Nuova finanza maggio 2014

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BIMESTRALE ECONOMICO FINANZIARIO

Poste Italiane Spa - Sped. abb. post. DL 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma1, C/RM/22/2013 del 19/06/2013

Anno 2014 Numero 3 MAGGIO GIUGNO

EXPO 2015 DALLA REGIONE GUERRA ALLE FRODI ALIMENTARI

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Nella foto Il Presidente Roberto Maroni

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IL PUNTO La partita privatizzazioni

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ATTUALITÀ San Gennaro in trasferta

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QUOTATE Le performance delle aziende



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Il Punto La partita privatizzazioni Expo 2015 La tutela del cittadino Expo 2015 Europa e agroalimentare Le nostre interviste La nuova RAI nell’era di Google La missione del Creval Sostenere le imprese Italia chiama Francia La strana coppia Roma europea Una fondazione…capitale Una giungla di sigle Ogni anno nuove tasse Abuso diritti Sono nulli i contratti stipulati… Bilanci: regole comuni Borse e sostenibilità La fusione Creberg e Banco Popolare Moda Primavera/Estate 2014 Tendenze uomo-donna Costume & Società San Gennaro in trasferta Semplificazione di santi Ellenico, ponte sull’Egeo Un dono, un sorriso Umbria jazz

La nuova RAI nell’era di Google a pag. 8

Antonello Giacomelli

Nuova Finanza

Bimestrale Economico - Finanziario Direttore Editoriale

Francesco Carrassi Direttore Responsabile

Pietro Romano Direzione Marketing e Redazione

Katrin Bove Germana Loizzi

Editore Kage srl 00136 Roma - Via Romeo Romei, 23 Tel. e Fax +39 06 39736411 www.nuovafinanza.com - redazione@nuovafinanza.it Per la pubblicità: nuovafinanza@nuovafinanza.it Autorizzazione Tribunale di Roma n. 88/2010 del 16 marzo 2010 Iscrizione ROC n. 23306 Stampa STI - Società Tipografica Italia Via Sesto Celere, 3 - 00152 Roma Progetto Grafico Mauro Carlini Abbonamento annuo Euro 48,00 Hanno collaborato: Marco Barbonaglia, Leonardo Bartoletti, Katrin Bove, Valeria Caldelli, Carlo Cicala, Ornella Cilona, Allegra Contoli, Salvatore Giuffrida, Germana Loizzi, Donatella Miliani, Joselia Pisano, Gaia Romani, Marco Toti.


IL PUNTO del direttore

PRIVATIZZAZIONI TRA RISCHI E OPPORTUNITÀ di Pietro Romano

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e recenti assemblee dell’Eni e di Finmeccanica hanno visto un episodio irrituale: il Tesoro, che controlla ambedue, messo in minoranza. In entrambi i casi, infatti, in sede straordinaria, lo Stato italiano non è riuscito a ottenere la maggioranza qualificata degli azionisti per modificare lo statuto sociale e inserirvi il divieto di assumere incarichi di amministratore del gigante energetico italiano anche solo perché si è stati rinviati a giudizio. Non condannati, nemmeno in primo grado, ma solo rinviati a giudizio. A venire bocciata dalle assemblee degli azionisti delle due società quotate ma a controllo pubblico è stata un’idea che, non se ne capisce il perché, era venuta

al titolare dell’Economia nel governo di Enrico Letta, Fabrizio Saccomanni. Né si comprende, in verità, perché il suo successore, Pier Carlo Padoan, economista di grande esperienza internazionale, l’abbia tenuta in vita. E’ probabile che ad aver agito in tal senso sia stata la macchina burocratica, che spesso si muove per inerzia. Che cos’è accaduto all’assemblea del Cane a sei zampe, prima, e della holding di piazza Monte Grappa dopo? Che, per raggiungere il quorum necessario ad approvare questa proposta, il Tesoro aveva bisogno del voto favorevole dei

fondi di investimento, in particolare quelli esteri. Questa prescrizione, però, non esiste da nessuna parte del mondo, men che meno nei grandi gruppi energetici o della difesa, che lavorano in settori delicati, dove spesso la competizione va avanti anche a colpi proibiti. I fondi, di conseguenza, si sono guardati bene dall’accogliere l’invito. A Finmeccanica il voto non ha sortito effetti a breve termine. All’Eni, invece, sì. E’ stato dimostrato che il Tesoro rischia di perdere il controllo dell’Eni (e anche di Finmeccanica), sia pure in operazioni straordinarie, che richiedono

Il palazzo delle Poste all’Eur

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maggioranze qualificate. In realtà, lo scorso anno, i rappresentanti dello Stato italiano erano già stati messi in minoranza dagli investitori stranieri presenti nel Cane a sei zampe. Certo, i fondi non sono in grado di dettare la loro linea né di adottare decisioni straordinarie, ma il rischio potrebbe appalesarsi a breve, perché è stata adombrata l’ipotesi di vendere ancora un 10% sia dell’Eni sia dell’Enel. Con il pretesto di ridurre il debito pubblico. Quando, da un capo all’altro del Paese, una enormità di asset improduttivi, a cominciare da immobili di pregio e società controllate degli enti locali, attende di essere messa sul mercato. Nonostante la vendita in gran quantità di banche, assicurazioni e società pubbliche (tutte in attivo e in grado di garantire ricchi dividendi) , peraltro, negli ultimi vent’anni il debito pubblico ha macinato record su record. L’ipotesi di nuove operazioni su Enel ed Eni sembra voler riaprire la stagione di “ privatizzazioni all’italiana” che dura da diversi lustri e, piuttosto, andrebbe definitivamente archiviata. Ha finito per espropriare il Paese (e i tartassati contribuenti in primo luogo) di ricchezze tangibili senza frenare la crescita del debito pubblico, lasciando in compenso una scia di dubbi sulle reali motivazioni a monte delle vendite, soprattutto per i rapporti tra molti intermediari internazionali e diversi protagonisti della stagione delle privatizzazioni. Il debito pubblico, invece, si taglia riducendo la spesa pubblica. E, soprattutto, rilanciando l’economia reale, con effetti benefici sulle entrate e sulle uscite per il welfare. Viceversa, proprio in queste settimane, stanno partendo dismissioni che possono fare bene al sistema Paese e da modello per successive operazioni. E’ il caso di Poste Ita-

liane, che appare finalmente come una operazione strategica e non una svendita, anche se prima della messa sul mercato sarebbe stato preferibile scindere servizio postale e servizi finanziari. Così com’è il caso di Ansaldo Energia: la si voleva cedere con facilità a un concorrente tedesco che avrebbe, molto probabilmente, depotenziato la società italiana del valore aggiunto e ha invece raccolto l’interesse di un grande operatore asiatico che entrerà nel capitale con una quota di minoranza e, si spera, potrà mettere i capitali necessari allo sviluppo di Ansaldo Energia e aprire nuovi mercati al gioiello tecnologico genovese guidato con grande capacità da Giuseppe Zampini. Quello che continua a mancare al sistema Paese, però, è la capacità di attrarre investimenti esteri destinati a nuove iniziative e non ad acquisizioni totali o parziali. In Europa l’Italia è il fanalino di coda nell’attrazione di investimenti dall’estero. Diversi i motivi di questa difficoltà. Anche per il Fondo monetario tra questi motivi non appare il costo del lavoro, il prePiercarlo Padoan sunto “problema dei problemi” sul quale si accapigliano organizzazioni imprenditoriali, sindacati e politica. Un presunto problema che evita, però, di parlare delle carenze vere: infrastrutture materiali e immateriali, scuola e formazione professionale, sicurezza, giustizia. Emerge da numerose indagini, infatti, che per buona parte degli investitori internazionali proprio la giustizia, caratterizzata da incertezze e lungaggini, rappresenta il problema dei problemi. Già, quella giustizia da riformare della quale si parla da decenni e per la quale, purtroppo, non si è mai fatto niente con la scusa che erano i conflitti d’interesse a dettare l’agenda delle modifiche. Evidentemente, non era, non è, così.

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EXPO 2015

R DOSSIE

LA TUTELA DEL CITTADINO

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otta senza quartiere alla contraffazione alimentare. E’ questo il tema principale che il presidente di Regione Lombardia ha lanciato nel corso del World Export Tour: iniziativa che sta toccando tutte le principali capitali europee. E proprio a leader dei paesi della Ue, il presidente lombardo sta chiedendo la sottoscrizione di un protocollo che sottolinea come la “globalizzazione dei mercati stia generando una moltiplicazione di fenomeni commerciali anomali tra cui un aumento fortissimo della contraffazione dei prodotti di qualità, in particolare nel settore agroalimentare, con casi di indebito sfruttamento commerciale approfittando dell’ “Italian sounding” e “look-alike”. “Ne conseguono scrive ancora il protocollo voluto da Maroni - una concorrenza sleale e rischi concreti per la sicurezza alimentare, per la salute dei consumatori, oltre ad ingenti danni economici e di immagine a carico delle nostre attività produttive primarie, agroalimentari impegnate nella produzione di origine certa e qualità sicura”. In un recente incontro a Parigi lo stesso presidente di Regione ha sottolineato come sia fondamentale “sviluppare insieme alla Francia e alla Spagna un’azione comune in Europa, per convincere i Paesi e la nuova Commissione europea a mettere in atto le misure più efficaci, per contrastare la contraffazione alimentare”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Parlando al Salone internazionale dell’Agricoltura parigino , dove ha incontrato il commissario generale del padiglione francese Alain Berger ha chiarito che per contrastare “ la contraffazione alimentare possiamo e dobbiamo

fare tanto, perché costa 60 miliardi ogni e le misure per la promozione e l’esporanno per l’Italia e rappresenta un danno tazione delle eccellenze agroalimentari per la salute. Concetti che lo stesso in tutto il mondo, alla collaborazione con Maroni ha ribadito anche a Bruxelles in le istituzioni dei Paesi interessati dedicate sede di Commissione Europea “L’obietal commercio estero quali “piattaforme” tivo è molto semplice - ha detto Maroni di promozione e diffusione della conoa margine degli incontri -: contrastare il scenza dei prodotti di consumo di prodotti contraffatti atqualità all’estero. Nel traverso vari interventi sul nome, protocollo promossull’etichettatura, sulla produzione, so dal governatore sulla garanzia che il prodotto che lombardo c’e’ la suona come italiano sia effettivaproposta di Ideare mente italiano”. “Quello che chieiniziative volte a vadiamo - ha chiarito il presidente - è lorizzare i prodotti l’impegno della Commissione e dei agroalimentari di Paesi europei a sottoscrivere questo qualità tramite il Protocollo di Intesa, che è coinvolun impegno istituzionale e politico, che poi si può tradurre anche in una normativa specifica. Occorre che i Governi sensibilizzino al proprio interno i cittadini, perché rifiutino di comprare prodotti contraffatti. Più che un obbligo giuridico, è una questione di cultura. La lotta alla contraffazione e all’ “ltalian sounding” prevede alcune azioni particolarmente forti . Si parte dal rafRoberto Maroni forzare le politiche

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gimento di diversi canali; nonché la creazione di un circuito nazionale ed internazionale della “ristorazione di qualità” che vada ad agire nei mercati strategici quali USA e Asia attraverso importanti campagne di informazione e formazione. Sempre nell’ambito della comunicazione sono previste azioni specifiche degli opinion leader e di giornalisti specializzati che agiscano anche direttamente sui consumatori presso i negozi di qualità, i centri commerciali e i mercati. Tra le azioni non manca un coinvolgimento della grande distribuzione a livello europeo per la valorizzazione dei prodotti territoriali. Secondo Maroni è fondamentale coinvolgere le rappresentanze diplomatiche per la definizione, nell’ambito degli accordi commerciali bilaterali e multilaterali esistenti o in corso di negoziazione, di provvedimenti che favoriscano l’adozione di politiche per la valorizzazione dei prodotti tipici nazionali ; nonché Includere in maniera stabile e sistematica il tema della difesa della proprietà industriale nella politiche di crescita per le Piccole e Medie Imprese. Naturalmente nel protocollo c’e’ un particolare occhio di riguardo alla tutela del consumatore. Per Regione Lombardia è fondamentale attivare programmi di educazione alimentare e promuovere stili di vita sani soprattutto rivolti ai giovani anche tramite soggiorni e scambi culturali tra gli Stati Membri con il coinvolgimento anche delle Istituzioni europee per l’Istruzione Altra opera fondamentale è quella dell’informazione e della formazione al riconoscimento dei prodotti di qualità alimentare italiani rispetto a quelli contraffatti, sensibilizzando sul tema sicurezza alimentare, sulle dimensioni e i danni del fenomeno contraffazione e sui potenziali rischi per la salute. A questo scopo si sta pensando alla realizzazione di un vademecum illustrativo presso le scuole e i punti della grande distribuzione. Nell’agenda del presidente è presente un terzo punto imprescindibile: il rafforzamento e ampliamento della tutela dei marchi registrati , logo, denominazioni di origine e copyright dei prodotti . Si dovrà proseguire la mappatura geografica i reati di contraffazione alimentare e loro ricadute; Rafforzare la protezione ex ufficio a livello europeo, incoraggiando l’istituzione presso ogni Stato

Membro di un portale, come quello realizzato in Italia (www.dopigp.eu) per condividere segnalazioni e informazioni per la lotta alla contraffazione. Potenziare i desk anticontraffazione in numero e competenze: monitoraggio del mercato e vendite on line e con interventi diretti presso le autorità locali, Per fare questo serve coinvolgere le Ambasciate distaccando esperti qualificati che certifichino i flussi dei prodotti originali e informino i Ministeri favorendo in-

dagini di livello internazionale e individuare azioni sinergiche con il coordinamento delle forze di polizia degli Stati Membri o di paesi extracomunitari strategici. Un’opera importante, secondo il protocollo, saranno i monitoraggi simultanei nei paesi europei al fine di prevenire illecite triangolazioni di traffici di prodotti non conformi che arrivano in una parte d’Europa e vengono distribuiti in tutta l’Unione Europea e il parallelo l’avvio di accordi bilaterali o multilaterali per facilitare e velocizzare l’azione legale a tutela delle imprese danneggiate e estendere fuori Europa la tutela dei marchi . Occorre per il governatore della Lombardia promuovere l’adozione di un Accordo Internazionale per la lotta contro la contraffazione e falsa evocazione dei marchi dei prodotti agroalimentari e Registrare in sede WTO le Indicazioni Geografiche di ogni Stato Membro che maggiormente sono oggetto di contraffazione. R.F.

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EXPO 2015 3

EUROPA E AGROALIMENTARE

n ruolo fondamentale per la partita dei contenuti di Expo 2015 lo gioca l’assessorato all’agricoltura di Regione Lombardia guidato da Gianni fava ex parlamentare e già responsabile della commissione anticontraffazione della Camera dei

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sorprende. I paesi dell’Europa del Sud hanno avuto problemi analoghi ai nostri, pur in dimensione minore. Il tema della tutela delle produzioni che passa per la loro identificazione è comunque altrettanto sentito. La difesa dei prodotti italiani per il rilancio

Deputati. In una delle tappe del World Expo Tour, iniziativa in corso per promuovere l’evento del 2015, Fava si è detto particolarmente ottimista sul raggiungimento di uno degli scopi principali dell’ Esposizione dedicata alla ‘nutrizione’ del pianeta. “Cresce – ha spiegato nella trasferta parigina l’interesse attorno ai temi che riguardano la tutela dei prodotti della nostra filiera agroalimentare. Stiamo riuscendo nel nostro obiettivo. Finalmente la Lombardia dimostra di avere un ruolo politico e può inserirsi significativamente nel dibattito sui temi di Expo”. “Ben venga questa accoglienza internazionale sui temi che noi rilanciamo con forza da tempo - ha aggiunto il responsabile dell’agricoltura della Lombardia -, ma personalmente non mi

della nostra economia rappresenta invece per noi un pilastro fondamentale per la ripartenza”. Se la Francia ha accolto con favore il protocollo proposto dalla Lombardia, più complicato è il passaggio, invece, sugli stati del Nord Europa che quasi mai hanno sofferto la contraffazione dei loro prodotti . “ La Germania appartiene da sempre a quella parte di Paesi del Nord Europa che si sono sempre opposti all’individuazione

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precisa dei prodotti alimentari, all’etichettatura e alla tracciabilità. Oggi però – ha spiegato il responsabile dell’agricoltura . notiamo una certa inversione di tendenza, una nuova sensibilità”. “I Tedeschi - ha aggiunto Fava - hanno capito che la tutela delle produzioni, che per noi è una necessità, è condivisa dal mercato europeo; il rilancio e la tutela dei nostri prodotti potrebbe far bene a tutta l’economia europea. Il nostro progetto per la lotta alla contraffazione è guardato con interesse: io credo che nei prossimi mesi avremo un riscontro positivo”. In questo World Expo Tour , ha continuato l’esponente lombardo, , è stata sposata l’idea di sostenere Expo 2015 anche nel ruolo di piattaforma mondiale per una discussione politica sul ruolo del cibo, sulla qualità e sulla difesa dell’identità dei prodotti agroalimentari. Un tema che sta molto a cuore alla prima regione agroalimentare d’Europa, che della qualità ha fatto un proprio marchio distintivo”. L’as-

Gianni Fava


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sessore guarda avanti. “Nei prossimi mesi il presidente della Lombardia Roberto Maroni - ha spiegato - incontrerà i Quattro Motori d’Europa per discutere di Expo 2015, di scambi culturali e commerciali, tenuto conto che il Lander tedesco del Baden Württemberg è la seconda realtà per export agroalimentare in Italia”. Non è tutto. Prossimamente, infatti, sarà organizzata nella sede che il Baden Württemberg

ha a Berlino una serata di promozione dei prodotti agroalimentari lombardi di qualità. “Anche in questo caso - ha commentato Fava - abbiamo instaurato da subito un’intesa per una collaborazione proficua tra i Quattro Motori d’Europa, che si consolida in chiave di partnership promozionale sulle eccellenze della Lombardia Un passaggio importante è anche quello del turismo rurale legato a Expo. “L’intera

Europa – ha detto Fava - guarda con interesse a un’evoluzione di turismo rurale - ha ricordato l’assessore - e anche per questo ci hanno chiesto di spingere verso la piccola accoglienza. Non sono interessati particolarmente ai grandi alberghi. Noi siamo pronti, con oltre 1500 agriturismi, parte del nostro sistema ricettivo regionale, che ha suscitato grande attenzione e interesse”. M.M.

ALLARGARE I CONFINI

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a regia degli appuntamenti internazionali di Expo è firmata da Fabrizio Sala sottosegretario della giunta lombarda all’esposizione Universale. E’ l’uomo scelto dal governatore Roberto Maroni per dare vita a tutte quelle manifestazioni che in Lombardia, in Italia e nel Mondo parleranno di Expo prima di Expo. Fin dall’inizio del suo incarico ha voluto sottolineare un concetto molto forte : “Expo è un evento globale, politico e internazionale unico, non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa, per confrontarsi con il mondo su un tema che sta in cima alle agende degli Stati: l’alimentazione”. “Sono orami pochi giorni che ci dividono dal 1 maggio 2015 – dice il sottosegretario - e abbiamo realizzato molte iniziative internazionali per abbattere i confini dall’Expo”. Sala non dimentica però quelli che sono i contenuti di Expo che per la Giunta sono un punto imprescindibile aldilà delle vicende legate alle infrastrutture. Sala li spiega così “Nutrire il Pianeta, energia per la vita: è tema importante perché a livello in-

ternazionale viene sempre messa in primo piano l’informazione finanziaria, ma il titolo di questa Esposizione universale è tutti i giorni sui giornali e porta con sé il grande paradosso che sarà oggetto di discussione durante Expo: quello fra food security (accesso al cibo per tutti) e food safety (qualità del cibo)”. Sala ricorda sempre a tutte le istituzioni soprattutto a quelle internazionali il concetto di gioco di squadra che nell’era Maroni è diventato fondamentale. “In Italia abbiamo fatto squadra fra tutte le istituzioni, durante Expo potremmo fare squadra fra tutte le istituzioni del mondo proprio per sviscerare il tema”.E il sottosegretario guarda avanti al dopo esposizione . “Crediamo talmente tanto in quella che sarà l’eredità di Expo che abbiamo voluto un tour internazionale in Europa, nei Paesi in via di sviluppo e nei cosiddetti Brics, i paesi emergenti”. Un tema su cui il sottosegretario avrà modo di lavorare dal giorno dopo che a Rho si apriranno i battenti. M.M

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LE NOSTRE INTERVISTE

LA NUOVA RAI NELL’ERA DI GOOGLE A tutto campo col sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli: Rayway, banda larga e la sfida degli Over the top

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oscano di Prato, giornalista con esperienza nelle tv locali, poi parlamentare, il sottosegretario Antonello Giacomelli è l’uomo di Renzi nel mondo della comunicazione. Il primo mese di governo è stato passato soprattutto a rintuzzare la protesta del “partito Rai” contro lo “scippo” del canone per i 150 milioni richiesti dal Tesoro all’azienda di stato. Operazione

dal Tesoro e aprirà la strada a una piena valorizzazione di un asset strategico. Due mesi fa Mediaset ha venduto il 25 per cento di EI Towers e incassato 280 milioni. Oggi i mercati investono sulle reti, anche italiane. L’idea di una società che raccolga tutte le reti di telecomunicazione è tramontata? Il principio di separare chi fa l’editore da chi gestisce le reti è condivisibile e può essere declinato in molti modi, così come è urgente che qualcuno investa sulla banda larga e ultralarga Il Sottosegretario Antonello Giacomelli perché l’Italia che, in realtà, ha dato l’innesco alla vapossa raggiungere gli obiettivi di lorizzazione di Raiway, la società oggi Agenda 2020: se non lo faranno Telecontrollata al 100 per cento da viale com e gli altri operatori lo dovranno Mazzini che sarà collocata in Borsa forse fare la Ue, lo stato, le regioni. già entro l’anno. Ammetterà che il primo passo del goCominciamo da qui. Sottosegretario verno Renzi sul tema Rai non è stato Giacomelli, condivide il via libera del dei più felici. cda Rai alla vendita di Raiway? Non si può condividere la scelta degli Certo, anzi è un’operazione che andava 80 euro mensili in più nella busta paga fatta già molti anni fa e che oggi finaldi 10 milioni di italiani per far ripartire mente accelera: porterà nelle casse Rai i consumi e poi protestare se tutti siamo molti più soldi dei 150 milioni richiesti chiamati a pagare un prezzo a questa

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scelta. So che 150 milioni sono un onere significativo ma sono certo che la Rai sarà in grado di contribuire. Anzi questo governo, per la prima volta senza contraccolpi, risolverà l’imbarazzante problema dell’evasione del canone, attorno ai 600 milioni l’anno, e garantirà alla Rai risorse certe. Come? Oggi il canone Rai non è solo la tassa più odiata dagli italiani, ma anche la più iniqua: si chiede a tutti la stessa cifra, ricchi e poveri. La riforma a cui stiamo lavorando cambierà radicalmente la modalità di riscossione per garantire equità e ristabilire un rapporto positivo tra gli italiani e la Rai: il canone sarà parametrato alla capacità di spesa degli italiani. Il contratto di servizio stabilirà l’importo dovuto anno per anno ma su base quadriennale per assolvere i doveri del servizio pubblico. Già, però il problema è che gli italiani avvertono sempre meno la necessità del servizio pubblico: anche il concetto sembra essere diventato inattuale, marginale, quasi obsoleto. In parte è vero. Anche se molti milioni di italiani sono ancora affezionati a mamma Rai l’azienda pubblica ha perso centralità nel nostro sistema dei media. Tutti parlano del modello Bbc ma in Gran Bretagna nessuno mette in discussione la centralità strategica dell’azienda pubblica, anche dal punto di vista dell’innovazione tecnologica. Qui,


invece, il rapporto ventennale da fratelli siamesi con Mediaset e la contiguità con il mondo politico hanno finito per mortificare le potenzialità dell’azienda. La convenzione con lo stato scade nel 2016: noi intendiamo rinnovarla e pensiamo che anche la Rai debba rinnovarsi, e debba farlo profondamente. Per esempio cominciando a organizzarsi e produrre come una media company, cioè come una società che produce contenuti per tutte le piattaforme, per il digitale terrestre, per il satellite, per il web, per gli smart phone. Lo dicono tutti, ora è il momento di passare dalle buone intenzioni al progetto e alla sua realizzazione. Partiremo già nell’estate con una grande consultazione pubblica sulla nuova convenzione 2016. Cosa significa concretamente pensarsi come media company? Le faccio un esempio: lo sa che quando è morto Pietro Mennea il 98 per cento degli italiani è andato a vedere le immagini dei suoi record e delle sue imprese su Youtube? E di chi erano quelle immagini? Della Rai. Serve una metamorfosi, un vero cambiamento di pelle: da broadcaster che trasmette palinsesti a un pubblico indifferenziato a plaer produttivo cross-mediale che digitalizza archivi e com-

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mercializza diritti. Per dirla con uno slogan: da azienda verticale ad azienda orizzontale. A proposito di Rete, condivide l’allarme di Fedele Confalonieri sul rischio di neo-colonizzazione da parte dei cosiddetti “over the top”, gli OTT (e cioè Google, Facebook, Twitter, Netflix), eccetera? Ho trovato assai singolare che l’allarme sia stato lanciato negli stessi giorni in cui si parlava di un possibile accordo strategico di Mediaset con Al Jazeera, il potente gruppo televisivo dell’emiro del Quatar. Non credo a un rischio di colonizzazione però penso che, come paesi europei, non possiamo non raccogliere la sfida degli Ott, anche in termini culturali. Cosa intende? Sarebbe sbagliato affrontare la sfida con quelli che qualcuno ha definito “i nuovi padroni del mondo” in termini puramente difensivi, in nome di una “eccezione culturale” che è sempre m e n o percepita


come un valore da parte dei cittadini europei, almeno i più giovani. Raccogliere la sfida degli Ott significa assumere un nuovo paradigma, creare le condizioni perché anche le media company europee facciano innovazione, sviluppino nuovi servizi, competano anche in termini di idee. Per esempio la Bbc ha inventato il servizio Youview che è a tutti gli effetti un servizio anche over the top che compete con Youtube. Però Google in Italia raccoglie molta pubblicità ma paga le tasse altrove. E questo governo ha cancellato la webtax. Condivido quello che ha detto Renzi: per essere efficace la definizione del rapporto con i protagonisti della Rete dev’essere affrontata in termini europei. E non c’è dubbio che gli OTT debbano rispettare le stesse regole che valgono per tutti gli altri. E non si tratta solo del tema fiscale. Io credo che l’Europa debba sfidare Google anche in termini di produzione culturale, di format, di immaginario.

In questo la Rai è ancora carente: le serie tv americane, inglesi e nord-europee girano il mondo, quelle italiane molto meno. È vero, si può fare molto di più. E anche un esempio virtuoso come la serie Braccialetti rossi è un adattamento di un format spagnolo. Il costante ricorso alle produzioni esterne spinge la Rai a diventare puro trasmettitore di contenuti altrui: lo scarso utilizzo del personale interno ha portato a un progressivo “invecchiamento” professionale, tecnico e artistico, e la fuga dei cervelli migliori che si mettono in proprio. La tv inglese, da questo punto di vista, resta un punto di riferimento in Europa: penso a Channel Four, ma anche alla Bbc e ad Itv. Certo, con il vantaggio della lingua. La domanda che dobbiamo porci è: dove vogliamo collocare l’Europa? Vogliamo essere broker, competitor, challenger o clienti degli Over the top? Ri.Nf

ANTONELLO GIACOMELLI Nato nel 1962 a Prato, Antonello Giacomelli è sottosegretario con delega alle Comunicazioni. Giornalista ed ex direttore dell’emittente televisiva Canale 10, è stato presidente del Teatro Metastasio, portandolo al ruolo di Teatro Stabile della Toscana.È stato vicesindaco di Prato dal 1999 al giugno 2004 e si è occupato in particolare della riforma dei servizi pubblici locali dei Comuni del Consiag. Nel febbraio del 2004 è diventato coordinatore regionale della Margherita ed è diventato uno dei leader toscani dell’Ulivo. Sempre nel 2004 è stato eletto alla Camera dei deputati alle suppletive per il

collegio di Scandicci ed è diventato membro della commissione VI (Finanze). Confermato parlamentare per l’Ulivo alle politiche del 2006 è entrato a far parte della IV commissione (difesa). Diventa inoltre responsabile del dipartimento Enti Locali della Margherita nazionale. Con la nascita del Partito democratico è diventato membro dell’esecutivo nazionale. Viene nuovamente eletto nella lista toscana per la Camera alle elezioni politiche del 2008 e poi di nuovo nel 2013.

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LA MISSIONE DEL CREVAL

SOSTENERE LE IMPRESE

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opo le recessioni del 2008 e del 2011 l’Italia ha registrato una lenta ripresa del ciclo economico concretizzatasi con 6-9 mesi di ritardo rispetto ai Partner europei più virtuosi. La struttura economica del Nostro Paese si è indebolita: molte imprese hanno chiuso o, nel migliore dei casi, ridotto la capacità produttiva; la disoccupazione è esplosa a tassi prossimi al 13% con quella giovanile oltre il 42%; il reddito disponibile è diminuito andando in tandem con la propensione al risparmio e con la possibilità di consumare. Su famiglie e imprese hanno gravato anche le politiche fiscali dettate dall’austerità indispensabile per mettere in sicurezza i conti pubblici; ma adesso che queste restrizioni stanno scemando le risorse così liberate devono essere veicolate a favore dell’espansione economica. Le informazioni provenienti dagli indicatori anticipatori del ciclo economico europeo mostrano un progresso delle prospettive di crescita. Per quanto riguarda l’Italia, il clima di fiducia delle imprese si sta muovendo nella stessa direzione, riportandosi sui livelli antecedenti la crisi del debito sovrano (luglio 2011), così come è in netto miglioramento anche la fiducia dei consumatori ad aprile, con l’indice calcolato dall’Istat balzato a 105,4 da 101,9 del mese precedente, top da gennaio 2010. Come ha ripetutamente sottolineato il Presidente della BCE Draghi, i sacrifici compiuti in questi anni di profonda crisi non devono essere vanifi-

cati; la politica fiscale è stata indub(fino a un massimo di 2,5 miliardi di biamente penalizzante per rimettere euro, eventualmente incrementabili a in sesto i bilanci statali mentre ora le 5 miliardi) che le banche e gli interriforme strutturali sono la leva più efmediari finanziari potranno utilizzare ficace per il rilancio della crescita ecoper concedere alle micro, piccole e menomica. die imprese finanziamenti di importo “Se è bene salutare l’inversione di tencompreso tra 20.000 e 2 milioni di denza di alcuni dati economici a lungo euro, finalizzati agli investimenti sopra in territorio negativo, pur tuttavia descritti. Inoltre, è previsto un contrisiamo ancora lontani da numeri e cifre buto in conto interessi, pari al 2,75%, che possano indurci a ritenere che il la cui erogazione avverrà direttamente terreno perso sia già stato recuperato al cliente in quote annuali, per cinque ha dichiarato Mauro Selvetti, Vice Dianni, offrendo quindi alle micro, picrettore Generale del Credito Valtellicole e medie imprese italiane interesnese. I miglioramenti ci sono; adesso sate l’opportunità di finanziare le proserve l’accelerazione. In questo conteprie iniziative di crescita a condizioni sto economico che continua dunque particolarmente favorevoli. a presentarsi difficile, la Convenzione I finanziamenti possono durare fino a a sostegno dell’economia denocinque anni e coprire fino al 100% minata “Nuova Sabatini”, dell’investimento; riservano inolalla quale il Credito Valtre alle imprese richiedenti la tellinese ha prontapossibilità di attingere al mente aderito, è da Fondo di garanzia per le salutarsi con particoPMI fino all’80% dell’imlare soddisfazione. porto finanziato, circoInfatti, può essere stanza che può incidere in annoverata tra gli maniera sostanziale strumenti a disposisulla valutazione di zione in grado di promerito della Banca muovere la ripresa del e quindi nella ciclo economico”. concessione La misura prevede la codell’erogastituzione presso la zione. Cassa Depositi Grazie alla e Prestiti (CDP) di un p l a fond di riMauro Selvetti, Vice Direttore Generale sorse

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“Nuova Sabatini”, una Legge pensata per promuovere la crescita della competitività del sistema produttivo del Paese, la procedura di accesso al credito da parte delle PMI italiane si è inoltre notevolmente semplificata. Le aziende, infatti, non devono far altro che compilare, entro il 31 dicembre 2016, le richieste di finanziamento in formato elettronico e inviarle alla propria Banca tramite Posta Elettronica Certificata, contestualmente alla domanda per l’accesso al contributo ministeriale, attestando il possesso dei requisiti e l’aderenza degli investimenti alle modalità e ai fini previsti dalla Legge. Un’altra importante iniziativa a sostegno delle imprese è l’accordo sottoscritto tra la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) e il Gruppo bancario Credito Valtellinese che mette a disposizione delle imprese italiane un plafond di 200 milioni di euro destinati al finanziamento di progetti da realizzare nell’arco di tre anni. È il risultato di un’operazione finanziaria

a carattere innovativo: la BEI, sottoscrivendo titoli derivanti dalla cartolarizzazione di mutui effettuata dal Gruppo bancario Credito Valtellinese, finanzia le Banche del Gruppo con importanti risorse, da destinare al supporto del tessuto economico delle imprese nei territori di riferimento. I finanziamenti sono esenti da imposta sostitutiva e beneficiano di condizioni favorevoli grazie al trasferimento al cliente del vantaggio finanziario derivante dal minor costo della provvista BEI. “In un contesto ancora particolarmente difficile per le aziende, - conclude il Vice Direttore Generale Mauro Selvetti - che spesso incontrano difficoltà di accesso al credito questo accordo consente al Gruppo Creval di continuare a mettere a disposizione delle imprese risorse economiche fondamentali per la realizzazione dei loro progetti, valorizzando, oggi ancora di più, la presenza delle nostre Banche commerciali al fianco degli imprenditori”.

LA BANCA & IL TERRITORIO Dal 20 al 27 luglio 2014 Montefiascone, la storica cittadina affacciata sul lago di Bolsena e definita la perla dell’Alto Lazio, ospiterà l’ottava edizione di Est Film Festival meritando così anche il nome di Città del Cinema. Il Credito Valtellinese, che come banca popolare sostiene le iniziative culturali volte a valorizzare il territorio in cui opera, attraverso il marchio territoriale Banca Cattolica, ne è da sempre il grande sponsor. Il festival, nato nel 2007, grazie a questa idea, si ritaglia un importante spazio nel settore cinematografico italiano, diventando un’originale vetrina di qualità, dedicata non solo ai grandi registi a livello internazionale, ma anche ai giovani autori e al cinema emergente. Oltre al concorso, dedicato ai lungometraggi in competizione per l’Arco d’Oro, tante le sezioni e i premi secondari (Archi d’Argento) dedicati a documentari, cortometraggi, colonne sonore e film scelti dal pubblico. Inoltre non mancano eventi speciali, mostre, lezioni di cinema, concerti e incontri con registi e attori. Per info visitare il sito ufficiale www.estfilmfestival.it .

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ITALIA CHIAMA FRANCIA

LA STRANA COPPIA Donatella Miliani

I

talia-Francia, la strana coppia, dal tempo dei tempi. Due Paesi simili eppure così diversi ma da sempre, in campo culturale soprattutto, punto di riferimento ineludibile gli uni per gli altri. Due nazioni che si completano e che oggi, non certo causalmente, interagiscono in importanti settori economici e finanziari. Ne sa qualcosa Edoardo Secchi, romano di nascita e parigino d’adozione che di progetti tra i due Paesi ha fatto il suo business. Fondatore nonchè ceo di Italie-France Group, società leader dello sviluppo economico e della cooperazione tra l’Italia e la Francia Secchi ha fino ad oggi realizzato con la sua società oltre 700 progetti e missioni per conto di importanti gruppi internazionali, istituzioni e Pmi in Francia e in Italia. Tre i principali settori di azione: sviluppo e gestione del mercato in Francia, Italia, Montecarlo, Belgio, Lussemburgo, Svizzera), ossia creazione di start-up, apertura di filiali, jointventure, retail. Sviluppo brand e trading, ossia lo sviluppo di nuovi marchi e prodotti nel mercato, commercio e distribuzione. Advisory economico, strategico, politico (governi, grandi gruppi industriali). “In questi 21 anni di attività - spiega Secchi - ci siamo confrontati con importanti realtà imprenditoriali e pubbliche del

settore dell’industria e dei servizi il che ci ha conferito un know-how e conoscenza tale da permetterci di realizzare progetti ambiziosi. Inoltre, consci del valore fondamentale della comunicazione nelle relazioni, abbiamo poi fondato nel 2000 Italie-France.com, la più importante piattaforma imprenditoriale in Europa dedicata all’Italia che affronta l’importante tema dell’integrazione culturale come driver economico. I risultati? Siamo molto

soddisfatti: gestiamo infatti una rete di migliaia di imprese e di decine di migliaia di professionisti e personalità che ricoprono importanti ruoli socio/economici. Infine - sottolinea - abbiamo creato anche www.bioitalie.com con il quale dal 2009 siamo al centro dello sviluppo dell’agricoltura biologica italiana in Francia. Abbiamo avviato importanti sviluppi commerciali gestendo in house la promozione, la vendita e la distribuzione

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presso negozi, catene di negozi, ristoranti e GDO”. Potrebbe citarci alcune realizzazioni? “Beh, abbiamo appena finito due importanti missioni di internazionalizzazione ed export per conto della Regione Lazio. Inoltre ci siamo curati dell’apertura di due filiali italiane in Francia e stiamo seguendo il lancio di un Brand nel mercato francese. Inoltre in questo periodo stiamo seguendo alcune aziende francesi e americane sullo sviluppo nel mercato italiano ed infine, ne approfitto per segnalare che a giugno abbiamo organizzato il nostro evento Italie-France che si chiama Les Carnets de Bal de louve a Roma. Un evento dedicato alle relazioni economiche e culturali tra Francia e Italia. Con il mio


socio/consigliere Philippe-Henri Latimier du Clésieux, abbiamo pensato di proporre due giornate. La prima è dedicata ad un workshop per professionisti che operano nel settore della finanza applicata al mondo del lusso e della moda. Anche in questo contesto siamo stati i primi ad organizzare workshop Italia-Francia sul mondo del lusso. Proprio la Francia e l’Italia che sono i paesi simbolo della moda per eccellenza. Approcceremo tematiche importanti per tutti coloro che si trovano oggi ad operare nei mercati globali. La seconda giornata sarà un evento dove ci si ritroverà tutti insieme e condivideremo idee, progetti ed iniziative”. Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori italiani? “Ritornare ad intraprendere, osare, prendersi dei rischi. Mai sedersi o adagiarsi. Viviamo in un mondo che è volatile, instabile, incerto, ambiguo. Solo coloro che avranno una visione globale delle cose hanno e avranno abilità sociali an-

dranno avanti. Il mercato che hanno conosciuto i nostri genitori non c’è più. Bisogna accettare il cambiamento ed adeguarsi”. Ci dia una panoramica delle relazioni Italia-Francia “L’Italia e la Francia sono partner europei di primo piano, nonostante la crisi finanziaria ed economica che ha colpito questi due paesi negli ultimi anni. Negli scambi commerciali l’Italia si trova al secondo posto nei clienti della Francia e rappresenta il quarto fornitore dietro la Germania, la Cina ed il Belgio. La Francia rappresenta il secondo fornitore dell’Italia dopo la Germania. L’Italia è anche il primo partner industriale della Francia nel settore della Difesa. Costituiti da un diverso sistema economico che vede grandi gruppi a livello mondiale per la Francia e un importante tessuto di PMI innovanti per l’Italia, questi due paesi hanno realizzato nel 2013 scambi commerciali del valore di 72.5 miliardi

di euro (circa 200 milioni di euro di scambi al giorno), di cui 30.3 miliardi di euro di esportazioni francesi in Italia e di 42.2 miliardi di euro di esportazioni italiane in Francia, con un saldo commerciale a favore dell’Italia pari a 12 miliardi di euro”. Facciamo qualche esempio? “Alcune importanti sinergie industriali italo-francesi sono: MSC e STX France. ATR - Aerei da Trasporto Regionale - Avions de transport régional. Thales Alenia Space e Telespazio. DCNS e Finincantieri. PSA Peugeot Citroën e Magnetto. Rinascente e Auchan. E. Leclerc e Conad. Oltre ai grandi gruppi tuttavia bisogna ricordare la forte presenza di PMI, italiane in Francia e francesi in Italia, che rappresentano un’importante rete di centri operativi, siti produttivi, punti vendita, rappresentanze legali”. Insomma, Parigi, la tour Eiffel sono più vicine a Roma e al Colosseo di quanto non si immagini...

EDOARDO SECCHI Nato a Roma nel 1973, si trasferisce per studi a Parigi nel 1992 e nel 1993 fonda ITALIEFRANCE GROUP con l’obiettivo di farla diventare la società leader dello sviluppo economico e della cooperazione tra l’Italia e la Francia. Ad oggi ITALIE-FRANCE GROUP ha realizzato oltre 700 progetti e missioni per conto di importanti gruppi internazionali, istituzioni e PMI in Francia e in Italia. Le attività principali sono tre: • Sviluppo e gestione del mercato in Francia, Italia, Montecarlo, Belgio, Lussemburgo, Svizzera), ossia creazione di start-up, apertura di filiali, joint-venture, retail. • Sviluppo brand e trading, ossia lo sviluppo di nuovi marchi e prodotti nel mercato, commercio e distribuzione • Advisory economico, strategico, politico (governi, grandi gruppi industriali)

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ROMA EUROPEA

UNA FONDAZIONE...CAPITALE

L

a Fondazione Roma Europea è nata nel dicembre 2001, su impulso del presidente Giuseppe De Rita e del segretario generale Cesare San Mauro, sulla scia dell’esperienza dell’omonima associazione protagonista di primo piano, negli anni novanta del secolo scorso, nel panorama politico e culturale romano. La finalità della Fondazione – che ha ottenuto il riconoscimento legale - è quella di valorizzare e promuovere “la diffusione in ltalia e nel mondo della conoscenza del patrimonio culturale, spirituale e scientifico della città di Roma, mediante la realizzazione di studi, ricerche, convegni e iniziative dirette anche a stimolare occasioni di confronto e di intervento sui principali temi che interessano la vita e lo sviluppo civile e sociale della Città”, in un prospettiva europea, senza dimenticare Ia valenza di Roma come Città Eterna e con un’attenzione alla realtà più generale. La Fondazione Roma Europea coinvolge ed è sostenuta da alcune importanti realtà imprenditoriali romane e nazionali: aziende operanti in diversi settori, private, municipalizzate e public companies che, negli anni, hanno scommesso sul progetto dei fondatori, e che, oltre a fornire l’annuale contributo economico, partecipano alla programmazione strategica delle attività attraverso gli Organi sociali. La Fondazione Roma Europea, composta da persone giuridiche, è affiancata dall’omonima Associazione Amici di Roma Europea, riservata ai soci persone fisiche. Si tratta di un circolo a numero chiuso, attualmente presieduto da Marco Ravaglioli, che da oltre dieci anni si riunisce abitualmente nelle sale del Caffè Greco di Via dei Condotti, il più antico e ammirato caffè storico di Roma. Le riunioni - di solito con cadenza mensile - prevedono l’intervento di un relatore scelto tra i protagonisti della vita del Paese, che propone la sua esperienza istituzionale e/o professionale. E’ un momento di incontro e di confronto: gli interventi sono seguiti da un dibattito con la platea e, nonostante il felpato stile della casa, non mancano vivaci contraddittori. Sono stati oltre 120 i relatori che si sono succeduti negli anni: ministri, politici, rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, membri di organismi costituzionali e di autorità indipendenti, imprenditori,

esponenti della cultura, della ricerca, dell’informazione, del “sociale”, testimoni della Chiesa Cattolica e di altre confessioni religiose. Gli incontri sono documentati in Quaderni annuali, stampati e reperibili sul sito Web della Fondazione. Oltre a queste attività, la Fondazione ha sviluppato sinergie con la sorella minore “Napoli Europea” e con altre realtà culturali, nell’ottica di “fare rete” per scambiare e condividere valori, idee, esperienze. La Fondazione e l’Associazione sviluppano idealmente la progettualità elaborata nel corso degli anni novanta del Novecento dall’Associazione Roma Europea, creata nel 1991 da Cesare San Mauro ed altri amici di matrice cattolica e democratica per promuovere i valori storici di Roma e la sua immagine di moderna capitale europea. A differenza di altre forze politiche tradizionali, la progettualità nasceva dal dialogo interno all’associazione - prescindendo da rigidi schemi ideologici o da interessi corporativi - e dal successivo confronto con la realtà esterna. Pur nei limiti obiettivi derivanti dall’autofinanziamento, Roma Europea ha cercato di coinvolgere Ie forze vive della città intorno a un “progetto Roma”, che partendo dalla constatazione delle inefficienze e carenze, ma anche delle innumerevoli potenzialità della Capitale, sviluppasse le necessarie sinergie per costruire in positivo progetti mirati nei diversi settori. La storia della Fondazione è fatta di mille interventi, progetti, delibere, di grande respiro ovvero di nicchia, ma sempre tesi al bene comune. Nel corso degli ultimi anni l’attività soCesare San Mauro ciale si è articolata in

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Il Presidente della Fondazione, Giuseppe De Rita

L’interno dell’Antico Caffè Greco, dove si svolgono i lunedì degli “Amici della Fondazione”

convegni, dibattiti, tavole rotonde e incontri su questioni di attualità come le reti e le infrastrutture, il disagevole quadro dei trasporti, i luoghi della ricerca scientifica e tecnologica, il dialogo tra le religioni, Internet e Roma virtuale o, ancora, il delicato tema della gestione del ciclo dei rifiuti. Senza tralasciare i temi della promozione culturale e dell’economia, attraverso presentazioni di libri, conversazioni culturali, incontri artistici e musicali. Particolarmente apprezzate risultano le pubblicazioni tematiche, che raccolgono in eleganti book le tesi e le relazioni sviluppate nei principali incontri, come “Roma, la convenzione ed il futuro dell’Europa”; “Roma e la globalizzazione religiosa. Dalle perplessità sulla globalizzazione alla leadership nella globalizzazione: iI caso del cattolicesimo romano”; “Il dialogo interreligioso: un rischio o un’opportunità? JeanLouis Tauran (2010)”; “Roma, il Cristianesimo e l’Europa Mons. Paglia (maggio 2012)”; “Roma Capitale (2011)”; “Welcome to Italy - la Costituzione italiana in versione multilingue (2012 - in collaborazione con H3G)”. Ka.Bo.

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UNA GIUNGLA DI SIGLE

OGNI ANNO NUOVE TASSE Valeria Caldelli Anno che viene, tassa che trovi. A giugno dovremo cominciare a fare i conti con l’Iuc, la nuova Imposta Unica Comunale introdotta con la Legge di Stabilità approvata il 27 dicembre 2013. Ma chi pensa di trovarsi di fronte ad una fiscalità più semplice avrà amare soprese perché la Iuc in realtà è soltanto falsamente unica. Al suo interno si trovano infatti la vecchia Imu, ex Ici, vale a dire l’imposta sulla casa, la Tari, che altro non è se non la tassa sui rifiuti e la Tasi, cioè il cosiddetto Tributo per i servizi indivisibili, alias una patrimoniale aggiuntiva sulle abitazioni. Così, se nel 2013 avevamo Imu e Tares, quest’anno con la Iuc, abbiamo Imu, Tari e Tasi. Cioè tre tributi al posto di due, anche se condensati in un solo nome. E i costi per i cittadini? Dipenderanno da Comune a Comune, ma nella maggior parte dei casi è facile prevedere aumenti. Ne parliamo con Cesare Cava, tra i maggiori esperti italiani di fiscalità e finanza locale, docente per Anci - Ifel e Legautonomie, nonché autore, insieme ad Annalisa Antonini e Silvia Fossati, del libro <Dall’Imu all’Iuc. La riforma della fiscalità comunale>. Ragionier Cava, ogni anno nuove tasse e ogni anno lei cerca di dare una bussola alle amministrazioni comunali e ai contribuenti per potersi districare in un jungla di sigle, numeri, calcoli e scadenze. Questa volta è tutto più facile? “Ogni riforma tributaria, non potendo ridurre la pressione fiscale per le difficoltà del bilancio statale, dovrebbe almeno tendere a garantire la riduzione del numero delle imposte, la semplificazione degli adempimenti e una maggiore equità fiscale. La nascita della Iuc va in direzione direttamente opposta: aumenta il numero dei tributi, complica gli adempimenti per i cittadini e accentua la disuguaglianza fiscale”. Tanto rumore per nulla, allora? “La quantità di interventi normativi e di emendamenti parlamentari è stata in effetti molto ampia, pari alla confusione che è stata creata dal legislatore e dai tecnici ministeriali, che hanno dovuto inventarsi regole e disposizioni che rispettassero le diverse sensibilità politiche della coalizione di governo e l’equilibio dei conti, posto sotto osservazione della Comunità Europea”. Veniamo al punto dolente: l’Imu sulla prima casa è scomparsa oppure no? Cesare Cava “I proprietari dell’abitazione principale

non di lusso non pagheranno più l’Imu. Saranno dunque esenti tutti gli immobili di categoria A ad eccezione di A/1, A/8 e A/9, oltre ad alcune specifiche tipologie immobiliari. Ma a tutti, indistintamente, sarà applicata la Tasi, che altro non è che un’addizionale Imu. Si paga, infatti, in base alla rendita catastale, così come l’Imu, e alle stesse scadenze. E’ una patrimoniale sul valore della casa e si applica a tutti gli immobili, compresa l’abitazione principale. L’aliquota massima prevista per la Tasi è del 2,5 per mille”. Ciò che era uscito dalla porta, dunque, è rientrato dalla finestra? “Sarà ogni Comune a decidere entro il 31 luglio se applicare la Tasi, a quale aliquota e le eventuali esenzioni. Tuttavia, poiché lo Stato ha già tagliato i trasferimenti ai Comuni dell’aliquota base dell’1 per mille, sarà ben difficile che la Tasi possa essere inferiore all’ 1 per mille. Le sorprese per molti contribuenti potrebbero essere amare. Considerando che non c’è più la detrazione, chi ha immobili con rendita modesta subirà le peggiori conseguenze. Circa 5 milioni di famiglie non pagavano l’Imu perché la detrazione compensava interamente l’imposta, mentre adesso saranno obbligati a pagare la Tasi”. La Tasi si applica anche agli inquilini? “Nel caso di immobili locati il tributo è ripartito, a scelta del Comune, tra il 70 e il 90 per cento a carico del proprietario e tra il 10 e il 30

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per cento a carico dell’inquilino. Si raggiunge, quindi, il paradosso, di far pagare agli inquilini una quota di un tributo calcolata sul patrimonio di altri”. Novità sulla tassa dei rifiuti? “La Tari di fatto sostituisce la Tares, che ha avuto vita breve, considerando che è entrata in vigore il 1° gennaio 2013 ed è stata abolita il 1° gennaio 2014. Cambia il nome della tassa, ma non il contenuto, con tariffe calcolate in base ai metri quadrati delle abitazioni e al numero degli occupanti. Per gli operatori economici le tariffe si suddividono in 30 categorie diverse, predefinite, in applicazione del principio europeo ‘chi più inquina più paga’. Le somme da pagare, comunque, non dovrebbero variare rispetto al 2013. I cittadini continueranno a ricevere una cartella di pagamento denominata Tari, con modelli di versamento precompilati e con possibilità di pagare in un’unica soluzione o in base alle

rate e alle scadenze che fisserà il Comune”. In quali casse vanno queste tasse? “Il gettito della Tasi andrà tutto alle amministrazioni comunali. L’Imu va principalmente ai Comuni, ad eccezione degli immobili di categoia D, vale a dire capannoni, alberghi e immobili rurari, che restano di pertinenza dello Stato. La Tari è tutta per il Comune e dovrà coprire il 100/100 del costo del servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti”. Entro quanto tempo i Comuni devono deliberare scadenze e tariffe? “Ogni Comune potrà deliberare le tariffe Tari, Imu e Tasi entro il 31 luglio 2014”. Ma i termini per l’acconto non scadono il 16 giugno? “Infatti, è paradossale, ma i Comuni che alla data odierna non hanno ancora certezza delle proprie entrate, potranno decidere le aliquote dopo la scadenza

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della rata in acconto, generando difficoltà e comprensibile incertezza nei calcoli da parte dei contribuenti. Peraltro la scadenza potrebbe ulteriormente essere prorogata perché in molti Comuni sono previste le elezioni amministrative”. Cosa si potrebbe fare per semplificare la Iuc? “La Tasi è un tributo da eliminare e può essere superato consentendo ai Comuni un maggiore margine di manovra sulle aliquote Imu, confermando l’esenzione per l’abitazione principale e operando con maggiore incisività nei confronti degli immobili di lusso e dei grandi patrimoni immobliari. La vera priorità, comunque, resta la riforma del catasto che ormai non rappresenta più i reali immobili presenti sul territorio”.

S

edici libri pubblicati dal 1998 ad oggi sulla fiscalità locale e sui suoi regolamenti fanno di Cesare Cava uno degli interpreti più informati e consapevoli della complessa materia legata ai contributi comunali. 'Dall'Imu all'Iuc. La riforma della fiscalità comunale' è pubblicato da Legautonomie Toscana e contiene una raccolta completa di leggi e decreti su Imu e Iuc. Il libro vuole essere una guida sui vari obblighi. Il volume (300 pagine) può essere scaricato gratuitamente dal sito www.legautonomie.toscana.it o può essere richiesto, sempre gratuitamente, al numero 055 2654672.


ABUSO DIRITTI

SONO NULLI I CONTRATTI STIPULATI... Carlo Cicala*

È

risaputo da tutti gli operatori economici il fatto che un contratto, fra le parti perfettamente valido e lecito, può essere ritenuto inopponibile al Fisco se è stato concluso allo scopo (esclusivo o prevalente) di evitare l’applicazione di un norma tributaria. Sin dal 2005, infatti, la Cassazione ha stabilito che le parti non possono trasferire beni “soltanto per trasferirli” come nel caso del dividend washing e che simili operazioni, prive di una vera e propria impronta economica, sono da considerarsi nulle ove il fisco intenda recuperare a tassazione la base imponibile che per effetto di questa operazione è stata eliminata. Per essere valido anche nei confronti del Fisco, cioè, un contratto deve avere una giustificazione economica individuale: come a dire che è nell’economia, e non solo nel diritto, che deve trovarsi la giustificazione di ogni operazione contrattuale. Quanto detto, almeno sino ad oggi, appariva indiscutibilmente confinato nella sfera dei rapporti tra contribuente e Fisco, perché la stessa Cassazione (nel 2007 e nel 2008) aveva poi precisato che un contratto, per il fatto di essere stato posto in essere per eludere una norma fiscale, poteva tranquillamente continuare ad essere considerato valido tra le parti (seppure inopponibile al Fisco). Ebbene, ciò potrebbe essere ora messo in dubbio da una recente ordinanza della Cassazione (n. 37 del 2014), che riguarda il tema specifico dei contratti di locazione. Nell’esaminare una controversia sulla validità di un accordo non registrato con il quale si stabilisce un canone superiore a quello registrato, la Corte afferma che non può considerarsi “ammissibile e lecito” il contratto posto in essere dalle parti a fini elusivi. Questo perché nel nostro ordinamento esiste un “principio generale antielusivo”, sancito dall’articolo 53 della Costituzione, dal quale si trae un di-

vieto, per i privati, di concludere contratti con il fine di evitare l’applicazione di una norma impositiva. Si badi: l’Ordinanza della Cassazione non ha immediatamente effetto neppure nei rapporti tra le parti del giudizio, in quanto, avendo individuato un contrasto con un proprio precedente, si limita a proporre la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite. Inoltre, decide un caso la cui normativa di settore (ove il legislatore ha messo mano del 1998, nel 2004 e nuovamente nel 2011) consente di risolvere la questione (e di pronunciare la nullità contratto) anche senza il bisogno di ricorrere al “principio generale antielusivo”. Quello che conta, però, è l’affermazione di principio che la Corte inserisce nel proprio articolato tessuto argomentativo: non si possono ritenere ammissibili e lecite le operazioni contrattuali poste in essere con lo scopo di eludere una normativa fiscale. La particolarità della decisione sta nel fatto che questa non riguarda una lite tra il contribuente ed il Fisco, ma una lite tra privati cittadini, parti di un contratto, uno dei quali deduce dinanzi al giudice che il contratto non è valido, in modo da sottrarsi agli obblighi che da esso derivano. La Corte sembra voler dire che, anche in mancanza di una norma specifica, questo contratto dovrebbe considerarsi nullo se le parti hanno perseguito lo scopo (prevalente) di evitare l’applicazione di una norma fiscale. Si tratta di una conclusione assai pericolosa e che potrebbe mettere (ancora di più) in difficoltà gli investitori ed in generale chiunque ponga in essere una operazione economica regolata dal diritto italiano. Che, dal punto di vista fiscale, un contratto potesse considerarsi invalido e che il Fisco potesse considerarlo quindi come non concluso, per recuperare a tassazione la base imponibile che per mezzo del contratto viene eliminata, è un risultato ormai (pur con Carlo Cicala fatica) acquisito da tutti.

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Altro, però, è dire che, per “punire” le parti del contratto elusivo, oltre a ad applicare imposte e sanzioni come se il contratto non fosse stato concluso, lo stato aggiunge una sanzione ulteriore, privando il contratto della “forza di legge” nei rapporti tra privati. Il diritto (privato) considera nullo in contratto contrario ad una norma imperativa o volto a frodarla. Ora, una norma tributaria è sicuramente imperativa, nel senso che non ne può essere evitata l’applicazione. Ma non lo è – a mio avviso – nel senso che si prefigge lo scopo di limitare l’autonomia dei privati, cioè di eliminare gli effetti giuridici – sempre tra i privati – di un contratto. Certo, ricostruire quale sia lo scopo della legge è assai difficile e controverso (e gli stessi giuristi sovente si dividono quando devono stabilire quale sia stata l’intenzione del legislatore). Lo scopo della legge tributaria, però, è quello di individuare una base imponibile e di applicare un’imposta (e magari una sanzione), e non quello di limitare l’autonomia privata. Do-

vrebbe perciò essere sufficiente, per lo Stato, che un contratto si debba considerare inopponibile al Fisco per aver eluso una norma fiscale, senza spingersi a dichiararlo nullo tra le parti. Un conferma di questa conclusione si può forse trovare nella legge 23 del 2014, che ha delegato al Governo l’emanazione di disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. Il suo articolo 5 definisce la condotta abusiva come “uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, ancorché tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione”. E stabilisce che discende l’inopponibilità degli strumenti giuridici all’amministrazione finanziaria e il conseguente potere della stessa di disconoscere il relativo risparmio di imposta. A me sembra che l’utilizzo di termini quali “strumenti giuridici” e, soprattutto, “inopponibilità” manifesti la scelta del legislatore di escludere che l’abuso di diritto con fini di elusione fiscale determini la nullità dei negozi piegati a fini elusivi. *Avvocato

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BILANCI: REGOLE COMUNI

BORSE E SOSTENIBILITÀ Ornella Cilona

I

l mercato azionario globale scopre la sostenibilità. Nel mese di marzo, Wfe (World Federation of Exchanges), la federazione che raggruppa le principali Borse di tutto il mondo, ha, infatti, deciso di costituire un gruppo di lavoro sulla rendicontazione degli aspetti ambientali, sociali e di governance. L’obiettivo è quello di giungere a regole comuni nella redazione dei bilanci di sostenibilità da parte delle imprese quotate. A WFE aderiscono 62 Borse situate in tutto il mondo, da New York a Francoforte, da Johannesburg a Shenzhen. “Questo non è necessariamente un passo verso l’adozione di regole di quotazione per tutti gli associati”, ha chiarito sul sito Responsible Investor.com Evan Harley, direttore delle politiche di sostenibilità in Nasdaq Omx, posseduta da Wall Street, cui fanno capo numerose Borse mondiali e presso la quale sono quotate 3.300 società con un valore di mercato di oltre otto trilioni di dollari. “E’ un tentativo”, continua Harley, “di

arrivare a uno standard e a una definizione comuni a livello mondiale”. La stessa Borsa di New York non ha del resto regole di quotazione che riguardino la rendicontazione non finanziaria: soltanto quelle australiana, sudafricana e brasiliana hanno lavorato in questa direzione negli ultimi anni e la loro esperienza sarà considerata come una buona pratica dal gruppo di lavoro di Wfe. Anche la Borsa londinese considera importante il tentativo di armonizzare su scala globale i criteri per la rendicontazione non finanziaria, almeno in linea di principio. Al gruppo di lavoro di Wfe parteciperà, infatti, anche la Borsa di Londra, che nel 2007 ha acquisito Piazza Affari. E’ dunque probabile che alcuni dirigenti della Borsa di Milano saranno coinvolti nella definizione degli indicatori di natura ambientale, sociale e di governance. E’, però, presto per valutare se il London Stock Exchange ha veramente deciso di cambiare rotta, operando in modo maggiormente sostenibile e attento agli interessi della società

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e dell’ambiente. La sua attenzione esasperata alla finanza “creativa” e a strumenti spericolati come i derivati ha, infatti, influenzato negativamente anche il comportamento di Piazza Affari. L’iniziativa di Wfe dimostra quanto è cresciuta nel corso degli ultimi anni la domanda degli investitori di una maggiore trasparenza nella divulgazione dei dati e delle notizie di carattere non finanziario da parte delle società quotate. Sono lontani i tempi nei quali si decideva se investire o meno in un’azienda sulla base dei meri dati di bilancio economico: oggi il mercato richiede sempre di più informazioni anche sulle iniziative attuate per limitare l’inquinamento, per rispettare i diritti umani e per garantire i diritti degli azionisti. Tali informazioni sono chiamate con un acronimo inglese fattori Esg, vale a dire Environmental, Social and Governance. La crisi economica e finanziaria globale spinge, infatti, gli investitori a cercare aziende solide, con un modello di crescita innovativo. Il collasso di banche e società finanziarie,


dovuto a logiche di profitto senza rispetto nei confronti di lavoratori e risparmiatori, brucia ancora nel ricordo di molti azionisti. Un’impresa che si prende cura dell’ambiente, delle comunità locali, dei dipendenti e dei finanziatori trasmette al contrario fiducia, perché segue una via alta allo sviluppo ed è meno esposta alle turbolenze dei mercati. La convinzione che le politiche di sostenibilità influenzano positivamente l’andamento dei mercati finanziari ha spinto la Commissione europea ad attuare due iniziative. La prima è stata la presentazione lo scorso anno di una proposta di Direttiva Ue sulla rendicontazione dei fattori ambientali, sociali e di governance, che è stata appena approvata dal Parlamento di Strasburgo. La nuova norma, in procinto di essere definitivamente varata dal Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea, prevede che le aziende quotate e le entità di interesse pubblico significativo con più di 500 dipendenti siano obbligate a divulgare ogni anno informazioni non finanziarie. Tali imprese potranno utilizzare come criteri i più importanti strumenti internazionali in materia di sostenibilità come, a esempio, le Linee Guida dell’Ocse sulle multinazionali, i Principi guida dell’Onu su imprese e diritti umani e le Linee Guida Iso 26000 sulla responsabilità sociale delle organizzazioni. Si stima in circa 6mila il numero dei grandi gruppi europei ai quali si applicheranno gli obblighi della norma (ma il testo iniziale della proposta, fissando un tetto più basso, avrebbe interessato quasi 18mila imprese europee). Saranno poi gli Stati membri a verificare l’accuratezza della rendicontazione non finanziaria pubblicata dalle aziende. La proposta iniziale di Direttiva europea conteneva anche l’obbligo per le grandi imprese di redigere ogni anno un Rapporto in ciascuno degli Stati membri in cui operano, nel quale specificare i profitti realizzati, le imposte pagate sugli utili e gli incentivi

pubblici ricevuti. Questa parte è stata, però, eliminata dal testo finale, provocando l’amarezza di Michel Barnier, Commissario Ue per il mercato interno e i servizi, che crede molto nella necessità di un comportamento responsabile da parte delle maggiori multinazionali. Pur ritenendo “storico” il voto del Parlamento europeo, perché armonizza negli Stati membri la regolamentazione sulla trasparenza degli aspetti ambientali, sociali e di governance, Eurosif, l’associazione degli investitori responsabili nell’Ue, ha, tuttavia, messo in risalto anche i punti di debolezza della nuova Direttiva. “Il testo”, si legge infatti in un comunicato di Eurosif, “è probabilmente il migliore compromesso che poteva raggiungersi in questo momento. Non è, però, soddisfacente su alcuni temi importanti per gli investitori responsabili e sostenibili, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi e le verifiche”. Una seconda iniziativa adottata recentemente dalla Commissione europea in direzione di una maggiore sostenibilità dei mercati azionari è la proposta di revisione della Direttiva sui diritti degli azionisti del 2007 (2007/36/CE). Ad aprile, Barnier ha, infatti, dato il via libera a una modifica della normativa comunitaria che rafforza i poteri degli azionisti nell’esercizio dei propri diritti sulle società quotate nelle quali hanno investito. La proposta, inoltre, introduce per la prima volta il diritto di voto degli azionisti sulle retribuzioni dei dirigenti, alle quali dovrebbe essere fissato un tetto. Il Commissario Ue ha così spiegato gli obiettivi della nuova normativa: “Gli ultimi anni hanno dimostrato a più riprese che una visione miope, concentrata sul breve termine, danneggia l’economia e le imprese europee. Un buon governo societario può contribuire a invertire questa tendenza. Le proposte comunitarie incoraggeranno gli azionisti a impegnarsi maggiormente nelle società in cui investono e ad adottare una prospettiva di più lungo periodo”.

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LA FUSIONE

CREBERG E BANCO POPOLARE Gaia Romani Ora che l’ultimo tassello è stato aggiunto il Bancone vero e proprio prende il via. Stiamo parlando della nuova veste del Banco Popolare e del progetto varato nel 2011 dai vertici dell’istituto scaligero per semplificare la struttura societaria ed amministrativa del gruppo e consentire sinergie di costo attraverso l’eliminazione di spese amministrative e di controllo, oltre alla riduzione degli oneri fiscali. Un progetto ambizioso portato a termine lo scorso 29 marzo con il via libera da parte dell’assemblea del Banco Popolare alla fusione per incorporazione del Credito Bergamasco, che dovrebbe diventare operativa dal primo giugno 2014. L’istituto bergamasco (che è detenuto per il 77,819% del capitale dall’istituto scaligero) era infatti l’ultima Pier Francesco Saviotti, AD banca a dover confluire nel gruppo veronese secondo il progetto di “Bancone” varato nel 2011 da Pier Francesco Saviotti. Un piano che ha

già portato negli ultimi anni all’integrazione nello stesso Banco Popolare di numerosi istituti del territorio: Banca Popolare di Verona–S.Geminiano e S.Prospero S.p.A., la Banca Popolare di Novara S.p.A., la Banca Popolare di Lodi S.p.A., la Cassa di Risparmio di Lucca Pisa Livorno S.p.A., la Banca Popolare di Cremona S.p.A. e la Banca Popolare di Crema S.p.A. Il disco verde alla fusione con il Credito Bergamasco è arrivato al termine di un’assemblea svoltasi a Verona che ha registrato numeri da record: quasi 25mila i voti espressi, comprese le deleghe, dagli oltre 10mila soci sparsi tra Verona, sede dell’evento, e le quattro città collegate in videconferenza, ovvero Novara, Lodi, Lucca e Modena. Nel corso della stessa assemblea i soci hanno anche confermato Carlo Fratta Pasini e Pier Francesco Saviotti ai vertici del Banco Popolare per un altro triennio. Tecnicamente tornando all’operazione di fusione vera e propria, il rapporto

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Carlo Fratta Pasini, Presidente

di concambio stabilito è pari a n. 1,412 azioni ordinarie Banco Popolare per ogni azione ordinaria Credito Bergamasco portata in concambio. Inoltre, a servizio del concambio, il Banco Popolare aumenterà il proprio capitale sociale per Euro 300.582.215 mediante l’emissione di n. 19.332.744 nuove azioni ordinarie senza indicazione del valore nominale, da attribuire a favore degli azionisti del Credito Bergamasco. Le azioni ordinarie del Banco Popolare di nuova emissione assegnate in concambio delle azioni Credito Bergamasco saranno quotate al pari delle azioni ordinarie del Banco Popolare già in circolazione.


Grazie all’agevolazione “Nuova Sabatini”, messa a disposizione da ABI, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A e MiMinistero dello Sviluppo Economico fino al 31 dicembre 2016 le micro, piccole e medie imprese che realizzano investimenti in nuovi macchinari, impianti o attrezzature possono accedere a importanti opportunità di finanziamento, anche in leleasing, con durata fino a 5 anni e importo da 20 mila a 2 milioni di euro. Chiedi in filiale ai nostri Consulenti Imprese la soluzione più adatta alle esigenze della tua azienda o consulta il nostro sito www.creval.it www .creval.it Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per tutte le condizioni relative ai servizi e prodotti pubblicizzati e per quanto non espressamente indicato si rinvia al foglio informativo Mutuo Nuova Sabatini –“Plafond Beni StruStrumentali” e alla documentazione prescritta dalla normativa vigente, disponibili presso tutte le dipendenze e sul sito internet www www.creval.it .creval.it nella sezione “Trasparenza”. “Trasparenza”. La concessione dei finanziamenti è subordinata alla sussistenza dei necessari requisiti in capo al richiedente nonché all’approvazione della banca.


MODA PRIMAVERA ESTATE 2014

TENDENZE UOMO DONNA Allegra Contoli

I

l sole, le giornate che piano piano iniziano ad allungarsi, i vestiti che poco a poco si fanno più leggeri, ci fanno respirare aria di primavera. La bella stagione quest’anno è stata più attesa che mai. Dopo un inverno grigio, seppur non freddissimo, ora si ha voglia di sole e colore. Anche nel look. Le tendenze primavera/estate 2014 per la donna e per l’uomo, infatti, sono un’esplosione di creatività e originalità, con qualche conferma, qualche ritorno e anche qualche novità. Partiamo con l’universo femminile, che è un arcobaleno di colori, dal giallo all’arancione passando per il verde, uno dei protagonisti della stagione, ed il colore orchidea, un incrocio di lilla e fucsia, vincitore dello scettro di “colore dell’estate”. Un grande ritorno nell’estate 2014: le frange. Scomparse per un po’ dalle passerelle, ritornano alla grande su stivali, borse e anche giacche e gilet per un look in pieno stile hippie. Di pelle, camoscio, rafia, molteplici interpretazioni come molteplici sono gli stilisti che hanno scelto di interpretarle, dallo stile bohèmien di Roberto Cavalli, a quello in mood Seventies delle borse Gucci, dallo stile giungla di Moncler a quello tribale di McQueen. Non solo, anche quest’estate andremo in bianco. Abiti e accessori sono total white. Fresco, leggero e candido dona un tocco di leggerezza non solo a svolazzanti vestitini ma anche a spolverini, pantaloni alla caviglia e top con inserti in chiffon e pizzo. Pura eleganza, come si è visto da Jil Sander e Max Mara. Intramontabile e sempre impeccabile

l’eterna coppia black&white, che siano righe o pois. Sinonimo di eleganza sia in inverno che in estate, è l’accostamento per eccellenza, equilibrato e mai

eccessivo, come testimoniano Rocco Barocco, Kenzo o DSquared2. Estate però è anche colore. Colore è fantasia. Quindi via libera a fantasie floreali come gli abiti iperfemminili di Alberta Ferretti, al mood tropicale come la collezione di Fausto Puglisi, a stampe

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grafiche o arabeschi, su abiti, gonne e pantaloni in un mix di astrattismo e cubismo. Infine, bagliori e luminescenze per un’estate ad effetto metalizzato. Chi ama osare, può decidere di non limitarsi agli accessori ma indossare un total look shiny, come propongono Dolce&Gabbana e Versace. Un’estate variegata insomma, una macedonia fashion tra intrecci estremi e minimalismo. La moda maschile invece affronta l’estate in bermuda. Protagonisti di moltissime passerelle, tra cui Fred Perry e Guess, sono il must have della stagione. Comodi, sportivi ma non troppo e soprattutto non sempre, sono il capo più versatile: più casual con una T-shirt, più smart con una camicia ma rigorosamente a gamba larga e lunghi fino al ginocchio. Per l’uomo che non rinuncia ad un tocco di eleganza, invece, abiti di taglio sartoriale proposti in colori accesi, con accostamenti quasi azzardati, come suggerisce Prada, o nella versione più basic, quella ad esempio firmata Armani, con la sempre classica camicia, accompagnata da tessuti come lino o morbido cotone. Poi c’è lei, o meglio lui. È comparso sulle passerelle qualche stagione fa e da allora non è più andato via. Stiamo parlando della varsity jacket, più conosciuta come bomber. Un capo che piace moltissimo per quel tocco sportivo che riesce a conferire ad ogni look ma che nelle sfilate p/e è stato abbinato anche a completi sartoriali, rivisitati secondo una nuova concezione di eleganza urbana.



COSTUME & SOCIETÀ

San Gennaro in trasferta a Parigi

(all’interno)

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COSTUME & SOCIETÀ SAN GENNARO IN TRASFERTA di Valeria Caldelli

S

an Gennaro in trasferta a Parigi. Uno dei santi più ricchi, anzi, forse il più ricco del mondo, ostenta i suoi gioielli nel raffinato quartiere di San Germain des Pres, tra i profumi di Guerlain e quello dei gateax con panna e cioccolato appena sfornati dai maestri pasticcieri. In fondo il suo tesoro non ha niente da invidiare a quello di Cartier. Senza dubbio una collana in oro massiccio con croci tempestate di zaffiri, smeraldi e diamanti supera per valore qualsiasi altro collier antico e moderno, mentre una mitra intarsiata di “appena” quattromila pietre preziose è il segno tangibile del suo potere che farebbe impallidire qualsiasi imperatore. Vedere per credere. Fino al 20 luglio tutto è esposto al Musée Maillol, nella centralissima Rue de Grenelle,

firmato con il popolo napoletano nel 1527, vale a dire circa 1200 anni dopo la sua leggendaria morte. E in poco meno di cinque secoli s’ è fatto un bel “gruzzolo” che ora, per la prima volta, è uscito dai confini dell’Italia ed ha raggiunto Parigi. Cosa vuol dire lo spirito imprenditoriale! E anche la lealtà che gli ha assicurato una fede sicura. Ce lo ha insegnato una vecchia reclame di una ditta di formaggi e gli calza a pennello: “San Gennaro vuol dire fiducia”. Almeno per i napoletani. D’altronde in qualche modo dovevano difendersi dalle calamità naturali che si sono sempre inasprite contro quella città: le epidemie di peste che ciclicamente hanno fatto migliaia di morti e quel monte che fuma sempre e che ogni tanto, senza avvertire nessuno,

scoppia come una bomba e semina rovina e distruzione. Basta guardare il documentario dell’ultima eruzione, quella del 1944, proposto nella mostra del Musée Maillol, per capire la paura scatenata dai chilometri di lava e dalle scosse di terremoto, peggio ancora di una guerra perché del tutto senza controllo. L’accordo con San Gennaro, scritto con carta, penna e calamaio in un ufficio notarile, nasce proprio dalla paura dell’ignoto. “Caro San Gennaro, tu ci proteggi e noi ti facciamo ricco e onorato”, proposero i napoletani al patrono. O, detto come loro “San Gennaro mio fa tu ca io nun ne pozzo proprio cchiù”. E lui accettò. Da allora non sono mancati i doni, e che doni, da parte dei cittadini, dei loro sovrani e di chiunq u e avesse a cuore il destino di quella città. E mentre il tesoro cresceva, di proprietà né della Chiesa, né dello Stato, ma dello stesso santo, che da sempre lo gestisce attraverso una Deputazione laica, lui, il grande e venerato Gennaro compie saltuariamente il cosiddetto miracolo del sangue, in barba alla scienza che non è mai riuscita a darne una spiegazione razionale, e anche alla Chiesa che non lo ha mai ufficialmente riconosciuto. Il Vesuvio no, quel monte

c o n tanto di cibori, calici, e ostensori di lusso usciti dalle abili mani degli orafi napoletani: un tesoro stimato ancora più imponente di quello raccolto dagli zar di Russia e dalla corona inglese. Niente male per un santo che sarebbe stato ucciso durante le persecuzioni romane, ma di cui è persino difficile sostenere con certezza storica la sua reale esistenza. Lui, comunque, il suo spazio se lo è conquistato da solo grazie ad un contratto

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aggressivo non lo ha placato completamente, ma almeno lo ha tenuto a bada, evitando un’altra strage come quelle di Pompei ed Ercolano. Anche grazie a quel grande consesso di collaboratori, tutti santi, che il popolo napoletano ha voluto dargli e che lo aiutano a proteggere una città così difficile. Enormi busti fusi nell’argento sono stati loro dedicati e adesso molti di questi svettano nella sala a piano terra del museo parigino, tesori nel tesoro e testimoni di una abilità che ha fatto di Napoli la capitale dell’ arte orafa nel XVII e XVIII secolo. Così la mostra ci spiega passo dopo passo come su una supersizione possano affondare le radici che fanno la storia millenaria di un popolo, dei suoi sovrani, delle sue guerre, dell’arte che ci ha lasciato, testimonianza unica di presigiose tradizioni, nate e conservate nelle strade di Napoli. Un popolo a cui non

mancano, né sono mai mancate, contraddizioni e difficoltà, ma che è riuscito a trasformarle in simboli spirituali ed emozionali da cui è scaturita cultura. <Vedi Napoli e poi muori>, dicono gli abitanti di una città che a buona ragione può essere considerata un ‘unicum’, nel bene e nel male, e non solo in Italia. Perché il microcosmo partenopeo contiene tutto, la saggezza e la furbizia, l’erudizione e l’ignoranza, l’onestà e la frode. Sempre ai massimi livelli. Ma il Vesuvio li minaccia tutti e San Gennaro è figlio, padre, fratello e amico di tutti. Quelli esposti al Musée Maillol sono gli oggetti di una devozione tangibile, intima ed emozionale, eppure così opulenta da apparire quasi sfacciata rispetto alla miseria dei quartieri più poveri. Solo una delle tante contraddizioni mai risolte. D’altronde San Gennaro non può fare tutto.

VINO & BLASONE

I

ncontrare Egidio e Filippo Gaslini Alberti vuol dire conoscere una delle vere grandi famiglie del vino italiano. La Toscana prima e il resto d’Italia poi, possono far risalire la svolta in senso qualitativo del vino, alla fine degli anni settanta. La famiglia Gaslini Alberti ha impresso questo stile a Badia di Morrona, nel pisano, fin dal 1939 dimostrando lungimiranza e comprensione del potenziale della loro terra con grande anticipo. L’acquisto dell’azienda Poderi dei Bricchi Astigiani, avvenuto alla fine degli anni novanta, ha rappresentato un ulteriore segno dell’amore per il vino che non poteva non raccogliere la sfida della gestione di un’azienda in Piemonte. I numeri di Badia di Morrona sono notevoli: 900 ettari di terreno di cui circa 110 ettari a vigneto, 40 ettari a oliveto, il resto a bosco e seminativo. Sette agriturismi ricavati da vecchie case coloniche perfettamente ristrutturate per un totale di 130 posti letto il tutto integrato da un impianto fotovoltaico da oltre 2 MW. Una delle maggiori ricchezze aziendali è la qualità dei vigneti, frutto della nuova generazione di impianti cioè quelli fatti con cloni, densità di impianto e sistemi di allevamento individuati in base alla tipologia dei terreni e dei vini che si intende produrre. La qualità delle uve prodotte, in gran parte Sangiovese, il vi-

tigno d’eccellenza in Toscana, è sempre la migliore ottenibile in base all’andamento stagionale e la quantità di vigneti a disposizione consente un ottimo lavoro di selezione. Badia di Morrona rappresenta una delle realtà più importanti per la provincia di Pisa sia sotto il profilo economico che produttivo. E’ una responsabilità che i Gaslini Alberti hanno ben presente. Per questo hanno deciso che il simbolo dell’azienda sia lo stemma di famiglia, sono loro stessi a garantire il consumatore sulla qualità del prodotto, si tratti di olio, vino, accoglienza in cantina o relax negli agriturismi. Poderi dei Bricchi Astigiani è un’azienda di dimensioni più piccole (circa 40 ettari di vigneto di cui la maggior parte conta oltre quarant’anni) situata in una delle più belle zone dell’astigiano. Uno splendido agriturismo, una piccola ma funzionale cantina. Vitigno principe la Barbera, tra i più blasonati del Piemonte. Ma il fiore all’occhiello del gruppo è la Badia di Morrona, cuore dell’azienda toscana, fondata dal conte Ugone nel 1089. Un monumento storico da sempre centro vitale per le attività di contadini e nobili della zona. Grazie ai restauri della famiglia Gaslini Alberti splende ancora oggi in tutta la sua integrità. Si può visitare (su prenotazione) e utilizzarla per eventi e degustazioni.

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COSTUME & SOCIETÀ SEMPLIFICAZIONE DI SANTI di Marco Toti

L

e recenti canonizzazioni di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII suonano come canonizzazioni del Concilio Vaticano II. Al di là della caratura morale dei due pontefici, da non sottovalu-

tare, vi è da riflettere sul fatto che le modalità dei processi inerenti alle medesime canonizzazioni sono molto mutate, nel senso di una semplificazione; con ciò, è mutato, nel cattolicesimo postconciliare, anche l’intendimento della nozione stessa di santità. Non è qui il caso di far notare la differenza di “stile” – oltre che di sostanza – che si evince facilmente tra i due nuovi santi e, per fare un esempio, i vari Pio a cavallo tra il

diciannovesimo ed il ventesimo secolo. Con Giovanni Paolo II, in particolare, si sono largamente utilizzati gli strumenti mediatici a fini “proselitistici”, con i relativi rischi di banalizzazione e travisamento del Cristianesimo. Nonostante le apparenze, le due figure appena santificate sono molto differenti. Il papa polacco, infatti, era molto meno attaccato agli aspetti liturgici rispetto a Giovanni XXIII; la Chiesa di quest’ultimo era più “trionfalistica”, sebbene in declino, anche se lo stesso papa incarnava già allora una concezione del papato molto meno distaccata rispetto a quella tradizionale (si pensi al “discorso della luna” ed all’incontro con i carcerati). Ma sarà qui il caso di non esagerare la portata dei successi di Giovanni Paolo II, forse non così determinante nella sconfitta del comunismo e non alieno da legami molto ambigui (Casaroli, Marcinkus, scandalo E. Orlandi e pedofilia, con cui poi si è dovuto confrontare Benedetto XVI). Con le canonizzazioni la Chiesa propone un

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modello ai fedeli: sbaglia clamorosamente chi ritiene, per eccesso o per difetto, che tale modello non sia vincolante. Ci si trova allora in una situazione abbastanza paradossale: chi, riconoscendo questi nuovi santi senza dubbi di sorta, e quindi ponendosi in una linea oggettivamente “innovativa”, al tempo stesso è all’estremo opposto di chi, pur in modo minoritario, contrasta queste canonizzazioni, ritenendole non infallibili e vagheggiando un modello passatista che, pure avvolto nel fascino del passato e certamente connotato in senso “sacrale”, non era certo immune da contraddizioni. La Chiesa, un tempo una, si rivela oggi molto frammentata, anche su punti così dirimenti.


COSTUME & SOCIETÀ ELLENICO, PONTE SULL’EGEO di Salvatore Giuffrida

U

n romanzo storico con lo stile di una spy story: “Ellenico” si presenta come una proposta letteraria originale che attraversa più di mille anni di storia partendo dallo scisma tra mondo cristiano e mondo bizantino, per finire ai fatti più recenti avvenuti in Grecia e Italia fino ai giorni nostri. Il tesoro di Bisanzio e una lettera di Papa Urbano II della fine dell’anno 1000 d.C. è il tema intorno al quale si sviluppa il plot di Ellenico, che appunto presenta una trama capace di spaziare tra diversi periodi storici mantenendo però un accorto e continuo rapporto di causa effetto. Uno stile particolare e ricercato, grazie al quale l’autore, Luca Paramana uno pseudonimo dietro al quale si celano Paolo Maranca e Raffaella Narni, entrambi forti conoscitori della Grecia - riesce a raccontare con chiarezza espositiva e pathos crescente un avvincente dramma familiare che è frutto della sua fantasia ma potrebbe essere la più tipica storia di qualunque famiglia ellenica che vive sulla propria pelle gli avvenimenti storici del proprio paese. Come qualcuno disse per il commissario Montalbano di Andrea Camilleri, così la famiglia Perìvolis rappresenta l’immagine inventata della Grecia più vera, di una nazione dove troppo spesso politica e ideologia hanno portato – e portano – a divisioni sociali, violenze e guerre. “Ellenico” è un romanzo sui generis: con lucidità e intraprendenza intreccia le (dis)avventure dei protagonisti all’interno di fatti storici realmente accaduti, come la tragedia di Smirne e dei profughi greci, la guerra civile, la dittatura dei Colonnelli, gli

anni di piombo in Italia: è questa la scenografia di cui l’autore si serve come in un teatro, per svolgere il dramma di personaggi profondamente tipici. È per questa sensibilità sociologica che “Ellenico” si differenzia dal romanzo storico e dalla spy story nel senso più classico del termine: l’autore si dedica spesso - quasi si diverte - a descrivere il carattere di un popolo attraverso i suoi personaggi: orgogliosi contadini greci custodi del sapere e delle tradizioni, intellettuali splendidamente isolati dalla società, militari potenti ma ai margini della comunità in cui vivono, nella quale sono fin troppo coinvolti preti colti ma a volte anche astuti. Ma non mancano personaggi profondamente italiani: ecco il classico bravo ragazzo alle prese con un sistema ostile, i poteri forti e gli interessi occulti, una società solo in apparenza meno politicizzata ma più subdolamente legata a un sistema poco trasparente e a volte pericoloso. È così che alla fine “Ellenico” rivela anche tutta la sua attualità: lo scontro tra occidente e oriente che fa da sfondo al libro rappresenta la dicotomia cristianesimo-Islam, la crisi e la guerra civile che ci riportano alle austerità e alle difficoltà dei giorni nostri. “Ellenico” - pubblicato in Italia da “Tracce editore” e in greco, con il titolo “Ta mistiria tou kronou” – I misteri dell’universo”, dalla cretese “Itanos” – si sta ritagliando uno spazio rilevante all’interno del panorama letterario nazionale e internazionale grazie a una proposta originale e avvincente, da leggere e gustare pagina dopo pagina.

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COSTUME & SOCIETÀ UN DONO, UN SORRISO di Joselia Pisano

È

la prima sala d’attesa pediatrica in Italia allestita in un dipartimento di Radioterapia, presso l’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma. Ma è questo e molto altro: è anche e soprattutto la perfetta unione tra pubblico e privato, istituzioni, cittadini, dovere civico e beneficenza. La cerimonia di inaugurazione istituzionale dello spazio, cui ha presenziato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è stata quindi occasione per fare brevemente il punto della situazione del sistema sanitario nazionale, con uno sguardo di incoraggiamento alle donazioni private da parte di cittadini, consapevoli che gli ospedali italiani e l’eccellenza che li contraddistingue è un patrimonio di tutti. Realizzato grazie al console onorario del Perù in San Marino, Giorgio Fiorenza, lo spazio d’attesa dedicato ai piccoli pazienti del dipartimento di radioterapia diretto dal Prof. Vittorio Donato, ha infatti coinvolto realtà solo apparentemente diverse e lontane tra loro, ma che hanno invece prontamente risposto all’appello e collaborato per realizzare un evento che ha unito tutti sotto il segno della solidarietà: dal consolato del Perù in San Marino che si è fatto promotore dell’iniziativa, al dipartimento di architettura dell’università degli studi di Firenze, presso cui è stato bandito il concorso di idee “Spazio per un ospedale child-friendly”. All’evento di inaugurazione ha inoltre preso parte il Sottosegretario di stato al ministero dell’istruzione Gabriele Toccafondi, che ha evidenziato l’importante ruolo rivestito da un concorso di idee che ha preferito giovani studenti universitari a professionisti affermati. È così nato il progetto a firma dello studente Marco Maggi, che ha realizzato un’ambientazione a tema fantastico-naturale, che ha trasformato un’anomina sala d’attesa in un mondo magico e colorato, dove il video si integra con la musica, la vegetazione decorativa lascia spazio a pesci che guizzano in un acquario: un ambiente rilassante, capace di far focalizzare le energie dei piccoli pazienti su obiettivi specifici.

Nelle foto: in alto il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin inaugura la nuova sala d’aspetto; a sinistra il console del Perù Giorgio Fiorenza; a destra il Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. In basso il Prof. Vittorio Donato, direttore del dipartimento di Radioterapia mostra al Ministro una delle sofisticate apparecchiature del centro.

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COSTUME & SOCIETÀ UMBRIA JAZZ di Donatella Miliani

S

ono i dati rigorosi delle indagini economiche a dimostrare l’importanza di un festival che da quarant’anni viaggia di successo in successo: Umbria Jazz. A studiare l’impatto della manifestazione a Perugia è stato qualche anno fa, il professor Luca Ferrucci, docente di economia all’Università di Perugia che insieme al professor Bruno Bracalente ne analizzò il tipo di ricaduta, constatando che ogni euro investito in questo evento culturale ne produceva tre con un positivo effetto moltiplicatore. Le principali ricadute sono sul settore alberghiero, la ristorazione e il commercio. E questo accade in particolare per quanti arrivano da fuori per assistere ai concerti. Ma ciò che è interessante sottolineare è che UJ produce ricchezza anche in termini organizzativi perchè, ad esempio, investe in imprese e fornitori locali per i servizi di cui necessita. Nonostante la crisi, il trend continua ad essere lo stesso. Almeno per quelle manifestazioni di qualità come è appunto UJ. “Paradossalmente - dicono gli esperti il festival potrebbe addirittura uscire rafforzato da questa crisi”. L’edizione 2014 (che si svolgerà dal 10 al 20 luglio) che almeno nel primo week end dovra’ convivere con la fase finale dei mondiali di calcio, prevede ancora una volta la formula di un’offerta diversificata: i grandi concerti all’Arena Santa Giuliana, quelli gratuiti nelle piazze del centro storico, e quelli più squisitamente dedicati ai puristi nel chiuso dei teatri e alla Galleria Nazionale dell’Umbria. La location principale del festival resta l’Arena, sede dei concerti serali, dove si andra’ dal rap dei Roots, storica band che fu tra le prime del genere, agli standards di Natalie Cole e alla canzone d’autore italiana con Fiorella Mannoia che presentera’ un programma in equilibrio tra la sua passione per la musica brasiliana e l’omaggio a Lucio Dalla. Con lei, due ospiti speciali: Fabrizio Bosso e Danilo Rea. All’arena ci saranno anche la rivisitazione della musica di Louis Armstrong da parte del suo concittadino Doctor John, la Daptone Super Soul Revue (show degli artisti e dello

stile dell’etichetta indipendente di Brooklyn, punto di riferimento della black music); una maratona di dj ideata dalla star della console, Ralf; una serata con Ray Gelato e Enzo Avitabile ed una divisa tra Mario Biondi e Al Jarreau, che promettono anche un duo finale. All’arena ci sara’ pero’ anche molto jazz “ortodosso”, a partire dall’evento, artisticamente parlando, del festival: Herbie Hancock che ripropone dopo anni il duo con Wayne Shorter. Ancora pianoforte con il giamaicano Monty Alexander, la brasiliana Eliane Elias, il cubano Gonzalo Rubalcaba, il duo della giapponese Hiromi con Michel Camilo, Stefano Bollani con il virtuoso del bandolim Hamilton de Hollanda. La sezione teatrale, riservata solitamente al jazz, ospitera’ tra gli altri i gruppi di Roy Hargrove, Chris McBride, Buster Williams, John Scofield, Ambrose Akinmusire, e due emergenti su cui Umbria Jazz ha puntato molto: la cantante Cecile McLorin Salvant e la sassofonista cilena Melissa Aldana. Ci sara’ anche la band fresca vincitrice di Grammy, la texana Snarky Puppy. Molti gli italiani in cartellone, a partire dai senatori Franco Cerri e Renato Sellani. Gli altri nomi sono quelli di Enzo Pietropaoli, Doctor 3, Paolo Fresu, Alessandro Lanzoni, Francesco Cafiso, Franco D’Andrea, Roberta Gambarini, piu’ un omaggio dell’ orchestra di Dino e Franco Piana ad Armando Trovajoli con molti ospiti illustri. La strada sara’ il regno dei Funk Off: la street band toscana e’ diventata una sorta di sigla musicale di Umbria Jazz. Per il secondo anno consecutivo si ripete poi la collaborazione con il Young Jazz diretto dal pianista folignate Giovanni Guidi, che si assume il compito della programmazione piu’ “avventurosa” del festival, e sempre in tema di giovani si svolgera’ la terza edizione del Conad Jazz Contest riservato ai talenti emergenti del jazz. Da sottolineare anche che quest’anno torna una location d’eccezione come la Galleria Nazionale dell’Umbria, dove sara’ di scena il duo franco australiano Mountain Men.

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