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SERGIO

Dilatare la longevità fino a lambire l’immortalità: un obiettivo inseguito invano dagli scienziati. Un’utopia probabilmente destinata a rimanere tale. Un traguardo che in botanica è stato invece raggiunto attraverso un piccolo, grande, miracolo targato Forlì. A compiere il prodigio, un gruppo di studiosi romagnoli da una vita impegnati nel monitoraggio degli alberi monumentali e oggi riuniti nell’associazione I Patriarchi della Natura, fondata all’ombra di Saffi nel 2006. Al timone del sodalizio è Sergio Guidi, predappiese residente a Forlimpopoli, sessantanove anni spesi per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità. Una passione che affonda le radici negli anni Cinquanta in quella verde frazione di San Savino divenuta ben presto posto delle fragole. “Trascorrevo le vacanze in campagna dagli zii che, non essendo diventati genitori, mi amavano come un figlio,” racconta Guidi. “Lo zio, che curava l’orto e produceva un sangiovese incredibile, mi ha fatto conoscere alberi e foglie, l’alter- narsi delle stagioni e il canto degli uccelli; dalla zia ho acquisito l’amore per i funghi.” Una luce destinata a illuminare il resto dell’esistenza. “Conseguita la laurea in Agraria a Bologna nel 1979, ho svolto attività di consulenza nel settore zootecnico, ma con un’attenzione sempre rivolta all’ambiente, e lavorato per Arpa, in seno alla quale ho creato l’unità operativa biodiversità.” Senza trascurare le collaborazioni con il Ministero dell’Agricoltura e altri prestigiosi enti, e ancora l’attività di divulgazione attraverso numerose pubblicazioni, a partire dalla collana Frutti dimenticati e biodiversità recuperata Una sorta di bibbia per gli appassionati della materia.

Dotato di una memoria prodigiosa che negli anni universitari gli permetteva di apprendere i nomi latini delle piante alla prima lettura, per l’amata natura Sergio ha portato a termine autentiche imprese. “Ad esempio quando raggiunsi Linosa assieme a mia moglie, all’epoca mia fidanzata, per fotografare l’unico fiore spontaneo mancante nella mia collezione di diapositive. Il mio docente di botanica, palermitano, mi diede del pazzo.” Benedetta follia! Nel curriculum chilometrico spicca, oltre alla creazione dei Patriarchi della Natura, la paternità della Rete dei giardini della biodiversità. “Già negli anni Novanta, i nostri agronomi e forestali hanno iniziato a censire e riprodurre gli alberi monumentali disseminati in tutta Italia, Paese straordinario dal punto di vista storico, culturale, architettonico ma anche paesaggistico e ambientale. Un territorio in cui coesistono aree semidesertiche della Sicilia e quelle alpine del Trentino, a testimonianza di una

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Profili

A Sergio Guidi Si Deve

biodiversità che non ha eguali in Europa. Una ricchezza che non dobbiamo sprecare: ogni albero che perdiamo diventiamo più poveri.” L’enciclopedico archivio comprende oggi 13.000 esemplari, suddivisi in due filoni. “Da un lato abbiamo i patriarchi della natura ovvero i capostipiti dei boschi e delle foreste, a partire da querce, pioppi, salici, olmi, aceri, conifere quali pini e abeti.” Custodi di una storia secolare, se non addirittura millenaria, ma altresì pilastri del futuro. “A dispetto dei rami secchi e della corteccia screpolata, un albero di 500 anni ha superato 500 estati magari molto siccitose, 500 inverni più o meno rigidi e dunque ha nei suoi geni la capacità di adattamento all’ambiente e la resistenza agli stress. La seconda categoria riguarda i patriarchi da frutto: l’Emilia-Romagna, capitale europea della frutticoltura, vanta piante che hanno dimostrato resistenza alle patologie e resilienza alle avversità. Gli agricoltori di un tempo non disponevano infatti di antiparassitari né di celle frigorifere per la conservazione dei frutti, longevi e con grandi proprietà nutraceutiche. Eppure abbiamo rischiato di perderli.”

Pericolo scongiurato grazie alla capacità del sodalizio forlivese, che vanta oggi una rete su tutto il territorio nazionale, di ‘resuscitare’ alberi estinti e garantire un futuro a quelli altrimenti destinati a estinzione. “Abbiamo riprodotto lo straordinario patrimonio genetico delle specie a rischio, dando vita a nursery dove è conservato il ‘germoplasma’ in attesa di essere messo a dimora. Da semi grandi come capocchie di spillo, prodighi di energie e informazioni, prendono vita alberi destinati a diventare pilastri della terra, con radici che possono arrivare a trenta metri di profondità garantendo un assetto idrogeologico a un territorio geologicamente fragile e giovane come il nostro.

La Rete dei Frutteti della biodiversità è nata non solo per conservare il patrimonio genetico ma anche per lo studio dei cambiamenti climatici. “Grazie all’accordo tra regione e Arpa, in Emilia-Romagna ce n’è uno in ogni

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0543 781022 provincia. Forlì ne conta addirittura due: la Cattedrale delle foglie e delle piante contadine, sulla spiaggia di Cesenatico, e il Sentiero dei Frutti Perduti di Alfero, nel comune di Verghereto. La Cattedrale, formata da 7 foglie in acciaio korten disposte ad anfiteatro, è l’ultimo regalo del nostro amico Tonino Guerra. A cui abbiamo dedicato una pianta derivata dal suo giardino dei mandorli di Pennabilli: un albero che raggiunge la piena fioritura in primavera proprio nel giorno cui Guerra è ‘andato nell’altra stanza’. L’abbiamo chiamato Il respiro di Tonino: quella pianta che l’ha visto bimbo, ha assorbito la sua anidride carbonica.” Pura poesia. Oggi sempre più enti e privati si rivolgono ai Patriarchi per la progettazione e la realizzazione di orti urbani e giardini. All’associazione di Guidi si deve la nascita del parco a forma d’Italia realizzato sull’Appia antica e dedicato all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Al suo interno c’è una pianta per ogni regione. La Romagna è rappresentata da un cotogno antico proveniente da Faenza.” A Papa Francesco è stato invece donato un piccolo frutteto con 7 piante. “Nei giardini vaticani c’è persino un fico della Basilicata che fruttifica a Natale.” Tra gli ultimi a entrare nella grande famiglia, il cantante Al Bano. “Ci ha contattato dopo aver visto Il giardino di marzo che abbiamo realizzato per Mogol: a Cellino San Marco abbiamo progettato la fattoria dei frutti perduti che ricalca il logo dell’azienda agricola pugliese ovvero un sole, dal titolo del primo grande successo di Al Bano, con 24 raggi a rappresentare le 24 ore del giorno. Al centro l’ulivo testimone dell’infanzia del cantante e tutto intorno un giro di viti con 24 aiuole e altrettante piante da frutto.” Tutte straordinarie creazioni di quell’inimitabile artista che è madre natura. Beni della collettività, da preservare e prendere a esempio nell’affrontare le sfide del quotidiano. E a cui mostrare riconoscenza. Come diceva Tonino Guerra: “È ora che quando incontriamo un albero diciamo: buongiorno signor albero!” Sì, i tempi sono maturi. Parola di Patriarca.

“ABBIAMO RIPRODOTTO LO STRAORDINARIO PATRIMONIO GENETICO DELLE SPECIE A RISCHIO, DANDO VITA A NURSERY DOVE È CONSERVATO IL ‘GERMOPLASMA’ IN ATTESA DI ESSERE MESSO A DIMORA,” PER RIDARE VITA AD ALBERI ESTINTI.