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La rivista transpostcross ha voluto creare uno spazio in itinere che ospiti interventi incentrati sugli studi di genere, collegati al tema della World Literature. Gli studi di genere, come mostrano sia la introduzione che i saggi qui pubblicati, necessitano di una ricognizione e di un riconoscimento che attraversi diverse discipline e posizioni teorico-metodologiche in un fecondo scambio tra contesti storico-culturali specifici e le critiche ‘mobili’ che caratterizzano femminismi, women’s studies e studi di genere. Inauguriamo il dibattito attraverso alcuni dei punti salienti emersi dal seminario Nuove prospettive degli Studi di Genere in Italia e in Europa e da altri incontri collegati a questi temi.

Introduzione Vita Fortunati Il seminario, che si è svolto a Bologna il 17-18 Aprile 2012, dal titolo Nuove prospettive degli Studi di Genere in Italia e in Europa, si è prefisso di discutere con docenti italiani e europei lo stato dell’arte di questo specifico ambito disciplinare all’interno dell’accademia e il suo impatto sulla società civile. L’esigenza di un confronto e di un dibattito è nata da molteplici ragioni: la prima di conferire maggiore visibilità a livello locale, ma anche nazionale al Master in Women’s and Gender Studies (Progetto Erasmus Mundus Gemma coordinato a Bologna prima da Vita Fortunati e poi da Lilla Maria Crisafulli) che da alcuni anni si svolge a Bologna e che proprio nel 2012 entrava nella sua seconda fase, essendo il progetto stato approvato dalla comunità europea per la sua eccellenza e per la sua innovazione sia a livello della ricerca scientifica che della didattica. La seconda è stata di riunire numerose/i docenti italiane/i ed europee come pure di studentesse/i, poiché questo seminario è stato sponsorizzato e sostenuto anche dall’Associazione italiana di anglistica (A.I.A). Questo è stato un evento importante a livello nazionale, perché si è trattato di un riconoscimento italiano di questo specifico settore di didattica e di ricerca all’interno degli studi di anglistica. La terza e forse la più rilevante questione riguardava l’urgente discussione rispetto alla presunta morte del femminismo o ad una presupposta nuova fase nella storia del movimento. Nel dibattito, in sintonia con quanto sostiene Sylvia Walby nella introduzione al recente libro The Future of Feminism (2011), si è ribadito che il femminismo non è morto anzi è più che mai vivo anche se come dice la sociologa:“ it is taking powerful new forms, which make it unrecognisable to some” (p.1). Walby, come pure altre studiose, mette in evidenza quanto negli ultimi vent’anni si sia assistito ad una campagna denigratoria da parte dei media nei confronti del termine “femminismo” che è stato stigmatizzato come movimento estremista, separatista e composto principalmente da donne che odiavano gli uomini (Faludi, 1991). Come ha anche sostenuto Susan Bassnett non si tratta di una mera questione terminologica quanto piuttosto della consapevolezza che oggi il femminismo abbia assunto nuove forme e siamo in una fase in cui esso non si configuri più come una forma visibile di protesta politica, ma prevalgono i progetti nelle varie istituzioni e organizzazioni dei vari paesi europei: “Projects for gender equality extend across the domains of economy, polity and violence, as well as across 1


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civil society” (Walby, p.2). A livello dei vari governi europei, della varie istituzioni e organizzazioni ci si sforza di sostenere le tematiche che sono da sempre alla base del movimento delle donne quali “gender equality and justice, gender rights, equal opportunities” (Walby, p.2), il problema della parità dei salari nel mondo del lavoro, della violenza sul corpo delle donne. Le donne sono molto consapevoli che in questo momento di profonda crisi finanziaria e di neoliberalismo è quanto mai urgente cercare di difendere i diritti delle donne e di combattere contro le ingiustizie e le disuguaglianze. Le sfide che il femminismo oggi deve affrontare riguardano la crisi economica, il neo-liberalismo, le aumentate disuguaglianze sociali e i disastri ambientali. Il femminismo quindi non è morto sia da un punto di vista teorico che politico, ma è necessario capire le nuove forme e strategie che esso ha assunto. Nel dibattito è anche emersa l’importante idea di quanto sia cruciale capire le differenti situazioni delle donne a livello europeo: una differenza che si evidenzia sia teoricamente sia nella prassi politica, perché ogni nazione europea presenta storie e tradizioni diverse nei confronti del Femminismo. Questo aspetto è stato messo in evidenza nella sua relazione dalla coordinatrice del Master Gemma, Adelina Sanchez dell’Università di Granada. Infatti uno dei punti di forza di questo Master consiste nell’aver costituito un Consorzio che riunisce importanti università europee del Nord, del Sud e del Centro Europa (Granada, Oviedo, Bologna, Utrecht, Lodz, Budapest). Si è anche sottolineato che nelle università dell’area mediterranea nonostante la ricerca sia ad un livello molto elevato, non vi sono ancora né dipartimenti, né cattedre dedicate a questo specifico ambito di studi. Un esempio emblematico è l’Università Bologna che, come hanno ricordato Raffaella Baccolini e Rita Monticelli, ha una ricca tradizione di ricerca e di insegnamento nell’ambito dei Women’s and Gender Studies, pur non avendo ancora dipartimenti né tanto meno cattedre di insegnamento. A Bologna grazie alla presenza dell’Associazione Orlando, Centro di documentazione, ricerca delle Donne, il lavoro si è potuto svolgere dentro e fuori l’Accademia riuscendo così ad unire la teoria e la prassi, una delle principali prerogative dei Gender Studies. Inoltre la sua importante biblioteca ed emeroteca, la più fornita Italia, ha favorito la ricerca delle studentesse/ti e dei docenti. Uno dei concetti che è emerso dal confronto con le colleghe europee è quello del Transnational Feminism, un femminismo capace di oltrepassare i confini nazionali, perché, pur nelle diverse tradizioni locali, vi sono principi e valori comuni. Questa ulteriore sfida del movimento delle donne è emersa in maniera preponderante quando il femminismo occidentale si è confrontato con i vari femminismi a livello globale. In sintonia con studiose e amiche che operano in diversi contesti politicoculturali, riteniamo che gli studi delle donne e di genere diano l’opportunità di affrontare alcuni nodi concettuali centrali della nostra contemporaneità: il confronto con culture diverse, con culture ancora egemoni e con quelle ‘minoritarie’, e soprattutto, come si diceva, di tentare di trovare una base comune tra donne e culture diverse, senza mai assimilare le differenze. E’ il senso di appartenenza ad una comune tradizione che da sempre ha dato alle donne la forza di uscire dalla marginalità e di costituire una forza sociale difficilmente isolabile. In un recente 2


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editoriale (New Literary History, vol. 43, number 4, autumn 2012) dedicato alle possibili prospettive per un nuovo modo di concepire l’Europa nell’ambito degli studi umanistici, Rita Felsky ricordava quanto aveva detto Rosi Braidotti in “Europe Does Not Make Us Dream: An Interview with Rosi Braidotti by Rutvica Andrijaševic” (2008) circa la poca passione che le donne hanno avuto nei confronti dell’Europa nonostante i complessi problemi che i flussi migratori hanno provocato nella vita delle donne migranti riguardo ai problemi del loro inserimento nel mondo del lavoro e della cittadinanza. Ora crediamo che un modo nuovo di affrontare questo problema sia proprio quello di pensare ad un Femminismo che vada oltre i confini nazionali dell’Europa e che sia in grado di operare quel processo di traduzione tra culture diverse come lo dimostrano molte scrittrici che hanno dovuto lasciare per motivi politici ed economici la loro terra d’origine e che per scrivere i loro romanzi hanno deciso di usare la lingua del paese che le ha accolte. Gli studi di Genere in questa prospettiva possono offrire un valido contributo per una possibile ri-definizione dell’identità europea delle donne in un contesto pluri-etnico e pluri-culturale. La categoria del genere, la questione della razza e dell’etnia, della differenza sessuale e delle sue diverse costruzioni sono da porre in rapporto con la relazione tra identità e alterità, con i processi di ibridizzazione e con le questioni legate alla soggettività e all’autodeterminazione. Gli studi delle donne e di genere sono proprio per questo molto attenti alla ri-concettualizzazione non solo delle categorie di identità e alterità, ma che a quella di ‘soggetto’, come luogo anch’esso multiplo, fluido, complesso. Jasmina Lukić ha sottolineato quanto sia stato importante nella ricerca e nell’insegnamento dei Women’s and Gender Studies il metodo che si fonda sul concetto di Intersectionality. Il genere è un costrutto sociale in cui interagiscono diversi fattori tra cui la classe sociale, l’etnia e le preferenze sessuali. Per questo motivo gli studi di genere si configurano come un discorso complesso, in cui devono interagire in maniera comparata diverse categorie e distinti saperi. L’introduzione del punto di vista di genere nella conoscenza ha permesso a livello analitico di riunire in un solo concetto tutto quello che vi è di sociale, costruito e arbitrario nella ripartizione delle differenze tra sessi, mettendo in luce sia la variabilità tra una società e l'altra, sia la possibilità di mutamento di quella attribuzione. In sintesi, genere indica le divisioni (le differenze di ogni tipo), le diseguaglianze (le relazioni asimmetriche e gerarchiche) che esistono tra i due gruppi di attori sociali degli uomini e delle donne, mostrandone il carattere artificiale, costruito e arbitrario, ma anche sistematico. Questo metodo si è dimostrato molto fertile non solo negli studi e nelle ricerche, ma anche a livello pratico e politico. Il termine genere nella prospettiva degli studi delle donne vuole mettere in evidenza l’aspetto sociale e culturale, relazionale tra due gruppi di attori sociali. In questa accezione la parola genere vuole indicare i rapporti materiali e simbolici tra uomini e donne in uno specifico momento storico di una determinata società (Di Cori, 1996). In questa prospettiva è evidente che il genere come costrutto simbolico e materiale rispecchi i rapporti tra i sessi. Il concetto di genere esprime anche il carattere sistematico, sociale e variabile delle relazioni tra i sessi, ma anche quello del loro incardinamento nelle strutture simboliche e ideologiche della società. In questa 3


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prospettiva appare evidente come mascolinità e femminilità siano categorie socialmente costruite, in opposizione a sesso che si riferisce invece alle distinzioni biologiche tra maschi e femmina. Questo aspetto è emerso in maniera evidente negli interventi di Fabio Cleto e Sandro Bellassai che hanno sottolineato come negli ultimi anni i Gender and Women’s Studies si sono intersecati con i Masculine Studies, uno dei rami più significativi della ricerca. Proprio perché gli studi di genere si configurano, come abbiamo visto, come un discorso complesso in cui devono interagire in maniera comparata diversi saperi (dallo storico al filosofico, dall’antropologico al letterario, dal politico all’economico) essi necessitano una metodologia transdisciplinare: le relazioni di Gabriela Macedo, Annamaria Lamarra e di Susan Bassnett lo hanno messo bene in evidenza. Macedo infatti da anni studia le rappresentazioni del corpo della donna in letteratura e in pittura, mentre Bassnett indaga la specificità della letteratura di viaggio scritta da donne mettendo in rilievo la differenza con quella maschile. Annamaria Lamarra ha affrontato il rapporto delle donne con la scienza lavorando su una scrittrice del Seicento che da tempo studia Aphra Behn. All’interno del seminario due relazioni hanno trattato il genere da un punto di vista linguistico: Oriana Palusci ha ripreso un filone di ricerca che da tempo le studiose hanno affrontato, ovvero l’uso diverso delle strutture grammaticali e lessicali all’interno di romanzi del Novecento scritti da donne. L’ipotesi è di mettere luce l’ideologie implicite nell’uso del linguaggio patriarcale. Eleonora Federici invece ha dimostrato, come negli ultimi anni anche in Europa si sia sviluppato un settore di ricerca, quello della traduzione vista da un punto di vista di genere dopo le ricerche pionieristiche svolte in Canada dagli anni Settanta. Questo ambito di ricerca “Gender and Translation”, alla luce di una accezione più ampia del termine traduzione, si sforza non solo di operare un’indagine storica delle donne traduttrici in Europa, ma anche di capire le strategie traduttive messe in atto dalle traduttrici per evidenziare il ruolo centrale che esse hanno nella ricezione del testo in contesti culturali diversi. Diego Saglia invece nel suo intervento provocatorio, ma molto utile ha messo in luce quello che è stato un limite nell’introduzione dei Gender and Women’s Studies nell’università. Egli infatti ha puntualizzato quanto non sia sufficiente inserire nei programmi di studio opere scritte da donne, ma occorre esaminarle con una metodologia che tenga conto della categoria del genere, una prospettiva ermeneutica che rivoluziona e mette in discussione un modo di vedere la realtà. L’intervento di Valentina Castagna ha ripercorso con lucidità e competenza le principali teorie sul corpo della critica anglo-americana, facendo capire quanto la rappresentazione del corpo e il suo significato sia ancora un elemento costitutivo della identità femminile. Il seminario si è concluso con due iniziative: la prima la presentazione dei vari progetti di ricerca che si stanno svolgendo a Bologna e nelle sedi consorziate e di ricerca in questo specifico settore. La seconda una tavola rotonda sulle Future Prospettive degli Studi di genere in Italia e in Europa da cui è emersa la possibilità di istituire una dottorato europeo sulla scia dell’esperienza acquisita dopo anni di insegnamento nel Master Gemma. Inoltre è emersa anche l’importanza di indagare le possibili offerte di lavoro che la specializzazione in questo settore offre alle 4


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studentesse e agli studenti. Uno dei risultati positivi di questo seminario è stata infatti la decisione di sottoporre alla Comunità europea un progetto per creare con i partners europei un modello di dottorato europeo. Alcuni di questi saggi, che si intrecciano con i temi della World Literature, e i risultati della tavola rotonda, sono ospitati dalla rivista transpostcross, altri da un volume in preparazione. Intendiamo con questo non tanto concludere il seminario, bensì aprirlo a dibattiti e nuovi punti di vista, nello spirito di dialogo e interscambio degli stessi studi di genere.

Opere citate:

Braidotti, Rosi “‘Europe does not make us dream’: An interview with Rosi Braidotti by Rutvica Andrijašević” in Translate: Beyond Culture: The Politics of Translation, November 9, 2008, http//translate.eipcp.net/strands/02/andrijasevicbraidottistrands1en Di Cori, Paola, “Introduzione”, in Paola di Cori (a cura di) Altre Storie. La critica femminista alla Storia, Bologna, Clueb, 1996 Felski, Rita, “Introduction”, in New Literary History, vol. 43, number 4, autumn 2012, pp. I-XV Faludi, Susan, Backlash: The Undeclared War Against American Women, London, Vintage, 1992 [1991] Walby, Sylvia, “Introduction”, in The Future of Feminism, Cambridge, Polity Press, 2011

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