Nuova Finanza - n1/2017

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BIMESTRALE ECONOMICO FINANZIARIO

Poste Italiane Spa - Sped. abb. post. DL 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma1, C/RM/22/2013 del 19/06/2013

Anno 2017 Numero 1 GENNAIO FEBBRAIO

IL “NONNO” TORNA IN ORBITA (a pag. 4)

Paolo Nespoli

2

IL PUNTO Dare all’Italia più sicurezza

14

ECONOMIA Bcc Roma, la forza dei numeri

40

SOCIETÀ Miss Italia Sfilata di lancio



2

Il Punto Italia sicura

4

Spazio Il nonno in orbita

6

Fincantieri L’Airbus dei mari

8

Made in Italy Il Sanlorenzo

10

Porti Capo d’Anzio

12

Firenze Capitale provinciale

14

Bcc Roma La forza dei numeri

16

Coreine/1 Presidio ambientale

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Coreine/2 Parla il presidente

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Xidera Logistica di qualità

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Giochi La vetrina di Londra

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BioUpper Giovani in start up

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Bat Il lancio di “Pebble”

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Fisco Equitalia: pro e contro

pag 42 Nuova Finanza Bimestrale Economico - Finanziario Direttore Editoriale

Francesco Carrassi Direttore Responsabile

Pietro Romano Direzione Marketing e Redazione

Katrin Bove Germana Loizzi Senior Web Editor

DOSSIER SANITA’

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Gruppo Menarini Un leader mondiale

22

Earth Mother Project L’elisir Moringa

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Boston Scientific Italia La parola all’ad Stefanelli

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Colpa medica Una moda rischiosa

COSTUME & SOCIETA’ 40 42 43 46 48 50 52 54 56

MISS ITALIA PISTOIA CAPITALE SCOOP UMBRO MUSICA ADDIO? I TRENT’ANNI DI LUCA VINO & LEGGE DANZA & ABITI MEMORIE DI UN 90ENNE AGRUMI IN PARTENZA

Nicola Carrassi

Editore Kage srl 00136 Roma - Via Romeo Romei, 23 Tel. e Fax +39 06 39736411 www.nuovafinanza.com - redazione@nuovafinanza.it Per la pubblicità: nuovafinanza@nuovafinanza.it Autorizzazione Tribunale di Roma n. 88/2010 del 16 marzo 2010 Iscrizione ROC n. 23306 Stampa STI - Stampa Tipolitografica Italiana Via Sesto Celere, 3 - 00152 Roma Progetto Grafico Mauro Carlini Abbonamento annuo Euro 48,00 Hanno collaborato: Lucia Agati, Gianpaolo Ansalone, Franco Antola, Katrin Bove, Nicola Carrassi, Allegra Contoli, Roberto Di Meo, Piero Gherardeschi, Federica Gramegna, Germana Loizzi, Marcello Mancini, Maddalena Mazzeschi, Donatella Miliani, Giampiero Moncada, Sandro Neri, Renato Pedullà, Cesare Placanica, Felice Vincenzi


IL PUNTO del direttore

PER UN’ITALIA PIÙ SICURA di Pietro Romano

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a troppo tempo l’Italia mette in secondo piano le proprie esigenze in nome delle mitiche richieste europee. Ma la sicurezza, no: non può passare, non può essere accantonata. Il nostro Paese ha immolato sull’altare della moneta unica (e null’altro di unico c’è in questa Unione europea monca, tranne qualche sciocchezza secondaria) risparmi e produttività, competitività e un barlume di ricchezza raggiunta con il sudore della fronte di intere generazioni. Ora, per rispettare i decimali che dal chiuso di qualche ufficio studi sono calati alcuni lustri fa a determinare, e a rovinare, le nostre vite non si può accantonare la sicurezza territoriale del Paese. Circa due terzi del territorio italiano sono esposti a rischi naturali (sismico, idrogeologico, vulcanico) e le tragiche vicende degli ultimi mesi nell’Italia centrale dimostrano un’accelerazione violenta di questa rischiosità. Il governo di Matteo Renzi, tra le tante proposte spesso velleitarie lanciate sul tavolo ne ha lasciata una in eredità che non può rimanere nel cassetto e merita di essere approfondita in tempi rapidi: Casa Italia. Casa Italia può diventare il più importante piano d’investimento nel nostro Paese dal secondo dopoguerra in poi. Includeva la messa in sicurezza dal rischio sismico delle aree esposte ai terremoti, da considerare una priorità nazionale. Ora è venuto il tempo che il piano venga ampliato a tutta la rischiosità naturale (spesso aggravata dalla nostra imperizia e imprevidenza) e diventi così una grande riforma strutturale che deve

- deve - essere fatta rientrare nel modello di calcolo comunitario degli interventi dai quali attendersi benefici di minori spese, maggior sicurezza e produttività future. Interventi a fronte dei quali è più che legittimo chiedere e concordare con Bruxelles discostamenti dagli obiettivi di deficit strutturale anche per un lungo lasso di tempo. A Casa Italia il governo Renzi prevedeva di destinare sette miliardi all’anno per sette anni (più qualche altro miliardo già accantonato per queste

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esigenze) ma l’ampliamento del progetto impone anche un incremento dello stanziamento finanziario. Occorre aggiungere alla dote indicata, però, consistenti investimenti privati da incentivare prima di tutto fiscalmente, tramite bonus, e da favorire con l’estensione di strumenti assicurativi sugli immobili, seguendo la falsariga di altri Paesi occidentali. E’ prevedibile, inoltre, che l’ampliamento renda insufficiente un limite di sette anni e necessario un lasso di tempo superiore, magari quindici anni. Beninteso, nella stesura del piano non vanno ricordate solo le ingenti uscite, ma anche le possibili entrate e i consistenti risparmi. E’ stato calcolato che tra il 1968 e il 2012 i costi per le finanze pubbliche dei ri-


pristini conseguenti ai sette terremoti più gravi siano ammontati all’equivalente di 120 miliardi di euro attualizzati mentre i danni provocati da catastrofi naturali dal dopoguerra al 2012 abbiano raggiunto i 240 miliardi di euro, sempre attualizzati. Un euro investito nella prevenzione da rischi sismici, idrogeologici, da tsunami ne fa risparmiare cinque in termini di danni e ricostruzione. Un programma di elevato contenuto tecnologico, condotto da un Paese di riconosciuta eccellenza nei grandi lavori (tecnici e macchinari compresi nel record), stimolerebbe un’innovazione fortissima e variata dell’industria italiana, irrobustendo da una parte e creando ex novo dall’altra u n

know how che potrebbe poi essere facilmente rivenduto nel mondo: sono circa 60 i Paesi con problemi geografici gravi quanto i nostri. Questo piano straordinario, però, non può andare in porto se non accompagnato da uno straordinario sostegno politico e da un altrettanto straordinario impegno legislativo. A livello legislativo è indispensabile una virata a 180 gradi, per tornare alle nostre eccellenze burocratiche, misconosciute ad arte, che ci sono state scippate negli anni, a cominciare dalla riforma della Protezione civile targata Monti. Nella vicende del terremoto estivo e del maltempo tutti hanno lamentato mancanza di centri decisionali, assenza di coordinamento, incapacità reattiva. L’intuizione di Zamberletti incarnata nell’organizzazione perfezionata da Bertolaso nell’arco di anni è stata smantellata nell’ultimo quinquennio proprio quando aveva raggiunto un grado di eccellenza riconosciuta nel mondo. Ora il premier Gentiloni sta cercando di fare marcia indietro, ri-nazionalizzando la Protezione civile e addirittura riproponendo schemi che risalivano al Genio Civile di felice eredità napoleonica. E’ probabile che nasca, proprio come ai tempi del Genio Civile, un registro delle imprese in grado di intervenire con la rapidità e la somma urgenza chieste dalle calamità naturali, talvolta imprevedibili (come il terremoto), talaltra ipotizzabili, come le nevicate. Così come sono indispensabili magazzini dai quali attingere mezzi e/o attrezzature che, a loro volta, quando servono non possono seguire i tempi della Consip e degli acquisti pubblici. Gli uomini, qua-

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lificatissimi e pieni di abnegazione, non mancano, ma hanno bisogno di ordini precisi e perentori, di pochi ma scelti dirigenti, che possano bypassare comuni e provincie, regioni e prefetture, talvolta ammirevoli, più spesso ostativi. Sul fronte politico, il sostegno corale non può esserci se non s’instilla davvero nel corpo del Paese la certezza che siamo di fronte a una svolta epocale, una sorta di guerra nella quale non sono previsti tentennamenti ma nemmeno arricchimenti (reali, degli speculatori; d’immagine, dei politici) né “intelligenza” con il nemico. Nemico che si annida prima di tutto nei meandri delle burocrazie europee e in molti uffici governativi in giro per l’Europa. L’Italia ha già perso troppo rispetto ai suoi concorrenti in dignità politica ed economica soprattutto dal 2011 a oggi: non c’è più trippa per gatti, il prossimo scalo è la Guinea Bissau, a furia di continuare a viaggiare a folle velocità su questo treno che sembra condurci diritti a Cassandra Crossing. In verità, avrebbe dovuto essere l’Unione europea a impostare un grande piano di messa in sicurezza dei territori continentali, mettendo a fattor comune e a pieno regime una parte dei Fondi di cui dispone. Se l’euro-burocrazia (e gli euro-ministri) di Bruxelles in anni e anni di ben retribuita attività non sono riusciti a pensarci, non ostacolino chi ha di fronte a sé il baratro. Altrimenti è venuto il momento di chiedere indietro, in un modo o nell’altro, il diritto all’autodeterminazione. Il diritto alla vita. La nostra vita, la vita dei nostri discendenti.


IN ORBITA PER LA TERZA VOLTA

NONNO MEGA SPAZIALE Roberto Di Meo

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onno spaziale. La missione si chiama Vita (Vitality, Innovation, Techology, Ability) e l'ingegnere spaziale Palo Nespoli, tornerà sulla stazione internazionale per la terza volta con una nuova missione di sei mesi. Perché nonno spaziale? Ebbene Nespoli sperimenterà le sue grandi capacità fisiche all'eta di 60 anni. Tanti ne compirà il 6 aprile, un mese e poco più dalla sua partenza che dovrebbe avvenire il 29 maggio. Sarà, di fatto, l'europeo più anziano tra le stelle. Questo primato appartiene ora al francese Jean Loup Chrètien che nel 1997, a 59 anni, si recò sulla Mir con lo Space Shuttle Altantis dopo tre missioni con la Soyuz. Il più vecchio ad andare nello Spazio è stato John Glenn, che fu il primo americano ad entrare in orbita terrestre, dopo Yuri Gagarin, il 20 febbraio 1962. Nel1998, a 77 anni, Glen, che è scomparso due mesi fa, viaggiò con la mis-

sione STS-95. Paolo Nespoli sta ultimando la sua preparazione tra Houston e Mosca ed è felice di compiere questa nuova importante avventura. Anzi, nel corso della presentazione ufficiale della missione che si è svolta a Roma ha anche detto di essere pronto per Marte. "Mi chiedono spesso - ha detto l'astronauta - se mi piacerebbe andare su Marte. Ebbene io rispondo così: voi lo prendereste un bel gelato in una torrida giornata estiva? Mi pare che la risposta sia ovvia. In questa missione ci sarà da lavorare duro, saranno sei mesi intensi perché gli esperimenti da fare sono molto importanti e riguardano la biologia, la fisiologia, la tecnologia e l'agricoltura. Ma avrò anche la possibilità di bere un buon caffè con la Isspresso". Grande entusiasmo, dunque, per il nostro astronauta tricolore che porterà nella stazione internazionale anche la maglia personalizzata con il numero

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10, della Nazionale di calcio. Gliel'ha consegnata il presidente della Figc,Carlo Tavecchio. “Porterò con orgoglio questa maglia in orbita – ha dichiarato Nespoli – sono italiano al cento per cento e mi sento azzurro dentro. Quando gioca la Nazionale è difficile resistere al richiamo di tifare per i nostri ragazzi, così come è impossibile per me restare lontano dallo spazio”. “E’ un onore – ha sottolineato Tavecchio – avere un nostro astronauta a rappresentare il Paese in una missione così importante. Siamo lieti di consegnargli una maglia con il numero dieci, un numero che di solito nel calcio è sulle spalle del regista e che è un po’ quello che sarà il suo ruolo in orbita”. Come abbiamo già detto la missione Expedition 52/53 si chiama Vita, una parola importante, complessa e universalmente conosciuta. "Essere vivi -


dice ancora Nespoli - non vuol dire solo avere un cuore che batte, ma anche un cervello che funziona e mani che lavorano; vivere insieme, credere nello sviluppo, gestire correttamente le risorse, usare l'innovazione per portare questa vita su altri pianeti e migliorarla sulla Terra». E felice come un ragazzino Nespoli ha anche sottolineato che lavorerà con tenacia nel corso della sua missione per portare a termine tutti gli esperimenti che sono stati preparati grazie all'impegno della comunità scientifica italiana e dell'industria del nostro Paese. Il nostro astronauta farà anche da cavia per la scienza. Ad esempio, con una biopsia, gli verranno prelevate delle cellule (una parte di esse resteranno sulla Terra, le altre andranno con lui nello spazio) per studiare l'atrofia muscolare, vedere

le differenze e trovare il rimedio. Ma il nostro astronauta avrà anche dei momenti giornalieri per mettersi in contatto con il nostro Pianeta soprattutto con gli studenti delle scuole. "La mia giornata lavorativa - ha detto Nespoli - inizierà alle 7,30 del mattino e si concluderà alle 20,30, ovviamente con una pausa pranzo. Gli esperimenti scientifici saranno complessivamente 13". Paolo Nespoli è alla sua terza missione sulla Stazione Spaziale Internazionale. Nel 2007 ha preso parte alla missione Esperia, di due settimane, che ha contribuito alla costruzione della ISS stessa con l’installazione del Nodo 2, al quale è agganciato ora il modulo Columbus. Nel 2010 ha partecipato alla missione MagISStra: restò in orbita 159 giorni 7 ore e 17 minuti.

Il PRIMATO DELL’ITALIA

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'Italia vanta un eccezionale primato nella corsa allo spazio. E soprattutto le industrie del nostro Paese hanno dato e continuano a dare un contributo notevole grazie alla capacità degli scienziati e all'alta tecnologia. Oltre la metà della stazione internazionale orbitante è stata ideata, progettata e costruita nel nostro paese. Da quanto è stata realizzata l'Italia ha inviato nello spazio, per la ISS, trenta carichi tecnologici, ha effettuato oltre settanta esperimenti scientifici realizzati e progettati da 130 scienziati delle varie università sparse per la Penisola. Il Nodo 2, il Nodo3, la Cupola panoramica e il laboratorio Columbus, sono stati tutti realizzati dalle industrie nazionali. Inoltre il nostro Paese ha fornito ben sette astronauti a partire dal primo, Franco Malerba, che nel lontano 1992, partecipò alla missione Tethered, il satellite al guinzaglio, volando con lo Shuttle. Gli altri astronauti che hanno partecipato alle missioni sono stati Umberto Guidoni, Maurizio Cheli, Roberto Vittori, Luca Parmitano, Samantha Cristoforetti (prima astronauta donna) e Paolo Nespoli che si accinge a compiere la sua terza missione. La stazione spaziale internazionale, avamposto dell'umanità nello spazio, il punto più lontano dalla terra dove vive l'uomo, è stata realizzata grazie alla cooperazione pacifica di quindici paesi: la Russia, gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada e 11 paesi della comunità europea tra cui l'Italia che è la terza potenza spaziale mondiale dopo Russia e Usa. Sulla Iss vivono e lavorano sei astronauti (ne arrivano e ne partono tre alla volta) che la raggiungono con la Soyuz, l'unica astronave adibita a volo umano dopo il pensionamento dello Shuttle. I rifornimenti vengono assicurati con dei Cargo spaziali che vengono lanciati sistematicamente, secondo precisi programmi, dalla Russia, Stati Uniti (in ballo ci sono aziende spaziali private) e Giappone. L'Italia, grazie ai suoi tre moduli logistici, ha un accesso privilegiato.

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LA STRATEGIA EUROPEA DI FINCANTIERI

BONO PUNTA ALL’AIRBUS DEI MARI

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embra vicina alla realizzazione la strategia che Giuseppe Bono persegue da lungo tempo. Fincantieri è a un passo dall’acquisizione di una quota significativa e maggioritaria di STX France, i cantieri di Saint-Nazaire controllati dalla STX Offshore&Shipbuildingh, società coreana in amministrazione controllata dopo un crac plurimiliardario. E, di conseguenza, a un passo dalla creazione del polo europeo dei cantieri navali. Una sorta di “Airbus dei mari”, sulla falsariga dell’alleanza franco-tedesco-spagnola sugli aerei ma, nel caso delle navi, a guida italiana, un’intesa grande a sufficienza da mettere al riparo le conoscenze tecnologiche europee in campo navale nel settore civile e anche militare. Altrimenti? “L’Europa sparisce e sparisce anche ogni possibilità di crescita”, come lo stesso amministratore delegato di Fincantieri ha sottolineato di recente nel corso di un convegno sulla cantieristica navale organizzato dal Cesi (Centro studi internazionali). Dove Bono ha anche tenuto a precisare che “la crescita economica dev’essere sostenuta da idee, coraggio, capacità d’investire, non solo dal denaro e nel settore navale è indispensabile rafforzarsi per competere nel mondo”. Lungo la strategia del consolidamento europeo l’amministratore delegato di Fincantieri, 72 anni portati con la verve di un trentenne, potrebbe trovare come unico ostacolo lo sciovinismo dei francesi (se di facciata o meno sarà presto chiaro), decisi a detenere nella compagine azionaria una quota minoritaria ma di blocco. Una volontà magari legittima, quella di Parigi, se mirata a difendere gli altrettanto legittimi interessi nazionali (si fosse comportata l’Italia allo stesso modo, in casi simili, il sistema Paese ne avrebbe solo guadagnato, e tanto) ma ottusa se finalizzata a voler comandare in casa d’altri senz’averne i titoli né, come già dimostra la storia di STX, le capacità tecnico-manageriali. Del resto è dal 2008 che i cantieri sono in mani straniere e lo stato francese possiede solo un terzo delle quote. Ma le prossime elezioni presidenziali potrebbero congiurare contro la riflessione e l’evoluzione razionale della vicenda, in barba alle norme europee e ai principi di reciprocità che hanno permesso ai francesi di compiere scorrerie imprenditoriali a raffica nei grassi, e indifesi, pascoli italiani. Si vedrà. In ogni caso, il tempo stringe. Il segretario di stato per l’indu-

stria di Parigi, Christophe Sirugue, ha dichiarato all’agenzia di stampa internazionale Reuters che il governo francese non prevede di nazionalizzare STX France, come proposto da ambienti di sinistra e della destra sovranista, ma solo di conservare la minoranza qualificata, e si attende di chiudere le operazioni “in un lasso di tempo assai breve”. Il matrimonio italo-francese sarebbe perfetto. Fincantieri è il principale costruttore navale occidentale. In oltre 230 anni di storia ha costruito più di 7mila navi. Oggi il gruppo con sede a Trieste conta venti cantieri nel mondo (otto dei quali in Italia, dove nemmeno la crisi ha fatto chiudere siti) con 19mila dipendenti (7800 nel nostro Paese), ricavi per circa 4,2 miliardi (nel 2015) e ordini, a settembre scorso, per 21,8 miliardi, qualcosa come più di cinque anni di lavoro con consegne che si estendono ben oltre il 2022. STX France occupa 2600 addetti e nel 2015 ha fatturato poco meno di un miliardo. Conta su un portafoglio ordini di dodici navi più due in opzione, in grado di assicurare

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circa dieci anni di lavoro ai cantieri di Saint-Nazaire. Dai quali ha da poco preso il mare la più grande nave da crociera al mondo. Destinata alla Royal Caribbean, è lunga 361 metri, larga 47 e alta 72 per 225mila tonnellate di stazza, e può ospitare fino a 5400 passeggeri e 2100 membri dell’equipaggio. Le dimensioni dei cantieri di Saint Nazaire, più grandi di quelli italiani, permetterebbero di completare la gamma dell’offerta di Fincantieri alla committenza crocieristica. L’operazione è già stata “benedetta” anche dagli analisti finanziari. Equita Sim osserva che l’accordo “è molto sensato dal punto di vista strategico”.

Per Mediobanca Securities la notizia sarebbe positiva tanto più con Fincantieri ad agire “come consolidatore del settore, evitando l’ingresso di altri operatori” magari non industriali puri ma solo finanziari. Per Kepler Cheveux l’intesa “rafforzerebbe la leadership nel settore delle navi da crociera di Fincantieri”, la cui quota di mercato salirebbe “dall’attuale 40/45 per cento al 60 per cento, una concentrazione di mercato destinata ad avere effetti positivi sui margini”. Sul fronte finanziario, infine, Banca Imi rileva che “la potenziale uscita di cassa (per concludere l’operazione, ndr) è pienamente sostenibile da Fincantieri”. Come l’Airbus dei cieli anche l’omo-

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loga del mare non potrebbe arrivare a maturazione senza la parte militare. Al convegno del Cesi già richiamato poc’anzi è emerso che, nel suo complesso, la cantieristica militare navale vale oggi 72 miliardi e occupa 500mila addetti diretti ma tanto la sua incidenza economica quanto il suo ruolo strategico sono destinati a crescere esponenzialmente. La geopolitica dei mari nel millennio in corso ha rapidamente conquistato le posizioni perse in passato e attualmente ha assunto una valenza strategica rilevante e trainante per la cantieristica navale in termini di sicurezza e competitività, oltre che di ritorno economico sui mercati europeo e mondiale. La quota dello stato francese nella nuova Airbus dei mari dovrebbe andare infatti a Dcns, società attiva nelle produzioni navali militari, con la quale Fincantieri collabora al programma Fremm, per le fregate, come in passato al programma Orizzonte per le cacciatorpediniere. Parigi, però, ritiene la produzione di sottomarini nucleari altamente strategica e quindi nell’eventuale nuova società potrebbe pretendere per questa produzione una sorta di divisione schermata da quella che gli americani chiamano “proxy”, tecnicamente separata dalla casa madre e unita solo finanziariamente. Una nuova partita. Che il nostro Paese giocherà, però, forte di Fincantieri, uno degli ultimi campione dell’economia mista italiana, smantellata sciaguratamente negli ultimi vent’anni. PI.RO.


AL CANTIERE SANLORENZO

SUPER YACHT DA 60 MILIONI Franco Antola

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l fiore all'occhiello, nuova ammiraglia della “flotta”, è un gioiello da 64 metri, in costruzione nel cantiere della Spezia, uno dei tre che fanno capo alla società, insieme a quello di Ameglia (La Spezia) e Viareggio. L’assemblaggio dei blocchi di costruzione dello yacht – ad oggi il più grande “Sanlorenzo” mai realizzato - è già iniziato nella nuova area produttiva riservata ai colossi del mare, dove vengono realizzate le imbarcazioni in metallo dai 40 agli 80 metri di lunghezza. La consegna è prevista per il 2019. A staccare l'assegno di circa sessanta milioni di euro sarà un facoltoso armatore argentino affascinato dalle eleganti linee esterne e dal sontuoso e innovativo allestimento interno. E' con imbarcazioni come queste che la i cantieri Sanlorenzo di Massimo Perotti puntano a conquistare i mercati internazionali di fascia alta, un segmento per il quale – come ricorda il giovane ad Ferruccio Rossi – la società ha da poco acquisito la vasta area produttiva all'interno del golfo spezzino già sede dell'Inma. Un'operazione che, assieme alle produzioni di imbarcazioni minori (si fa per dire), ha proiettato San Lorenzo al secondo posto nella classifica dei maggiori costruttori al mondo di imbarcazioni sopra i 24 metri (il Global Order Group 2016 vede al primo posto Azimut Benetti e al terzo Ferretti Group). Ma è davvero così ricco di prospettive un settore che pure si pensava messo in ginocchio dalla crisi planetaria cominciata nel 2008? “La realtà – osserva Rossi – è che alcuni fattori specifici hanno contribuito alla nostra crescita. La contrazione più forte del mercato si è registrata in Italia fra il 2009 e il 2012, quando si sono sommati ai fattori di crisi globali le misure fiscali del governo Monti, una vera e propria caccia alle streghe nel settore della nautica da diporto. Una fase che, paradossalmente, negli anni immediatamente successivi ci ha però rafforzato grazie alle nostre eccellenze. Decisiva, per

noi, a parte la ripresa del mercato interno ed internazionale, è stata poi la continuità manageriale garantita da Massimo Perotti che, dopo 22 anni in Azimut Benetti, nel 2005 ha acquisito il controllo di Sanlorenzo subentrando a Jannetti. La crescita è stata costante. All'espansione sui mercati interni ed europei (soprattutto Francia e Grecia) è seguita la crescita sul versante americano ed asiatico”. Solo questo il segreto del vostro successo? “C'è anche un altro fattore importantissimo e cioè la diversificazione produttiva – spiega Rossi – con la realizzazione di nuove tipologie di imbarcazioni che si sono affiancate alle tradizionali barche veloci plananti, come le cosiddette navette, ovvero barche più lente, da 16-17 nodi, per le lunghe crociere, di lunghezza compresa fra i 27 e i 38 metri”. Imbarcazioni cui si sono aggiunti, come detto, i superyacht la cui realizzazione è ora possibile nel grande cantiere affacciato nel golfo della Spezia, che fa capo alla Sanlorenzo Superyacht (quello di Ameglia, sempre in provincia della Spezia, sorge lungo il Massimo Perotti fiume Magra, all'interno del perimetro del Parco). L’imponente nuovo sito produttivo, con accesso diretto al mare, ospita, oltre al colosso da 64 metri, anche due modelli 460 Explorer e due scafi da 52 metri del nuovo modello 52Steel, e consentirà al cantiere anche importanti attività di refitting per grandi imbarcazioni. La nuova organizzazione produttiva ora prevede la costruzione dei megayacht sopra i 40 metri in metallo alla Spezia; quelli da 20 a 30 metri in vetroresina ad Ameglia (dove il cantiere si è insediato nel 1999, nell'area prima occupata dal vecchio cantiere Crestitalia) e quelli da 30 a 40 metri in vetroresina nello “storico” cantiere di Viareggio dove Sanlorenzo è nata nel 1958. Megayacht a parte, per Sanlorenzo il 2016 si è chiuso con un bilancio largamente positivo: trenta vari e una previsione

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di fatturato di oltre 300 milioni di euro a fronte dei 220 del 2015. Valori espressi anche dall' Ebitda (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, cioè gli utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti) che si è attestato nel 2016 a 24 milioni di euro (oltre dieci milioni l'utile ante-imposte).Un anno festeggiato con il lancio di “I”, undicesimo SD112, una navetta in vetroresina di 34,10 metri con scafo semidislocante, costruito su misura, secondo le richieste e il gusto dell'armatore. Il varo è avvenuto nei cantieri di Viareggio alla presenza del committente privato – un facoltoso cliente belga - che, per l'occasione è arrivato con famiglia ed amici per celebrare l'“evento”. Nel 2017 non mancheranno occasioni e sedi prestigiose per presentare la produzione San Lorenzo, la cui gamma di modelli è attualmente suddivisa in quattro linee: SL, SD, SY e SX, per il cui debutto è stato scelto il Cannes Yachting Festival. Come dire: lusso, mondanità e alta tecnologia nautica.

TRE POLI PRODUTTIVI

S

anlorenzo spa sviluppa la sua produzione in tre distinti cantieri: ad Ameglia (superficie totale 75mila metri quatri, di cui 25mila coperti), Viareggio (22mila metri di cui 15mila coperti) e La Spezia (50mila metri di cui 30mila coperti). Ha attualmente 246 dipendenti diretti operativi nei tre poli produttivi, cui si aggiungono mille addetti di società che lavorano in appalto, alimentando così un vasto indotto. La storia di Sanlorenzo comincia nel 1958, anno in cui il cantiere viene fondato da Gianfranco Cecchi e Giuliano Pecchia a Limite sull'Arno, vicino Firenze. Nel 1972 Giovanni Jannetti acquisisce la società e apre a Viareggio dove, nel 1985, i Cantieri navali San Lorenzo varano il primo modello in vetroresina (SL57). Dieci anni più tardi, con il varo di SL100, Sanlorenzo entra nel settore dei superyacht. Nel 1999 Sanlorenzo si sposta ad Ameglia (La Spezia) all'interno del Parco naturale MontemarcelloMagra, ottenendo la certificazione UNI EN ISO 14001, che attesta il massimo rispetto dell'ambiente durante il processo produttivo. Nel 2005 la svolta: Massimo Perotti acquista la quota di controllo dei Cantieri Navali Sanlorenzo Spa da Giovanni Jannetti, che diventano Sanlorenzo Spa. Due anni dopo, 2007, Sanlorenzo torna a Viareggio apre una seconda divisione per la produzione di nuove linee. Viene varato il primo SD92 e il primo 40Alloy, vincitore dello Show Boats Design Award e di due World Superyacht Award. Un successo bissato nel 2008 col varo del primo SD122, vincitore del World Superyacht Award. L'anno successivo scende in acqua il primo SL104, poi premiato con l'ADI Italian Innovation Award. Nasce la nuova generazione di yacht Sanlorenzo nella storica gamma di Ameglia. A seguire altre importanti tappe: nel 2010 il varo del primo 46Steel, prima nave dislocante in acciaio, cui segue nel 2011 il primo SL94 che si aggiudica il premio Barca dell'anno. Sanlorenzo diventa il terzo cantiere al mondo nella produzione di yacht sopra i 24 metri. Nel 2013 viene varato il primo SL118, nuova ammiraglia della produzione in vetroresina. Nel 2014 Sanlorenzo raggiunge il secondo posto nella classifica dei maggiori costruttori al mondo di imbarcazioni sopra i 24 metri mentre nel 2015 vengono varati i primi due modelli della linea 460Exp e SL86. Nel 2016 l'apertura della sede spezzina dedicata alla produzione di superyacht metallo.

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PARLA IL PRESIDENTE MAURO

ANZIO: IL PORTO NELLA CITTÀ Germana Loizzi

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artecipata al 61 per cento dal Comune di Anzio e al 39 per cento dalla Marinedi srl, la Capo d’Anzio spa ha ricevuto alla fine del 2011 dalla Regione Lazio la concessione demaniale marittima per l’attuazione del nuovo porto turistico di Anzio, a pochi chilometri da Roma e con affaccio diretto sulle isole Pontine, oggi una delle pochissime realtà portuali italiane, attualmente in fase di realizzazione, e soprattutto in fase di riqualificazione, ampliamento e recupero di precedenti siti portuali. Presidente ne è l’avvocato Alessio Mauro, docente di Diritto delle partecipate pubbliche e di project financing all’università degli Studi di Cassino e amministrativista del Foro di Roma.

Presidente, può dettagliarci l’intervento infrastrutturale? L’iniziativa consta di tre fasi realizzative. La prima, con la messa in sicurezza e la gestione provvisoria dell’attuale bacino portuale a garanzia della polifunzionalità del porto di Anzio, è in fase di ultimazione. La seconda prevede la riqualificazione dell’attuale bacino portuale con la ricostruzione e implementazione della diga di sottoflutto. Alla fine l’intervento porterà ad avere circa 600 posti barca qualificati fino a 50 metri di lunghezza. Il costo dell’intera operazione è di circa 24 milioni di euro ed il progetto ha recentemente ottenuto l’ottemperanza alla Via dal ministero dell’Ambiente. Attualmente la Capo d’Anzio sta avviando, tramite un nuovo

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piano industriale, l’iter amministrativo finalizzato alla scelta dell’operatore economico a cui affidare i lavori, il tutto secondo il nuovo codice dei contratti pubblici e sotto la vigilanza collaborativa dell’Anac, per il tramite del Protocollo d’intesa siglato a fine anno. E la terza fase? Consiste nella costruzione di un nuovo bacino a sud dell’attuale. Questo ampliamento, dal costo di circa 90 milioni, porterà il piano degli ormeggi a oltre mille posti barca e doterà il porto di una nuova darsena pesca e della stazione marittima per le navi da crociera di medio cabotaggio. Come intendete procedere? La modalità è assolutamente innovativa. Il Consiglio di Amministrazione della


Capo d’Anzio ha preso come modello il sistema francese esistente sulla Costa Azzurra, a esempio per i porti di Nizza e Beaulieu-sur-Mer. Vale a dire? Il sistema portuale francese postula il mantenimento della gestione in mano pubblica attraverso uno strumento che prende il nome di nazionalizzazione dei porti, alcuni dei quali fanno capo alle Camere di commercio, altri a Enti pubblici territoriali. Parlando del caso di Nizza, lo storico sindaco Christian Estrosi ha significativamente contribuito alla valorizzazione della Costa Azzurra facendo trasmigrare dallo Stato numerosi investimenti pubblici mirati ad aumentare la forza attrattiva del turismo in loco. Nel nostro caso, abbiamo deciso di mantenere la gestione diretta del bene demaniale pubblico e, dunque, la gestione diretta del servizio pubblico di ormeggio da diporto e portuale, attraverso la predisposizione di un piano industriale in grado di assicurare la sostenibilità economica dell’iniziativa, ora all’esame degli istituti pubblici finanziatori. Quali vantaggi derivano da questo modello? Il mantenimento della gestione diretta consente di non ester-

nalizzare i ricavi così come accade nell’ambito delle società e imprese di diritto privato puro, orientate alla logica della massimizzazione dell’utile di impresa. Relativamente alla gestione diretta nelle Società partecipate in parte dallo Stato e da Enti locali, come in questo caso, il beneficio consiste nella possibilità di avvalersi di know-how specialistici, rinvenienti dal socio privato, e, da un punto di vista pubblicistico, di reimmettere gli utili di gestione a vantaggio del territorio. Questo determina, nel lungo periodo, un crescente abbattimento dei costi del servizio in favore dell’utenza, tant’è vero che in alcuni porti francesi i costi di attracco di ormeggio sono più bassi di quelli dei porti italiani. Tale fenomeno, talora, è favorito anche tramite l’intervento dello Stato con regimi fiscali agevolati per i settori strategici, senza che si risolvano, ovviamente, in Aiuti di Stato indiretti. Nella foto, a sinistra, l’avvocato Antonio Bufalari, Ad della Capo d’Anzio spa e l’avvocato Alessio Mauro, Presidente.

UNA STRATEGIA PER LA NAUTICA “Il sistema della nautica da diporto italiano ha subito negli ultimi anni una significativa flessione verso il basso, cui si potrebbe far fronte con una politica economica mirata alla riqualificazione complessiva del settore con interventi legislativi e finanziari ad hoc che siano in grado di invogliare i numerosissimi armatori che si sono spostati verso l’estero a tornare a frequentare le coste italiane”. Lo spiega l’avvocato Antonio Bufalari, amministratore delegato della Capo d’Anzio spa, specializzato in diritto amministrativo e legal counsel del gruppo Marinedi, con all’attivo la gestione di otto infrastrutture portuali turistiche, tra i quali Marina di Procida, Villasimius, Teulada, Balestrate, Cagliari, Forio d’Ischia, Presidi (Porto Ercole). “Sebbene si stia registrando una moderata ripresa – sottolinea - una maggiore sensibilizzazione del legislatore sul tema strategico della nautica potrebbe contribuire positivamente alla ripresa di un settore che, per anni, ha costituito un’eccellenza italiana sia per fatturato che per occupazione”.

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LE CONTRADDIZIONI DELLA CITTÀ

FIORENTINI “PIAGNONI” Marcello Mancini

Q

uanti hanno visto in tv la saga dei Medici - anche il film di Dan Brown, Inferno - si sono fatti l'idea che i fiorentini siano un popolo di cospiratori, traditori, calcolatori, corrotti e cinici. Il peggio del peggio. A star dietro alle denunce di fra Girolamo Savonarola, il monaco che nel Quattrocento predicava contro il degrado dei costumi proprio della famiglia Medici e dell'edonismo rinascimentale, e per questo fu bruciato in piazza della Signoria, Firenze si porta dietro quel marchio, che distingue una città ambiziosa, che s'infischia della moralità pubblica e si dedica alla ricerca della ricchezza e del benessere. Da un lato, quindi, la dissolutezza del potere, dall'altro la mortificazione del popolo semplice, degli arrabbiati che denunciano e si lamentano. Caratteristica, anche questa, rimasta addosso ai fiorentini, dal tempo rinascimentale, quando i seguaci di Savonarola venivano per l'appunto chiamati "piagnoni". La Storia dilata l'anima di un popolo, la lente del tempo aiuta a capire ma allo stesso tempo distorce l'immagine sulla quale si sovrappongono le letture delle generazioni passate. Quindi anche le caratteristiche affilate dei fiorentini di sei secoli fa, sono diventate più dolci benché conservino le asprezze di un carattere inimitabile. Per esempio, piagnoni sono rimasti, i fiorentini. Ma spesso con qualche giustificata ragione. Ora, dopo aver vissuto la stagione di potere del giovin signore Matteo Renzi, al quale avevano consegnato le illusioni e le aspirazioni di riscatto, così come avevano fatto con i Medici nel Quattrocento, si guardano intorno per vedere che cosa è diventata Firenze e se quella che hanno provato e immaginato è gloria duratura. Sia chiaro, il giudizio che vale per la stagione renziana vista da Roma, non ha ovviamente la stessa dimensione se si misura da Firenze. Il passaggio di Renzi ha lasciato un segno, meno appariscente di quanto si possa immaginare. Non ci sono state grandi trasformazioni urbanistiche, né investimenti degni di un Lorenzo il Magnifico, perché per quattro anni di governo, le scelte legate allo sviluppo, che si sarebbero portate dietro anche grandi polemiche, sono rimaste congelate. Tuttavia il renzismo a me sembra che abbia scosso Firenze, questa città straordinaria che si è incardinata al passato per troppo tempo e si è negata una nuova personalità. Suc-

cube di obblighi storici che le hanno impedito ogni impronta di modernizzazione. I metodi spicci di Renzi sindaco hanno dato una spinta al traccheggio, cambiando almeno il modo di ragionare e dimostrando l'urgenza di decidere. Un sistema di governo che non ha potuto applicare a Roma, dove il presidente del consiglio, non è il "sindaco d'Italia" e dove l'apparato democratico ha altri tempi e altri necessari doveri. E c'è un Parlamento, che non è il consiglio comunale. Nei decenni passati, Firenze si è incartata nelle polemiche, ostaggio di consultazioni interminabili, delle trattative sindacali, delle concertazioni senza obiettivo. Oggi il sistema dei trasporto pubblico viene gestito privatamente e non ha

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più il freno a mano tirato sotto ricatto di scioperi e rivolte. Le categorie economiche non hanno più il potere di veto su ogni tentativo di modificare lo status quo, ha prevalso il piglio decisionista di chi viene eletto dal popolo per governare e non per trastullarsi con le chiacchiere intorno a un tavolo. Non si può dire, tuttavia, che Firenze si sia trasformata. O che abbia avuto una spinta verso lo sviluppo che sarebbe stato necessario. Oggi la città è un cantiere aperto, bucherellata da ruspe e trivelle, sta attraversando un percorso accidentato proiettate verso un destino incerto. Immense voragini che avrebbero dovuto preparare la linea sotterranea per i treni ad alte velocità, potrebbero essere inservibili perché le Ferrovie hanno cambiato idea sul passaggio fiorentini. Ma

ora che si fa? Si ricoprono tutti gli scavi che hanno sventrato il corpo della città? La stazione della Tav, progettata da Norman Foster, sulla quale anche Renzi da sindaco mise bocca senza successo, è una spesa ritenuta superflua perché potrebbero essere sufficienti le stazioni di superficie che già ci sono, a cominciare da Santa Maria Novella. E tutti i soldi già utilizzati per cominciare i lavori? E i contratti? L'occupazione? Firenze vista dall'alto, oggi è un paesaggio lunare, nel quale si smarrisce anche il tom-tom. L'unica certezza sono le linea della tramvia di superficie che dovrebbero essere finite e operative fra un paio d'anni, una soluzione osteggiata da parecchi fiorentini ma strategica per consentire la mobilità urbana. E ci si lamenta per i disagi, perché i fiorentini sono i soliti "piagnoni". Hanno qualche ragione, però. La città che prova a trasformarsi con fatica, chiude il conto con almeno cinquant'anni di ripensamenti. Prendete l'aeroporto, che fa piccoli passi verso il potenziamento, mentre il mondo corre e la piccola Peretola ha le gambe sempre troppo corte. E' insufficiente per il volume e la qualità dei passeggeri. Frena il turismo ma, quel che è più grave e importante, impedisce soprattutto che le grandi aziende crescano e i grandi imprenditori decidano di investire a Firenze, perché con un aeroporto che due gocce di pioggia fanno chiudere, non ci si può spostare da e per Firenze, con la rapidità necessaria. Sotto questo profilo, bisogna dire che Renzi ha fatto più da lontano, cioè da Palazzo Chigi, che non da Palazzo Vecchio. Perché i fiorentini hanno riscoperto l'orgoglio di sentirsi al centro del mondo, corteggiati, vezzeggiati, invidiati, concittadini di un nuovo Cavour o di un nuovo De Gasperi. Poi le cose sono cambiate La città è tornata normale e forse così è anche più semplice risolverli, i problemi che si ritrova, senza lo sguardo inquisitorio di Palazzo Chigi. Recuperare il tempo perduto è difficile. Pesa probabilmente il dna di un popolo che non riesce a guardare oltre l' ombelico di piazza della Signoria e si rifugia dentro la propria storia. Aveva ragione sir Harold Acton, illustre anglo fiorentino, che ha attraversato il Novecento da protagonista della vita culturale e mondana: "Mentre il nucleo della Firenze antica rimane intatto alla superficie, la sua atmosfera sociale è completamente cambiata dopo gli anni Trenta. Allora era soavemente cosmopolita. Ora è puramente provinciale".

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BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ROMA

LA FORZA DEI NOSTRI NUMERI Katrin Bove

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ntervista al Direttore Generale della Banca di Credito Cooperativo di Roma Mauro Pastore: “Ci confermiamo Banca solida, patrimonializzata e punto di riferimento per i territori in cui operiamo. La riforma del Credito Cooperativo ci vede entrare nel nuovo Gruppo come prima BCC italiana e al vertice tra le banche medie in generale” Il 2016 è stato un anno da dimenticare per il sistema bancario italiano. E per la BCC di Roma? In effetti il 2016 è iniziato in modo critico per le banche, con i timori legati al bail in, che alla fine del 2015 aveva interessato quattro medi istituti colpendo i risparmi di tanti clienti, e le paure delle persone sulla solidità degli intermediari. L’anno però è terminato bene, con la decisione del Governo di stanziare 20 miliardi per ricapitalizzare e garantire la liquidità delle banche in crisi e il rinvio del completamento del sistema di regole predisposto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, conosciuto come Basilea 4, che, secondo le stime della Federazione bancaria europea, costerebbe di ricapitalizzazioni supplementari per il sistema europeo 860 miliardi. Per quanto ci riguarda i numeri relativi al 2016 evidenziano la nostra ulteriore crescita. Secondo i dati di preconsuntivo, la raccolta diretta è aumentata del 4,2% a 9,5 miliardi di euro mentre la raccolta totale è cresciuta del 2,5% a 11,3 miliardi; gli impieghi hanno superato i 7 miliardi con un incremento del 3,3% a fronte dello 0,5% del sistema bancario. I crediti deteriorati sono sotto controllo. Dal lato economico i margini risultano soddisfacenti. Pur con costi operativi in aumento, per l’incremento delle agenzie e del perMauro Pastore sonale determinato dalle recenti ac-

quisizioni e incorporazioni, il risultato è positivo. Ci confermiamo dunque banca solida, patrimonializzata e punto di riferimento per i territori in cui operiamo, soprattutto in riferimento a famiglie e piccole imprese. Il 2017 si è aperto con l’ennesima acquisizione, quella della BCC di Frascati. Sarà ancora possibile in futuro allargare il perimetro della BCC di Roma? La BCC di Frascati era una piccola banca con un solo sportello a Vermicino, nel territorio del comune di Frascati. Una realtà con 13 dipendenti, 29,6 milioni di euro di crediti alla clientela e una raccolta diretta di 47,1 milioni di euro che aveva chiuso l’esercizio 2015 con una perdita e senza un prevedibile futuro ritorno all’utile. Si è trattato quindi di un salvataggio, realizzato in piena armonia con la Federazione BCC Lazio Umbria Sardegna. L’acquisizione, oltre a rappresentare per noi un naturale completamento e rafforzamento in un’area contigua, è stata un’operazione attuata in spirito cooperativo nei confronti di una BCC in difficoltà operative per le piccole dimensioni che non consentono quelle economie di scala necessarie oggi per operare proficuamente. Il nostro intervento consentirà di rilanciare l’attività creditizia e commerciale sulla base di una più ampia gamma di servizi e di prestazioni creditizie, salvaguardando i posti di lavoro. Noi confidiamo che nell’immediato futuro non servano più queste operazioni di soccorso. Tuttavia non possiamo escludere di essere coinvolti in altre operazioni di carattere straordinario. Quali risultati, eventi straordinari esclusi, vi attendete per l’esercizio 2017 appena cominciato? Per il 2017 ci attendiamo risultati

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ancora positivi, in continuità con gli ultimi esercizi, auspicando un miglioramento del contesto economico generale che rimane indubbiamente la variabile fondamentale. Infatti, i risultati economici degli ultimi anni sono stati influenzati dagli importanti accantonamenti a copertura dei crediti deteriorati conseguenti alle perduranti difficoltà di famiglie e imprese. Senza contare, soprattutto, il peso dei contributi straordinari per il salvataggio delle banche in difficoltà, sia ordinarie attraverso il Fondo di risoluzione nazionale, sia BCC attraverso i fondi di intervento del Credito cooperativo italiano. In favore del Fondo di risoluzione, nel 2015, oltre la contribuzione ordinaria, la banca ha dovuto sostenere un ulteriore esborso straordinario di 7,8 milioni di euro che ha impattato sul conto economico; nel 2016 l’esborso straordinario è stato di ulteriori 6,4 milioni. A queste cifre si aggiungono poi, come dicevo, i contributi per le BCC in crisi, già erogati negli anni passati, e diversi altri per il 2017 che verranno gestiti attraverso il nuovo Fondo temporaneo. Contiamo in ogni caso per il 2017 su un apporto positivo dal consolidamento e dalla ulteriore valorizzazione delle 39 nuove agenzie derivanti dalle acquisizioni e incorporazioni che abbiamo effettuato negli ultimi due anni. Che ne sarà della Federazione delle BCC Lazio Umbria Sardegna di cui proprio la BCC di Roma è la prima

componente per dimensioni? La Federazione BCC Lazio Umbria Sardegna, che ben conosco anche per esserne stato direttore sino al 2004, è un organismo associativo che eroga servizi funzionali alla vita delle BCC, soprattutto quelle di piccola dimensione, con una struttura professionale snella e competente. Auspico che tali competenze non vengano disperse e che le Federazioni locali efficienti, come la Federazione Lazio Umbria Sardegna, possano divenire terminali operativi del nuovo Gruppo bancario cooperativo a cui aderiranno la maggioranza delle BCC italiane. Mi riferisco al Gruppo bancario promosso da Iccrea Banca, al quale la nostra banca ha deciso di aderire e rispetto al quale dovrà pronunciarsi l’assemblea dei soci nella prossima primavera.

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Quale sarà il futuro della BCC di Roma alla luce delle modifiche introdotte nel sistema del Credito cooperativo? Il 2016 è stato senz’altro l’anno della riforma del Credito cooperativo, che ci ha impegnato a lungo. Per le BCC si addiverrà a un sistema più coeso e forte. Purtroppo non si è giunti a una soluzione unitaria, che non è risultata percorribile, ma ciò non toglie che si recupererà maggiore efficienza e il sistema nel suo complesso acquisterà maggiore solidità e visibilità. La nostra banca si presenta all’appuntamento con numeri di tutto rispetto. Con 185 agenzie (l’ultima, dal 1° gennaio, ci proviene dall’acquisizione della Banca di Frascati) siamo di gran lunga la maggiore BCC italiana e, a breve, per la trasformazione delle ultime grandi banche popolari in società per azioni, anche la prima cooperativa bancaria italiana. Secondo il recente studio della rivista specializzata “Banca Finanza”, pubblicato a dicembre sulla base dei bilanci 2015, tra le banche italiane di medie dimensioni risultiamo quinti per solidità. Le quattro banche in classifica prima di noi, però, sono istituti particolari, che si occupano di credito al consumo o gestioni patrimoniali o sono prive di sportelli. Tra le banche medie “tradizionali”, insomma, siamo i primi per la forza del nostro patrimonio. Entriamo nel Gruppo, quindi, consapevoli dei nostri numeri e della nostra autorevolezza.


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IL CONSORZIO RECUPERO INERTI

COREINE, PRESIDIO AMBIENTALE Il Consorzio recupero rifiuti inerti (Coreine) è un’organizzazione che si propone di migliorare la gestione complessiva dei rifiuti da costruzione e da demolizione azzerandone lo smaltimento abusivo. E’ presieduto da Giuseppe Pucci con vice presidente Valter Ciarrafoni e consigliere Filippo Bizzarri. Il Coreine si è costituito su base volontaria nel 2008 per raccogliere le imprese titolari di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti inerti nel Lazio. Fin dalla fondazione, il Consorzio si è proposto come interlocutore della Pubblica amministrazione per la soluzione dei numerosi problemi esistenti nel settore, in particolare con l’adozione di procedure condivise tra la stessa PA e le aziende. Nel contempo, ha promosso tra le imprese associate soluzioni tecniche per: 1) migliorare gli standard gestionali degli impianti; 2) ridurre l’impatto delle attività sulle matrici ambientali;: 3) fare meno ricorso alle cave e maggior ricorso al riciclaggio dei rifiuti inerti allo scopo di tutelare maggiormente l’ambiente e il paesaggio. Il Coreine mira al miglioramento della gestione dell’intera filiera di recupero dei rifiuti inerti, che va dalla produzione del rifiuto alla vendita delle materie prime secondarie. L’esperienza acquisita in molti anni di attività nel settore e la conoscenza dei problemi del territorio fanno del Consorzio un soggetto qualificato e deciso ad assumere un ruolo attivo nella

gestione di una materia così complessa ma altrettanto ricca di opportunità quale il mondo del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e da demolizione. Il Coreine, da un lato, fornisce assistenza continua e aggiornata sulla normativa vigente agli impianti consorziati; dall’altro, promuove un dialogo costante con gli enti pubblici per soluzioni ai problemi di carattere generale che emergono nell’applicazione delle norme dedicate al settore. Il Consorzio si occupa in special modo di: 1) promuovere presso gli impianti consorziati l’adozione di standard gestionali conformi alla norma Iso 14001 nonché la certificazione delle materie prime secondarie secondo le norme vigenti; 2) organizzare seminari di aggiornamento professionale sul tema delle gestione dei rifiuti inerti; 3) istituire un tavolo di lavoro con Comuni e Province del Lazio per stabilire procedure attuative delle leggi nazionali e regionali tramite la sottoscrizione di accordi di programma e di linee guida. Il Coreine ha attivo un programma di seminari e di convegni finalizzati a offrire una formazione costante nel tempo ai propri associati e agli operatori pubblici e privati del settore. Mentre i convegni sono aperti al pubblico, per la partecipazione ai seminari formativi, aziende associate o convenzionate escluse, è richiesta una quota di iscrizione.

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PARLA IL PRESIDENTE

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“STANDARD QUALITATIVI”

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residente Pucci, che cos'è e a che cosa mira il Coreine? Il Coreine è un'associazione di imprese che gestiscono rifiuti da costruzione e demolizione. Nei nostri impianti i rifiuti vengono recuperati e riciclati per costituire nuovi materiali da utilizzare nei cantieri oppure, nel caso di rifiuti non recuperabili, vengono smaltiti in discariche dotate di tutti i presidi ambientali. Il Coreine mira a raggiungere elevati standard qualitativi per i propri associati, nella convinzione che ciò si possa tradurre in migliori performance economiche oltre che ambientali. È evidente che gli aggregati riciclati non hanno tutte le potenzialità degli inerti naturali, che rimangono insostituibili per alcune applicazioni, calcestruzzi strutturali e così via, ma risultano sicuramente ottimi per malte, rilevati e sottofondi stradali. Senza nulla togliere all’industria estrattiva, quindi, devo comunque sottolineare che le nostre imprese, con il loro lavoro, consentono un risparmio delle risorse naturali non rinnovabili, sottraendo all’ambiente rifiuti per la produzione di materiali rinnovati. Che ruolo il Coreine ha nella tutela del territorio e dell'ambiente? Rientra nell'ordine delle cose che il nostro lavoro porta beneficio al territorio e all'ambiente. I nostri impianti

I rifiuti inerti non sono di per sé pericolosi, ma è il loro smaltimento abusivo che ne fa un problema. L'abbandono dei rifiuti, infatti, oltre a costituire un danno economico per i comuni che si ritrovano a dover sanare le aree oggetto di scarichi illeciti (fossi, bordi stradali e addirittura parchi pubblici), costituisce degrado paesaggistico e ambientale del territorio. Si deve osservare che il normale Giuseppe Pucci costo di conferimento sono stati autorizzati a seguito di lundei rifiuti da demolizione è di gran ghe istruttorie, nelle quali gli uffici lunga inferiore al costo del medesimo competenti hanno rilasciato il proprio rifiuto abbandonato su aree pubbliche, parere e le relative prescrizioni. In perché quest'ultimo deve essere oggetto altre parole, i progetti presentati sono di una attività di bonifica dell'area stati esaminati con molta attenzione. che fa lievitare i costi unitari, peraltro Successivamente, prima di avviare la sostenuti dalla collettività. propria attività, gli impianti sono stati Ritiene la normativa attuale in tema collaudati, spesso durante il normale di inerti sia adatta alle imprese e alesercizio i diversi organi preposti (Prol'ambiente? O servono dei correttivi? vince, Arpa, Carabinieri del Noe e E, in questo caso, quali? così via) svolgono le regolari attività Da tempo riteniamo che la normativa di controllo. È chiaro che dopo tanto ambientale lasci spazi a dubbi e interlavoro e tanti investimenti è interesse pretazioni e per questo abbiamo, nel delle aziende preservare la propria atcorso degli anni, promosso tavoli tectività adottando la migliore gestione nici con la Pubblica amministrazione, negli impianti. che a volte hanno portato a documenti Dall'altra parte i nostri "avversari" con preziose indicazioni per la gestione sono gli abusivi che, commettendo delle nostre attività. Importante, in illeciti, creano danni al territorio oltre tal senso, è stata una Deliberazione che alle nostre aziende, e purtroppo i che nel 2012 la Regione Lazio ha dati di cui disponiamo indicano che emanato: si tratta di linee guida fonancora oggi gli illeciti sono troppi. damentali per chi svolge il nostro la-

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voro. La Regione ha utilizzato in questo caso un approccio che riteniamo molto corretto e vincente, convocando sin dall’inizio un tavolo di lavoro con tutti gli attori interessati: gli enti che rilasciano le autorizzazioni, Comuni e Province, l’ArpaLazio che effettua i controlli e le associazioni di categoria, fra cui il Coreine, che hanno contribuito a sviluppare un confronto utile a produrre uno strumento veramente efficace e aderente alla realtà, invece dell’ennesima normativa calata dall'alto. Nello sforzo di conciliare le visioni e gli obiettivi di tutti gli attori in gioco si sono create sinergie positive. Credo, però, che queste esperienze siano ancora molto limitate e forse legate alla buona volontà di singoli, mentre ritengo che dovrebbe essere uno stile di lavoro per tutti. Auspico che la Regione Lazio organizzi istituzionalmente e periodicamente tavoli tecnici dove ci sia un confronto sia per l'elaborazione di normative tecniche che per la revisione di quelle esistenti dato che, com’è facile immaginare, le tecnologie nel campo dei rifiuti sono in continua evoluzione. Quali obiettivi si pone il Coreine per il 2017?

Attualmente stiamo dialogando con il Comune di Roma Capitale per contrastare il fenomeno dell'abbandono illegale dei rifiuti, senza peraltro aggiungere ulteriori obblighi normativi ma prevedendo la necessità di autocertificazioni sul corretto conferimento dei rifiuti nel rispetto della normativa. Il 25 novembre scorso la Giunta capitolina ha deliberato delle indicazioni ai propri uffici che rilasciano titoli edilizi, consistenti in una modulistica unificata da adottare per la tracciabilità dei rifiuti. Sono in corso dei tavoli tecnici per la sottoscrizione di protocolli tra Roma Capitale e le associazioni di settore, tra le quali il Coreine, per il miglioramento della filiera della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti. In conclusione si può affermare che larga parte degli obiettivi del COREINE coincidano con quelli dell'intera collettività. Ritengo che la corretta gestione della filiera dei rifiuti da costruzione e demolizione comporti favorevoli ricadute occupazionali, una riduzione dei costi sociali connessi agli smaltimenti abusivi, di cui si fanno carico gli enti locali, e una ricaduta ambientale assolutamente positiva. (Ge.Lo.)

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DOS SAN SIER ITÀ

ASSUNZIONI E INIZIATIVE IMPRENDITORIALI

GRUPPO MENARINI, SFIDE MONDIALI

I

l 2016 per la farmaceutica Menarini si è confermato un anno positivo per assunzioni e nuove iniziative imprenditoriali. Nel 2016 sono state più di 500 le nuove assunzioni, tra Italia ed estero, che si aggiungono al totale di oltre 16000 dipendenti nel mondo, dove Menarini ha un fatturato che supera i 3,5 miliardi di Euro e presenza in 130 paesi al mondo. Le opportunità occupazionali all’interno di Menarini si sono confermate molteplici, in quanto le attività del Gruppo spaziano dalla produzione di farmaci di altissima qualità nei 15 stabilimenti produttivi, alla ricerca in oncologia e in nuove tecnologie nell’ambito dei vaccini, sino alle attività di lancio sul mercato nazionale ed internazionale di nuove molecole innovative per la farmaceutica. Molte anche le sfide imprenditoriali intraprese. A marzo è stata annunciata la creazione di VaxYnethic, joint venture tra la sua controllata Menarini NewTech e BiosYnth, azienda pioniera nell'ambito delle tecnologie per la produzione di vaccini coniugati. VaxYnethic, che ha sede a Rapolano (Siena), lavorerà ad una nuova tecnologia che permetta di velocizzare i processi di produzione biofarmaceutica, e collaborerà con altri players presenti nel mercato per diminuire i tempi di produzione dei vaccini, e soddisfare la domanda crescente nel mondo.

Tra le acquisizioni e gli ampliamenti di sedi del 2016 vi sono state: l’inaugurazione di un nuovo ufficio scientifico in Egitto a Il Cairo, a febbraio, e una nuova e ampliata sede operativa a Bologna per Menarini Silicon Biosystems, azienda del gruppo che ha brevettato la tecnologia DEPArray® e opera nel settore healthcare e della medicina personalizzata, analizzando dallo studio di singole cellule la complessità biologica di molte patologie. A maggio invece è stato acquisito uno stabilimento chimico in Lombardia, Lodichem, un piccolo “gioiello” tricolore nella produzione dei principi attivi farmaceutici. L’impianto, in grado di produrre principi attivi e intermedi, si affiancherà in una sinergia virtuosa agli altri impianti chimici di Menarini situati a Pisa e Lomagna (Lecco), e grazie a un investimento di 10 milioni di euro sarà potenziato e migliorato. A settembre scorso l’azienda ha ultimato l’ampliamento della sede a Berlino in Germania. Si tratta di 5 nuove strutture, alcune create ex novo, altre ristrutturate, per un investimento totale di 60 milioni di Euro, su una superficie totale di 14.000 metri quadrati. A Berlino, il Gruppo Menarini possiede ben due stabilimenti produttivi e un centro di Ricerca & Sviluppo specializzato in sviluppo preclinico e ricerca clinica. Quella di Berlin Chemie Menarini nella capitale tedesca è

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una delle sedi dell’azienda che, dal 1992, è stata acquisita da Menarini e ha segnato ininterrottamente l’espansione del gruppo farmaceutico italiano in Germania e nei paesi più importanti del Centro e dell’Est Europa, e nell’area del Caucaso. Numerosi anche i contratti di ricerca e sviluppo siglati da Menarini con altre aziende leader nel mondo. A dicembre è stato firmato l’accordo per la cessione a Menarini Silicon Biosystems del business CellSearch CTC dall’americana Janssen Diagnostics LLC, nell’ambito dell’analisi genetica delle cellule. Poche settimane prima, sempre in ambito oncologico, BerlinChemie Menarini e Chugai Pharmaceutical Co., Ltd. avevano annunciato di aver sottoscritto un accordo di licenza esclusiva mondiale per PA799, un inibitore degli enzimi PI3K di classe I. Costante e proficuo è stato anche l’impegno in varie attività di responsabilità sociale. Tra queste il Progetto rete pe-

diatri antiabuso sui bimbi. La farmaceutica Menarini ha deciso di sostenere un progetto educazionale rivolto ai pediatri e ai medici di famiglia italiani, unico a livello mondiale, per costruire

toscana a disputare a livello agonistico il basket in carrozzina in due campionati nazionali: il campionato nazionale giovanile e la serie B nazionale ; progetto sportivo anche il P.I.T.A. (progetto di intervento terapeutico in acqua) realizzato a Firenze con il sostegno dell’azienda, che offre un intervento di psicomotricità relazionale in acqua a bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico (DSA) e plurihandicap, e ad oggi è rivolto a 136 bambini. A Firenze la scorsa estate Menarini è stata, inoltre, tra i sostenitori dei Trisome Games, le prime “olimpiadi” dedicate ad atleti con sindrome di Down, alle quali si sono iscritte oltre 30 nazioni provenienti dai 5 continenti con la presenza di quasi 800 atleti. Consegnati infine ulteriori appartamenti Lucia e Alberto Giovanni Aleotti di edilizia popolare del Comune di Firenze, ristrutturati una rete di professionisti contro gli dall’azienda, che ha in questi anni inabusi sui bambini, che sarà composta vestito per rimettere nelle disponibilità da 15 mila medici “sentinella”. delle famiglie bisognose 30 appartamenti In ambito sportivo prosegue il supporto in 3 anni in vari quartieri della città. alle Volpi Rosse Menarini, l’unica realtà (Redazione NF)

PRESENZA NEL MONDO Il Gruppo Menarini, nato nel 1886, è presente in più di 130 paesi del mondo, e il suo Headquarters è a Firenze. L’internazionalizzazione, iniziata negli anni ’60, ha consentito un’espansione del Gruppo nei paesi di Unione Europea, Europa centrale e orientale, e dall'ex Unione Sovietica alla Turchia, in Africa e Medio Oriente, Centro e Sud America. Dal 2011 la sua presenza si è estesa anche in 13 mercati dei principali paesi emergenti dell’area Asia-Pacifico, con base a Singapore, e dal 2013 negli Stati Uniti con aziende del Gruppo. Menarini possiede 6 centri di Ricerca e sviluppo tra Berlino, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Barcellona. La produzione farmaceutica, invece, è realizzata nei 15 stabilimenti produttivi.

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EARTH MOTHER PROJECT

MORINGA, ELISIR DI LUNGA VITA Germana Loizzi

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n progetto di business umano, questo è Earth Mother Project, che senza mai rinunciare alla sua vocazione eco-sostenibile ed equosolidale, persegue il raggiungimento di obiettivi aziendali, ma ponendo la massima attenzione alla tutela dell’ambiente, delle persone e degli animali. Il suo core business? La gestione di una piattaforma agro-economica, fondata sulla produzione di materie prime, frutta tropicale e prodotti agricoli. Dalla materia prima al prodotto finale, appunto “dal seme alla capsula”. Partendo dai valori della eticità, della trasparenza e dell’approccio umano al business aziendale, nasce la nuova business unit, Human Food, che ha l’obiettivo di introdurre sul mercato la linea di integrazione naturale ViviMoringa. Si tratta di una linea di sette integratori studiati per soddisfare diverse esigenze, e che hanno tutti in comune il fatto di essere completamente realizzati con Moringa in purezza. La Moringa oleifera è una pianta di origini antichissime che arriva dall’India subcontinentale ed è coltivata in molti paesi dell’area sub-tropicale, tropicale ed equatoriale del pianeta come Etiopia, Filippine, Sudamerica (Cuba, Paraguay o Repubblica Domenicana). Appartenente alla famiglia delle moringaceae, l’albero della Moringa cresce velocemente anche in terreni poveri, è in grado di sopravvivere anche per lunghi periodi di siccità e può raggiungere i 15 metri di altezza. Tutta la pianta è commesti-

bile. Le foglie sono verdi, hanno un sapore leggermente piccante simile al ravanello, possono essere consumate crude e sono ricche di proteine, vitamine e sali minerali. Le radici e il tronco vengono invece utilizzati come foraggio per gli animali, mentre i fiori, piccoli e di colore bianco crema, sono ottimi produttori di nettare per le api. I frutti sono grandi baccelli a sezione triangolare, affusolati e appuntiti (30-45 cm di lunghezza). I semi di colore scuro, contenuti nel frutto, rassomigliano a fagioli dalla forma tondeggiante, in essi risiede oltre un terzo di olio con la più alta percentuale di permeabilità tra gli olii conosciuti. La Moringa è considerata un vero e proprio elisir di lungavita, infatti è chiamata anche “pianta della vita” o “albero miracoloso”, trovando diverse applicazioni nutrizionali e farmacologiche. In molti paesi è stata scelta come cibo perfetto per combattere la malnutrizione ed è uno dei migliori rimedi in caso di carenza di ferro. La FAO, ad esempio, ha sviluppato interventi mirati in molti paesi in via di sviluppo, evidenziando soprattutto il grande potere che ha la Moringa di sviluppare le difese immunitarie e prevenire malattie e infezioni. Considerata la pianta più nutriente sulla Terra, rientra certamente di diritto nella categoria dei “superfood”, cioè tutti quegli alimenti, frutta e verdure in modo particolare, il cui contenuto di nutrienti conferisce un beneficio per la salute

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maggiore rispetto ad altri, come anche l’alga spirulina, il cacao grezzo, le bacche di goji, i semi di chia e il ginseng. Secondo studi clinici, la Moringa ha infatti un contenuto di calcio 17 volte maggiore del latte, un contenuto di potassio 15 volte maggiore delle banane, un contenuto di vitamina A 10 volte maggiore delle carote, un contenuto di proteine 9 volte maggiore dello yogurt, un contenuto di clorofilla 4 volte maggiore dell’erba, un contenuto di ferro 25 volte maggiore degli spinaci, possiede oltre 92 nutrienti, 46 tipi di antiossidanti, 36 antinfiammatori, Omega 3-6-9, 18 amminoacidi, compresi i 9 amminoacidi essenziali e Vitamine dalla A alla Z. Per tutte queste sue ineguagliabili caratteristiche ViviMoringa, che è parte


del progetto EarthMother, ha deciso di dare il via alla produzione e commercializzazione della Moringa oleifera, una linea di supplemento nutrizionale che si differenzia per le numerose certificazioni: 100% Vegan, Senza Glutine, Senza Lattosio e “Filiera Garantita”. Vitalint è l’integratore capace di rafforzare il corpo in modo naturale, fronteggiando lo stress psico-fisico, ottimo per chi pratica sport sia a livello amatoriale che agonistico, perché ricco di principi attivi tonico-adattogeni e con un forte potere antiossidante, utile in tutti i casi di ridotto apporto con la dieta o aumentato fabbisogno. Inoltre associato a uno stile di vita sano può prevenire l’innalzamento dei livelli di zucchero nel sangue, oltre a consentire il giusto apporto di vitamine, proteine e antiossidanti. Un altro problema assai frequente ai nostri giorni è il sovrappeso, che può sfociare, nei

casi più gravi, in obesità. Stress, nervosismo e predisposizione genetica fanno poi la loro parte, con nefaste conseguenze sul metabolismo, ovvero quel processo biochimico per cui una sostanza viene trasformata in un altra grazie ad una serie di enzimi. Slimaful permette di velocizzare questo processo e rendere più efficace l’assimilazione degli alimenti che ingeriamo, oltre a dare un freno psico-fisico al nostro senso di sazietà. Ideale invece per chi fa una vita molto sedentaria, per chi ha problemi di stitichezza o soffre della sindrome del colon irritabile è il Morlax, integratore a base di Moringa oleifera, foglie e semi, con Aloe, Frangula e Boldo per regolarizzare il transito intestinale e Finocchio per l’eliminazione dei gas. Un corretto processo di vasodilatazione è indispensabile per permettere all’organo sessuale maschile di raggiungere l’erezione. Viria combatte la disfunzione erettile e permette un’erezione sana e duratura, inibendo l’azione dell’enzima presente nella muscolatura liscia dei corpi cavernosi del pene, detto Fosfodiesterasi PDE5, il quale determina il rilassamento della muscolatura liscia. Adatto anche a un pubblico

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femminile, ha la capacità di stimolare la libido. A breve la linea Viria verrà ampliata con l’obiettivo di soddisfare esigenze specifiche, maschili e femminili, collegate alla sfera sessuale. La Moringa può essere un valido alleato per le donne anche durante la fase dell’allattamento. Natalat è in grado di aumentare la produzione di latte e rifornirlo con vitamine e proteine necessarie per la salute del bambino, oltre a rappresentare un sostegno reale per la mamma riducendo lo stress, ripristinando l’equilibrio psico-fisico e facilitando la circolazione sanguigna. L'alto potere antinfiammatorio della pianta aiuta a prevenire le affezioni delle vie respiratorie. In particolare l’attività antibatterica si è dimostrata efficace nei confronti del Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus, due delle principali cause dell’asma bronchiale. Pranawell è un integratore naturale al 100% e con caratteristiche tipiche degli analgesici, quindi antinfiammatorio e batteriostatico che può migliorare la capacità polmonare, facilitare la secrezione bronchiale e permettere una respirazione sana e fluida. Ad altissima capacità antiossidante, la Moringa oleifera in capsule, integratore interamente costituito da foglie e semi di Moringa, aiuta a contrastare la formazione di radicali liberi, introdotti nel nostro organismo da cibo, fumo e inquinamento. Rafforza le difese immunitarie, sostiene la funzione digestiva e va a colmare, carenze nutrizionali di ferro e microelementi. Ideale per chi osserva una dieta vegana o vegetariana grazie a l’alto contenuto di proteine vegetali.


BOSTON SCIENTIFIC ITALIA

ECCELLENZE & LONGEVITÀ Dottor Stefanelli, un impegno da far tremare le vene dei polsi se si considera l’andamento della spesa sanitaria negli ultimi anni e le previsioni… Il Def 2016 prevede che nel 2019 il finanziamento del Servizio sanitario nazionale corrisponda al 6,5% del Pil, una soglia che non solo mina la qualità dell’assistenza, ma rischia di ridurre l’aspettativa di vita come emerso, per la prima volta, dal Rapporto OsservaSalute 2015 e dal Rapporto Istat 2016. Secondo le previsioni del Def, nel triennio 2017-2019 il Pil crescerà, in media, del 2,8% ogni anno mentre la spesa sanitaria aumenterà a un tasso medio annuale dell’1,5%: questo significa che da 113,3 miliardi di euro stimati per il 2016, la spesa sanitaria dovrebbe salire a 114,7 miliardi nel 2017, a 116,1 nel 2018 e a 118,5 nel 2019. In realtà, negli ultimi anni la Sanità ha ricevuto sempre meno di quanto previsto. La Corte dei Conti ha segnalato che, in 32 mesi, da 117,6 miliardi stimati dal Def 2013 siamo scesi a 116,1 miliardi nel 2014, a 113,4 miliardi nel 2015, per arrivare nel 2016 a un finanziamento reale di 111 miliardi, comprensivi di 800 milioni da destinare ai nuovi Lea, i livelli essenziali di assistenza. Può illustrarci la posizione e le proposte delle imprese su questo tema? Mi consenta di citare qualche cifra, per inquadrare correttamente il comparto biomedicale in Europa, la sua dimensione e il suo ruolo economico. Le società del settore sono attualmente 25mila, con oltre 575mila dipendenti,

un fatturato intorno a 100 miliardi di euro e il più alto numero di brevetti registrati, circa 11.124 nel 2014. Si aggiunga, a questo, il fatto che l’onere degli investimenti in ricerca & sviluppo è ancora, per la quasi totalità, a carico delle imprese. Per quanto ci concerne, la nostra Società aderisce pienamente a questa “chiamata alla Responsabilità”. Boston Scientific investe in R&S il 12% del proprio fatturato globale, vale a dire 7,5 miliardi di dollari, con 22 milioni di pazienti trattati con propri dispositivi nel 2015, e ha sempre puntato su device minimamente invasivi e di lunga durata, per tutelare la salute dei pazienti e contribuire concretamente al contenimento dei costi. Esiste un aspetto di innovazione tecnologica cui ponete particolare attenzione ? Sì: la longevità, tema portante di un significativo convegno tenuto alla Biblioteca del Senato con il sostegno incondizionato della nostra società. La longevità dei dispositivi è uno dei fattori cruciali nel contesto biomedicale perché la maggiore durata abbatte drasticamente il numero delle sostituzioni necessarie nell’arco di vita del paziente e riduce sia i rischi “clinici”, derivanti dalle possibili complicanze dei nuovi impianti, sia i costi per nuovi device, ospedalizzazioni, terapie farmacologiche ecc. Quali sono i dispositivi medici che sono particolarmente “toccati” dal tema della longevità? La durata è di particolare rilevo nei dispositivi impiantabili destinati, per

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esempio, allo scompenso cardiaco. Questa patologia colpisce in Europa un numero crescente di persone, sia per il progressivo invecchiamento della popolazione, sia per i miglioramenti nel trattamento delle sindromi coronariche acute che registrano, in Italia, 170mila nuovi casi ogni anno. Nel nostro Paese, la prevalenza dello scompenso cardiaco si attesta intorno all’12% con circa 80mil nuovi casi incidenti per anno, e un crescente livello di cronicità. In termini economici, i costi per la gestione dei pazienti ammontano a circa 10,4 Miliardi, di


cui il 74% per ricoveri ospedalieri. A fronte della riconosciuta efficacia, questi dispositivi, dai defibrillatori ai pacemaker, hanno però una durata limitata, legata alle batterie che con il normale funzionamento si esauriscono. Le strutture sanitarie devono quindi rispondere a due esigenze: garantire l’accesso alle migliori cure a tutti i pazienti, e assicurare continuità nei trattamenti, sostituendo i dispositivi quando le batterie sono esaurite. In termini economici e di gestione il problema è vitale: l’aumentata sopravvivenza dei pazienti, di gran lunga superiore alla durata dei dispositivi, implica infatti che devono essere effettuate più sostituzioni per ogni singolo paziente, con costi legati all’acquisto dei nuovi dispositivi, alle complicanze infettive, ai ricoveri in terapia intensiva, alle terapie farmacologiche. Con dispositivi più longevi, di durata superiore ai 7 anni, anziché i 4 anni-medi dei device standard, si

ottiene un risparmio stimato fra il 29 e il 34%, a seconda della tipologia di paziente. La longevità dei dispositivi è quindi uno dei fattori strategici per lo sviluppo delle imprese? La durata dei dispositivi è strategica, ma non solo per le imprese. Alla longevità guardano con favore sia i medici che effettuano gli impianti sia milioni di pazienti. Le statistiche confermano che circa il 70% dei pazienti portatori di pacemaker o di defibrillatori necessita di almeno una sostituzione nel giro di 4-5 anni e il 40% di almeno due sostituzioni. Per questo, il 73% dei pazienti si preoccupa della durata del dispositivo e la ritiene la caratteristica cui porre maggiore attenzione, nella speranza di evitare o di rimandare quanto più possibile un secondo impianto. In che modo Boston Scientific è concretamente e attivamente impegnata sul tema della longevità dei device ? Sul fronte della longevità, Boston Scientific è riconosciuta leader in Italia. Dal 2008 l’azienda ha introdotto nel mercato dispositivi con batterie che superano i 10 anni e gli 8 anni per quelli destinati alla terapia di re-sincronizzazione cardiaca. Di fatto, i più longevi al mondo, con una proiezione di durata reale compresa tra i 9 e i 13 anni. In proposito, ricordo che questa posizione nel mercato è anche legata al fatto che Boston ha scelto di produrre direttamente le proprie batterie, una scelta di politica industriale impegnativa ma che ci consente di controllare interamente la vita dei nostri dispositivi e di porci come partner “propositivo” delle principali istituzioni ospedaliere e del Servizio sanitario nazionale nel suo complesso. Ka.Bo.

CHI È

Raffaele Stefanelli, Ad di Boston Scientific Italia.

Raffaele Stefanelli, laurea in Economia e commercio, con esperienze in World Minerals e Telettra, riveste l’attuale incarico dal 2013. Boston Scientific Italia, con un fatturato di oltre 205 milioni e circa 280 dipendenti, fa parte del gruppo americano Boston Scientific (quotato a Wall Street), tra le prime società al mondo di dispositivi medici, con un fatturato che sfiora i 7,5 miliardi di dollari e 25mila dipendenti.

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LA COLPA MEDICA

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UNA MODA RISCHIOSA Cesare Placanica*

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uando si parla di colpa medica, tante volte non si tiene in debito conto un dato che può apparire banale, ma che invece dà piena contezza della fondamentale importanza della professione sanitaria e della sua estrema delicatezza. Molti degli interventi medici, difatti, integrerebbero, per via astratta, una ipotesi di reato. Un qualsiasi intervento chirurgico, per esempio, integra certamente, sotto un profilo teorico, il reato di lesioni volontarie. Il fatto però che attraverso le cure mediche si preservi un diritto fondamentale del cittadino (costituzionalmente garantito dall’articolo 32 della Carta) legittima una pratica che altrimenti costituirebbe un reato. L’ordinamento, quindi, dà così valore all’attività medica da consentire agli operatori sanitari di porre in essere azioni che di per sé sarebbero illecite. Un primo problema che si pone allora in tale ottica, è quello della valutazione della continenza dell’azione posta in essere, rispetto al fine della tutela della salute. Ci riferiamo alla valutazione dell’azione medica “temeraria”. Ed è chiaro come non sia facile operare una distinzione tra un medico coraggioso, che con un’operazione innovativa salva la vita a un paziente, e un medico imprudente, che discostandosi da una pratica ortodossa provochi invece un danno al soggetto curato. Tenendo presente che ogni passo avanti in campo medico necessita, inevitabilmente, di una prima volta, che in quanto tale non potrà che essere sperimentale

(pensiamo, a esempio, al primo trapianto di cuore). Le norme di riferimento, contestate in genere ai sanitari nei casi di colpa medica, sono gli articoli 589 e 590 del Codice penale. Disciplinano, rispettivamente, il caso di lesioni colpose e quello di omicidio colposo. Si tratta di reati che si realizzano quando, a causa di “negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”, il sanitario provochi delle lesioni o la morte del paziente. Prima ancora, però, di affrontare la tematica della colpa, e quale sia lo stato della giurisprudenza in relazione a tale profilo, la nostra attenzione deve dirigersi sul problema del “nesso di causalità”. In ogni procedimento penale è infatti necessario accertare, senza ombra di

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dubbio, che l’evento (lesione o morte) sia stato determinato, almeno in parte, dall’errore del sanitario. L’attuale giurisprudenza in tema di nesso di causalità ruota intorno a una pronuncia che ha ridefinito con chiarezza tutti i principi in materia. Ci riferiamo alla sentenza “Franzese”, emessa nel 2002 dalla Sezioni Unite della Cassazione, che ha affermato il principio secondo cui la riconducibilità dell’evento all’azione del presunto reo può ritenersi sussistente “solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento non avrebbe avuto luogo”. Si pretende quindi la certezza che la malattia o la morte del paziente siano dipese dalla cattiva pratica del sanitario, anche quando questa sia consistita nel non avere operato, per esempio, una diagnosi preventiva. Si deve provare in concreto, quindi, che la malattia o il decesso non si sarebbero comunque verificati. Si tenga poi presente che sotto un profilo statistico i casi più insidiosi, che possono determinare incertezza nella individuazione della colpa - fino a giungere ai limiti di una vera e propria valutazione giudiziaria connotata da arbitrio sono quelli in cui è possibile ravvisare l’esistenza di altre cause anch’esse potenzialmente idonee a cagionare l’evento. Lasciando il problema del nesso di causalità possiamo tornare ai criteri identificativi della colpa.


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Oggi le più grandi Procure della Repubblica hanno tutte al loro interno dei pool che si preoccupano di seguire i procedimenti incardinati di seguito a un numero sempre più imponente di denunce per presunte responsabilità mediche. La prassi in atto, peraltro, prevede che di fronte ad una semplice denuncia che prospetti un caso di “mala sanità” (questa la locuzione giornalistica che va per la maggiore) in via automatica, pur in assenza di un dato scientifico che consenta di dubitare della scelta tecnica del sanitario, senza quindi alcun vaglio preliminare, si iscriva il denunciato nel registro degli indagati, e si proceda contestualmente a un accertamento tecnico. Affidato di norma a un medico legale che dovrà valutare i criteri di scelta operati in precedenza da uno specialista che magari esercita in un campo di nicchia da decine di anni. Ora, di fronte a una prassi del genere, il numero dei procedimenti per colpa medica, nel corso degli anni, è cresciuto in modo esponenziale. Sebbene poi il dato statistico certifichi che moltissimi – anzi: la gran parte - dei procedimenti aperti (come detto sopra, quasi per via automatica) si siano conclusi con il proscioglimento dei sanitari coinvolti, molto spesso di seguito a una richiesta di archiviazione dello stesso pm procedente. Prim’ancora quindi di arrivare ad un processo. Senza dubbio da tale prassi è derivata una serie di problematiche (tra cui la cosiddetta “medicina difensiva”, che porta il sanitario a prescrivere una sfilza

di costosi e dispendiosi esami di alta diagnostica, più a tutela di eventuali proprie future responsabilità che per l’esistenza di serie cause mediche) che ha indotto il legislatore a intervenire. Con ordine. I casi di responsabilità medica ipotizzano l’esistenza della violazione di una regola generica di comportamento (negligenza, imprudenza e imperizia), o di una regola specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o disciplina). La regola generale del diritto penale prevede poi che il grado di colpa (lieve o grave) non abbia nessuna influenza sull’addebito della responsabilità, incidendo solo sull’entità della pena da infliggere. In ambito medico, tuttavia, stante le peculiarità dell’attività del sanitario,

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la giurisprudenza aveva fatto ricorso alla distinzione tra colpa grave e colpa lieve al fine di escludere, nel secondo caso, la responsabilità penale. Si richiamava una norma del Codice civile secondo cui “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di elevata difficoltà, il prestatore d’opera non risponde se non in caso di dolo o colpa grave”. La ratio era quella di sollecitare il sanitario ad affrontare situazioni connotate da peculiari difficoltà, garantendogli una esenzione di responsabilità qualora avesse cagionato, per colpa lieve, quindi per piccole imperfezioni nell’operazione (connaturate in qualche modo alle disagevoli condizioni di base), un danno al paziente. Tale impostazione aveva peraltro superato il vaglio di un giudizio costitu-



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zionale laddove si lamentava una violazione, a favore dei medici, del principio di uguaglianza dei cittadini. La Corte delle leggi, con una pronuncia del 28 novembre del 1973, aveva rimarcato come fosse plausibile avallare una particolare disciplina in tema di responsabilità professionale, essendo questa finalizzata a fronteggiare due esigenze contrapposte: da un lato non mortificare l’iniziativa del professionista col timore di ingiuste rappresaglie in caso di insuccesso; dall’altro, non indulgere e non giustificare riprovevoli inerzie dello stesso professionista. Sulla scorta di un diverso apprezzamento sociale della responsabilità medica, la Corte di cassazione ha però ben presto abbandonato l’impostazione della Corte costituzionale, espungendo dai criteri di valutazione della responsabilità quello della colpa lieve. L’imponente numero di procedimenti scaturenti dalla prassi distorta più sopra descritta (e il conseguente dispendioso ricorso massiccio alla “medicina difensiva”) ha costretto però il legislatore a riconsiderare la questione. La legge 189 del 2012 ha previsto infatti, che “l’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. Fermo restando, anche per tale grado di colpa, la possibilità di ottenere un risarcimento di natura civilistica. Bene, la norma sembrerebbe chiara, ma la giurisprudenza ha riscontrato una serie di problemi. Intanto si è posto il problema di individuare una definizione condivisa - “universale”- dei concetti di “linee guida” e “buone pratiche”. Le prime sono state definite come “raccomandazioni di comportamento clinico elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche”. Le seconde, invece, devono essere intese come pratica per la sicurezza, funzionale a preservare l’integrità fisica del paziente. Ancora la giurisprudenza ha inteso che mediante la riforma

sia stata effettuata una abolitio criminis, dato che non risulta più sanzionabile la colpa lieve. Resta da comprendere se l’irrilevanza penale della colpa lieve si applichi a tutti i profili di colpa o solo alle ipotesi di imperizia. Negligenza e imprudenza prescindono difatti dalla difficoltà della operazione da porre in essere. Mentre l’imperizia, intesa come errore nell’esecuzione tecnica, può dipendere certamente dalla particolare insidiosità della professione. Considerando inoltre che le linee guida contengono prescrizioni che riguardano unicamente le regole di perizia, molti provvedimenti giurisdizionali hanno escluso l’irrilevanza nella colpa lieve nei casi di negligenza e imprudenza. Altre sentenze, viceversa, ritengono che anche tali forme di colpa debbano essere ricomprese dato che “non può escludersi che le linee guida pongano raccomandazioni rispetto alle quali il parametro valutativo della condotta del soggetto agente sia quello della diligenza, come nel caso in cui siano richieste prestazioni che riguardano più la sfera dell’accuratezza che quella dell’adeguatezza professionale”. Per completare il quadro (e forse per aggiungere incertezza) va detto che attualmente in Parlamento pende in seconda lettura alla Camera il disegno di legge Gelli-Bianco con cui si propone di limitare l’efficacia dell’esimente delle linee guida alle sole ipotesi di imperizia. Come si vede il quadro è incerto. E sia la giurisprudenza che la legislazione risultano spesso frutto di una pressione sociale che fa divenire il singolo sanitario “capro espiatorio” di più generali e diffuse disfunzioni. L’auspicio, anche con riferimento all’ultima proposta legislativa, è che la razionalità prevalga e che si tengano in debito conto tutte le difficoltà dello specifico intervento sanitario, evitando, come spesso accade, di incardinare un dispendioso e frustante procedimento penale, in via preventiva, solo sulla scorta di un intervento medico che non abbia come esito un pieno successo. *Avvocato penalista del foro di Roma; Presidente della Camera Penale di Roma

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ADDIO CODE E CALL CENTER CON XIDERA

L’AZIENDA PUNTA SU MESSENGER Sandro Neri*

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econdo una recente indagine Istat, gli italiani trascorrono mediamente 400 ore all’anno in coda, fermi davanti a un monitor di una banca, di una sala d’aspetto di un ospedale, di un ufficio pubblico, in attesa che arrivi il proprio turno per ritirare un assegno, un documento o prenotare una visita specialistica. 16 giorni all’anno che Xidera, azienda tecnologica specializzata nella fornitura di sistemi integrati hardware-software che automatizzano e ottimizzano i flussi di accesso a strutture affollate, promette di restituire ai cittadini eliminando il problema delle code. Xidera è nata nel 2005 con l’obiettivo di applicare la tecnologia al problema delle attese. Il primo passo è stato la progettazione di elimina-code evoluti. Si tratta di totem touchscreen intelligenti in grado di accompagnare l’utente dal suo ingresso nella struttura fino all’uscita. Inserendo la tessera sanitaria nel totem, il dispositivo collega l’utente alle prestazioni richie-

ste, informandolo sul percorso più rapido e sui i tempi di attesa attraverso l’invio di un segnale sullo smartphone, liberandolo dall’obbligo di sostare davanti a un monitor e riducendo al massimo il tempo passato in coda. Circa 400 strutture sanitarie utilizzano le soluzioni Xidera per programmare al meglio i flussi ambulatoriali, i prelievi e le altre attività cliniche, nel rispetto della privacy e privilegiando, ove possibile, i diritti delle fasce più deboli di pazienti. Da qualche anno, Xidera opera anche nei settori della logistica, delle banche, delle università e della pubblica amministrazione, dove la sensibilità sul tema è in costante ascesa; ogni anno circa 8 milioni di persone sono gestite tramite soluzioni Xidera. «Siamo attivi in tutte quelle realtà con problemi di logistica e nelle quali la gestione dei flussi è più sentita – racconta Alberto Schiavon, Ceo di Xidera –. I nostri sistemi, infatti, non solo possono essere applicati a settori

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molto diversi, ma permettono un’interazione diretta fra persone e strutture considerata impensabile fino a qualche anno fa. Rendere fluidi i processi è il nostro punto di forza». Ad oggi Xidera ha una struttura formata da una decina di dipendenti che opera a Milano, un fatturato di circa 1,250 milioni di euro e una crescita anno su anno del 2030%. Le previsioni per il 2016 sono di chiudere l’anno con un fatturato di 1,6 milioni di euro. Tuttavia i totem, per Xidera, rappresentano già il passato. Il futuro è nel digitale. Le funzionalità dello smartphone e dei social network hanno permesso di potenziare ulteriormente le soluzioni offerte dall’azienda milanese. L'ultimo prodotto si chiama Calypso ed è nato con l'obiettivo di eliminare uno degli aspetti più frustranti nell'utilizzo dei servizi: l’interazione con i Call Center. Calypso, attraverso i sistemi di chat automatiche (tecnicamente dette bot) implementati da Facebook su Messenger e


da Telegram – consente di effettuare su smartphone, le stesse operazioni tradizionalmente effettuate telefonicamente: al posto di snervanti attese, incomprensioni e cadute di linea, è sufficiente aprire una conversazione via chat con un operatore virtuale, sempre disponibile e preciso; in pochi attimi e senza attriti diventa possibile prenotare un appuntamento, acquistare un biglietto o aprire un reclamo. “Il futuro di quanto oggi transita sul call center è in Internet – spiega Schiavon -. Il call center è superato da quanto la tecnologia oggi offre”. Calypso consente di alleggerire la pressione sui call center delle strutture, dal momento che automatizza e rende più fluide tutte le fasi standard del processo di accoglienza, per le quali non è necessaria una consulenza con un interlocutore qualificato. L’utente, invece, si ritrova a disposizione uno strumento rapido, flessibile e immediato per prenotare la prestazione sanitaria di cui ha bisogno. La tecnologia alla base di Calypso, attualmente in fase di testing presso alcune importanti strutture ospedaliere nazionali, è stata utilizzata anche per il servizio Zeroattesa attivato presso l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che permetterà agli utenti del Poliambulatorio Giovanni Paolo II di annullare il tempo di attesa necessario per accedere alla registrazione dell'impegnativa delle prestazioni ambulatoriali. Il funzionamento di Zeroattesa è semplice. Basterà collegarsi, fino al giorno precedente al proprio arrivo, al sito

https://zeroattesa.operapadrepio.it ed inserire il proprio indirizzo di posta elettronica. Il sistema proporrà quindi all'utente la scelta della prestazione a cui accedere. La schermata successiva permetterà di scegliere il giorno e la fascia oraria in cui recarsi allo sportello. A completamento della procedura, il sistema invierà via e-mail l'ora esatta in cui presentarsi e il codice alfanumerico che verrà visualizzato sui display del Poliambulatorio. A questo punto l'utente potrà recarsi agli sportelli del Poliambulatorio anche pochi minuti prima della prenotazione e prestare attenzione alla chiamata del proprio codice sui display. Allo sportello basterà presentare l'e-mail stampata o la schermata dello smartphone con il codice. É possibile richiedere fino a tre bigliettini elettronici e annullare la prenotazione di cui non si ha più bisogno. Le soluzioni Xidera presentano una grande varietà di applicazioni. “Le nostre sono soluzioni scalabili – afferma Schiavon -, è sufficiente effettuare delle piccole modifiche al sistema per espandere le funzionalità e adattarle ai più diversi campi di applicazione. In questo momento stiamo lavorando a un’ulteriore evoluzione dedicata ai pazienti del pronto soccorso. Oggi, portare un parente al pronto soccorso significa restare ore in attesa senza conoscere con precisione il suo iter di cure all’interno dell’ospedale. Sempre attraverso Messenger, sarà possibile monitorare il percorso del paziente all’interno dei reparti e seguire le cure a cui viene sottoposto. E senza dover scaricare nessuna applicazione». * Vicedirettore de “Il Giorno”

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A LONDRA VETRINA PER LE IMPRESE

GIOCHI, NOVITÀ IN MOSTRA Giampiero Moncada

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on solo muove un mucchio di denaro in tutto il mondo, il settore del gioco d’azzardo è anche tra quanti producono il maggior numero di eventi fieristici. Il più importante europeo è quello di Londra, Ice Totally Gaming, che si terrà quest’anno dal 7 al 9 febbraio nel quartiere fieristico ExCel, un’area espositiva di quasi mezzo chilometro quadrato sulle rive del Tamigi. Lo scorso anno i visitatori sono stati quasi 30mila e oltre 500 gli espositori. E per quest’anno si prevede l’ulteriore incremento di questi volumi. Una visita all’Ice può far capire quanta complessità ci sia dietro un gioco apparentemente semplice e, soprattutto, quanto sia lunga la catena produttiva che sta dietro la schermata di un casinò on line. Basti pensare che l’immagine virtuale di una cartolina della lotteria istantanea (il comunissimo gratta&vinci) viene realizzata graficamente da una società che si occupa di web design, inserita in un software molto sofisticato che gestisce le probabilità di vincita, realizzato da una software house specializzata in quelli che vengono chiamati “motori di gioco”. Poi, l’insieme del software di gioco viene certificato da una terza società, che deve verificare il suo corretto funzionamento e la conformità alle eventuali leggi di un singolo Paese. E infine è necessario un server, ovvero il computer sul quale il software viene ospitato per essere raggiunto dai giocatori, che deve presentare garanzie di affidabilità e inviolabilità paragonabili a quelle delle banche.

Ma la catena non finisce qui. Perché la parte più importante per un operatore è quella dei pagamenti. Visto che non si possono incassare soldi in contanti da chi gioca on line, allora servono i servizi di pagamento a distanza. Come per ogni attività di commercio elettronico. Nel caso del gioco, però, c’è una complicazione in più: il flusso di denaro è bidirezionale. Oltre a pagare, il giocatore deve anche potere incassare, in caso di vincita. Una semplice carta di credito, quindi, può non essere sufficiente. Ecco, quindi, che sono nate società specializzate in servizi

live. Si tratta di un vero e proprio casinò fisico, con tanto di croupier in carne e ossa che fanno girare la roulette o le carte del black jack sullo schermo del nostro computer. In pratica, si tratta di un vero collegamento televisivo via Internet ma interattivo, visto che gli spettatori possono diventare giocatori e fare le loro puntate in diretta. Naturalmente, esistono società specializzate che posseggono gli studi televisivi, attrezzati come dei casinò, e forniscono questo servizio ai vari operatori di gioco. Gli espositori di Ice non lavorano solo

di pagamento per il gambling, il gioco d’azzardo. Ed è possibile che si tratti di istituti finanziari ma anche di società che gestiscono le transazioni appoggiandosi, a loro volta, a degli istituti di pagamento. Questo è solo un esempio tra i più semplici giochi on line. Molti operatori on line offrono perfino il casinò

per il gioco on line ma anche, e soprattutto, per il gioco terrestre, o fisico. Nel quale a questa complessità si aggiunge quella delle sale e delle attrezzature. Per avere un’idea di quanto siano sofisticate le tecnologie che stanno dietro ogni gioco: esistono aziende specializzate esclusivamente nella progettazione e costruzione dei…

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pulsanti delle slot machine! E anche per l’arredo si investe molto nella ricerca; a cominciare dalle sedie destinate ai giocatori, ai quali bisogna garantire il massimo comfort per evitare che smettano di giocare perché stanno scomodi. Quello delle attrezzature da gioco è, peraltro, un settore nel quale le aziende italiane si distinguono. Tant’è che la fiera italiana di settore, Enada, si svolge ben due volte all’anno: a Rimini in primavera e a Roma in autunno. Grazie anche all’affinità con i giochi più innocenti, quelli destinati ai bambini che si trovano nei bar e nei luna park, a Rimini c’è una concentrazione di industrie superiore al resto del Paese. Così, succede che il principale costruttore europeo di apparecchi (slot e vlt), l’austriaca Novomatic, possegga in Italia due stabilimenti di produzione (dei 14 sparsi nel mondo) e qualche centinaio di sale che impegnano in totale 2.500 persone. Tornando a Londra, se le slot e gli apparecchi da divertimento occupano la maggior parte degli spazi disponibili, le scommesse vengono subito dopo, soprattutto per la gran quantità di risorse che il gioco coinvolge. In primo luogo, le informazioni sugli eventi, che devono essere fornite da soggetti attendibili e in tempi sempre più rapidi, dato che ormai si gioca in tempi ravvicinatissimi all’evento e, per le cosiddette “scommesse live”, anche durante un incontro sportivo. Anche questo è un settore nel quale gli italiani, nonostante il primato storico dei britannici, hanno una presenza notevole. Ma spesso si tratta formalmente di aziende estere, dato che le condizioni generali del sistema Italia, dal fisco ai servizi e

alla burocrazia, spingono gli imprenditori a delocalizzare. In questo caso, però, si tratta il più delle volte di professionalità molto elevate: dai web designer ai quotisti (i professionisti che stabiliscono il valore di una scommessa), dai consulenti legali ai responsabili della sicurezza informatica. Un caso significativo può essere quello di BtoBet (si legge “bi tu bet”, richiamando la più nota sigla “B2B”), un’azienda fondata e guidata dal veneto Alessandro Fried con il quartier generale a Malta. Si tratta di un’azienda molto avanzata tecnologicamente, che fornisce ai bookmaker la cosiddetta “piattaforma di gioco”, ovvero il software con il quale l’operatore poi crea la propria offerta di scommesse per il giocatore. Con questa tecnologia innovativa, che comprende la gestione in tempo reale delle informazioni su 330mila eventi sportivi in tutto il mondo, in meno di tre anni BtoBet è arrivata ad avere come clienti bookmaker presenti in Europa, Europa dell’Est, Africa e Sudamerica. Al prossimo Ice, quest’azienda porterà una novità tecnologica: un’assistente virtuale visibile come “realtà aumentata”. In parallelo all’esposizione, Ice ospita anche un’area, posta ai piani superiori dei padiglioni, dedicata a seminari e tavole rotonde. In calendario circa 60 appuntamenti nei quali si parlerà di aspetti legislativi (con la presenza degli enti regolatori, come l’italiana Agenzia dogane e monopoli) ma anche di innovazione tecnologica e di marketing. Perché un settore così complesso richiede non solo professionalità sofisticate ma anche continui aggiornamenti. Lavorare nel gioco d’azzardo, è tutt’altro che un gioco.

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NEI GIOVANI DI BIOUPPER

IL FUTURO DELL’ITALIA Federica Gramegna

È

l’Italia dei giovani che non smettono mai di credere nei loro sogni, il ritratto di un Paese che, al di là delle sue tante imperfezioni, mostra il lato migliore di sé: quello determinato, tenace nel portare avanti un’idea. Che sia buona o meno si vedrà. L’importante è esserci e dimostrare con coerenza che le sfide vanno sempre accolte con passione ed entusiasmo. Questo, e tanto altro, è BioUpper, il programma promosso da Novartis e Fondazione Cariplo a sostegno dei giovani talenti che vogliono creare una start up nelle scienze della vita, quest’anno alla sua seconda edizione. Il progetto, che coinvolge anche PoliHub, lo startup district & incubator della Fondazione Politecnico di Milano, e Humanitas, gruppo ospedaliero e avanzata struttura di ricerca di

rilievo internazionale, ha dimostrato, dopo solo un anno di vita, di avere i numeri per diventare un modello di riferimento per le aziende che vogliono supportare l’imprenditorialità giovanile. Grazie a una formula unica che accompagna i ragazzi in un percorso che prevede una fase di formazione, accelerazione e networking che il 12 aprile porterà sul podio tre progetti, vincitori di un voucher da 50 mila euro ciascuno. L’obiettivo è creare un abbraccio tra due mondi solo apparentemente lontani: la ricerca e il business, due emisferi che in realtà hanno bisogno l’uno dell’altro per vivere. Attraverso BioUpper, gli aspiranti startupper fanno un passo avanti e si impegnano a comprendere i meccanismi che regolano il mercato per poter concretizzare le loro idee. Perché

I dieci team finalisti di BioUpper

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l’intraprendenza da sola non basta. Bisogna capire quali sono i criteri economici che spingono gli investitori a trasformare le “buone idee” in impresa, se si vuole diventare protagonisti del cambiamento. E in un Paese come il nostro, che lascia andare le sue eccellenze senza troppi rimorsi, il valore aggiunto di BioUpper è, come afferma Georg Schroeckenfuchs, Amministratore Delegato e Country President di Novartis, “la capacità di indicare un percorso credibile di sostegno all’innovazione nel mondo della salute”. Ecco perché la prima edizione si è rivelata un successo per tutti i partecipanti. Il 90% dei progetti finalisti del 2015 è tuttora operativo e il 17% di questi ha raccolto fondi pari a 195 mila euro. Ben il 74% dei team si è costituito in impresa, il 42% ha strut-


turato una partnership e il 37% è in fase di brevettazione. stema che aiuta a smettere di fumare mediante un disposiQuest’anno, BioUpper ha ricevuto 151 candidature, ovvero tivo indossabile che aumenta la capacità di controllo sulla il 30% in più rispetto al 2015. Tra questi team ne sono stati dipendenza da nicotina. Ma ci sono anche PD-Watch, che selezionati 17 che hanno avuto l’opportunità di accedere offre un monitoraggio continuativo e non invasivo del trealla prima fase operativa del concorso, la training week, una more causato dal Parkinson, e Postbiotica, che sviluppa settimana in cui i ragazzi hanno nuove terapie a base di derivati di seguito lezioni ad hoc per essere batteri per curare infiammazioni pronti ad affrontare una giuria teccome le malattie croniche dell’innica costituita da investitori e raptestino e del tratto uro-genitale. E presentanti delle istituzioni. ancora Probiomedica, che offre Le loro idee sono state giudicate un’innovativa fototerapia per la il 10 gennaio scorso durante l’elecura dell’infezione da Helicobacter vator pitch che si è svolto in Capylori, ovvero una capsula ingeririplo Factory, il polo milanese bile che una volta giunta nel tratto della Fondazione Cariplo che gastrico eradica il batterio emetvuole diventare il punto di riferitendo luce, e Watch-me, un dimento per la realizzazione di prospositivo per la cura dei bambini getti di open innovation. “Con con ritardo cognitivo che supporta BioUpper abbiamo dimostrato l'intervento riabilitativo a casa. Inche la collaborazione profit-no fine, Wound Viewer, il primo siprofit ha enormi potenzialità, stema 3D per la valutazione autotanto che questo progetto è dimatica delle ulcere cutanee. ventato un modello da seguire per Uno dei team in gara, Watch-me, altre aziende che vogliono sosteha recentemente partecipato ad nere la nascita di start up innovaHacking Health, movimento intive”, ha dichiarato Carlo Mango, ternazionale impegnato nel Direttore Area Ricerca Scientifica mondo della salute e della cura, di Fondazione Cariplo. che promuove l’innovazione anche Guardando ai singoli progetti anin Italia. Ora queste giovani prodati in finale (appartenenti a due messe della ricerca dovranno didei campi di applicazione di mostrare, in un programma di acGeorg Schroeckenfuchs, Ad e Presidente Novartis BioUpper: le biotecnologie oriencelerazione di dieci settimane (dal tate alle scienze mediche e i dispo26 gennaio al 6 aprile) di essere in sitivi medicali) già ne se intuiscono le forti potenzialità. grado di portare la loro “creatura” sul mercato, con il supDa BTeam, progetto per la produzione ecosostenibile di porto di business angels e professionisti di settore. un nuovo potente antibatterico, a Golgi, la prima stampante Ogni idea, per diventare grande, ha bisogno del sostegno 3D che permette di stampare tessuti biologici tridimensiodi qualcuno che ci creda. BioUpper è nato solo due anni fa nali, e Kyme che applica le nanotecnologie alla diagnostica ma è già grande, perché fa incontrare ambizioni e sperare medica per migliorare i mezzi di contrasto oggi in uso cliin un futuro migliore. Che non sarà mai tale senza l’apporto nico. Da Holey, la prima piattaforma che consente di stamdi tutti coloro che sono convinti che un sogno possa essere pare in 3D tutori ortopedici, a Newrosparks, il primo sisinonimo di emozione ma anche di cambiamento.

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LA SIGARETTA ELETTRONICA DI BAT

IL LANCIO DI “PEBBLE” Gianpaolo Ansalone

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ilano è stata teatro del lancio mondiale, di fronte Ma il lancio in anteprima mondiale di Milano ha coinciso ad una folta schiera di giornalisti, di “Pebble”, ulcon un altro evento straordinario ed unico a livello globale, tima sigaretta elettronica della linea Vype di BAT come l’apertura del primo flagship store a marchio Vype, (British American Tobacco). La scelta del capoluogo milanese inaugurato proprio nel capoluogo milanese in una zona dida parte della multinazionale non è casuale, ma rientra in namica e viva come quella dei Navigli. Lo store, di oltre 150 una strategia che vede l’Italia come uno dei mercati principali metri quadrati, presenta tutti i nuovi dispositivi e relative ridel settore. cariche. Pebble è inoltre disponibile al sito www.govype.it e, Questo nuovo prodotto, altamente innovativo tra i dispositivi nella fase di lancio, sarà possibile acquistarlo all’interno di di “vaping”, si inserisce nella categoria dei cosiddetti NGP 50 tabaccherie milanesi selezionate. Il prodotto è disponibile (Next Generation Products) sui quali BAT, negli ultimi 5 a 19,99 euro e il prezzo di una confezione da due capsule da anni, ha investito a livello globale 4ml è di 9,99 euro. Vype Pebble 1 miliardo di euro in termini sarà lanciato anche nel Regno di Ricerca e Sviluppo attraverso Unito, in Polonia, in Francia il proprio team di ricercatori e e in Germania. scienziati che lavorano nei laMa, come detto, non è la boratori di Southampton, in prima volta che British AmeInghilterra. Oltre ad un approrican Tobacco investe nei profondito studio in termini di ridotti di nuova generazione e cerca, il prodotto si contraddinel mercato italiano. Nel stingue anche per l’innovativo 2015 infatti, BAT ha lanciato ed accattivante design: Vype in Italia la sua prima sigaretta Pebble è infatti disponibile in elettronica, Vype ePen. La 5 colori (rosso, verde, giallo, sede di lancio è stata Firenze, blu e nero), ha un’impostazione ma già oggi il prodotto si molto originale, elegante ed ertrova nelle tabaccherie delle gonomica. Ma la grande pecuprincipali città italiane come liarità è la tecnologia alla base Torino, Venezia, Padova, Vedi questo dispositivo che renrona, Napoli, Roma, Bolodono l’esperienza di “vaping” gna, Genova e Milano. Andrea Conzonato - AD di BAT Italia qualcosa di mai visto prima. BAT Italia fa parte del Ovviamente Pebble è compoGruppo British American Tosto da una batteria che può essere bacco, uno dei più internaziofacilmente ricaricata e che ha un’autonomia media di un nali nel settore: presente in oltre 200 mercati e leader in giorno intero. I liquidi per le ricariche, prima della definitiva circa 60 paesi, commercializza più di 200 marchi e impiega approvazione, hanno dovuto passare dei rigorosi controlli di oltre 50.000 persone in tutto il mondo. A livello internazioqualità da parte dei ricercatori di BAT e vengono presentati nale l’Italia è uno dei mercati di riferimento, con l’azienda in 6 differenti varietà: Golden Tobacco, Master Blend, Wild che ha investito 196 milioni di euro nel 2016 tra acquisto di Berries, Tingling Mint, Fresh Apple e Smooth Vanilla. I macchinari, acquisto di tabacco e attività di marketing, dilivelli di nicotina sono invece 3 con 0, 6 e 18 mg/ml. Questo stribuzione e ricerche di mercato, con un investimento nel per soddisfare tutti i gusti e le necessità di una vastissima biennio 2015/2016 pari a 416 milioni di euro. gamma di fruitori. “Il lancio di Vype Pebble e l’apertura a Milano del primo

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flagship store al mondo “Vype” – ha dichiarato Kingsley Wheaton, Managing Director NGP di BAT – non solo sottolineano il nostro impegno nel settore dei prodotti di nuova generazione e la volontà del nostro Gruppo di continuare a puntare sull’Italia, ma dimostrano anche il successo dell’evoluzione del nostro business. Vype Pebble rappresenta un’innovazione straordinaria nel nostro portafoglio di prodotti da vaping, offrendo ai consumatori un dispositivo dal design completamente nuovo e diverso rispetto a qualsiasi altro presente sul mercato, insieme ad una eccellente esperienza di vaping”. Andrea Conzonato, AD e Presidente di British American

Tobacco afferma: “Nei primi mesi di test a Firenze i nostri risultati di vendita si sono rivelati superiori alle aspettative e agli obiettivi prefissati dall’azienda. Un segnale importante di come oggi i consumatori italiani siano interessati ai prodotti da vaping che offrano qualità, sicurezza e assistenza. Per questo abbiamo deciso di continuare a investire in Italia, estendendo a tutto il territorio nazionale la distribuzione della nostra ePen. E per questo oggi abbiamo scelto Milano, capitale del design e dell’innovazione, per lanciare il nostro prodotto più all’avanguardia e rivoluzionario, Vype Pebble. Siamo certi che il mercato dimostrerà che abbiamo fatto la scelta giusta”.

HEADLINE, VENT’ANNI DI COMUNICAZIONE

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na sorta di passeggiata nel tempo lunga due decenni. Headline Giornalisti ha festeggiato i suoi vent’anni di attività nel corso di un evento che si è tenuto a Firenze. Oltre duecento gli ospiti, tra i quali molti rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, oltre che del mondo imprenditoriale. Per unirsi alla Headline nella celebrazione di questo storico traguardo sono arrivati da tutta Italia. Segno di un impegno nel campo della comunicazione che, nato e partito da Firenze, ha ormai raggiunto riconosciute dimensioni nazionali. La Headline è nata nel 1996 per iniziativa di Leonardo Bartoletti e Riccardo Benvenuti, soci storici tutt’ora alla guida della struttura. Insieme a loro, all’inizio dell’avventura, altri amici come Claudio Contrafatto, ancora vicini ad Headline. Oggi la società, pur mantenendo la propria base a Firenze, ha sedi operative a Roma e Milano, oltre che una rete di professionisti collegati che coprono, in pratica, tutto il territorio nazionale, da Torino a Verona, fino alla Versilia, al sud Italia ed alla costa adriatica. Tra gli ospiti della serata, rappresentanti del Governo, della Regione Toscana, del mondo del giornalismo e di molte delle aziende con le quali Headline collabora. Tra queste Rai, Terna, Menarini, Thales Italia, Nuova Castelli, DBA Group, Triumph, Brandini, Enegan, Aci, Mugello Circuit, Sebach, McArthur Glen, Bcc, Bombardier, Enic e British American Tobacco. Tanti anche i messaggi di auguri e congratulazioni giunti per l’occasione, tra i quali quelli del Ministro Luca Lotti e di molti parlamentari.

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ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE

EQUITALIA: PRO E CONTRO Renato Pedullà*

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mio modesto parere, una delle manovre più importanti che il Governo Renzi ha portato a termine nei confronti di tutti i contribuenti, ma in particolar modo, nell’interesse del vasto popolo delle partite Iva, è stata quella, prodotta a fine 2016, sulla rottamazione delle cartelle esattoriali. I crediti non riscossi e affidati ad Equitalia tra il 2000 ed il 2015 oramai hanno raggiunto importi vertiginosi, parliamo di 1.058 miliardi di euro, così suddivisi: 217 miliardi annullati dagli stessi enti creditori provenienti dalle cd “cartelle pazze”, 300 miliardi, difficilmente, recuperabili poiché sono dovuti da soggetti falliti, deceduti o nullatenenti, 51 miliardi di posizioni che è possibile riscuotere, attualmente, lavorabili che rappresentano il 5% del totale del credito complessivo in capo ad Equitalia, 34 miliardi non lavorabili per norme a favore dei contribuenti, 81 miliardi già riscossi, 28 miliardi sospesi per forme di autotutela o sentenze, 305 miliardi relative a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive ed infine, 25 miliardi di riscossione rateizzate. Da qui nasce la ratio del Decreto Legge 22 ottobre 2016 n. 193 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale del 24 ottobre 2016 n° 249, che da vita ad una “ definizione agevolata” dei carichi pendenti, compresi i ruoli per la generalità dei contribuenti( persone fisiche, imprenditori, società di persone e di capitali, etc.). In buona sostanza, aderendo alla procedura il contribuente potrà pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti sui crediti previdenziali. Per attuare ciò il contribuente interessato dovrà però presentare una istanza all’agente di riscossione entro il 31 marzo 2017, l’Agente della riscossione, da parte sua, comunicherà le somme dovute entro il 31 maggio 2017, nonché quello delle singole rate, il giorno ed

il mese di scadenza di ciascuna di esse. La dilazione massima stabilita dalla norma è di massimo 5 rate, dove il 70% delle somme dovute saranno comprese nelle rate di luglio, settembre e novembre 2017, il rimanente 30% delle somme dovute saranno comprese nelle rate di eguale ammontare, da pagarsi entro il 30 aprile 2018 e fine settembre 2018. I ruoli “rottamabili” sono tutti quelli di natura sia patrimoniale che tributaria affidati all’Agente della riscossione e nello specifico l’IRPEF, l’Addizionale Regionale, l’Addizionale Comunale, l’IRES, l’IVA, l’IMU, la TASI, la TARI, i contributi previdenziali e assistenziali, gli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada. Da ciò ne scaturisce che rimangono escluse dalla definizione agevolata: le risorse comunitarie quali dazi e accise, l’IVA riscossa all’importazione, le somme dovute “a titolo di recupero di aiuti di Stato”, ai sensi dell’art. 14 regolamento CE n° 659/99, i crediti derivanti da pronunce di condanna, le sanzioni amministrative per violazione del Codice della Strada, salva la possibilità di agevolare gli interessi. Due aspetti sono importanti nella valutazione della definizione agevolata, il primo è che nella definizione possono anche rientrare le procedure di riscossione soggette a precedente rateazione, il secondo ancora più rilevante è che con il pagamento della prima rata l’istanza si perfeziona, ma se qualora il contribuente non riuscisse a pagare, per qualsiasi motivo, anche solo una rata, entro il termine fissato, si decade dall’azione agevolata e l’Ufficio provvederà con i mezzi tradizionali al recupero di tutte le somme dovute. Il contribuente, quindi, prima di prendere la decisione sull’opportunità o meno di aderire alla definizione agevolata, dovrà fare i conti con le proprie tasche e capire se nel termine definito di 18 mesi avrà la possibilità di pagare tutto il debito definito da Equitalia. *Dottore Commercialista in Roma

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COSTUME & SOCIETÀ MISS ITALIA OK SFILATE DI LANCIO (a pag. 40)

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COSTUME & SOCIETÀ

MISS ITALIA, DONNE AL SUCCESSO di Donatella Miliani

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ellezza, fascino, eleganza... ma con naturalezza. È il principio che ha sempre ispirato Miss Italia nella gestione, di successo in successo, dei Mirigliani. Più che un semplice concorso, uno specchio della società, una manifestazione da sempre al passo con i tempi capace di registrare i cambiamenti delle varie epoche e spesso addirittura di anticiparli. «Confermo – dice Patrizia Mirigliani –. Il segreto di Miss Italia è proprio questo. La prima reginetta eletta sotto la mia gestione nel 1996 ad esempio, fu Denny Mendez, una ragazza ‘di colore’. Poi ho anche aperto il concorso alle donne sposate e in tempi più recenti anche alle cosidette curvy: taglie 44 e 46 insomma. Perchè la bellezza, che è importantissima: altro che se conta, non è legata alla magrezza che è stata sempre forse il modello di riferimento delle indossatrici, ma è un’insieme di tante cose: fascino, eleganza, freschezza, intelligenza e personalità». Insomma, suo padre prima e lei poi i cambiamenti culturali li avete sempre anticipati? «Assolutamente. A dire il vero a ideare il concorso fu nel ’39 Dino Villani, grande pubblicitario, un creativo. Che poi passò la mano e piano piano la manifestazione trovò in mio padre un’ ulteriore impronta vincente. Era nato come un concorso che premiava il sorriso più bello, si cercava il volto per pubblicizzare un dentifricio. Poi ebbe uno stop con la guerra. Dal ’59 mio padre, da titolare, lo fece diventare il palcoscenico della bellezza semplice, quella, appunto, della ragazza della porta accanto». Le prime vincitrici sono poi diventate attrici di successo. «Sì la Loren, la Lollobrigida, la Man-

gano, la Bosé e poi Marisa Jossa, la mamma di Roberta Capua, madre e figlia miss, che hanno segnato un’epoca. Nella prima si cercava l’unicità della bellezza. Mio padre invece cominciò a valorizzare proprio la ragazza della porta accanto. E io dopo di lui». Ai giorni nostri, in cui l’esibizione anche sfacciata sembra essere di moda, Miss Italia resta quasi l’eccezione. Mai cavalcata la volgarità. «Mai. E le ragazze che partecipano sanno che questa è la filosofia del concorso da sempre. Eleganza, garbo, questi i principi ispiratori. Grazia e un pizzico di mistero devono restare. Non si può mercificare tutto. Forse è per questo che la manifestazione è seguita ancora oggi molto da un pubblico femminile». Torniamo a Denny Mendez. Dominiciana naturalizzata italiana. Per il Paese fu uno shock? «Se ne parlò molto. Ma non è vero forse, oggi è ancor più evidente, che la bellezza italiana è sempre più frutto dell’integrazione? Pensi che adesso con il nuovo regolamento accetto anche partecipanti la cui pratica di naturalizzazione sia ancora in itinere». C’è una Miss che le è rimasta di più nel cuore? «Un po’ tutte. Anche se con qualcuna ho davvero visto avanti. Francesca Chillemi ad esempio. La prima vota che la incontrai alle prefinali le dissi: Tu farai l’attrice. Mi guardò incredula. E invece è andata proprio così. Del resto aveva tutte le caratteristiche giuste. Esattamente come poi Miriam Leone. Ma possiamo ricordare anche Martina Colombari e Anna Valle, o la Chiabotto tutte sono molto grate a Miss Italia...». Beh, un bel trampolino di lancio. «E’ vero. Ho perso il conto di quante siano quelle impegnate in tv, nella conduzione, o come giornaliste. E poi le finali del concorso sono una bella scuola di vita. Tanto stress e tanto laRachele Risaliti voro ma anche l’apprendimento di

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COSTUME & SOCIETÀ LE STELLE DEL NOST

Sophia Loren

Gina Lollobrigida

Silvana Mangano

Lucia Bosè

RO FIRMAMENTO

regole importanti come la puntualità ad esempio». C’è qualche miss che poi nella vita ha scelto di fare altro? «Sì. Eleonora Benfatto ad esempio, che si è dedicata alla Medicina. L’ho incontrata di recente a un importante convegno internazionale». Qualcuna che l’ha delusa? «Più che delusa diciamo che è rimasta la mia spina nel cuore: Edelfa Chiara Masciotta. Una ragazza regale, aveva grande classe e avrebbe potuto fare cinema come la Murino o la Filangieri. E invece fece scelte diverse. Peccato...». Ma è vero che i cinesi volevano comprare anche Miss Italia? «E’ vero. E prima di loro ci hanno provato anche i russi. Tutti tesi a capire quale sia il segreto del successo internazionale di questa manifestazione, che poi in fondo è il suo essere legata alla storia di questo Paese. Insomma, mi è stato chiesto più volte di portare il marchio all’estero ma io, che lo sento come un marchio di famiglia, ho sempre detto di no». Un sogno nel cassetto? «Organizzare il G8 dei concorsi di bellezza, con paesi come la Francia, la Russia, gli Usa e perchè no magari anche la Cina. Per dare nuove linee guida ed eliminare ad esempio quelle odiose regole ancora vigenti in certe nazioni che vedono nella misurazione in centimetri, i parametri di selezione». Un po’ anacronistici. «Per Miss Italia obsoleti da tanto tempo. Per me, come per mio padre, la bellezza delle donne ha sempre rappresentato il veicolo per promuovere il rispetto, un modo per affermare la libertà, l’autodeterminazione. E sono addolorata perchè proprio poco tempo fa miss Romagna è stata sfregiata dall’ex fidanzato con l’acido. Cercheremo anche nella prossima edizione del concorso di sottolineare ancora la cultura del rispetto». Ha in serbo qualche sorpresa speciale per il 2017? «Mi piacerebbe raccontare come da crisalide una ragazza diventa farfalla. Un fatto positivo. La cosa più bella è vedere come ragazze che magari non credevano in se stesse sono poi diventate donne di successo. Un percorso per mostrare a chi, magari a 15 anni, vuole ricorrere alla chirurgia per il ’ritocco’ senza capire che è proprio quel piccolo difetto a essere la vera bellezza, perchè ci rende uniche. Per questo a Miss Italia noi scartiamo e scarteremo sempre chi si presenta visibilmente rifatta!».

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D’ANNUNZIO, L’ “ASPRA PISTOIA” di Piero Gherardeschi

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ella Toscana dei campanili, dei Guelfi e Ghibellini, delle Pisorno mai nate, c'è una città all'apparenza quasi silente, distaccata, lontana da scontri e diatribe dove perfino la globalizzazione, che ha caratterizzato altre realtà, sembra non averla sfiorata. Questa città è l'"aspra Pistoia", come ebbe a definirla Gabriele D'Annunzio, città italiana della cultura per il 2017. Ed anche la nomina fra le altre nove candidate a questo ambito riconoscimento, ha riflettuto lo spirito leggero della città: è stata infatti quasi una sorpresa per gli stessi pistoiesi e per il medesimo comitato scientifico che ha lavorato per centrare questo affascinante obiettivo che porterà oltre ad un milione di euro da parte del Ministero dei Beni per le attività culturali e per il turismo, anche un incremento turistico per altro già tan-

gibile dal momento dell' annuncio della nomina. Nei primi dieci mesi dello scorso anno, infatti, l'aumento dei turisti che si sono aggirati per la Sala o per piazza del Duomo e' stato notevolissimo: oltre l'17 per cento in più di presenze con la prospettiva che dovrebbe portare a superare i già lusinghieri risultati conseguiti lo scorso anno da Mantova, città che a Pistoia ha passato il testimone. La nomina a città della cultura per il 2017 e' stata per Pistoia l'occasione per allestire un progetto di rigenerazione e riqualificazione urbana: dall'Antico Ospedale del Ceppo alle mura urbane, dai percorsi ciclopedonali immersi nel verde del centro storico a tutta una serie di rassegne culturali che la città quest'anno svilup-

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perà al meglio, pur consapevole di una serie di importanti eventi nazionali che da anni hanno portato Pistoia all'attenzione nazionale. Sara' inoltre l'occasione per celebrare pistoiesi eccellenti: sarà organizzata una mostra dedicata a Giovanni Michelucci, l'urbanista che realizzò la Chiesa sulla Autostrada del Sole a Firenze nord e la stazione ferroviaria della città capoluogo toscano, e che si terrà dal 25 marzo al 21 maggio. E avremo un omaggio all'artista Marino Marini. Sarà la rassegna a lui dedicata "Passioni visive" in programma dal 16 settembre al 7 gennaio 2018 a chiudere le manifestazioni che vedranno Pistoia città della cultura. Sono questi solo due esempi dell'impegno che il comitato scientifico, che ha stilato il programma, ha posto nel tentativo di toccare tutte le corde che riguardano una realtà forse diversa dal resto della Toscana. Se guar-


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diamo bene, infatti, ci troviamo immersi in una realtà dove le 1500 aziende vivaiste la fanno da padrone (e a loro sarà dedicata a giugno una mostra intitolata "Vestire il paesaggio") in una realtà regionale fatta di tessile, di porti, di turismo. Anche in questo sta la splendida anomalia di Pistoia, realtà silenziosa di una Toscana che, come diceva Malaparte, e' abituata a parlare ad alta voce. Eppure anche a Pistoia una polemica, seppur piccola piccola, c'è stata ed ha ri-

Festival Pistoia Blues

guardato il logo che sarà l'immagine in Italia e nel mondo di questo evento: lo ha realizzato Sara Landini e per lei all'inizio non ci sono stati solo apprezzamenti. Il logo, appunto, appare un intreccio geometrico che dovrebbe richiamare, nelle intenzioni, il reticolo delle strade che caratterizzano il centro storico della città. Per qualcuno, invece, ha ricordato poco la realtà cittadina e molto il gioco dei bastoncini colorati meglio conosciuto come Shangai. La polemica, come abitudine da queste parti, e' durata poco. A mettere il punto finale ci ha pensato il sindaco Samuele Bertinelli: "Il marchio fa discutere ?, si è interrogato. Bene, vuol dire che siamo vivi". E viva Pistoia lo è davvero. Basta guardare ad alcuni passaggi del programma di quest'anno che propone migliaia e migliaia di eventi a cominciare da quelli delle due maggiori biblioteche cittadine che riserveranno una sezione importante per il Festival del giallo e il Forum del libro a novembre. Ma Pistoia e' anche terra consolidata di festival: da Pistoia Blues, che da sempre richiama migliaia e migliaia di appassionati, ai Dialoghi sull'Uomo che ogni anno, da otto anni a questa parte, porta in città oltre ventimila persone. Insomma ognuno trovera', nel programma che è stato allestito, un'occasione e una opportunità per recarsi a Pistoia: dagli amanti della musica classica e sinfonica, che a primavera potranno ascoltare l'orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, agli eventi nel prossimo marzo dedicati ai più piccoli e che si terranno nel Parco di Collodi, dove visse Carlo Lorenzini e dove verrà proposta una "città letta con lo sguardo dei bambini." Pistoia, dunque, si appresta a vivere un anno da protagonista in Italia e non solo, un ruolo che la città ha saputo conquistarsi con pieno merito senza proclami e senza enfasi ma con la consapevolezza e la determinazione di chi vuol centrare il bersaglio. Il segreto? "Nessun segreto, ha tenuto a ribadire il sindaco Bertinelli. Abbiamo seguito da vicino l'esperienza di Mantova che giudichiamo molto positiva e per molti versi esemplare. Viviamo una notorietà mediatica mai sperimentata finora, ma abbiamo lavorato molto in questi mesi per meritarci questo riconoscimento."

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LEONARDO, SCOOP UMBRO

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na scoperta rivoluzionaria. La prima opera certa del chiaramente le Marmore, anche se la cava di uscita era diversa più grande genio dell’Umanità, «Paesaggio con da quella attuale situata un po' più in alto, ma anche il vicino fiume» realizzato da Leonardo Da Vinci nell’agosto castello di Papigno (sullo sfondo a sinistra) e la valle ternana. del 1473, un disegno con una veduta dall'alto di quello che E’ così che il ’Paesaggio con fiume’ è diventato non più un’ipoper lungo tempo era stata indicata come valle dell’Arno, in tesi ma una tesi confermata e quindi una sorta di ‘indizio’ per realtà ritrarrebbe una valle umbra, quella delle Marmore nel favorire ulteriori ricerche, tuttora in corso, non solo in campo Ternano. Ad arrivare a questa conclusione dopo lunghe e atstorico-artistico ma anche archivistico. Perchè sembra probatente ricerche scientifiche, il bile che Leonardo fosse in quei professor Luca Tomìo con una luoghi in compagnia di una ricerca svolta sotto l’egida "brigata umbra" composta da dell’Accademia delle Arti del Piermatteo d'Amelia e Pietro Disegno (referente scientifico Perugino, con i quali si sarebbe la dottoressa Cristina Acidini), mosso lungo un percorso Franprotocollata al Mibact- seguita cescano. Quello che gli studiosi dal professor Francesco Scopstanno cercando di verificare pola- e condotta con il sosteadesso, é se la presenza di Leogno fondamentale dell’archivio nardo in Umbria nel 1473 fosse della diocesi di Terni che ha dettata solo da interessi artistici consentito l’accesso a fonti doo non avesse anche motivazioni cumentarie straordinarie deldi tipo scientifico. I dettagli l’Archivio Segreto Vaticano. Lo della complessa ricerca "che ha studio, sostenuto dalla Recome obiettivo quello di unire gione Umbria e dai comuni di e arricchire Toscana e Umbria, Terni e Amelia, è stato valutato all’epoca di Leonardo artisticapositivamente anche dal critico mente quasi un unicum" tiene Vittorio Sgarbi, commissario a sottolineare Tomìo, sono stati alle belle arti e ai musei del Coforniti in un incontro pubblico mune di Amelia "Non c'è alcun nella sede della Fondazione Carit dubbio _ ha detto il critico _ Luca Tomìo sul Masso di Leonardo, nei pressi della Cappella della Ma- di Terni. A 'certificare' che quel che quel disegno ritrae le Mar- donna, al Passo della Sgurgola, tra Papigno e Marmore, in provincia di paesaggio ritrae proprio le Marmore. Ci sono riscontri orogra- Terni, Umbria (foto Miro Virili) more, geologi di chiara fama che fici inconfutabili a provarlo".. hanno studiato la zona anche Tomìo è un giovane e appassionato ricercatore che per verificon fotografie aeree scattate con l'ausilio dei droni e perfino care quella che originariamente era solo una suggestiva ipotesi immagini satellitari. Fino ad oggi si era sempre creduto che il peraltro suggeritagli dal figlio quindicenne Niccolò che per paesaggio raffigurato nel celebre reperto conservato nel Gaun gioco del destino frequenta la scuola Da Vinci di Terni, binetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi a Firenze, imnon ha esitato a indossare scarponi e abbigliamento da trekportantissimo perchè il primo che porta la sua firma, scritta king per salire, dopo aver bonificato l’area che nel corso dei con la grafia mancina speculare di Leonardo: “Dì de Sta Maria secoli è stata presa d’assalto dalla vegetazione, fino al punto della Neve / Adì 5 daghosto 1473”, fosse toscano. Così era di osservazione, la parte sottostante del Belvedere, in cui il stata interpretata dai più quest’opera fondamentale della storia celebre artista avrebbe realizzato il disegno e in cui si vedono dell’arte, che rivela l’attenzione verso una descrizione autentica

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del mondo naturale che fu una caratteristica costante di Leonardo, soprattutto nella fase giovanile. E’ proprio questo ’tratto’ che gli è valso l’assegnazione di alcuni contributi a opere (come l’Arcangelo Raffaele e Tobiolo oggi alla National gallery di londra, o il paesaggio della Madonna col Bambino e angeli, sempre a Londra, con un picco roccioso che ricorderebbe proprio il Paesaggio con fiume), uscite dalla bottega di

Verrocchio a Firenze. Anche in quelle opere il paesaggio sullo sfondo viene ripetuto ed è quello appunto ternano. La portata scientifica della scoperta ha già condotto all'annuncio, dato dal direttore degli Uffizi Schmidt, della esposizione del preziosissimo disegno leonardesco alla Galleria Nazionale dell'Umbria nel 2020. Donatella Miliani

Questa è la ricostruzione grafica più esaustiva dei paesaggi ripresi da Leonardo: parte destra: crinale di Marmore e primo salto della Cascata che confluisce nel bacino ovoidale con caratteristica cateratta di deflusso (nella mail a seguire dettaglio della corrispondenza) parte sinistra: Paigno, forra del Nera, Guglie di Valle e Valle di Terni con tutte le pertinenze: anse del fiume Nera con fabbricati ancora riscontrabili, altura oblunga di Collelune al centro della pianura, Penna di San Giovanni di Piedimonte, Monti Martani con Sant'Erasmo di Cesi e a chiudere l'orizzonte la Gola di Narni e i Monti Amerini (a seguire ricostruzione grafica delle corrispondenze)

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CHE COSA RESTA DELLA MUSICA? di Nicola Carrassi

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e Major chiudono uffici, licenziano la forza vendita. I nuovi miti della musica nascono a colpi di click, siano talentuosi o no, abbiano studiato o no. I raccomandati, invece di passare da Sanremo, passano dai Talent, e, oggi, per vincere il disco d’oro basta rivolgersi ad agenzie specializzate. Che cosa resta della musica? Il talento di tanti che non mollano, che inventano nuovi escamotage tra tecnologia e sudore per farsi notare e imporre all’attenzione fuggevole dei nostri tempi, ciò che hanno da offrire. Alessandro Porcella, che incontriamo a Londra, tra i tanti impegni, fa parte del Collettivo di CreAttivi Ryancreation, che proprio quest’anno ha premiato tre ‘sconosciuti’, che non godono di santi in paradiso, ma che hanno un enorme talento. E proprio il Premio Talento Puro è stato assegnato a Pier Caruso, JessiKa, e al giovanissimo Francesco Faggi. Saranno seguiti dal CollettivoCreAttivi -composto da maestranze provenienti da tutto il mondo- per un intero anno, con la collaborazione di EternalMagicOmnia, RCOEUROPE, MustangEntertainment, e PA74 Music di Alessanro Porcella… Musicista, produttore, performer... quali sono gli artisti che ti hanno ispirato?

Sai prima di essere un musicista, sono soprattutto un appassionato e grande fruitore di musica fin dall’adolescenza. La musica è diventata la mia vita perché ha e ha avuto sempre un ruolo principale. Ci sono moltissimi artisti che amo e che hanno influenzato la mia carriera, potrei farti un elenco chilometrico, ti cito alcuni nomi in ordine sparso: Beatles, Toto, Pink Floyd, Led Zeppelin, Ennio Morricone, Genesis, Police, Stevie Wonder, Elp, Queen, John Williams, David Bowie… Quando eri ragazzino avevi già deciso che la musica sarebbe stata la tua vita? No, diciamo che è stato un amore coltivato nel tempo, all’inizio l’ho corteggiata e poi me ne sono innamorato perdutamente. Ho iniziato a capire di avere una predisposizione alle scuole medie grazie alla mia professoressa dell’epoca. Comunque l’amore che provo per la musica e per il mio lavoro non accenna a fermarsi, trovo sempre nuovi stimoli e nuove sfide ed avventure da intraprendere nel mio cammino musicale e non. Insomma, una vita incredibile. La tua prima band quando l'hai fondata? Avevo più o meno 15 o 16 anni, la prima in assoluto credo si chiamasse Wonder Steele, e il primo concerto ufficiale invece con i Neurotica, con amici musicisti della mia città diventati anche loro professionisti. C'è una canzone legata al tuo primo amore, alla ‘prima volta’? Ahahhaha…la mia prima volta è stata

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a 18 anni, ho iniziato tardi…ahahha!!! Sì in quel periodo era l’epoca delle rock ballad ed era uscita l’anno prima November Rain dei Gun’s & Roses e la mia fidanzatina dell’epoca la ascoltava di continuo. Poi ci sono tantissime altre canzoni che hanno accompagnato diversi momenti della mia vita. Penso che ognuno di noi abbia


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la propria colonna sonora che scandisce i momenti più importanti e intensi dell’esistenza. Tu non solo scrivi canzoni, colonne sonore, ma hai anche una band Ho diverse situazioni live, suono come tastierista per alcuni artisti importanti ma il primo amore rimane sempre la KAPPAO Band, la mia seconda famiglia. Musicisti eccezionali, fantastiche persone ed amici da moltissimi anni. Per me suonare con loro è come andare al Luna Park, centinaia di serate e di chilometri fatti di risate, buona musica e tanto tanto divertimento. Spero di continuare ancora per tantissime altre serate on stage live, perché suonare dal vivo e condividere musica con il pubblico e gli altri componenti della band è un carburante essenziale per ogni musicista ed artista. Qual è il tuo giudizio sulla musica di oggi? Ogni epoca ha buona e cattiva musica. Sono una persona sempre ottimiAlessandro Porcella sta e sono comunque fidu-

cioso che in un prossimo futuro la musica si riappropri della posizione di rilievo e importanza che ha sempre avuto. Oggi si usa la musica per i propri scopi, più per l’apparire che per il voler comunicare qualcosa con l’arte. I ragazzi di oggi hanno troppi stimoli, troppo materiale e troppi contenuti e conseguentemente perdono poco tempo e superficialmente con tutto questo. Io mi nutrivo di musica, consumavo Cd e Vinili e assaporavo ogni nota e sfumatura. Oggi con l’era del tutto FREE si è persa l’emozione e la musica è diventata nella maggior parte dei casi usa e getta. Il cambiamento deve iniziare da noi e dalle istituzioni, da una maggior consapevolezza e cultura musicale ed artistica in genere. Non voglio sparare sui Talent Show televisivi, già lo fanno in tanti e non è il caso, oggi è il mezzo principale di promozione e comunque noi operatori del settore dobbiamo cercare almeno di comprenderli anche se io personalmente non li approvo. Una volta palchi di quella importanza per un’artista si raggiungevano a carriera già consolidata, erano un punto di arrivo. Mentre ora sono il punto di partenza per questi giovani cantanti e nella stramaggioranza dei casi non essendo pronti né artisticamente né come esperienza sul palco, non possono che cadere, rimpiangendo e ricordando quell’esperienza come il punto più alto della loro carriera artistica. Questo per me è profondamente sbagliato. Con Collettivo di CreAttivi, siete arrivati al terzo anno di proficua collaborazione. In più avete un’intensa attività filantropica Sono orgoglioso dei miei compagni di viaggio: siamo sparsi nel mondo, ma grazie alla tecnologia e a una mente aperta riusciamo a sentirci fianco a fianco. Lavoriamo con un codice etico al passo con i tempi, siamo riusciti ad inglobare competenze e oltre trent’anni di attività e know how, e abbiamo tutti faticato per dare spazio al nostro talento: per questo siamo in prima linea nel campo della meritocrazia e della formazione, che premiano i giovani. Dico solo questo: diamo ai ragazzi, ciò che avremmo voluto trovare noi, ai nostri tempi, alla loro età. Su www.nuovafinanza.com info, video, contenuti esclusivi e molto di più.

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I TRENT’ANNI DI LUCA di Lucia Agati

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allo sguardo indimenticabile di Ayrton Senna agli occhi più misteriosi del pianeta, quelli dei Moai, i giganti di pietra dell'Isola di Pasqua. Sono gli estremi dei trent'anni di carriera di uno dei più noti fotoreporter italiani, Luca Bracali, 51 anni, pistoiese, che celebra questo traguardo con il suo decimo libro: "Rapa Nui. Genesi di un restauro, tra storia, leggende e misteri" dove documenta, con immagini straordinarie, che mantengono intatto tutto il mistero dell'isola, il restauro delle statue eseguito dalla scuola fiorentina "Lorenzo de Medici" sotto la direzione di Lorenzo Casamenti. I restauratori italiani non soltanto hanno salvato, gratuitamente, le sculture monolitiche dall'invasione dei licheni, ma hanno insegnato agli stessi Rapa Nui come curare i loro inestimabili tesori riconsegnando loro un immenso patrimonio storico e turistico. Per Bracali una vetta professionale prestigiosa dopo una scalata iniziata proprio dietro ai motori, alla Formula Uno, poi lasciata guardando a orizzonti più ampi dove l'obiettivo è diventato, anno dopo anno, il contributo, per immagini, alla salvaguardia delle fragilità della Terra, dall'inesorabile scioglimento dei ghiacci artici all'insopportabile agonia degli orsi polari. "Un amore, quello per la fotografia - racconta Bracali - che mi è stato instillato fin da bambino, tra le mura di casa: da mio zio Luigi Bracali. Fu lui che mi fece scattare la prima foto quando avevo sei anni. La custodisco gelosamente. Un giorno la pubblicherò. E poi mio padre, Vinicio, fu lui invece a consegnarmi idealmente la mia missione attraverso quelle che ritengo le doti più importanti per un fotografo: la curiosità e lo spirito di osservazione.". E quel professor Bisello, un autentico genio in ogni materia letteraria e scientifica che a 16 anni gli insegnò la fotografia in bianco e nero, il ritratto, il

paesaggio e la camera oscura, regalandogli una fotocamera e un obiettivo che già 35 anni fa valevano quanto una moto. I grandi numeri tracciano le imprese di Bracali in questi tre decenni: 138 paesi visitati, migliaia di servizi pubblicati, 42 mostre personali in tutto il mondo, 160 servizi come regista per Rai Uno, oltre 40 interviste fra tg, dirette e talk-show su reti Rai, la foto di copertina per l'ultimo album discografico di Francesco Guccini. Una fama siderale: gli è stato dedicato anche un asteroide: è il

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198616Lucabracali, scoperto nel 2005 da Luciano Tesi e Gianfranco Fagioli. Una singolare coincidenza che lo avvicina alla figura di un grande esploratore norvegese, Thor Heyderdahl, a cui l'Isola di Pasqua e i suoi giganti devono molto, per le sue ricerche e per le sue intuizioni. Anche lui ha un asteroide che porta il suo nome ed è a lui che Luca dedica il suo "Rapa Nui" dove le sue immagini sono affiancate dai testi di Giuseppe De Ceglie, 53 anni, pi-

stoiese, compagno di studi di Bracali, che ha svolto una poderosa ricerca sui diari dei navigatori per raccontare la storia dell'isola, delle sue pietre misteriose e, infine, del loro salvataggio. Il servizio sul restauro dei Moai è già stato pubblicato dal National Geographic a firma di Bracali che ha voluto anche realizzare un documentario video girato e montato da Diego Nicoletti. Il libro, edito dalla Lorenzo de’ Medici Press, stampato in pochissime

Luca Bracali in azione

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copie già consegnate ai responsabili dei beni archeologici dell’Isola di Pasqua, sarà disponibile dalla fine di gennaio e sarà presentato a Pistoia alla fine di aprile, al teatro Bolognini, attraverso una delle iniziative con cui Bracali celebra la sua città, capitale italiana della cultura per il 2017, insieme a un progetto con un altro maestro pistoiese della fotografia, Aurelio Amendola, e una mostra e un incontro culturale per i ragazzi delle superiori con il fotografo Giancarlo D'Emilio al teatro Moderno di Agliana il prossimo febbraio. Rai Uno intanto lo ha confermato per il sesto anno consecutivo alla regia dei servizi di Easy Rider: "Uno Mattina _ spiega Bracali _ ha acquistato, una serie di dieci miei mini-documentari dal titolo “Un pianeta da amare”. Una grandissima soddisfazione per me". Anche questo un coronamento di un lavoro instancabile svolto con amore e con scrupolo. "Amo la fotografia pura e trasparente, senza ritocchi. Amo la luce fiamminga di Jan van Eyck - spiega Luca Bracali ambasciatore mondiale della Fujifilme amo il Caravaggio, i toni saturi e le tinte forti. Lavoro con le mirrorless, che consentono un lavoro più discreto, rapido e intuitivo, affiancato dalla action-cam. Ma è il drone ora che apre la mia nuova frontiera. Ho sempre sognato le riprese aree. Ho fatto riprese dalla mongolfiera, dal deltaplano, dall’elicottero, dagli ultraleggeri e dall'idrovolante, ma gli occhi del mio drone sono ora, per me, il sogno di volare. Il grande sogno di Leonardo e delle sue macchine."


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IL VINO ALLE PRESE CON IL TESTO UNICO di Maddalena Mazzeschi

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l Testo unico del vino è legge. Un risultato al quale abbiamo lavorato molto in questi mesi insieme al Parlamento e che oggi è realtà. Finalmente diamo ai produttori una sola legge di riferimento con 90 articoli che riassume tutta la normativa precedente. Un'operazione di semplificazione che era attesa da anni e che consente di tagliare burocrazia, migliorare il sistema dei controlli, dare informazioni più trasparenti ai consumatori. Col Testo unico possiamo contribuire a rafforzare la crescita di un settore che già oggi vale più di 14 miliardi di euro e con un export che supera i 5,5 miliardi". Con questi toni entusiastici il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato la pubblicazione della nuova legge che regolamenterà il comparto vitivinicolo italiano. Un comparto non secondario per l’intero bilancio nazionale se si considera che nei 14 miliardi cui fa riferi-

mento il ministro, non credo sia valutato anche l’indotto economico riconducibile sia in termini produttivi (dal momento dell’impianto di un vigneto fino a quello dell’imbottigliamento di un vino) sia in termini comunicativi per l’appeal che un vino ha sul turismo del territorio in cui è prodotto e per le attività connesse alla vendita (fiere, eventi, serate di assaggio). Da anni era attesa una semplificazione della normativa farraginosa e spesso contradditoria tanto da lasciare molte norme alla libera interpretazione degli organi di controllo. Riuscire a ricondurre a una sola legge le varie e variegate norme precedenti sembra essere un traguardo notevole. Dalla lettura del Testo Unico non emergono, almeno a livello generale, sconvolgimenti normativi. Qualche dubbio può sorgere alla constatazione che siamo il primo Paese della Unione europea a informatizzare al 100% la ge-

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stione delle aziende vitivinicole nei riguardi degli organi di controllo. Considerando che non siamo il Paese europeo con il grado di informatizzazione più alto, mi è sembrato un po’ azzardato che proprio in un settore così complesso arrivassimo per primi. Ma che cosa pensano del nuovo Testo i produttori? Per primo uno piccolo che, se ha lo svantaggio di un’organizzazione familiare, ha il vantaggio di una cantina dove le operazioni quotidiane sono in numero minore rispetto ad aziende di grandi dimensioni. Alla domanda: “Che cosa ne pensi del Nuovo Testo Unico?” l’espressione di Susanna Crociani (titolare dell’omonima cantina da 60 anni a Montepulciano) è cambiata. Ho scoperto così che il comparto produttivo del vino farà riferimento al Sian (Sistema informatico agricolo nazionale) e dovrà attuare la cosiddetta “dematerializzazione dei registri” passando alla comunicazione telematica di tutte


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le operazioni di cantina. Il termine è a dir poco inquietante e mi ha fatto pensare al Sian come a un soggetto alieno dotato di un’arma sconosciuta: il “raggio laser dematerializzante” che trasforma la carta in byte lasciando le aziende senza informazioni a meno che non siano capaci di controllare il programma del computer centrale riuscendo ad attivare l’accesso dal proprio ufficio (provate a entrare nel sito e vedrete se è un’esagerazione!). Il Sian sembra essere un mostro che ingloba le informazioni e ti dà un responso che può essere positivo se hai fatto tutte le operazioni in modo corretto oppure negativo se hai compiuto un errore nel qual caso il responso torna al computer dell’azienda con annessa multa. A parte il fantasioso modo di descriverlo, il meccanismo funziona esattamente così. Tutte le operazioni di cantina, dai travasi alla vendita della singola bottiglia, debbono essere inserite nel programma in tempo quasi reale. Entro 30 giorni dall’inserimento dell’operazione il sistema deve rendere il responso positivo o negativo e se c’è un errore scatta in contemporanea la multa! Il 3% delle aziende ha cominciato a utilizzare, in via sperimentale, questo programma alcuni mesi prima della scadenza obbligatoria e i tempi medi di risposta del Sian sono di circa mezz’ora. Quali saranno nel momento in cui il 100% dei produttori avrà iniziato a lavorare così? Perché il problema è che i 30 giorni di supporto non partono dal momento in cui l’azienda riceve il responso, ma

da quando l’azienda inserisce l’informazione e se il responso arriva, per esempio, il 20° giorno il tempo rimanente per la verifica e l’eventuale correzione allo scopo di evitare la multa, rimane di soli 10 giorni. A questo punto ho chiesto l’opinione di un’azienda di dimensioni medio-grandi come Badia di Morrona a Terricciola (Pisa). Il suo enologo Adolfo Benvenuti, che si sta occupando di questo aspetto, non è stato più rassicurante. Pur trattandosi di un’azienda già informatizzata al 100%, e che si serve anche di consulenti esterni per avere la certezza di compiere tutte le operazioni in modo corretto, per Adolfo questa nuova metodologia non semplificherà le operazioni come assicurano dal ministero ma, al contrario, metterà in situazioni gestionali davvero difficili tutte le aziende. Qualche dubbio nel frattempo lo deve aver avuto anche il ministero visto che con una circolare del 21 dicembre scorso ha comunicato che “Per andare incontro alle esigenze delle imprese, dal 1° gennaio fino al 30 aprile 2017, in sede di controllo gli operatori potranno giustificare le operazioni non registrate online attraverso documenti cartacei senza essere sanzionati”. Insomma, se perlomeno una apprezzabile percentuale di aziende vitivinicole italiane riuscirà a uniformarsi alla nuova regolamentazione sarà grazie all’auspicabile ennesimo “miracolo italiano” …

Montepulciano

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COME BALLI...COME TI VESTI di Allegra Contoli

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immi come balli e ti dirò come vesti”. Questo il mood della 91 edizione di Pitti Uomo, in scena a Firenze dal 10 al 13 gennaio per presentare la collezioni di abbigliamento e accessori maschili Autunno/Inverno 2017-2018. “Pitti Dance Off ”, la danza come espressione di libertà, libertà come privilegio di esprimere se stessi attraverso ciò che si indossa. «Pitti Dance Off è un invito ad esprimersi» – afferma Agostino Poletto, vice-direttore generale di Pitti Immagine «ad esprimere il proprio corpo ed il proprio stile». Brand ormai consolidati, giovani emergenti, esponenti della sartoria italiana, Pitti ogni anno si conferma fucina di eccellenze e novità. Le grandi conferme di questa edizione, Sansovino 6, brand di maglieria fondato dal designer americano Edward Buchanan che presenta una collezione dedicata al knitwear, con filati e tessuti smacchinati, o Lucio Vanotti, che dopo la consacrazione di Giorgio Armani che lo ospitò nel suo teatro, ha fondato nel 2012 il brand che porta il suo nome e che quest’anno torna a Pitti con la sua moda lineare, dalle linee pulite ed essenziali. Presente a Pitti Italics, progetto della Fondazione Pitti Immagine Discovery dedicato ai giovani talenti, anche Carlo Volpi, vincitore dell’ottava edizione del concorso Who’s on Next? Uomo 2016. Porta in scena la sua maglieria, con capi unisex che

puntano su colori forti, filati pregiati ma anche tecniche manuali rielaborate con tecnologie più avanzate. Non si può non citare il grande ed attesissimo ritorno in passerella di Paul Smith che ha scelto proprio Pitti Uomo per presentare la linea contemporary del suo brand, PS by Paul Smith o l’esordio di Alessandro Sartori, nuovo direttore creativo della maison Ermenegildo Zegna, che ha lanciato la seconda linea Z Zegna proprio in occasione di Pitti. Girando tra gli stand, si ritrovano anche grandi nomi, ormai presenze fisse a Pitti: come Brunello Cucinelli, con la sua eleganza innata declinata su capolavori in cashmere, Tombolini con il suo cashmere ultraleggero, Tagliatore con l’immancabile check su giacche dai revers importanti, Lardini che per il prossimo inverno riscopre il principe di Galles. E anche tra gli accessori, conferme e scoperte: la tradizione di Sutor Mantellassi e la modernità di Fanga Shoes, che lavora materiali pregiati come il coccodrillo proponendoli però in colori accesi come viola o verde. Pitti Uomo si è concluso venerdì 13 gennaio, giusto in tempo per passare il timone a Milano per l’inizio di Milano Moda Uomo. Sfilate, presentazioni, eventi per 5 giorni di grande moda. Ed è stata una partenza con il botto grazie alla sfilata di Ermenegildo Zegna all’Hangar Bicocca e a quella di Alberta Ferretti che, nella sua sede di via Donizetti, ha fatto sfilare 7 pull in cashmere (ognuno per un giorno della settimana) e romantiche dee per la Pre Fall17. Immancabile la sfilata di Re Giorgio che per l’inverno Emporio Armani propone un ritorno al pantalone ampio, con le pences

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e che ribadisce quanto si possa risultare eleganti senza cadere nell’eccesso, stupiscono come sempre Dolce&Gabbana che tra stemmi e giacche araldiche portano in passerella anche 54 influencer, tra cui il figlio di Cindy Crawford o le figlie di Sylvester Stallone, in un tripudio di musica con l’esibizione live di Austin Mahone, che vanta 10 milioni di followers. Interessante anche la capsule collection realizzata dal brand Au jour le jour per Colmar, che con un mix di colori e fantasie, reinventa il piumino, rendendolo sbarazzino e divertente, Moreschi che festeggia 70 anni di eccellenza nelle calzature e lo fa con una svolta rock, mantenendo però la qualità della lavorazione artigianale. Plein Sport di Philippe Plein incanta con il suo show e la sua collezione activewear, dove il nero è protagonista e contrasta

con bianco, argento e oro, dove i tessuti sono tecnici, dal design moderno e impattante, «un’alternativa a brand di lusso come Nike o Adidas, un target finora poco battuto dalle griffe» - ha dichiarato lo stilista che afferma Plein Sport non sarà una seconda linea ma avrà uno spazio proprio all’interno della maison. Infine, si è concluso con l’eleganza di Etro e lo show di Frankie Morello, che in primavera aprirà uno spazio a Milano di 600 metri quadri, distribuito su tre piani dove si svilupperà un flagship store, dedicato alle collezioni uomo, donna e bambino, ma dove avranno sede anche gli uffici stile e lo showroom commerciale dedicato ai clienti direzional, «la nostra casa nel cuore di Milano» ha affermato Angela Ammaturo, ad di Fmm Srl, nuova proprietà del brand.

I NUMERI DI PITTI Numeri sempre più importanti per quella che ormai è considerata la fiera per eccellenza del settore maschile. Giunta alla 91 edizione, vedrà la partecipazione di oltre 1220 marchi, 540 dei quali stranieri e ben 210 novità. Il 2016 è stato nettamente migliore rispetto al 2015. Nel 2015 i dati consuntivo della moda maschile hanno evidenziato un “ritorno dell’Europa” che negli ultimi due anni sta prendendo sempre più piede. Per intenderci, il settore export ha registrato le seguenti performance: un incremento del +7,1% Germania, del +7,7% Regno Unito, del +13,5% Spagna e del +3,9% verso i paesi dell’UE. Ma è soprattutto in questo inizio 2017 che si respira nell’aria voglia di positività e di riscatto. E allora un grande in bocca al lupo alla moda italiana.

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MEMORIE DI UN NOVANTENNE di Felice Vincenzi

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i sono più cose sorprendenti in questo piccolo saggio/memoire, “Nell’ Arco di un secolo”, uscito per i tipi di Gangemi Editore, appena prima di Natale e presentato da Paolo Mieli, Nicoletta Picchio e Salvatore Iannizzi, nella sede della casa editrice di via Giulia a Roma. La prima è l’età dell’autore Mimmo Bucarelli, alla sua prima esperienza di scrittura: un giovane debuttante di 93 anni! La seconda è lo stile del tutto personale con cui Bucarelli riesce, scandendo chiari e brillanti paragrafi, a disegnare in 96 pagine, con una chiarezza appunto sorprendente, che cosa è stato per l’ Italia il Novecento, quel secolo detto “breve” dallo storico britannico Eric Hobsbawm. La terza, osservata con interesse e divertimento da Mieli alla presentazione, il partecipato distacco e totale mancanza di faziosità o risentimento con cui l’ autore racconta eventi anche molto aspri e dibattuti come il fascismo, piazza Fontana, la guerra della chimica tra Cefis e Rovelli, con un Andreotti nascosto tra le quinte, o tangentopoli. Sorprende ancora il senso etico del punto di vista e malgrado gli scossoni e fatica di un apparente, e forse di fatto, declino, un senso fortemente positivo di messaggio alle nuove generazioni. Insomma “un’operina che va letta” come l’ ha definita Franco Tatò. Bucarelli è nato nel’23 a Bova Marina, un paesino rurale della costa calabra a una settantina di chilometri da Reggio Calabria, stretto tra l’Aspromonte e il blu dello Ionio. Laureato in ingegneria industriale chimica, ha lavorato all’interno dell’industria produttiva, ha collaborato a tempi pieno con l’Imi come consulente tecnico-finanziario, è stato consulente tecnico-finanziario dei maggiori istituti di mediocredito nazionali e regionali. L’autore à inizio alle sue memorie, proprio come Hobsbawm,

dagli anni del primo dopoguerra e le conclude pochi anni dopo di lui, nel 1999. Ci racconta l’Italia attraverso il suo vissuto concreto, quello della sua famiglia e di quella della moglie Livia Vicentini, sposata a Roma, di origine ferrarese. Esordisce con la “civiltà della terra” in cui è nato,” con una descrizione meticolosa e fotografica”, come scrive Iannizzi nella sua introduzione, della vita pratica e pacifica che le erano propri e che incuriosisce e meraviglia chi li apprende per la prima volta. Toccanti sono i passaggi che ci riportano ai cieli stellati e agli incanti infantili di un paese, seppur ai margini del mondo, felice e senza inquinamento, ancora nel pieno delle tradizioni antiche. Entra con disinvolta obiettività nel fascismo fotografandolo con distacco, approfittando del racconto delle vicende del suocero Giuseppe Vicentini, banchiere vicino al Vaticano, travolto dalla crisi dell’inizio degli anni trenta. Poi la guerra e lo sviluppo industriale dell’Italia moderna filtrato dal suo ambiente di lavoro della chimica, ambiente vivace, denso di innovazione. Lo sviluppo e il declino nell’incapacità del Paese e della sua classe dirigente di affrontare la competitività di un mercato maturo e in mutazione. L’ingresso della politica, degli affaristi e della finanza, gli anni di piombo e tangentopoli. Nello sfondo la consapevolezza precoce dei problemi derivanti dall’ inquinamento e le mutazioni climatiche e che gli arrivano sul tavolo in tempi non sospetti proprio per la vicinanza con l’ industria chimica, suo ambiente di lavoro. Di particolare interesse sono le riflessioni finali che inducono a un esame di coscienza civica per i singoli e politica per la collettività, sempre se si vuole usare la coscienza come specchio di verità. Un racconto autobiografico, un contributo alla pedagogia sociale, da dedicare a quanti affrontano il percorso

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della propria esistenza in modo attento e consapevole. L’esperienza umana, ambientale e professionale è ispirata alla comprensione, libera da preconcetti, della situazione storica del proprio vissuto, con l’attenzione costante rivolta alla capacità di cogliere il mutamento sociale e politico, per formarsi una coscienza critica e costruttiva. Nella sua introduzione Nicoletta Picchio si chiede se un ragazzo di oggi riesca ad immaginarsi una vita senza telefono cellulare, ipad, social network e quant’altro. “Impossibile, non ci riuscirebbe. E si stupirebbe a pensare che i nonni hanno vissuto l’infanzia senza l’elettricità”, è la sua conclusione. E’ per questo che fare un passo indietro, voltarsi, possibilmente con la disarmante lucidità di Mimmo Bucarelli, sarà di certo un atto benefico e illuminante. Per tutti! Specialmente per quei ragazzi che “non ricordano” lo ieri “sotto le stelle che si vedono” e “dove si va a lavorare a dorso d’asino”.

“Per questo tutti i ragazzi dovrebbero leggerlo”, afferma convinta Lucrezia Ruggi d’ Aragona, vice segretario generale per la documentazione e le relazioni esterne del Quirinale. Ce ne sono stati molti di alti e bassi in un secolo di storia, come l’autore racconta ripercorrendo la sua vita. Ma finora ciò che è prevalso, e che affiora dal testo, è la spinta ad andare avanti. E’ questo il messaggio più forte che ci piace cogliere nel racconto di un quasi centenario: proprio in questo periodo complesso, quando tutto sembra disgregarsi ed è così difficile capire come tirare le fila e chi debba farlo, in un incerto equilibrio mondiale, oltre che italiano, guai a cedere alla sfiducia e alla rassegnazione. Bisogna reagire con pazienza e rimboccandosi le maniche come abbiamo fatto cento anni fa, come abbiamo fatto nel dopoguerra. Recuperando però quel senso del “bene comune” che, sono proprio le ultime parole del libro, rappresenta un collante indispensabile se vogliamo voltare pagina.

LE 10 ASPIRAZIONI DEI SINGLE

A

mettere in evidenza i buoni propositi dei single per il 2017 ci ha pensato SpeedDate.it, il portale che offre a chi non è in coppia il modo più veloce e divertente per incontrare nella vita reale gente nuova e nuovi potenziali partner, che ha relizzato una ricerca su un campione di 2 mila iscritti al portale, rilevando così la top-10 delle aspirazioni dei single per il nuovo anno. 1) Trovare un partner. Il 78% dei single si è promesso di trovare qualcuno con cui condividere le gioie e i dolori della vita. Il successo nella realizzazione di questo proposito spesso dipende più dal caso che dalla buona volontà, ma scegliendo un evento SpeedDate.it o una vacanza SpeedVacanze.it le possibilità di concretizzare questo proposito aumentano vertiginosamente. 2) Riservare più tempo per sé. Il 72% dei single vorrebbe poter ritagliare più tempo per se stesso, soprattutto da dedicare al wellness, ma anche al relax, all'apprendimento di una nuova lingua, allo studio di uno strumento musicale. 3) Viaggiare di più. Il 67% dei cuori solitari vorrebbe viaggiare di più, soprattuto per scoprire posti nuovi ma anche per tornare nei luoghi che più amano. 4) Migliorare i rapporti in famiglia. Il 63% dei single vorrebbe evitare le liti con i fratelli e con i genitori, riprendere i rapporti con parenti meno prossimi e ritagliare più tempo per riuscire a migliorare in generale i rapporti in famiglia. 5) Fare più sport. Il 60% vorrebbe fare più sport, iscriversi in palestra o mettersi a correre. Molti di loro opteranno quest'anno per i weekend o le vacanze all'insegna di attività sportive, dalla bicicletta al rafting, pensate specificamente per loro da SpeedDate.it e da SpeedVacanze.it. 6) Frequantare maggiormente gli amici. Il 57% promette che nel 2017 si impegnerà di più per mantenere e coltivare le amicizie, anche quelle lontane. 7) Mangiare più sano. Il 52% dei cuori solitari vorrebbe mangiare meno e meglio. Insomma dopo i pranzi di Natale e Capodanno, vorrebbe mettersi a dieta. 8) Migliorare nel lavoro. Il 48% vorrebbe migliorare la situazione lavorativa. C'è chi vorrebbe aumentare la propria produttività, chi si prefigge di ottenere un aumento e chi addirittura pensa di cercare un nuovo posto di lavoro. L'obiettivo per tutti, anche in ambito lavorativo, è quello di migliorare. 9) Leggere più libri, vedere più film, andare a teatro. Il 42% vorrebbe leggere di più o andare più spesso al cinema e al teatro. 10) Fumare e bere di meno. Il 38% dei single vorrebbe smettere di fumare o fumare di meno e ridurre i consumi di alcolici. «Tra gli altri buoni propositi dei single meno ricorrenti vi sono inoltre "comprare casa", "non sbagliare a scrivere l'anno", "smettere di procastinare", "tenere un diario personale" e "buttare via quello che non serve"» aggiunge Roberto Sberna, direttore generale di SpeedDate.it.

Nuova Finanza - gennaio, febbraio 2017 - Pag. 55


COSTUME & SOCIETÀ

AGRUMI IN PARTENZA

G

li agrumi di Oranfrizer sono pronti per rivoluzionare con i loro colori, sapori e profumi molti dei luoghi in cui verranno venduti, in Italia e all’estero. Stagione dopo stagione, dalla Sicilia arrivano tra le mani dei consumatori dei frutti sempre più particolari, che oltre ad essere buoni da mangiare e un vero toccasana naturale per l’organismo, diventano anche frutti innovativi, parlanti, versatili, persino mondani e poliglotti. Nel 2017 gli eventi realizzati in Italia e nel mondo coinvolgeranno in numerose esperienze e particolari degustazioni molti consumatori, sia adulti che bambini, ma anche chef, bar-tender e buyers. In Italia saranno oltre cinquanta le tappe di Oranfrizer nei punti vendita Coop, l’intento è trasformare e attirare l’attenzione dei consumatori verso i reparti ortofrutta con l’arrivo degli agrumi a bordo delle moto ape e dei carretti siciliani, in collaborazione con Librì Progetti Educativi e Altre Mani nei grandi supermercati verranno creati dei Giardini delle Arance per i bambini e per gli adulti buongustai arriveranno delle cucine in cui si potrà sperimentare l’Orankitchen, il mini corso di cucina d’autore a base di agrumi. Ogni occasione di contatto durante questa nuova stagione diffonderà molti aspetti interessanti sui frutti, soprattutto sulle arance rosse ricche di vitamina C e antocianine; Oranfrizer ne racconterà la ricchezza nutrizionale, il loro gusto vivace, l’importanza della loro origine, la loro ecletticità d’esser agrumi da tavola buoni da mangiare, frutti abbondanti in succo buoni da spremere, ma anche veri e propri ingredienti che si prestano ad essere principali protagonisti di ricette, e da quest’anno anche frutti brillanti dal succo attraente, perfetti per la preparazione di nuovi cocktail. Quest’ultima idea verrà realizzata in Indonesia, nel Sud-est asiatico continentale, dove Oranfrizer coinvolgerà 180 chef

e bar-tender in un’affascinante “taste-esperience” fatta di cocktails e di finger food a base di agrumi e spremuta di arance rosse; l’evento è stato titolato “Mixology taste & aroma”, sarà un nuovo viaggio gastronomico pensato per scoprire l’esuberanza degli agrumi nel loro sapore naturale al 100% ma anche nel loro straordinario tocco inedito ed eccentrico che riescono a dare a mix alcolici e analcolici. “Mixology taste & aroma” per la prima volta verrà realizzato in un paese in cui il sapore del succo d’arancia a polpa rossa è raro, se non del tutto sconosciuto o mai assaggiato, il succo not from concentred di Oranfrizer incontrerà così l’interesse di molti esperti chef e bar-tender asiatici già incuriositi da altre specialità europee e soprattutto italiane. I sorprendenti accostamenti pensati dallo chef Carmelo Chiaramonte e dalla bar-tender Fulvia Monaco saranno degustati in due città, le più importanti dell’Indonesia: il 16 gennaio a Bali presso il ristorante “osteria-style” DaMaria e il 18 gennaio a Giacarta presso Cooking Studio Almond Zucchini; l’obiettivo che Oranfrizer persegue è moltiplicare i canali di esportazione degli agrumi e delle spremute siciliane e diversificarne l’impiego con nuove idee di consumo. Oranfrizer, che in tutte le numerose tappe d’Italia incontrerà moltissimi piccoli e grandi consumatori, non rinuncia al suo impegno di internazionalizzare il consumo dell’arancia rossa in versione spremuta e continua così ad avviarne l’introduzione in nuovi mercati mai esplorati prima. Contemporaneamente sono già partiti i primi containers di agrumi freschi verso i retailers dell’Inghilterra e della Norvegia. Per estendere il core business oltre i confini d’Europa la leader italiana, in piena stagione agrumaria, sarà prossimamente presente anche nei primi due eventi del 2017 di importanza globale, al Fruit Logistica di Berlino dal 8 al 10 febbraio e al Gulfood di Dubai dal 26 febbraio al 2 Marzo.

Nuova Finanza - gennaio, febbraio 2017 - Pag. 56




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