10 minute read

le spezie

Non si spaventi il lettore se in questa rassegna sulle spezie, ci soffermiamo in questo mese sul ginepro, arbusto che cresce anche in diverse aree delle nostre montagne e le cui bacche sono impiegate nella cucina italiana soprattutto in alcune preparazioni di carni di caccia. Il ginepro, in verità, è molto altro ancora come vedremo nelle righe che seguono e da diversi studiosi è incluso fra le spezie. Questo arbusto, il cui nome scientifico è Juniperus communis, è una specie botanica sempreverde che si fa notare per il suo profumo intenso e per le caratteristiche bacche. Ricca di proprietà, questa pianta è utilizzata sia a scopo ornamentale in giardino sia in cucina come spezia. Inoltre, dalle bacche di questa pianta si ricava un olio essenziale utile per massaggiare parti del corpo doloranti o contratte. Ma ciò che più ci interessa del ginepro sono le bacche (i frutti), e ricordiamo innanzi tutto che questi alberelli vivono dalle regioni mediterranee fino al Nord Europa e in Nord America e le loro bacche essiccate sono probabilmente l’unica spezia che proviene da una pianta di conifera. Queste bacche erano conosciute anche nell’antichità e sappiamo che i Romani ne facevano un buon impiego. I cuochi della città eterna, in epoca imperiale, amavano preparare delle miscele di bacche essiccate di ginepro e pepe per diluire il pepe, prezioso per gli alti costi, e per dar profumi e sapori nuovi alle loro preparazioni gastronomiche. Si sa inoltre che nel corso del Medioevo le bacche essiccate venivano bruciate nei Castelli e poi nelle ville dei più ricchi per profumare l’aria. Poi, nel 1600 ci fu chi iniziò a distillarle in Gran Bretagna per produrre quello che allora era chiamato “la rovina delle madri”, cioè il gin che, da allora, ha conosciuto un crescente successo in tutto il mondo. Fra i tanti racconti che riguardano il bambino Gesù uno tramanda il modo in cui fu nascosto per impedire che fosse trovato dai soldati di Erode: dietro una siepe di ginepro, dando vita poi al concetto che il ginepro garantisce rifugio e sicurezza.

Gli impieghi

Le bacche di ginepro sono raccolte nella loro piena maturazione, cioè sul finire dell’estate e si possono usare in cucina sia fresche che essiccate e il loro gusto è pulito, fresco e piuttosto dolce, con retrogusto di pino e di resina e un sentore agrumato. Prima dell’uso si consiglia di schiacciarle un po’ per far uscire l’olio aromatico che le caratterizza. Nelle nostre cucina il loro impiego maggiore è nell’aromatizzazione delle marinate e dei piatti di carne rossa, soprattutto di selvaggina di pelo, specie il cervo, ma trovano impiego anche con la carne di vitello. In Scandinavia, per vedere quello che succede in altre tradizioni, le bacche di ginepro sono usate nelle cotture delle carni di alce e di renna, mentre in Germania amano unirle ai crauti. In Finlandia sono invece usate per aromatizzare la loro birra scura, chiamata sahti. Come già accennato, l’impiego principale di queste bacche è nella preparazione del liquore che ne porta il nome. “Gin”, infatti, è l’abbreviazione di geneva che deriva dall’olandese jenever, da cui “ginepro”. Ricordiamo, infine, che a queste bacche sono attribuite anche delle le proprietà diuretiche. Non meno importanti, inoltre, sono gli effetti antimicrobici e antimicotici attribuiti alla pianta. Rinomate sono pure le proprietà antiossidanti attribuite alle bacche, in grado di contrastare il processo di invecchiamento cellulare e favorire un effetto ringiovanente sulla pelle.

DENTI Tel. 0522 350085 commerciale@molinodenti.it technicalservice@molinodenti.it

La magia della tostatura: dal chicco di grano alle farine INFIBRA.

WWW.FARINAINFIBRA.IT • WWW.MOLINODENTI.IT

La tostatura è un processo antico, che riguarda svariate materie prime. Ermanno Denti ha pensato di tostare il germe di grano e la crusca, per valorizzare le parti più nobili del chicco. Il risultato? Più che una farina, la base perfetta per qualsiasi preparazione.

Pensando alla tostatura viene subito in mente il caffè e le grandi macchine per la torrefazione, dove i chicchi vengono scaldati per estrarre quel mix inconfondibile di aromi che tutti conosciamo.

Oltre che per il caffè, la tostatura è largamente utilizzata per la lavorazione di frutta secca e altre materie prime, ma nessuno prima d’ora aveva pensato di impiegarla per il germe di grano e la crusca. O almeno non così. L’azienda è Molino Denti e la linea di prodotti si chiama INFIBRA.

Il motivo? Creare farine per panificazione, pasticceria e ristorazione versatili, adatte a ricette e prodotti da forno dal sapore e dal profumo intensi, autentici e con una maggiore conservazione. Prodotti non solo buoni ma anche belli da vedere e con dentro tutti i nutrienti del grano.

“Il germe è la parte viva del chicco – racconta Ermanno Denti, fondatore dell’azienda – e per questo è ricchissima di grassi, fibre, minerali, antiossidanti e vitamine di tipo D e E. Rappresenta solo il 3% del chicco, pochissimo, ma è qui che si racchiude la componente più preziosa. Per non perdere nulla di questo tesoro, abbiamo messo a punto un sistema di tostatura speciale a bassa temperatura con cui trattiamo anche i vari strati cruscali. Parliamo di un procedimento estremamente delicato, che varia in base al tipo di grano e alle condizioni di temperatura e umidità”.

Una volta tostati, germe di grano e crusca si ritrovano insieme nelle ricca varietà di farine INFIBRA, in proporzione variabile a seconda dell’uso. “Il nostro obiettivo – spiega Denti – è migliorare l’aroma, il gusto e il colore del prodotto finito, rendendolo non solo più nutriente, ma anche più stabile e adatto a qualsiasi tipo di preparato, che si tratti di pane, torte, pizza, focaccia, pasta fresca, biscotti, grissini o altri prodotti da forno, dolci o salati. In più, grazie al germe di grano l’impasto è naturalmente più equilibrato, quindi si riduce la necessità di aggiungere grassi”.

Per ogni preparazione una farina diversa, pensata per esaltare gusto, consistenza e garantire un miglior apporto nutritivo. “Oltre alla linea INFIBRA classica – continua il patron dell’azienda reggiana – abbiamo: INFIBRA PIZZA, con farine dedicate alle diverse tipologie di pizza; INFIBRA CEREALI & SEMI, per chi vuole sperimentare con aggiunte di semi di chia, farro, curcuma, zenzero e anche alga spirulina; INFIBRA PRIMAMACINA, per frolla, lievitati, pane rustico e pizza classica, che contiene tutto il chicco, proprio come le farine integrali, ma con la lavorabilità e la versatilità di una farina bianca”.

Sembra proprio che il processo della tostatura applicato al grano tenero sia una vera novità rispetto ai metodi tradizionali, a tutto vantaggio della qualità. “Quello di INFIBRA – conclude Ermanno Denti – è un mondo pensato per offrire al professionista farine che vanno oltre la distinzione tra integrale e non integrale. Con la tostatura otteniamo farine stabilizzate e con un proprio carattere, il tutto senza aggiunta di additivi o coadiuvanti e con tutti i benefici del germe di grano, sul piano nutrizionale e del gusto. Un risultato straordinario e 100% naturale”.

LA BIRRA

Le birre pugliesi

di Alfonso Del Forno

La Puglia è una regione stretta e lunga, con una estensione di circa 400 km e oltre 800 di costa bagnata dal mare. La sua posizione la pone come ponte verso l’oriente, vista la vicinanza alle coste greche e slave. La sua natura è quella di una terra di grandi scambi culturali, contaminandosi con gli usi e costumi di popolazioni orientali e non solo. Territorio di grandi olii e vini, da oltre venti anni è anche una delle zone brassicole più vive nel meridione d’Italia. La sua capacità di attrarre turismo ha permesso la diffusione della bevanda conviviale per eccellenza: la birra. Le persone che vanno in vacanza vogliono rilassarsi e divertirsi in compagnia, godendosi il sole del Salento o le coste del Gargano, senza dimenticare le zone interne con forte presenza di turismo, come Alberobello. Il primo pugliese ad aprire un birrificio artigianale è stato Vito Lisco, che nel 2002 dà vita al Birrificio Svevo. Nato nelle strade del centro di Bari, dopo circa dieci anni si trasferisce nella zona industriale di Modugno, dove trova la sua giusta dimensione. La gamma di birre di Svevo è divisa tra le referenze classiche e quelle innovative, dove ci si spinge maggiormente sulle luppolature. Tra le prime ricordiamo la Barbarossa, una birra molto elegante, dal colore ambrato, le note di caramello al naso e il sorso morbido. Nel mondo delle birre luppolate cito la Nuova Galassia, birra molto beverina e ruffiana, con le note fruttate e speziate che accompagnano un sorso dal morbido amaro finale. Per chi ama i gusti più decisi, consiglio la Classe Roma, birra che punta molto sulla luppolatura più decisa, beverina nonostante l’importante grado alcolico.

Non lontano da Bari, a Conversano, troviamo il Birrificio Birranova, un esempio molto interessante di qualità assoluta spalmata sulle tante etichette presenti in carta. Donato Di Palma è mente e braccio di questo birrificio. La sua capacità di guardare al mondo della birra come ambito in cui poter far riconoscere il territorio, con uno sguardo internazionale, è straordinaria. Ci sono birre come l’Arsa, caratterizzata dal grano Arso, tipico di queste zone, o la Margose, dove è utilizzata l’acqua del mare di Puglia resa potabile, che sono l’esempio lampante di come si possano usare materie prime del territorio per valorizzare produzioni che sono apprezzate in Italia e all’estero. Sono davvero tante le birre che andrebbero citate, come la Nova Pils, birra dalla semplicità disarmante, che si fa bere in grande quantità, grazie al grande equilibrio tra le note maltate e quelle luppolate, ben presenti.

LA BIRRA

Altro esempio di birra territoriale è Primatia, realizzata con il Cotto di Fichi.

Scendendo giù nel Salento, a Lecce, troviamo B94, il birrificio di Raffaele Longo, grande protagonista della rivoluzione artigianale nel sud della Puglia. Le sue birre raccontano da sempre il territorio in cui insiste l’impianto di produzione, con una passione che si ritrova nel bicchiere. Un esempio di terroir nella birra è dato dalla Malagrika, che annovera tra gli ingredienti la mela cotogna, frutto molto presente nel Salento. Uno dei classici a cui non si può rinunciare è la Terrarossa, bitter molto beverina, con le note di caramello ben bilanciate da quelle amare del luppolo. Un esempio interessante di birra al miele è la Sant’Irene, caratterizzata dalla presenza del miele di tiglio che conferisce note agrumate e di macchia mediterranea. Non può essere trascurata la Cassarmonica, Italian Grape Ale col mosto cotto, che regala un sorso caldo e avvolgente.

Un progetto molto interessante, con spunti davvero notevoli in termini di innovazione, è il birrificio foggiano Rebeers. La zona in cui ha sede l’impianto di produzione è la Daunia, territorio da sempre vocato alla coltivazione di grano duro, fondamentale per la produzione della pasta. L’innovazione messa in atto da Michele Solimando, agronomo e birraio di Rebeers, è la maltazione del grano duro per la realizzazione di birre fortemente legate alla filiera agricola del territorio. Simbolo di questa rivoluzione brassicola è la Fovea, birra realizzata con il 100% di malto di grano duro, che rappresenta il primo passo della Fovea Revolution. Molto interessante anche la Bianca Madelaine, una birra fresca e speziata, molto dissetante, che nella “Gargano Edition” prevede l’uso dei fiori d’arancio tra gli ingredienti. Consiglio di bere anche la Hopsfall, black ipa che si lascia apprezzare dalla morbidezza data dalla segale e dalla piacevole spinta data dai luppoli.

Altre realtà brassicole degne di nota sono il Birrificio di Bari a Bari, I Peuceti a Bitonto (Ba), Lieviteria a Castellana Grotte (Ba), Malatesta a Lecce, Daniel’s a Manduria (Ta), Birrificio degli Ostuni a Poggiorsini (Ba), Birrificio Salento a Leverano (Le), Sbam! A Poggiorsini (Ba), Eclipse a San Giorgio Ionico (Ta) e Decimoprimo a Trinitapoli (Bt).