Con l'aiuto degli altri si fa sempre un po' meglio

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Davide Con l’aiuto degli altri si fa sempre un po’ meglio



Davide Con l’aiuto degli altri si fa sempre un po’ meglio

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO


Sono Davide e ho 21 anni

Scelte

Non c’è qualcosa che mi ha portato a scegliere il Servizio Civile; è come se ci fossi piombato addosso. Prima di cominciare avevo guardato a “fisioterapia”, ma mi sarebbe piaciuto anche “veterinaria” o la facoltà di educatore a Rovereto. Poi ho accantonato l’idea perché c’erano i test di ingresso. Ho provato a seguire una lezione ad “informatica” e quando è finita non avevo capito niente. Quindi mi sono detto “bho, forse non fa per me, meglio che vada a lavorare”. Un giorno, sono arrivato a casa e ho visto un foglio che mio padre aveva stampato con le proposte del Comune. Ho letto i titoli. “ 5 giovani per un team creattivo”, mi piaceva. Anche quello dell’ambiente era intrigante. E ho detto tra me e me, “ma sì dai, buttiamoci”. Dovevo fare in fretta perché ormai erano gli ultimi giorni del bando. Mi sono informato e ho pensato che non sarebbe stato un anno sprecato: qualcosa si guadagnava, e in più avrei imparato meglio a lavorare con i bambini, cosa che già mi piaceva un sacco. Ciliegina sulla torta, avrei conosciuto persone nuove. La motivazione più potente era uscire fuori dall’ambiente in cui ero, e tuffarmi nel mondo (più) reale. Ho finito il Servizio Civile, 2


e mi sono iscritto a “filosofia”. Il perché di questa scelta resta una bella domanda. Mi piacerebbe insegnare filosofia, magari con metodi diversi da quelli che si usano ora; in modo più interattivo, ponendo agli studenti i quesiti che avevano i primi pensatori. Un’amica aveva appena finito il suo anno di servizio civile: “È stata un’esperienza bellissima: ti dà tantissimo e è bella da vivere”. La mia famiglia ha reagito in modo diverso: mia sorella era contenta, mia madre avrebbe preferito che cominciassi l’università, invece mio papà sì, era felice, per lui l’alternativa era che andassi a lavorare. I miei amici erano tutti molto decisi su quello che avrebbero fatto dopo la maturità, a parte Francesco, molto indeciso sul suo futuro. Delle mie scelte ne parlai solo con pochi amici. Quando mi ha chiamato Riccardo dopo il colloquio di selezione e mi ha detto” t’abbiamo preso”, sono scoppiato dentro. Ero strafelice. Sapevo che erano tanti i ragazzi che avevano fatto richiesta di partecipazione proprio a quel progetto. Mi sentivo soddisfatto e contento. Non l’ho detto a nessuno all’inizio: volevo tenermelo tutto per me. Ma le cose belle sono più belle se le condividi. Un nuovo orizzonte, un po’ di paura, ma tanta gioia. Il progetto Il mio progetto si divideva in due parti. Di mattina, dopo aver programmato e organizzato le atti3


vità con i miei compagni andavo nelle scuole elementari per sensibilizzare i bambini su come andare a scuola a piedi fosse possibile e più salutare. Insegnare ai bambini ad inquinare di meno e far capire che lo fanno per loro stessi, rendeva il progetto molto concreto: le cose che si imparano da piccoli sono più facili da fare. Lo facevamo in modo divertente per essere efficaci. Nel pomeriggio, ho seguito nei compiti e nei giochi i bambini del Centro di Spini. Riccardo mi aveva fatto vedere diversi centri dislocati sul territorio. Quello mi aveva fatto proprio un brutto effetto. Non mi piaceva neanche un po’ c’era puzza di piedi, era troppo chiuso. E proprio lì sono andato, e me ne sono innamorato. Una strada in formazione Utilizzando la metafora della strada per descrivere la mia esperienza di Servizio Civile, all’inizio ero come una strada appena accennata, una specie di sentiero di montagna che prende corpo grazie a chi lo percorre e sceglie se andare a destra o a sinistra. Non sapevo bene da che parte andare, ma avevo tanta voglia di farmi una strada mia, da percorrere con i miei compagni di progetto. Assieme a loro sono riuscito a battere bene il sentiero, alle volte seguendo i ramoscelli spezzati dal loro passaggio. Appena uscito dalle superiori, mi trovavo lì in mezzo a scegliere dove andare: se restare nel mio paese dentro alla mia ristretta cerchia di amici o avventurarmi verso oriz4


zonti ancora sconosciuti e verso persone nuove. Oggi la mia strada è sempre un sentiero, ma c’è un percorso compiuto e una traccia da seguire per andare avanti. Ho punti di riferimento certi: le persone e le relazioni nate con loro durante il viaggio e soprattutto, la consapevolezza di poter contare su di loro nel bisogno. È un sentiero maggiormente battuto, ma non per questo completato: c’è sempre qualcos’altro da fare, da modellare, da costruire. È un sentiero che mi appare ancora lungo, soprattutto ora che concluso il Servizio Civile ho deciso di iscrivermi all’università, con la consapevolezza che questa strada sarà una strada che percorrerò per lo più da solo. Mi sento felice per tutto quello che ho trascorso ma allo stesso tempo mi sento triste per quello che ho lasciato. Le novità Il Servizio Civile ha cambiato molti aspetti della mia vita, ma anche nelle piccole cose ha lasciato il segno: ho imparato ad apprezzare l’autobus. Andare a Spini (al centro giocastudiamo) era un tragitto lungo, ma mi dava tempo per riflettere, per pensare anche sulla mia vita futura. Erano momenti molto importanti. Anche svegliarsi presto e organizzare le attività per il progetto era molto bello; era anche molto difficile in alcuni momenti, soprattutto gestirsi in piena autonomia e garantire un risultato adeguato alle aspettative. Negli ultimi mesi uscendo dal centro sentivo un po’ il peso 5


di certe situazioni un po’ difficili, perché ci sono bambini che vivono realtà davvero complesse. Era come rimanere sempre un po’ li, non riuscivo a liberarmene completamente. Soprattutto dopo essermi affezionato ai bambini. O cominciavo comprendere quanto può essere difficile essere bambino. Le relazioni Con Francesca mi sono divertito un sacco. Io sono abbastanza timido, e mi ricordo che i primi giorni mi diceva “tu sei il mio tuttor perché fai tutto tu”. Questo un po’ mi imbarazzava, ma allo stesso tempo mi ha permesso di avere con Francesca, da subito, un rapporto molto bello, scherzoso. Lei aveva sempre il sorriso, era sempre felice, riusciva a darmi la carica. E io riuscivo a darla a lei, o almeno così mi diceva. Francesca è sempre in ritardo e si dimentica le cose, può sembrare strano, ma è fantastica: si rende conto che ci sono cose più importanti di quelle che facciamo noi ma allo stesso tempo riesce a dare il giusto peso alle cose. Anche le relazioni che ho stretto con i bambini sono state molto importanti per me, ho conosciuto meglio la loro situazione e loro si sono molto legati a me. Spesso mi dedicavano dei disegni o venivano a darmi i bacini per salutarmi prima di andare a casa. In quei momenti mi sentivo importante per loro e allo stesso tempo capivo quanto anche loro fossero importanti per me. 6


Un ricordo caro e uno spiacevole Mi è piaciuto fare le foto di Servizio Civile. Io e Francesca abbiamo fatto un sacco di smorfie e ci siamo divertiti come due bambini. È stato proprio un momento piacevole. Piacevole è anche il ricordo di quando Martina, durante i momenti di formazione, riusciva ad aprirsi totalmente, a dare il meglio di sé e a renderci partecipi dei suoi sentimenti: mi ha permesso di entrare in empatia con lei, cosa che avevo sperimento poche altre volte nella vita. Quando Eleonora, compagna di progetto, ha detto che non si trovava bene con noi, me ne sono molto dispiaciuto perché non avevo percepito questo suo malessere. Eravamo un gruppo che giocava un po’ sulla presa in giro, sullo sfottò tra di noi. A lei però questo non stava bene. Mai ci eravamo resi conto che con i nostri comportamenti potevamo causare del malessere così profondo in un’altra persona. E’ stata però anche un’esperienza di crescita che m’ha fatto capire che i nostri comportamenti toccano gli altri, e quindi bisogna fare attenzione anche alla loro sensibilità. Una riflessione personale sulle relazioni Le relazioni durante l’anno di Servizio Civile m’hanno dato modo di migliorare me stesso. Lavorare su me stesso, riuscire a tirare fuori alcune parti di me che non conoscevo bene, mi ha portato a migliorarmi, a capire dove sbaglio, e in particolare cosa sbaglio rapportandomi con le altre per7


sone. Riuscire a pormi in un altro modo è stato bello e mi ha fatto maturare molto. Con i miei compagni di progetto il rapporto era molto schietto. Comunicare con loro era facile: quando dovevamo dirci cose serie riuscivamo sempre ad assumere il tono giusto, mentre quando c’era da scherzare si scherzava semplicemente. Anche con l’Operatore Locale di Progetto non ci sono stati grossi problemi: conoscendola meglio e lavorando gomito a gomito con lei, abbiamo scoperto che è una persona proprio fantastica. Talenti risvegliati e rinforzati Sapevo già che con i bambini mi sarei divertito un sacco. Ho anche imparato molto e proprio i bambini mi hanno aiutato a capire come nascondono i loro problemi. Ho compreso che spesso un comportamento è determinato da diversi aspetti che a prima vista non si notano e che bisogna lavorare su quelli per risolvere eventuali problemi comportamentali. Conoscere le situazioni mi ha insegnato a comportarmi in modo coerente: era particolarmente difficile rapportarsi con un bambino quando si arrabbiava. Non si comprendevano i suoi scatti di ira: scoppiava a piangere, andava a nascondersi sotto un tavolo e gridava di andare via. Riuscire a rapportarmi con quel bambino in difficoltà e instaurare con lui una relazione positiva mi ha dato una 8


grande soddisfazione personale. Penso anche di aver acquisito capacità a livello organizzativo. In realtà ero abbastanza consapevole di possederne già un po’, ma mettermi alla prova tutte le mattine per organizzare le attività della giornata e preparare tutto l’occorrente mi ha permesso di affinare questa mia competenza. Gli incontri di monitoraggio, mi hanno aiutato a capire quali capacità stavo applicando, quali stavo migliorando, se potevo fare di più, se erano utili al mio progetto quelle che mettevo in campo, oppure se dovevo incentivarne altre. Inoltre è stato molto importante l’autonomia: potevo cimentarmi in un nuovo compito approfondire un argomento o trovare vie alternative per rendere più interessante, dal mio punto di vista, il progetto. Il servizio civile mi ha aiutato a trovare e coltivare nuove passioni. Sentimenti di gioia ed autostima Ho provato spesso sentimenti di gioia durante la mia esperienza di Servizio Civile. Sono stato molto felice per le dichiarazioni di stima, per i ringraziamenti che mi arrivavano dalle insegnanti, dai genitori, dai bambini stessi… Sono stato molto felice anche quando la nostra olp ci ha ringraziato per l’ottimo lavoro svolto. Ho provato gioia in ogni giornata di colonia estiva, perché erano sempre belle giornate. Ancor’oggi ne provo quando guardo una fotografia: sono io insieme a una bambina del 9


centrogioca studiamo con ha un bellissimo sorriso. Quel sorriso è lo specchio di un momento di felicità. Ho accresciuto molto anche la mia autostima, soprattutto alla fine del progetto, quando ne abbiamo fatto una specie di bilancio e i miei compagni mi hanno i complimenti per il fatto che riuscivo ad organizzare bene il lavoro. Anche quando il responsabile del centro di Spini m’ha ringraziato perché ha trovato un servizio civilista che è riuscito a dare qualcosa a quel centro, mi sono sentito molto soddisfatto di me stesso. All’inizio mi ponevo dei dubbi sull’essere all’altezza del compiti che mi venivano affidati, avevo sempre un po’ il timore di poter deludere i miei colleghi. Quando mi sono sentito dire che era andato tutto bene, che avevamo passato un bell’anno insieme e quando mi è stato chiesto se volevo rimanere lì a lavorare, ho preso maggior consapevolezza delle mie capacità e ciò mi ha portato ad accrescere la mia autostima. Mi ricordo con molto divertimento e soddisfazione un episodio particolare: dovevamo essere in 4 per fare un intervento in classe. Quella volta però eravamo solo in 3 e così ci siamo dovuti ingegnare e modificare la “scenetta” in modo tale da poterla rappresentare lo stesso. Alla fine è venuta meglio delle altre volte, e lì ho provato gioia pura e ho capito che con un po’ di inventiva gli imprevisti si possono sempre risolvere. Ricordo anche un’altro intervento in una classe che m’ha fatto provare molta gioia e divertimento: ero fuori sul corridoio, che aspettavo il mio 10


turno per entrare a fare la mia parte di scenetta, fuori dalla classe c’era un po’ di confusione e cosi sono entrato nel momento. Al mio ingresso mi sono presentato con la mia frase d’apertura “ciao bambini sono zeta la zebra” e Francesca, era la narratrice del racconto ha detto “ma chi è questo personaggio che entra a caso quando non deve?”. Ha così risolto in modo efficace il mio errore e lì ho capito l’importanza dello spirito di squadra e l’imprevisto ha fatto molto divertire i bambini. Momenti di criticità, delusione o fallimento Mi ritengo fortunato perché nel corso del mio anno di Servizio Civile non ho vissuto momenti di criticità e non ho nemmeno mai provato sentimenti di delusione e fallimento. Certo, a volte la routine è un po’ entrata a far parte del progetto, perché abbiamo fatto tantissimi interventi nelle classi, mi sembra più di 100, e quindi verso la fine l’esperienza era diventata un po’ ripetitiva. Ma nonostante questo non ho mai avuto dubbi o rimpianti circa il progetto che avevo scelto. Forse gli unici momenti di criticità, se si possono definire tali, li ho vissuti all’inizio del Servizio Civile, a causa di alcuni pregiudizi che avevano gli educatori del centrogioca studiamo nei miei confronti. Ma non l’ho vissuta particolarmente male, perché mi sembrava normale non sapendo cosa potevano aspettarsi da un giovane ragazzo in Servizio Civile. Però questo non mi hanno bloccato dal 11


permettermi di farmi conoscere e di esprimere al meglio le mie capacità. Sono riuscito a superare bene questi momenti critici. Francesca, ad esempio, mi è stata molto di supporto. Anche lei alle volte ha avuto dei momenti down e poter condividere questi stati d’animo ci ha aiutato a superarli a vicenda. Altre volte era la situazione stessa che ti permetteva di superare il momento di crisi: a volte, al centro gioca studiamo mi assaliva un po’ la noia, ma poi arrivava qualche bambino, mi raccontava una cosa assurda, magari stupidissima che mi strappava un sorriso al quale lui rispondeva con un altro sorriso. In quei momenti la noia passava e aveva il sopravvento il pensiero che valeva la pena essere lì, che la mia presenza accresceva i momenti di felicità di questi bambini. Tutto ciò mi fa pensare che alla fine è stato tramite le relazioni e il lavoro di gruppo che sono sempre riuscito a superare qualche momento critico, di noia o sconforto. Ho imparato che da soli è difficile riuscire in qualcosa, l’unione fa la forza e con l’aiuto degli altri si fa sempre un po’ meglio. Il problema vero è se mi ricorderò sempre di questi insegnamenti. Lo spero proprio. Un’immagine, un volto, uno sguardo e delle parole che mi sono rimaste nel cuore Mi piacerebbe poter rivivere in moviola quello specifico momento in cui un bambino si era molto arrabbiato, io lo 12


ho preso in braccio e l’ho portato in bagno per poter parlare in tranquillità. Gli ho chiesto cosa fosse successo e cosa non andava, e lui è riuscito ad aprirsi e a spiegarmi cosa lo turbava. Aveva le lacrime agli occhi, ma è stato per me un momento di conferma della sua fiducia in me. Mi porto nel cuore il sorriso di una bimba; lo sguardo complice di Francesca che mi faceva capire al volo i suoi pensieri. Ricordo con affetto le parole di ringraziamento di Martina e anche un messaggio che mi ha mandato l’educatrice responsabile, dopo che l’avevo ringraziata per l’anno trascorso insieme. Mi piace condividere i messaggi che le mie colleghe di progetto mi hanno mandato al termine del Servizio Civile: -Francesca: “alle mattine sull’autobus a ore improponibili che sembravano sempre in gita scolastica, alle mattine in ufficio a disegnare piedi, ai pranzi dei venerdì che sembrava sempre venerdì, ai cappellini arancioni orrendi, ai sabati in piazza Dante , al pedon rap, a voi meravigliosi un abbraccio! grazie”; -Martina “sembra ieri che ci siamo conosciuti e ora ci dividiamo già, in un modo o nell’altro abbiamo legato, ci siamo odiati ma ci siamo anche voluti bene, siamo cresciuti ma da una parte siamo tornati bambini, dall’altra in un anno abbiamo camminato assieme pur fossimo persone totalmente diverse, per me non è stata una relazione che terminerà anzi cercherò per quanto mi sia possibile di re13


stare in contatto con tutti”; - Lara “ve voi ben tesori”. Cosa rappresenta per me il Servizio Civile È un’immagine scattata da Arianna, una mia collega di progetto, durante la marcia della pace ad Assisi. Ritrae una bambina sulle spalle del suo papà, che tende la mano alla mamma. Questa foto mi fa molto pensare al Servizio Civile: i giovani aiutano altri giovani, e questo permette di aiutare se stessi nella propria crescita personale. Per me è stato così: i bambini mi hanno aiutato molto a crescere come individuo. Il Servizio Civile mi fa pensare inoltre a un reticolo di strade, di opportunità per poter fare concretamente qualcosa e per conoscere meglio se stesso. Ogni strada è un’offerta, puoi scegliere la più vicina o quella che ti pare risponda meglio alle tue esigenze. Comunque sia, arriverai ad essere un po’ più grande. Ringraziamenti Grazie del bellissimo anno a tutti!!!

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Note editoriali

Davide

Con l’aiuto degli altri si fa sempre un po’ meglio

Grafica ed impaginazione Ufficio Servizio Civile Stampato da: Centro Duplicazioni della Provincia autonoma di Trento Finito di stampare settembre 2012 progetto ideato da Sara Guelmi per : ES.SER.CI. Esperienze Servizio Civile - Trento Provincia Autonoma di Trento

Volume non destinato alla vendita



ES.SER.CI. E RACCONTARSI

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Sorprende gli stessi autori la scoperta di essere protagonisti di una storia. Una storia che si rivela loro attraverso la lettura del proprio percorso di vita e nel suo racconto. Rievocare gli episodi, ricordare le emozioni, dare volto alle persone, gettare squarci di luce su momenti bui, ripercorrere momenti di gioia esaltante sono alcune delle innumerevoli tonalità che arricchiscono ed intrecciano la trama di una vita che nasconde, nell’ordito, l’unicità - oggi più consapevole - dei protagonisti. Ricco, ma prigioniero, di un presente che affonda le radici nella storia personale, ciascuno degli autori guarda le possibili, molteplici prospettive di viaggio che gli si aprono. Prospettive di viaggio che affronta con uno strumento in più: la consapevolezza di avere una storia, non solo da narrare e da ripercorrere, ma da proseguire. Comprendere il cammino e la natura di ciascuno aiuta a trovare il senso della propria storia e ad individuare la via migliore e più appropriata verso l’autorealizzazione.

Davide

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