250 anni della torre di San Vigilio a Parrocchia

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250 anni della torre di San Vigilio

Brevi note

sulla storia del campanile di Parrocchia di Vallarsa

Presentazione

Nel 1772 veniva completato grazie al contributo della comunità e della popolazione di tutta la Vallarsa il campanile di Parrocchia. Si tratta di un’opera che da un lato ci ricorda cosa può fare una popolazione che condivide alcuni importanti obiettivi, dall’altro riassu me la storia della valle essendo il medesimo campanile riuscito a superare i drammatici avvenimenti della Prima guerra mondiale du rante la quale fu seriamente danneggiato. Per ricordare questo particolare anniversa rio è sorto un comitato spontaneo del quale fanno parte persone residenti nelle diverse frazioni della valle. Tale comitato ha pensato, al fine di ricordare i lontani avvenimenti che hanno portato al campanile come oggi pos siamo ammirare, ad una serie di iniziative che saranno attuate nei prossimi mesi.

Il primo appuntamento è fissato per l’8 di cembre 2022 in prossimità dell’anniversario dell’11 dicembre 1926 quando, dopo le di struzioni della prima guerra mondiale le nuove campane suonarono per la prima volta sul restaurato campanile.

Altre iniziative saranno sviluppate prossi mamente anche grazie la collaborazione, che viene in questa occasione fortemente solle citata, di tutti coloro che sono disponibili a contribuire con idee, proposte, suggerimenti.

In attesa di incontrarci numerosi di perso na salutiamo tutti cordialmente.

Il Comitato per i 250 anni del campanile

Il campanile in una cartolina d’epoca (collezione Fabio Pezzato)

Brevi note sulla storia del campanile di Parrocchia

Nel 1772, vale a dire 250 anni fa, completata la costruzione del cam panile a Parrocchia venne apposta sul medesimo una lapide che ancor oggi si può vedere e leggere. La lapide scritta in latino recita:

D.O.M TURRIS HAEC DIVO VIGILIO DICATA AERE COMUNITATIS,

OPERIBUSQUE COMUNALIBUS GRATIS PRAESTITIS ANNO DOMINI 1767 INCEPTA, 1772 FUIT COMPLETA; EODEMQUE ANNO SEX CAMPANAE FUSAE AC BENEDICTAE FUERE A REV.MO DON FRANCISCO ANTONIO REDOLFI VICARIO, ANDREA PREZZI, PARROCO INSIGNIA COMUNITATIS 1 7 7 2 la traduzione del testo può essere così effettuata:

A D(io), O(ttimo) M(assimo). Questa torre, dedicata a S. Vigilio, con il denaro della Comunità e con l’opera gratuita della popolazione, fu co minciata nel 1767 e fu completata nel 1772; nel medesimo anno furono fuse sei campane e furono benedette dal vicario (del vescovo) don France sco Antonio Redolfi mentre era parroco don Andrea Prezzi. Infine viene riportato lo stemma della Comunità e l’anno 1772.

Se fosse scritta oggi questa lapide sarebbe quasi sicuramente scritta in maniera diversa. Non solo perché, sarebbe scritta in italiano anziché in latino ma anche perchè invece di “con il denaro della Comunità e con l’opera gratuita della popolazione,“ si sarebbe scritto “costruita dal Co mune con il contributo della popolazione.”

Tale differenza non è solo dovuta ai cambiamenti che avvengono nel linguaggio, ma deriva da cambiamenti complessivi nel sistema socio-e conomico.

Pertanto per comprendere cosa si intendeva con la dizione “Comu

nità” e “opera gratuita della popolazione” è necessario ricordare che nel 1700 il Comune come noi oggi lo conosciamo non esisteva. Infatti il Comune, come ente giuridico che ha una propria personalità ed è indipendente dalle persone che ne fanno parte, appare verso il 1800 dopo le guerre napoleoniche. Molte delle attribuzioni e dei compiti che attualmente sono svolte dal Comune all’epoca della costruzione del campanile erano di competenza della Comunità. Questa era costituita, nel caso di Vallarsa, dall’insieme delle famiglie che abitavano le frazioni che la popolavano. In altre zone non tutti i residenti facevano parte della comunità ed il diritto di farne parte si poteva acquistare per meriti o pagando una tassa d’ingresso. Anche in Vallarsa se una famiglia emigrava perdeva il diritto di far parte della comunità. Infatti, non a caso, i componenti della comunità medesima venivano censiti per “foco fumante” vale a dire considerando le fami glie che tenevano sempre acceso il fuoco ossia che non si allontanavano

per lunghi periodi dalla valle.

Le famiglie (foco fumante) che facevano parte della comunità erano i comproprietari di un insieme di beni che erano gestiti in comune. Tali beni, nel caso di Vallarsa, erano costituiti principalmente da boschi e pascoli. Tali beni e gli altri affari della comunità erano gestiti da un Massaro assistito da 4 giurati e 16 consiglieri. Massaro e giurati nominavano un procuratore (sindaco nel linguaggio dell’epoca). Quest’ultimo era stipendiato e doveva fare gli interessi della Comunità nella gestione dei beni collettivi e nei rapporti con altre autorità. Il Massaro e gli altri amministratori venivano eletti dai capofamiglia che si riunivano in una pubblica assemblea detta regola o regola generale. Questa si teneva a Parrocchia nella piazza, vicino ad un tiglio. A ricordo di tale pianta an cor oggi il toponimo che indica il prato a valle della canonica è Lintele, termine che deriva dal nome tedesco del tiglio.

Tutte le frazioni erano ripartite tra 4 quartieri che nel 1600 erano

Inizio 1900, visita regnanti d’Austria (collezione Fabio Pezzato)

quelli di Matassone, Riva, Piano, Valmorbia. Ad esempio, nel 1605 del quartiere di Matassone facevano parte le 36 famiglie (fochi fumanti) abitanti nelle frazioni (o forse meglio masi) della sponda sinistra a partire dalle Aste (o forse Cumerlotti) fino ai Lombardi; del quartiere della Riva facevano parte le 31 famiglie abitanti nella parte alta della sponda sinistra della valle; del quartiere del Piano facevano parte le 45 famiglie dimoranti nella parte alta della sponda destra dopo il rio Piazza (compreso Camposilvano); del quartiere di Valmorbia facevano parte le 58 famiglie residenti nella parte bassa della sponda destra della valle fino al rio Piazza. Complessivamente, all’epo ca, si avevano, pertanto 170 famiglie. Ad ognuna di queste ogni anno la comunità distribuiva il ricavato (tolte le spese) dei beni comunali. Ad esempio sempre nel 1605 furono distribuiti a ciascuna famiglia 5 troni derivanti dall’affitto delle malghe che, in quell’anno, erano state appaltate a Giacomo Rausso (forse diremmo oggi Raoss). Il trono era di argento, pesava 6,52 grammi con purezza dell’argento stesso pari a 948/1000, valeva 20 soldi ognuno dei quali formato da 12 denari.In termini di potere d’acquisto un trono all’epoca equivaleva, all’incirca, al salario attuale di un manovale per poco meno di un mese di lavoro. Invece nel 1646 come avanzo di amministrazione dell’anno furono di stribuiti ad ognuna delle 185 famiglie dell’epoca 5,5 troni.

I fondi distribuiti dalla Comunità erano importanti per il sostenta mento della popolazione dell’epoca. Tuttavia la comunità poteva non distribuire tutto il ricavato (tolte le spese correnti) dell’anno. L’assem blea (regola) di tutti i capofamiglia poteva autorizzare il Massaro ad effettuare, nell’interesse della Comunità spese straordinarie quali, ad esempio, l’acquisto di pascoli e boschi (ed è attraverso questo mecca nismo che fu possibile acquisire molti dei terreni oggi gravati da uso civico) o altre spese ritenute di interesse generale.

Per essere valida, all’assemblea dovevano partecipare almeno 2/3 degli aventi diritto. Chi non partecipava senza legittimo impedimento veniva multato. Le votazioni avvenivano con il sistema della “ballotazione” vale a dire a ciascun partecipante venivano date due palline una bianca ed una nera. Votare con la pallina bianca significava voto favorevole, con quella nera voto contrario. Le palline non usate per votare venivano messe in un recipiente a parte e si poteva avere così avere un controllo incrociato del risultato elettorale.

Anche la costruzione del campanile fu decisa in un’assemblea ge nerale tenuta il 20 febbraio 1766. Parteciparono 285 aventi diritto. Vi furono 241 favorevoli pari a quasi l’85% 20 contrari e 24 astenuti. Il 2 luglio 1766 in un’altra assemblea generale, al fine di reperire i fondi necessari si decise di mettere all’asta il bosco di Monte di Mezzo. In quell’occasione vi furono 153 presenti e si ebbero 124 voti a favore ossia circa l’81%, 25 voti contrari e 4 persone non parteciparono alla votazione.

Ci furono lunghe discussioni su dove collocare il campanile medesi mo. Alla fine si decise di costruirlo sulla destra della chiesa (ponendosi presso l’altare principale e guardando l’ingresso) discosto dal muro del la chiesa. Tale decisione, insieme alla comunicazione relativa alla scelta

La bellezza del campanile prima della Grande Guerra (collezione Fabio Pezzato)

dei progettisti fu portata a conoscenza dell’assemblea generale convo cata il 4 maggio 1767.

La progettazione del campanile fu affidata ai più famosi architetti dell’epoca. I medesimi che nello stesso periodo portarono a termine una mappa dettagliata delle zone di confine con la repubblica di Vene zia.

Tuttavia i fondi stanziati dalla Comunità non erano sufficienti per la costruzione. Per questo, come recita la lapide posta sul campanile, si rese necessario ricorrere all’opera gratuita della popolazione. Fu grazie al lavoro volontario degli abitanti dell’epoca che ci fu il trasporto, con l’utilizzo di slitte delle pietre provenienti da una cava posta a valle di Speccheri, il taglio della legna necessaria per produrre la calcina usata come legante (il cemento non era ancora di uso comune), la fabbricazione della calcina medesima, la predisposizione delle opere necessarie per porre in posto le pietre. Ogni quartiere si assunse l’onere di portare a termine determinati lavori. Questi richiesero molto tempo anche per ché svolti sottraendo tempo agli usuali lavori agricoli e forestali. Unico compenso a tutti i lavoranti veniva garantita (a spese della Comunità) una porzione giornaliera di polenta e formaggio!

Va osservato che ai lavori parteciparono anche gli abitanti delle fra zioni che facevano riferimento a parrocchie o curazie diverse da quel la dove sorge il campanile. Questa era, infatti, l’espressione di tutta la comunità e non di una parte della stessa. L’esempio di tale capacità di impegnarsi gratuitamente per un’opera di interesse comune rappre senta, forse, l’eredità più importante che coloro che hanno costruito il campanile hanno trasmesso alle generazioni successive.

Mentre il campanile prendeva forma si pose il problema di dotarlo di adeguate campane. A tal fine nell’assemblea generale del 7 aprile 1771 il massaro propose di acquisire campane adeguate ad eseguire un concerto “sufficiente e condecente” per un costo preventivato in tre mila fiorini. Supponendo che i “fochi fumanti” all’epoca fossero poco più di 300 significava rinunciare alla distribuzione di 8/10 fiorini per famiglia. Per dare un’idea del valore dei medesimi ci può ricordare che negli stessi anni il salario annuo di una cuoca a trento era di 12 fiorini. Invece della consueta ballotazione i 202 capifuoco presenti preferirono gridare all’unanimità e a gran voce “si trovi il bisognevole denaro che siano fatte le campane”.

La situazione al ritorno dei profughi (collezione

Il campanile danneggiato dalla guerra (collezione Fabio Pezzato) Fabio Pezzato)

La realizzazione delle medesime campane fu affidata al maestro d’ar te di fusione Giuseppe Ruffini di Reggio Emilia. La fusione delle cam pane stesse fu effettuata nell’orto della canonica.

Al fine di recuperare il denaro necessario per pagare i costi sostenuti, nell’assemblea del 17 maggio 1772 si decide “di incantare il bosco del rautele e il legname, gli abeti di Campobiso.

Nel 1885 un fulmine colpì il campanone asportando una parte circa 60 Kg di materiale.

All’inizio della prima guerra mondiale l’esercito italiano smontò le campane, ma nel compiere l’operazione due delle medesime andaro no in frantumi. Inoltre, a conflitto iniziato furono ricavati nelle mura del campanile alcuni fori per facilitare, in caso di necessità, la posa di esplosivo onde far saltare il manufatto. Manufatto che venne fortemente danneggiato durante la guerra.

Nel primo dopoguerra si procedette alla riparazione dei danni che il campanile aveva subito e ritornarono da Vicenza, dove erano state portate durante il conflitto, le 4 campane ancora integre mentre furono rifuse quelle che erano andate in frantumi. Le campane erano pronte nel luglio del 1926 ma, a causa della scarsa solerzia della ditta incaricata, furono poste sul campanile solo all’inizio di dicembre del medesimo anno. Le nuove campane suonarono per la prima volta l’11 dicembre, mentre il giorno successivo “suonarono a distesa quasi tutto il dì e alla sera la torre fu rischiarata da alcune lampadine elettriche”. L’entrata in funzione delle nuove campane coincise, infatti, con l’arrivo in Vallarsa dell’energia elettrica.

Nella primavera del 1927 fu rimesso sul campanile l’orologio.

Nel 1949 vi furono altri importanti lavori di consolidamento e ma nutenzione.

Tra il 1965 e il 1967, con il contributo determinante di don Giuseppe Cumer, le campane furono elettrificate.

In conclusione la storia della costruzione del campanile consente di conoscere aspetti interessanti della storia della Vallarsa, di valutare adeguatamente l’importanza della collaborazione tra le diverse famiglie delle numerose frazioni, di ricavare utili suggerimenti per il futuro. Per questo il comitato per i 250 anni del campanile si ripromette per il pros simo futuro di condurre una più approfondita ricerca su questo tema.

La ricostruzione dopo la guerra (collezione Fabio Pezzato) Parrocchia dall’alto (foto Tiziano Maraner)

Concerto delle campane di Parrocchia

Le campane del campanile di Parrocchia sono sei. In origine erano suonate a mano con le corde, fino al 1967 quando furono elettrificate grazie al sostanzioso contributo di don Giuseppe Cumer.

Il campanone “San Vigilio” suona nel concerto con tutte le campane e scandisce invece la sua possente voce solista la domenica alle 12;

La campana della Carità suona l’agonia e annuncia chi muore in valle; La campana del venerdì suona, appunto, il venerdì alle 15; La campana del mezzodì scandisce l’AveMaria mattina e sera e l’An gelus a mezzogiorno dei giorni feriali;

Le campane del botto e della scuola, annunciano le funzioni.

Tutte e sei le campane, suonano il sabato pomeriggio alle 16 per an nunciare la domenica.

Per annunciare la S.Messa suonano tutte mezz’ora prima della fun zione e un quarto d’ora prima suona il “botto”;

NOME DIAMETRO PESO NOTA

1. Campanone “San Vigilio” m 1,45 Kg 1950 do

2. Campana della Carità m 1,29 Kg 1292 re

3. Campana del Venerdì m 1,16 Kg 911 mi

4. Campana del Mezzodì m 1,00 Kg 600 sol

5. Campana della Scuola m 0,71 Kg 300 do

6. Campana del Botto m 0,60 Kg 170 mi

L’orologio

Sul campanile vi è inoltre un orologio meccanico risalente ai primi del’900; Inizialmente il meccanismo “a pendola” con ricarica quotidia na era a manuale, Negli anni ‘60 il sistema di risalita dei pesi venne elettrificato artigianalmente. Successivamente l’orologio esterno è stato collegato al sistema digitale che comanda le campane e il quadrante con i numeri che si vede dalla piazza è stato restaurato nel 2017. Il mecca nismo dell’orologio storico, meccanico, è invece ancora al suo posto, sotto la cella delle campane, fermo ma perfettamente funzionante.

Luce sul campanile (foto Marco Angheben)

Programma delle celebrazioni per la ricorrenza dei 250 anni del campanile di Parrocchia di Vallarsa

8 dicembre 2022 Parrocchia di Vallarsa

Ore 10.30 Chiesa Parrocchiale, S. Messa celebrata dal parroco, con il coro della valle

Ore 11.15 Chiesa Parrocchiale, Concerto con il maestro organista Antonio Vicentini

Ore 11.45 Canonica, Brindisi in compagnia

Ore 12.00 Concerto delle campane

Ore 16.00 Ex scuola Parrocchia sala Domenico Raoss, Presentazione, in collaborazione con Centro Studi Mu seo Etnografico Vallarsa e Fondazione Vallarsa, del vo lume “Memoria di terre alte. Archeologia di un paesaggio pastorale tra Pasubio e Piccole Dolomiti” a cura del dottor Marco Avanzini.

Controluce (foto Marco Angheben)

Pubblicazione a cura del Comitato per il 250° del campanile di Parrocchia di Vallarsa. Dicembre 2022

Libretto realizzato: con il contributo della Fondazione Vallarsa con il supporto dell’Unità pastorale di Vallarsa

In quarta di copertina, foto di Marco Angheben

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