Lady Whisper. Un principe azzurro supercool nella Londra regency

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traduzione di Valentina Vignoli

ROMANZO

Aniela Ley

#Lady Whisper. Un principe azzurro supercool nella Londra regency

traduzione dal tedesco di Valentina Vignoli

della stessa serie:

#Lady Whisper. Una teenager nella Londra regency

#Lady Whisper. Il ballo più “in” della Londra regency

ISBN 979-12-221-0295-5

Prima edizione italiana aprile 2024

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo dell’edizione originale tedesca:

#London Whisper. Als Zofe küsst man selten den Traumprinz (oder doch?)

© 2023 dtv Verlagsgesellschaft mbH & Co. KG

Monaco di Baviera, Germania

Design della copertina: Carolin Liepins

Immagini di copertina: HiSunnySky/Shutterstock.com, Sunny_nsk/Shutterstock.com, Alona Khrystofor/Shutterstock.com, PROKOPEVA IRINA/Shutterstock.com, WhyWork/Shutterstock.com

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Aniela Ley

#Lady Whisper

Un principe azzurro supercool nella

Londra regency

romanzo 3

traduzione di Valentina Vignoli

Fredda come la neve

La neve cadeva fitta e uniforme, posandosi come un telo bianco sul paesaggio notturno in cui viaggiava la carrozza e attutendo ogni rumore.

Cosa non avrei dato per sparire anch’io sotto una coperta. Per sottrarmi, almeno un istante. Al polso quasi impercettibile della marchesa, seduta in carrozza accanto a me priva di sensi. Allo sguardo gelido di Nechbet, che mi fissava come se i suoi occhi potessero carpire ogni mio segreto. Ma soprattutto al ricordo del momento in cui ero salita sulla carrozza che mi stava portando via da Hayden, senza sapere dove fosse diretta né cosa mi aspettasse all’arrivo. Non avrei mai potuto abbandonare la marchesa al suo destino. Ma Hayden avrebbe capito perché l’avevo piantato così al Ballo d’inverno, andandomene via spontaneamente coi nostri nemici?

“Zoe!” mi rimproverai. “Non è il momento di lasciarsi andare a dubbi e preoccupazioni. Risparmiatelo per dopo, anzi lascia perdere che è meglio. Se sei in questa situazione è perché volevi aiutare un’amica, e sarebbe meglio che ti dessi da fare invece di piangerti addosso”.

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Con l’espressione più impassibile di cui ero capace, ricambiai lo sguardo della Somma Sacerdotessa seduta di fronte a me nella semioscurità della carrozza. «Se siete tanto esperta di veleni, avrete di certo qualcosa che possa dare un po’ di sollievo alla marchesa».

Nechbet arricciò le labbra. «E perché mai dovrei sprecare i miei preziosi medicamenti per una donna che mi ha sempre e solo creato problemi e che non sarà con noi ancora a lungo, dato che o morirà presto o tornerà appena in tempo nella sua epoca?»

Che donna gelida. Non c’era da stupirsi che fosse una sacerdotessa di Osiride, il dio dei morti… magari durante le sepolture era anche capace di mettersi a ridere.

«Ve la fornisco io una valida motivazione» replicai asciutta. «Se la marchesa si tramuta in vetro, considererò sciolto il nostro accordo. In tal caso, vi ritroverete sì in possesso del grosso frammento di specchio del Duca di Sandringham, ma io non lo risveglierò. Sarà una buona occasione per scoprire se siete in grado di vincere la corsa contro il tempo e risolvere l’enigma dello specchio di luna senza il mio aiuto, oppure se vi trasformerete in vetro anche voi prima di riuscirci». Strinsi gli occhi fino a ridurli a due fessure. «Se non sbaglio la vostra guancia sta mostrando i primi segni di pallore».

Involontariamente, Nechbet portò la mano al suo viso perfetto, poi sorrise fredda. «Proprio non conosci vergogna. D’accordo, somministrerò alla marchesa un elisir che dovrebbe ritemprarle lo spirito almeno per un po’. Ma non lo faccio per la tua ridicola minaccia, non ce n’è bisogno. So essere molto convincen-

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te quando voglio. Le darò l’elisir perché se è cosciente sarà più interessante assistere al suo viaggio nel tempo. Dopotutto, quella donna è la nostra cavia».

Sul mio volto impassibile comparvero delle crepe mentre cercavo di immaginare quali orribili trucchi avesse in serbo per piegare la volontà di una quindicenne. Ipnosi, veleni, giochetti mentali erano solo alcuni esempi che mi frullavano nel cervello. Non c’era da stupirsi se quando si sporse in avanti mi ritrassi. Mi rivolse un sorriso d’intesa mentre giocherellava con il grosso anello d’oro annerito che indossava. Sembrava uno scorpione avvolto intorno al dito.

Contrassi il viso in una smorfia.

E lo feci di nuovo quando all’improvviso lo scorpione dorato si mosse, sollevò il pungiglione e Nechbet lo prese per forare la mano di vetro della marchesa. La minuscola ferita si illuminò di rosso, poi lo scorpione svanì in una nuvoletta di polvere.

«Voglio sperare che valga la pena aver sacrificato uno dei miei gioielli più preziosi» disse Nechbet a voce bassa.

Sembrava proprio di sì, perché la mano della marchesa riprese colore, e da lì rapidamente anche il resto del corpo. Non appena le sue labbra vitree tornarono rosse, si schiusero, e la marchesa inspirò a pieni polmoni. Stavo per lanciare un gridolino di gioia, quando si alzò di scatto e si portò le mani al petto.

«Il cuore» ansimò. «È come se stesse per esplodermi».

Rimandai l’esultanza a più tardi e le diedi qualche colpetto sulla spalla. «Andrà tutto bene, ora da brava continuate a respirare, così» dissi in tono professionale. Poi guardai Nechbet, che

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si era rimessa comoda sui cuscini del sedile. «È normale che abbia una reazione così violenta?» sussurrai.

La Somma Sacerdotessa accavallò le gambe con aria studiatamente annoiata. «Direi proprio di sì, considerando che ha assunto un veleno usato nel tempio di Osiride per risvegliare i morti. La forza vitale che dona tuttavia è di breve durata, per cui sarà meglio che tu non perda tempo una volta che saremo entrate nella Sala della luna. La tua adorata marchesa può sperare di sopravvivere solo se partirà il prima possibile per il suo viaggio nel tempo»

«E cosa sarebbe, nello specifico, questa Sala della luna?» chiesi per non pensare a quali sostanze servissero per insufflare la forza vitale nei morti. La marchesa sembrava lottare per ogni respiro. I suoi occhi spalancati erano così verdi che riuscivo a vederli anche nella penombra, come se il veleno dello scorpione avesse acceso una luce al loro interno. La mia domanda rimase senza risposta, perché in quell’istante la carrozza si fermò e qualcuno aprì lo sportello da fuori.

Al bagliore di una lanterna apparve nientemeno che Sir Henry Beowulf Satinville alias il Duca di Richmond, capo della Società Occulta. Oh ma che sorpresa. Allora le voci erano vere: si era ritirato nella sua tenuta di campagna.

«Vi aspettavo trepidante, mia carissima. Benvenuta a Ferngreen Manor» disse accogliendo la Somma Sacerdotessa. «Sono stupito di apprendere che non siete sola. Posso sapere chi è questa incantevole signorina?»

Nechbet emise un ringhio spazientito. «È Zoe, la cameriera degli Arlington. Ma è soprattutto la viaggiatrice nel tempo che il

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mio sottoposto Bauchau ha visto nel grande frammento di luna durante una seduta di meditazione. Questa ragazza viene dal futuro e rappresenta la nostra speranza di sprigionare finalmente la magia del dio della luna Thot».

Sir Henry sembrava non capirci niente. «Dovete esservi sbagliata, conosco bene la cameriera personale di Miss Lucie, e questa giovane dama, così signorile, ha un aspetto completamente diverso».

Quell’uomo aveva ragione, perché indossavo ancora il travestimento che avevo usato al ballo, con i capelli incipriati e le lenti a contatto colorate. Grazie alle arti trasformative di Monsieur Houppette non mi avrebbe riconosciuto nemmeno mia nonna con gli occhiali da vista ben calati sul naso, chapeau!

«Non c’è tempo per le spiegazioni» tagliò corto Nechbet, che era già scesa e mi faceva segno di aiutare la marchesa. Un’impresa tutt’altro che facile, dato che quasi non si reggeva sulle gambe. Ma accanto a Sir Henry comparve immediatamente Honoré Bauchau, che aveva viaggiato con noi a cassetta. Prese in braccio la marchesa e la portò via, così non mi restò altro da fare che seguirlo.

La neve continuava a cadere così fitta che anche volendo non avrei saputo dire dove ci trovassimo. Poi alla luce di alcune lanterne a olio apparve la sontuosa facciata di una dimora di campagna – ah, ma cosa dico: di un castello con tanto di torri e bow-window. Ecco dunque l’umile rifugio di Sir Henry fuori dalle mura di Londra, dove si era ritirato, così si mormorava, per sfuggire all’onta di non essere stato invitato al Ballo d’inverno dal Duca di

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Sandringham. In realtà era lì a preparare tutto per l’arrivo della Somma Sacerdotessa, nel caso in cui fosse riuscita a sgraffignare il frammento di specchio di luna del duca. E non si era impossessata solo di quello ma anche della sua acerrima nemica, la marchesa, e di me, risveglia-specchi di professione.

I domestici in livrea, schierati davanti alla porta d’ingresso, l’aprirono nel momento esatto in cui arrivarono Honoré Bauchau e, aggrappata a lui, la marchesa, seguiti a ruota da me, dalla Somma Sacerdotessa e dal trionfante Sir Henry, che probabilmente già si vedeva a vagare per i giardini pensili di Babilonia, prima di mettere le mani sull’oro dei Maya. Dal canto mio, l’unica cosa che mi importava era riuscire a rispedire in tempo la marchesa nel futuro. Dopodiché avrei potuto tranquillamente perdere le staffe.

Mentre arrancavo con le gonne raccolte dietro Bauchau e Nechbet, mi guardai intorno: dovevo cercare di memorizzare la pianta di quella dimora extralusso meglio che potevo. Perché, a meno che non mi sbagliassi di grosso, Nechbet non mi avrebbe di certo accompagnato alla porta coi migliori auguri una volta risolto l’enigma dello specchio di luna. Se aveva ragione lei, per iniziare deliberatamente un viaggio nel tempo servivano una persona proveniente dal passato e un’altra proveniente dal futuro, e ciò significava che se non volevo prestarmi al suo gioco l’unica soluzione possibile era la fuga. Purtroppo in quella casa, oltre a un numero disorientante di porte, c’erano almeno una decina di domestici, più alcune figure dalla stazza taurina che immaginai si occupassero della sicurezza. Due di quegli armadi ambulanti facevano la guardia davanti a una porta al piano superiore,

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e la aprirono solo su ordine di Sir Henry. Dietro c’era una stanza vuota, a eccezione di una chaise-longue e alcune candele accese. Le finestre erano coperte da tende di velluto lucente e le pareti tinteggiate di un colore argenteo. Nell’insieme, sembrava di trovarsi dentro un portagioie. Da qualche parte doveva bruciare dell’incenso, perché il suo profumo caldo e speziato invadeva l’aria.

«Metti a sedere la marchesa sulla chaise-longue» ordinò Nechbet al suo sottoposto.

Quando lui fece un passo indietro, faticai a credere ai miei occhi: invece della solita figura vitrea, davanti a me c’era una donna dai capelli biondi e ricci, con le guance rosse per l’affanno. Quindi era questo il vero aspetto della marchesa, che continuava a premersi la mano sul petto come se avesse timore che altrimenti il cuore, con un salto, potesse scapparle via. Problemi cardiaci a parte, però, era un tale sollievo vederla così piena di vita.

Feci una cosa che non avevo mai osato fare prima: la strinsi tra le braccia. Ero troppo contenta che la marchesa fosse viva, che esistesse una sua versione a colori, e che d’un tratto avesse l’aspetto di una persona in carne e ossa. Non so cos’avrei dato per un po’ di coriandoli e stelle filanti!

«Zoe, come hai potuto metterti in una situazione così pericolosa?» mi sussurrò la marchesa. Aveva a malapena il fiato per parlare, ma mi posò una mano sulla spalla; doveva essere il suo modo di ricambiare l’abbraccio.

«Ne valeva la pena. Ho temuto di avervi persa per sempre, e invece vi siete risvegliata»

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«Qualunque cosa mi abbia iniettato quella sacerdotessa della morte, non sembra affatto curativa, anzi. Mi sento bruciare dentro e il cuore mi batte troppo velocemente». All’improvviso la marchesa strinse gli occhi e sentii la sua tensione allentarsi.

«Va un po’ meglio?» le chiesi speranzosa.

«Sembra di sì, ma adesso non ha importanza. Non devi metterti al servizio della Somma Sacerdotessa, tradiresti la magia del chiaro di luna». Anche di fronte a un orribile vicolo cieco, la marchesa metteva al primo posto l’enigma dello specchio del tempo.

Cercai di farle coraggio. «Non c’è da preoccuparsi, Nechbet mi ha promesso che per prima cosa vi rimanderemo nella vostra epoca. Poi vedremo il da farsi».

Invece di ringraziarmi, la marchesa mi conficcò le dita nella spalla con una forza inattesa. «Zoe, no. Non devi fidarti di quella donna. La Somma Sacerdotessa ha in mente solo il suo obiettivo, di tutto il resto non le importa niente. Ti ingannerà con ogni mezzo possibile».

Ricambiai con fermezza lo sguardo della marchesa e non potei fare a meno di constatare che, ora che il suo respiro si era calmato, le guance avevano ricominciato a perdere colore. L’effetto del veleno iniziava a svanire e, con lui, anche il tempo in più che le aveva concesso. Se volevo che quegli occhi verdi continuassero a splendere, dovevo agire subito, indipendentemente dall’opinione della marchesa sul patto che avevo stretto con Nechbet.

«Anch’io questa notte ho un solo obiettivo in mente» dissi nel mio miglior tono hollywoodiano. «Ed è quello di non lasciarvi morire». Prima che la marchesa avesse il tempo di ribattere mi

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alzai in piedi. Come immaginavo, era troppo debole per trattenermi.

Nechbet si era tenuta in disparte insieme a Sir Henry e, mentre gli mostrava il frammento di specchio che aveva preso nel camerino del duca, probabilmente gli spiegò il motivo della mia visita. Quando mi avvicinai, il padrone di casa sparì dicendo che aveva delle faccende di cui occuparsi. Benissimo, della sua presenza non mi importava.

«Pronta a richiamare in vita lo specchio?» mi chiese Nechbet.

Sollevai il mento con fermezza. «Prima facciamo, meglio è. Ma abbiamo un problemino: per evocare la magia ci serve la luce della luna piena. Sicuro che voi intelligentoni non ci avete pensato».

Il sorriso di Nechbet era freddo come i suoi occhi grigi. «A quanto pare ti sei dimenticata del piccolo gioiello che ho preso in prestito dal tempio di Thot» disse estraendo dalla scollatura il ciondolo a forma di perla che sembrava una luna piena in miniatura. Con il suo ausilio il camerino del duca era stato inondato di luce lunare e il frammento si era staccato dallo specchio in cui era incorporato. Poi Nechbet diede istruzioni a Bauchau di azionare una leva montata sulla parete, e dal soffitto calò un lampadario di cristallo. Ma non era tutto. Grazie a un meccanismo nascosto lo sfarzoso lampadario ruotò intorno al proprio asse e anche i bracci si mossero delicatamente, come sfiorati da una brezza invisibile.

«Wow, la prima mirrorball della storia, sono impressionata» dissi senza battere ciglio.

La Somma Sacerdotessa mi ignorò e aprì il ciondolo. Ne uscì

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un fascio di luce fredda che venne riflessa dalle pareti argentee e andò a infilarsi nel lampadario, risvegliando con una scintilla i tanti cristalli di cui era composto.

In un baleno la Sala della luna si riempì di un bagliore reso sempre più chiaro da lampi di luce tutt’intorno.

Totalmente frastornata, fissavo i fuochi d’artificio sopra la mia testa, che aumentarono d’intensità finché la sala non fu immersa in una luce argentea.

«Al lampadario sono appesi tanti minuscoli frammenti di specchio di luna» constatai con stupore.

Nechbet si era costruita da sola il frammento di grandi dimensioni di cui aveva bisogno. Davvero ingegnosa, quella donna. E funzionava. Sentivo crescere la forza dello specchio, avvertivo nello stomaco la solita sensazione che annunciava la presenza della magia del chiaro di luna quando mi trovavo al suo cospetto. D’un tratto il mondo sembrò perdere solidità, i contorni sfumavano, le cose si facevano liquide, come se da un momento all’altro tutto intorno a me potesse dissolversi e poi di nuovo ricomporsi, in un’altra epoca. E tutto ciò unicamente grazie alla luce della luna riflessa. Mi sforzai di tornare in me prima che quel vortice mi risucchiasse.

“Concentrazione adamantina” ordinai a me stessa. “Altrimenti la marchesa si tramuterà in una statua di vetro perché ti sei distratta a guardare due specchietti luccicanti”. Per restare lucida non c’era niente di meglio di un confronto tecnico con Nechbet, alias la Maledizione del Faraone.

«Mi stavo giusto chiedendo come avreste messo in pratica la

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vostra idea di lavorare con due frammenti di grandi dimensioni» dissi «dato che la Società Occulta non è ancora riuscita a impossessarsi del frammento degli Arlington»

«Il bisogno aguzza l’ingegno. Per scoprire se il nostro mosaico funziona, però, dovrai prima risvegliare il frammento del duca. Sarà meglio mettersi al lavoro». Nechbet non si curava di nascondere la sua impazienza, eppure quando feci per afferrare il frammento, lo ritrasse. «Procederemo in questo modo: posizioneremo la marchesa fra di noi. L’effetto del veleno sta svanendo e presto non riuscirà a reggersi in piedi».

In effetti sembrava che la marchesa dovesse compiere uno sforzo considerevole anche solo per restare seduta, cosa non da poco per una donna tanto orgogliosa.

Avrei voluto correre da lei, ma Nechbet schioccò le dita per richiamarmi all’ordine. Se non fosse riuscita a tornare al tempio di Osiride, aveva un futuro come addestratrice cinofila.

La Somma Sacerdotessa mi fissò minacciosa. «Se stai pensando di fuggire durante l’incantesimo del chiaro di luna, toglitelo dalla testa. Ti starò di fronte tutto il tempo e osserverò con attenzione ogni tuo movimento. In aggiunta, dietro di te ci sarà il mio sottoposto. Se ti saltasse il ticchio di sparire nel futuro insieme alla tua amica, ci arriveresti sotto forma di cadavere. Lo stesso vale se pensi di andartene da sola nel passato».

Bauchau, inespressivo come sempre, mi mostrò la punta di una lama affilata. Non serviva altro, era evidente che si trattava di un’arma letale. E quell’uomo non avrebbe esitato un istante a conficcarmela nella schiena, se lo voleva la sua padrona.

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«Sarete orgogliosa del vostro tirapiedi, è un vero tesoro» mugugnai.

Purtroppo Nechbet era impermeabile a ogni forma di ironia. «Provengo da un’epoca in cui non solo si sapeva come riportare in vita i morti, ma anche come indurre i servitori a un’obbedienza incondizionata».

Sir Henry, che era appena tornato, annuì, visibilmente colpito. «Si tratta di un rituale antichissimo ed estremamente pericoloso a cui ho avuto l’onore di assistere. Il futuro servitore viene spaccato come un vaso e l’essenza racchiusa al suo interno estratta per mezzo della magia nera e poi trasferita in un altro recipiente. La luce dell’anima di Bauchau ora appartiene alla sua padrona, lo si vede dai suoi occhi grigi e spenti».

Sir Henry raccontò tutte quelle cose con l’entusiasmo di chi non aveva esitato a tradire il fratello del suo migliore amico per perseguire i propri scopi. Qualunque cosa Nechbet avesse in mente di farmi, non potevo sperare di ottenere aiuto da un uomo del genere. E la cosa più spaventosa era che a lui non aveva nemmeno dovuto rubare la luce dell’anima.

In quel momento, però, mi resi conto di una cosa ancora più importante. «Questo spiega anche il vostro comportamento gelido da Terminator in missione» le dissi. «Voi stessa non avete viaggiato nel tempo volontariamente, né per convinzione, ma perché qualcuno ve l’ha imposto. Anche i vostri occhi sono grigi quando non li nascondete dietro alle lenti a contatto colorate»

«È un onore poter servire il tempio di Osiride. La luce della mia anima è custodita al sicuro ai piedi della sua statua, poiché io

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sono la sua vera servitrice. Con il viaggio nel tempo, tuttavia, devo essere entrata in un particolare stato che mi consente di sopravvivere anche lontano dalla luce della mia anima» spiegò la Somma Sacerdotessa, cui non doveva piacere l’idea di passare per una marionetta priva di volontà. In ogni caso mi fissava come se avessi versato un carico di sale nel suo latte al caramello, o in qualunque fosse la bevanda più in voga nell’Antico Egitto. «Siccome, da quanto vedo, nessuno ti ha insegnato come ci si comporta al cospetto di un potere superiore, ti chiarirò le cose: o giochi secondo le mie regole, o te ne andrai prima di fare ritorno alla tua epoca».

Senza dire una parola, Bauchau si spostò dietro di me. Non c’era bisogno che mi arrischiassi a controllare: era chiaro che aveva messo la lama in posizione.

Dalla chaise-longue risuonò un’imprecazione poco signorile, ma la voce della marchesa era spaventosamente roca. La forza che l’aveva animata dopo l’iniezione di veleno la stava abbandonando. «Brutto insolente, come osate minacciare Zoe? Non è un giocattolino che potete trattare come vi pare e piace»

«Per favore, non vi agitate» la interruppi. «Del coltello sulla mia schiena non mi preoccupo, non ho certo intenzione di lasciare adesso il 1816, e se decidessi di scappare nel passato non ci guadagnerei nulla, perché voi vi trasformereste comunque in una statua di vetro. La Somma Sacerdotessa è l’unica a sapere come dirigere in avanti il salto sulla linea del tempo. Ora voi farete ritorno nella vostra epoca; per me il futuro in questo momento è fuori discussione, ho ancora delle responsabilità qui». Per esempio nei confronti di un certo Lord Falcon-Smith, che era rima-

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sto solo soletto al Ballo d’inverno invece di trovarsi nel presente a sgobbare sui libri per il prossimo esame di Giurisprudenza. No, sarei tornata nella mia epoca solamente insieme a Hayden. Dopotutto era colpa mia se aveva avuto il piacere di conoscere la vecchia Londra al fioco bagliore dei lampioni a gas.

«Non avete nulla di cui preoccuparvi, sono una persona che mantiene le promesse» chiarii a Nechbet.

La Somma Sacerdotessa scrollò le spalle. «Lo spero bene! Mi dispiacerebbe assai rinunciare alla tua presenza come seconda àncora nel mare ondoso del tempo. Chi può dire quando la magia del chiaro di luna spedirà in quest’epoca tediosa un’altra persona proveniente dal futuro?»

Sir Henry emise uno sbuffo d’indignazione, ma per il resto si trattenne in maniera esemplare. Avevo l’impressione che quell’uomo temesse Nechbet più di quanto la riverisse.

«Vediamo di scoprire se la vostra idea delle due ancore temporali funziona finché abbiamo una persona da far viaggiare nel tempo. La marchesa scolorisce a vista d’occhio» dissi allungando la mano impaziente.

La Somma Sacerdotessa mi porse il frammento del duca, quel pezzo di luce lunare solidificata dalla superficie liscia che brillava d’argento.

Non appena vi posai le dita, l’artefatto fu come percorso da un moto lieve, come se stesse davvero prendendo vita. Ok, il frammento di specchio reagiva ancora al mio tocco. Fin qui, tutto bene. E manteneva la sua forma. Quando lo esposi alla luce tremula del lampadario, riflesse con forza il chiarore della luna. La lu-

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ce che custodiva dentro di sé rispondeva a quella dei suoi tanti fratelli minori.

Mi spostai con cautela davanti alla chaise-longue, per evitare che la magia mi catapultasse in una porta temporale come era successo nella cripta.

La marchesa cercava di non accasciarsi. Doveva essere una vera impresa, era chiaro che le forze vitali la stavano abbandonando. Il suo viso perdeva colore a ogni respiro, e la mano che teneva sul petto iniziava a diventare trasparente. Sotto la luce pallida della luna, aveva l’aspetto di un fantasma.

«Dovete toccare il frammento di specchio, solo così la magia potrà farvi viaggiare» spiegai alla marchesa. La mia voce risuonava lontana, come se le parole che avevo pronunciato stessero già attraversando il tempo e lo spazio. La magia iniziava a fare effetto, non c’erano dubbi.

Da qualche parte nella sala sentii Sir Henry sussurrare qualcosa a un domestico, mentre la lama di Bauchau incombeva sulle mie spalle come un’ombra malvagia. Lasciandomi però del tutto indifferente.

L’unica cosa che contava era la sopravvivenza della marchesa. Constatai con orrore che non si muoveva. Che fosse già troppo debole anche solo per alzare un braccio?

Se non altro, ricambiò il mio sguardo interrogativo. «Zoe, farò quello che mi chiedi solamente se vieni anche tu» sussurrò con un filo di voce.

«Non se ne parla». Non osai nemmeno scuotere la testa, casomai Bauchau fraintendesse il movimento.

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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Rotolito spa (Pioltello, MI) nel mese di marzo 2024

Zoe, prigioniera nel passato della Società Occulta, scopre con orrore i lati più oscuri del potere della sacerdotessa Nechbet. Hayden intanto accetta una pericolosa alleanza, che sembra l’unico modo per ritornare sani e salvi nel presente. L’inevitabile scontro finale avrà luogo durante un’ultima scintillante festa nella Londra del 1816, animata da inattesi colpi di scena, discorsi entusiasmanti e temute proposte di matrimonio. Il potere del chiaro di luna si manifesterà ancora una volta nelle vite di Zoe e Hayden, nel frattempo alle prese con una magia molto più intensa e imprevedibile: quella dei loro sentimenti.

Non ci sono dubbi: l’amicizia tra donne è un vero e proprio elisir di lunga vita! Che fare però quando un’amica ci chiede un consiglio, e la nostra opinione potrebbe causarle qualche dispiacere? Mentire, tacere, cambiare discorso? Sarebbe la soluzione più facile, ma indegna di una vera signora. Dobbiamo confidare nel fatto di avere la risposta giusta dentro di noi. E di essere l’amica fidata che noi stesse ci meritiamo.

#LadyWhisper

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