorizzato, Corpo italiano di liberaziodi serie anche di archivi diversi che presne, Gruppi di combattimento Legnano, so l’ente di conservazione, in questo caso Folgore, Friuli, Piceno e Cremona), i diari l’Ufficio Storico, ha tradizionalmente asstorici degli organi centrali, del Comando sunto il nome di “fondo”. Comprende le Supremo nel 1943-1945, del Servizio incarte di uffici: formazioni militare, del CERSA (Centro Reclutamento e Selezione Adriatico) e del • del Comando Supremo delle Forze Armate nel 1943-1944, poi, Stato Maggiore geCERSERTI (Centro reclutamento e selenerale nel 1944-1945 tra cui l’Ufficio del zione Tirreno) Generale Addetto, l’Ufficio Segreteria, • fondo M -7 circolari vari uffici: circolari l’Ufficio Operazioni, l’Ufficio Informadell’Ufficio Ordinamento e Mobilitazione zioni, dal 1944 anche l’Ufficio Patrioti, dello Stato Maggiore del Regio Esercito, e altri uffici. Le carte sono ordinate per relative alla costituzione e scioglimento di materie, nell’elenco, infatti è riportato il comandi di grandi e minori unità, reparti relativo indice in ordine alfabetico. La operativi e logistici, enti territoriali deldocumentazione riguarda, fra l’altro, la l’Esercito nel 1943-1945. cobelligeranza nel 1943-1945, i prigio- il secondo, che risponde a criteri stretta-


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carteggio- circolari dell’ufficio ordinatigiane nell’Italia centro-settentrionale nieri di guerra, la collaborazione tra gli mento e mobilitazione, bb. 322-423); (bb. 149-166); organi militari e la resistenza (SIM e Ufficio patrioti), la situazione delle bande - il terzo è quello rappresentato dalle mi- • H-2 Formazioni partigiane, che comscellanee, ovverosia un complesso di doprende diari storici, carteggio, pubblipartigiane nell’Italia centro-settentrionale cumenti provenienti o da serie diverse di cazioni di alcune formazioni partigiane la discriminazione, i rapporti con i vertici uno stesso archivio o da archivi diversi, del Piemonte (divisione “Matteotti Mamilitari anglo-americani (fondi I-3, Cartalora relativi a materie affini, talora relarengo”), Val d’Aosta, dell’Italia centrale, teggio versato dallo Stato Maggiore tivi a materie eterogenee: Jugoslava e Albania, le Carte dell’Ufficio Difesa e fondo I-4 carteggio Stato MagPatrioti e altri uffici dello Stato Maggiore giore Generale – Comando Supremo • L-14 Carteggio sussidiario SMRE: costituita da carte di organi centrali (Ministero Generale, il carteggio su alcuni forma- Stato Maggiore Difesa); della Guerra - Gabinetto, uffici dello Stazioni garibaldine ricevuto dall’Archivio • dello Stato Maggiore Regio Esercito nel to Maggiore Regio Esercito, Ispettorato Storico per la guerra di Liberazione il 1943-1945: Ufficio Operazioni e Ispetdi Fanteria e altri) di comandi di grandi complesso documentario della Divisione torato Truppe Ausiliarie relative alle unità relative alla cobelligeranza: rappord’Assalto Garibaldi ”Italia”, operante in unità alle unità combattenti e alle unità ti con gli alleati, in particolare stralcio del Jugoslavia nel 1943-45, versato il 26 nov. logistiche e lavoratrici (fondo N 1-11 diario storico e carteggio della missione 1996 all’Ufficio Storico dall’ex comandiari storici seconda guerra mondiale di collegamento con il XV Gruppo armadante Giuseppe Maras che comprende i bb. 4201-4236); Ufficio Ordinamento e te alleate, situazione militare del Regno diari storici del comando Divisione e delMobilitazione relative alla costituzione del sud, unità ausiliarie, Gruppi di comle unità dipendenti, i ruolini. e scioglimento di comandi, corpi, enti e battimento, situazione delle bande parservizi dell’Esercito (fondo F-4 studi-

LETTURE CONSIGLIATE - Autori Vari, La guerra di liberazione Scritti nel trentennale, Roma 1976; - Autori Vari, I volontari nelle Forze Armate del regno d’Italia (campagna settembre I943 - maggio 1945), Gaeta 1998; - Bartolini Alfonso, Terrone Alfredo, I militari nello guerra partigiana in Italia 1943-1945, Gaeta 1998; - Conti Giuseppe, Il Primo Raggruppamento Motorizzato, Roma 1984; - Crapanzano Salvatore Ernesto, Il Primo Raggruppamento Motorizzato (1943 – 1944), Roma 1949; - Crapanzano Salvatore Ernesto, Il Corpo Italiano di Liberazione (aprile-settembre 1944), Roma 1950; - Crapanzano Salvatore Ernesto, I Gruppi di Combattimento - Cremona - Friuli - Folgore - Legnano - Mantova - Piceno (1944-1945), Roma 1951; - Lallia Luciano, Le unità ausiliarie dell’Esercito italiano nella guerra di Liberazione, Roma 1977; - Loi Salvatore, La Brigata d’Assalto Italia (1943 – 1945), Roma 1985; - Loi Salvatore, I rapporti fra Alleati e Italiani nello cobelligeranza, Roma 1986; - Longo Vincenzo, Susani Luigi; Saggio bibliografico sulla Seconda Guerra Mondiale, Roma 1949; - Moscardelli Giuseppe, Cefalonia, Roma 1945; - Scala Edoardo, La riscossa dell’Esercito, Roma 1948; - Screiber Gerhard, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, Roma 1992; - Torsello Mario, Le operazioni delle Unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma 1975; - Ufficio Storico, Cronologia dello Seconda Guerra Mondiale, Selci Umbro (PG) 1949.

LIBRI EDITI DALL’UFFICIO STORICO SULLA GUERRA DI LIBERAZIONE L’Ufficio Storico ha prodotto numerose opere volte a ricordare e divulgare la storia dei soldati italiani che nelle vari tipologie di resistenza hanno contribuito alla vittoriosa lotta di liberazione dal nazismo. Il primo volume, commissionato dall’Ufficio Storico a Giuseppe Moscardelli già nel 1945 e dal titolo Cefalonia aveva lo scopo di analizzare la documentazione d’archivio, in particolare le varie relazioni dei testimoni, per redigere il racconto di uno degli episodi più drammatici della guerra di librazione, appunto quello verificatosi sull’Isola di Cefalonia. A partire da quel primo volume sono stati pubblicati: - Scala Edoardo, La riscossa dell’Esercito, Roma 1948; - Crapanzano Salvatore Ernesto, Il Primo Raggruppamento Motorizzato (1943-1944), Roma 1949; - Ufficio Storico, Cronologia dello Seconda Guerra Mondiale, Selci Umbro (PG) 1949; - Longo Vincenzo, Susani Luigi, Saggio bibliografico sulla Seconda Guerra Mondiale, Roma 1949; - Crapanzano Salvatore Ernesto, Il Corpo Italiano di Liberazione (aprile-settembre 1944), Roma 1950; - Crapanzano Salvatore Ernesto, I Gruppi di Combattimento - Cremona - Friuli - Folgore - Legnano - Mantova - Piceno (1944-1945), Roma 1951 - Torsello Mario, Le operazioni delle Unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma 1975; - Conti Giuseppe, Il Primo Raggruppamento Motorizzato, Roma 1984; - Autori Vari, La Guerra di Liberazione - Scritti nel trentennale, Roma 1976; - Lallia Luciano, Le unità ausiliarie dell’Esercito italiano nello guerra di Liberazione, Roma 1977; - Loi Salvatore, La Brigata d’Assalto “Italia (1943-1945), Roma 1985; - Loi Salvatore, I rapporti fra Alleati e Italiani nello cobelligeranza, Roma 1986; - Autori Vari, I volontari nelle Forze Armate del regno d'Italia (campagna settembre 1943 - maggio 1945), Gaeta 1998; - Screiber Gerhard, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, Roma 1992; - Bartolini Alfonso, Terrone Alfredo, I militari nella guerra partigiana in Italia 19431945, Gaeta 1998; a cui bisogna aggiungere i numerosi articoli e saggi pubblicati nella collana di Studi Storico Militari ed il libro, in stato avanzato di pubblicazione, del Gen. Mario Montanari sulla Guerra di Liberazione.


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“Mediterraneo: possibili convergenze - Il ruolo della Tunisia e dell’Italia” Maria Egizia Gattamorta (analista CeMiSS)

LʼItalia ha una proiezione naturale verso il Sud del Mediterraneo. Il suo posizionamento geografico comporta un interesse verso le tematiche del Mediterraneo orientale e occidentale. Il Mediterraneo rientra in quelle “aree di interesse strategico” in cui lʼItalia sviluppa unʼazione mirata per salvaguardare gli interessi nazionali. Iniziative Multilaterali Le iniziative europee multilaterali Mediterraneo in atto riguardano: -

l’Iniziativa mediterranea dell’OSCE; il Dialogo 5+5; il Forum Mediterraneo; il Dialogo Mediterraneo della NATO; il Partenariato Euromediterraneo; l’Unione per il Mediterraneo.

Ognuna di esse ha una peculiarità. Nel caso italiano possiamo dire che il Dialogo 5 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta ) + 5 (Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia e Libia) è un esercizio particolarmente caro che abbiamo contribuito a lanciare negli anni ’90 nella parte generale. Iniziato con approccio diplomatico, negli anni si è sviluppato nei volet migratorio, dei trasporti, degli interni, della solidarietà sociale, della difesa, parlamentare. In particolare il volet Difesa sta dimostrando un dinamismo e una partecipazione attiva dei partners maghrebini. In questo caso il successo si deve al lavoro continuo in tre aree di cooperazione pratica: sorveglianza marittima, contributo delle Forze Armate alla protezione civile e la parte della sicurezza aerea. Di grande rilievo l’attenzione data alla formazione. In questo caso i francesi hanno proposto un Western Mediterranean College for Security and Defence, i tunisini uno Euro-Magrhebian Centre for Research and Strategic Studies-EMCRSS e i libici un centro specializzato per l’addestramento allo sminamento. Per tale iniziativa, vale il concetto “Think globally, Start pratically, Act locally, Coordinate regionally”, vale a dire che è il coordinamento regionale il cuore del sistema. Altro palcoscenico di rilievo il Forum Mediterraneo, cui partecipano 11 paesi (Algeria, Egitto, Francia, Grecia, Italia, Malta, Marocco, Portogallo, Spagna, Tunisia e Turchia). Ben conosciuto e molto criticato il Partenariato euromediterraneo detto anche Processo di Barcellona del 1995. Diversi gli elementi positivi che si possono riscontrare in questi 13 anni quali: l’approccio regionale multilaterale, il dialogo obbligato, l’iniziativa di protezione civile ma numerosi anche gli elementi negativi che ne hanno segnato il destino quali: la scenografia multilaterale vuota, la pura “meccanizzazione di confe-

renze”, l’incapacità di promuovere una regia unica, le carenze settoriali, la necessità di obiettivi minori iniziali Proprio le sue insufficienze hanno spinto il presidente francese Sarkozy a proporre un passaggio obbligato o anche un salto di qualità. E’ così stata varata con l’incontro di Parigi del 13 luglio 2008, l’Unione per il Mediterraneo. Colpisce subito il carattere pragmatico, conditio sine qua non per attrarre l’attenzione dei partners della sponda sud: ambiente, trasporti, protezione civile, energia alternativa, educazione superiore e ricerca, sviluppo delle piccole e medie imprese: sono questi i settori ritenuti fondanti per lo sviluppo dell’area, settori in cui può convergere l’impegno dei partners dell’UpM. Un grande successo diplomatico per la Francia di Nicholas Sarkozy, lo sdoganamento internazionale della Siria, la speranza di una normalizzazione prossima nelle intricate questioni mediorientali. In questo periodo hanno fatto scalpore le titubanze dei partners arabi, il netto rifiuto del leader libico Gheddafi, i timori inespressi delle cancellerie di Roma e Madrid, la posizione ferma dell’esecutivo di Berlino. Certamente è al cancelliere tedesco Angela Merkel che si devono i cambiamenti sostanziali, quali la partecipazione di tutti i membri dell’Unione Europea e l’ancoraggio al Processo di Barcellona, così da non annullare del tutto il lavoro compiuto dal Partenariato Euromediterraneo negli ultimi 13 anni. Il parere degli analisti internazionali si divide sull’effettivo risultato dell’UpM. Nell’incontro dei 43 Ministri degli Esteri di Novembre a Marsiglia si sono registrate le prime crepe, salvate da qualche elemento di facciata. Al termine dei lavori è stato deciso che la Lega Araba parteciperà a pieno titolo all’iniziativa e che Barcellona ospiterà la sede del Segretariato Permanente. Pur non essendo stato ancora stabilito il nome del Segretario Generale (certamente proveniente dal Sud del Mediterraneo) sono stati prescelti i cinque paesi che coadiuveranno il responsabile nel lavoro in qualità di “segretari aggiunti” (Israele, Autorità Palestinese, Grecia, Italia, Malta). In fase finale è stato proposto il programma indicativo dei lavori per il 2009. Rapporti Bilaterali con L’ Italia Con il Nord Africa, possiamo sottolineare un certo dinamismo politico commerciale, al traino del quale si costruiscono relazioni

politiche. Per quanto concerne la Tunisia in particolare, è fondamentale ricordare le ultime missioni di Sottosegretario Esteri Stefania Craxi (giugno 08), del Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola (7 agosto 2008, che nell’occasione ha avviato l’elettrodotto) e del Sottosegretario per il commercio estero Adolfo Urso (31 ottobre-1 novembre 2008). La presenza di 800 imprese italiane ha saputo costruire nel tempo un tessuto di rapporti forti e positivi per entrambe le parti. La Tunisia presenta numerosi vantaggi per gli imprenditori Italiani: vicinanza geografica, un quadro politico stabile, una specializzazione produttive affini, un’ area privilegiata di trading con mondo arabo (apre a Africa e MO). Nel complesso il quadro dei nostri rapporti commerciali con i paesi maghrebini offre un’immagine dinamica e costruttiva. Il Maghreb - di fatto - è un nostro partner privilegiato.

PRINCIPALI AREE DI INTERESSE DEL CEMISS – Europa; – Relazioni transatlantiche – Balcani; – Medio Oriente; – Mediterraneo allargato; – Afghanistan; – Russia e Caucaso; – Cina e India.

CONTRIBUTO DEL CASD E LA DIFESA ITALIANA Il Centro Alti Studi Difesa ha ospitato due incontri internazionali (ottobre 2005 e novembre 2007). Nell’ultima edizione, con ottica lungimirante, il discorso è stato ampliato alla Black Sea Region e pertanto sono state invitate anche le delegazioni dei paesi dell’Est. Per rendere vivo il dibattito, per ogni delegazione sono stati invitati 3 rappresentanti provenienti dal mondo accademico, politico, diplomatico o militare.


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Ruolo dell’Italia nel “MARE TRA LE TERRE” A quale Mediterraneo dobbiamo pensare? Quale Mediterraneo possiamo costruire con i nostri partners? Dobbiamo tenere in conto che subiamo minacce e sfide comuni con i nostri partners della sponda sud. Con particolare riferimento al terrorismo, alla tratta di esseri umani, al traffico di stupefacenti. Ed è proprio su questi rischi che dobbiamo giocare la partita con i nostri partners della sponda sud.

ITALIA – PAESI DEL NORD AFRICA: RELAZIONI BILATERALI

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ITALIA - EGITTO Ottobre 2006 Missione Min. Parisi; Settembre 2007: Missione Min. D’Alema; Forum Economico Italo-Egiziano aprile 2008; Giugno 2008: Partenariato Strategico Rafforzato; Settembre 2008: Missione Min. Frattini; Ottobre 2008: Visita Presidente Napolitano; Export It 997 mil euro (gen-giu 07); Import It 1mlrd euro (gen-giu 07).

ITALIA – LIBIA · Comunicato congiunto italo-libico (luglio 1998); · Novembre 2007: visita Min. D’Alema; · Dicembre 2007: Accordo Min. Amato e Min. Shalgam cooperazione per fronteggiare immigrazione clandestina; · Agosto 2008: visita Presidente Berlusconi; · Italia è 1° cliente (37,4%) e 1° fornitore (14,2%); · 2007: export it 1,6 mlrd euro (+17%); import it 12 mlrd euro (+5%); · Programma promozionale 2008 in vista del 40° anniversario della Rivoluzione set 2009.

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ITALIA - TUNISIA Febbraio 2003: Trattato Amicizia, Buon Vicinato e Cooperazione; Aprile e Ottobre 2007: Missione Min. D’Alema; Aprile 2007: Missione Min. Parisi e incontro con Min. Morjane per concludere i lavori della 9ª Commissione Militare Mista italo-tunisina; Giugno Ottobre 2008: Missioni Craxi, Scajola, Urso; 2007: export it 2,9 mlrd euro; import it 2,5 mlrd euro; It è 2° cliente e 2° fornitore dopo Fr; 800 imprese italiane.

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ITALIA – ALGERIA Scelta di liberalizzazione e modernizzazione di economia; Italia-Algeria: 9,5 mlrd euro (intersc. comm. 06); Export It: 2,5 mlrd euro; Import It: 7 mlrd euro; Italia 2° cliente e 2° fornitore; Marzo 2007: Incontro Min Parisi e Min. Guenaizia; Aprile 2007: Missione Min. D’Alema.

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ITALIA - MAROCCO · Italia è 3° paese fornitore e 4° cliente; · Interscambio 2007: export it 1,4euro (+23% rispetto a 2006) e import it 790 mil euro (+20% rispetto a 2006); · Italia è 8° per IDE (inv in tessile e servizi) dopo Fr, Sp, UK, G, USA, Svizz, EAU.


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GEN. D. GIACOMO GUARNERA Direttore del Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS)

COMPITI DEL CEMISS AREE GEOSTRATEGICHE DI INTERESSE NAZIONALE Il CeMiSS, una delle tre componenti autonome del Centro Alto Studi della Difesa (CASD) alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa, assolve i seguenti compiti: - attività di studio e ricerche a carattere strategico-politico-militare; - sviluppo di collaborazione fra le ForzeArmate e le università, i centri di ricerca nazionali ed esteri, nonché le amministrazioni ed enti che svolgono attività di studio nel settore della sicurezza e della difesa; - attività formativa dei ricercatori scientifici militari; - promozione della specializzazione di giovani ricercatori italiani; - pubblicazione degli studi di maggior interesse. Le attività del CeMiSS si basano su direttive ricevute dal Comitato Scientifico presieduto dal Ministro della Difesa, che comprende il Capo di Stato Maggiore della Difesa (Vice Presidente), il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, i Capi di Stato Maggiore di Forza Armata e il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, il Segretario Generale della Difesa, il Presidente del Consiglio Superiore delle Forze Armate, il Presidente del CASD ed eventuali esperti nominati annualmente dal Ministro della Difesa. Il Direttore del CeMiSS vi prende parte con funzioni di segretario. Il Comitato definisce le tematiche di studio e fissa le direttive per l’analisi e la valutazione delle problematiche da affrontare durante l’intero anno solare.

Il CeMiSS conduce le proprie ricerche in delle organizzazioni internazionali di cui quattro fondamentali settori: fa parte. Tali aree rappresentano un fattore condizionante per la pianificazione delle forze - strategia militare, politica di difesa e e per la determinazione delle capacità della sicurezza, e relazioni internazionali; struttura dello Strumento Militare. Esse si - studi giuridici, storia e sociologia militare; suddividono in: - politica industriale, armamenti e tecnologie · aree di “Interesse Strategico” che, al correlate; momento, comprendono il territorio - studi su problematiche amministrative nazionale e le aree contigue, l’area del connesse alle problematiche della difesa. Trattato Atlantico, l’area dell’Unione Il CeMiSS, in particolare, si interessa di Europea, i Balcani, l’Europa Orientale, l’area analisi geopolitiche partendo dal “concetto caucasica, l’Africa Settentrionale e il Corno strategico” formulato dal Capo di Stato d’Africa, il vicino e medio Oriente e il Golfo Maggiore della Difesa che delinea il quadro di Persico. Si tratta di aree nelle quali è più riferimento concettuale per la pianificazione, probabile che si possa sviluppare una azione la predisposizione e l’impiego delle Forze dell’Autorità Politica mirata a salvaguardare Armate, quale concreta attuazione tecnicogli interessi vitali e/o strategici del Paese; militare delle linee guida politico-militari “altre Aree”, ovvero zone geografiche contenute nelle Direttive Ministeriali. nelle quali l’Autorità Politica può decidere Nello stesso documento si definiscono le di intervenire esprimendo una volontà aree di interesse per le Forze Armate, nella contingente. Tra queste appare maggiormente considerazione che esiste un interesse prevedibile una possibilità di intervento strategico anche al di fuori delle normali aree per operazioni di gestioni di crisi, a bassa di interesse per l’Italia, quali ad esempio i e media intensità, o a carattere umanitario Balcani. nell’area del Continente Africano. Vale dunque il concetto che dove c’è interesse si debba intervenire, restando immutati i La “Visione Strategica” della NATO e dell’Unione Europea, entrambe caratterizzate da un compiti delle Forze Armate fissati dal quadro progressivo processo di allargamento con legislativo nazionale e le missioni indicate significativi riflessi sull’assetto geostrategico nelle Direttive Ministeriali. del continente europeo, non definiscono più confini o delimitazioni geografiche per un Le aree di “interesse nazionale” sono quelle eventuale intervento. Ciò non significa che zone geografiche nelle quali e verso le quali la NATO e l’Unione Europea siano pronte ad è possibile che l’Autorità Politica decida di intervenire in qualunque parte del globo, ma intraprendere iniziative, anche di carattere che saranno la situazione strategica specifica, militare, al fine di salvaguardare gli interessi le valutazioni e il consenso politico del del Paese, eventualmente anche nell’ambito momento a determinare, di volta in volta, il raggio d’azione.


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PERCHE’ I TEDESCHI NON SI SONO DIFESI SULLE ALPI I piani tedeschi per assorbire l´uscita dell´Italia dalla guerra erano pronti da tempo. Hitler e l´OKW avevano già preordinato questa uscita creando due comandi, quello di Rommel nella Italia settentrionale e quello di Kesserling nell´Italia meridionale, considerando persa in partenza l´Italia Centro meridionale tanto che fin dall´agosto avevano ridotto i rifornimenti ed i complementi alla 10a Armata del generale Vietinghoff. La difesa avanzata del fronte meridionale della Germania era sugli Appennini, mentre quella vera e propria doveva svolgersi sulle Alpi, da sempre il baluardo meridionale del mondo germanico. Tutto era preordinato, ma come al solito i piani non corrisposero alla realtà. La Germania fu sorpresa dalle modalità dell´uscita dell´Italia, anche lei si fece trovare impreparata nei dettagli nell’ affrontare la situazione. In questa incertezza, ebbe gioco in modo oltre il preventivato l´azione del maresciallo Kesserling, che si trovò ad agire d’iniziativa senza il controllo dell´OKW e di Hitler. La prima mossa fu quella di bloccare la via di Fiumicino e il progetto Reale di raggiungere la Sardegna. Poi vi è tutta la vicenda della fuga a Pescara-Brindisi, da parte del vertice governativo - militare italiano, aspetto questo estremamente controverso in cui non si vuole entrare, che diede a Kesserling il grande vantaggio di agire senza l´opposizione delle forze armate italiane. Che le forze italiane non si opposero ai tedeschi non avendo ordini dall´alto è un dato oggettivo e questo lo si ebbe per 48 ore. Vi furono episodi isolati, grandi moralmente, eccezionali per la prospettiva futura e per la dignità di noi italiani, ma Kesserling ebbe modo di non solo conseguire il risultato che si era promesso, ovvero quello di recuperare e salvare il maggior numero dei soldati tedeschi stanziati nell’ Italia centro meridionale. Ma riuscì anche ad ottenere di più, ovvero quello di contrastare e contrattaccare le forze alleate che stavano sbarcando in continente. Ancora maggiori sarebbero stati i risultati positivi qualora Hitler e l´OKW non avessero rifiutato al maresciallo Kesserling le due divisioni richieste fin dal mese di agosto. La battaglia per la testa di ponte sarebbe durata più a lungo anche se, probabilmente, a Salerno, il risultato non sarebbe cambiato, neanche con l´intervento di queste due divisioni da terra. La differenza si sarebbe fatta sentire poco più tardi. Kesserling avrebbe potuto resistere a sud di Napoli ed essere in grado di tenere quell´importante porto e gli aeroporti di Foggia finché l´inverno non fosse intervenuto in suo soccorso. Sempre nel campo delle probabilità, quello che sarebbe stato e non fu, con la resistenza di Kesserling a sud di Napoli, i capi di stato maggiore britannici avrebbero perduto la causa e gli statunitensi avrebbero preso il definitivo sopravvento nelle decisioni. La decisione di Kesserling di ritirarsi sul Volturno attirò gli alleati come una calamita e creò quella situazione che il gen. Marschall aveva sempre temuto. Sarebbero stati i tedeschi a tenere impegnate il maggior numero di divisioni alleate e non viceversa. Questo, sommato agli errori tattici dei Comandi Alleati, quali la scelta sbagliata delle località di sbarco, la punta della Calabria e la zona di Salerno, troppo a sud per aggirare le

possibili difese tedesche, (uno sbarco a nord di Roma, ancorché fuori dalla copertura aerea, data la scarsa presenza aerea tedesca, era un rischio calcolato che poteva essere corso), e dalla mancata realizzazione della sorpresa, che condussero una campagna lenta, frammentaria ed indecisa, permise a Kesserling di tenere il più possibile a sud di Roma, e non di Napoli, il fronte tedesco. Sempre un successo. Le difese dell´Appennino tosco-romagnolo, che dovevano essere investite e tenute per un breve periodo nel settembre- ottobre 1943, furono raggiunge dagli Alleati solo a settembre-ottobre 1944, 12 mesi dopo del preventivato e, con il sopraggiungere dell´inverno, non furono superate. Nel quadro generale della campagna d´Italia, quindi, queste difese rappresentano il migliore rapporto tra costo ed efficacia. Se da una parte esse assorbirono 10 divisioni che potevano essere utilizzate sul fronte occidentale e raffittire le difese del vallo atlantico, dall´altra furono il minor prezzo da pagare per tenere gli Alleati lontani dalla Germania, in attesa che la decisone sull´esito della guerra si palesasse sul fronte orientale. Le difese sull´Appennino toscoemiliano tennero e sarebbero state più produttive se Hitler non avesse insistito nella sua fissazione della difesa ad oltranza e della manovra di arresto. Quando Kesserling cedette il comando a Vietinghoff il 9 marzo 1945 era chiaro che gli alleati stavano per sferrare una offensiva su larga scala. Vietinghoff non era Kesserling e non godeva delle simpatie presso Hitler come il maresciallo. Non ebbe la forza di convincere Hitler ad autorizzarlo a passare dalla manovra di arresto alla manovra in ritirata, da fiume a fiume e negò anche l´arretramento sul PO, proposto il 14 aprile, che segnò la fine della difesa tedesca in Italia. Quando il 20 aprile 1945 questa autorizzazione giunse era ormai troppo tardi. Ogni linea in Italia era una linea di arresto temporaneo e in qualche caso con la possibilità di reazioni dinamiche, tutte brillantemente sfruttate al fine di guadagnare tempo per battere la Russia ad est, perché era li che si decideva la vittoria finale. Se Kesserling fosse rimasto in Italia ed agito per manovrare in ritirata sicuramente le forze tedesche avrebbero passato il Po in modo più o meno ordinato e si sarebbero attestate sulle Alpi, ove sarebbero state raggiunte dalla notizia della resa, su posizioni organizzate a difesa. Nonostante ciò la campagna dei tedeschi in Italia fu, sotto il profilo tecnicomilitare, un vero saggio di bravura difensiva. Non si può dire altrettanto della campagna d´Italia dei Comandi Alleati che la condussero tra errori e incapacità. La campagna d´Italia fu la cartina di tornasole del dissidio tra Statunitensi e Britannici. I primi volevano, ed ottennero, di adottare una strategia diretta, ovvero concentrare tutte le forze sul fronte francese, da aprire al più presto, e puntare il più velocemente su Berlino e porre fine alla guerra; i secondi cultori della strategia indiretta volevano attaccare si dalla Francia ma anche dall´Italia, per puntare su Vienna e raggiungere il cuore d´Europa nel più breve tempo possibile. A chi giovò maggiormente? Ai tedeschi o agli Alleati? Per la Germania la campagna d’ Italia era stata una necessità assoluta. L´abbandono dell´Italia avrebbe consentito piena libertà di mo-

vimento agli Alleati sia in direzione della Francia sia in quella dell´Austria e dei Balcani ed avrebbe offerto loro la disponibilità di basi aeree ravvicinate per bombardare la Germania meridionale e l´Austria e minacciare le vie di rifornimento e gli arroccamenti fra la frontiera occidentale e quella orientale. Per gli Alleati la campagna d´Italia fu una libera scelta per perseguire fini strategici rimasti, però, sulla carta. L’azione tattica Alleata fu del tutto inadeguata, nonostante non mancassero loro forze e mezzi aerei, navali ed anfibi per dare vita a manovre ampie e profonde che eludessero o riducessero gli sforzi frontali. Sul piano tecnicomilitare, perciò, mentre i tedeschi raggiunsero nel corso dell´intera campagna il massimo risultato conseguibile in quella situazione, gli Alleati non ottennero quanto virtualmente avrebbero potuto e offrirono, tutto sommato, un saggio scadente , non già del valore dei loro soldati, ma della loro abilità manovriera. Ma portavano la Libertà e la Democrazia, ed ovunque furono accolti come liberatori. Commisero errori strategici e tattici addirittura grossolani, e conclusero vittoriosamente la campagna solo per la loro schiacciante superiorità materiale. Ma avevano dalla loro il nuovo, il futuro, il fatto che combattevano contro il regime del genocidio, e questo diede loro tutto l´appoggio della popolazione in cui operavano, quella italiana. Questi gli aspetti della Campagna d´Italia da parte di Eserciti estranei a noi italiani, Campagna d´Italia che occorre sempre differenziare dalla Guerra di Liberazione, che intendiamo come secondo Risorgimento d´Italia. In tale ottica non si può dimenticare l’apporto dei soldati italiani che come prigionieri cooperanti erano inquadrati nelle Unità da combattimento britanniche e statunitensi, nella ISU e nelle BTU. Questi soldati che, occorre ricordare erano sotto giurisdizione Alleata e non italiana, ma che alla fine della guerra, nella smobilitazione Alleata, senza soluzione di continuità ritornarono sotto giurisdizione Italiana dando vita alle Forze Armate del dopoguerra. La loro azione meriterebbe una maggiore attenzione almeno da parte nostra. Gen. B. Massimo Coltrinari


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GENNAIO 2009

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BARCOLANA 2008 Mi chiamo

La grande regata velica di Trieste

Desirèe Mancinotti

Su iniziativa del Generale di Brigata Andrea Caso, Comandante militare regionale “Friuli Venezia Giulia”, una imbarcazione dell’Esercito ha partecipato alla storica regata.

Sono nata a L’Aquila il 4 novembre 2008

Vivissime congratulazioni ai genitori Lorena Costantini e Lorenzo ed ai nonni

L’edizione della Barcolana 2008 sarà ricordata per gli anniversari di grande interesse che sono maturati nel periodo ottobre - novembre 2008. Il primo è legato al 40° anniversario della “Regata d’ autunno”. Alla regata del 2008 hanno partecipato 1978 barche. Il secondo è legato al 25° anniversario della storica ed avvincente partecipazione di “Azzurra” all’ America’s Cup di Newport (1983). Per ricordare tale evento sulla barca dell’Esercito c’erano i due uomini simbolo dell’equipaggio: Cino Ricci e Mauro Pelaschier. La presenza di questi due campioni ha permesso alla barca dell’Esercito di ottenere un buon risultato, nonostante la mancanza di vento che ha penalizzati le imbarcazioni come quella dell’Esercito. Il terzo evento da ricordare è il 90° anniversario della Grande Guerra, infatti sulla vela della barca dell’Esercito c’era la Nike di Samotracia che è anche l’emblema del 150° Corso dell’Accademia Militare di Modena. Alcuni ex allievi di quel corso, che il 22 ottobre 1968 entrarono nel prestigioso Istituto di formazione di Modena, hanno partecipato alla regata.

VOX MILITIÆ

LʼAssociazione Culturale VOX MILITIÆ si propone di: · Catalizzare le persone che condividono i valori della Società Militare; · Diffondere la cultura e il ruolo dei militari nella Nazione che cambia; · Condividere momenti di vita (solidaristico-ricreativo) con persone che hanno identiche motivazioni; · Fornire ai soci assistenza e consulenza giuridica e amministrativa. La partecipazione è aperta a tutti coloro che vogliono far sentire la loro voce. Gli articoli investono la diretta responsabilità degli autori e ne rispecchiano le idee personali, inoltre devono essere esenti da vincoli editoriali. Di quanto scritto da altri o di quanto riportato da organi di informazione occorre citare la fonte. La redazione si riserva di sintetizzare gli scritti in relazione agli spazi disponibili; i testi non pubblicati non verranno restituiti. Contattateci tramite telefono: 320 1108036 e-mail: acvm@libero.it

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