Infatuazione

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Gianfranco Longo

Gianfranco Longo (Bari, 1965), ha studiato nell’Università di Münster (1991-1994), e attualmente insegna Teoria generale del diritto e Filosofie, diritti e religioni del Medio ed Estremo Oriente nel Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Vincitore nel 2016 del Primo Premio al concorso nazionale di poesia edita “Bari, città aperta” con il poema Empireo. Dio, i cori angelici e il fondamento blu della creazione (Mimesis, Milano, 2016), è stato insignito del Premio Internazionale Sarnelli 2016, per i suoi studi giuridici e filosofici e per il poema Cantico di lode, di cui Infatuazione è la quarta parte.

ISBN 978-88-8459-439-6

WIP Edizioni

€ 10,00

Infatuazione

L’ascolto richiede la forza, cuore che impegno non smorza; l’esperienza rinsalda l’amore, sgorgando dalla vita conforta desiderio, mio e tuo: il rumore d’assorta inquietudine dimore coniuga postume. Non sperpera su remore e dolore, puerpera che esclama ancora il ritorno all’olfatto di vita, dove impetra la difesa, e si stempera attorno: appena un sospiro è quel giorno.

Gianfranco Longo

Infatuazione L’olocausto della memoria europea, l’abiura della democrazia

A danno delle giovani generazioni si è andata man mano concretizzando la tendenza politica a dimenticare supplizi inferti nella storia, eventi che hanno consolidato conflitti tra stati sovrani, tra popoli e popolazioni, guerre e scontri perpetuati per riassettare strategie territoriali rivendicando ancora domini e possedimenti. In un cortocircuito tra avvenimento e acquisito distacco, restano nascoste vicende scomode, ingombranti, caratterizzanti la storia europea passata e di più violenta e recente attualità. La conseguenza di profanare il passato è duplice: da un lato si mortifica la modernità in attese vane d’occasione; dall’altro lato, l’oblio lascia correre il rischio di una riproposizione di momenti storici noti, con l’ergersi di politiche messianiche, condotte da guide e interpreti dell’esistenza di popoli, di costituzioni e Stati, manovratori politici tentati ancora a esorcizzare ogni pericolo dal destino europeo in una sospensione di diritti individuali e di libertà fondamentali, per essere paradossalmente custoditi e garantite, salvaguardate, da ogni “minaccia”. Il dichiararsi spudorato di tali nostalgie autoritarie lascia temere un vero e proprio requiem della democrazia: addirittura in Europa, specialmente in quella un tempo dichiarata come Europa dell’Est, movimenti fascisti e neo-nazisti si candidano per essere “svolta”, urlando novità di risoluzione storica. Questa IV parte del poema Cantico di lode – meditazione e ricerca sul creato e sulla creazione –, che nella versificazione propone al lettore un’evocazione cognitiva su legami ed eventi dell’uomo, riflette, nel 70esimo dell’entrata in vigore della Costituzione italiana, sulla democrazia morente, lentamente sostituita dall’olocausto della memoria europea, con il rinnovarsi tragico di divisioni e persino di farneticazioni razziali, anche in Italia, in un presente collettivo infatuato dalla monetarizzazione delle sorti e divorato dal debito d’esistenza. Gianfranco Longo


SpazioTempo

Collana di Narrativa e Poesia/24

curata da Alessandro Lattarulo


Gianfranco Longo

Infatuazione L’olocausto della memoria europea, l’abiura della democrazia


Edizione gennaio 2018 ISBN 978-88-8459-439-6 WIP Edizioni Srl Via Capaldi, 37/A - 70125 Bari tel. 080.5576003 - fax 080.5523055 www.wipedizioni.it - info@wipedizioni.it

In copertina José Ferraz de Almeida Júnior, Saudade (1899), Pinacoteca do Estado de São Paulo

Pubblicazione resa possibile mediante fondi personali di ricerca e autorizzata dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

è vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, senza l’autorizzazione dell’Autore e dell’Editore.


Servono, ma non durano, i romanzi e i saggi. Perché ha più peso una strofa tornita di numerose e laboriose pagine1.

Il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire2: in onore del Settantesimo anniversario della Costituzione italiana (1948-2018), che ci ha sollevati dal dover dire e dal ribadire, ma ci ha condotti a riflettere sulla storia, custodendo la nostra libertà di cittadini e di persone per garantire il diritto individuale e inalienabile a salvaguardare le libertà di tutti, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Czesław Miłosz, Trattato poetico (1957), Adelphi, Milano, 2011, p. 12. 2 Roland Barthes, Lezione (del 7 gennaio 1977) Einaudi, Torino, 1981, p. 9. 1



Indice Introduzione I settant’anni della Costituzione italiana: un castigo senza delitto per il silenzio della guerra?

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A. Il capitale: il vudù monetario europeo omologando l’esistenza 1. La monetarizzazione delle sorti Meditazione Iscrizioni Invocazioni Terre spopolate, famiglie lacerate Requiem per la democrazia I

25 25 27 28 29

2. Assoluzione, espiazione Raccoglimento Stele Lamentazioni Liturgia di sovranità Eresia, ideologia

30 30 32 33 33

3. La seduzione dell’Anticristo: il patriottismo europeo Rimozione Democrazia della violenza Dispotismi territoriali, pallido riverbero Culti politici e rituali di guerra diminuendo, al niente I

34 36 37 38 38

Olocausto della memoria 1 Shoah Liberazione, dopoguerra, partigiani

39 40

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Sortilegio e prestigio: il culto del potere Treblinka, gemiti al cielo

41 42

Corale 1 Preludio Recitativo Sarabanda

43 43 44

Sassi di primavera Icone delle ore e del giorno Sincopato, rubato Promontorio, filiforme armonia

45 45 46

B. Lo spirito delle leggi: debito d’esistenza e mercificazione 4. L’aporia europea: disconoscere l’esistente nel teismo politico Dilatazione Tronco terreo Presagio Una rotta assai difficile Requiem per la democrazia II

48 48 49 50 51

5. Venezuela, Turchia, Europa: l’infatuazione messianica Devozione Arcano Sdegno e tradimento Implosione della pace

52 52 53 55

6. Il vessillo dell’Anticristo: territorialità e dispotismo Marchio a fuoco Universo di terra Senza grazia nel silenzio

56 57 57

8


Epigrafi di guerra diminuendo, al niente II

58 59

Olocausto della memoria 2 Scisma di cittadinanze Gulag La Casa Rossa di Omarska Il campo di Prijedor

60 61 62 63

Corale 2 Passacaglia Trasfigurazione Conoscenza

64 65 65

Estate, limite del silenzio Salmo al lastricato avorio, pietra del cammino 66 67 Notturno, attesa 68 Val d’Itria C. La divinazione 7. Satrapie presidenziali e sultanati parlamentari Stabat Mater La memoria sfregiata L’ipnosi collettiva Le necrosi del presente Requiem per la democrazia III

69 69 71 72 73

8. Devastazione, anomia Struggente terra d’oblio Il fanatismo soteriologico Libertà e immortalità Idolatria rivoluzionaria Elegia dei sopravvissuti

74 74 76 77 78

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9. L’apostasia della Costituzione Il principe di questo mondo Egemonie Vento, nube, luce Inferno: ipnosi, consumi e civilizzazione diminuendo, al niente III

78 80 81 82 83

Olocausto della memoria 3 Il lager di Jasenovac Nulla permane L’internamento: Arbeit macht frei Rieducazione a Yodok

83 84 85 86

Corale 3 Liturgia funebre: carità Et exspecto resurrectionem mortuorum Preghiera: da un figlio giusto al padre

87 87 88

Incenso d’autunno Aurora su querce e muretti grigioperla Masseria tra ginestre e ulivi Solo vecchi sguardi, parole, frammenti di premura

89 89 90

D. Il nuovo mondo e le contraffazioni della democrazia 10. La catarsi della democrazia in lager di europeizzazione Invocazione Abbagliamento Inganno Un giorno di vecchie metafore Requiem per la democrazia IV

10

92 92 93 94 95


11. Longa possessio parit ius Spietatezza Euforie svanite Parole, balbettando, al sole d’inverno Metafisica di distanze e d’incroci Per ragioni di Stato

95 96 97 98 98

12. Il nomos politico europeo: il capitale La verginità della vita politica Veleggiando fra fumi e cenere Assolato cielo, bianco merletto I due corpi del Re diminuendo, al niente IV

99 101 102 103 103

Olocausto della memoria 4 Le foibe, rinnegamento dell’accaduto Potere di grazia L’agonia a Choeung Ek La pietà, la Madre, il Consolatore

104 105 106 108

Corale 4 Il simulacro Fate quello che vi dirà Il velo che accoglie, che protegge

109 110 111

Inverno: Murgia, arpeggi all’ora dei vespri Struggente terra, mare di ghisa Spazio per il tempo, ascolto del passato Metafisica di distanze, incroci per età

112 113 114

Epilogo

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Bibliografia Discografia o Guida all’ascolto

119 122

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A mio padre Francesco, a mio figlio Pedro; a Walter, a Davide, a Giovanna: ai Longo ritrovati nelle risorse del tempo; an Sara Luzzatto (†), an Ottavo Panaro (†); an Amos Stenhardt, Yehoshua Sternfeld, um unser Gedächtnis zu erfahren und zu leben, um die Wahrheit zu retten; alle mie tesiste e ai miei tesisti che hanno studiato così bene queste tematiche, da lasciarmi gioire per il loro impegno, offrendomi speranza per il tempo futuro perché certezza del tempo presente.



Introduzione I settant’anni della Costituzione italiana: un castigo senza delitto per il silenzio della guerra? 1. Le generazioni tendono a rimuovere dalla memoria supplizi inferti a popoli e a popolazioni, a dimenticare guerre, perpetuate per riassettare strategie territoriali e consolidare domini e rivendicazioni. Affinché ciò avvenga, senza inquietare i giorni di comuni cittadini, per non dover constatare ancora che determinati crimini contro l’umanità siano stati e siano lo sviluppo frequente che si consolida mediante l’oblio, alle giovani generazioni, in un cortocircuito tra paradosso e acquisita indifferenza, vengono icasticamente tenuti nascosti proprio quegli avvenimenti scomodi, ingombranti. 2. La diretta conseguenza di ciò è lasciar profanare il passato e la sua storia mediante didattiche scevre di commenti, didattiche disordinate e condotte da una particolare generazione, nata negli anni Quaranta del secolo XX, in grado persino di sconvolgere, ad esclusivo proprio beneficio familistico, le linee chiare e ineluttabili della democrazia, corrompendola in fascismo, in marxismo e attualmente, a causa dello specifico relativismo culturale e politico europeo, in una sorte monetarizzata della persona umana.

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3. Tale generazione confusionaria, di clan, è stata a sua volta manipolata da privilegi legislativi inauditi, munifiche elargizioni3, riscossi in modo spregiudicato quale paradossale condono rispetto alle gravi responsabilità politiche e pedagogiche di cui fu ed è rea: tuttora infatti essa è protagonista e titolare di insegnamenti volti a consolidare una didattica universitaria repleta di cenni frettolosi proprio su quei concetti nevralgici alla comprensione degli eventi attuali e passati, cenni necessari a distogliere la percezione dall’accaduto, senza tuttavia macchiarsi, platealmente, di un insulto alla memoria collettiva, mortificando vilmente la modernità in una spudorata omertà, molto italiana4. Cfr. in questa sede: 12, La verginità della vita politica. Vale ricordare quanto Pier Paolo Pasolini già sosteneva nel 1974, avvertendoci dell’ansia di divenire degli “sgomitatori sociali”, cosa che poi sarebbe divenuta una vera e propria febbre: «Il Potere ha deciso che siamo tutti uguali. L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui “deve” obbedire, a patto di non sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L’uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una “falsa” uguaglianza ricevuta in regalo. Una delle caratteristiche principali di questa uguaglianza dell’esprimersi vivendo, oltre alla fossilizzazione del linguaggio verbale, è la tristezza: l’allegria è sempre esagerata, ostentata, aggressiva, offensiva. La tristezza fisica di cui parlo è profondamente nevrotica. Essa dipende da una frustrazione sociale. Ora che il modello sociale da realizzare non è più quello della propria classe, ma imposto dal potere, molti

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A Il capitale: il vudù monetario europeo omologando l’esistenza 1. La monetarizzazione delle sorti Meditazione Si annodano alle parole versi di stupore, perpetuo accrescersi, madre, di agrore, peninsulare. Inalato da un brusio che storce l’ergersi di armonia. Non si scompagina lato di ebbrezza, sguainata ad un salto sopravvivenza, all’umido di occhi che constatano lume sfiorire: pochi ancora impregnano in quel capriccio mondo e confine. Ad inverni barocchi s’addensa furore, un litico raccapriccio di sovranità esalta lirico sabba e feticcio. Iscrizioni Frantumi di vita, ripudiata meraviglia, per rinnegato candore, perché già ritmo d’incanto e squallore: la sua voce, chiglia di galleggiamento, remoto affetto smarrito tra me e il profondo, mi aveva, a istmo d’umana interiorità, a sete di età sospinto, 25


per intingere il dolore nel sogno, avvinto anelito al governo, laccio di algoritmo tra costi e profitti in debito d’esistenza, alimentando conflitti senza resistenza: è l’usuale imperare quel sempre diverso dominare di Europa sfibrata, scomparsa in abiura di democrazia, con uomo riverso, vittima di astio politico e dell’abominio teso a differenziare fra popoli. È farsa quella congettura di salvezza, di riordino di natanti, nefandezza perché concordino trame a tratte, come saghe: già carcassa s’avvoltola tra nafta e mare, e fottevano corpulenti con il traffico che reggevano. Riaccade, pertanto, che suono da cuccagna rievochi cadute e un rancore mai estinto, una guerra, che non si dilegua, ristagna, perdita incolmabile di prole, precarietà che attraversa il colmo vuoto d’istinto, afferrando filigrana di voce al bisbiglio che invoca sciolta la libertà da artiglio, temendo, genere e specie, alle calcagna, lo scompiglio dell’oblio, mentre immane mancanza si aggrava su solite fiumane, accalcandosi ai confini ridotti a limiti di mestizia, definendosi razziale sanità, ora che a passo marziale eserciti, gremiti, prefigurano assalti; sbizzarriti, stravaganti sovrani già versificano tra rovine di città, modulando patriottici canti: è l’evento, quasi per fatuità elevato a quel provento,

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di guerra11, per sterminare nella comicità cittadini, avvinghiandosi a testimoniare inferno: è il lutto che rifocilla il militare12. Invocazioni Ad oltranza, peraltro, si persegue scasso dell’amore, compiendosi sconquasso di ordine e rigore, un vertice naturale di legge e perfezione razionale. Le età convergono a un complesso incasso per aver adottato, solo pilastro reale, la condizione di devianza, raschiando aspirazione da morte, accerchiando generazione di un’infanzia in alveare, lancinante, prelibato bottino, nucleare ora rischiando al cuore, e farne feccia, quando immondo il comando intaglia volto di vergine, ripudiata per procreare lontana, proprio a muro senza breccia, in un territorio infilzato solo da lapidi, dove tra querce, lecci, ulivi, vigne, aspidi ingordi, voraci, si rimpinzano in oscurità non brandendo uomo rintocco di polarità, tra vergogna e onore. Ridotta ad orpello, sperso nella rabbia di terre devastate, Europa operaia, usurata da spilli d’ilarità che ravvolge cittadini, è solo un fardello, stritolato pure dal silenzio del desiderio, squamandosi cristalli da specchio, adulterio Cfr. Joep Franssens, Phasing (1985), tra 9° e 14° minuto. Qui militare lo si intende nella sua doppia semantica di sostantivo e di verbo.

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B Lo spirito delle leggi: debito d’esistenza e mercificazione 4. L’aporia europea: disconoscere l’esistente nel teismo politico Dilatazione Una congiura di culti finanziari, di corti e di spergiuri sanguinari, scavano crucci, fermenti estenuanti, giù all’interno di caverna, e tenebra domina, convergendoci a rutinari biascichii di spettri: passi fluttuanti vanno zigrinando, tra mussola e ombra, solo monete di cartapesta. Ingombra vaneggiamento ideologico, ordigno per terrifica e glaciale angoscia, ghigno che frastorna l’universo per un centro di sclerotica pulsione, madre, plesso di pagano miraggio su mare, scrigno che, nelle strofe del silenzio, scettro dell’assoluto custodisce, profanando creato, anelito di protezione franando. Tronco terreo Omertà, figlio, nel silenzio reciproco: condividono tutti loro saldo rimorso, contro cui la storia stramazza, croco 48


del giorno ci flagella del suo profumo20, malgrado il dolore, insieme percorso, che schiamazza e reclama già resistenza, pronti alla redenzione. Ma la sentenza s’abbatte su scorie di salvezza, trascorso ormai il carico della morte sull’eccesso di vita che spunta gli artigli al successo: spirando lontano, il mistero permane di quel pervicace intendere servizio come autoritarismo che eccelle, vane si distanziano fatiche, inspessito da grigiore il lavoro si vanifica in artificio, e non riconosciamo più la trascendenza della generazione, sfiancata da reticenza su segreti, ragioni di Stato: zuccherificio edulcorando palazzo pasoliniano, traslata nostra orma, è sarcasmo, è via affiliata. Le mete sbiadiscono illividite, senza più verginità di luce tra vecchie tenebre, incalzando passione, logoratasi presenza, sfiniti gli amanti da angherie con epitaffio duro a quei giorni. La guerra scaglia cenere. Svolazza un residuo su porzione di pasto, freddo, attende un clochard per quel fasto che qualcuno si spinga sino a lui: spegnere peraltro un ricordo, ingiuriando il presente, non espia l’abbattersi d’un fio inclemente. Presagio Il vasaio forgia nel silenzio la gioia del cuore che mitiga l’ascesso di noia,   Ct, 4, 14.

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ISBN 978-88-8459-439-6

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Infatuazione

Gianfranco Longo (Bari, 1965), ha studiato nell’Università di Münster (1991-1994), e attualmente insegna Teoria generale del diritto e Filosofie, diritti e religioni del Medio ed Estremo Oriente nel Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Vincitore nel 2016 del Primo Premio al concorso nazionale di poesia edita “Bari città aperta” con il poema Empireo. Dio, i cori angelici e il fondamento blu della creazione (Mimesis, Milano, 2016), è stato insignito del Premio Internazionale Sarnelli 2016, per i suoi studi giuridici e filosofici e per il poema Cantico di lode, di cui Infatuazione è la quarta parte.

Gianfranco Longo

con il rinnovarsi tragico di divisioni e persino di farneticazioni razziali, anche in Italia, in un presente collettivo infatuato dalla monetarizzazione delle sorti e divorato dal debito d’esistenza. Gianfranco Longo

Gianfranco Longo

Infatuazione L’olocausto della memoria europea, l’abiura della democrazia

A danno delle giovani generazioni si è andata man mano concretizzando la tendenza politica a dimenticare supplizi inferti nella storia, eventi che hanno consolidato conflitti tra stati sovrani, tra popoli e popolazioni, guerre e scontri perpetuati per riassettare strategie territoriali rivendicando ancora domini e possedimenti. In un cortocircuito tra avvenimento e acquisito distacco, restano nascoste vicende scomode, ingombranti, caratterizzanti la storia europea passata e di più violenta e recente attualità. La conseguenza di profanare il passato è duplice: da un lato si mortifica la modernità in attese vane d’occasione; dall’altro lato, l’oblio lascia correre il rischio di una riproposizione di momenti storici noti, con l’ergersi di politiche messianiche, condotte da guide e interpreti dell’esistenza di popoli, di costituzioni e Stati, manovratori politici tentati ancora a esorcizzare ogni pericolo dal destino europeo in una sospensione di diritti individuali e di libertà fondamentali, per essere paradossalmente custoditi e garantite, salvaguardate, da ogni “minaccia”. Il dichiararsi spudorato di tali nostalgie autoritarie lascia temere un vero e proprio requiem della democrazia: addirittura in Europa, specialmente in quella un tempo dichiarata come Europa dell’Est, movimenti fascisti e neo-nazisti si candidano per essere “svolta”, urlando novità di risoluzione storica. Questa IV parte del poema Cantico di lode – meditazione e ricerca sul creato e sulla creazione –, che nella versificazione propone al lettore un’evocazione cognitiva su legami ed eventi dell’uomo, riflette, nel 70esimo dell’entrata in vigore della Costituzione italiana, sulla democrazia morente, lentamente sostituita dall’olocausto della memoria europea,


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