Ex Magazzino Vini Trieste

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EX MAGAZZINO VINI TRIESTE


Progetto editoriale Forma Edizioni srl Firenze, Italia redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it Direzione editoriale Laura Andreini Consulenza editoriale Riccardo Bruscagli Redazione Maria Giulia Caliri Livia D’Aliasi Beatrice Papucci Progetto grafico e impaginazione Silvia Agozzino Elisa Balducci Augustina Cocco Canuda Isabella Peruzzi Mauro Sampaolesi Alessandra Smiderle Fotolitografia LAB di Gallotti Giuseppe Fulvio Firenze, Italia Testi © gli autori Crediti fotografici © Pietro Savorelli; pp. 8-9, 14-47, 52-119 Image © 2018 DigitalGlobe / Image © 2018 TerraMetrics; pp. 12-13 © Donato Riccesi; pp. 48-49, 50, 51 © Claudio Visintini; pp. 158, 166-167 © Gabriele Crozzoli; pp. 159-165, 168-241

© 2018 Forma Edizioni srl, Firenze, Italia L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche non individuate. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore, fatti salvi gli obblighi di legge previsti dall’art. 68, commi 3, 4, 5 e 6 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Prima edizione: ottobre 2018


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PREFAZIONE ROBERTO DIPIAZZA / SINDACO DI TRIESTE

142 LA SCALA: UNA SALITA DALL’ ACQUA VERSO IL CIELO MARCO CASAMONTI

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INTRODUZIONE MASSIMO PANICCIA / PRESIDENTE FONDAZIONE CRTRIESTE –

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IL PATRIMONIO ESISTENTE COME RISORSA PER IL FUTURO LUCA MOLINARI –

120 UN CUBO DI VETRO DENTRO UN CUBO DI PIETRA MARCO CASAMONTI

Contributi fotografici di PIETRO SAVORELLI DONATO RICCESI CLAUDIO VISINTINI GABRIELE CROZZOLI

148 COSTRUIRE UN EDIFICIO NEL MARE TOMMASO TASSI / F&M INGEGNERIA –

156 DIARIO DI CANTIERE MARCO CASAMONTI –

242 CREDITI DI PROGETTO




IL PATRIMONIO ESISTENTE COME RISORSA PER IL FUTURO

Luca Molinari

L’architettura italiana si è sempre contraddistinta per una straordinaria capacità di lavorare sull’esistente trasformandolo, ogni volta, in una preziosa occasione per ripensare il suo ruolo urbano e le potenzialità che il nuovo intervento possono scatenare. Una delle riflessioni che mi hanno colpito nelle pagine dell’ Autobiografia Scientifica di Aldo Rossi riguarda il potere che ha l’architettura di sopravvivere alle funzioni per cui era stata pensata originariamente. Lo spazio, se ben pensato e costruito, rimane malgrado tutto e si pone come occasione latente da ripensare e immaginare con i pensieri e gli occhi che guardano al futuro e alla vita che cambia. Quella che in questi anni definiamo come condizione dell’abbandono non è altro che la dichiarazione di fallimento di una società che non riesce a guardare nei luoghi che la circondano come a un’occasione di costruire forme di futuro diverse, alternative e capaci di rianimare energie latenti. Le città italiane ed europee sono degli straordinari campionari di quest’atteggiamento culturale e costruttivo definendo un atlante fisico e mentale di mondi che vivono di una metamorfosi continua, sottile e diffusa che rappresenta il DNA della nostra cultura urbana. La pressione demografica che diventa densità fisica e abitativa, la mancanza di risorse, una geografia che obbliga alla prossimità e un patrimonio storico che impone attenzione all’esistente sono alla base del costruire europeo e mediterraneo e continuano a rappresentare una risorsa potenziale incredibile per chi non si rassegna a guardare alle nostre città solamente come a luoghi di memoria mummificata e nostalgia. Non si tratta di un fenomeno recente ma di un carattere di lunga durata che è radicato nella nostra mente e in tutti i nostri sensi. Lo ritroviamo nelle centinaia di ricette che riutilizzano materie già cucinate nei giorni precedenti, in un artigianato sapiente che fa del riciclo un’arte sofisticata e nell’architettura che plasma continuamente ogni volume e sezione di impianti esistenti ripensandoli con sorprendente visionarietà. Il recupero dell’ex Magazzino Vini appena terminato da Archea Associati nel cuore del porto vecchio di Trieste è uno di questi esempi virtuosi. Costruito all’inizio del secolo scorso, posto al fianco della Pescheria e a pochi metri da Piazza Venezia, con una tipologia tradizionale di un grande spazio unitario realizzato in blocchi di arenaria, finitura in intonaco e una copertura (oggi scomparsa) a falda, giaceva da tempo come rovina abbandonata vittima dell’incuria e di una discussione senza fine sui destini di questa porzione strategica della città giuliana. La scelta progettuale, in parte obbligata dai vincoli ma non scontata, è quella di 10


mantenere l’involucro originario e di ridefinire il senso di un nuovo edificio in questa porzione di città passando da architettura tecnica e di servizio a luogo d’attrazione commerciale e urbana. In questo caso il recupero e l’intervento diventano occasione per trasformare il progetto in un laboratorio tecnologico, come spesso capita allo studio fiorentino che non riesce giustamente a distinguere tra composizione dell’architettura e sua potenzialità costruttiva. Le vecchie pareti vengono sezionate e smontate. Il sedime rimane inalterato ma viene utilizzato nella sua massima capacità scavando due livelli sotto il livello della costa per aumentare la superficie utile e aggiungere un parcheggio sotterraneo grazie a sistema di paratie in cemento armato di grande importanza sia tecnologica che dell’investimento complessivo. Il gioco immaginato da Archea è quello della casa nella casa: mantenere la pelle originaria, l’immagine dell’edificio storico che non viene tradita, ed inserire al suo interno un nuovo volume, autonomo nella sua struttura e contemporaneo nelle tecnologie applicate per renderlo adeguato al nuovo uso che lo attende. Ma la scelta di lavorare sul doppio involucro è intelligentemente dichiarata generando una distanza visibile tra i due involucri che aumenta la profondità di percezione guardando verso l’interno dell’edificio e costruendo una sensazione di stupore nel passaggio dalla pelle storica al corpo contemporaneo grazie a una sorta di sottile fossato inondato d’acqua che dichiara la vera natura dell’edificio. Soprattutto sul lato che guarda verso la città questo effetto è ulteriormente aumentato grazie al vuoto che anticipa l’ingresso interno definito da un ampio ponte centrale e da due scale monumentali che portano ai diversi livelli e che sono governate da geometrie differenti, sinuose, che dichiarano il carattere del nuovo progetto. Già nell’intervento della Biblioteca di Nembro, realizzata da Archea una decina di anni fa, si era optato per una strategia simile, anche se opposta, avvolgendo il volume esistente da una pelle di pannelli ceramici rosso fuoco che facevano filtrare una luce colorata all’interno rivelando gli ambienti di lettura interni. In questo caso il gioco si ribalta, mantenendo la memoria esterna dell’ex Magazzino Vini e giocando sulla scoperta di un nuovo cuore contemporaneo. A questo effetto collabora anche la nuova copertura metallica che si appoggia unicamente al volume contemporaneo arretrato rispetto al sedime esistente ma che arriva a definire con la propria struttura il confine storico. Adesso quella che era la rovina dimenticata dell’ex Magazzino Vini è un inedito, piccolo, centro nel cuore del Porto che ancora fatica a trovare una sua identità a dimostrazione che l’architettura ha ancora il potere di ridefinire i calibri fragili delle nostre città e la potenzialità di attivare possibilità che sembravano inasperate.

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UN CUBO DI VETRO DENTRO UN CUBO DI PIETRA

Marco Casamonti

La metafora della casa dentro la casa, esplicitata nell’immagine della “matrioska”, appartiene alla natura dell’edificio originario: esternamente palazzo e all’interno luogo di raccolta del vino. Insomma l’ex Magazzino Vini ha sempre avuto una straordinaria quanto interessante doppia natura: verso l’esterno presenta un’architettura civile dotata di finestre e partito architettonico, capace di dialogare con il contesto urbano, all’interno un’accumulazione di cisterne rivestite da piastrelle di vetro per consentire lo svolgimento della sua funzione di attrezzatura portuale. Anche costruttivamente si trattava già originariamente di un muro solido a circondare tini in cemento coperti da una struttura leggera in metallo. Tutt’attorno, verso l’esterno, una sorta di panca di via pensata come piano di carico rialzato ma soprattutto utile per proteggere il prezioso contenuto dall’eventualità dell’acqua alta che ancora oggi nelle giornate invernali di scirocco invade le Rive. Pertanto, non solo per volere della locale Soprintendenza, ma per una condivisibile idea di stabilità del manufatto nell’immaginario urbano di Trieste, tali elementi sono stati utilizzati quale struttura narrativa di un testo architettonico tanto semplice sul piano compositivo quanto complesso e quindi, di rimando, impegnativo sul piano costruttivo. Il nuovo edificio, come per trasposizione dell’idea architettonica d’origine, propone una doppia natura che si specchia nell’ipotesi di un edificio dentro un altro: il primo, esterno, antico e opportunamente restaurato, e il secondo, vitreo, contemporaneo, come una sorta di contenitore staccato dal proprio involucro. In mezzo un canale d’acqua che sembra far fluttuare i due manufatti l’uno dentro l’altro come anticamente il vino nei tini. Uno appartiene alla città, al suo disegno, alla sua solidità di pietra, l’altro appartiene alla vita delle Rive, alla sua nuova vocazione turistica postindustriale. Non c’è dubbio, in ogni caso, che la conservazione della memoria e la sua attualizzazione nella vita contemporanea della città costituiscano consciamente la sostanza del progetto di oggi. Così anche i materiali, e quindi la sua costituzione fisica, derivano da questa fin troppo evidente struttura narrativa, dove l’interno del muro storico è stato interamente rivestito in piccole piastrelle di vetro come lo erano un tempo le antiche cisterne, con l’unica variante del colore che da neutro si è fatto dorato, quale richiamo a una “presenza” viennese che rimanda al gusto secessionista sperimentato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento da straordinari personaggi quali Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich. L’uso esteso di superfici riflettenti e quindi del vetro nell’intercapedine tra i due involucri consente inoltre alla luce di “rimbalzare” e proiettarsi all’interno del nuovo edificio anche al livello più basso. Come è facile intuire, 120


data la posizione dell’edificio di fronte al mare, l’operazione di scavo ha richiesto un complesso e difficile intervento di smontaggio e conservazione del muro storico e, in un secondo momento, la costruzione di una paratia di pali secanti che consentissero di creare una vasca impermeabile sul cui perimetro è stato successivamente rimontato il muro storico per conci opportunamente tagliati e conservati, poi collegati e protetti strutturalmente da una fodera in calcestruzzo rivestita da tessere vitree colate a mano secondo la più antica tradizione veneziana. Tale procedimento di anastilosi ha reso possibile la realizzazione, al di sotto dell’intero perimetro originario, di un parcheggio sopra il quale, come sospeso su una lama d’acqua che ne riflette il profilo, poggia il nuovo cubo di vetro. Il passaggio tra i due involucri, quello murario antico e quello vitreo di oggi, è consentito da una serie di ponti che attraversano con leggerezza lo spazio dell’intercapedine permettendo di apprezzarne i reciproci riflessi. Tale spazio è stato poi coperto da un’ampia pensilina, di oltre tre metri di sbalzo, realizzata con supporti in acciaio e grandi lastre vetrate per consentire alla luce, e non alla pioggia, di entrare tra i due recinti, di cui il più esterno e solido è aperto, mentre quello interno, leggero e trasparente, è chiuso ermeticamente rispetto a condizioni climatiche che a Trieste, complice il vento di bora, sanno essere anche estreme. L’aspetto più suggestivo riguarda il tema degli affacci e la possibilità di vedere attraverso le finestre del muro storico un’altra facciata sospesa su un canale d’acqua sul quale non piove mai; solo il vento può far increspare la superficie e il riflesso dell’edificio diviene vibratile come per le barche ormeggiate lungo i moli. Tutt’attorno alla facciata originale il podio rialzato contiene le griglie di aerazione del parcheggio interrato cosicché l’acqua non possa mai penetrarvi all’interno. Si tratta di una barriera di protezione che a ogni raccordo con la quota delle Rive contiene un sistema pneumatico di chiusure stagne che preservano il parcheggio stesso dal rischio di allagamenti (naturalmente se l’acqua alta si mantiene al di sotto della quota di 80 centimetri del nuovo e dell’antico basamento). La copertura del cubo interno vetrato, oltre lo sbalzo in acciaio e vetro della pensilina, presenta una superficie rivestita di ceramiche di vari colori che virano dal grigio al celeste fino al blu, in modo che dalle case circostanti o dall’alto la pelle dell’edificio si mostri cangiante, confondendosi con la superficie del mare. Camini e sfiati sono nascosti dietro piccoli volumi troncoconici che animano il tetto rendendolo partecipe di un contesto urbano e naturale ampio e seducente come la linea di costa del litorale di Trieste.

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PROSPETTO OVEST

PROSPETTO SUD

S

O

124

0

2

5 m


PROSPETTO EST

PROSPETTO NORD

E

N

125


SEZIONE CC

C

C

128

0

2

5 m


PIANTA LIVELLO -2 / PARCHEGGIO

N

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DETTAGLIO CELLULE DI FACCIATA

+5.22 m

A SEZIONE ASSONOMETRICA 01. Montanti formati da piatti in acciaio cor-ten

B

B

+0.82 m

A

02. Traversi formati da piatti in acciaio cor-ten 03. Staffe di ancoraggio 04. Isolamento acustico dei traversi in materiale elastomerico 05. Profilo halfen continuo 06. Solaio in c.a. ––––––––––––––––––––––––––––––– SEZIONE VERTICALE AA Nodo facciata 01. Pavimento in microcemento 02. Sottofondo sabbia-cemento

STRALCIO STRUTTURA PORTANTE

03. Fan-coil a pavimento 04. Lastra esterna in vetro stratificato extrachiaro 05. Camera con gas Argon 06. Lastra centrale in vetro extrachiaro 07. Lastra interna in vetro stratificato extrachiaro 08. Rete di ottone posizionata nel PVB

01

09. Sigillatura in silicone 10. Piatti in acciaio cor-ten 11. Isolamento dei traversi in materiale elastomerico 12. Isolamento del marcapiano in lana minerale 13. Massetto alleggerito 14. Solaio in c.a.

02 20

––––––––––––––––––––––––––––––– SEZIONE ORIZZONTALE BB Nodo facciata

03

01. Profilo halfen continuo 02. Solaio in c.a. 03. Staffa di ancoraggio in acciaio zincato

04

04. Filo esterno solaio in c.a. 05. Isolamento in lana minerale 05

06. Piatto marcapiano in acciaio cor-ten 07. Montanti formati da piatti in acciaio cor-ten

06

08. Traversi formati da piatti in acciaio cor-ten 09. Rete di ottone posizionata nel PVB 10. Lastra interna in vetro stratificato extrachiaro 11. Camera con gas Argon 12. L astra centrale in vetro extrachiaro 13. Lastra esterna in vetro stratificato extrachiaro 14. Sigillatura in silicone

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SEZIONE ASSONOMETRICA


01 02 03 04 05 06 07 08 09 17

10

11

12

13 40

14

5.8 SEZIONE VERTICALE AA Nodo facciata 18.5

01 02

50

03

04 05 06 07

21

08 09 10 11 5.8

12

13 14

SEZIONE ORIZZONTALE BB Nodo facciata

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BELVEDERE SEZIONE E PROSPETTO

B

01

02

A B

03

A +5.22 m

04

05 06 07 08

09

10 11

+0.82 m

12

———————————————————————————————— SEZIONE AA

SEZIONE AA

01. P orta tipo Secco Sistemi completa di vetri extrachiari 02. Facciata in vetro extrachiaro 03. R ivestimento esterno in ottone brunito 04. Lamiera grecata 05. HEB 240 06. UPN 350

01

07. Isolante in polistirene 08. R ivestimento metallico interno in acciaio cor-ten 09. Tubolare 10. Pavimento in microcemento

+5.22 m

11. M assetto di cls con rete elettrosaldata

02 03

12. HEB 260

04

———————————————————————————————— SEZIONE BB 01. R ivestimento in ottone brunito

05

02. C orpi illuminanti lineari a led

06

03. UPN 350

07

04. HEB 240

08

05. Imbotte in ottone brunito 06. L astra esterna in vetro 12+12 stratificato extrachiaro 07. Camera con gas Argon 08. L astra interna in vetro 12+12 stratificato extrachiaro

09

09. Pavimento in microcemento

10

10. M assetto di cls con rete elettrosaldata 11. Lamiera grecata 12. Fan-coil a pavimento 13. UPN 320

11 +0.82 m

12 13 14

14. HEB 260 15. R ivestimento interno realizzato con piastrelle in vetro

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15 SEZIONE BB

0

50

100 cm


04 05

06

07

01

08

02

09 10 11 12

03

13 14 15

ESPLOSO ASSONOMETRICO

01

––––––––––––––––––––––––––––––– ESPLOSO ASSONOMETRICO 01. P iatto sagomato di rinforzo in acciaio cor-ten 02. Rivestimento in acciaio 03. Rivestimento metallico 04. Piatto di acciaio cor-ten 05. Pavimento in pietra

07. P annello isolante in poliuretano espanso

02 110

06. M assetto delle pendenze in cls alleggerito

08. Lamiera grecata 09. Solaio in c.a. 10. Piatto di acciaio cor-ten 11. UPN 400 03

13. T elaio metallico per opere in cartongesso

04

———————————————————————————————— DETTAGLIO PARAPETTO

05 06

40

15. Rivestimento metallico

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14. Controsoffitto in cartongesso

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12. HEB 280

01. R ivestimento pilastri in acciaio cor-ten 02. P arapetto in vetro stratificato extrachiaro

07

03. Pavimento in microcemento 04. Sottofondo sabbia-cemento 05. Massetto alleggerito 06. Profilo metallico a L 07. Piatto in acciaio cor-ten

DETTAGLIO PARAPETTO

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LA SCALA: UNA SALITA DALL’ ACQUA VERSO IL CIELO

Marco Casamonti

All’interno del progetto dell’ex Magazzino Vini di Trieste grande importanza rivestono i collegamenti verticali che mettono in connessione i nuovi livelli dell’edificio. Solitamente ci si riferisce al piano terra per “misurare” e “contare” i piani di un qualsiasi manufatto e, secondo questa visione “classica”, il complesso architettonico avrebbe due livelli interrati, un piano terra ed un piano primo coperto da un grande lastrico solare. Tuttavia, in questo caso, per la particolare conformazione architettonica ben individuabile in sezione, possiamo parlare di un piano realmente interrato solo per il livello del parcheggio, che occupa l’intera superficie del lotto, mentre per il soprastante livello dedicato ai servizi è più opportuno parlare di un piano sotto il livello del mare anche se non esattamente interrato giacché la terra è tenuta a distanza dall’intercapedine che stacca il fianco dell’edificio dal suolo consentendo la creazione di un canale d’acqua che circonda l’intero perimetro dell’edificio dotato, già da questa quota, di facciate completamente vetrate. Anche per il piano di ingresso, essendo rialzato di circa 80 centimetri rispetto al livello delle Rive per proteggere l’involucro dai rischi dell’acqua alta, la dizione “piano terra” risulta forse inappropriata così come il piano primo che sarebbe più congruo indicare come una sorta di mezzanino o soppalco giacché affaccia su un doppio volume posizionato al centro dell’edificio in modo da far permeare la luce naturale all’interno di un corpo di fabbrica molto generoso. Il collegamento tra i diversi livelli è garantito da quattro gruppi scala: due lato mare dedicati alle uscite di sicurezza e racchiusi tra muri rivestiti di mosaico dorato, due lato città pensati come scale per il pubblico poste all’interno di un volume unitario. All’interno di questo triplo volume invaso dall’acqua ottenuta attraverso la realizzazione di due grandi vasche poste sotto le scale a sbalzo si riflettono le diverse rampe in acciaio cor-ten dilatandosi e moltiplicandosi come in un gioco di specchi. Rispetto all’estrema e ricercata semplicità dell’impianto e dell’involucro vitreo le scale costituiscono un ossimoro pervaso di una ostentata monumentalità attraverso cui si realizza gran parte dell’apparato decorativo dell’intero edificio. Sono protagoniste e parte fondamentale dell’atrio, assolvono al compito della sala ipostila del foyer di un teatro, spiegano e disvelano, già dall’ingresso, il funzionamento dell’edificio attraversandolo come una promenade architecturale. Morfologicamente l’utilizzo di linee morbide e sinuose le contrappone alla durezza e regolarità dell’involucro rispetto al quale mostrano la propria autonomia indicando, con la fluidità del percorso, il fluttuare dell’intero complesso di fronte al mare.

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VISTA PROSPETTICA DELLA SCALA MONUMENTALE

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DIARIO DI CANTIERE

Marco Casamonti

La storia del cantiere e della realizzazione dell’ex Magazzino Vini, oggi frequentatissima sede del centro di ristorazione Eataly, appare insolitamente lunga poiché dalla sua gestazione progettuale – risalente al 2006-07 – fino ad arrivare alla sua inaugurazione – nel gennaio 2017 – sono passati dieci anni. Tuttavia, sebbene il lavoro e l’operatività della Fondazione CRTrieste – committente e proprietaria dell’opera – siano sempre stati fattivi e intensi, la realizzazione di questo relativamente piccolo manufatto è risultata complessa e difficile. Nonostante la collaborazione e la disponibilità degli enti preposti, la discussione intorno al progetto, per la sua importanza strategica lungo le Rive e per il ruolo antico del manufatto di fronte all’antica Pescheria, oggi centro espositivo, è stata lunga e articolata. In seguito alle prime ipotesi iniziali, dove si prevedeva la demolizione dell’originario contenitore per far posto a un centro congressi sul mare, la Sovrintendenza ha richiesto che le murature costruite nei primi anni del Novecento fossero mantenute o al massimo smontate e rimontate senza che l’integrità degli antichi paramenti fosse alterata. Ciò ha reso necessario prima il consolidamento degli antichi muri a secco in mattoni con iniezioni di cemento, poi l’imbracatura in gabbie metalliche di protezione degli stessi e infine il taglio con seghe ad acqua in singoli conci, spostati dalla propria sede. Finito di stoccare i pezzi del corpo originario, è iniziata la realizzazione di una paratia continua di pali secanti per costituire una barriera in calcestruzzo armato che proteggesse i livelli interrati dal rischio di penetrazione dell’acqua di mare. Successivamente è iniziata la fase di scavo e inserimento dei tiranti provvisionali di ancoraggio. Alla complessità di scavare nel mare si è aggiunta la problematicità della conservazione delle antiche murature e la difficoltà di smaltimento dei materiali di scavo. Va ricordato, inoltre, che al momento dell’inizio dei lavori non si conosceva l’utente finale né l’esatta funzionalità dell’edificio, pertanto si è dovuto suddividere l’appalto in due lotti: il primo relativo alle opere strutturali principali e il secondo per le facciate, la copertura, gli impianti e in generale per tutte le finiture architettoniche. Il progetto è stato poi modificato e adattato alle esigenze di Eataly una volta raggiunto l’accordo tra la proprietà e il suo utilizzatore finale. Alla luce di quanto detto i dieci anni di cantiere, non sempre di piena operatività a causa di forze maggiori, assumono una dimensione più comprensibile. Nell’edificio tutto è curato nei dettagli, a partire dalle fondazioni concepite come una grande platea realizzata con la tecnica della cosiddetta “vasca bianca”, 156


159 12 giugno 2006


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28 dicembre 2010


165 28 dicembre 2010


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167 8 febbraio 2011


CREDITI DI PROGETTO

Luogo

Trieste, Italia

Programma

Riqualificazione dell’ex Magazzino Vini

Superficie costruita

3600 mq

Cronologia

1° lotto: 2010-2012 2° lotto: 2015-2017

Committente

Fondazione CRTrieste Presidente Dott. Massimo Paniccia

Responsabile del progetto

Dott. Paolo Santangelo Assistente Arch. Raffaella Paoletti

Progetto Architettonico

Archea Associati: Laura Andreini Marco Casamonti Silvia Fabi Giovanni Polazzi

Direzione lavori

1° lotto: F&M Ingegneria

Direzione artistica

1° lotto: Prof. Arch. Marco Casamonti

Direzione artistica e direzione lavori

2° lotto: Prof. Arch. Marco Casamonti

Assistenza alla direzione lavori

Arch. Alessandro Riccomi Arch. Matteo Chelazzi

Coordinatore alla sicurezza in fase di progettazione

Arch. Francesco Giordani

Coordinatore alla sicurezza in fase di esecuzione

Arch. Federico Toso

Assistenza al coordinatore alla sicurezza in fase di esecuzione

Arch. Claudio Visintini

Progetto strutturale

F&M Ingegneria Ing. Alessandro Favero Ing. Tommaso Tassi

Collaudo statico

Ing. Marina Palusa

Collaudo tecnico amministrativo

P.I. Giuseppe Stancic

Progetto impiantistico

Studio Ti Ing. Ennio Menotti Ing. Roberto Ricci P.I. Devis Lombardi P.I. Claudio Fabbri

Consulenza restauro architettonico

Arch. Rossella Gerbini

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Impresa costruzioni

1° lotto: Riccesi Costruzioni 2° lotto: Gruppo Simeon, Riccesi Costruzioni

Porte in cor-ten

Auroport

Profili infissi esterni

Secco Sistemi Spa

Pavimento in microcemento

Ideal Work

Pavimentazione in pietra

Pietra Santafiora

Piastrelle cotto copertura

Ceramiche Giuliano

Rivestimenti in vetro artistico

TREND Group

Illuminazione esterna e vetrate atrio

LED Linear

Illuminazione interna e zone comuni

Martini Light

Illuminazione interna zona commerciale

iGuzzini

Ascensori e scale mobili

Rimaco Ascensori

Scala monumentale

MAP carpenteria

Sanitari

Ceramiche Cielo

Pensilina e facciata in vetro, elementi in acciao brunito

Simeon Structure & Facade System

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