Una tragica battuta di caccia

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LE STORIE DEL MARESCIALLO PRISCIANDARO

UNA TRAGICA BATTUTA DI CACCIA

Delitti e segreti in una tranquilla provincia del sud

FRANCESCO SERAFINO Francesco Serafino

È alla sua terza pubblicazione letteraria avendo iniziato con un libro per bambini dal titolo “Fiabe e racconti per ogni notte”, Wip Edizioni (2013). Il suo esordio nel campo del noir avviene con “La festa insanguinata” Wip Edizioni (2014), con il quale crea il personaggio del Maresciallo Prisciandaro, in ossequio alla Città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019 e all’Arma Benemerita dei Carabinieri.

«…Le stradine anguste del centro storico e le case intonacate a calce sprigionavano tanto calore, che i panni stesi al sole, sui fili di acciaio inveicolati su carrucole di ferro fra muri di edifici opposti o fra pertiche di legno a forma di forcella sulle pareti degli edifici, si asciugavano rapidamente sprigionando nell’aria un fresco odore di sapone di Marsiglia…» € 14,00 ISBN 978-88-8459-363-4

Insieme al fido appuntato Mincuzzi e al Maresciallo Peppino Silletti, il Comandante della locale stazione dei Carabinieri, Prisciandaro si ritrova testimone inconsapevole di quanto accaduto in una calda serata di luna piena di fine estate.

UNA TRAGICA BATTUTA DI CACCIA

Francesco Serafino, 52 anni, lucano, è nato a Ferrandina (MT), sposato, due splendide figlie, vive a Bari dall’età di 8 anni, ingegnere, lavora attualmente nella Pubblica Amministrazione.

Quella che doveva essere una tranquilla e spensierata battuta di caccia organizzata da un suo vecchio amico in un paesino della provincia, si trasforma in una tragica quanto assurda vicenda, che vede coinvolto in prima persona proprio il Maresciallo Prisciandaro.

Il mistero sembra apparentemente di facile risoluzione. Gli ingredienti ci sono tutti, la copiosa eredità del defunto fa gola a molti, la sua professione di valente avvocato suggerisce di pensare in certe direzioni, ma il susseguirsi degli eventi, altrettanto tragici e inquietanti, conducono il nostro sottufficiale alla definitiva conclusione dell’enigma.

UNA TRAGICA BATTUTA DI CACCIA ROMANZO WIP EDIZIONI

In un contesto difficile, impenetrabile e a volte tragicomico, il verificarsi dei colpi di scena e l’evolversi delle situazioni riescono a stuzzicare il Maresciallo Prisciandaro, sempre pronto a districarsi nelle più disparate circostanze e a coordinare le indagini indirizzandole per il verso giusto.



Matera 2019 Capitale Europea della Cultura


1° edizione gennaio 2016 ISBN: 978-88-8459-363-4 Disegni di copertina e illustrazioni: zio Franz

©Tutti i diritti riservati all’Autore. Ai sensi della Legge sui diritti di autore tutelati dal Codice Civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (elettronico, meccanico, informatico, compreso le copie fotostatiche, microfilms, registrazione, ecc.) senza la preventiva autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. Ogni riferimento a nomi, fatti, persone, circostanze è puramente casuale.

P.S. Le conversazioni nelle lingue locali, sono state elaborate con l’ausilio di testi dialettali. L’autore si scusa con i cultori dei diversi idiomi per le imprecisioni riportate. Se vuoi contattare l’autore: e-mail: fra.sera@libero.it

WIP Edizioni srl Via Capaldi, 37/A – 70125 BARI Tel. 080.5576003 – fax 080.5523055 www.wipedizioni.it – info@wipedizioni.it


LE STORIE DEL MARESCIALLO PRISCIANDARO Delitti e segreti in una tranquilla provincia del sud

FRANCESCO SERAFINO

UNA TRAGICA BATTUTA DI CACCIA ROMANZO

Disegni di copertina e illustrazioni: Zio Franz



“… dedicato all’amore, lascia che sia così… … ai miei pensieri, a com’ero ieri e anche per te.”



Sommario Prologo........................................................................... 11 I ...................................................................................... 20 II . ................................................................................... 32 III ................................................................................... 39 IV ................................................................................... 50 V .................................................................................... 61 VI ................................................................................... 70 VII .................................................................................. 79 VIII ................................................................................ 88 IX ................................................................................... 98 X . ................................................................................. 108 XI ................................................................................. 120 XII ................................................................................ 131 XIII . ............................................................................. 141 XIV .............................................................................. 151 XV ................................................................................ 162 XVI .............................................................................. 178 XVII ............................................................................. 192 XVIII ............................................................................ 206 XIX . ............................................................................. 218 XX ................................................................................ 230 XXI . ............................................................................. 241 XXII ............................................................................. 253 XXIII ............................................................................ 265



PROLOGO La vita nella piccola caserma di Matera centro scorreva in maniera abbastanza lineare e senza particolari episodi di rilievo quel settembre del 1964. Trascorsi infatti i primi mesi dall’ultimo avvenimento che aveva di fatto turbato la monotonia della cittadina in maniera così tragica, tutto era ritornato alla normalità. Tutti avevano ripreso le consuete abitudini: l’apatia e la pacatezza si erano ristabilite nei suoi abitanti, proprio come se nulla fosse successo. Era il pomeriggio del 17 settembre e si stava avvicinando la data dell’altro evento religioso dell’anno, certamente non meno importante del primo per i fedeli materani: la festa di Sant’Eustachio protettore della città. «Ehi tu!» disse il Comandante affacciandosi al portoncino, colpito dall’insolito rumoreggiare di arnesi da lavoro che si avvertiva in quella placida e solatia giornata settembrina, rivolgendosi all’operaio della ditta delle luminarie che stava erigendo il bianco palo di legno proprio davanti all’ingresso della caserma. «Ditemi, Marescià. Posso fare qualcosa per voi?» «Come accidenti ti è balenato in testa di mettere il palo proprio davanti all’ingresso della caserma? Non avevi altro posto?» «Ma, M… Marescià, io eseguo solo ordini dal mio capo, e…» «E io invece, do gli ordini, giovanotto! Smontalo immediatamente e piazzalo da un’altra parte, ma non qui. Sono stato chiaro?» «Ehm… Marescià. Ma io…» poi in dialetto non del loco, continuò: «Oh, Maronna mia, chi vvole chiste, mo? Addo ve truate mo, Mest Peppe?» [Oh, Madonna mia, cosa vuole questo, ora?Mastro Giuseppe, dove siete adesso?]

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Il povero operaio cercava aiuto dal suo datore di lavoro, perché temeva giustamente di suscitare le sue ire; nel frattempo una moltitudine di curiosi si era assiepata davanti all’ingresso della caserma, pronta a parteggiare per l’una o per l’altra fazione. «Permesso? Facite ambbress, faciteme passà.» In quel momento un grasso tipo tutto sudato, anche lui dal chiaro accento napoletano, si faceva avanti nel capannello di gente e acquistava posizioni per raggiungere la zona da cui provenivano le grida concitate. «Ue, Tonì ca è succiess?» disse con aria di sfida, «ca ‘a cumbinat a ‘u Maresciall? Marescià, permettete, sono Giuseppe Esposito titolare della Premiata Fabbrica Mondragonese, facciamo luminarie da tre generazioni. è successo qualcosa? Vi ha forse mancato di rispetto? Tonì, chiedi scusa al Maresciallo!» «No, Esposito, niente di tutto ciò. Ho solamente detto al tuo operaio che deve togliere il palo che ha piazzato davanti all’ingresso della caserma. Avete cento altri posti dove collocarlo, diamine!» «Non è possibile, Marescià. Ora è troppo tardi. Adesso mi rovinate l’allineamento e la simmetria. E poi…» «Non mi interessa, Esposito. Devi togliere dall’ingresso il palo. È un ordine.» «Ma guarda a chiste! E poi Marescià…» «Non può stare davanti all’ingresso della caserma! Hai capito?» «… E poi me l’avete suggerito voi l’esatta posizione del palo, o meglio ‘o carabbiniere chi capille vianghe, io non volevo… ma dov’è? Non lo vedo Marescià.» «Chi te l’ha ordinato? Il Brigadiere?» «Certamente! Mi disse proprio: “mettilo davanti alla caserma così ci dà più lustro”, e… poi non ho più operai per spostare il palo. Io e Tonino non possiamo farcela da soli.» «Non hai operai! Bene, Lorusso! Brigadiere Lorusso!» tuonò il Maresciallo. 12


«Ehm! Ditemi Marescià…» disse il graduato uscendo in quel momento allo scoperto, poiché aveva subdorato l’aria ostile della discussione. «Visto che il tuo suggerimento è degno del miglior capomastro o direttore dei lavori…» «… Ma io pensavo che…» «Pensavi male!» «Signorsì!» «Bene. Vedi di riparare il danno e aiuta l’operaio Tonino a spostare il palo un metro più avanti, e…» «Io? Un sottufficiale dell’Arma! Volete scherzare? A questa età… Non può aiutarlo qualcuno più agile? Al massimo posso solo suggerirgli l’allineamento e…» «No! Hai già fatto molti danni con i tuoi suggerimenti!» «Beh, Marescià, almeno due coppie di pali vanno spostate» disse l’imprenditore napoletano. «Sentito, Lorusso? Al lavoro. E la prossima volta le luminarie mettitele vicino la tua testa, così la illumini meglio. Sono stato chiaro?» «Signorsì!» Immediatamente si levò un applauso dalla folla astante in direzione del povero Brigadiere, che col capo chino e pieno di rabbia in corpo per la ramanzina ricevuta dal suo superiore, che comunque sorrideva, si avvicinò al suo “datore di lavoro” occasionale, per ricollocare i pali incriminati in una posizione più confacente. «Brigadiè, lasciate stare, faccio io, non è un lavoro che dovreste fare voi!» si avvicinò un giovanottone che aveva assistito alla scena. «Grazie, dell’aiuto offertomi, ma il Maresciallo…» «Stavo scherzando, Lorusso! è mai possibile che ti faccia fare questo lavoro? Era solo il pretesto per darti una sonora lezione e spero di esserci riuscito!» Nel giro di poco tempo furono sistemati gli errori di interpretazione del Brigadiere, che comunque dovette

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attendere affinché l’opera di risanamento fosse completata per tirare un sospiro di sollievo. «Marescià, allora ho già finito di scontare la pena?» disse varcando la soglia d’ingresso del portoncino madido di sudore con la camicia della divisa lacera in più punti. «Lorusso, ma dove sei stato nella foresta tropicale a caccia dei leoni? O alla ricerca del dottor Livingstone, suppongo... Ah, ah!» «Marescià sempre in vena di scherzare voi. E tutto perché ho dato solo un suggerimento…» «Sbagliato, Brigadiere, completamente sbagliato. Comunque siediti e dissetati con dell’ottima limonata ghiacciata che il buon Scocozza ha preparato per te. Dai! Qua la mano.» concluse il Prisciandaro avvicinandosi a lui in segno di distensione. «Comandante, dite la verità» intervenne Scocozza, «avete fatto spostare il palo solo perché vi libera la visuale. Guardate che passeggio nel corso a quest’ora, sembra che tutte le ragazze si siano date appuntamento qui e rivolgano lo sguardo proprio da questa parte.» «Ah, ah. Bravo Scocozza era proprio questo il mio intento!» «Maresciallo, allora usciamo in due per volta, annotiamo il tempo di sosta delle donzelle vicino alla caserma e soprattutto vediamo a chi indirizzano i loro sguardi. Vince chi ne totalizzerà di più.» «Bene, ci sto solo se partecipa anche il Brigadiere, del resto la gara è aperta a tutti, anche ai fuori quota. Senza offesa, Lorusso, ma secondo me ci sono tante signore mature che possono fare al caso tuo.» «Maresciallo, non scherzate, ma, come dice quella cantante giovane che ha vinto il festival di Sanremo, la Gigliola Cinquetti: “Non ho l’età”…» «Suvvia Brigadiè» gli venne incontro Seclì «siete sempre un uomo affascinante…»

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«Ah, ah. Ben detto Seclì.» ridacchiò il Prisciandaro. «Allora il primo turno lo fate tu e Mincuzzi, che anche se è sposato qualche apprezzamento femminile gli sarà concesso fare.» «Beh, Maresciallo, siamo uomini o caporali? Certamente che potrò partecipare.» «Ne ero sicuro!» replicò «Poi sarà la volta di Scocozza e il Brigadiere, che nel frattempo si sarà rimesso in ordine e infine il sottoscritto chiuderà la partita.» «Bene cominciamo.» fecero i primi due. Uscirono i concorrenti d’apertura e si piazzarono davanti all’ingresso fumando una sigaretta. Ma, se si esclude un paio di donne mature che transitavano dal lato opposto con le sporte di tela cariche della spesa giornaliera e che non alzarono minimamente lo sguardo verso i militari, forse perché preoccupate di salvaguardare il prezioso carico alimentare, non passò nessuna fanciulla nel giro dei dieci minuti di osservazione pattuiti. «Niente Maresciallo, le prime vedette hanno fatto cilecca. Adesso tocca alla prossima coppia.» disse Seclì rientrando insieme al suo collega di giuoco mentre i tre militari all’interno avevano osservato la scena dalla piccola finestra, praticamente quasi uno sull’altro con il Brigadiere che sopportava il peso degli altri due. «Ce ne siamo accorti. Vai Lorusso, tocca a te e Scocozza.» «Comandi!» rispose l’appuntato sorridendo recandosi insieme al Brigadiere all’esterno. Ma anche stavolta, tralasciando un paio di ragazze che passarono speditamente da quella postazione sorridendo e additando il Brigadiere che rimase abbastanza imbarazzato e un via vai di uomini con la coppola nonostante il caldo estivo, non ci furono altri avvistamenti di “tortore”, per cui anche la seconda coppia di giuocatori rientrò.

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«Marescià, è il turno vostro,» disse il Lorusso «ma mi sa che oggi la fiera è moscia anche per voi. Probabilmente si devono preparare per la festa patronale e hanno bisogno di rimettersi a nuovo per l’occasione.» «Vedremo.» e uscì accendendosi una sigaretta, mentre i quattro militari si precipitarono alla finestra, per osservare la scena dall’interno con il solito Brigadiere che, come un mulo, sopportava anche questa volta il peso di tutti i colleghi. Ma come d’incanto, quasi come topolini attirati dal pifferaio magico, o come api ronzanti allettati dal dolce miele, uscirono magicamente dalle stradine e pertugi del centro storico diverse ragazze e signore tutte imbellettate che allertate dalla presenza del giovane sottufficiale facevano di tutto per farsi notare dall’uomo. «Per la miseria, avete visto?» fece Seclì che era il più in alto sulla scaletta umana i cui pioli d’appoggio erano le spalle incurvate del Brigadiere Lorusso. «Certo!» rispose Scocozza. «Sembrano uscite come lucertole al sole. Ma da dove sono sbucate è un mistero, devono avere una sentinella di guardia al nostro portone. Altro che i Carabinieri di questa stazione, ah, ah!» ridacchiò il Mincuzzi. «Ma cosa è successo? Io non vedo niente da questa posizione.» disse timidamente il Lorusso. «Meglio, Brigadiere, è a rischio la vostra pressione. Comunque adesso viene il bello, guardate!» Infatti in quel momento, ecco che si vide in lontananza la figura di una donna che avanzava verso la caserma recando con sé una borsa che pareva una zavorra, tanto sembrava pesante. Era la vedova Giulia Romano. Il Maresciallo aveva il viso girato dal lato opposto da quello cui stava arrivando la Giulia, che per la verità aveva fatto un grosso giro per tornare indietro, non appena aveva visto che il bel sottufficiale era da solo davanti alla caserma.

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Quando Prisciandaro, per un secondo, si voltò dall’altra parte e la vide, ebbe un attimo di smarrimento e la sigaretta accesa gli sfuggì di mano cadendo maldestramente per terra, per di più causandogli una piccola scottatura sulla mano destra, proprio nel tentativo non riuscito di afferrarla, seguita da una giustificabile imprecazione. «Cribbio! Ehm, salve signora Giulia, avete bisogno di una mano? Portate una borsa stracarica oltre che pesante. Datela a me, vi aiuto. Dove siete diretta?» fece il Prisciandaro precipitandosi al suo cospetto. «Tombola ragazzi!» disse nel frattempo Mincuzzi dal punto di osservazione «Adesso ne vedremo delle belle.» «Oh, salute a voi, Maresciallo. Grazie, son quasi arrivata, passavo di qui per caso. Devo consegnare la spesa alla moglie del commendatore Lozupone che abita qua vicino. Non vi preoccupate.» «Non se ne parla proprio, datemela. Non posso sopportare che una donna debba portare un peso simile. Su passatemi la sporta, vi accompagno.» Era bella la Giulia Romano e la luce radiosa di quella splendida giornata settembrina la rendeva ancora più gradevole alla vista del Maresciallo. L’abbigliamento indossato, una semplice camicetta d’organza di colore grigio e una gonna di lino colore antracite, retaggi del lutto che si portava dietro, la ingraziosivano a tal punto, da sembrare sgargianti colori dell’iride agli occhi dell’uomo. Il dolce sorriso che le si leggeva sul viso, alla vista del militare, fu un’ottima cassa di risonanza per la rinnovata fiducia nella vita fino a quel momento avara di soddisfazioni e ricca purtroppo di tante tribolazioni. «Maresciallo, per l’amor di Dio, non voglio che facciate questo per me. Vi ringrazio di cuore per il gentile pensiero, ma non vi preoccupate, faccio da sola.»

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«Datemi la borsa. è un ordine, signora Giulia, altrimenti ve la sequestro.» le disse sorridendo tirandola con le mani. Ma mentre il Maresciallo tirava da un lato, la Giulia tirava dall’altro, il povero sacchetto, già di per sé collassato per il peso sopportato, si lacerò e tutto il suo contenuto, pesche, pomodori e mele, rovinò per terra rotolando per la strada. «Oh, mi dispiace, ho fatto un danno esagerato. Perdonatemi, adesso raccolgo tutto e mi procuro un sacchetto nuovo in caserma.» e si chinò per raccogliere velocemente quanto perduto. «Non vi preoccupate, è stata solo colpa mia.» disse rammaricata la donna. «Oh carissimo Maresciallo Prisciandaro, avete bisogno di una mano? Cosa è successo, volevate scippare la borsa alla signora per caso? Ah, ah, ah.» Era il postino Pietro Lo Giorno che aveva assistito alla scena e che ridacchiava in maniera goffa come suo solito. «Ma chi è?» chiese il Maresciallo che, tutto preso dal lavoro di recupero di una mela che si era incastrata in una buca del marciapiede, non vedeva in faccia il suo interlocutore «Ah sei tu, Lo Giorno.» disse quando finalmente alzò la testa «Capiti proprio nei momenti sbagliati. No, non abbiamo bisogno di nulla, vero signora Romano?» «Ehm, Maresciallo, ci vorrebbe velocemente un’altra borsa, altrimenti la moglie del commendatore va via e…» disse timidamente la donna. «Tenete, ne ho una con me che fa giusto al caso vostro. Vi aiuto a mettere le cose dentro, così facciamo prima e vi accompagno.» «No, Lo Giorno non ti disturbare, lo faccio io.» disse il Prisciandaro, spazientitosi «Giusto signora? Ho fatto il danno e io debbo porre riparo.»

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«Maresciallo, stavo proprio andando dalla moglie del commendatore per consegnarle questo pacco, credetemi, è opportuno che vada io, conoscete che tipo è. Vero signora?» «Sì, Maresciallo, ha ragione il postino, è meglio che mi accompagna lui, così gli restituisco la borsa che mi sta prestando.» Ma in quel medesimo istante si udì un uomo dalla parte della caserma che gridava a squarciagola: «Maresciallo! Maresciallo Prisciandaro, venite in caserma, chiedono di voi. Presto.» Era la voce dell’appuntato Mincuzzi che si agitava sul portoncino d’ingresso della caserma. «Sentito, Comandante?» disse il postino con fare curioso «Cosa sarà mai successo?» «Vengo subito, appuntato.» e poi rivolto ai suoi interlocutori, continuò: «Va bene, va bene, mi avete convinto. Buona giornata, signora Romano. E tu mi raccomando, Lo Giorno, ti trovi sempre nelle situazioni che fanno al caso tuo.» concluse il Prisciandaro liquidandolo drasticamente e salutando invece la donna con un ossequioso baciamano. Poi sparì alla loro vista, precipitandosi velocemente verso la caserma. «Gran bell’uomo, vero?» disse il postino sorridendo «Sempre pronto a saper gestire situazioni d’emergenza come questa.» «Soprattutto è molto galante.» rispose la Giulia Romano avviandosi lentamente verso la destinazione stabilita. «Beh, è pur sempre un militare dell’Arma!» le fece eco Lo Giorno, mentre cominciò a camminare seguendo la donna a poca distanza, sicuramente per osservare compiaciuto il rotondo fondoschiena e il suo flessuoso camminare degno delle migliori modelle che aveva visto di recente in televisione. «Se avessi vent’anni di meno…» disse sospirando a bassa voce.

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