La biblioteca del Signor La Morte

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ILARIA CONTADO CLAUDIA TOMEI

LA BIBLIOTECA DEL SIGNOR LA MORTE

DA8 A14ANNI

LA BIBLIOTECA DEL SIGNOR

LA MORTE

ILARIA CONTADO CLAUDIA TOMEI
Prefazione di Paola Bastianoni 11 Introduzione di Monica Betti 13 Prologo 15 Capitolo I: Una sciagurata notte 19 Il piccolo cigno 21 Capitolo II: Un caffè con nostalgia 25 Dov’è volato? 27 Capitolo III: Un amore con la A maiuscola 29 Una poesia per la mamma 32 Capitolo IV: Un piccolo ciuffo blu 35 Un cuore ricolmo di stelle 38 Capitolo V: L’ultimo regalo 41 Ricordi scritti a penna 43 Capitolo VI: La paura dell’oblio 45 Il ricordo ci rende vivi 47 Capitolo VII: La voce della coscienza 49 Il volo delle farfalle 52 Epilogo 55 Laboratori di death education con Claudia e Ilaria 59 Il piccolo cigno 63 Dov’è volato? 66 Una poesia per la mamma 68 Un puzzle tutto da ricostruire 70 Ricordi scritti a penna 72 Il ricordo ci rende vivi 74 Il volo delle farfalle 76 Ringraziamenti 79 Bibliografia 81
Indice

Prefazione

Quello della morte è sempre un tema difficile da trattare, soprattutto quando, come destinatari, si hanno bambini e ragazzi. L’occultamento del dolore che la società contemporanea ha sapientemente saputo imbastire costituisce, ancora oggi, un muro impenetrabile nella maggior parte dei servizi educativi. Regnano la paura di sbagliare, di non usare parole adeguate, di proporre narrazioni, dialoghi e attività che lascino segni indelebili e non più riparabili. E, molto spesso, non ci si rende conto che questo è proprio il rischio che si corre quando la morte viene lasciata aleggiare nell’aria, con la sua portata dolorosa, non accogliendo le domande implicite ed esplicite che i nostri bambini e ragazzi pongono. L’esperienza all’interno dei contesti scolastici e dei servizi educativi ci dimostra che la morte irrompe nelle vite di ciascuno: accade quando i nostri bambini e ragazzi perdono un genitore, un nonno, un animale, un amico, un insegnante. La perdita ci attraversa fulminea e lascia un vuoto che non può e non deve essere colmato con un altro vuoto. Il silenzio, il distacco, la distrazione non sono le risposte ad un dolore che va accolto ogni giorno, significandolo, permettendogli di trovare la giusta strada per emergere, adottando comportamenti di prossimità fisica ed emotiva. Di questo cambio di passo il mondo dell’educazione ne ha estremo bisogno. Per questo motivo il lavoro di un gruppo di studentesse di Scienze Filosofiche dell’Educazione dell’Università degli studi di Ferrara che hanno deciso di dare volto, anima e parole alla Morte è un’innovazione assoluta. Non solo. Esse si sono poste il problema di come esprimere vicinanza ad altri educatori ed educatrici come loro, che affrontano ogni giorno il più grande di tutti i temi e lo fanno con l’autenticità che appartiene alle persone che amano il proprio lavoro. È come se la solitudine che appartiene all’idea della morte fosse capace di perva-

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dere i vissuti ed i contesti professionali di ciascuno. Non siamo soli. Questo testo ce lo dimostra. Esiste un filo che lega l’umanità e che trova sostanza nel tenere agganciate vita e morte, al di là delle paure da esorcizzare, delle insicurezze che la professionalità impone e delle convenienze dettate da un falso perbenismo che non rende giustizia ad una tradizione, in gran parte italiana, di accompagnamento, di cura e di prossimità di fronte alla morte. Quella cura che emerge tra le pieghe di un racconto che è stato costruito con impegno e dedizione, scegliendo ogni parola, associando a ciascuna una sfumatura emotiva.

A tutti coloro che leggeranno questo testo consiglio di assaporarlo. Di lasciarsi attraversare da ogni parola liberi da qualsiasi pregiudizio. Di lasciarsi guidare dalla propria storia e di ritrovare, se si vuole, la risposta alle domande che ciascuno di noi si porta dentro. La vita e la morte riguardano ogni persona da vicino. Il dolore che ciascun personaggio prova è lo stesso dolore che anche noi abbiamo attraversato almeno una volta nella vita. E, contemporaneamente, dobbiamo riconoscere che siamo stati animati anche dalla stessa speranza, dalla stessa volontà di andare oltre la paura, il cordoglio, la sensazione che quella sofferenza ci accompagnerà per tutta la vita. Non è un manuale sulla morte. È una narrazione della morte, scritta di suo pugno, che si rivolge a ciascuno non in quanto educatore, genitore, bambino o ragazzo: in quanto essere umano.

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Introduzione

Tra i tanti modi in cui può essere affrontato il tema della morte, del lutto e della perdita, mai ci si potrebbe aspettare che, a fare gli onori di casa, sia proprio la padrona, la morte stessa. Eppure è proprio questa la scelta che le autrici hanno fatto, costruendo una narrazione avvincente, ironica e toccante al tempo stesso. La biblioteca del Signor La Morte è il luogo che tutti potremmo immaginare: un angusto spazio in cui trovano rifugio volumi impolverati, presentati da un ridente bibliotecario che ne conosce tutti i segreti. Carlos Ruiz Zafon lo chiamerebbe il Cimitero dei libri dimenticati. In questo volume, la biblioteca del Signor La Morte rappresenta qualcosa di più: non solo libri che aspettano di ritrovare significato e nuova vita, ma anche persone che sperano di non essere dimenticate, che cercano nella loro terra di passaggio il riverbero di emozioni che appartengono ai vivi ma, forse, non solo. Ecco allora che emergono potenti le dimensioni del ricordo, dell’amore, della speranza, della paura, della nostalgia, dell’amicizia.

Il Signor La Morte è il Caronte che si trova su un fiume di parole sapientemente intrecciate in storie, una per ogni personaggio che incontra. Questa è un’altra metafora potente: ci sono narrazioni che salvano. E non importa se siamo vivi o morti, perché questo testo ci dimostra che esistono sentimenti capaci di trascendere il tempo e lo spazio. Questa è la speranza che tutti cerchiamo: che, se anche la vita finisce, non siano giunti al termine la volontà di amare e di sentirci uniti a chi non c’è più e in qualche modo, lo stesso valga anche per i nostri cari.

Nella seconda parte vengono presentate interessanti attività che possono essere proposte a bambini e ragazzi per affrontare in modo esperienziale i sentimenti legati alla morte, al lutto e alla perdita. Cia-

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scuna è scandita in istruzioni operative, facilmente comprensibili e alla portata di ogni contesto educativo. Ciascuna proposta è agganciata ai racconti della Biblioteca del Signor La Morte, proprio per creare una continuità tra narrazione e azione, tra immaginario e reale, tra possibile e presente.

Per scrivere questo testo c’è voluto molto coraggio: prima di tutto quello di sostenere lo sguardo della Nera Signora e di guardare il mondo dal suo punto di vista; in secondo luogo, quello di delineare un’umanità all’interno di ciò che, per definizione, consideriamo il dolore assoluto. L’immagine di una morte empatica, che sa consolare, e che non è – come da sempre la concepiamo – solo l’alter ego della vita è un messaggio molto forte che attraversa ogni capitolo. Personificare la morte è un’azione innovativa che consente di tracciare in lei uno spessore psicologico del tutto umano: essa, esattamente come noi, evolve, matura, si pone domande, invoca risposte, si stupisce del suo lasciarsi attraversare dall’Altro e da ciò che egli o ella può portare. Una morte come questa non fa più paura. E proprio in questo risiede il valore assoluto di questo ammirevole lavoro di narrazione.

* Monica Betti, docente di scuola dell’infanzia, laureata in Psicologia e in Scienze della Formazione Primaria, collabora da alcuni anni con l’Università degli studi di Ferrara nell’ambito del Master Tutela, Diritti e Protezione dei Minori e del Laboratorio “Uno sguardo al cielo”. Insieme alla Prof.ssa Paola Bastianoni è coautrice di pubblicazioni sul tema della morte, del lutto e della perdita.

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Prologo

Mi sono sempre chiesto perché io esistessi, perché proprio io debba portare via le persone ai loro cari nei momenti peggiori o migliori della vita. Non provo piacere nel farlo, ma è il lavoro che mi è stato assegnato, sono nato per questo. Sono spudorato e, spesso, non guardo in faccia nessuno. Se sulla mia lista c’è un nome io devo andare a prendere quella persona. Mi è successo anche di trovare persone gentili che mi offrissero una cena o semplicemente un caffè prima di intraprendere l’ultimo viaggio di ritorno in mia compagnia. Ma purtroppo, molto spesso, trovo persone terrorizzate al solo vedermi. Io non ho un bell’aspetto, ne sono consapevole, quando mi guardo allo specchio rabbrividisco anche io, però sono estremamente gentile e cerco di far sentire l’altro subito a suo agio. Non è semplice, lo capisco! Sarebbe molto più facile se la mia reputazione non precedesse il mio arrivo. Avrei molte più possibilità di far vivere i nostri momenti con grande leggerezza e spensieratezza. Se le persone non sapessero che con la mia presenza non rivedranno per molto tempo coloro a cui vogliono bene, sarebbero molto più propense alla partenza. Io spiego sempre loro che è solo un periodo, cosa vuoi che siano anni a confronto con l’eternità?!?! Ma niente, la loro disperazione prevale ogni volta.

Per esorcizzare il male che provoco mi diletto nella lettura, essa mi porta in mondi nuovi, in vite che mai potrò vivere. Viaggio molto per lavoro e per questo ho iniziato a collezionare libri come se fossero souvenir. Data la mia esistenza dai tempi più remoti sono riuscito a racimolare un bel po’ di manoscritti, così ho deciso di aprire DeEd, la mia biblioteca personale. Grazie alle mie due collaboratrici di fiducia riesco a tenere aggiornata la lista delle nuove uscite e proporre testi sempre in linea con i tempi!

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Capitolo I

Una sciagurata notte

Apro sempre molto presto la mattina, voglio offrire un servizio impeccabile ai miei lettori. Sono davvero orgoglioso di quello che sono riuscito a creare con le mie mani, quindi voglio che tutto sia perfetto, ordinato e pulito! Questa mattina sono arrivato ancora prima del solito e ho visto una donna che passeggiava nervosamente davanti alla biblioteca. Mi ha fatto dubitare di essere in anticipo! Si è accorta subito della mia presenza e mi è venuta incontro. “Buongiorno! Vedo che è molto mattiniera!” le ho detto camminando verso di lei. “In realtà, non ho proprio dormito. Sono giorni che questo mio senso di colpa mi tiene sveglia.” Mi ha guardato negli occhi e, in effetti, i suoi erano piccoli e segnati dalla stanchezza. Ho aperto subito la porta della biblioteca facendole segno di entrare. “Prego, entri pure! Sono certo che troverà qualcosa che l’aiuterà a lenire il suo dolore!” Il suo sorriso era debole e pronto a scrutare gli scaffali. Poco dopo la donna era fuori dal mio sguardo perché, come ogni mattina, dovevo accendere il pc per segnare tutte le entrate e le uscite dei libri. Ho spazzato a terra e messo a posto i libri lasciati in giro da alcuni lettori poco educati. “Non perderanno mai il vizio!!” ho brontolato tra me e me. Sono pignolo e, dato che apro la mia personale libreria a tutti, vorrei che chi usufruisce della mia collezione fosse rispettoso del mio ordine. E invece no! Trovo sempre libri lasciati sui divanetti o inseriti negli scaffali nell’ordine sbagliato! “Devo solo beccarli sul fatto!! Poi sì che mi sentono!!” ho pensato riposizionando l’ultimo manoscritto lasciato in giro. Che silenzio la mattina! Adoro davvero questa tranquillità, mi dà un senso di pace e mi ricarica per affrontare tutta la giornata.

Ad un tratto, un singhiozzo di pianto mi ha assalito. Ho trattenuto a fatica lo spavento, mi ero dimenticato di non essere solo! Ho

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seguito la voce della donna e l’ho trovata seduta a terra appoggiata allo scaffale dedicato alle storie di orfani. Era lì, affranta, con un libro in mano. Mi sono avvicinato e sono riuscito a vederne il titolo: “Il piccolo cigno”. “È una storia davvero drammatica, vero?” le ho detto. La donna ha sussultato. Non mi aveva sentito arrivare, era troppo assorta in quelle pagine. “Sì” mi ha detto asciugandosi le lacrime con la manica del maglione. “Sa, a me è successo. Ho dovuto lasciare mio figlio ai miei genitori. Sono dovuta partire per dargli un futuro e sono salita su quella maledetta barca!” e poi è scoppiata nuovamente in lacrime. Scrutando meglio il suo viso l’ho riconosciuta: “Tu sei lei!” le ho detto. “Sei la donna che sono venuto a prendere il mezzo al mare!”. “Sì, sono proprio io! Ti implorai di lasciarmi su quella barca! Sono stata in collera con te per tantissimo tempo, ma poi ho capito che non avevi colpa, le onde erano troppo alte quella notte. Nessuno avrebbe potuto sopravvivere.” Ho sentito dentro di me una sensazione strana, di solito non provavo compassione, ma per lei era proprio quello che era accaduto. “Mi dispiace!” le ho detto con slancio: “Sei stata l’unica persona in tutta la mia carriera che ho rimpianto di aver portato con me. Ma hai ragione, nessuno superò indenne quella maledetta notte!”.

Cercavo dentro di me le parole giuste da dire, ma non esistono in queste situazioni. “Io sono sicuro che il tuo bimbo, proprio come Piki, capirà che bellissima e fortissima donna tu fossi! Sicuramente sarà orgoglioso di te per tutta la sua vita!” le ho messo una mano sulla spalla per cercare di consolarla. Mi ha guardato e mi ha ringraziato con gli occhi. “Stai qui tutto il tempo che vuoi. Il libro che hai in mano te lo regalo, non sei costretta a riportarlo, così potrai leggere Il piccolo cigno ogni volta che vorrai.” L’ho lasciata accovacciata lì, con il libro nel grembo, le lacrime asciutte. Nel frattempo era entrato un altro lettore…

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IL PICCOLO CIGNO1

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1 Silvia Gecchele, Giorgia Odorizzi, Stefany De Lucia, Giorgia Cenacchi, Michela Simona Moretti, Chiara Postiglione, Kaouthar El Khatir, Matilde Ceccato, Simona Cozzo.

In un bellissimo corso d’acqua ricoperto da ninfee viveva una coppia di cigni reali: Marilù e Arnold. I due erano innamorati e uniti da molto tempo. Marilù covava le uova mentre Arnold faceva la guardia al nido in attesa che si schiudessero.

Un terribile giorno un cacciatore, scambiando il cigno Arnold per un’oca, gli sparò. La sua compagna Marilù, straziata dal dolore, vagò nel fiume per giorni finché, presa dalla disperazione e nella più totale solitudine, si lasciò morire.

Il giorno seguente si schiuse solo una delle quattro uova e da essa fece capolino un piccolissimo cigno dal piumaggio grigiastro. Il piccolo, non vedendo nessuno dei suoi genitori, iniziò a piangere. A quel punto una coppia di aironi cinerini si accorse del piccolo in difficoltà e decisero di adottarlo chiamandolo Piki.

Il piccolo cresceva sempre di più fin quando si accorse che le sue piume non erano più grigie ma bianchissime e le sue zampe non erano lunghe come quelle degli aironi, ma piccole e palmate. Un bel giorno chiese ai suoi genitori: “Come mai sono così diverso da voi?”. I due aironi compresero allora che era il momento opportuno per raccontare la verità, cioè che non era il loro vero figlio, ma che era stato adottato. Dopo aver ascoltato la sua storia, il piccolo cigno pianse tantissimo, sentiva tante emozioni tutte insieme: rabbia, sconforto, dolore.

Spesso si domandava: “Chissà com’erano i miei genitori? Come sarebbe stata la voce di mia mamma? Come sarebbe stato giocare nel fiume con il mio papà?”. Allora una forte tristezza pervase il suo animo. Mamma airone, vedendolo così triste, lo prese su di sé e gli disse: “Piki, lo sai che noi per te ci saremo sempre, siamo la tua famiglia, non sarai mai solo!”. Il piccolo, pur sentendosi consolato, non era ancora tranquillo, sentiva un grande vuoto, come se gli mancasse una parte di sé.

Un giorno decise di partire e chiedere a tutti gli uccelli del fiume se avessero conosciuto i suoi genitori. Incontrò per prima un’anatra e le disse: “Sono il figlio dei cigni Marilù e Arnold, hai mai conosciuto i miei genitori?”. “No, mi spiace!” risposte l’anatra.

Dopo poco incontrò un Martin pescatore e gli chiese: “Sono il figlio di Marilù e Arnold, hai mai conosciuto i miei genitori?”. L’uccello ri-

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spose: “No, mi dispiace! Non li ho mai incontrati!”. Infine incontrò un cormorano e gli chiese: “Sono Piki, il figlio di Marilù e Arnold, hai mai conosciuto i miei genitori?”. Lui rispose: “No, mi dispiace, non li ho conosciuti”.

Sconsolato se ne stava tornando a casa, quando inaspettatamente incontrò Germy, il germano reale! Era a caccia di alghe prelibate e si dimostrò molto amichevole nei confronti di Piki. “Ciao amico, vuoi favorire?” chiese Germy. Incuriosito Piki assaggiò ed esclamò: “Squisita! Slurp!”. E fu allora che Germy gli disse: “Io mi ricordo di te, sei il figlio di Marilù e Arnold!” “Davvero? Come li conosci?” aggiunse Piki. “Andavo sempre a pesca di alghe con il tuo papà” rispose Germy. “E com’erano? Descrivili, ti prego! Non li ho mai conosciuti!” esclamò Piki. “La tua mamma era un bellissimo cigno dal piumaggio candido, aveva un collo lunghissimo e il becco arancione. Il tuo papà, invece, era un cigno forte, robusto e aveva il becco scuro; erano i cigni più simpatici del fiume, non davano minimamente importanza alla loro bellezza e soprattutto erano felicissimi di aspettare te, avevano grandi sogni. Un giorno un cacciatore colpì il tuo papà, me lo ricordo bene quel giorno! Noi eravamo tutti terrorizzati e scappammo via in fretta. Io soffrii moltissimo non appena compresi di aver perso un caro amico; la tua mamma non riuscì a sopravvivere a tale sofferenza e si lasciò morire, ma sono sicuro che ti amava tanto, perché me lo aveva ripetuto molte volte.”

Piki non riuscì ad aggiungere altro, in cuor suo si sentiva più sereno perché aveva ritrovato i suoi genitori nel racconto di Germy. Adesso era libero da tante paure, la rabbia si era placata. Cosa farà Piki da qui in avanti? Nessuno lo sa, proviamo ad immaginarlo.

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I LABORATORI

I LABORATORI

IL PICCOLO CIGNO

ETA ' Scuola secondaria di primo e secondo grado.

DESCRIZIONE

L’attività proposta consente ai bambini, attraverso il gioco, di sperimentare a livello corporeo ed emozionale lo stesso viaggio che ha fatto il piccolo cigno Piki per ritrovare la storia dei suoi genitori. Come Piki ognuno può, con l’aiuto di altri, percorrere un viaggio e superare delle prove. I valori educativi che si vogliono trasmettere sono quelli dell’amicizia e la comprensione che, con l’aiuto reciproco, è possibile ricostruire e risignificare pezzi di storie perdute.

MATERIALE

Fogli, penne, piccoli cigni in cartone precedentemente realizzati in classe, due secchi, due bandane per legare le mani, sacchetti contenenti dei cartoncini ra guranti delle uova realizzate precedentemente.

SVOLGIMENTO

FASE 1 Gli insegnanti, i genitori, gli educatori leggono la storia “Il piccolo cigno”.

I partecipanti si dispongono in cerchio con un conduttore che ha il ruolo di sollecitare e coordinare il dibattito entro un termine temporale prefissato. Nel caso dei bambini è molto importante utilizzare un tipo di comunicazione circolare: attraverso il circle time, infatti, si possono sperimentare situazioni comunicative stimolanti, gratificanti e soprattutto chiare (Testoni, 2018).

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FASE 2 Si disegnano e si ritagliano su dei cartoncini tanti piccoli cigni che serviranno poi come segnapunti, se verranno superate le diverse prove/tappe. Si realizzano sempre sui cartoncini le uova che serviranno per la seconda tappa del gioco. In queste attività si possono coinvolgere bambini e ragazzi.

L’insegnante dovrà poi realizzare la mappa con il percorso a tappe da percorrere per il gioco “Aiuta il piccolo cigno Piki a ritrovare la storia dei suoi genitori”.

N. giocatori:Durata mediaTipo gioco da 2 in su60 minutia squadre

I ragazzi, divisi in squadre, dovranno conquistare più CIGNI possibili, superando le prove presenti in determinate tappe del percorso nel prato. I ragazzi avranno una mappa con le diverse prove da superare.

In un tempo prestabilito ogni bambino/ragazzo deve affrontare più tappe possibili e superarle. Le tappe possono essere modificate in base alla fantasia di ogni educatore. Ad ogni tappa superata verrà consegnato al capogruppo di ogni squadra un cigno in cartone precedentemente realizzato.

Prima tappa dall’anatra: in ginocchio, con le mani legate, raccogliere con la bocca una mela immersa in un secchio d’acqua.

Seconda tappa dal martin pescatore: trovare sacchetti con delle uova disegnate su un cartoncino, precedentemente realizzate, in un’area circoscritta che avremo precedentemente delimitato.

Terza tappa dal germano reale: indovinare ciò che mima l’educatore.

Quarta tappa dal cigno: indovinare la parola detta dall’educatore nel proprio dialetto locale.

Vince la squadra che, al termine del tempo, ritrovandosi al campo-base, accumula più CIGNI delle altre squadre.

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I LABORATORI

FASE 3 Momento circle time, con condivisione di emozioni e pensieri per comprendere come i protagonisti del progetto hanno vissuto ed elaborato l’intera esperienza.

DOMANDE STIMOLO

Cosa hai provato durante le tappe quando, come Piki, sei andato alla ricerca di un pezzo della storia perduta?

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"LA BIBLIOTECA

DEL SIGNOR LA MORTE"

Una libreria senza tempo, in cui trovano spazio e la giusta collocazione non solo libri, ma storie di persone che hanno compiuto il viaggio verso il mistero più insondabile: questa è la libreria del Signor La Morte, un bibliotecario alquanto insolito, ma che riesce meglio di chiunque altro ad accogliere quei viandanti di cui conosce bene il cammino, le speranze, le paure.

Pagine di narrativa avvincente sul tema dei temi si trasformano in un manuale prezioso, per operatori e insegnanti che vogliono fare dei percorsi di educazione alla morte, al lutto e alla perdita un luogo quotidiano in cui ritrovare se stessi e un amore autentico per la vita.

Euro 15,00 (I.i.) 9791256260065 ISBN 979-12-5626-006-5
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