La canzone di Rosie

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TAMAR VERETE-ZEHAVI (Gerusalemme 1959) si è occupata per anni di educazione alla convivenza tra ebrei e arabi. Autrice pluripremiata di libri per bambini e ragazzi, è stata insignita del Jerusalem Foundation Award per la promozione della tolleranza.

Esecutivo 140x210mm

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Avevo raccontato a Mish che scrivevo canzoni. Ricordo

SEDICI ANNI, UN TALENTO MUSICALE FUORI DAL COMUNE E UN’OSSESSIONE PER IL RAGAZZO SBAGLIATO.

che nel tentativo di fare colpo gli avevo detto che in real-

Nella vita di Rosie, a Gerusalemme, non mancano le emozioni, eppure lei si sente sempre insoddisfatta, alla ricerca di qualcosa di più. È questo sentimento a portarla fino a Hebron, una delle città dove il conflitto tra arabi ed ebrei è più aspro. L'amicizia con le coetanee Emuna, ebrea ortodossa, e Sana, araba, le farà conoscere due realtà opposte che sembrano l’una il riflesso dell’altra. E proprio specchiandosi in due esistenze così diverse dalla sua, Rosie comincerà a capire come desidera suonare la canzone della sua vita.

allora mi aveva spiegato: «Cominci a scriverla mentre sei

«Davvero abiti a Hebron?» «È un problema per te?» «Perché dovrebbe essere un problema? Cosa mi cambia dove abiti?» «Potresti essere una di quelli che odiano noi e amano gli arabi» «Io non sono una di quelli che… io sono io» «Mi piace. Anch’io non sono una di quelli che… anch’io sono io».

In copertina © Unsplash/ Wenny Chen, © Shutterstock Art director: Francesca Leoneschi Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldof DOT

€ 14,90

tà erano le canzoni che scrivevano me, e lui aveva chiesto se sapevo cos’era una canzone dei sogni. Non lo sapevo, ubriaco, completamente fuori, e stai per crollare addormentato su una panchina o sotto un albero, ma la canzone ti rovescia addosso un secchio di acqua fredda. La testa è di nuovo lucida e lo sguardo torna concentrato. Quando arrivi all’ultima strofa la rileggi da capo. Perché? Perché hai la musica già in testa. La musica giusta». Mi ero innamorata di lui seduta stante.


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TAMAR VERETE-ZEHAVI (Gerusalemme 1959) si è occupata per anni di educazione alla convivenza tra ebrei e arabi. Autrice pluripremiata di libri per bambini e ragazzi, è stata insignita del Jerusalem Foundation Award per la promozione della tolleranza.

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Avevo raccontato a Mish che scrivevo canzoni. Ricordo

SEDICI ANNI, UN TALENTO MUSICALE FUORI DAL COMUNE E UN’OSSESSIONE PER IL RAGAZZO SBAGLIATO.

che nel tentativo di fare colpo gli avevo detto che in real-

Nella vita di Rosie, a Gerusalemme, non mancano le emozioni, eppure lei si sente sempre insoddisfatta, alla ricerca di qualcosa di più. È questo sentimento a portarla fino a Hebron, una delle città dove il conflitto tra arabi ed ebrei è più aspro. L'amicizia con le coetanee Emuna, ebrea ortodossa, e Sana, araba, le farà conoscere due realtà opposte che sembrano l’una il riflesso dell’altra. E proprio specchiandosi in due esistenze così diverse dalla sua, Rosie comincerà a capire come desidera suonare la canzone della sua vita.

allora mi aveva spiegato: «Cominci a scriverla mentre sei

«Davvero abiti a Hebron?» «È un problema per te?» «Perché dovrebbe essere un problema? Cosa mi cambia dove abiti?» «Potresti essere una di quelli che odiano noi e amano gli arabi» «Io non sono una di quelli che… io sono io» «Mi piace. Anch’io non sono una di quelli che… anch’io sono io».

In copertina © Unsplash/ Wenny Chen, © Shutterstock Art director: Francesca Leoneschi Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldof DOT

€ 14,90

tà erano le canzoni che scrivevano me, e lui aveva chiesto se sapevo cos’era una canzone dei sogni. Non lo sapevo, ubriaco, completamente fuori, e stai per crollare addormentato su una panchina o sotto un albero, ma la canzone ti rovescia addosso un secchio di acqua fredda. La testa è di nuovo lucida e lo sguardo torna concentrato. Quando arrivi all’ultima strofa la rileggi da capo. Perché? Perché hai la musica già in testa. La musica giusta». Mi ero innamorata di lui seduta stante.


UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


Tamar Verete-Zehavi La canzone di Rosie traduzione dall’ebraico di Raffaella Scardi ISBN 979-12-221-0136-1 Prima edizione italiana novembre 2023 ristampa 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2026 2025 2024 2023 © 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo originale: ‫השיר של רוזי‬

© 2017 Tal-May Publisher Pubblicato in accordo con The Italian Literary Agency and Cohen & Shiloh Literary Agency

Gallucci e il logo

sono marchi registrati

Se non riesci a procurarti un nostro titolo in libreria, ordinalo su: galluccieditore.com

Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


Tamar Verete-Zehavi

La canzone di Rosie

traduzione dall’ebraico di Raffaella Scardi



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Martedì, qualche minuto prima delle due e mezza, hanno trasmesso il nostro singolo alla radio. Avevamo in programma di ascoltarlo insieme, invece gli altri si sono trovati in un caffè del centro senza di me e io l’ho ascoltato da sola. In cucina. Quando Michaela ha finito di cantare la canzone scritta da me sulla “riccia che bisticcia e bercia perché le parte la miccia” e Mish ha chiuso con l’accordo finale, avrei voluto premere il pulsante replay e sentirla di nuovo; l’emozione mi aveva fatto dimenticare che alla radio corrono sempre avanti, indietro non si torna. Un attimo prima delle notizie flash il presentatore ha commentato che era una canzone pazzesca e la dedicava alla sua ragazza riccia. Speriamo non bisticcino trop-

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po, ho pensato. Dalla voce quel poveraccio sembrava un tipo sensibile. La mamma è tornata dal lavoro con una torta di mele per me. Aveva le dita gonfie e ha provato a coprirle con le maniche del maglione. «Quando cerchi di nasconderle si nota di più» le ho detto e lei ha risposto che avevo ragione, di una malattia non ci si deve vergognare. Ho tagliato due grosse porzioni, ci siamo sedute in cucina e abbiamo brindato con le fette di torta. Anche quando ci si perde in chiacchiere il tempo corre avanti e quella volta è proprio volato, non mi sono accorta di essere in ritardo per lo Zeppelin, il pub in cui suoniamo tutti i martedì. La mamma mi ha chiesto di rientrare per le undici. Ha anche spiegato perché ci teneva tanto che tornassi presto, ma non le ho dato retta. Mi sono truccata gli occhi di nero, ho steso il mascara nero sulle ciglia, indossato una canotta nera, leggings neri, una giacca di pelle nera e gli stivali neri. Ho pettinato i capelli fino a farli luccicare. Li ho tagliati proprio ieri, dalla parrucchiera della mamma. Mi ha fatto un caschetto corto, alla giapponese. Sentivo che saremmo andati bene, sarebbe stato un successo. Persone normali, persone che prendono l’autobus e

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fanno la spesa al supermercato, avrebbero sentito le canzoni che io scrivo e per le quali Mish compone la musica, e le avrebbero adorate. Avremmo spaccato a Cesarea, magari saremmo addirittura arrivati all’estero. Ho dato una carota ai miei conigli, gli ho schioccato un bacio portafortuna e mi sono precipitata alla fermata dell’autobus. Fuori pioveva. Come se non bastasse, in tv davano una finale di basket, o forse di calcio. Entrando allo Zeppelin ero convinta di trovarlo vuoto, perciò sono rimasta di sale alla vista della folla all’ingresso. Allora è così che funziona: ti trasmettono una volta alla radio e riempi un locale. Abbiamo aperto lo spettacolo con il nostro singolo. Mish aveva deciso che Michaela l’avrebbe cantato e ricantato finché il pubblico non ne avrebbe avuto abbastanza. Aveva deciso anche che dovevo sedermi vicino a un tizio venuto apposta per ascoltare noi e convincerlo a offrirci un contratto per una registrazione. Quello che Mish chiede, io faccio. Il tizio, suppergiù dell’età di mio padre, indossava un maglione viola di una lana talmente morbida che mi veniva voglia di accarezzarla. Anche la sciarpa gialla intorno al collo era di lana soffice. «Non immaginavo che Mish fosse

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così basso» mi ha sussurrato, avvicinandosi, con una voce più morbida del maglione. Dio, fa’ solo che non osi toccarmi, ho pensato, e gli ho risposto che Mish e io siamo alti esattamente uguali, un metro e cinquantasette, e pesiamo quarantaquattro chili. «Non immaginavo che fosse così femmineo» ha continuato. «Quando si sistema i capelli sembra una ragazza, si lecca le labbra come una ragazza e poi, scusa, ha messo il rossetto? Le labbra hanno un colore innaturale» «Sì» gli ho risposto. «A Mish piace mettere il rossetto per i concerti. Perché, è proibito?» «Dimmi la verità, tesoro» ha continuato a interrogarmi quello schifoso «è un maschio o una femmina?» «Mish è… speciale» gli ho mormorato di rimando. Il tizio si è stretto ancora di più a me. Le molecole del suo profumo mi penetravano nei capelli come il fumo di una sigaretta. Al mio rientro la mamma mi avrebbe annusata e avrebbe chiesto: «Rosie, vicino a chi sei stata?» Quel profumo mi disgustava, ma non mi sono allontanata perché quel tipo ha cominciato a borbottare, sovrappensiero: «Potrei davvero farvi un contratto. Quel Mish ha qualcosa, è speciale».

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Dopo la terza volta che Michaela ripeteva il singolo, la gente cantava la nostra canzone insieme a lei, qualcuno addirittura ballava. Alla quarta erano ormai impazziti e Mish ha gridato al pubblico: «Ve la suoniamo cento volte! Chi lo dice, che bisogna sentire ogni canzone una volta sola e poi passare alla successiva? Chi lo dice? Una canzone è come una scopata di una sola notte? No, una bella canzone è come la mamma. Tu non la lasci e lei non lascia te». Poi è sceso dal palco per venirmi a prendere e mi ha trascinata su con lui. Ha urlato che ero stata io a scrivere le parole sulla “riccia che bisticcia e bercia perché le parte la miccia cia cia cia”. Era ubriaco ma ancora non fradicio e ha cominciato a ballare senza realmente muoversi. Shlomi ci dava dentro con la batteria e io mi sono inchinata come da piccola al saggio di fine anno di danza classica. Il pubblico mi applaudiva e il tizio con il maglione e il profumo si è cacciato in bocca due dita e ha fischiato guardando me.

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Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di ottobre 2023 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI


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TAMAR VERETE-ZEHAVI (Gerusalemme 1959) si è occupata per anni di educazione alla convivenza tra ebrei e arabi. Autrice pluripremiata di libri per bambini e ragazzi, è stata insignita del Jerusalem Foundation Award per la promozione della tolleranza.

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Avevo raccontato a Mish che scrivevo canzoni. Ricordo

SEDICI ANNI, UN TALENTO MUSICALE FUORI DAL COMUNE E UN’OSSESSIONE PER IL RAGAZZO SBAGLIATO.

che nel tentativo di fare colpo gli avevo detto che in real-

Nella vita di Rosie, a Gerusalemme, non mancano le emozioni, eppure lei si sente sempre insoddisfatta, alla ricerca di qualcosa di più. È questo sentimento a portarla fino a Hebron, una delle città dove il conflitto tra arabi ed ebrei è più aspro. L'amicizia con le coetanee Emuna, ebrea ortodossa, e Sana, araba, le farà conoscere due realtà opposte che sembrano l’una il riflesso dell’altra. E proprio specchiandosi in due esistenze così diverse dalla sua, Rosie comincerà a capire come desidera suonare la canzone della sua vita.

allora mi aveva spiegato: «Cominci a scriverla mentre sei

«Davvero abiti a Hebron?» «È un problema per te?» «Perché dovrebbe essere un problema? Cosa mi cambia dove abiti?» «Potresti essere una di quelli che odiano noi e amano gli arabi» «Io non sono una di quelli che… io sono io» «Mi piace. Anch’io non sono una di quelli che… anch’io sono io».

In copertina © Unsplash/ Wenny Chen, © Shutterstock Art director: Francesca Leoneschi Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldof DOT

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tà erano le canzoni che scrivevano me, e lui aveva chiesto se sapevo cos’era una canzone dei sogni. Non lo sapevo, ubriaco, completamente fuori, e stai per crollare addormentato su una panchina o sotto un albero, ma la canzone ti rovescia addosso un secchio di acqua fredda. La testa è di nuovo lucida e lo sguardo torna concentrato. Quando arrivi all’ultima strofa la rileggi da capo. Perché? Perché hai la musica già in testa. La musica giusta». Mi ero innamorata di lui seduta stante.


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TAMAR VERETE-ZEHAVI (Gerusalemme 1959) si è occupata per anni di educazione alla convivenza tra ebrei e arabi. Autrice pluripremiata di libri per bambini e ragazzi, è stata insignita del Jerusalem Foundation Award per la promozione della tolleranza.

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Avevo raccontato a Mish che scrivevo canzoni. Ricordo

SEDICI ANNI, UN TALENTO MUSICALE FUORI DAL COMUNE E UN’OSSESSIONE PER IL RAGAZZO SBAGLIATO.

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Nella vita di Rosie, a Gerusalemme, non mancano le emozioni, eppure lei si sente sempre insoddisfatta, alla ricerca di qualcosa di più. È questo sentimento a portarla fino a Hebron, una delle città dove il conflitto tra arabi ed ebrei è più aspro. L'amicizia con le coetanee Emuna, ebrea ortodossa, e Sana, araba, le farà conoscere due realtà opposte che sembrano l’una il riflesso dell’altra. E proprio specchiandosi in due esistenze così diverse dalla sua, Rosie comincerà a capire come desidera suonare la canzone della sua vita.

allora mi aveva spiegato: «Cominci a scriverla mentre sei

«Davvero abiti a Hebron?» «È un problema per te?» «Perché dovrebbe essere un problema? Cosa mi cambia dove abiti?» «Potresti essere una di quelli che odiano noi e amano gli arabi» «Io non sono una di quelli che… io sono io» «Mi piace. Anch’io non sono una di quelli che… anch’io sono io».

In copertina © Unsplash/ Wenny Chen, © Shutterstock Art director: Francesca Leoneschi Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldof DOT

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tà erano le canzoni che scrivevano me, e lui aveva chiesto se sapevo cos’era una canzone dei sogni. Non lo sapevo, ubriaco, completamente fuori, e stai per crollare addormentato su una panchina o sotto un albero, ma la canzone ti rovescia addosso un secchio di acqua fredda. La testa è di nuovo lucida e lo sguardo torna concentrato. Quando arrivi all’ultima strofa la rileggi da capo. Perché? Perché hai la musica già in testa. La musica giusta». Mi ero innamorata di lui seduta stante.


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