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UN MONDO CHE CAMBIA Il parere dei costruttori sul carburante del futuro

Approfi ttando della sottoscrizione da parte di costruttori di veicoli e di tre compagnie di distribuzione carburante di un accordo di collaborazione – H2Accelerate – fi nalizzato a creare le condizioni per introdurre nel mercato di massa europeo camion alimentati a idrogeno, abbiamo buttato lo sguardo in avanti per capire con quale forma salirà a bordo dei camion

IDROGENO: MEGLIO LIQUIDO O GASSOSO? di Gabriele Bolognini

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Per far vincere l’idrogeno serve unione, anche tra concorrenti. Lo dimostra il fatto che Iveco, Daimler Truck AG, Volvo Group, OMV e Shell hanno annunciato l’impegno a collaborare per creare insieme le condizioni per introdurre nel mercato europeo dei camion alimentati a idrogeno. Un’unione formalizzata in un accordo di collaborazione, chiamato «H2Accelerate», finalizzato a cercare finanziamenti pubblici da destinare ai primi progetti pre-commerciali, a informare sulla fattibilità tecnica e commerciale dei trasporti a idrogeno, a discutere con enti pubblici per favorire politiche in grado di supportare un’attivazione rapida e sostenibile del mercato del trasporto a lungo raggio. Abbiamo chiesto ai tre costruttori di veicoli presenti in tale alleanza quali sia l’attuale stato dell’arte nello sviluppo dell’idrogeno e che tempi sono necessari per trasformare in realtà un camion a zero emissioni. Ecco cosa ci hanno risposto.

LA RISPOSTA DI IVECO

La strategia di Iveco per i veicoli pesanti a zero emissioni passa attraverso la partnership siglata più di un anno fa con Nikola. Da settembre dovrebbero essere realizzati i primi prototipi e partire i test. Si tratta di trattori stradali con alimentazione elettrica a batteria con tecnologia scalabile, in grado di percorrere fino a 400 km, con coppia pari a 1800 Nm e potenza in uscita costante pari a 480 kW. A distanza di un paio di anni è previsto anche il veicolo elettrico a celle a combustibile con alimentazione a idrogeno, in grado di raddoppiare l’autonomia fino a circa 800 km. Secondo Fabrizio Buffa,

responsabile per le Trazioni Alternative, «la liquefazione dell’idrogeno apporterebbe grandissimi vantaggi in termini di autonomia, così come di fatto è successo con l’LNG, ma, almeno inizialmente, l’industria è indirizzata verso l’idrogeno in forma gassosa. Questo perché la temperatura di liquefazione dell’idrogeno è di -252 °C contro i -160 °C del metano, quindi la sua liquefazione impone una grande perdita di energia, richiesta per raffreddarlo fino a quelle temperature. I serbatoi inoltre devono essere ben isolati per evitare l’ebollizione e, ad oggi, l’isolante per l’idrogeno liquido è costoso e delicato. Anche per quanto riguarda il gassoso, comunque, la sfida non è banale perché si parla di compressioni a 700 bar in serbatoi in fibra di carbonio ma la tecnologia c’è».

LA RISPOSTA DI DAIMLER TRUCKS

Il camion a celle a combustibile Mercedes-Benz, il GenH2 Truck, dotato di un’autonomia di oltre 1.000 km garantita da due serbatoi a idrogeno liquido della capacità di 40 kg ciascuno, sarà testato dai clienti nel 2023, mentre la produzione in serie partirà nella seconda metà del decennio. Nello stesso anno, in virtù di un accordo tra Daimler Truck AG e Linde, si prevede di effettuare il primo rifornimento di idrogeno liquido da una stazione pilota in Germania. Tutto ciò rende evidente la scelta di Mercedes-Benz Trucks di utilizzare sui veicoli a lungo raggio Fuel Cell l’idrogeno liquido anziché quello gassoso. E tale scelta, ci spiega Domenico Andreoli, responsabile Marketing di Mercedes-Benz Trucks Italia, «è dettata dalla volontà di mettere a disposizione dei clienti le migliori opzioni di veicoli a seconda del campo di applicazione». È chiaro cioè che in questa visione «per i viaggi a lunga percorrenza la soluzione Fuel Cell risulta vincente soltanto se abbinata a una configurazione dell’idrogeno con un’alta densità energetica. La configurazione con idrogeno gassoso, seppure compresso ad altissime pressioni (700 bar), comporta serbatoi che, per l’ingombro, garantiscono un’autonomia più o meno corrispondente a quella di veicoli elettrici alimentati a batteria. Viceversa, un truck a celle a combustibile riempito con idrogeno liquido può fare affidamento su serbatoi molto più piccoli e, grazie alla pressione più bassa, molto più leggeri. Ciò consente ai truck un maggiore spazio di carico e una portata utile più elevata. Allo stesso tempo, il rifornimento di idrogeno sarà superiore, aumentando notevolmente l’autonomia». Restano comunque da risolvere le difficoltà oggettive per contenere un elemento “difficile” come l’idrogeno. A questo proposito la sfida principale nel trasporto e stoccaggio dell’idrogeno in forma liquida – puntualizza Luigi Serafini Brand Manager Canter – risiede nella sua conservazione a temperature estremamente basse (-252 °C). Tuttavia, Daimler Trucks sta sviluppando tecnologie del sistema di rifornimento necessarie per rendere l’idrogeno liquido utilizzabile anche in mobilità come vettore energetico per gli autocarri di serie a celle a combustibile. Nelle applicazioni stazionarie (nell’industria o nelle stazioni di rifornimento di idrogeno), lo stoccaggio di idrogeno liquido criogenico a -253 °C è già pratica comune, lo stesso vale per il trasporto di idrogeno liquido come carico. Più nel dettaglio, per contenere l’idrogeno liquido per i truck si utilizzerà un sistema di serbatoi in acciaio inossidabile costituito da due tubi, uno all’interno dell’altro, collegati tra loro e isolati sotto vuoto».

LA RISPOSTA DI VOLVO TRUCKS

Il gruppo Volvo gioca la partita dell’idrogeno in collaborazione. Una prima intesa, formalizzata in una joint venture costituita con Daimler Trucks, mira a produrre e commercializzare celle a combustile a idrogeno in serie a partire dalla seconda metà del decennio, ma i primi test dovrebbero partire già tra tre anni. La seconda è H2Accelerate, la cui nascita – sostiene il presidente e CEO di Volvo Group,

Martin Lundstedt, «è un passo importante per plasmare il mondo in cui vogliamo vivere». E questo mondo vedrà circolare «veicoli elettrici alimentati in parte a batterie elettriche e in parte a celle a combustibile e, in una certa misura, anche da altri carburanti rinnovabili». Al momento attuale però non è chiaro se, rispetto ai sistemi fuel cell, si punti a un rifornimento basato su idrogeno liquido o gassoso. «Stiamo verificando le potenzialità e debolezze di entrambe le soluzioni – ci spiegano dalla filiale italiana della casa svedese – avendo a disposizione in Volvo anche la tecnologia criogenica. Il rifornimento di H2 allo stato liquido, infatti, permetterebbe lo stoccaggio di una maggiore quantità di idrogeno e, di conseguenza, darebbe al veicolo una maggiore autonomia a parità di spazio occupato sul telaio. Inoltre, in questo momento la tecnologia dell’idrogeno – inteso come vettore energetico per le celle combustibile – è solo parzialmente una realtà a causa delle forti limitazioni che presenta rispetto ai veicoli industriali sui quali la capacità di carico è ancora un elemento chiave». Ciò detto, su una cosa Volvo Trucks ha le idee chiare, ossia sulla scelta «di non sposare una sola soluzione, ma più soluzioni perché ogni applicazione ha le sue peculiarità e presenta limitazioni all’adozione a tappeto di una sola tecnologia. Pertanto, continueremo a sviluppare diverse trazioni alternative da utilizzare nello specifico su ogni differente applicazione».

OSTACOLI DA SUPERARE LUNGO LA STRADA VERSO L’IDROGENO

A colloquio con l’ingegner Carlo Lommi, esperto in gestione e uso razionale dell’energia nel settore petrolchimico

L’ACEA stima che 200.000 autocarri a emissioni zero dovranno essere in funzione entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi europei di abbattimento di CO2. Ma al momento attuale, dei 6,2 milioni di veicoli medi e pesanti in giro per l’Europa il 98% è alimentato a gasolio e soltanto lo 0,04% è a emissioni zero. Bisogna correre e attualmente la soluzione più rapida appare l’idrogeno. Ma quali sono gli ostacoli si presentano in questa corsa verso un mondo carbon free? Lo abbiamo chiesto all’ingegner Carlo Lommi, esperto in gestione e uso razionale dell’energia nel settore petrolchimico. «L’idrogeno può essere prodotto in molteplici modi – ci ha spiegato – ma attualmente il processo su cui si sta investendo di più è l’elettrolisi dell’acqua. In parole povere, una corrente elettrica a basso voltaggio che attraversa l’acqua forma ossigeno gassoso all’anodo e idrogeno gassoso al catodo. La combinazione nello stesso luogo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, per esempio da solare fotovoltaico ed elettrolizzatori per la produzione di idrogeno (il cosiddetto «idrogeno verde»), costituisce un esempio virtuoso di un vettore energetico prodotto e utilizzato a km 0. È il caso, per esempio, di una stazione di rifornimento per auto elettriche e FCEV (veicoli con celle a combustibile) in cui energia elettrica e idrogeno sono prodotti e distribuiti localmente. Quali e quanti sono i problemi di tale soluzione? Sono di doppia natura: la non continuità della fonte solare necessaria per la produzione di energia elettrica e la bassa efficienza degli elettrolizzatori per produrre idrogeno. Per la prima difficoltà il mercato offre soluzioni di storage elettrico, che permettono di dare continuità alla produzione dell’impianto fotovoltaico; per la seconda, confido che la forte accelerazione dell’economia dell’idrogeno presente negli ultimi mesi porterà a un miglioramento tecnico delle celle elettrolitiche.

Come avviene la liquefazione dell’idrogeno? In generale il processo di liquefazione deve avvenire all’interno di un serbatoio isolato termicamente, in cui sia stata sostituita l’aria con un gas inerte (azoto o argon) per prevenire rischi di esplosione. Il serbatoio è quindi riempito con idrogeno in pressione e raffreddato a una temperatura inferiore a -252 °C. Il processo di liquefazione è altamente energivoro e al momento molto oneroso in termici economici, tale da rendere poco competitivo l’idrogeno liquido nei confronti di quello gassoso. Per questo motivo è nato il progetto europeo IDEALHY, che si pone l’obiettivo di ridurre del 50% il consumo energetico del processo di liquefazione e di conseguenza il costo di produzione dell’idrogeno liquido.