I Fuoriposto. Il campeggio della luna piena

Page 1

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Luca Di Gialleonardo

I Fuoriposto. Il campeggio della luna piena disegni di Betti Greco

della stessa serie:

I Fuoriposto. La mummia scomparsa

I Fuoriposto. Dolcetti micidiali

ISBN 979-12-221-0475-1

Prima edizione aprile 2024

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2028 2027 2026 2025 2024

© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Illustrazione in copertina di Betti Greco

Art-director: Stefano Rossetti

Graphic designer: Riccardo Gola / PEPE nymi

Gallucci e il logo sono marchi registrati

Se non riesci a procurarti un nostro titolo in libreria, ordinalo su:

galluccieditore.com

Il marchio FSC® garantisce che questo volume è realizzato con carta proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile e da altre fonti controllate, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su https://ic.fsc.org/en e https://it.fsc.org/it-it

Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.

Luca Di Gialleonardo

Il campeggio della luna piena

• I FUORIPOSTO •

disegni di Betti Greco

Ad Achille.

Il tuo sorriso non lo dimenticherò mai.

16 luglio

Beba tremava, ma non per il freddo. Era una estate molto calda, anzi, e il sudore le scorreva sulla fronte e lungo la schiena. Ironia della sorte, si era nascosta in quella che un tempo doveva essere stata una cella frigorifera.

Un ambiente privo di finestre, con una pesante porta a tenuta stagna, in grado di trattenere il freddo e bloccare ogni più piccolo spiffero. Ora, invece, serviva solo a rendere l’aria irrespirabile e a creare una cappa ancora più opprimente.

E Beba tremava, scossa da spasmi di paura. Strinse la mandibola, per evitare che i denti battessero. Sapeva che quella porta massiccia isolava anche dai rumori, ma non voleva provocare il minimo richiamo.

5 1
Plic… Plic… Plic…

Se l’avessero trovata, sarebbe stata la fine.

Laura!

Dov’era la sua amica? Beba era finita lì per rincorrerla, ma poi l’aveva persa di vista. Forse era stata catturata. Forse era in pericolo. Doveva aiutarla, ma…

Aveva paura.

Plic… Plic… Plic…

Qualcosa gocciolava da qualche parte. Era buio, non riusciva a capire da dove arrivasse il rumore. Sapeva che quella era una cella frigorifera solo perché aveva letto la targhetta sulla porta. Un’immagine fugace degli scaffali ormai vuoti da anni, registrata prima di rifugiarsi lì, poi tutto era stato divorato dal buio.

Un sentore di marcio le grattava l’interno delle narici, cercava di prenderla alla gola per scatenarle un conato di disgusto.

Erano passi quelli che sentiva oltre la soglia? L’avevano trovata?

Il clang della maniglia che veniva abbassata le fornì una risposta.

6

12 giugno

Il sindaco di Averna sorrideva davanti alla telecamera, mentre annunciava che il comune si era impegnato per rendere la prossima estate densa di eventi in grado non solo di allietare le serate dei cittadini avernesi, ma anche di attirare turisti da tutta Italia. Tuttavia, quando il giornalista gli chiese di fare qualche esempio degli eventi che aveva in programma, il sindaco rispose in modo vago, senza entrare nei dettagli.

«Non c’è niente di meglio?» chiese Beba, sprofondata sulla poltrona rosa e morbidosa di Laura. Era convinta che prima o poi gli occhioni ricamati sullo schienale si sarebbero animati, piegandosi in uno sguardo assassino, mentre le pieghe

7 2
Guerra alla prof

vellutate di quella cosa infernale la inglobavano strappandole il respiro.

Ma nella cameretta da Barbie di Laura, dato che il letto era occupato da lei, l’unica alternativa era sedersi alla scrivania, su una sedia che tutto sembrava, tranne che comoda.

«Dobbiamo guardare sempre il telegiornale se vogliamo diventare delle brave giornaliste» rispose l’amica, masticando un pop-corn.

Anche Beba aveva il proprio sacchetto sulle gambe e si riempì la bocca con una bella manciata. Non era golosa, ma i pop-corn le piacevano parecchio.

Bofonchiò qualche parola distorta dallo sgranocchiamento.

«Lo so che è noioso» disse Laura, che incredibilmente aveva capito. «Ma si tratta di lavoro».

Intanto la speaker aveva iniziato a parlare di una villa poco fuori Frosinone svaligiata dai ladri.

Passò la linea a un collega per avere un commento dai passanti, che sbraitavano contro gli stranieri che venivano a rubare.

«Almeno guardiamo il telegiornale nazionale, non quello provinciale».

Beba portò la bustina davanti al viso, alla ri-

8

cerca di qualche altro pop-corn. Restavano solo briciole.

«Queste notizie sono più vicine a noi, le capiamo meglio»

«Tanto…» iniziò Beba, quando la porta della cameretta si aprì di colpo, accompagnata da un “Buh!” che le fece scappare di mano il sacchetto vuoto.

«Paolo!» esclamò Laura tirando su gli occhiali che le erano scesi sul naso per lo spavento.

«Sempre il solito babbeo» commentò Beba, rivolto al fratello dell’amica.

Raccolse la bustina e d’istinto guardò di nuovo dentro, nella vana speranza che si fossero generati altri pop-corn. Si accorse che Laura, distratta, aveva lasciato la sua sul letto.

“Avanti, che aspetti?” le sussurrò una vocina nell’orecchio destro. Beba sapeva che era solo nella sua testa, ma le sembrava lo stesso di vedere un diavoletto con le fattezze di Paolo sulla propria spalla. A volte la sua fantasia fin troppo sviluppata dava una forma ai pensieri.

“Ne hai già mangiato un pacchetto intero, e poi rubare è sbagliato” le arrivò nell’orecchio sinistro. Era un angioletto con la faccia e i ricci di Laura, sempre pronto a darle saggi consigli.

9

Le bastò un rapido gesto per scambiare i due sacchetti.

Non farti mai scappare un momento felice, diceva la nonna. Certo, raccomandava anche di comportarsi sempre in modo onesto…

«Ma non dovevate essere al club, voi due?»

chiese Paolo. Sedette a cavalcioni sulla sedia vicino alla scrivania, appoggiando le braccia sullo schienale. Si tirò indietro i capelli lunghi. Se Laura aveva una massa di ricci che le facevano la testa a palla, lui aveva una chioma liscia e luminosa.

Beba distolse lo sguardo. Non capiva perché ogni volta che Paolo si aggiustava il ciuffo lei provava un senso di disagio.

«Certo che dovevamo essere al club!» scattò Laura, facendosi rossa in viso.

Quando s’inalberava in quel modo metteva quasi paura. «La Lapetti non l’avrà vinta!»

Beba sospirò. Anche lei si era fatta prendere dalla rabbia

10

contro la nuova preside, poi era sopraggiunta la rassegnazione.

«Si può sapere che succede?» Paolo guardava le immagini in televisione: una nuova palestra stava aprendo i battenti in un paese vicino.

«Ha chiuso tutti i club!» rispose Laura.

Paolo tornò a prestare attenzione, perdendo il solito sorriso sarcastico. «Cosa ha fatto?»

«Oggi pomeriggio siamo andate a scuola» spiegò Beba. «Ma sulla porta d’ingresso c’era un cartello che diceva che le attività dei club saranno sospese per tutto il periodo di chiusura estiva»

«Con la Belli i club sono rimasti aperti sempre, anche durante le vacanze!» Paolo cominciava a innervosirsi.

«Appunto, con la Belli» puntualizzò Beba.

La precedente preside della scuola media Galileo Galilei, Maria Belli, aveva sempre spinto i ragazzi ad associarsi in club e metteva a disposizione i locali scolastici perché coltivassero le proprie passioni. Beba le voleva bene, anche perché era stata la prima a rendersi conto che lei era una ragazza plusdotata e che si sentiva fuori posto in una scuola che poco riusciva a stimolare la sua intelligenza, più acuta rispetto ai coetanei. Pur-

11

troppo, però, era andata da poco in pensione e il suo posto era stato preso da Cecilia Lapetti, la prof di matematica, che invece sembrava avercela con lei per chissà quale motivo. Be’, pensò Beba in un attimo di autocritica, in effetti di motivi ne aveva parecchi, visto che non stava mai attenta in classe e non perdeva occasione per stuzzicarla. «Inaudito!» strillò Laura. Era talmente rossa in faccia che Beba temeva le prendessero fuoco i capelli. Per una volta sembrava anche in difficoltà a tirar fuori le parole, lei che era chiamata “Mitraglia” dal fratello per la sua parlantina.

Il club del giornalino era un’attività in cui metteva grande passione. Fino a qualche mese prima lo aveva portato avanti da sola, nella vecchia aula d’informatica, finché la Belli non aveva costretto Beba a iscriversi a sua volta. E loro due continuavano a esserne gli unici membri, a parte Dante Pilozzi, che ogni tanto pubblicava da esterno una puntata della sua assurda e sgrammaticata serie di racconti dedicata al Conte Miagola, un gatto vampiro – amato dai lettori, a quanto pareva.

Intanto, il telegiornale era passato alla pagina sportiva e raccontava delle partite giocate da piccole squadre in serie dilettantistiche. Paolo ci

12

buttava di continuo un occhio, ma sembrava che la questione dei club gli interessasse di più. «Non può farlo»

«Invece sì» ribatté Beba. «Abbiamo pure protestato. C’erano un sacco di studenti che volevano entrare e qualcuno ha cominciato a prendere a pugni il portone. La Lapetti è scesa a parlarci. Almeno ci ha messo la faccia, dobbiamo ammetterlo»

«Sì, come no!» ribatté Laura. «È solo uscita a ribadire quello che c’era scritto sul cartello. Bisogna contenere le spese! Ma quali spese?»

«Quelle del personale che tiene aperta la scuola per noi» spiegò Beba, come se fosse ovvio.

«Non serve quel personale, possiamo fare da soli» sentenziò Laura.

Beba evitò di ricordarle che degli adulti a controllo di un branco di bambini scatenati erano più che necessari.

«Secondo voi a settembre potremo davvero riprendere le attività dei club?» domandò Laura poco dopo, spegnendo la televisione.

Beba sgranocchiò qualche pop-corn. «Non lo so. La prof ha detto di sì, ma non mi sembrava convinta. E se davvero la scuola non avesse sol-

13

di per queste attività extra? Quando andavo alle elementari mi dovevo portare la carta igienica da casa, perché l’istituto non poteva comprarla»

«Non dirmi così! Come faremo senza giornalino?»

«Mica vi servono i locali della scuola, no?» intervenne Paolo. «Oggi siete qui a casa nostra, potreste farlo anche quando la scuola riaprirà»

«Sì, ma invece di lavorare ci siamo messe a guardare la televisione e a mangiare pop-corn» gli fece notare Laura.

«Stavamo studiando giornalismo». Beba si riempì la bocca con gli ultimi resti del sacchetto, prima che lei si accorgesse dello scambio.

«Certo, mica sono così contento di averti in giro troppo spesso, secca» le disse Paolo tornando a sogghignare.

«Sapessi quanto sono felice io di vedere te» ribatté lei, consapevole di dover trovare qualcosa di più sarcastico. «Ma tu non dovresti studiare per gli esami? Ah, no, dimenticavo che non ci sei ancora arrivato, in terza» aggiunse, rendendosi subito conto di non essere stata pungente: era stata solo cattiva a ricordargli che quell’anno aveva dovuto ripetere la seconda media. «Scusa» sussurrò.

14

Ma lui non sembrava essersela presa. «Ci pensi che stavolta mi hanno promosso? Eppure non ho studiato di più dell’anno scorso»

«Volevi essere bocciato due anni di seguito?» gli chiese Laura.

Lui si strinse nelle spalle. «Come possono essere credibili i professori se ti promuovono quando non studi? Scommetto che invece tu hai preso tutti 10, saputella come sei»

«Invece ti sbagli» ribatté Beba, con un pizzico di disappunto. In matematica aveva preso 8. Come faceva a non odiare la Lapetti? Le aveva rovinato la media e di certo lo avrebbe fatto anche in seconda e in terza, inventandosi chissà quali scuse.

«Tuo fratello sta studiando?» chiese Paolo, con una noncuranza che sembrava finta.

«Sembra di sì. Ha deciso di iscriversi al classico, pensa».

Paolo ridacchiò. «Ma se era più capra di me»

«Però lui è sempre stato promosso» fece lei, visto che lui non sembrava permaloso su quel tema.

Paolo si strinse nelle spalle. «Solo perché è un gran ruffiano con i professori».

Beba decise di lasciar cadere l’argomento. Che

15

Renato e Paolo non si potessero vedere era cosa risaputa e lei di certo non aveva voglia di difendere suo fratello, visto che non se lo meritava. Ma neppure voleva allearsi con Paolo per dargli contro. Guardò l’orologio. «Forse è meglio se torno a casa»

«Ma no, resta a cena» la invitò Laura.

Si sentiva sempre in imbarazzo a casa di Laura e Paolo. Loro due erano i figli di Giacomo Spodini, il proprietario della fabbrica di biscotti che dava lavoro a metà degli abitanti di Averna, tra cui sua madre e, un tempo, anche suo padre, prima che abbandonasse la famiglia.

La famiglia Spodini era ricca, mentre la sua era molto modesta. Avevano una sola televisione e nemmeno tanto moderna, mentre Laura ne aveva una 4k tutta sua in camera.

«Stasera viene Carlo con la sua nuova ragazza» disse Paolo.

«Carlo è nostro cugino» spiegò Laura. «Ha ventidue anni»

«È un gran figo» aggiunse Paolo. «A Natale mi ha fatto guidare la sua moto»

«Cosa?» scattò Laura. «Se lo sapesse papà!»

«Solo qui in cortile» precisò lui. «Mica è matto».

Beba si tirò su con fatica. Quella poltrona era

16

comodissima, ma era anche una trappola. «Va bene, io vado, allora»

«No, tu resti qui» disse Laura «se no a me tocca passare tutta la sera a guardare Paolo che fissa Carlo con occhi da innamorato».

17

Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di marzo 2024 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.