Pizza e Pasta Italiana - Luglio/Agosto 2021

Page 1

n°7 luglio/agosto 2021 anno XXXII



PIZZA NEWS

HO PROBLEMI DI IMPASTO!!!

KEEP CALM

È IN ARRIVO LA NUOVA IMPASTATRICE F2 NATA PENSANDO ALLE TUE ESIGENZE DI PIZZAIOLO

COMPATTA VERSATILE PROFESSIONALE IMPASTATRICI PROFESSIONALI

Per info contattaci

www.effeduesrl.com

E ff e d u e S r l • V i a D e l l ’ A r t i g i a n a t o , 1 0 3 6 0 3 4 M A L O ( L o c . M o l i n a ) V I - I t a l y T e l . 0 4 4 5 . 6 3 7 . 5 8 4 - F a x 0 4 4 5 . 6 3 7 . 5 9 2 - i n f o @ e ff e d u e s r l . c o m


4

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

AZIENDE Albinea Canali

p. 27

Cerutti Inox

p. 19

Cibus

p. 71

Di Marco Corrado srl

p. 39

Dr Schaer

p. 45

Effedue Forni Pavesi Rimini Gi Metal

p. 3 p. 25 p. 9

Greci

p. 43

Gruppo Cellino

p. 67

Host

p. 83

Industria Alimentare Tanagrina

p. 11

International Pizza Expo

p. 65

Italforni

p. 37, 100

Latteria Montanari

p. 99

La Torrente

p. 73

Macinazione Lendinara

p. 77

Mam - Eredi Malaguti

p. 53

Millberg

p. 23

Molecola

p. 93

Molino Agugiaro e Figna

p. 57

Molino Cosma

p. 33

Molino Dalla Giovanna

p. 95

Molino Denti

p. 15

Molino Naldoni

p. 81

Molino Pasini

p. 7

Oem

p. 13

Pizza Idea

p. 35

Refrattari Reggello - Forni Valoriani

p. 31

Sanfelici

p. 61

Sitta

p. 49

Vitella

p. 2

— Sommario — 6

28

editoriale

Cucina e territorio, binomio inscindibile di Giampiero Rorato

10-12-14

pizza news a cura della redazione

Il lavoro nella ristorazione

20

SPECIALE GRANI

Grani antichi, un panorama sulle varietà italiane di Caterina Vianello

di Giampiero Rorato

24

34

Il servizio - 2^ parte Gli aspetti delicati del mondo ristorativo

SPECIALE GRANI

di Giampiero Rorato

16 Dopo la pandemia. Conosciamo e utilizziamo i prodotti italiani di Giampiero Rorato

Rimaciniamo la farina a pietra. Il recupero di un’antica tecnica per un gusto rivolto al futuro di Marisa Cammarano

speciale grani

40

A proposito di grani di David Mandolin


sommario

46 Rosario Giannattasio, da Salerno a Vicenza

Trattoria da Bepi già 54 - Venezia

58

il food cost

62

- 2^ parte

Le formule del successo!

Errico Porzio, s’adda sapé fa a cura della redazione

Arcangelo Zulli, pizzeria La Sorgente a Guardiagrele, Chieti di D.M.

Pizza World Sharing! Le menzioni speciali- Prima parte

88

Il ginepro. Una spezia che nasce in una conifera

68 L’oro rosso d’Italia, il pomodoro. Raccolta e lavorazione

di Giampiero Rorato

92 Le birre pugliesi

di Anicav in collaborazione

54

86

le spezie

di Domenico Maria Jacobone

di David Mandolin

50

Osservatorio Host

di Alfonso Del Forno

con la redazione

96

hr mangement

Creuza de ma

74

di Antonio Puzzi

82

a cura della redazione

di Caterina Orlandi

78

L’alternanza scuola - lavoro dell’Avv. Manuela Viscardi

97

Tra le sigle del vino: un viaggio non agevole

Scuola Italiana Pizzaioli

di Virgilio Pronzati

le aziende informano

Gi Metal Molino Denti

p.85

p. 91

5


6

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

— Editoriale —

Cucina e territorio, binomio inscindibile Giampiero Rorato

È

arrivato il momento di guardare avanti con coraggio e fiducia, rafforzati da un’esperienza davvero unica che ci ha insegnato ad essere prudenti, a rispettare le regole, a riflettere di più sulla nostra vita e sul nostro lavoro. È stata un’esperienza, molto spesso pesante, a volte anche dolorosa ed ora, superato il periodo più difficile, essa ci invita a riprendere senza esitazione il nostro cammino. La pandemia è stata un’esperienza davvero molto forte e sappiamo che la vita non sarà più come prima, ma sappiamo anche che abbiamo quanto serve per continuare ad essere padroni della nostra vita e protagonisti nel nostro lavoro che, anche nella

ristorazione è cambiato. Non ci sono soltanto le regole igienico-sanitarie divenute più rigide, c’è nei consumatori un’esigenza nuova, un’accresciuta attenzione per il cibo, per i piatti serviti nei ristoranti, per le pizze gustate nelle pizzerie o anche acquistate per gustarle a casa. I ristoratori e i pizzaioli si stanno accorgendo di questo nuovo rapporto con il cibo; non basta più servire piatti belli, piacevoli, saporiti. I clienti vogliono capire e sorgono domande cui si dovrà dare una risposta. Quelle che in passato erano soltanto delle curiosità ora stanno diventando domande esplicite; oggi i clienti dei risto-

ranti vogliono sapere quello che mangiano e quali prodotti vengono impiegati e questo nuovo rapporto col cibo porta a preferire una cucina visibile e comprensibile, piuttosto che una cucina elaborata e appariscente. Lo accenniamo appena, perché anche per la ristorazione questo è un periodo di cambiamenti e non sappiamo come sarò tra qualche anno. Noi intanto continuiamo a raccontare ogni mese i prodotti d’eccellenza del territorio italiano, convinti che la cucina migliore è quella che ha un rapporto diretto con i prodotti del proprio territorio, quindi una cucina dalla filiera corta che garantisce il ristoratore

e il cliente. E sappiamo che l’Italia, in ogni regione, in ogni provincia ha una quantità di ottimi prodotti agroalimentari, sufficienti per realizzare una ristorazione di alta qualità, così come le pizzerie hanno la possibilità di attingere al proprio territorio prodotti di stagione che valorizzano le proprie pizze. Per guardare con serena fiducia al domani dobbiamo ripartire, come in passato, dalla terra, dal proprio territorio, dando alla propria cucina, alle proprie pizze, una precisa identità che piace non solo turisti che stanno ritornando, ma a tutti noi che sappiamo che i nostri prodotti agroalimentari sono fra i migliori al mondo.

www.giampierororato.blogspot.com COLOPHON

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura

PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo, Paola Dus, Elena Cazzuffi — Mediagraf lab

Edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXXI - n.7 luglio/agosto 2021 Repertorio ROC n. 5768

DIGITAL PUBLISHING Maura Trolese — Mediagraf lab

DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Caterina Orlandi PUBBLICITÀ David Mandolin, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE Via Sansonessa, 49 - 30021 CAORLE (VE) Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

IN COPERTINA illustrazione di Valentina Bongiovanni STAMPA MEDIAGRAF S.p.A. Noventa Padovana (Pd) COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Marisa Cammarano, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Caterina Orlandi, Alfonso Del Forno, Luciano Cescon. AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.), P.M.Q. Russia, P.M.Q. Cina.

ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA

PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE: ITALIA Pizza e Pasta Italiana; U.S.A. Pizza Today, P.M.Q. TEL 0421.83148 — FAX 0421.81007 PER INFORMAZIONI, SOTTOSCRIVERE UN ABBONAMENTO O RICHIEDERE UN ARRETRATO: TELEFONARE AL NUMERO 0421 212348 dal lun. al ven.: 10:00 – 12:00 / 15:00 – 17:00 INVIARE UN FAX A 0421 83178 Servizio abbonamenti Pizza e Pasta Italiana INVIARE UNA MAIL A: abbonamenti@pizzaepastaitaliana.it L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi momento dell’anno e dà diritto a ricevere 11 numeri della rivista. L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile.


AD STUDIO OVER – PH STEFANIA GIORGI – STYLING LIVIA SALA

Q U AT T R O G E N E R A Z I O N I , 10 0 A N N I D I S TO R I A , L’A R T E D E L L A F A R I N A I M P R E S S A N E L D N A .

L I N E A P R I M I T I VA M O L I N O P A S I N I | L’A R T E D E L L A F A R I N A | T H E A R T O F F L O U R W W W . M O L I N O PA S I N I . C O M

®


3 2 1 L’APP UFFICIALE DELLA RIVISTA

Pizza e Pasta Italiana

SCOPRI I CONTENUTI MULTIMEDIALI

SFOGLIA LA RIVISTA IN MODALITÀ SINGOLA PAGINA

La App ufficiale della rivista propone un modo evoluto di interagire con i contenuti accedendo dove consentito, attraverso una semplice rotazione, a contenuti multimediali sempre nuovi come video, gallery, schede tecniche e molto altro

La tua rivista preferita da 32 anni. Sempre a portata di mano!

RIMANI AGGIORNATO Scaricala subito!


Pizza. Calda. Sempre.

SEI PRONTO PER LA RIVOLUZIONE DEL DELIVERY ? REDBOX è il nuovo box per la consegna a domicilio professionale che mantiene inalterata la qualità di pizza e altri cibi caldi, assicurando il mantenimento del calore e della fragranza grazie ad un sistema brevettato di controllo di temperatura e umidità. Redbox è pensato per essere utilizzato su tutti i tipi di scooter cargo, sia elettrici che a benzina, e nelle auto, allocato nel bagagliaio, con apposito kit di adattamento.

CONSEGNI CIBO DI QUALITÀ

AUMENTI LA QUALITÀ DEL TUO SERVIZIO

OTTIMIZZI LA CONSEGNA

MIGLIORI IL TUO BUSINESS

Gi.Metal Delivery Solutions offre diverse soluzioni di acquisto, noleggio o finanziamento per garantire il miglior servizio di delivery. Per avere maggiori informazioni e per richiedere un preventivo personalizzato visita il nostro sito WWW.GIMETALDELIVERYSOLUTIONS.IT

TI DIFFERENZI DALLA CONCORRENZA


10

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

PIZZA NEWS a cura della redazione

Nuove farine di legumi Molino Naldoni, innovazione nel solco della tradizione

“C

energia, molte proteine e una contenuta quantità di lipidi, oltre ad essere ricche di fibre e ad avere un indice glicemico moderato.

Le farine di legumi firmate Molino Naldoni (piselli, ceci, fagioli, lenticchie, fave e lupini, rigorosamente coltivati in Italia), in perfetta sintonia con la filosofia che anima l’azienda, sono macinate in purezza senza nessuna aggiunta di enzimi o additivi chimici. Dal punto di vista nutrizionale, contengono un'alta percentuale di carboidrati per il giusto apporto di

“C’è molta richiesta in questa direzione. Le nostre farine di legumi sono totalmente biologiche perché prodotte nello stabilimento di Marzeno (Faenza), il nostro molino biodedicato dove produciamo esclusivamente farine biologiche di grani 100% italiani a marchio Farinaria e dove abbiamo installato un impianto di macinazione a pietra che utilizziamo anche per queste farine – spiega Alberto Naldoni che continua – Le nostre farine di legumi 100% sono naturalmente senza glutine perché la materia prima non lo contiene, ma essendo macinate in un impianto che tratta cereali non possono essere definite gluten free”.

ome io vivo, così penso le mie farine, il mio stile di vita è alla continua ricerca di cose semplici, naturali, non artefatte. Questo modo di essere è anche un modo di fare che ci esorta a realizzare prodotti sinceri, capaci di mantenere ciò che la natura sapientemente sa creare”, con queste parole Alberto Naldoni, AD di Molino Naldoni di Faenza introduce la sua nuova linea di farine di legumi.

“Per quanto ci riguarda, la nostra produzione nasce con l’idea che recuperare usanze tipiche della cucina povera sia quanto di più innovativo si possa oggi proporre al mercato – aggiunge e conclude Alberto Naldoni – la tradizione ci ha insegnato il valore di certi alimenti come i legumi che noi abbiamo scelto di macinare a pietra per creare una gamma di farine con alte proprietà nutritive che va incontro ad un trend in cerca di un’alternativa alle classiche farine”.

Il nuovo amido di mais di Ar.pa Lieviti

L

a storica azienda Ar.pa Lieviti presenta il nuovo Amido di Mais, un addensante indispensabile in cucina. Il prodotto è un alleato per piatti soffici, densi e digeribili. L’amido si ricava dal chicco di mais grazie alla macinazione a umido, e dall’estrazione si crea una polvere finissima molto usata nelle preparazioni culinarie. Grazie al suo sapore neutro e delicato è adatto a tutte le ricette, sia dolci che salate, ed è un aiuto nella preparazione di piatti celiaci e vegani. L’amido è un prodotto senza glutine, quindi adatto per produrre pane, pizza, dolci e altre ricette gluten-free ideali per coloro che soffrono di celiachia o hanno intolleranza al glutine. Può essere utilizzato

anche per sostituire le uova nelle ricette vegane e vegetariane, basta aggiungere due cucchiai di amido per ogni uovo previsto nelle ricette. Il potere addensante dell’Amido di Mais Ar.pa consente di donare consistenza a salse, creme, budini e vellutate. Può rendere più friabili gli impasti ma è anche utile per rendere più soffici dolci come muffin, ciambelle e torte. Usato come panatura garantisce anche fritture leggerissime. www.arpalieviti.it



12

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

PIZZA NEWS a cura della redazione

Tutto Molino Magri Day, il mulino Mantovano ha aperto le sue porte

I

l mulino Mantovano con oltre 90 anni di storia ha aperto le sue porte in un open day virtuale con pizzaioli collegati da tutto il mondo alla presenza della famiglia Magri e degli Ambassador. Nel mese di maggio l’azienda ha deciso di aprire le sue porte a tutti gli addetti del settore interessati, in quest’anno particolare un grande successo, con professionisti collegati da tutto il mondo.La giornata si è aperta con la famiglia Magri al gran completo, che ha ricordato i valori dell’azienda: “Siamo orgogliosi di accogliervi nella nostra azienda per mostrarvi in questo tour virtuale come realizziamo i nostri prodotti. L’amore, la ricerca dell’eccellenza e la sperimentazione contraddistinguono da 90 anni il valore del Molino e della nostra famiglia”. Spazio dunque ad una visita nell’azienda, dal reparto produzione dove avviene la lavorazione del grano al laboratorio qualità, ricerca e sviluppo fino alla zona MagriLab in cui gli ambassador hanno raccontato la loro storia e la collaborazione con il molino realizzando i loro “cavalli di battaglia”, specialità davvero uniche che esprimono personalità e maestria dei loro creatori. Nel corso dell’anno seguiranno tante altre iniziative per promuovere nuovi prodotti del Molino Magri. Tra gli altri, sul canale YouTube dell’azienda, la rubrica dedicata ai topping originali degli ambassador Molino Magri.

“EXTRA CUOCA”:

Al via il primo concorso nazionale dedicato alle cuoche professioniste che attraverso le loro creazioni valorizzano l’altissima qualità degli oli extravergine di oliva finalisti del Premio nazionale Ercole Olivario 2021

A

l via “Extra Cuoca” il primo concorso nazionale dedicato alle cuoche professioniste, promosso dal Comitato di Coordinamento del Premio Ercole Olivario, dalla Camera di Commercio dell’Umbria, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Donne dell’Olio, con il patrocinio di Unioncamere nazionale. Il concorso ha l’obiettivo di valorizzare le donne che ricoprono un ruolo sempre più essenziale nel mondo della ristorazione, in connubio ad uno dei prodotti principe della cucina italiana: l’olio extravergine di oliva di alta qualità; per le loro ricette le cuoche saranno, infatti, chiamate ad utilizzare gli oli finalisti del Concorso nazionale Ercole Olivario, dedicato alle eccellenze olearie italiane. Oggetto del concorso Extra Cuoca, promosso in collaborazione con l’associazione Lady Chef, è infatti l’elaborazione di una ricetta, preparata utilizzando un olio e.v.o. prodotto dell’ambito territoriale in cui la cuoca svolge la propria attività professionale tra quelli finalisti della XXIX edizione dell’Ercole Olivario, la cui eccellenza è garantita grazie alle fasi di selezione regionali e ai rigidi criteri di accesso. Ogni cuoca potrà partecipare con una ricetta per ognuna delle tre categorie in gara: Primi Piatti, Secondi Piatti, altre preparazioni sia dolci che salate (antipasti, finger food, contorni e altro). Le iscrizioni al concorso Extra Cuoca sono gratuite e termineranno il 20 luglio 2021 (Per regolamento ed iscrizioni https://extracuoca.it/concorso/ ). Al termine delle iscrizioni, un collegio valuterà le ricette delle donne chef in gara ed il 29 luglio 2021 verranno proclamate le finaliste della 1° edizione del concorso nazionale EXTRACUOCA. Nel mese di settembre poi una giuria nazionale di esperti, si riunirà per valutare i piatti e le ricette proposte dalle cuoche, a fine settembre ci sarà la premiazione delle vincitrici. www.extracuoca.it


Grazie al decreto INDUSTRIA 4.0 è possibile beneficiare

Fino al 74%* di RISPARMIO FISCALE *credito di imposta del 50% ottenendo, insieme all’ammortamento ordinario, un risparmio del 74%

Sui forni elettrici Supertop, Vario e Dome se acquistati entro il 31 dicembre 2021.

Acquista ora i forni piu’ potenti e prestazionali del mercato. Ti aspettiamo per una prova gratuita presso la nostra Sede.

Oem Ali Group S.r.l. a Socio Unico Viale Lombardia, 33 - Bozzolo (MN) T +39 0376 910511 - F +39 0376 910545 info@oemali.com

www.oemali.com


14

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

PIZZA NEWS a cura della redazione

Ristorazione alla svolta: nasce la nuova filiera virtuosa del Consorzio Tutela Formaggio Asiago

I

l Consorzio Tutela Formaggio Asiago annuncia l’avvio del progetto dedicato a creare una nuova filiera virtuosa con la ristorazione che coinvolgerà l’associazione JRE-Jeunes Restaurateurs, (testimone dell’importanza della materia prima nell’alta gastronomia), la Confcommercio Vicenza, espressione territoriale della più grande organizzazione di rappresentanza delle imprese del terziario e Gambero Rosso. Affrontare la stagione di rilancio del “fuori casa” dando vita ad un percorso di collaborazione capace d’offrire risposte alle mutate esigenze di consumo ed esprimere il valore unico dei prodotti d’origine e di provenienza certa. E’ questo l’obiettivo dell’articolato piano che vede insieme il Consorzio Tutela Formaggio Asiago, JRE - Jeunes Restaurateurs, Confcommercio Vicenza e Gambero Rosso. L’iniziativa vuole garantire la trasparenza e la sicurezza delle materie prime impiegate nella ristorazione e raccontare l’importanza dell’alimentazione naturale creando reti di relazioni basate sul confronto e la reciproca conoscenza tra produttori di Asiago DOP, ristoratori e clienti. Il percorso verrà sostenuto anche attraverso l’hashtag #siasiagodop, dove quel Sì sta ad indicare la volontà del Consorzio di Tutela di esprimere e testimoniare un atteggiamento positivo e proattivo che comprende azioni concrete a fianco del mondo della ristorazione, una presenza costante e un supporto che coinvolgerà oltre 600 ristoranti su tutto il territorio nazionale, con 80 serate a tema e degustazioni e un’intensa attività formativa di più di 300 ore dedicate ad oltre 1200 persone. L’azione comune si svilupperà con un piano triennale nel quale sono previste una serie di iniziative che potranno coinvolgere gli chef in momenti di formazione, visite ai luoghi di produzione, attività di promozione ed eventi dedicati ai tanti appassionati dello star bene a tavola. L’attività dedicata alla ristorazione si svilupperà nei prossimi mesi con iniziative nazionali e territoriali per rafforzare il sostegno del Consorzio Tutela Formaggio Asiago a ristoratori e cuochi pronti a cogliere il nuovo clima di positività e a rispondere all’evoluzione delle tendenze e richieste del cliente.

Arriva la base per la Pinsa Romana senza glutine dedicata al segmento Ho.Re.Ca.

D

a oggi pizzerie, pinserie e tutte le attività che offrono ristorazione possono contare sulle basi Pinsa senza glutine, precotte e surgelate, prodotte dalla Romana Gluten Free, azienda partecipata da Di Marco il cui fondatore, Corrado Di Marco, è l’inventore della Pinsa Romana. Disponibili in box da 10 pezzi da 250 g per confezione, le basi sono realizzate con acqua, amido di mais, olio extra-vergine di oliva, maltodestrine, proteine di pisello, farina di quinoa, pasta acida di riso, fibra vegetale (barbabietola e psyllium), idrossi propil metil-cellulosa, fecola di patata, sale e lievito. Il prodotto viene surgelato all'origine e deve essere conservato a -18°C. Una volta scongelato, può essere conservato in frigorifero e consumato entro 48 ore. La preparazione della Pinsa senza glutine è estremamente semplice. È sufficiente scongelare il prodotto per 3-5 minuti a temperatura ambiente, condire a piacere e infornare a 250°C per 5 minuti.



16

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Dopo la pandemia

Conosciamo e utilizziamo i prodotti italiani di Giampiero Rorato


17

L’agroalimentare italiano è fra i migliori al mondo

È tornata l’estate, un’estate quasi normale. Lo vediamo andando al mare, lo vediamo nelle città. Ma non si diceva che non sarà più come prima? A guardarci attorno non sembra, ma, piano piano, molte cose stanno cambiando. C’è ora, almeno negli anziani, in tante famiglie, in tanti operatori economici, un senso di prudenza, di attenzione, di controllo che sta lentamente modificando i nostri comportamenti. Anche dei giovani. E cambiano soprattutto nell’alimentazione, in casa e nei ristoranti.

La filiera corta L’Italia, lo sappiamo e ne siamo tutti convinti, è un Paese meraviglioso anche sotto il profilo dei prodotti agroalimentari. Questa rivista ne dà testimonianza ogni mese e penso che molti nostri lettori leggano con interesse gli articoli che presentano i prodotti degli orti, dei campi, delle aie presenti in tutta la penisola. Basterebbe citare il pomodoro che in Italia, soprattutto nelle regioni del Sud, ma anche al Nord, offre una ricchezza varietale da sogno. E così è con decine e decine di altri prodotti che rappresentano una fonte alimentare di straordinaria bontà. E se aggiungiamo l’olio extravergine d’oliva, la frutta, il vino, i formaggi, i salumi, risultato di una lunga storia d’amore che affonda le radici nella Magna Grecia, oltre 2500 anni fa; nel mondo romano, oltre 2000 anni fa; nella presenza araba in Sicilia, oltre 1200 anni fa; con prodotti che

sono poi aumentati con i commerci dei Veneziani in Oriente, iniziati oltre 1000 anni fa; con la scoperta dell’America ad opera del genovese Cristoforo Colombo avvenuta nel 1492 e il successivo arrivo di tanti nuovi prodotti (pomodori, peperoni e peperoncini, zucche e zucchine, patate, ecc.), allora capiamo perché gli abitanti delle nostre regioni hanno sempre avuto un rapporto davvero straordinario con i prodotti della terra. Un rapporto che si è conservato inalterato nel tempo e che si sta ulteriormente consolidando e lo si vede ovunque, lo si conosce bene. Se dunque abbiamo in Italia una ricchezza e varietà di prodotti agroalimentari che ci permettono di avere un’alimentazione eccellente, sana e buona, per le nostre cucine e le nostre tavole non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Non serve dunque andare lontano –


18

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

anche se qualche prodotto, come il caffè, il tè, le spezie lo si trova solo in terre lontane – in Italia c’è quasi tutto e da qui nasce la certezza che la cucina italiana di qualità trova la materia prima sull’orto di casa. Scriviamo da anni che la cucina migliore non è quella più abbagliante, ma quella più sana e più nutriente e se poi è anche la più buona non serve proprio andare all’affannosa ricerca di prodotti lontani. Da questo ragionamento nasce l’imperativo alimentare che la filiera corta, se ben scelta, è quella che garantisce il cibo migliore. Ed anche l’industria si sta adeguando a questo imperativo ed ecco diffondersi la pasta di “grano italiano” e su molti prodotti che troviamo al supermercato è scritto ben visibile “prodotto italiano”, perché i consumatori, cioè noi, abbiamo capito che i prodotti di casa nostra, quelli che non attraversano l’oceano né ripercorrono la via di Marco Polo per giungere nei nostri paesi sono i più sicuri, i più controllati, i più sani (anche se ugualmente controllati e sani sono numerosi prodotti d’importazione).

La cucina della salute Ecco un primo forte cambiamento prodotto dalla pandemia. Siamo stati scottati per un anno e mezzo da un brutto virus che ha causato troppi lutti in tutta la penisola e abbiamo capito che è meglio essere prudenti nei nostri comportamenti, sicuramente nell’alimentazione. E visto che in Italia di prodotti agroalimentari di alta qualità, molti dei quali il mondo se li sogna, ne abbiamo davvero tanti, sarebbe un delitto inseguire manie di esotismi, senza poi sapere quello che mangiamo. Questa rivista è diventata nel tempo una vera e propria scuola di buona alimentazione italiana, senza chiaramente disprezzare o sottovalutare le produzioni di altri Paesi – dappertutto c’è del buono – ma senza dimenticare che in casa nostra abbiamo davvero quanto ci serve per

assicurarci in ogni stagione un’ottima alimentazione, varia e piacevole. Serve però non avere sempre fretta, occorre saper informarsi bene, valutare, scegliere, provare ed aiutare i produttori a migliorare. Gli articoli che, fra gli altri nostri collaboratori, Marisa Cammarano e Caterina Vianello pubblicano ogni mese, sono una guida preziosa, ragionata, sui prodotti agroalimentari delle nostre regioni. In Italia, infatti, abbiamo prodotti di alta e altissima qualità, dal riso alla pasta, dall’olio extravergine d’oliva, al vino (l’Italia è il Paese con più varietà di vini rispetto a ogni altro Paese del pianeta), dagli ortaggi ai formaggi e potremmo continuare. La pandemia ci ha insegnato ad essere prudenti, e dobbiamo esserlo tutti: ristoratori, pizzaioli, cuochi, donne di casa, mense delle scuole, degli ospedali, delle case per anziani, delle fabbriche, tutti abbiamo la convenienza e, quindi, il dovere, di migliorare l’alimentazione iniziando da prodotti di alta e sicura qualità di cui l’Italia è generosamente ricca.



20

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Il lavoro nella ristorazione di Giampiero Rorato

Serve un impegno serio e congiunto di imprenditori e scuole alberghiere per superare le polemiche sui giovani che non vorrebbero lavorare.

Nel mondo della ristorazione c’è un inspiegabile paradosso: il lavoro c’è, i lavoratori no. E centinaia di migliaia di persone sono a casa col reddito di cittadinanza. È difficile capire questa situazione, ancor più difficile spiegarla, ma proviamo a stendere una nostra analisi che riguarda non solo i titolari delle aziende di ospitalità e di ristorazione, ma i tanti giovani diplomati che escono ogni anno a migliaia dalle scuole alberghiere e ancora le Scuole stesse e le istituzioni cui compete l’istruzione e la formazione professionale. Dicono diversi addetti al lavoro formativo del settore turistico-alberghiero che forse solo un 10% dei diplomati resta nel settore, gli altri o si disperdono subito o poco dopo, con gravissimo danno per lo Stato e le Regioni che finanziano gli Istituti e le Scuole Alberghiere, senza avere poi riscontri accettabili.


21

Perché succede questo? È pur vero che molti fra gli iscritti alle scuole ristorativo-alberghiere lasciano poi il settore perché non si sentono portati per tale lavoro; come è vero, che un buon numero di giovani vengono iscritti a queste scuole nella convinzione che siano le più facili, anche se non è per nulla così. Comunque la domanda resta: perché di fronte a migliaia di diplomati pochissimi poi seguono l’attività e perché albergatori e ristoratori all’inizio di questa estate erano preoccupati, se non disperati, non riuscendo a trovare ragazzi e giovani da poter assumere?

Scuola e mondo del lavoro Non ci permettiamo e non è proprio il caso che questa rivista discuta di problemi sindacali, di orari di lavoro, di paghe e cose simili, certamente molto importanti, ma non di nostra competenza e sappiamo che ci sono autorità competenti e capaci che seguono da tempo la situazione. Il problema comunque è un altro, come ha scritto sul Corriere della Sera (14.6.22) il sociologo Mauro Magatti, dell’Università Cattolica di Milano: “Noi sappiamo che le imprese che vanno meglio sono quelle che costruiscono un rapporto di stima e di fiducia con la propria manodopera, considerata non mero elemento strumentale, ma parte essenziale del successo aziendale. Negli ultimi anni molte ricerche hanno mostrato tale correlazione. D’altro canto, altri studi ci dicono che i lavoratori oggi cercano un punto di equilibrio tra le esigenze di reddito e di sicurezza occupazionale e la qualità del lavoro: le persone (specie i giovani) hanno voglia di essere ingaggiate in progetti dotati di senso, in ambienti lavorativi positivi e costruttivi.” Dove può nascere un rapporto di stima e di fiducia tra i futuri lavoratori dell’hotellerie e della ristorazione e i titolari


22

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

degli alberghi e dei ristoranti, molti dei quali sono spesso all’affannosa ricerca di lavoratori? E poniamoci un’altra domanda: che rapporto c’è e che sinergie ci sono tra il mondo degli alberghi e dei ristoranti e le scuole alberghiere dove decine di migliaia di giovani si preparato alla professione? Ci sono, è vero, splendidi esempi di ottima collaborazione, ma si tratta di esempi, di pochi numeri, essendo gli imprenditori del settore più impegnati a chiedere alle scuole dei lavoratori quando ne hanno necessità che a mettere a disposizione della scuola i propri saperi e la propria esperienza lavorativa e imprenditoriale.

Amare il proprio lavoro Scrive ancora Mauro Magatti: “Non sappiamo ancora quale configurazione prenderà il nuovo modello di sviluppo nel post pandemia. Sappiamo, però, che una delle dimensioni che lo qualificherà sarà la centralità (o meno) del lavoro”. Noi crediamo che l’Italia potrà conoscere un nuovo forte sviluppo economico, con aumento di posti di lavoro se il lavoro sarà al centro dello sviluppo, in sostituzione di un frenante reddito di cittadinanza, prezioso in molti casi, ma terribilmente dannoso in molti altri. E se il lavorò dovrà obbligatoriamente essere al centro del modello di sviluppo post pandemico, gli imprenditori – mi riferisco qui a quelli della ristorazione, ma vale anche per altri settori – dovranno decidersi ad entrare nelle scuole alberghiere, far conoscere le loro esperienze, far capire il valore delle loro scelte e delle loro imprese, far entusiasmare i giovani verso una professione, che, per quanto riguarda l’Italia, tutto il mondo guarda da secoli con ammirazione.

Sarebbe molto importante che imprenditori e scuole unissero le forze per creare percorsi appetibili, quindi, come ha scritto Magatti, progetti dotati di senso, in ambienti positivi e costruttivi”. I giovani non hanno paura dell’orario di lavoro nei ristoranti, come non hanno paura dell’orario di lavoro che c’è nelle ferrovie, nei trasporti urbani ed extraurbani, nelle case per anziani, negli ospedali, nei centri commerciali e nei tanti locali aperti anche nei giorni festivi. Da molti anni, ormai, la vita è cambiata e i giovani risponderebbero volentieri agli albergatori e ai ristoratori che anche all’inizio di questa stagione erano molto preoccupati per non trovare chi lavorasse nei loro alberghi e nei loro ristoranti. Si cominci dalle scuole e queste - e abbiamo già ottimi esempi al riguardo - con i loro dirigenti, allaccino buoni e non provvisori rapporti col mondo del lavoro, invitino gli imprenditori a parlare coi ragazzi, a rispondere alle loro curiosità e alle loro domande, creando preziose sinergie tali da far capire ai ragazzi e alle ragazze che tutti si deve lavorare e che il mondo ristorativo e alberghiero sa offrire tante belle soddisfazioni sicuramente pari, se non spesso molto migliori, rispetto a quanto succede in alti settori di lavoro.


BORN TO BURN

GOLD

SILVER NEW GENERATION

®

®

NEW GENERATION

®

NEW GENERATION

®


2 24

pizza e pasta italiana

luglio/agosto

di Giampiero Rorato

2021

Gli aspetti delicati del mondo ristorativo

IL SERVIZIO Non riguarda solo il personale, ma tutta l’organizzazione aziendale In queste nostre note sul servizio del cameriere nei ristoranti e nelle pizzerie non intendiamo assolutamente sostituirci agli insegnamenti precisi e puntuali degli Istituti e delle Scuole Alberghiere, semmai sottolineare alcuni espetti che la nostra esperienza a contatto di numerosi ristoranti e pizzerie, in Italia e all’estero, ci suggerisce di rafforzare. Lo scopo è quello di aiutare, anche con questa rivista, a migliorare il servizio, consapevoli che sia i titolari dei ristoranti e delle pizzerie, che i maître sono sempre ben attenti che il servizio in sala sia funzionale alle esigenze del locale, risponda a uno stile elegante ed efficiente, piaccia ai clienti e, quindi, aiuti a valorizzare il locale.

Abbiamo già scritto nel sottotitolo che il servizio riguarda

l’intera organizzazione dell’azienda, albergo, ristorante, pizzeria, agriturismo, ecc. e non solo il “personale di servizio”, cioè chi lavora in sala ristorante e vediamo insieme alcuni aspetti di questa realtà.


25 sanno i ristoratori e i pizzaioli che

I BRIEFING È storicamente dimostrato che l’efficienza del servizio dipende in buona parte dal titolare del locale, o dallo chef-patron, cioè da chi ha la responsabilità primaria. Tocca infatti a lui assumere il personale, dare le consegne, controllarne il comportamento, tenere i briefing di servizio, cioè le riunioni di aggiornamento che avvengono prima del servizio e che possono essere quotidiane o periodiche. Non c’è dubbio, come

già lo tengono, che il briefing è un momento fondamentale per assicurarsi che tutto proceda per il meglio durante la maggior parte del servizio. Il briefing si tiene generalmente all'inizio di settimana e, nei locali più importanti, giornalmente prima di ogni servizio. Questo incontro serve per definire l’organizzazione di sala, chi fa che cosa, tanto più importante in questi tempi di immediata postpandemia. Dovendo dividere il servizio in due parti: chi serve il cliente portandogli le stoviglie, i piatti (che sia un risotto, un secondo piatto, la pizza, ecc.) e le bevande e chi sbarazza i tavoli e provvede a igienizzarli. Le stesse mani, pur coperte da guanti, non dovrebbero mai toccare indifferentemente piatti col cibo da consegnare e piatti sporchi da asportare dal tavolo. Quindi il briefing affronta l’organizzazione del lavoro e illustra l’offerta gastronomica, molto importante se ci sono delle novità in carta o fuori carta.

Chi dirige il briefing ha poi il compito di controllare che il personale si comporti come da disposizioni date, altrimenti interviene con discrezione per rimettere chi sbaglia in carreggiata. Si potrebbe dire che il briefing, se condotto con serietà e capacità didattica, è la continuità della scuola ed è un prezioso aggiornamento professionale. Tutto dipende da chi lo conduce, che deve a suo volta essere preparato.


26

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

INIZIA IL SERVIZIO Concluso il briefing e aperte le porte del ristorante o della pizzeria entra in scena il cameriere che sa cosa deve fare e come. Prima di procedere, vediamo un attimo questa importante figura di cui si parla e si scrive in verità troppo poco, come pochissimo o nulla si scrive sul maître, personaggio importante e fondamentale nei grandi ristoranti e soprattutto nei ristoranti d’albergo e/o in albergo. Il cameriere è un personaggio che qualifica (o, a volte squalifica) l’immagine e la qualità del ristorante o della pizzeria in cui opera e deve essere consapevole e, proprio per il ruolo che ricopre e per la funzione che esplica, deve possedere, oltre allo specifico bagaglio culturale, anche una serie di altre qualità importanti e delicate. Per bagaglio culturale si intende, fra l’altro, come deve presentarsi al lavoro, curato e impeccabile nella persona, nella divisa pulita e stirata datagli o stabilita dall’azienda dove lavora, con le conoscenze necessarie per muoversi in sala, con e senza piatti o vassoi, come metterli in tavola, come toglierli e quale contegno avere nel muoversi. Poi ci sono altri particolari che il cameriere deve conoscere e ne citiamo alcuni: •

Se il cliente fa delle domande deve saper rispondere con brevità e concisione, senza fermarsi a colloquiare, non è suo compito.

Deve essere discreto e cortese e mai rispondere in modo negativo o sbrigativo o con sufficienza e sempre col sorriso. Deve usare un linguaggio appropriato e, con ospiti stranieri, usare la loro lingua o l’inglese, o, se non ha avuto modo di studiare le lingue straniere, far subito intervenire un collega che le conosce (ormai gli stranieri arrivano ovunque e in ogni locale deve esserci qualcuno, cameriere in sala o titolare) che conosce almeno l’inglese.

Tutto questo viene spesso ricordato nei briefing, ma ripeterlo anche in questo caso è sicuramente utile.

Come si vede, la professione di cameriere richiede una preparazione e delle conoscenze molto specifiche ed è per questo che negli Istituti Professionali

Alcuni consigli pratici:

di Stato, di durata

quinquennale e nelle

• • •

• •

il cameriere non deve mai appoggiarsi al tavolo del cliente o alla sua sedia e, quando riceve l’ordine, deve restare scostato circa un metro dal tavolo; deve evitare di gesticolare; non deve mai usare toni saccenti nel presentare il piatto o essere prolisso; bastano poche indicazioni e può dare qualche approfondimento, rapidamente, solo se richiesto; con i clienti non deve mai usare toni confidenziali; deve evitare argomenti che esulano dal lavoro se non esplicitamente sollecitati dal cliente; deve prestare sempre attenzione alle frasi del cliente e, se non fossero congrue, non deve partecipare ed è meglio che le ignori.

Scuole Alberghiere (i ben noti CFP, Centri di Formazione Professionali, di durata triennale più un 4° anno di specializzazione) i corsi per camerieri richiedono molto impegno anche per lo studio di una o più lingue straniere ormai indispensabili.



28

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Grani antichi, un panorama sulle varietà italiane di Caterina Vianello


Khorasan

Il nome rimanda ad una coltivazione fatta prima della rivoluzione verde, che risale alla seconda metà del Novecento e che aveva come obiettivo selezioni di grani che andassero incontro alle esigenze dell’industria alimentare, che vuole farine forti, tempi di lavorazione più rapidi e alte rese. Sono i grani antichi, che guardano al recupero di antiche varietà di frumento, identificativi di un territorio e dalle caratteristiche organolettiche uniche.

I

motivi che oggi portano consumatori, e prima ancora agricoltori, a sceglierli, sono molti: un minor contenuto di glutine rispetto a quelli “moderni”, elemento che li rende più digeribili; una minore raffinazione grazie ad una macinazione a pietra, che predilige movimenti più lenti e delicati e temperature basse, e che consente di mantenere molto di più le proprietà nutrizionali presenti nel chicco. I grani antichi inoltre svolgono un ruolo cruciale nella tutela della biodiversità, che diventa anche valore culturale e valorizzazione delle differenze e, proprio a seguito di una lavorazione rispettosa dei terreni in cui sono coltivati, sottopongono l’ambiente ad uno stress inferiore.

Valorizzano la filiera artigianale e corta, e tutelano il lavoro dei piccoli produttori. Ultima notazione riferita al gusto: a fronte di un’uniformità tipica dei grani industriali, i grani antichi sono una festa sensoriale. Profumati e colorati, regalano sfumature di sapori e di consistenze decisamente uniche. Se il farro monococco rappresenta oggi il più noto tra i grani antichi, molte altre sono le varietà da conoscere.

29

Noto alle cronache per un’abile operazione di marketing cui è stato sottoposto e che l’ha portato ad essere indentificato con il nome commerciale di Kamut (con cui si fa riferimento al khorasan coltivato in Canada secondo delle metodologie ben precise, che come ha ben dimostrato una recente inchiesta di Report, fanno abbondante uso di pesticidi e diserbanti), il khorasan è un grano originario dell’Iran e sin dal Medioevo veniva coltivato dagli agricoltori. Il suo nome scientifico è Triticum Turanicum e pare sia una delle pochissime specie a non aver subito ibridazione. La pianta ha un fusto molto alto e le cariossidi hanno dimensioni maggiori rispetto al frumento tradizionale. La farina che si ricava dalla macinazione è ambrata e profumata, con un aroma che assomiglia a quello della nocciola.

Saragolla Si tratta di una varietà che appartiene alla famiglia del triticum turanicum e che ha caratteristiche simili al khorasan, dal punto di vista nutritivo e organolettico. Introdotto in Italia centrale da popolazioni balcaniche di origine medio-orientale nel 400 d.C, attualmente viene coltivato principalmente tra la Lucania, il Sannio e l’Abruzzo. La farina che si ottiene dalla macinazione ha un colore giallo intenso (il nome saragolla deriverebbe infatti dal bulgaro antico in cui significava appunto chicco giallo) ed è molto nutriente. In declino da fine ‘700, quando l’incremento demografico e le campagne coloniali richiedevano grani più produttivi, ha ripreso ad essere coltivato grazie alla volontà di singoli contadini.

Gentil Rosso Nato in Toscana a metà ‘800 e poi da lì diffusosi in Emilia Romagna e Veneto, più antico ancora del Senatore Cappelli, è stato per lungo tempo uno dei grani teneri antichi più coltivati in Italia. Ha spighe alte e di un colore giallo tendente al rosso, caratteristica da cui trae il nome e che dona a pane, pizza e focacce prodotte un colore scuro. Ha un sapore fine e molto riconoscibile, dettato dalla presenza di alti livelli di vanillina nel chicco.


30

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Rieti Originario Grano tenero originario della Piana Reatina del Lazio, ebbe grandissima diffusione in Italia tra l’Ottocento e il Novecento. Fu alla base degli esperimenti di ibridazione del celebre agronomo Nazareno Strampelli, che creò il Senatore Cappelli proprio da un incrocio del Rieti.

Senatore Cappelli Sicuramente il più conosciuto in Italia, deve la sua creazione a Nazareno Strampelli che incrociò il Rieti Originario con il frumento duro tipico della Tunisia, il Jenah Rhetifah. Deve il suo successo alla sua versatilità, che ne ha fatto per lungo tempo il grano antico maggiormente coltivato nel nostro paese: tra gli anni ‘20 e ‘60 più della metà del territorio italiano era destinato alla coltivazione di Senatore Cappelli. Il nome è un omaggio al senatore Raffaele Cappelli, cui si deve la rivoluzione agricola italiana dopo l’unità. Rustico e coltivato principalmente nelle regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia), è considerato un grano antico perché la selezione è avvenuta prima delle moderne tecnologie e dell’industrializzazione in campo agro-alimentare. Ha spighe alte, notevole resistenza e proprietà nutritive elevate.

Timilia

Russello

Chiamato anche Tumminia, è tipico della Sicilia. Se ne trovano tracce già nell’antica Grecia, circa 2500 anni fa; in epoca romana fu una delle varietà che soppiantarono il farro. Caratterizzato da spighe gialle e reste nere, ha una semina veloce e una altissima digeribilità dei prodotti da forno da esso derivati. Ha gusto dolce e un colore della farina bello carico. Noto per la produzione del celebre pane Nero di Castelvetrano, viene utilizzato anche per la produzione di birra artigianale. Un ruolo centrale nella ripresa della sua coltivazione è stato svolto dai coltivatori siciliani della zona del fiume Salso Imera meridionale.

Varietà di grano duro siciliano (si coltiva nei terreni aridi dell’entroterra e nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo, Ragusa e Trapani), deve il suo nome al colore rosso-dorato delle spighe, alte e fragili. Assieme al Tumminia, è il grano più antico dell’isola. Meno produttivo rispetto agli altri grani, è molto digeribile, apprezzato per la panificazione, necessita di poca acqua per i suoi impasti e ben si presta alla produzione di pasta.

Perciasacchi In dialetto siciliano perciasacchi significa buca sacchi, soprannome assegnato a questo tipo di grano antico per il culmine appuntito del chicco. Simile al Khorasan, viene coltivato in Sicilia: resistente alla siccità ha una farina di colore giallo, ideale per la panificazione. Il sapore, riconoscibile sia per la pasta che per il pane che se ne ricava, ha un sapore che richiama le erbe aromatiche mediterranee.

Solina Varietà di grano tenero riconosciuto Prodotto Agro-alimentare Tradizionale (PAT) dell’Abruzzo, dalle fonti storiche pare fosse coltivato sull’appenino abruzzese già nel XVI secolo, dove era la base dell’alimentazione contadina. È un grano con rese ridotte, ma la qualità organolettica e l’elevata resistenza ad intemperie e temperature rigide ne fanno un grano di grande valore, in particolare ideale per praticare il metodo dell’agricoltura biologica. La farina di Solina è delicata e morbida al tatto, con una colorazione chiara e dal profumo di montagna molto particolare. Si presta benissimo alle lavorazioni artigianali e alla produzione di pane casereccio.



32

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Verna Grano tenero originario della Toscana, deve il suo nome al monte omonimo in Casentino, dove veniva coltivato in passati dai frati. Brevettato nel 1953 da Marino Gasparini, allora direttore dell’Istituto di Agronomia dell’Università di Firenze, nasce dall’incrocio tra il frumento Est Mottin 72’’ e il Mont Calme, con l’obiettivo di evitare l’abbandono della coltivazione in aree montane da parte degli agricoltori. Ha un chicco semi lungo, dal colore tendente al rosso e con un tenore di glutine inferiore alla media delle attuali cultivar, e quindi particolarmente adatto a chi è intollerante.

Risciola Grano tenero coltivato in Molise, Campania e Basilicata sin dal 1500 fino al XIX secolo, è oggi inserito nell’elenco dei Prodotti Agro-alimentari Tradizionali (PAT) della Campania. Piccolo, biondo e rossiccio – così lo descrive Luigi Granata in “Economia rustica per il regno di Napoli del 1835”- leggenda vuole che sia stato usato dal cuoco Raffaele Esposito per preparare la pizza in onore della Regina Margherita di Savoia, la celebre e futura Margherita. Nel 1890 un decreto del Ministero dell’agricoltura lo inserisce tra i grani più buoni d’Italia

Maiorca Grano tenero coltivato da secoli in Puglia, ha chicco caratteristico, di colore bianco, dal quale si produce una farina morbida a basso contenuto di glutine. E’ particolarmente adatto per la preparazione di dolci, tanto che si ritiene che oltre a torte e biscotti, anche cialde e soprattutto gli stessi cannoli siciliani siano nati utilizzando la farina di Maiorca .

Bidì (o Margherito) Tra i progenitori del Senatore Cappelli, è originario della Tunisia ed è stato importato in Sicilia dal prof. Giuseppe Vincenzo Tucci. Raggiunge un’altezza superiore a quella del grano comune ed ha, come molti altri grani antichi sopra ricordati, un basso indice di glutine. La farina che se ne ricava ha un vago sentore di erbe selvatiche e viene utilizzata prevalentemente per la realizzazione di focacce e pizze.



34

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Rimaciniamo la farina… a pietra della Dott.ssa Marisa Cammarano, biologa nutrizionista

….il recupero di un'antica tecnica per un gusto rivolto al futuro.


35

I

l chicco di grano è composto da un 14% di crusca, ricca di vitamine, minerali ed acido fitico, una parte interna (85%) ricca di carboidrati, di proteine dell’aleurone e piccole quantità di vitamine del gruppo B e dal germe di grano che, costituisce il futuro germoglio che darà origine ad una nuova pianta. È ricco di grassi polinsaturi, vitamine del gruppo B e del gruppo E, minerali, composti fenolici e antiossidanti. (pari al 1-2% del chicco). Mangiare sano è un’abitudine che comincia dalle cose semplici, per esempio, scegliendo farine meno raffinate e più vicine alla tradizione. La farina macinata a pietra è il risultato della molitura dei cereali come una volta: i chicchi vengono schiacciati tra due grandi pietre e questo schiacciamento permette di ottenere farine ricche, saporite e dal gusto unico. Antica quasi come la storia dell’umanità, la macinazione a pietra si realizza con due grandi ruote sovrapposte, che hanno speciali requisiti di durezza, porosità ed omogeneità. Le farine macinate a pietra sono quindi un’ottima alternativa all’utilizzo comune della farina tipo 00 oppure della farina tipo 0. Sono ricche di proprietà nutrizionali e più adatte all’organismo dell’uomo. La lavorazione a pietra avviene molto lentamente; infatti i molini a pietra producono circa 2 quintali di farina all’ora contro le molte tonnellate di un classico molino industriale. Le macine hanno tempi di rotazione più lenti evitando, in questo modo, il surriscaldarsi della farina (80-100 giri al minuto contro i 300-350 dei cilindri).

Il processo avviene, anche, a temperature più basse, perché la rotazione lenta non genera aumenti di calore improvvisi evitando di perdere i preziosi oligoelementi termolabili del chicco. Durante questo tipo di macinazione, gli strati profondi del chicco non vengono scartati, ma si aprono ed impregnano la farina con l’olio di germe di grano: le parti più preziose del chicco si conservano ed alimentano quel sapore pieno ed autentico del pane di una volta, ottenendo farine più scure tendente al beige, mai bianche come le farine tipo 0 o tipo 00.


36

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Gusto e profumo sono più intensi, più vicini al sapore del grano raccolto, alla tradizione, alla terra. Un aroma che si sente, si assapora e ci dona sensazioni di bontà ancestrale. Proprio per la sua proprietà di mantenere i nutrienti e la genuinità del cereale questo metodo è di gran lunga più utilizzato per la molitura dei grani antichi e dei grani da agricoltura biologica. Una volta macinata, la farina è sottoposta a un processo detto abburattamento, ossia viene setacciata gradualmente attraverso l’utilizzo di setacci a maglie differenti, detti appunto buratto. In base alle esigenze del molino si andranno a cambiare l’ordine dei setacci dal quale si otterranno le farine tipo 1, tipo 2 ed integrali, quelle vere. Quando si legge la frase “farine macinate a pietra” molti consumatori immaginano un vecchio mulino come quello in un noto spot pubblicitario dove un famoso attore si muove tra sacchi di farina e biscotti. Non è così. Il mulino, contrariamente a quanto lascia credere la pubblicità, può solo macinare olive avendo ruote verticali, infatti, per produrre la farina si sono sempre usate ruote orizzontali. Il vantaggio dei mulini in pietra è che la farina risulta “veramente integrale” perché si macinano chicchi interi ed in questo modo il germe ed il rivestimento esterno (crusca) si amalgamano con la farina, ottenendo un sapore, un aroma e proprietà nutrizionali superiori rispetto alla macinazione tradizionale con cilindri.

Questa farina è ricca di fibre, minerali, vitamine del gruppo B, tocoferoli (vitamina E), proteine e grassi, polinsaturi e monoinsaturi, presenti nella crusca e nel germe. A fronte delle migliori caratteristiche nutrizionali si registra, però, una minore conservabilità, dovuta alla presenza degli acidi grassi del germe, ed una certa resistenza alla lievitazione dovuta alla presenza della crusca se non adeguatamente lavorata. La macinazione “convenzionale” con i cilindri alternati a setacci che schiacciano il grano e lo trasformano in farina sempre più fine ed impalpabile viene fatta partendo dai chicchi “nudi”, ovvero sfogliati preventivamente dalla parte più esterna. Per questo motivo la farina integrale

ottenuta dagli impianti tradizionali a cilindri, si può formare solo miscelando a posteriori alla farina bianca la crusca ed, eventualmente, il germe. In genere, per motivi di salubrità e conservazione del prodotto il germe viene tostato e aggiunto alla farina stessa. Questo avviene, nella macinazione a cilindri, poiché il germe sfogliandosi progressivamente, rimane esposto all’aria in superfici maggiori e la possibilità di irrancidimento diventa maggiore rispetto ad altri tipi di macinazione. Questa pratica consente di ottenere un prodotto durevole, che non irrancidisca (qualsiasi prodotto, dal caffè, alle nocciole, ai cereali, a fronte di una tostatura, conserva proprietà organolettiche e gusto più a lungo rispetto al prodotto fresco che affronta un naturale deperimento e in cui l’umidità tende a farlo irrancidire). Un altro elemento da considerare è che i mulini a cilindri, girando a velocità superiore rispetto a quelli a pietra surriscaldano la farina riducendo ancor di più alcune proprietà nutrizionali. Con le macine a pietra, comunque, non si produce solo farina 100% integrale. Con processi di raffinazione progressiva è possibile ottenere la farina di tipo ‘2’, ‘1’ e anche la tipo ‘0’. Tuttavia con la molitura a pietra non si può produrre la finissima farina di tipo ‘00’, costituita in gran parte da amido. Questo perché non è possibile separare completamente l’amido dal germe e dalla crusca, che sono densamente amalgamati proprio per via del tipo di macinazione utilizzato.



38

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

La molitura a pietra quindi non è adatta a tutte le esigenze, soprattutto per quelle industriali, sia perché produce sfarinati con caratteristiche differenti dalle macine a cilindri, sia per le quantità minori di farina che produce. Negli ultimi anni si è diffuso anche il processo di decorticazione a pietra, cioè la rimozione della crusca, utilizzando macchine con mole di pietra abrasiva in grado di sfogliare i chicchi in maniera progressiva e controllata. Nella fase di decorticazione realizzata con le mole in pietra si rimuove dal 6,5% al 7,0% della parte esterna dei chicchi di frumento, eliminando così buona parte della crusca attraverso un’azione abrasiva superficiale progressiva e controllata, che permette di incrementare la resa, di migliorare la pulizia della semola e di aumentare la capacità produttiva. In questo modo si ottimizza, quindi, anche l’aspetto igienico sanitario. La macinazione a pietra ha il vantaggio di produrre una farina più ricca da un punto di vista nutrizionale, mentre la decorticazione genera uno sfarinato “più pulito”, eliminando la porzione più esterna della crusca che, stando a contatto con gli elementi atmosferici, può accumulare in misura maggiore contaminanti di natura chimica nonché micotossine. La cariosside di frumento è l’elemento in natura più completo. È composta da tre parti: l’involucro esterno ricco di crusca, sali minerali e fibre e rappresenta il 14,5% del chicco, è, a sua volta, formata da 7 strati sovrapposti, ricchissimi di fibra, soprattutto insolubile, cellulosa e lignina. L’endosperma che è la parte più rilevante per quantità e rappresenta circa l’80%.

I suoi componenti primari sono proteine (la maggior parte sono gliadine e glutenine, che durante l’impastamento formano il glutine) ed amido, costituito da catene di amilosio ed amilopectina. Il valore alimentare del grano e delle farine da esso ottenute deriva proprio dall’elevato contenuto in amido e dal basso contenuto in grassi, che fanno di questo cereale un ottimo alimento energetico. Il contenuto di lipidi dell’endosperma è dell’1-1,5% del contenuto totale del chicco di grano. Sono, poi, presenti tocoferoli (vitamina E) e carotenoidi, caratterizzati dalla comprovata azione antiossidante ed albumine e globuline in piccolissime quantità. Il terzo elemento, il germe di grano, è il più importante, in quanto da esso avrà origine una nuova piantina. Ricco di proprietà benefiche per il nostro organismo è la parte più piccola della cariosside e ne rappresenta il 2-3 % del totale. Dato che, nella macinazione a pietra, il chicco viene schiacciato e rotto dal movimento della pietra orizzontale, la superficie di germe esposta all’aria è minore poiché non viene sfogliato, e questo, consente di mantenerlo nella farina senza la necessità della tostatura. Il valore nutrizionale del germe di grano è molto elevato. Esso contiene aminoacidi, sali minerali come fosforo, calcio, zinco, potassio e ferro, acidi grassi polinsaturi, utili a proteggere e rafforzare la struttura della cellula ed infine le vitamine del gruppo B ed E, potenti antiossidanti naturali. L’equivalente del germe all’interno del chicco è pari a circa il 2% del totale del chicco stesso e nel processo di macinazione a cilindri, normalmente viene estratto lo 0,2% / 0,3% del totale.

In termini nutrizionali sicuramente l’assunzione di germe può avere dei benefici a livello nutrizionale se accompagnato da uno stile alimentare vario e completo in cui si presta attenzione ai benefici di tutti i prodotti, non solo di alcuni. In termini di prodotto, invece, possiamo affermare che pane e pizza realizzati con farine contenenti una quantità di germe di grano possono essere più gustosi e fragranti, con un inconfondibile profumo ed una doratura più omogenea dovuta al miglioramento dalla reazione di Maillard, inoltre il germe conferisce sapori e profumazioni particolari e percepibili. E tanto per ricordare le qualità ed il valore stesso della macina, ecco cosa si narrava nel Medioevo ne Il Trecentonovelle dello scrittore italiano Franco Sacchetti:

“La più preziosa pietra è la macina del grano; e s’ella si potesse legare e portarla in anello, ogni altra pietra passerebbe di bontà”. (Novella LXVII).



40

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

A proposito di grani di David Mandolin

Il nostro è un mondo che vive felicemente con le “mani in pasta”: un mestiere bellissimo che si nutre letteralmente dei frutti della terra. Per conoscere un po’ più da vicino la materia prima che viene coltivata e che finisce nelle nostre tavole abbiamo incontrato la Senior Agronomist di Azienda Stuard dott.ssa Cristina Piazza e la dottoressa Mia Marchini.

L’Azienda Agraria Sperimentale Stuard s.c.r.l. (www.stuard. it) svolge le proprie attività a San Pancrazio (in provincia di Parma) su 20 ettari, per la maggior parte coltivati in regime di agricoltura biologica. Produce e preserva oltre 100 varietà di cereali antichi e altrettante di pomodori antichi, peperoncino, zucche, conducendo anche una piccola attività di allevamento e riproduzione di avicoli autoctoni allestita grazie ai progetti di recupero della biodiversità locale. Trae le sue origini da un lascito di Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone e duchessa di Parma e Piacenza, che destinò un fondo omonimo ad attività di miglioramento delle conoscenze e della divulgazione in agricoltura. L’azienda sperimentale è operante dal 1983 e, grazie ai suoi agronomi coordinati dal direttore Roberto Reggiani, sviluppa progetti di ricerca e

sperimentazione nel settore agricolo, agroindustriale e agroambientale in ambito pubblico e privato regionale, nazionale e comunitario. Una parte importante dell’attività è rivolta alla didattica sia nei confronti delle scuole, da quelle dell’infanzia all’Università, sia verso gli adulti.

Iniziamo dalle basi. Quali sono i cereali autunno-vernini? I cereali autunno-vernini sono piante erbacee annuali appartenenti alla famiglia delle Graminacee (o Poacee) i cui frutti/seme (cariossidi, volgarmente “chicchi”) sono riuniti in spighe e sono caratterizzati da un ciclo fenologico che inizia in autunno e si conclude nell’estate dell’anno successivo poiché, per fruttificare, la pianta necessita di un periodo variabile di basse temperature. In pianura padana la semina viene fatta di solito dalla metà


41

accanto

dall'alto la Dott.ssa Marchini e la Dott.ssa Piazza

di ottobre a metà novembre. Dove gli inverni sono più rigidi o per varietà a minor esigenze di freddo, la semina può essere fatta anche a gennaio-febbraio. I cereali vernini più coltivati in Italia sono frumento tenero e duro e orzo; meno diffusi sono farro dicocco, farro spelta e monococco; segale, avena, frumento turgido e frumento turanico o Khorasan. Il farro monococco è probabilmente il primo cereale coltivato dall’uomo (circa 12.000 anni fa), seguito dall’orzo (coltivato da greci ed etruschi) e poi da dicocco (il frumento degli antichi romani) e spelta. Il frumento tenero e duro, attualmente i cereali autunno vernini più utilizzati per l’alimentazione umana, sono di introduzione molto più recente. I farri e l’orzo sono caratterizzati dall’avere la cariosside “vestita”, cioè che alla raccolta si presenta ancora ricoperta dalle glume, sorta di piccole scaglie poste a protezione del fiore. Per poter essere consumati dall’uomo, le glume devono essere eliminate perché indigeribili. Per eliminarle attualmente viene impiegato un processo meccanico di abrasione che si chiama decorticatura. Il frumento tenero e duro, turanico e turgido sono invece caratterizzati dall’avere una cariosside “nuda”, che perde facilmente le glume al momento della raccolta.

Tutti i cereali autunno-vernini sono caratterizzati dalla capacità di emettere steli secondari che partono dalla base del fusto principale, il cosiddetto “accestimento”.

Tra questi, quali coltivate nella vostra realtà sperimentale e perché? In azienda, vengono coltivati in biologico per lo più frumento tenero e duro di varietà “storiche” quali i teneri Autonomia B, Terminillo e Gentilrosso e il duro Senatore Cappelli, antecedenti la seconda guerra mondiale, che vengono trasformate in farina e semola, rispettivamente. A loro volta farina e semola sono in parte vendute tal quale e in parte trasformate in pane e pasta. Questi frumenti teneri, un tempo molto diffusi nei nostri areali, sono stati selezionati dal nostro campo catalogo nel corso di approfondite sperimentazioni, in cui erano previste anche valutazioni sui prodotti trasformati oltre a quelle di tipo agronomico, perché il pane fatto con queste farine è risultato il “più buono” in diversi panel test. Anche il duro Senatore Cappelli è coltivato in azienda da circa una ventina di anni, anche se la coltivazione del grano duro fino a qualche decennio fa era diffusa per lo più nelle regioni meridionali: in quegli anni la coltivazione di questa varietà era quasi scomparsa, nono-

stante le sue caratteristiche più che discrete dal punto di vista qualitativo, e lo abbiamo voluto preservare. Un’importante attività aziendale è il recupero delle vecchie varietà cerealicole, molte delle quali venivano coltivate a Parma e nell’areale emilianoromagnolo. Il campo catalogo di vecchie varietà cerealicole nasce nel 1994 e attualmente comprende 58 varietà di frumento tenero, 8 di duro, 6 di orzo da caffè (Triticum aestivum L.; Triticum turgidum var. durum Desf.; Hordeum vulgare L.), una decina di farri, altre specie appartenenti al genere Triticum e alcune popolazioni di frumento tenero. Molte delle varietà della collezione, come ad esempio il Mentana e il Cappelli, sono state selezionate dal genetista Nazareno Strampelli e sono state alla base del raggiungimento dell'autosufficienza

cerealicola del nostro Paese prima della seconda guerra mondiale. Le vecchie varietà, sempre coltivate in biologico, sono state oggetto di sperimentazione con prove per valutarne la produttività, la sensibilità alle malattie e il contenuto di micotossine, progetti in collaborazione con l'Università degli Studi di Parma. In collaborazione con l'Università di Bologna sono stati inoltre effettuati alcuni interessanti test per tentare di definire meglio l'eventuale capacità anti-infiammatoria della loro granella rispetto alle varietà più moderne. Tutte queste varietà si adattano molto bene al biologico perché, essendo molto alte non permettono lo sviluppo delle infestanti e non devono essere concimate perché se no si allettano. In generale tutte le varietà antiche/storiche in ambienti


42

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

legalmente disponibili, ma con l’accortezza di limitare opportunamente le tipologie, gli interventi e le dosi.

Integrata significa convenzionale?

fertili producono molto meno delle varietà moderne, mentre in ambienti poco fertili come le zone montane o in cui si utilizzano meno input (concimi, diserbi, antiparassitari) hanno delle rese analoghe alle varietà più nuove.

Che tipo di terreni richiedono per la coltivazione? In generale i cereali autunno vernini si adattano a tutti i tipi di terreno, ma i farri e l’orzo si sviluppano meglio in terreni poveri, anche poco profondi e sassosi, mentre il frumento tenero e duro richiedono terreni più fertili. Tra questi, le varietà moderne richiedono abbondanti apporti di nutrienti per poter sviluppare al massimo le proprie possibilità produttive, mentre le varietà storiche, che hanno possibilità produttive molto limitate, se fertilizzate, in generale danno rese più basse perché si allettano.

In questo tipo di coltura avviene rotazione dei terreni? Se si, con cosa e perché? L’alternanza fra colture di specie diversa è uno dei fondamenti dell’agronomia! A volte nelle aziende convenzionali non viene rispettata, ma il risultato in tempi più o meno lunghi è una diminuzione delle rese e un impoverimento permanente del suolo. Di solito prima dei cereali seminiamo pisello o favino. Successivamente coltiviamo due anni di orticole differenti.

Queste colture che caratteristiche hanno? Pisello e favino sono leguminose, che hanno la capacità di utilizzare l’azoto atmosferico per sintetizzare le sostanze azotate indispensabili allo sviluppo di tutte le piante, attraverso complessi meccanismi di simbiosi con i batteri Rizobi del terreno. La produzione di composti azotati eccedente le loro esigenze rimane nel terreno a disposizione delle colture successive: i cereali sono tra le specie che se ne avvantaggiano di più. A loro volta, grazie alle loro radici molto ramificate e fini, che sminuzzano naturalmente il terreno e al fatto che di solito non permettono lo sviluppo di molte infestanti primaverili/estive, sono la precessione ideale per le orticole che invece sono coltivate soprattutto in queste epoche.

Cosa si intende per produzione integrata e per produzione biologica? L’agricoltura biologica (normata a livello europeo) promuove una produzione agricola rispettosa dell’equilibrio ambientale e della biodiversità e vieta l’uso di OGM, delle radiazioni ionizzanti, degli erbicidi, dei fertilizzanti e degli antiparassitari di sintesi; vieta altresì l’uso degli ormoni e limita l’uso degli antibiotici nell’allevamento animale. Questo significa che i produttori biologici devono adot-

tare approcci diversi, sempre preventivi, per mantenere la fertilità del suolo e la salute degli animali e delle piante. Infatti, per il settore vegetale, la tecnica si basa sulla rotazione colturale, sull’uso di leguminose e sovesci per la fertilizzazione, sulla scelta di varietà resistenti alle malattie e competitive nei confronti delle specie infestanti e su tutti gli interventi di tipo agronomico volti ad ottenere questi risultati (epoche di impianto, modelli previsionali, lotta biologica, confusione sessuale, cattura massale). L’impiego di prodotti antiparassitari, di origine naturale ed inseriti in un apposito elenco, è subordinato all’effettiva necessità e alla mancanza di possibilità di intervenire altrimenti. La produzione integrata è un sistema di produzione volto a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi (prodotti fitosanitari, fertilizzanti e diserbanti), ma anche il consumo dell’acqua e dell’energia, senza compromettere la qualità del prodotto e nel rispetto dell’ambiente e della salute dell´uomo. Le aziende che vi aderiscono devono rispettare i Disciplinari di Produzione Integrata (DPI), un insieme di norme tecniche e di metodologie operative (analisi del terreno, modelli previsionali per insetti e malattie) applicate in sinergia, per razionalizzare e ridurre l’impiego di input in agricoltura siano essi acqua, lavorazioni, fertilizzanti, antiparassitari o erbicidi. In particolare vengono escluse dai DPI le sostanze chimiche a più lunga persistenza nell’ambiente. Nell’integrata, quindi, si fa uso di molti dei mezzi tecnici

Ovviamente no: in agricoltura convenzionale si possono applicare tutte le tecniche agronomiche disponibili e impiegare tutti i mezzi tecnici legalmente autorizzati, purché vengano rispettate le modalità e le dosi da etichetta dei prodotti impiegati e il raccolto non mostri residui di sostanze chimiche al di fuori o al di sopra di quelli previsti per legge. È un tipo di agricoltura che attualmente in Italia sta diventando meno frequente sia per ragioni economiche e produttive sia per una maggior consapevolezza ambientale da parte degli agricoltori.

Voi su quali semi vi siete concentrati e per quali motivi? Si è recentemente concluso il progetto QualitàInBio finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 dell’Emilia Romagna. Il progetto si è proposto da un lato di migliorare la qualità tecnologica delle produzioni biologiche di frumento tenero e duro coltivate in pianura per andare incontro alle esigenze della seconda trasformazione favorendo un progressivo spostamento delle produzioni convenzionali verso quelle biologiche e di ampliamento degli areali di coltivazione dei cereali a paglia biologici dalla montagna/collina alla pianura; su un altro fronte, si è voluto valorizzare la biodiversità cerealicola (farri, varietà storiche e moderne) individuando argomentazioni di vendita efficaci legate agli aspetti nutrizionali e salutistici. A questo scopo il progetto ha individuato le tecniche



44

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

agronomiche (precessione, strategie di difesa verso i fitopatogeni più comuni, controllo delle piante infestanti) e le varietà da impiegare in terreni di pianura coltivati in biologico, per ottenere i livelli di qualità tecnologica oggi raggiunti dai frumenti convenzionali. Il progetto inoltre ha permesso di misurare il contenuto in polifenoli e flavonoidi, il potenziale antiossidante e valutare in vitro gli effetti sulla mucosa intestinale di estratti fenolici di alcune varietà storiche di frumento, per un loro impiego in prodotti con aumentato valore nutrizionale/salutistico.

Quali tra questi grani sono adatti alla panificazione? E per quali motivi? I frumenti teneri si distinguono in 4 categorie, biscottiero, panificabile, panificabile superiore e di forza, in funzione di alcuni parametri che li caratterizzano e che sono il livello di proteine, il peso ettolitrico, l’indice P/L alveografico, ma soprattutto il valore di W alveografico, che indica la capacità della farina di resistere a lunghe lievitazioni. Queste caratteristiche genetiche vengono mantenute o meno a seconda della varietà e, in biologico, della precessione colturale. Mediamente le varietà coltivate durante il progetto QualitàInBio hanno registrato valori di W inferiori ai valori attesi, per cui i frumenti di for-

za si classificano invece come panificabili superiori o panificabili. I valori di P/L registrati sono invece tendenzialmente equilibrati. Le caratteristiche tecnologiche e le rese sono state migliori nel caso del pisello proteico in precessione rispetto a soia o pomodoro.

Perché i cereali storici si sono un po’ persi negli anni ed ora vengono riscoperti/ valorizzati? Dopo la caduta dell’impero romano e fino alla metà del XVIII secolo, vi fu una vera e propria perdita di competenze nel campo delle tecniche agronomiche di coltivazione che, unita alle frequenti guerre, ha impedito per molto tempo una produzione alimentare sufficiente al sostentamento della popolazione. Prima della scoperta del Nuovo mondo e dell’introduzione del mais, si diffusero i cereali autunno vernini meno esigenti in termini di fertilità e di tecnica. Dalla fine dell’800-primi del 900 è iniziato un intenso lavoro di miglioramento delle varietà locali che ne ha raddoppiato la resa nell’arco di pochi anni (varietà storiche), ma senza alterarne molto la tecnica colturale. Solo dalla fine della II guerra mondiale ha preso piede quella che viene comunemente chiamata agricoltura “moderna” e intensiva: il seme

delle varietà impiegate deve essere omogeneo e prodotto in quantità e quindi la sua produzione non poteva restare di competenza del singolo agricoltore. Queste varietà hanno altezza ridotta, maggiore risposta a prodotti chimici, maggiore resistenza a malattie, minore allettamento, elevate qualità tecnologiche panificatore e pastificatorie idonee alla trasformazione industriale. Negli ultimi anni però, si è assistito ad una progressiva riscoperta delle varietà storiche e antiche sia per un crescente interesse dei consumatori verso prodotti alimentari tradizionali, uno stile di vita sano, il biologico e l’attenzione all’ambiente sia perché, come si è detto, queste varietà si adattano bene alle tecniche del bio e permettono agli agricoltori biologici di valorizzare direttamente o in piccole filiere la propria produzione.

Questo tipo di cereali ha un valore aggiunto dal punto di vista organolettico, nutrizionale, della trasformazione da parte del professionista? Richiedono trattamenti (dalla coltivazione in giù) diversi? Essendo comunemente coltivati in biologico, i grani antichi sono percepiti come più naturali, con benefici sulla salute e caratteristiche dietetiche migliori rispetto al grano moderno. Alcuni consumatori riconoscono di avere mino-

ri problemi digestivi dopo l’assunzione di grani antichi e questo viene attributo ad un glutine più digeribile. Inoltre, le varietà storiche o antiche di frumento hanno generalmente un maggiore contenuto in proteine, vitamine (prevalentemente del gruppo B), minerali come fosforo, potassio, zinco, selenio, carotenoidi. Per quanto riguarda eventuali effetti salutistici diretti, gli studi effettuati riguardano ancora un numero di casi troppo limitato per dare risposte certe. Dal punto di vista tecnologico, i farri e i frumenti antichi presentano normalmente un buon contenuto in proteine, tuttavia i parametri classici di qualità tecnologica (valori di W, P/L e glutine) non farebbero prevedere un loro utilizzo nella panificazione. Per un loro utilizzo da parte dell’industria, per cui il raggiungimento degli standard qualitativi è imprescindibile per garantire la qualità del prodotto finito data la maggiore rigidità di processo, è possibile prevedere l’impiego di miscele con farine di grani moderni appositamente studiate per soddisfare gli obiettivi tecnologici. Al contrario, l’utilizzo di metodologie (più flessibili) del panificatore artigianale come la biga, la pasta madre, la lunga fermentazione, consente di ottenere prodotti di buona qualità dal punto di vista tecnologico e sensoriale nel rispetto delle tradizioni locali anche con farina 100% da frumenti antichi. Soprattutto per il pane, a parità di lavorazione e di risultato visivo, l’uso di farine di varietà diverse origina prodotti di sapore differente.


Quando un mix senza glutine crea una pizza straordinaria IL CONSIGLIO DI ANTONIO SORRENTINO, EXECUTIVE CHEF ROSSOPOMODORO Per rendere l’impasto più profumato e saporito consiglio di fare un preimpasto il giorno prima. La cottura è molto importante e deve essere con un forno dolce moderato, non aggressiva, chiaramente meglio se in forno a legna, che renderà la pizza fragrante e morbida.

PIZZA MIX SCHÄR È LA MISCELA SENZA GLUTINE FORMULATA APPOSITAMENTE PER LA PIZZERIA. • resa elevata • facile lavorazione • ottima elasticità dell‘impasto

• eccellente lievitazione • pizza fragrante e croccante

THE BEST FOR YOUR GUESTS www.schaer-foodservice.it


46

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

ROSARIO GIANNATTASIO,

da Salerno a Vicenza con la pizzeria “Acqua e Farina” di David Mandolin Giovane, campano, imprenditore nella città del Palladio. Rosario Giannattasio interpreta la pizza napoletana a Vicenza: dopo esservisi trasferito da Salerno all’età di 14 anni e dopo un giusto periodo di apprendistato apre Acqua e Farina, pizzeria napoletana con una cinquantina di posti a sedere sempre affollata dai clienti.

"La mia professione - dice Rosario - nasce per passione e per gioco,

perché da piccolo con i miei amici (vengo da una famiglia di pizzaioli di Salerno) giocavamo a fare la pizza acrobatica, avevo circa 10 anni all’epoca. All’età poi di 14 anni mi sono trasferito a Vicenza

La passione per il prodotto e

con la famiglia, e ho iniziato a

la voglia di mettersi in gioco

lavorare in pizzeria sia come

spingono Rosario a fare il

cameriere nel weekend che in set-

grande salto: condurre un

timana, quando davo una mano al

locale e proporre la propria

pizzaiolo per imparare."

identità gastronomica. "A 23 anni ho aperto la mia prima pizzeria da asporto, era il mese di dicembre del 2010. Nel 2015 invece nasce Acqua e Farina, prima come pizzeria in teglia e gourmet e poi successivamente evoluta e trasformata in pizzeria napoletana."


47

Che pizza proponi ai tuoi clienti? "Innanzitutto va detto che abbiamo la fortuna di lavorare con persone di tutte le età, quindi non mi sono prefissato un target di clientela iniziale. La mia pizza si basa su un impasto fatto con farine di solo tipo 1 con un prefermento di 24 ore, per un impasto finale che arriva alle 36 ore all’ 85 percento di idratazione: questo fa in modo che l’impasto diventi saporito, profumato, altamente digeribile e che si sciolga in bocca.

Per i topping oltre a fare pizze classiche della tradizione gastronomica italiana proponiamo pizze con sapori nuovi e tecniche di cucina all’avanguardia, come l’affumicatura, le fermentazioni, la cottura a bassa temperatura e le marinature. Oltre la pizza proponiamo anche i fritti: il nostro cliente può trovare le frittatine e le montanare, sempre con sapori nuovi e non scontati; su tutto proponiamo abbinamenti con le birre artigianali o con i nostri vini naturali. Abbiamo una cantina con quasi 100 etichette."

"La pizza che propongo

con una base di fior

nel periodo estivo è la

di latte. In uscita dal

"Salernitano Orientale",

forno aggiungo cipolla

fatta con tonno rosso ma-

sott'aceto fatta da noi e

rinato nella salsa di soia

spinacino. Il tonno viene

poi scottato e rimesso di

affettato con l’affetta-

nuovo nella medesima

trice e adagiato sulla

salsa: questa lavorazione

pizza assieme ad una

dura una settimana.

maionese al wasabi, un

Il tonno così preparato

esplosione di sapori!"

viene steso sulla pizza

SALERNITA-

Rosario ha una dote che merita ricordare: non ha mai dimenticato la terra d’origine, le radici e vuole che i suoi clienti possano conoscerla e goderne la ricchezza di sapori. Ecco allora la pizza che prepara in estate, quel Salernitano Orientale che già nel nome fa pensare al sole meridionale, ai colori, ai profumi e alla bellezza di Salerno, a un mare ricco di magia e d’incanti e ad una tradizione gastronomica che regala continue emozioni.


48

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Anche all’Acqua e Farina di Vicenza c’è continua ricerca per offrire ai clienti delle pizze non solo gustose e saporite, ma grazie alle continue prove e alla ricerca di novità conquistano i clienti. In questi ultimi mesi poi Di Giannattasio ha dato il via a due ulteriori progetti, che completano il suo modo di intendere i lievitati: Crunch e Arrogante. Ve li raccontiamo brevemente direttamente con le parole del patron:

"Crunch nasce dal desiderio di fare una pizza d' asporto che si possa finire di cucinare a casa e avere lo stesso risultato nell’assaporarla come se fosse appena fatta, e anche quando la cottura la terminiamo noi in pizzeria il prodotto si mantiene molto meglio nel cartone, essendo – come evoca il nome - una pizza molto croccante.

Arrogante invece nasce dalla mia passione per i panini: visto che ormai la maggior parte delle paninoteche fanno hamburger ho voluto proporre un prodotto davvero differente. Facciamo un pane estremamente croccante, sottile e lungo e farcito con prodotti sia della tradizione come polpette al pomodoro della nonna, parmigiana di melanzane, guancia di maiale brasato oppure quelli con crudo bufala e pomodori secchi, porchetta di Ariccia, provola affumicata in legno di faggio e crema ai peperoni.... Il nome nasce per gioco, perché fa rima con croccante/ invitante ed è un panino "ignorante" nel suo genere: è facile che se non fai attenzione al primo morso tu possa sporcarti di pomodoro! Il bello è che per tutte e tre i locali utilizziamo lo stesso impasto, cambia solo la gestione dei tempi dopo aver impastato; tutto viene prodotto nel locale di Crunch che apre solo la sera, mentre durante la giornata è un laboratorio creativo all’interno del quale studiamo e creiamo gli abbinamenti per tutti e 3 i locali."

ARROGAN TE


N-

Mantenimento ad alto


50

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

ERRICO PORZIO,

s'adda sapé fa! A cura della redazione

È una storia interessante e gli chiediamo di raccontarla per i nostri lettori.

Errico Porzio è un professionista eclettico ed energico, figlio d’arte e pizzaiuolo fin dalla giovanissima età. Al forte legame con le sue origini – costantemente presenti nella sua proposta gastronomica - ha coniugato studio e ricerca per trovare la propria strada e sviluppare un’identità professionale propria.

"Parte da lontano, caratterizzata da curiosità, fascinazione e gioco. Mi spiego: mio padre lavorava con mio zio, Mario Pellone, uno dei nomi che ha fatto e fa la storia della pizza a Napoli. Mio padre mi portava spesso con sé e io guardavo mio zio miscelare le farine, impastare, stendere la pizza. Poi, a 13 anni, chiesi di provare a fare io stesso le pizze, i miei amici non potevano crederci: «Preferisci stare in pizzeria, invece che venire a giocare a pallone con noi?» Ma io mi divertivo così. Dopo qualche anno, quando il sabato sera tutti andavano a ballare o al cinema, indovinate io dov’ero? In pizzeria. Troppo bello! Poi, nel 1999, ho inaugurato la mia prima pizzeria a Soccavo, nel mio quartiere dell’area flegrea. Era a conduzione familiare e dedicata solo all’asporto. Dopo 13 anni, nel 2012, presi uno spazio attiguo e unii due locali creando la mia prima pizzeria che, con orgoglio, gestisco ancora. Una pizzeria frequentata da clienti che arrivano da ogni parte di Napoli e provincia. Successivamente nel 2018 ho aperto al Vomero e da lì è stato un crescendo di inaugurazioni, con sempre più persone che scelgono la mia pizza."

Chi è Errico Porzio? "Un uomo pieno di entusiasmi. Un pizzaiuolo, come amiamo definirci a Napoli, con la "U", che sperimenta impasti, crea nuove farciture, forme accattivanti. A volte mi definiscono un «piazzaiolo popolare» ma a me, piuttosto, piace considerarmi un «pizzaiuolo del popolo»: sono sempre dietro al bancone, mi piace chiacchierare con i clienti, ascoltare le loro impressioni e, quando ci sono critiche, perché non può essere sempre tutto perfetto, fare tesoro delle loro considerazioni. È così che si cresce. Per la stessa ragione, i prezzi nelle mie pizzerie sono equi. Non mi piacciono i grandi ricarichi. Amo comunicare e mi diverte usare i social, grazie ai quali riesco a raggiungere un numero enorme di persone. Su Tik-Tok, che ho iniziato ad usare non più di 4-5 mesi fa, ho già più di 300.000 persone che mi seguono. A loro spiego le mie ricette, propongo nuovi condimenti e concludo sempre con quella che è diventata la mia parola d’ordine: "S’adda sapé fa". Le cose bisogna saperle fare, si devono fare con competenza e con passione. Io la penso così."


51

Attualmente quanti e quali locali ha? "In tutto sono 8 locali: 5 Pizzerie e 3 punti vendita dedicati alla pizza al taglio e alla friggitoria da asporto. Le Pizzerie sono quelle di Soccavo, Vomero, Salerno, Aversa e l’ultima, inaugurata l’8 giugno a Roma, in Via Tuscolana. Poi abbiamo le tre sedi dedicate al format "Porzio…ni di Pizza": quella storica di Soccavo, la sede del Vomero e l’ultima nata, a Secondigliano."

Che proposta di pizza fa?

Le pizzerie hanno clienti tipo diversi? "Quelle da asporto sono rivolte a chi, essendo di passaggio, si ferma per uno spuntino e, con la pizza a portafoglio, risolve velocemente una pausa o si concede un pasto rapido ma appagante, tanto a metà mattina quanto a pranzo o a cena. Più che avere clienti diversi, le pizzerie li accolgono in orari differenti: in prima serata abbiamo gli over 70, poi vengono le famiglie con bambini o le coppie e la sera, dopo le 22.00, è la volta dei più giovani che tirano tardi."

"Una pizza nella quale la qualità dei prodotti viene prima di ogni altra cosa. Voglio che gli ingredienti siano tutti di alta gamma: dalle farine per gli impasti ai topping che, ovviamente, si accordano alle stagioni. La mia pizza è a metà strada tra il tradizionale e il moderno o tra «il moderno e il contemporaneo», come mi piace definire anche il mio temperamento. Una pizza evoluta ma non esasperata, con un bel cornicione, ma sempre misurato e proporzionato al disco di pasta. Per il resto, sono attento alle evoluzioni ma senza dimenticare da dove veniamo. Da noi si trovano le pizze a ruota di carro, quelle integrali e le pizze ai cereali!"

Con che idee irrinunciabili di base?

Con che tipo di obiettivi? "Mi piace pensarmi in continua evoluzione, mi sono prefissato di realizzare altre due o tre aperture in Italia, dopodiché mi piacerebbe portare la mia pizza in Europa. Il mio obiettivo, in questo senso, sarebbe quello di poter aprire due sedi in altrettante capitali europee."

Qual è il tipo di cliente cui si riferisce in generale? "A tutti, senza categorie né limitazioni. La nostra attenzione è rivolta a chi ama la pizza di qualità. E, proprio per venire incontro alle varie esigenze, abbiamo forni dedicati esclusivamente ai celiaci e proponiamo pizze per vegetariani e senza lattosio."

"A volte mi definiscono un «piazzaiolo popolare» ma a me, piuttosto, piace considerarmi un «pizzaiuolo del popolo»"

"Rendere felice il cliente, proponendo un cibo che sia buono e vicino ai suoi gusti."

S’ADDA SAPÉ FA


52

ONAILATI OTSUG - ANAILATI AIGOLONCET - ONAILATI OTTODORP

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

INROF .M. A.M Come concepisce le ricette, con quale criterio sceglie le

Propone altro oltre alla pizza?

e le abbina? a ,as is ,e esenmaterie edom prime ailgim af anu ottutiznanSe ni si, È cosa e in quali locali? etnemaires otlom aserp eneiv anicuc al anedoM

Quali impasti propone ai

suoi clienti? Ce li descrive?

ETNATOR

"Utilizzo un impasto indiretto, con 36 ore di lievitazione, ottenuto miscelando tre tipi di farina; seguono 36 ore di maturazione. In cottura, come amo sempre ripetere, preferisco una cottura «lenta, docile, mai aggressiva», con una temperatura intorno ai 400 gradi, quindi un po’ più bassa di quella tradizionale."

"Seguo sempre la stagionalità, e scelgo piccoli produttori, preferibilmente campani. Li contatto, li visito, assaggio, provo la farcitura sulle pizze, e quasi sempre chiudo un rapporto di esclusiva. Sono piccoli artigiani, casari o contadini. Ad esempio il mio pomodoro è sempre un San Marzano. Le burrate, sempre campane, non le utilizzo a pezzi ma preferisco ridurle in crema. L’olio extravergine d’oliva è quello del Cilento, una bontà."

"Le pizze in carta sono tra le 60 e 70 referenze. Oltre alle pizze, proponiamo la classica friggitoria napoletana: crocchè, arancini, frittatine di pasta, per le quali, a volte, utilizziamo qualche farcitura più moderna, ma senza eccessi. Proponiamo inoltre alcune birre lager beverine a cui affianchiamo qualche birra artigianale, rigorosamente campana, e vini del territorio."

SAG

A conclusione di questa intervista Errico Porzio ci propone la pizza “La cotto a crudo”, di cui riportiamo la ricetta:

LA COTTO A CRUDO Ingredienti

Pizza bianca

pizza bianca con mozzarella di bufala in cottura, condita in uscita con prosciutto cotto di filiera Lucana, crema di burrata e gocce di crema di basilico

Impasto: 500 g acqua 400 g farina 00 100 g farina tipo1 2 g di lievito

1 2 3 4 5 6

Procedimento

Versare l’acqua impastare fino ad ottenere una cremina, coprire e mantenere a temperatura ambiente per 12/16 ore. Aggiungere 200 g farina, 1 g di lievito e 22 g di sale. Impastare a mano per 7/8 minuti e far riposare l'impasto coperto per 2 ore. Formare panetti da 270 g e far lievitare per 8 ore.

ANGEL

Stendere, condire e cuocere in forno con temperatura max 400 gradi.

OCIRTTELE

In cottura mozzarella di bufala; in uscita: prosciutto cotto di filiera lucana, crema di burrata e gocce di crema di basilico.

detseT


PRODOTTO ITALIANO - TECNOLOGIA ITALIANA - GUSTO ITALIANO

M.A.M. FORNI

È innanzitutto una famiglia modenese e, si sa, a Modena la cucina viene presa molto seriamente

ROTANTE

GAS

ELETTRICO

LEGNA

Tested


54

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

ARCANGELO ZULLI,

Pizzeria La Sorgente a Guardiagrele, Chieti di D.M.

Guardiagrele è un comune di poco più di 8.000 abitanti che sorge nell’entroterra chietino; è sede del parco nazionale della Majella, essendo il suo territorio essenzialmente un promontorio che si adagia sulle pendici orientali di quello che è il secondo massiccio montuoso più alto degli Appennini dopo il Gran Sasso. A Guardiagrele si trova la pizzeria La Sorgente di Arcangelo Zulli, che viene condotta con sapienza dal 1985: un luogo che vuole essere (ed è) riconoscibile per la sua identità gastronomica nonché momento conviviale e di condivisione gioiosa per i suoi clienti.

Come nasce dunque La Sorgente così com’è oggi?

"La Sorgente- ci dice

che offrisse una pizza

Arcangelo Zulli - nasce

al piatto nel circondario

nel 1985 e deve il suo

della nostra cittadina,

nome al fatto che di

Guardiagrele in provincia

fianco all’ubicazione

di Chieti: un piccolo bor-

della pizzeria c’era

go, definito da Gabriele

una sorgente d’acqua.

D’Annunzio "Terrazza

L’iniziativa fu intrapre-

d’Abruzzo", situato tra la

sa per sopperire alla

Majella e il mare."

mancanza di un locale

"Circa 10/12 anni addietro, sull’onda dell’importanza che stava assumendo l’offerta di una pizza di qualità e la presa di coscienza che la pizzeria non fosse più un luogo di solo consumo ma anche un luogo di aggregazione, e dopo aver investito tempo e risorse abbiamo rivoluzionato il modo di interpretare la pizza a tavola: da un semplice impasto di acqua e farina abbiamo cominciato a lavorare con tecniche più rispettose della materia prima e a ricercare farine di qualità, con l’utilizzo del lievito madre, e giocare con le idratazioni per poter offrire un prodotto lievitato, con diverse consistenze, fragrante e croccante al palato."


55 Come concepisce le ricette, Che sensazioni vuole far

con quale criterio sceglie le

In carta il cliente cosa può

vivere al commensale?

materie prime e le abbina?

trovare oltre alla pizza?

"Il cliente a cui facciamo riferimento è colui che vuole passare una serata in convivio, stimolato dai diversi percorsi degustativi che si possono fare tra i vari impasti. Desideriamo che si approcci alla pizzeria alla pari di come si fa con la ristorazione. Ma l’obiettivo principale è sempre fare in modo che i commensali passino una bella serata in compagnia, e far sì che la pizza sia un mezzo e non un fine."

Cosa propone dunque ai suoi clienti? "Grazie alle diverse farine macinate a pietra, gli impasti che serviamo sono 5: un impasto di pizza stesa a lievito madre, un impasto di farina di farro, un impasto di pala romana ad alta idratazione, un impasto da noi registrato come marchio "Riempizza" ad altissima idratazione e con una quota importante di farina integrale, e in ultimo un impasto tipo focaccia con farina di semola rimacinata in purezza, registrato anche questo con marchio "Pandisemola"

"Le ricette vengono concepite istintivamente, a volte con l’intento di esaltare un particolare ingrediente, a volte reinterpretando in chiave culturale la cucina italiana. Le materie prime provengono da produttori locali e nazionali: rigorosa è la scelta della filiera italiana e del chilometro “buono”. Tra l’altro la nostra pizzeria fa parte del circuito dell’Alleanza di Slow-food."

A questo punto le chiediamo di proporci un percorso degustazione.

"Oltre alla pizza e alla possibilità di una piccola ristorazione, disponiamo di una carta di dolci al cucchiaio con 6/7 referenze di nostra produzione che permettono di terminare la cena con delizia. In abbinamento proponiamo birre alla spina nazionali, diverse tipologie di birre artigianali del territorio, una carta dei vini abruzzesi ben assortita e qualche referenza di fuori regione, liquori tipici locali e distillati di pregio. Il nostro sommelier oltre ad abbinare i vini, le bollicine e le birre in base alle pizze scelte, propone una selezione di cocktail e suggerisce anche come abbinare i distillati, i vini passiti e i liquorosi a seconda del dessert."

"Non proponiamo un percorso degustativo definito, preferiamo indirizzare i commensali a condividere tra loro le pizze in un percorso che soddisfi le proprie inclinazioni e che sia un crescendo di gusti per il palato."

Chiudiamo con una proposta di pizza, per la quale lasciamo la parola allo chef -patròn de La Sorgente. Ndr: Questa pizza è stata presentata al programma televisivo de LA7 “Mica pizza e fichi” e verrà presentata ai clienti in concomitanza della programmazione televisiva.


56

pizza e pasta italiana

«

luglio/agosto

2021

La pizza che propongo è una classica stesa e la ricetta è la seguente:

SU PEI MONTI Ingredienti

Procedimento

Farina tipo 1 g 1000

Sale g 22

Con gli ingredienti indicati si forma un impasto, ben lavorato, si ricavano dei panetti da 280 g, che vengono stesi, conditi e infornati a 360°C.

Olio Evo g 30

Farcia

Acqua g 700 Biga di lievito madre g 250

Stracciata vaccina Bresaola Ricotta di capra emulsionata con zafferano Granella di pistacchio di Bronte Erba cipollina Fiori essiccati di zafferano Olio Evo

Ne propongo anche una su base focaccia "Pandisemola®" con sponsale, carota a julienne, crispy di lampone, ricotta con olive nere pugliesi e olio Evo all’arancia.

PANDISEMOLA®

RIEMPIZZA®

La terza proposta è su base "Riempizza®" con emulsione di mozzarella e zafferano, ventricina vastese, rucola, parmigiano, pomodorini e olio Evo al limone.

»


Le 5 Stagioni è un brand Agugiaro & Figna

Niente da aggiungere. Per una lievitazione praticamente perfetta.

A base di lievito madre, Lemady® è una miscela per la lievitazione naturale degli impasti per pizza. Stabilizza i processi ed evita gli stress di lavorazione, prolunga la vita degli impasti, aumenta il volume in cottura, mantiene i prodotti integri e sani a lungo, apporta digeribilità e genuinità, conferisce gusto e aromi fragranti. Tutto con un solo prodotto.

pizzastories.le5stagioni.it


58

baccalà mantecato seppie alla Trattoria veneziana da Bepi già 54 fegato alla Venezia veneziana sardine in saor moleca fritta seppia cruda con carciofo SPAGHETTI ALLE VONGOLE pizza e pasta italiana

luglio/agosto

2021

di Caterina Orlandi

Con questo numero iniziamo

un percorso tra le osterie ed i ristoranti italiani che propongono una moderna cucina

della tradizione, un ossimoro che significa valorizzazione

di ricette e materie prime del territorio in cui operano, in

un’ottica di offerta gastronomica che permetta al cliente di vivere un’esperienza real-

mente unica e non omologata.

Iniziamo da Venezia, città turistica per eccellenza che ad un primo superficiale sguardo difficilmente sembra annoverare nella sua proposta gastronomica una cucina che sia tipicamente e realmente "veneziana". In realtà in Campo Santi Apostoli si trova una trattoria con una vera e propria "anima veneziana" È la "Trattoria da Bepi già 54" guidata da Loris, figlio del proprietario e fondatore che, come ci spiega, rappresenta la seconda generazione.

"Mio padre e mia madre con l'aiuto di mia sorella hanno iniziato nel 1963. Il nome della trattoria è Bepi perché mio padre si chiamava Giuseppe ed in Veneto il diminutivo è Bepi; il 54 invece nella cabala veneziana significa "letame" e dove c'era letame c’era più raccolto e dunque più ricchezza e di conseguenza benessere. L'origine risale agli anni 40/50 da una testimonianza della figlia del vecchio proprietario."

SPAGHETTI AI FRUTTI DI MARE


59 Chiediamo a Loris se i piatti di un tempo siano ancora le proposte di oggi e con orgoglio ci conferma che : “si, sicuramente i più tipici come spaghetti alle

Sardine in saor

vongole, il baccalà mantecato, le seppie alla veneziana, il fegato alla veneziana, le sardine in saor, etc… e quelli più venduti sono l’insalata tiepida di scampi e carciofi, la moleca fritta, la seppia cruda con carciofo, oltre ai già citati spaghetti: alle vongole, con la salsa, con frutti di mare.” Tutti piatti dunque con un solido legame con la tradizione popolare veneziana, che incontrano i gusti di una clientela trasversale: dai magistrati ai notai agli avvocati, per non parlare di commercianti, colleghi ristoratori, gondolieri. La conferma che una proposta tradizionale ma attenta, con un servizio mirante a spiegare i piatti, per poter far scegliere al cliente con consapevolezza, ha ancora un ruolo centrale, seppur in uno scenario ove secondo Loris la trattoria veneta è "in estinzione purtroppo; da quello che ricordo, dagli anni 60/70 del secolo scorso è cambiato il modo di mangiare e tutto il mondo che gli ruota attorno. Mi piacerebbe che le nuove generazioni seguissero non dico me ma un ristoratore che proponga la tradizione come faccio io per apprendere le vecchie conoscenze, così da trasmettere la nostra memoria". Con l’auspicio che il lavoro di salvaguardia intelligente del nostro patrimonio enogastronomico – che ci distingue nel mondo da gran parte degli altri popoli e che rappresenta uno dei nostri più preziosi valori aggiunti - non sia agli sgoccioli ma possa rivivere in un nuovo e luminoso inizio, come emerge da diverse ricerche, concludiamo con le ricette di tre piatti di Loris: le sardine in saor, le moleche fritte e gli spaghetti con scampi alla busara.

Ingredienti: • 500/600 g di cipolle bianche o ramate • 500 g di sardine freschissime squamate, eviscerate e senza testa • farina bianca • olio altoleico • 150 cl di vino bianco secco • 300 cl di aceto bianco • sale fino • uvette e pinoli • pepe a piacere

Preparazione: 1. Affetta sottilmente la cipolla e falla soffriggere aggiungendo il sale (attenzione la quantità), l’aceto e il vino e fa appassire fino a che la cipolla assume un bel colore biondo. 2. Infarina le sardine e falle friggere in abbondante olio. Come sono cotte estraile dall’olio e ponile una accanto all’altra e coprile con la cipolla cotta. 3. Consiglio di lasciarle raffreddare, mettere in frigo coperte e mangiarle almeno dopo 2/3 giorni. 4. A piacere puoi aggiungere dell’uvetta, pinoli e un pizzico di pepe di mulinello.


60

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Moleche fritte

1. Prendi le "moleche" (si pronuncia "moéche": sono granchi di laguna senza la corazza) e ponile in una terrina con dell’uovo leggermente sbattuto con poco sale. 2. Girale un paio di volte per poi passarle nella farina bianca (se celiaci usare il fioretto di mais o farina di riso) e ponile quindi a friggere nell’olio bollente. 3. Se piace, secondo tradizione, servile con polenta bianca dopo averle salate.

Spaghetti con scampi alla busara

Ingredienti: • 500 g di scampi freschi con testa • salsa di pomodoro • vino bianco • olio extravergine di oliva • aglio • sale • prezzemolo Preparazione: 1. Togli la testa agli scampi e sgusciali. 2. Poni teste e carapaci in una pentola schiacciandoli, aggiungi ½ l di vino bianco secco, due spicchi d’aglio e 10 cl di olio evo, lasciando bollire per 25minuti. Fa decantare le teste degli scampi e teni da parte il bisque. 3. Porta a mezza cottura gli spaghetti, quindi versali nella pentola dove ci sono: salsa di pomodoro, il bisque, le code di scampi, del prezzemolo tritato, un po' di pepe di mulinello o peperoncino a piacere. Porta a cottura gli spaghetti aggiustando con un po' di olio evo.


100% qufiﬕà ﬕfiista

Distribuiamo all’ingrosso eccellenze alimentari per la miglior ristorazione italiana. Dalla nostra linea aperitivi fino ai primi piatti, dai salumi alle nostre inimitabili pizze, il nostro obiettivo è sempre lo stesso: offrire ai nostri Clienti il massimo dell’italianità. Una sola frase per descrivere l’azienda ed il nostro operato: selezione e ricerca di prodotti alimentari di alta qualità!

Sapore d’e‫גּ‬fle SEDE OPERATIVA E SHOWROOM: via Tadesa, 2/A - San Fermo di Piubega (MN) Tel: 0376 655737 - Fax: 0376 655014 - Email: info@sanfelici.it - vendite1@sanfelici.it

www.sanfelici.it


62

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

il Food Cost: Le formule del successo!

SECONDA PARTE

di Domenico Maria Jacobone, esperto e formatore in ambito ristorazione, digitalizzazione e food delivery.

Dopo una prima fase di

Abbiamo già spiegato nel

preparazione di ciò che

precedente articolo quanto siano

sarà il piatto con schede

importanti la standardizzazione

Tra i più noti ricordiamo le

magazzino, prodotto e

del piatto ed una buona gestione

materie prime, il personale extra,

piatto, adesso dobbiamo

dell’inventario, oggi entreremo

i materiali di consumo, etc.

addentrarci nel food

nel vivo del budgeting e cost

cost più articolato, ma

controlling.

maggiormente utile a

Partiamo ancora una volta da un ripasso apparentemente lontano: quali sono i costi della ristorazione?

Sommando costi fissi e variabili dovremmo ottenere una cifra vicina all’ammontate che avevamo preventivato attraverso il business plan e lo studio dei costi preventivi.

comprendere quale sarà il prezzo finale del nostro piatto e come verificarne il giusto valore. Già prima della crisi legata alla pandemia da Covid-19 il tasso di fallimento legato a questo tipo di imprese era in forte evoluzione, poiché se da un lato è cresciuta una domanda estremamente differenziata e quindi ricca di nicchie, dall’altro lato il consumatore è sempre più consapevole di ciò che cerca e di quale possa essere il suo valore.

Dalla somma dei costi potremmo

Distinguiamo i costi fissi, cioè i

ancora ottimizzare un risultato

costi che non variano con il variare

tendente al reale facendo la

della produzione. Individuiamo

proiezione dei costi standard:

tra questi gli affitti, gli interessi

normali (ipotesi di normale

passivi per prestiti, mutui e

funzionamento attività), ottimali

finanziamenti, l’ammortamento

(ipotesi di efficienza massima

attrezzature, gli stipendi, etc.

teorica) ed attesi (un mix tra i

I costi variabili, invece, variano al

due, tendente al miglioramento

variare delle quantità prodotte.

della condizione standard).


63

budgeting cost controlling COSTI FISSI COSTI VARIABILI COSTI STANDARD

FOOD COST ATTIVO FOOD COST PASSIVO

Dal confronto dei costi preventivi con quelli consuntivi dovremmo evincere quali sono le eventuali criticità da rimuovere o risolvere per far sì che nel lungo periodo le differenze possano decretare il successo dell’attività o modificarne in positivo la redditività a volte in modo significativo.

Il food cost può avere diverse

Se il calcolo del FCA è abbastanza

declinazioni, ma si possono inserire

semplice ed immediato, non si

in due macro-famiglie: il food cost

può certo dire lo stesso del FCP,

attivo (o preventivo) ed il food

che aiuta comunque a calcolare

cost passivo (o consuntivo).

la quantità di materia prima in un anno, così da capire se è più

Le medie del settore della ristorazione evidenziano una ripartizione dei costi con forbici più o meno importanti: • • • •

aterie prime dal 20 al 35% M Personale dal 35 al 50% Altri costi dal 15 al 25% Profitto/utile dal 10 al 20%

Il costo delle materie prime resta la componente più rilevante dei costi variabili e quindi quella sulla quale occorre concentrare l’attenzione.

La distinzione tra le due è la pietra miliare del conto economico di un ristorante: • •

il food cost attivo (FCA) indica il costo reale per ottenere ogni singolo piatto il food cost passivo (FCP) indica i costi che vengono registrati in un determinato periodo di tempo (ad esempio un mese)

conveniente rivolgersi ad un altro fornitore per abbattere i costi di acquisto del prodotto oppure se la soluzione ottimale è quella di richiedere uno sconto al fornitore di fiducia.


64

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Un’ulteriore considerazione va fatta sul rapporto che intercorre tra FCA ed FCP, i cui valori dovrebbero essere tendenzialmente molto vicini tra loro. Infatti, se il primo indica il reale consumo di materia prima per la preparazione di un piatto, il secondo verifica se la cucina ha rispettato questo consumo.

In sostanza un food cost verifica l’altro e solo quando i risultati

Il Food Cost Attivo si calcola nella fase di pianificazione del costo ricetta, per farlo si elabora la scheda tecnica della ricetta dove si elencano tutte le materie prime utilizzate per realizzare le pietanze del menù con le loro grammature e il loro costo. Queste schede non solo vi saranno utilissime per il controllo del FCA ma diventeranno uno strumento importante per l’operatività giornaliera del ristorante.

saranno realmente simili il ristoratore potrà affermare di averli sotto controllo. Un’ultima considerazione va fatta sul rapporto che intercorre tra il food cost attivo e quello passivo, i cui valori devono essere tendenzialmente molto vicini tra loro.

Analizziamo quindi la formula del food cost attivo.

(Costo ricetta / prezzo di vendita piatto) x100= % Food cost attivo In questa maniera avremo ottenuto il nostro costo relativo alla scheda ricetta di ogni piatto: ci servirà per il food cost generale dell’attività! Il Food Cost Passivo è un importantissimo parametro di verifica reale: si basa infatti sull’analisi matematica di magazzino ed incassi. Dopo aver compilato tutte le schede tecniche dei nostri piatti, analizzeremo i consumi reali delle materie prime utilizzate durante un periodo di tempo prestabilito. Per la maggior parte dei ristoranti questo controllo viene eseguito ogni quattro settimane ma può essere scelto in base alle vostre esigenze. Per calcolare il Food Cost Passivo, ad esempio del mese di maggio, abbiamo bisogno di conoscere i seguenti dati: • • • •

v alore in € dell’inventario iniziale al 30 aprile valore in € degli acquisti fatti durante il mese di maggio valore in € dell’inventario finale al 31 maggio gli incassi delle vendite registrate nel mese di maggio

NB. Per avere dati attendibili sarebbe consigliabile registrare gli inventari a fine servizio. La formula da utilizzare sarà la seguente:

Valore in € dell’inventario iniziale + valore in € degli acquisti del mese – valore in € dell’inventario finale = consumi del mese (X) Ottenuti i consumi/mese potremo finalmente calcolare il Food Cost Passivo:

(consumi del mese (X) / incassi del mese) x 100 = % FC Passivo La cifra ottenuta sarà il costo reale delle materie prime in relazione alle vendite, cioè quello che gli anglosassoni definiscono Cost Of Goods Sold (COGS).


S U N I JO

S T N E V E G N I D A E AT THE L INDUSTRIES!

FOR THE PIZZAR&50% POFFAYOSURTAREGISTRATION AT EACH EVENT USE PROMO CODE PASTA50 FO

August 17-19 Las Vegas, NV

2021

October 3-4 Atlantic City, NJ

2021

March 22-24 Las Vegas, NV

2022

PizzaExpo.com and PizzaAndPastaExpo.com


66

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Passiamo ad un esempio pratico:

Proviamo a variare un dato:

immaginiamo il food cost di una pizza margherita, guardando la nostra scheda prodotto avremo in base agli ingredienti, calcolando una qualità medio alta di tutti gli ingredienti un costo di 1,34€ (FCA 16,75%) e di venderla ad 8€ con un margine lordo di 83,25%.

nei consumi del mese aggiungiamo un valore di scarto magazzino che ci porta ad avere un costo di 3.

Immaginando di aver lavorato alla perfezione e di non avere scostamenti di magazzino diversi da quelli del consumo andiamo a calcolare l’FCP immaginando di avere 1000 pizze di venduto.

FCP 37,50%

Consumi del mese (1,34x1000) /

responsabili tra magazzino,

incassi del mese (8x1000) x100=

produzione e servizio per

FCP 16,75%

comprendere cosa è successo di

In questo, fortunato, caso FCA ed FCP hanno lo stesso valore, meglio di così non si potrebbe sperare!

così grave da spostare del 20,75%

Consumi del mese (3x1000) / incassi del mese (8x1000) x100=

Questa volta dovremo convocare immediatamente tutti i

il food cost tra FCA ed FCP.

Un esempio potrebbe essere una partita di merce andata a male, un errore del fornitore su un ordine, errori nella gestione della sala, scarto eccessivo, perdite per furti o sottrazioni. Starà al ristoratore comprendere se e quanti hanno avuto responsabilità in questa perdita e come risolverla per tornare ad avere una redditività in linea con quanto deciso. A volte, per routine o per mancanza di tempo, queste verifiche non vengono fatte settimanalmente o mensilmente, ma sarebbe importante introdurre una routine regolare di verifica perché forse il food cost è quanto possiamo veramente fare per verificare e tenere a bada tutti i costi variabili legati alla trasformazione del cibo.

A questo suggerisco sempre di verificare e provare a migliorare anche i costi fissi, i noleggi, i leasing e tutte quelle voci di costo ricorrente (pensate al commercialista!) che hanno un’incidenza severa sull’attività!

Forse il food cost è quanto possiamo veramente fare per verificare e tenere a bada tutti i costi variabili legati alla trasformazione del cibo. fine


Mettiamo la nostra qualità in buone mani la farina per i professionisti

NUOVO MOLINO - NUOVE FARINE Innovazione, salubrità e attenzione per la qualità sono da sempre stati valori alla base del nostro lavoro. Grazie alle recenti innovazioni tecnologiche, siamo riusciti a valorizzare ulteriormente la performance del nostro molino, ottenendo nuove farine ad alto valore qualitativo: stabili, sicure e altamente performanti.

www.molinosimec.it

-

info@molinosimec.it


68

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

L’oro rosso d’Italia,

IL — PO MO DO RO

Raccolta e lavorazione


69

di Anicav*, in collaborazione con la redazione

Il pomodoro rappresenta senza alcun dubbio una delle eccellenze del comparto agroalimentare italiano più riconosciute e apprezzate nel mondo. Il primo a svilupparne la lavorazione industriale nella seconda metà del 1800 fu Francesco Cirio (1836-1900). L’industriale piemontese infatti aprì nelle province di Salerno e di Napoli aree estremamente fertili per la coltivazione di questo frutto; i primi stabilimenti di coltivazione e lavorazione del pomodoro.

In Italia sono due i bacini di produzione dell’oro rosso: quello del Centro Sud, con la massima concentrazione di aziende di trasformazione in Campania e di aziende di produzione agricola in Puglia, e quello del Nord, concentrato in particolar modo nelle province di Parma e Piacenza. La filiera è poi organizzata in due Organizzazioni Interprofessionali a carattere di circoscrizione economica: l’OI pomodoro Nord e l’OI pomodoro da Industria Bacino Centro Sud.

→ Per quanto riguarda la raccolta del pomodoro, in Italia ormai la quasi totalità viene fatta meccanicamente: per il 100% al Nord e per oltre il 90% nel bacino Centro Sud. Si ricorre alla raccolta manuale soltanto in circostanze particolari, come nel caso di campi con alta presenza di pietrisco di grosse dimensioni e campi collinari con forte pendenza dove le macchine non possono arrivare, anche in seguito a forti piogge che amplificano le difficoltà. La raccolta a mano è utilizzata, inoltre, solo per alcune specifiche produzioni di nicchia, come ad esempio quella del pomodoro San Marzano DOP e, in alcuni casi per il pomodorino per il quale, tuttavia, è in corso un importante processo di conversione a raccolta meccanica. Durante la raccolta avviene una pre-selezione e viene eliminato il prodotto verde, spaccato, marcio o caratterizzato da altre impurità. È importante tener presente che il pomodoro viene raccolto nell’arco di 60 giorni, di solito dal 20 luglio al 20 settembre, ed è lavorato entro 24 ore dalla raccolta.

A seguito di quest’ultima il pomodoro può essere destinato a produzioni diverse, dando origine a diversi derivati. Questi sono principalmente cinque: i pomodori pelati interi, il concentrato di pomodoro, i pomodori a pezzi, la passata di pomodoro, e i pomodori non pelati interi. La trasformazione industriale prevede differenti tipologie di operazioni, alcune delle quali comuni e altre, invece, specifiche in quanto collegate ai diversi prodotti da realizzare. In ogni caso è possibile distinguere schematicamente tre sezioni. La prima è comune e riguarda il ricevimento della materia prima, la sua valutazione qualitativa, la pesatura, le operazioni di scarico, l’invio alle linee, il lavaggio e la cernita.

*Anicav: Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali – nata a Napoli il 5 Febbraio 1945, è l’Associazione di rappresentanza delle aziende private che operano nel settore della trasformazione e della conservazione dei prodotti vegetali.

IL — PO


70

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Di seguito vi riportiamo brevemente le fasi

DO RO

specifiche per ogni tipologia di prodotto.

→ Per i pelati è basilare il colore rosso vivo, la forma allungata, la buccia robusta facilmente staccabile dal tessuto sottostante, le logge turgide di succo e l’asse stilare poco o niente sviluppato. Una volta che il prodotto arriva nell’azienda di trasformazione inizia il processo di lavorazione con il lavaggio nelle vasche, per eliminare tutti i materiali estranei dalle bacche, che vengono successivamente depositate su dei piani di cernita, dove il personale opera lo scarto dei frutti non idonei. Queste operazioni avvengono con l’impiego di grandi quantità di acqua corrente, di selezionatrici ottiche ed operai che partecipano alla eliminazione di bacche poco consistenti, con difetti di colorazione o di piccola pezzatura. I pomodori vengono poi a contatto con la pelatrice per distaccare la buccia dalla polpa. Dopo questa fase subiscono una nuova selezione e solo le bacche migliori vengono inscatolate in barattoli colmi di succo e chiusi ermeticamente, per essere sterilizzati. All’interno degli stabilimenti, lungo binari che percorrono tortuosi giri, i barattoli di pelato compiono tutte le tappe, fino all’etichettamento ed all’imballaggio, in cartoni.

Per la lavorazione del concentrato, si procede mediante l’eliminazione di una parte dell’acqua dal succo, ottenuto triturando e setacciando i frutti freschi di pomodoro. Il concentrato, che si differenzia a seconda di quanto aumenta in percentuale il grado di concentrazione del succo, richiede pomodori ricchi di colore, con consistenza e resistenza della buccia alle spaccature e con il più elevato contenuto possibile di zuccheri. La concentrazione avviene per evaporazione dell’acqua a basse pressioni, al fine di salvaguardare le proprietà organolettiche e nutritive del prodotto. Il confezionamento del concentrato, dopo un trattamento termico di pastorizzazione per permetterne la conservazione, può avvenire in tubetti metallici deformabili o in scatole di banda stagnata. La maggior parte del concentrato di pomodoro, condizionato in fusti metallici nei quali viene inserito un sacco in materiale apposito, viene confezionato in asettico (contenitori ed ambiente sterile) ed è destinato alla rilavorazione o alla vendita tra industrie.

Per i pomodori destinati alla trasformazione in polpa e triturati vengono richieste le medesime qualità previste per il pelato, con una specifica preferenza verso frutti che posseggano contenuti ridotti di semi e maggiore consistenza. Si utilizzano principalmente pomodori tondi pelati, tagliati o pressati attraverso fori piuttosto grossi e in base al tipo di taglio e di pressatura, si ottiene un prodotto che viene commercializzato rispettivamente come polpa, triturato, cubettato, fettine.



72

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

→ Per la passata, Il pomodoro viene riscaldato per breve tempo al fine di favorire il distacco delle bucce e agevolare così le successive fasi di lavorazione. Attraverso il passaggio nelle passatrici/raffinatrici vengono separate dal succo di pomodoro le bucce e i semi. Il pomodoro poi passa negli evaporatori che eliminano la parte acquosa in eccesso, fino ad avere la giusta densità finale. Il prodotto viene confezionato in bottiglie di vetro, scatole metalliche o brik. Pomodorini e datterini all’arrivo in azienda vengono sottoposti a verifica qualitativa. Dopo lo stoccaggio nei piazzali, il pomodorino / datterino è immesso nelle vasche per il lavaggio e successivamente è trasportato ai tappeti di cernita per l’eliminazione di bacche non idonee. Il prodotto selezionato, giunto alla riempitrice, viene inscatolato ed arricchito di succo. A questo punto la scatola, sottoposta alla aggraffatura (chiusa ermeticamente con un coperchio), entra nello sterilizzatore per subire il trattamento di stabilizzazione microbiologico. All’uscita, dopo il raffreddamento, il prodotto è pronto per essere stoccato nei magazzini o per essere etichettato e raggiungere i punti vendita.

L’ultima fase, comune a tutti i prodotti, riguarda etichettatura dei contenitori, confezionamento e immagazzinamento finale. È inoltre importante notare il ruolo fondamentale ricoperto dalle tecniche di conservazione del pomodoro. Parliamo di processi tesi a difendere le caratteristiche nutritive e organolettiche del prodotto. I principali sono: l’appertizzazione/sterilizzazione, che si applica a concentrato, polpe, triturato, pelati; la pastorizzazione, che si applica a polpe e passate arricchite e avviene a temperature inferiori rispetto alla sterilizzazione e ha un’azione più blanda; la stabilizzazione microbiologica. Le conserve alimentari vegetali così prodotte hanno una durata di conservazione molto lunga e dal punto di vista microbiologico quasi illimitata. La conservazione non è assicurata dall’utilizzo di conservanti, ma è garantita dalla stabilizzazione microbiologica del prodotto, che avviene grazie alla sterilizzazione dei barattoli. Questo, dunque, il viaggio che ogni bacca di pomodoro fa dalla pianta fino alle nostre tavole, passando per quei contenitori che ne consentono il consumo in ogni parte del mondo e in ogni momento dell’anno.

P M D R

O O O O


O O O O il buon pomodoro italiano

“Gli artisti della pizza”. Tante idee da assaporare ogni mese con i nostri dodici “Artisti della pizza”. Luglio è stato dedicato al nostro caro maestro pizzaiolo Giuseppe Auriemma. Esalta il gusto dei nostri datterini amabilmente dolci e poco calorici. Il loro sapore lascia stupiti al primo assaggio e conquistati al secondo. Raccolti a mano e lavorati in giornata, hanno una pelle sottilissima e un cuore povero di semi. Grazie al basso apporto calorico, sono portatori sani di sorrisi in tutte quelle diete dove si possono consumare pomodori.

scopri di più

www.latorrente.com - info@latorrente.it


74

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Creuza de ma

di Antonio Puzzi, Antropologo dell'alimentazione e giornalista

a sinistra

Una foto di © Stefano Asaro


75

Con l’arrivo della bella stagione, è quasi impossibile resistere al fascino del mare. Il pensiero delle nostre vacanze rimanda alla memoria non solo le giornate trascorse in spiaggia ma anche le cene tra amici o in compagnia di chi amiamo, alla scoperta delle ricette e delle proposte gastronomiche del luogo. Anche in tempo di ferie è però necessario tenere alta la guardia. Non mi riferisco (solo) all’emergenza pandemica, della quale è quasi impossibile dimenticare precauzioni e obblighi ma quanto a quell’emergenza mai sopita di salvare e tutelare la biodiversità. Il mare e tutti gli altri corsi d’acqua non sono infatti esenti dal problema della scomparsa delle specie, legato a un consumo spesso irresponsabile di prodotti sotto taglia o provenienti da una pesca che non rispetta il “fermo biologico” e tende a sfruttare il mare come una risorsa illimitata. Per questo motivo, Slow Food ha deciso di ripartire dal mare per il suo primo evento che torna a svolgersi in presenza: a Genova, tra le viuzze della “creuza de ma” (per dirla alla maniera di Fabrizio De Andrè) da giovedì 1 a domenica 4 luglio torna Slow Fish (info su https://slowfish.slowfood.it). Giunto alla decima edizione, questo appuntamento mira a sensibilizzare i consumatori su un tema tanto delicato quanto sottovalutato: il valore della piccola pesca artigianale per la tutela dei nostri mari.

Tra conferenze e degustazioni, appuntamenti a tavola e area mercatale, a Genova si racconteranno i mari e le marinerie d’Italia. Quasi in contemporanea, all’altra riva, a La Maddalena dal 25 giugno al 23 luglio avrà luogo Giugno Slow (https://giugnoslow.it) che ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale legato alla tradizione gastronomica. Protagonisti indiscussi di entrambi gli appuntamenti sono soprattutto i Presìdi Slow Food legati al mare. In Italia i prodotti della pesca di mare, di fiume e di lago tutelati da Slow Food sono 18. Per il nostro viaggio di questo mese ne abbiamo scelti 3.

Bottarga di Orbetello

accanto

Bottarga di Orbetello foto di © Archivio Slow Food

58 pescatori dell’area lagunare di Orbetello sono i custodi di questa straordinaria attività di tutela e valorizzazione del mare: è la cooperativa da loro formata infatti ad allevare avanotti di spigola e orata per il ripopolamento, a produrre bottarga, filetti affumicati di cefalo e di anguilla e a gestire un piccolo ristorante dove viene servito il pescato di giornata cucinato all’orbetellese. A Orbetello l’arte di conservare il pesce è stata introdotta probabilmente dagli Spagnoli, che già nel Cinquecento affumicavano anguille e condivano i pesci con l’escabece, una salsa calda a base di aceto, rosmarino, aglio e peperone (da cui il nome “scapece” per indicare un certo tipo di marinatura). Bottarga viene dall’arabo botarikh e significa uova di pesce salate. Essa si prepara estraendo con delicatezza le sacche ovariche del cefalo femmina, mettendole sotto sale per qualche ora, pressandole e facendole essiccare. A Orbetello la stagionatura è di 15 giorni mentre in Sardegna può arrivare fino a sei mesi. I pescatori orbetellesi offrono anche un servizio di pescaturismo per esplorare la laguna fino ai lavorieri, ovvero il punto di incontro tra acque marine e acque lagunari dove i cefali vengono pescati.


76

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Tellina del litorale romano

Chi non è esattamente un “millennial” e ha dimestichezza con i mari del Centro-Sud della penisola sa bene quanta abbondanza ci fosse di telline negli anni ’90 del Novecento. La tellina è un bivalve più dolce e delicato di altri molluschi, si presenta più piccola e dal gusto inconfondibile, tanto che va condita poco per rispettarne le delicate qualità organolettiche. Oggi come allora, la pesca della tellina viene praticata unicamente con rastrelli da natante e rastrelli a mano. I pescatori escono all'alba e rientrano a mezzogiorno, risalendo la costa lungo la riva solo nelle giornate in cui il mare è calmo. È una pesca artigianale e spesso solitaria: le licenze professionali per questo tipo di attività sono una sessantina lungo il litorale romano, tutto il resto è pescato da hobbisti. La facilità di questo tipo di pesca è stata però il suo tallone di Achille, mettendone a serio rischio la riproduzione. Per questo motivo, è nato il Presidio Slow Food nel quale confluiscono circa 50 "tuninolari" (da "tuniola", nome dialettale della tellina). La storia recente racconta che da Minturno (Latina) le comunità di pescatori

si spostavano stagionalmente per pescare lungo questo tratto di costa, fermandosi dove la pesca era più propizia. Per ripararsi, costruivano delle capanne sulla spiaggia: erano in sostanza dei “nomadi del mare” ed è possibile osservare questi primi nuclei di insediamento soprattutto a Fregene e a Ostia. La ristorazione locale ha dedicato a questo prodotto un suo piatto simbolo: la bruschetta con la tellina, una specialità che ha trovato il suo momento di massimo splendore negli anni ’50, quando sul litorale romano non era inusuale trovare attori e registi alla ricerca di relax dopo le giornate a Cinecittà.

Alaccia salata di Lampedusa

Lampedusa vuol dire porta d’Europa, punto d’approdo per chi fugge, esempio di accoglienza per tutti i cittadini comunitari. Proteggere e valorizzare la pesca a Lampedusa ha dunque un senso ancora più profondo. La pesca era settore florido per l’isola fino ai primi anni 2000, grazie anche a un turismo favorito dalla presenza dell’area marina protetta delle Isole Pelagie e della riserva naturale orientata dell’Isola di Lampedusa. Nel Canale di Sicilia però i pescatori lampedusani oggi incrociano flotte da pesca provenienti da Mazara del Vallo, da Cipro, da Tripoli e da Tunisi ma anche giapponesi a caccia di pesci spada e tonni. Si tratta dunque di una concorrenza spietata per un mare sempre più povero di pesce. Il Presidio vuole valorizzare la tradizione della piccola

pesca e promuovere la conservazione delle alacce, un pesce povero che è disponibile ancora in grandi quantità. Obiettivo del Presidio è aiutare i pescatori a costruire un laboratorio che consenta loro di trasformare il pescato – metterlo cioè sotto sale e, dopo alcuni mesi, sottolio - e rivenderlo per integrare lo scarso reddito della pesca. Le alacce si pescano oggi come un tempo, con il cianciolo – una rete a circuizione che non danneggia i fondali come le reti a strascico – e la lampara. Si usano piccole imbarcazioni, al massimo di 22 metri che lasciano il porto nel tardo pomeriggio, al calar del sole. Fino agli anni Ottanta erano almeno una ventina le barche lampedusane usate per questa pesca, ora solo due, le altre sono state riconvertite e utilizzano le reti a strascico. Il periodo della pesca delle alacce va da maggio a novembre e richiede mare calmo e notti buie. La ricetta tradizionale per la conservazione delle alacce prevede il riposo sotto sale per tre, quattro mesi circa; una volta estratte dal sale le alacce sono lavate con una salamoia e messe sott’olio in vasetti di vetro o in scatole di latta. Al bisogno si estraggono dall’olio e sono utilizzate per la preparazione di antipasti o per arricchire i sughi. Appena pescate si mangiano semplicemente fritte.



78

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Tra le sigle del vino: un viaggio non agevole Nel nostro Paese oltre ad esserci più leggi rispetto ad altri, c’è una burocrazia che ne complica ancor più l’applicazione. Questo succede anche in quasi tutti i comparti del commercio, rallentandone notevolmente lo sviluppo. E proprio in questo momento siglato dalla pandemia chi ne paga il prezzo più alto è il settore della ristorazione. Ristoranti e pizzerie in primis, seguiti a ruota da bar ed altri locali. di Virgilio Pronzati


79

Sperando di tornare al più presto alla normalità o quasi, i gestori di questi pubblici esercizi oltre alla miriade di tasse e gabelle, devono studiare ed aggiornarsi sulle diciture legali dei prodotti agroalimentari nazionali e comunitari. All’obiezione che fa parte del loro lavoro, rispondo che leggi e burocrazia non fanno granché per agevolarli. Prendiamo l’esempio del vino: un prodotto che ci qualifica a livello mondiale che, in un recente passato, ha subito danni e beffe. Continui cambi di normative nazionali ed estere (vedi U.E.) sia nella vigna che in cantina e sulle denominazioni, hanno penalizzato gran parte dei piccoli e medi produttori. Sbagli “veniali” in etichetta che sono stati multati col massimo rigore, ossia dopo il danno la beffa. La legge 930 sul vino risale al 1963 ed applicata nel 1966. A quei tempi c’erano tre classificazione: DOS (Denominazione di Origine Semplice), DOC (Denominazione di Origine Controllata) e DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

Negli anni ’90, sia in Italia che in Europa, un primo cambio, passando da tre a quattro. Vino da Tavola, IGT (Indicazione Geografica Tipica), DOC e DOCG. Recentemente, sperando che non cambi presto di nuovo, l’attuale classificazione: Vino (generico, con solo indicazione del colore) Vino Varietale (con indicazione del vitigno) Vino IGT (Indicazione Geografica Tipica, con riferimento della zona e del vitigno). Vino DOC (Denominazione di Origine Controllata) Vino DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

Il primo ha sostituito quello da tavola. Degli altri tre, anche se contemplano aree geografiche, solo i DOC e DOCG sono di qualità superiore. Infatti sono gli unici che devono sottostare ad un rigido disciplinare di produzione e superare un’analisi chimica e, ancor più, un esame organolettico delle commissioni preposte ed istituite dal Ministero dell’Agricoltura. Lo stesso all’estero, nei Paesi Comunitari. Attualmente in Italia tra le denominazioni che più contano, ce ne sono ben 523 così suddivise: 73 DOCG, 332 DOC e 118 IGT che, assommandole, danno origine ad alcune migliaia di vini. Iniziamo dai vini IGT: ogni regione ne comprende diverse tipologie. Sono alla base qualitativa delle denominazioni geografiche e prodotti in aree dove non ci sono DOC e DOCG. Sono in gran parte vini dal buon rapporto prezzo-qualità.


80

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

La differenza tra DOCG e DOC? Entrambi nella fascia alta della piramide qualitativa, rispettivamente al primo e secondo posto, è sostanzialmente espressa nella produzione, affinamento ed imbottigliamento che nei DOCG, devono obbligatoriamente svolgersi nel comune o più comuni compresi nella propria zona di produzione. Ci sono meritatamente arrivati dopo anni di appartenenza alla DOC, abbassando le rese di uve per ettaro e aumentando l'affinamento-invecchiamento dei vini. Vanno considerati un po' come l'aristocrazia dell'enologia nazionale. Le regioni che vantano più DOCG sono il Piemonte e la Toscana: dalla prima alcune come Asti e Moscato d'Asti, Barolo, Barbaresco, Barbera d'Asti, Roero; dalla seconda, Vernaccia di San Gimignano, Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Chianti, Vino Nobile di Montepulciano e Morellino di Scansano.

Il termine Superiore si riferisce ad un vino con una gradazione alcolica e, in alcuni casi uno o due anni di invecchiamento come nel caso del Valpolicella, Bardolino, Barbera d'Asti (e le tre sottozone), Chianti, da non confondere col Chianti Classico in quanto due DOCG ben distinte. Mentre Classico è utilizzato per quel vino prodotto nella zona storica. Il termine Riserva è utilizzato per varie tipologie di vini bianchi e rossi - in particolare per quest'ultimi - invecchiati da almeno 18 mesi nel caso del Vernaccia di San Gimignano, due anni per Montepulciano d'Abruzzo e Chianti Classico e fino a sei anni nel caso del Brunello di Montalcino. La maggior parte va da tre a cinque anni: Barbaresco, Carmignano, Torgiano Rosso, Valtellina Superiore e Vino Nobile di Montepulciano per i primi tre, quattro Vernaccia di Oristano, Taurasi, Gattinara, Ghemme, Carema e, cinque per Barolo, Caluso Passito e Aglianico del Vulture. Nel prossimo numero, la descrizione delle diciture che si trovano nelle etichette degli spumanti e passiti.


smeraldiniemenazzi.it

VIENI AD ASSAGGIARE UNA PIZZA DELL’ALTRO MONDO CIBUS

PARMA 2021

PAD. 5 | STAND E042 31/08 - 3/09

Tutte le grandi ricette hanno un segreto. SCIÓRE È QUELLO DELLA VERA PIZZA NAPOLETANA. LA FARINA SEMINTEGRALE DI GRANO TENERO TIPO 2, RICCA DI FIBRE E GERME DI GRANO, AD ALTO CONTENUTO DI OMEGA 3 E OMEGA 6 IDEALE PER LE LUNGHE LIEVITAZIONI E PER GLI IMPASTI CON LIEVITO MADRE PER UNA PIZZA RUSTICA E FRAGRANTE.

molinonaldoni.it


82

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

A

lla ripartenza torna più forte che mai. Ma quale direzione prenderà? Per capirlo l’appuntamento è dal 22 al 26 ottobre in contemporanea con TUTTOFOOD, a fieramilano, per “toccare con mano” un panorama unico che va dalle farine ai forni, dalle impastatrici ai banchi alle camere di lievitazione pensate per affrontare sfide e opportunità del Nuovo Corso dell’ospitalità.

PIZZA DOVE VAI?

IL FUTURO SI TROVA A HOST2021 L’innovazione è cruciale per affrontare una ripartenza ricca di sfide ma anche di opportunità. Se la pizza infatti non si è mai veramente fermata grazie ai canali per lei tradizionali dell’asporto e del delivery, il futuro parla di sostenibilità e programmazione di processi e lavorazioni, di salubrità del prodotto e di design. Un ecosistema sempre più tecnologico che sfida i professionisti, come spiega Matteo Cunsolo, presidente dell’Associazione Panificatori di Milano e Province la quale contribuirà agli oltre 800 eventi di formazione e informazione di Host2021. “Il panificatore di oggi si aggiorna costantemente. Conoscere la storia della panificazione, la sua evoluzione è fondamentale. Ma è anche necessario guardare al futuro attraverso la ricerca e la sperimentazione”.

Forni che in poco spazio garantiscono funzionalità e velocità. Gestione dei fumi per un ambiente di lavoro più salubre. Impastatrici silenziose e poco energivore, in grado di gestire impasti da farine diverse. Macchinari autopulenti. Cotture multiple. Programmazioni e gestione delle pause di lavoro. Chi pensa che il distributore automatico di pizze installato a Roma che ha fatto notizia sia la punta della tecnologia non è mai entrato in una cucina professionale.



84

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

La cucina globale accetta la sfida e si ritrova a HostMilano, la fiera internazionale leader dell’HoReCa e del retail che quest’anno, a fieramilano Rho dal 22 al 26 ottobre 2021, vede lo svolgimento in contemporanea di TUTTOFOOD, la fiera riferimento dell’ecosistema agroalimentare. Il che rende il panorama ancora più ricco. La fiera sarà in presenza per toccare con mano le attrezzature più innovative, per rincontrarsi e fare nuove conoscenze, per ascoltare i big di ogni settore, nelle tre macro aree della Ristorazione Professionale Pane, Pizza, Pasta Caffè; Bar Macchine caffè Vending Gelato Pasticceria e Arredo Tecnologia Tavola. Un modo per assicurarsi un quadro unico di un settore come la pizza che evolve, guardando all’alta ristorazione e affiancando la mixology.

La 42a edizione conta già su oltre 1000 espositori provenienti da 40 Paesi e una fitta schiera di buyer di alto profilo dai mercati più interessanti. L’appuntamento si avvarrà del protocollo di sicurezza già testato lo scorso settembre e accoglierà i visitatori in una fiera rinnovata da ledwall e schermi interattivi, con l’appendice virtuale offerta dalla piattaforma mymatching che assicura agende aperte e appuntamenti prefissati con gli espositori di interesse.


pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

85

AZIENDE IN VETRINA

Vassoio - tagliere forato il prodotto multi-funzione che rivoluziona il modo di servire Cosa lo rende speciale?

> La superficie forata permette lo scarico del vapore e dell’umidità; > gli appositi piedini tengono sollevata la base dal piano di appoggio. > il design della foratura è progettato per suggerire facilmente la direzione del taglio, rendendo la fase di porzionatura facile e veloce. > i manici permettono una presa sicura, confortevole e hanno un’inclinazione appositamente studiata per permettere il passaggio della rotella in fase di taglio.

GIMETAL 0573 1943680 inform@gimetal.it

Sono disponibili in due forme: - i rettangolari da 25x40 e 40x60 cm sono ideali per pinsa romana e per tutti i formati speciali, pizza in pala o al metro. - la forma tonda è adatta per chi fa pizze tonde, dalle standard di 33 cm fino alle maxi da 41 e 50 cm di diametro.

Scopri di più sui nuovi vassoi-taglieri forati, ideali per servire e tagliare pizze e focacce. Visita il nostro sito www.gimetal.it

Le caratteristiche strutturali del vassoio-tagliere permettono di preservare al meglio la qualità della pizza, della focaccia o di altri prodotti. Provali ora!

> sono interamente fatti di alluminio: un materiale igienico, facile da lavare, dura nel tempo e pesa pochi grammi. > 100% Made in Italy, certificati per il contatto alimentare.

www.gimetal.it


w w w .campionatomondialedellapizza.it

pIzza World pIzza World menzioni shaRiNg speciali

PIZZA AL PANSOTO BORRAGINE E ORTICHE

Daniel Asprello

Giovanni Posadino

Tobias Kuhnle

Grano Salis (Genova)

Acqua Fresca by Pilu (Nsw, Australia)

PizzaT&Co (Baden-Wurttemberg, Germania)

PIZZA LANZAROTE

Edith Braig

Victor Nemes

Takumi Tachikawa

(Germania)

Isla Pizza La Laguna (Santa Cruz, Spagna)

Hokkaido Pizza Giocoso (Hokkaido, Giappone)


LA KLIMT

PIZZA DIANA

Monica Paoletti

Roberto Esposito

Luca Polce

Pizza su tela (Rieti)

Pizza & Sfizi (Napoli)

L'altra Pizza (Valmontone, Roma)

POLP FICTION

Nicola Matararazzo (Brescia)

Selina Anamaria Cucuruzan

Carmine Pasqua (Domanico, Cosenza)

San Marino Cafe (Ravenna)

LA MIA TERRA

PROSCIUTTO PIZZA

Corrado Bombaci

Lorenzo Cullura'

Leo Spizzirri

Villa Zuccaro Taormina (Messina)

Villa Comus (Messina)

(Illinois, Usa)

Continua NEl prossimo numero


88

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Il ginepro 18 di Giampiero Rorato

Una spezia che nasce in una conifera


89

N

on si spaventi il lettore se in questa rassegna sulle spezie, ci soffermiamo in questo mese sul ginepro, arbusto che cresce anche in diverse aree delle nostre montagne e le cui bacche sono impiegate nella cucina italiana soprattutto in alcune preparazioni di carni di caccia. Il ginepro, in verità, è molto altro ancora come vedremo nelle righe che seguono e da diversi studiosi è incluso fra le spezie. Questo arbusto, il cui nome scientifico è Juniperus communis, è una specie botanica sempreverde che si fa notare per il suo profumo intenso e per le caratteristiche bacche. Ricca di proprietà, questa pianta è utilizzata sia a scopo ornamentale in giardino sia in cucina come spezia. Inoltre, dalle bacche di questa pianta si ricava un olio essenziale utile per massaggiare parti del corpo doloranti o contratte.

Ma ciò che più ci interessa del ginepro sono le bacche (i frutti), e ricordiamo innanzi tutto che questi alberelli vivono dalle regioni mediterranee fino al Nord Europa e in Nord America e le loro bacche essiccate sono probabilmente l’unica spezia che proviene da una pianta di conifera. Queste bacche erano conosciute anche nell’antichità e sappiamo che i Romani ne facevano un buon impiego. I cuochi della città eterna, in epoca imperiale, amavano preparare delle miscele di bacche essiccate di ginepro e pepe per diluire il pepe, prezioso per gli alti costi, e per dar profumi e sapori nuovi alle loro preparazioni gastronomiche. Si sa inoltre che nel corso del Medioevo le bacche essiccate venivano bruciate nei Castelli e poi nelle ville dei più ricchi per profumare l’aria. Poi, nel 1600 ci fu chi iniziò a distillarle in Gran Bretagna per produrre quello che allora era chiamato “la rovina delle madri”, cioè il gin che, da allora, ha conosciuto un crescente successo in tutto il mondo. Fra i tanti racconti che riguardano il bambino Gesù uno tramanda il modo in cui fu nascosto per impedire che fosse trovato dai soldati di Erode: dietro una siepe di ginepro, dando vita poi al concetto che il ginepro garantisce rifugio e sicurezza.


90

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Gli impieghi Le bacche di ginepro sono raccolte nella loro piena maturazione, cioè sul finire dell’estate e si possono usare in cucina sia fresche che essiccate e il loro gusto è pulito, fresco e piuttosto dolce, con retrogusto di pino e di resina e un sentore agrumato. Prima dell’uso si consiglia di schiacciarle un po’ per far uscire l’olio aromatico che le caratterizza. Nelle nostre cucina il loro impiego maggiore è nell’aromatizzazione delle marinate e dei piatti di carne rossa, soprattutto di selvaggina di pelo, specie il cervo, ma trovano impiego anche con la carne di vitello. In Scandinavia, per vedere quello che succede in altre tradizioni, le bacche di ginepro sono usate nelle cotture delle carni di alce e di renna, mentre in Germania amano unirle ai crauti. In Finlandia sono invece usate per aromatizzare la loro birra scura, chiamata sahti.

Come già accennato, l’impiego principale di queste bacche è nella preparazione del liquore che ne porta il nome. “Gin”, infatti, è l’abbreviazione di geneva che deriva dall’olandese jenever, da cui “ginepro”. Ricordiamo, infine, che a queste bacche sono attribuite anche delle le proprietà diuretiche. Non meno importanti, inoltre, sono gli effetti antimicrobici e antimicotici attribuiti alla pianta. Rinomate sono pure le proprietà antiossidanti attribuite alle bacche, in grado di contrastare il processo di invecchiamento cellulare e favorire un effetto ringiovanente sulla pelle.


LE AZIENDE INFORMANO

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

91

La magia della tostatura: dal chicco di grano alle farine INFIBRA. WWW.FARINAINFIBRA.IT

DENTI Tel. 0522 350085 commerciale@molinodenti.it technicalservice@molinodenti.it

WWW.MOLINODENTI.IT

La tostatura è un processo antico, che riguarda svariate materie prime. Ermanno Denti ha pensato di tostare il germe di grano e la crusca, per valorizzare le parti più nobili del chicco. Il risultato? Più che una farina, la base perfetta per qualsiasi preparazione.

P

ensando alla tostatura viene subito in mente il caffè e le grandi macchine per la torrefazione, dove i chicchi vengono scaldati per estrarre quel mix inconfondibile di aromi che tutti conosciamo. Oltre che per il caffè, la tostatura è largamente utilizzata per la lavorazione di frutta secca e altre materie prime, ma nessuno prima d’ora aveva pensato di impiegarla per il germe di grano e la crusca. O almeno non così. L’azienda è Molino Denti e la linea di prodotti si chiama INFIBRA. Il motivo? Creare farine per panificazione, pasticceria e ristorazione versatili, adatte a ricette e prodotti da forno dal sapore e dal profumo intensi, autentici e con una maggiore conservazione. Prodotti non solo buoni ma anche belli da vedere e con dentro tutti i nutrienti del grano. “Il germe è la parte viva del chicco – racconta Ermanno Denti, fondatore dell’azienda – e per questo è ricchissima di grassi, fibre, minerali, antiossidanti e vitamine di tipo D e E. Rappresenta solo il 3% del chicco, pochissimo, ma è qui che si racchiude la componente più preziosa. Per non perdere nulla di questo tesoro, abbiamo messo a punto un sistema di tostatura speciale a bassa temperatura con cui trattiamo anche i vari strati cruscali. Parliamo di un procedimento estremamente delicato, che varia in base al tipo di grano e alle condizioni di temperatura e umidità”. Una volta tostati, germe di grano e crusca si ritrovano insieme nelle ricca varietà di farine INFIBRA, in proporzione variabile a seconda dell’uso. “Il nostro obiettivo – spie-

ga Denti – è migliorare l’aroma, il gusto e il colore del prodotto finito, rendendolo non solo più nutriente, ma anche più stabile e adatto a qualsiasi tipo di preparato, che si tratti di pane, torte, pizza, focaccia, pasta fresca, biscotti, grissini o altri prodotti da forno, dolci o salati. In più, grazie al germe di grano l’impasto è naturalmente più equilibrato, quindi si riduce la necessità di aggiungere grassi”. Per ogni preparazione una farina diversa, pensata per esaltare gusto, consistenza e garantire un miglior apporto nutritivo. “Oltre alla linea INFIBRA classica – continua il patron dell’azienda reggiana – abbiamo: INFIBRA PIZZA, con farine dedicate alle diverse tipologie di pizza; INFIBRA CEREALI & SEMI, per chi vuole sperimentare con aggiunte di semi di chia, farro, curcuma, zenzero e anche alga spirulina; INFIBRA PRIMAMACINA, per frolla, lievitati, pane rustico e pizza classica, che contiene tutto il chicco, proprio come le farine integrali, ma con la lavorabilità e la versatilità di una farina bianca”. Sembra proprio che il processo della tostatura applicato al grano tenero sia una vera novità rispetto ai metodi tradizionali, a tutto vantaggio della qualità. “Quello di INFIBRA – conclude Ermanno Denti – è un mondo pensato per offrire al professionista farine che vanno oltre la distinzione tra integrale e non integrale. Con la tostatura otteniamo farine stabilizzate e con un proprio carattere, il tutto senza aggiunta di additivi o coadiuvanti e con tutti i benefici del germe di grano, sul piano nutrizionale e del gusto. Un risultato straordinario e 100% naturale”.


92

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

LA BIRRA

Le birre pugliesi di Alfonso Del Forno

L

a Puglia è una regione stretta e lunga, con una estensione di circa 400 km e oltre 800 di costa bagnata dal mare. La sua posizione la pone come ponte verso l’oriente, vista la vicinanza alle coste greche e slave. La sua natura è quella di una terra di grandi scambi culturali, contaminandosi con gli usi e costumi di popolazioni orientali e non solo. Territorio di grandi olii e vini, da oltre venti anni è anche una delle zone brassicole più vive nel meridione d’Italia. La sua capacità di attrarre turismo ha permesso la diffusione della bevanda conviviale per eccellenza: la birra. Le persone che vanno in vacanza vogliono rilassarsi e divertirsi in compagnia, godendosi il sole del Salento o le coste del Gargano, senza dimenticare le zone interne con forte presenza di turismo, come Alberobello. Il primo pugliese ad aprire un birrificio artigianale è stato Vito Lisco, che nel 2002 dà vita al Birrificio Svevo. Nato nelle strade del centro di Bari, dopo circa dieci anni si trasferisce nella zona industriale di Modugno, dove trova la sua giusta dimensione. La gamma di birre di Svevo è divisa tra le referenze classiche e quelle innovative, dove ci si spinge maggiormente sulle luppolature. Tra le prime ricordiamo la Barbarossa, una birra molto elegante, dal colore ambrato, le note di caramello al naso e il sorso morbido.

Nel mondo delle birre luppolate cito la Nuova Galassia, birra molto beverina e ruffiana, con le note fruttate e speziate che accompagnano un sorso dal morbido amaro finale. Per chi ama i gusti più decisi, consiglio la Classe Roma, birra che punta molto sulla luppolatura più decisa, beverina nonostante l’importante grado alcolico. Non lontano da Bari, a Conversano, troviamo il Birrificio Birranova, un esempio molto interessante di qualità assoluta spalmata sulle tante etichette presenti in carta. Donato Di Palma è mente e braccio di questo birrificio. La sua capacità di guardare al mondo della birra come ambito in cui poter far riconoscere il territorio, con uno sguardo internazionale, è straordinaria. Ci sono birre come l’Arsa, caratterizzata dal grano Arso, tipico di queste zone, o la Margose, dove è utilizzata l’acqua del mare di Puglia resa potabile, che sono l’esempio lampante di come si possano usare materie prime del territorio per valorizzare produzioni che sono apprezzate in Italia e all’estero. Sono davvero tante le birre che andrebbero citate, come la Nova Pils, birra dalla semplicità disarmante, che si fa bere in grande quantità, grazie al grande equilibrio tra le note maltate e quelle luppolate, ben presenti.



94

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

LA BIRRA

Altro esempio di birra territoriale è Primatia, realizzata con il Cotto di Fichi. Scendendo giù nel Salento, a Lecce, troviamo B94, il birrificio di Raffaele Longo, grande protagonista della rivoluzione artigianale nel sud della Puglia. Le sue birre raccontano da sempre il territorio in cui insiste l’impianto di produzione, con una passione che si ritrova nel bicchiere. Un esempio di terroir nella birra è dato dalla Malagrika, che annovera tra gli ingredienti la mela cotogna, frutto molto presente nel Salento. Uno dei classici a cui non si può rinunciare è la Terrarossa, bitter molto beverina, con le note di caramello ben bilanciate da quelle amare del luppolo. Un esempio interessante di birra al miele è la Sant’Irene, caratterizzata dalla presenza del miele di tiglio che conferisce note agrumate e di macchia mediterranea. Non può essere trascurata la Cassarmonica, Italian Grape Ale col mosto cotto, che regala un sorso caldo e avvolgente. Un progetto molto interessante, con spunti davvero notevoli in termini di innovazione, è il birrificio foggiano Rebeers. La zona in cui ha sede l’impianto di produzione è la Daunia, territorio da sempre vocato alla coltivazione di grano duro, fondamentale per la produzione della pasta.

L’innovazione messa in atto da Michele Solimando, agronomo e birraio di Rebeers, è la maltazione del grano duro per la realizzazione di birre fortemente legate alla filiera agricola del territorio. Simbolo di questa rivoluzione brassicola è la Fovea, birra realizzata con il 100% di malto di grano duro, che rappresenta il primo passo della Fovea Revolution. Molto interessante anche la Bianca Madelaine, una birra fresca e speziata, molto dissetante, che nella “Gargano Edition” prevede l’uso dei fiori d’arancio tra gli ingredienti. Consiglio di bere anche la Hopsfall, black ipa che si lascia apprezzare dalla morbidezza data dalla segale e dalla piacevole spinta data dai luppoli. Altre realtà brassicole degne di nota sono il Birrificio di Bari a Bari, I Peuceti a Bitonto (Ba), Lieviteria a Castellana Grotte (Ba), Malatesta a Lecce, Daniel’s a Manduria (Ta), Birrificio degli Ostuni a Poggiorsini (Ba), Birrificio Salento a Leverano (Le), Sbam! A Poggiorsini (Ba), Eclipse a San Giorgio Ionico (Ta) e Decimoprimo a Trinitapoli (Bt).

Illustrazioni di Antonella Manenti



96

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Hr management l’alternanza scuola dell’Avv. Manuela Viscardi www.carontelaw.com

- lavoro

Vi ricordate il vostro primo lavoro quando eravate ragazzini? Un’esperienza a modo suo indimenticabile, per alcuni un obbligo, per altri una scelta per arrotondare, spesso pagati con un compenso simbolico e l’aver potuto “rubare il mestiere”. Ebbene, con l’art. 4 della Legge n.53/2003, i giovani dai 15 ai 18 anni possono realizzare il percorso formativo anche “attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica”. Successivamente, con il D.Lgs. n.77/2005, viene specificato che i percorsi in alternanza servono per far acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro e favorirne l'orientamento. Infine, la Legge 107/2015 ha introdotto definitivamente l’Alternanza scuola-lavoro,

una modalità didattica che attraverso la pratica “sul campo” aiuta a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e testare le attitudini dei giovani. Infatti, con l’occasione di migliorarsi tramite un’esperienza in linea con il loro piano di studi, gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori hanno l’obbligo di svolgere un periodo che nel corso dell’anno scolastico è di 210 ore per gli istituti professionali e 150 ore per gli istituti tecnici.



98

pizza e pasta italiana luglio/agosto

2021

Ma come funziona?

tutte le imprese che sono disponibili possono iscriversi, gratuitamente e on-line, al Registro per l'alternanza scuola-lavoro, in modo da poter essere selezionate per accogliere uno o più studenti (https://scuolalavoro. registroimprese.it/); è necessario stipulare una convenzione con l’istituto scolastico, che regola i rapporti tra le parti; il periodo di alternanza non prevede nessuna forma di retribuzione o di rimborso spese da parte del datore; i progetti di alternanza possono essere svolti sia durante l’anno scolastico, nell’orario di lezioni o nel pomeriggio, sia nei periodi di vacanza; l’azienda nominerà un tutor che dovrà essere il referente dello studente e si stabilirà un piano formativo per il raggiungimento delle competenze insieme al tutor scolastico (solitamente un insegnante della scuola); lo studente dovrà rispettare le norme in materia di privacy e quelle antinfortunistiche, oltre a seguire un corso sulla sicurezza sul lavoro, fornito dall’Istituto; al termine del periodo, ci sarà una valutazione da parte di tutte le parti coinvolte (studente, impresa, scuola) per riconoscere quali livelli di apprendimento sono stati raggiunti rispetto a quelli indicati nel Piano formativo.

Un momento in cui poter imparare fuori dai banchi scolastici e vedere come sarà la realtà attraverso la pratica, selezionando giovani talenti in erba che potranno essere assunti in futuro con le opportune tipologie di contratto.




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.