Il ritorno della marchesa

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Marguerite Kaye IL RITORNO DELLA MARCHESA

Kent, Inghilterra, novembre 1876

Lily stava per incontrare suo marito. Un avvenimento tutt'altro che eccezionale, in teoria, se non fosse per il fatto che non lo vedeva dal giorno in cui era partita per la Francia, otto anni prima. Da allora non c'era stato più alcun contatto tra loro, ma nelle ultime settimane Lily aveva trascorso molto tempo a immaginare l'imminente incontro con lui. Chissà se era cambiato. E come era cambiato? L'avrebbe trovata diversa da come la ricordava? In realtà, niente di tutto ciò aveva la benché minima importanza. In fondo, non si erano mai conosciuti davvero. Una volta sposati, si erano attenuti rigorosamente ai termini convenuti: dopo la cerimonia, celebrata in segreto, avevano condotto vite totalmente separate. Ora, però, era giunto il momento di mettere un punto a quel legame fittizio.

Legame! Non c'era mai stato alcun legame tra loro, a eccezione del povero fratello di Lily. Anthony aveva dedicato gli ultimi giorni della sua esistenza a quell'unione. Adesso, però, il matrimonio che lui aveva combinato aveva assolto la sua funzione e presto quella re-

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lazione, se così si poteva definire, sarebbe stata cancellata dalla storia. L'imminente incontro – o rincontro

sarebbe stato di certo imbarazzante, ma Lily sperava che entrambi ne sarebbero usciti sollevati. Non poteva in alcun modo ripagare il debito nei confronti del marito, ma almeno poteva restituirgli la libertà di iniziare una nuova vita e di occuparsi dell'eredità che aveva ricevuto di recente. Inoltre, anche per lei era giunto il momento di porre rimedio all'inconsueta condizione in cui si trovava.

Mentre la carrozza che aveva noleggiato a Folkestone percorreva la breve salita verso la residenza di Sandgate e si fermava, Lily aveva le farfalle nello stomaco. Non c'era alcuna ragione di sentirsi tanto nervosa, si ricordò severamente per l'ennesima volta. Lei e il presunto marito non erano niente l'uno per l'altra, se non un benefattore e la sua beneficiata. Il fatto che lui avesse acconsentito immediatamente a quell'incontro la diceva lunga su cosa pensava della loro unione. Era tempo di voltare pagina e di recidere i vincoli legali che li univano.

Eppure le farfalle nello stomaco si facevano sempre più insistenti mentre scendeva dalla carrozza e pagava il vetturino. Di certo era la vista di quella casa a provocarle certe sensazioni e non l'uomo che la attendeva al suo interno. Abbey Hill. Era stata casa sua per tre anni. L'aveva sempre amata. La facciata semplice della residenza non lasciava immaginare la bellezza della vista che si godeva dal retro, dove il giardino digradava fino alla spiaggia di ciottoli sul canale della Manica. Nelle giornate più limpide, da lì si scorgevano le coste della Francia.

Aveva trascorso infinite ore a contemplare quella

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vista mutevole quando viveva lì: a volte i cieli grigi sembravano lottare contro un mare turbolento, altre volte l'azzurro formava un tutt'uno con le acque turchesi del Canale, altre ancora le nuvole correvano veloci come tanti cavalli bianchi. Quando le finestre erano aperte, si sentiva lo sciabordio delle onde sui ciottoli, che era un mormorio delicato nei giorni tranquilli e un ruggito feroce con il maltempo.

Negli ultimi giorni del loro finto matrimonio, Lily aveva passato molto tempo seduta alla finestra a osservare il traghetto che faceva avanti e indietro da Folkestone; proprio lì aveva elaborato il suo piano di fuga.

Era inverno quando aveva lasciato quel luogo, certa che non avrebbe più fatto ritorno. Adesso, invece, nonostante fosse autunno inoltrato, il cielo era di un azzurro così intenso da ricordare l'estate. Da lì non poteva vedere il mare, ma poteva sentirlo. Le onde facevano rotolare dolcemente i ciottoli, producendo un suono che assomigliava a una ninnananna. Spirava una brezza leggera e il sole, ormai basso nel cielo, diffondeva un'ultima reminiscenza di tepore.

Lily afferrò con mani tremanti la maniglia di ottone del cancello. Mentre osservava la carrozza allontanarsi, si sforzò di recuperare la calma. Ormai non era più quella giovane ingenua che dipendeva da un uomo pressoché sconosciuto per avere un tetto sulla testa e del cibo nel piatto. Era riuscita a reinventarsi a modo suo, con i suoi mezzi e alle sue condizioni. Un successo di cui doveva andare molto fiera.

Il tremore cessò e le farfalle nello stomaco si placarono. Lily sistemò dietro l'orecchio una ciocca di capelli ribelle e aprì il cancello.

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Era giunto il momento di lasciarsi il passato alle spalle.

Oliver appoggiò la fattura che aveva in mano, sospirando. Era seduto nella penombra della veranda, sul retro di casa. Stava provando a lavorare, ma i suoi occhi si sollevavano di continuo dai registri e dalle lettere commerciali per contemplare il mare scintillante, il cielo insolitamente limpido e azzurro e la splendida vista delle coste francesi che si godeva da lì nelle rare giornate senza foschia. Non riusciva in alcun modo a concentrarsi, preoccupato com'era per l'incontro che lo attendeva quel giorno, un evento inatteso che gli faceva una gran paura.

Lilian lo aveva informato che avrebbe lasciato Parigi per raggiungerlo. Dunque era lì che viveva ora? Come stabilito dal loro accordo, una volta che le loro strade si erano separate, Oliver non aveva più saputo niente di lei, nemmeno il suo nuovo nome. Solo Iain Sinclair sapeva come rintracciarla in caso di emergenza, ma non ce n'era mai stato bisogno. Due volte l'anno, come stabilito, Lilian scriveva a Iain per informarlo che era in ottima salute o di umore gioioso, allora questi le pagava la rendita e riferiva a Oliver l'insignificante contenuto del messaggio.

Quando si erano sposati, lei era una giovane di poco più di vent'anni con ben poche risorse. Timida, riservata, docile e di aspetto gradevole, per quello che ricordava, ma del tutto priva di mezzi di sostentamento, il che la rendeva una facile preda di cui approfittarsi. Questa era stata la paura più grande di suo fratello Anthony, di fronte al quale Oliver si era assunto il dovere morale e legale di proteggerla. Aveva mantenuto

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la parola, dando a Lilian una casa in cui vivere e salvandola dal destino a cui altrimenti sarebbe andata incontro, ossia sposare un lontano cugino, un pastore con due figli orfani di madre ansioso di accrescere la prole. Lei non aveva bisogno di una famiglia già formata, ma di tempo per imparare a badare a se stessa, e Oliver glielo aveva concesso molto volentieri. D'altra parte, lui era già sposato con i suoi affari e non aveva né il tempo né la voglia di condividere la sua vita con un'altra persona, idea di cui era ancora fermamente convinto.

A pensarci ora, i tre anni di matrimonio passati a Sandgate gli sembravano quasi un sogno o una fantasia. Subito dopo la partenza di Lilian, aveva fatto chiudere la casa e l'aveva quasi dimenticata, finché non aveva ricevuto la sua lettera. Lì per lì non aveva riconosciuto la grafia e, quando aveva notato la firma, era rimasto a bocca aperta. Lilian, si era firmata, senza aggiungere il cognome. Il contenuto della lettera era stato ancora più sconcertante. È ormai giunto il momento di formalizzare la conclusione del nostro accordo, aveva scritto. Perché proprio adesso? La ragione più ovvia era la volontà di contrarre un secondo matrimonio, stavolta con un uomo di sua scelta. Quella richiesta non avrebbe dovuto sorprenderlo. A pensarci bene, l'unica cosa sorprendente era che non fosse accaduto prima. Oliver aveva trentaquattro anni, perciò Lilian doveva averne ormai trentuno, un'età in cui una donna sapeva di avere ancora pochi anni a disposizione per fare figli. Una ragione in più per sentirsi in colpa, visto ciò stava per fare.

La questione del loro divorzio era regolamentata in maniera piuttosto precisa. Dal punto di vista legale,

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sua moglie lo aveva abbandonato otto anni prima, quando aveva lasciato il tetto coniugale. Se solo la legge fosse stata altrettanto chiara sulle problematiche relative alla sua eredità, Oliver sarebbe stato ben felice di concedere a Lilian ciò che desiderava. Quella povera ragazza gli aveva chiesto poco o niente quando avevano vissuto insieme da sposati e non aveva mai preteso nulla da lui dopo essersene andata, ma la sua richiesta era arrivata nel momento peggiore possibile e lui non aveva altra scelta che rifiutare. Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto portare entrambe le cause in tribunale nello stesso momento, ma questo non era possibile. Chiederle di rimandare il matrimonio era l'ultima cosa che voleva, ma non c'era altra soluzione. Quando sentì il rumore della carrozza che si avvicinava, balzò in piedi e si precipitò dentro casa, con il cuore che batteva all'impazzata. Non era mai stata sua abitudine rimandare un compito ingrato. Era tempo di togliersi quel peso. Si fermò a metà delle scale e guardò fuori dalla finestra che affacciava sull'ingresso principale.

Una donna stava scendendo da una carrozza. Era vestita in maniera molto elegante. Indossava un abito di seta verde menta che terminava con delle balze di un verde più scuro e aveva un grande fiocco sopra la tournure, all'ultima moda. I capelli scuri erano ornati da un originale cappellino, un lezioso accessorio di pizzo e raso dalla fattura così pregiata che doveva esserle costato una fortuna. Ogni dettaglio del suo abbigliamento parlava di Parigi, perfino agli occhi di un pessimo conoscitore della moda come lui.

Possibile che quella donna fosse Lilian? Sembrava davvero troppo sofisticata per essere lei. Non ricorda-

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va che avesse dei capelli tanto lucenti. Eppure... sì, la figura snella e il portamento aggraziato erano proprio i suoi. E gli occhi! Aveva dimenticato quei grandi occhi color nocciola che all'epoca l'avevano fatta assomigliare a un cerbiatto spaventato, ma che ora le davano un'aria... Come avrebbe potuto definirla? Sensuale. Sì, quella era la parola giusta: sensuale.

Fino a quel momento Oliver aveva immaginato una versione invecchiata e sbiadita della ragazza che aveva sposato tanti anni prima, ma quell'idea non poteva essere più lontana dalla realtà che aveva sotto gli occhi. La donna che stringeva tra le mani le sbarre del cancello con gli occhi rivolti al cielo non sembrava proprio il tipo da condurre un'esistenza ritirata e tranquilla in campagna, come lui aveva creduto. A dire il vero, non sembrava nemmeno un'inglese. Aveva un'aria esotica, alla moda, indipendente e – cosa ancora più sconcertante – desiderabile. Imprecò sottovoce, maledicendo l'inappropriatezza di quel pensiero. Non era certo il caso di provare attrazione per una donna che era andata fin lì per parlare del loro divorzio.

Lilian si voltò di colpo e Oliver si allontanò bruscamente dalla finestra. Mentre saliva a due a due gli ultimi gradini per raggiungere il salotto, il campanello della porta d'ingresso tintinnò. Lui si sedette, prese il giornale per simulare noncuranza, ma poi ci ripensò e lo appoggiò. Quando sentì un leggero bussare alla porta della sala, scioccamente sobbalzò.

«La persona che aspettavate è qui, signore» annunciò la cameriera inviata dall'agenzia, prima di farsi da parte.

Ritrovarsi faccia a faccia con Oliver fu un vero col-

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po, tanto che Lily restò per qualche istante senza parole. I suoi capelli nerissimi non erano corti come li ricordava, ma gli arrivavano quasi fino alle spalle, e le guance, in passato sempre rasate alla perfezione, ora erano coperte da una barba corta e ordinata. Gli occhi scuri erano quelli di sempre, ma adesso ai lati c'erano due piccoli ventagli di rughe e tra le sopracciglia un solco profondo. L'uomo che aveva sposato tanti anni prima possedeva una bellezza piuttosto canonica, mentre quella versione più rude di lui emanava un fascino diverso... e che fascino! In altre circostanze, Lily sarebbe stata ben felice di approfondire la sua conoscenza, ma, data la situazione in cui si trovavano, l'attrazione per lui era un sentimento a dir poco destabilizzante.

«Oliver.» Lily cercò di riaversi dallo stupore e gli rivolse il suo sorriso migliore. «Come stai?»

«Bentrovata, Lilian. Io non ho bisogno di chiederti come stai, perché hai un aspetto davvero splendido» fece lui, stringendole la mano. «E molto diverso da come lo ricordavo.»

Diverso in meglio o in peggio? Oliver la stava guardando come se stentasse a riconoscerla, ma la cosa non la sorprese, perché aveva sempre dubitato che sarebbe riuscito a distinguere il suo volto in mezzo a una folla.

Nonostante indossasse i guanti, il contatto con la sua mano era una fonte di distrazione, così si affrettò a interromperlo. «Indubbiamente sono più vecchia e molto più saggia» rispose bruscamente. «Vogliamo sederci? Abbiamo molte cose di cui parlare.»

Lanciando un'occhiata fugace alla seduta della finestra, notò che non c'era più nemmeno uno dei soffici

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cuscini con cui aveva decorato quell'angolo. La stanza era pulitissima e dall'odore intuì che era appena stata passata la cera, ma non c'erano tracce di vita quotidiana: niente libri o fiori, nessuna lettera e nessun giornale a eccezione di quello del giorno. Inoltre, i mobili erano disposti in maniera troppo ordinata. Si accomodò sul divano di fronte al camino, dove il fuoco era stato acceso da poco, stando attenta ad assumere una posizione laterale. La moda del momento prevedeva l'uso di tournure, sellini e fiocchi che facevano una grande figura finché si stava in piedi, ma che richiedevano una grande pratica per sedersi senza sgualcire la stoffa e rovinare irrimediabilmente il proprio aspetto.

Oliver si sedette sulla poltrona di fianco al divano. Aveva sempre avuto gusti molto sobri in fatto di abbigliamento. Quel giorno indossava un completo nero con un gilet blu scuro che sembrava più adatto a una giornata invernale in città, piuttosto che a un giorno soleggiato d'autunno in riva al mare. «Ho contattato un'agenzia per rendere abitabili le stanze principali della residenza, non sapendo per quanto tempo resterai in Inghilterra» le disse.

«Solo il tempo necessario per risolvere la questione che mi ha portato qui» replicò Lily. «Voglio tornare a Parigi il prima possibile. Nel frattempo, comunque, ho riservato un alloggio al Pavilion Hotel di Folkestone. Devo confessarti che mi ha stupito la tua proposta di incontrarci qui. Non hai mai amato la costa.»

«Mentre tu hai sempre desiderato vivere vicino al mare.»

«Te l'ho detto io?»

«Sì. Me lo ricordo bene, perché è una delle pochis-

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sime opinioni che sia mai riuscito a tirarti fuori» rispose Oliver. «È stato il motivo per cui ho acquistato questa casa.»

«Hai acquistato questa casa per me? Ma io credevo che... anzi no, sono certa che tu mi abbia detto che questa dimora era già tra i tuoi possedimenti. Non ti avrei mai consentito di acquistare una casa solo per rallegrarmi.»

«Lo so, è per questo che ho evitato di dirtelo.»

«Se lo avessi saputo...»

«Ti saresti sentita in colpa» la interruppe Oliver. «Ed è per questo che ho fatto in modo che non lo scoprissi, fino a oggi.»

«In tal caso, seppur con grande ritardo, desidero ringraziarti per questo gesto così nobile e generoso» rispose Lily rigidamente.

«Non ho mai preteso la tua gratitudine. Ho promesso al mio migliore amico che mi sarei preso cura di te.»

«Una promessa che ti è stata estorta in maniera quasi forzosa.» Lily sentì la tensione arrivare fino alla punta dei piedi. «Anthony ti ha messo in una posizione terribile. Ciò che ha fatto è stato tremendamente ingiusto.»

«Era in punto di morte e stava disperatamente cercando di assicurarti un futuro dignitoso. Inoltre, io gli dovevo la vita.»

«Sì, conosco la storia. Stavate giocando su un laghetto gelato quando il ghiaccio sotto di te si è spaccato e tu sei caduto nell'acqua gelida. Anthony si è tuffato e ti ha tirato fuori.»

«Si è buttato subito, senza pensare neanche per un istante alla sua incolumità. Se non fosse stato per tuo

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fratello, sarei annegato in quelle acque gelide. Inoltre, se non avesse preso tanto freddo quel giorno, forse oggi sarebbe ancora qui con noi. Sì, lo so» aggiunse Oliver, quando Lily fece per interromperlo. «Anthony è morto di tubercolosi, ma forse, se da piccolo non si fosse danneggiato i polmoni per salvarmi, da adulto non avrebbe sviluppato la malattia.»

«So che è per questo che ti sentivi tanto in colpa quando Anthony stava morendo, ma ho sempre ritenuto terribilmente ingiusto che mio fratello facesse leva sulla tua gratitudine per costringerti a farti carico della sottoscritta.»

«Che altro poteva fare? Eri la sua unica familiare ancora in vita, dipendevi da lui economicamente e gli sei rimasta accanto per tutta la malattia. È comprensibile che fosse disposto a tutto pur di assicurarti il miglior futuro possibile, e a ragion veduta, a mio modo di vedere, perché, se non lo avesse fatto, ti saresti ridotta in povertà. Avresti forse preferito sposare quel vecchio pastore vedovo?»

Sebbene fossero passati molti anni, quella prospettiva riusciva ancora a darle i brividi. «No, avrei preferito che i miei genitori avessero avuto la lungimiranza di consentire ad Anthony di lasciarmi in eredità le rendite del suo fondo fiduciario, così non sarei stata in debito con nessuno e tu non saresti stato costretto a sposarmi.»

«Anthony non mi ha costretto a sposarti. È vero, le circostanze erano terribili, ma abbiamo preso la decisione migliore per tutti, non credi?» le chiese, poi la guardò con aria grave. «Te ne sei pentita?»

«Ti sono profondamente grata per ciò che hai fatto. Ti devo molto, ma mi addolora il fatto che tu sia stato

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costretto a salvarmi. Purtroppo all'epoca non ero in grado di salvarmi da sola.»

«Tutto sommato, però, avevamo trovato un compromesso che funzionava per entrambi, non credi?»

osservò lui, con aria sempre più seria. «Non mi sono mai intromesso nella tua vita più del necessario e lo stesso hai fatto tu. Sei stata felice qui, no?»

Felice! Lily si guardò intorno e le parve di vedere il fantasma della patetica ragazzina che aveva vissuto in quella casa, ma si costrinse ad allontanare quella visione. Quel giorno doveva concentrarsi sul futuro, non sul passato. «Mi hai dato il tempo di capire cosa volevo fare della mia vita, e per questo ti sarò eternamente grata.»

«Però non hai risposto alla mia domanda.»

«Per l'amor del cielo, Oliver! Se proprio lo vuoi sapere, all'inizio ero accecata dal dolore. Anche se Anthony ha affrontato una lunga e dolorosa agonia, quando è morto non ero ancora pronta a lasciarlo andare. Provavo una grande, enorme gratitudine nei tuoi confronti per avergli tolto il peso della preoccupazione per la mia sorte e per avermi consentito di rifiutare la proposta di matrimonio di mio cugino, ma questo non significa che fossi lieta di accettare la tua. Eri il migliore amico di Anthony, sì, ma per me eri poco più che uno sconosciuto al quale dovevo vincolarmi irrimediabilmente per avere un tetto sopra la testa. Sono stata felice qui? No, certo che no, Oliver. La verità è che non sopportavo di vivere grazie alla tua carità. Non volevo sposarti, però, come hai detto anche tu, non mi restava altra scelta. Non avevo la più pallida idea di cosa volessi dalla vita, tranne l'unica cosa che ho sempre desiderato ma che, all'epoca, ritenevo im-

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possibile.» Lily si interruppe e fece un lungo respiro tremante. «Ti chiedo scusa, Oliver. Non abbiamo mai discusso, non cominciamo proprio adesso. Non sono venuta qui per rimuginare sul passato. Hai rinunciato a molte cose per me, non da ultimo alla tua condizione di scapolo, e per questo ti sono profondamente riconoscente. Non potrò mai sdebitarmi, ma farò tutto ciò che è necessario per restituirti la libertà.»

«Restituirmi la libertà?»

«Divorziare, Oliver. Possiamo divorziare per abbandono del tetto coniugale, come avevamo previsto fin dall'inizio. O forse nel frattempo hai trovato una soluzione migliore?»

«No, mi sono informato e l'abbandono del tetto coniugale resta la soluzione migliore.»

«Quindi hai già parlato con un avvocato?»

«Sì, appena ho ricevuto la tua lettera. Con discrezione, naturalmente. Prima che arrivassi, pensavo a quanto sia sorprendente che tu abbia aspettato tanto ad avanzare questa richiesta.»

«Tuo cugino è morto solo sei mesi fa e Mr. Sinclair mi ha informato della sua dipartita cinque settimane fa.»

«Non capisco... Qual è il collegamento tra la morte di Archie e la tua richiesta di divorzio?»

«Qual è il collegamento? Ma è ovvio!» Lily cominciava a sentirsi come se parlassero due lingue diverse. «Ora sei tu il Marchese di Rashfield e...»

«Ti prego, non ricordarmelo! E comunque non capisco cosa c'entri il fatto che abbia ereditato quel maledetto titolo con la tua presenza qui. Non ho alcun bisogno della libertà di cui parli. Non ho intenzione di risposarmi, se è questo che ti preoccupa.»

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«Certo, non finché sei in lutto, ma forse dopo...»

«Non mi risposerò mai! Non hai ragione di preoccuparti per me, Lilian. Ma forse è a te che dovrei fare le congratulazioni?»

«Congratulazioni?» Finalmente Lily capì il motivo della loro incomprensione. «Oh, no, no, no! Santo cielo, ti sbagli! Non ho alcun interesse a risposarmi.»

«Allora perché sei qui?» le chiese Oliver con aria sempre più sconcertata. «Insomma, perché chiedermi il divorzio proprio ora, dopo tutti questi anni?»

«Lo so, ho aspettato troppo. Avrei dovuto contattarti prima e lo avrei fatto, se tu mi avessi manifestato l'intenzione di risposarti, ma sono stata molto occupata. La mia nuova vita mi assorbe totalmente e il divorzio non è mai stata una priorità.»

«Potrei dire esattamente lo stesso di me. Dunque, perché ora divorziare è diventata una priorità?»

«Davvero non lo hai ancora capito?» Lily era incredula. Quella conversazione non stava andando come previsto. Aveva immaginato che Oliver l'avrebbe ringraziata per avergli dedicato il suo tempo, per essersi presa il disturbo di andare fin lì a discutere della cosa di persona, per avere avuto la lungimiranza che evidentemente a lui mancava. Era chiaro che suo marito aveva bisogno di essere istruito in materia. «Ora sei un marchese» gli disse. «In quanto tale, hai un titolo, delle tenute e tutte le responsabilità che ne conseguono.»

«Ti ringrazio, ma l'ultima cosa di cui ho bisogno è

l'ennesima ramanzina sulle mie responsabilità. Mi spieghi cosa c'entra tutto questo con la tua visita?»

«Ti serve un erede, Oliver.»

«Ho già un erede: il mio vice, Alan Masterton.»

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«Non parlo di qualcuno che si occupi delle tue fabbriche, Oliver, ma di un figlio che erediti le tue proprietà.»

«Non voglio un figlio, né una figlia, a dirla tutta. Ho sempre detestato il concetto di dinastia, l'idea di mettere al mondo una persona per darle in eredità qualcosa che con ogni probabilità non le interessa affatto.»

Stava facendo finta di non capire? Lily ci riprovò. «In quanto marchese, devi mettere al mondo un erede. Per mettere al mondo un erede, ti serve una moglie.»

«Io ho già una moglie. In questo momento è seduta di fronte a me e dice una marea di sciocchezze.»

«Oh, per l'amor del cielo! Non parlo di me. Intendo una moglie che sia all'altezza della tua nuova condizione, di lignaggio adeguato e con una buona istruzione, in grado di gestire una grande residenza, di indossare un diadema, di conversare con le altre signore titolate e di fare tutte le cose che fa una marchesa. Una donna adatta a diventare la madre di tuo figlio ed erede. Una vera moglie, Oliver.»

«Non voglio una vera moglie. Non l'ho mai voluta e questa è una delle ragioni per cui ero felice di sposare te. Non ho tempo per una moglie, figuriamoci per una famiglia. Inoltre, se anche avessi il tempo, non sono il tipo da condividere la mia esistenza con qualcun altro. Mi piace stare per conto mio e prendere le decisioni in maniera autonoma.»

«Su questo punto non potrei essere più d'accordo»

commentò Lily, senza riuscire a frenare la lingua.

«Davvero? Allora capirai cosa intendo quando dico che il matrimonio, il vero matrimonio, per me sarebbe un compromesso impossibile» rispose Oliver. «Una

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moglie e una famiglia pretenderebbero giustamente di essere messe al primo posto nelle mie giornate, ma la mia attività deve ancora crescere. Non riesco proprio a immaginare di dedicare il mio tempo a qualcosa che non sia il mio lavoro.» Balzò in piedi e andò alla finestra. «Da quando ho ricevuto la tua lettera, non ho più chiuso occhio. Ero terrorizzato da questo incontro. Mi addolorava doverti chiedere di rimandare le nozze a causa mia e ora viene fuori che in realtà tu stai pianificando il mio, di matrimonio.»

«Ti assicuro che non ho alcun interesse a risposarmi e a farmi una famiglia, anzi, è la cosa peggiore che possa immaginare» rispose Lily.

«E io come facevo a saperlo? Credevo che volessi sistemarti e fare dei figli. In fondo non è questo che vogliono di solito le donne?»

«Io non sono come le altre donne» ribatté lei, indignata.

Il tono che aveva usato lo aveva chiaramente stupito. «Sì, questo è evidente» rispose Oliver, poi si sedette alla finestra e incrociò le braccia. «Che svolta sorprendente! Sei venuta qui pensando di farmi un favore e invece divorziare è l'ultima cosa che desidero in questo momento. Sei sicura che non vuoi risposarti?»

Lily lo fulminò con lo sguardo. «Credo di avere espresso chiaramente la mia opinione in proposito. Conosco bene me stessa e ho una mente lucida, ma comincio a dubitare di poter dire lo stesso di te.»

«Ah! Timore comprensibile, ma ti assicuro che sono perfettamente lucido anch'io.»

Lily attese che Oliver si spiegasse meglio, ma lui si appoggiò allo schienale, chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro.

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Lily intrecciò le dita e strinse forte le mani, facendosi coraggio. «Hai frainteso la mia situazione, ma devi capire che la tua nuova condizione ti obbliga a divorziare da me. Oliver! Abbi almeno la decenza di ascoltarmi.»

Lui aprì gli occhi e si alzò di scatto, tornando accanto a lei con aria contrita. «Ti chiedo scusa, è solo che sono incredibilmente sollevato di non doverti costringere a rimandare le nozze. Affrontare un divorzio ora sarebbe un vero incubo per me. La tua richiesta non poteva arrivare in un momento peggiore.»

«Perché?»

Oliver provò a prenderle la mano, ma Lily la ritrasse. «Mi dispiace» le disse di nuovo, con aria sinceramente avvilita. «Non sono in me in questo momento... ma non è una giustificazione. Non volevo turbarti.»

«Non sono turbata, solo confusa. Puoi spiegarti meglio?»

«Ci provo.» Oliver si scostò i capelli dal volto e si stropicciò gli occhi con le dita. «In poche parole, tutti credono che io non sia sposato, ma la cosa più importante è che gli amministratori delle tenute di Archie sono convinti che io sia scapolo e, finché rimango tale, il controllo delle proprietà resterà nelle loro mani. Negli ultimi sei mesi ho provato a revocare le condizioni del testamento di mio cugino per ottenere il controllo delle proprietà, ma gli ingranaggi della legge si muovono molto lentamente. È una vera agonia. Non so quando il tribunale giungerà a una decisione, ma prima o poi succederà, e se durante l'attesa dovesse saltare fuori una causa di divorzio... Be', puoi immaginarlo, Lilian, o forse no, ma posso immaginarlo io... sarebbe un vero disastro.»

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«Sacré bleu!»

«Puoi dirlo forte.»

Cosa avrebbe fatto la stampa di fronte a un simile scandalo? Un Pari del Regno che divorziava da una donna sposata in segreto quasi dodici anni prima era un evento che destava già molto scalpore, ma se per giunta avessero scoperto di cosa si occupava nella vita la moglie del marchese... Gli inglesi erano perfino più inclini dei francesi a trarre giudizi affrettati. Non voleva nemmeno pensare a quali potevano essere le conseguenze di una simile situazione.

«Sacré bleu!» ripeté, stavolta con maggiore fervore. Oliver provò a sorridere. «In altre circostanze, sarei stato felice di rinnovare la nostra conoscenza, ma in questo momento...»

«La mia presenza è gradita quanto quella di un becchino a una festa.»

«Oh, no, non esageriamo. Sono molto lieto che abbiamo chiarito le cose. Se potessi aspettare sei mesi, un anno al massimo...»

«Ma, Oliver» lo interruppe Lily, impaziente, «se è davvero così importante, perché non hai detto loro che sei sposato? In fondo sono tua moglie, perlomeno agli occhi della legge.»

«Lo so. Ironico, non è vero?» ribatté lui con un sorriso sardonico. «Se solo avessi parlato di te fin da subito... Ma la verità è che non mi sono mai considerato sposato, proprio come te, e poi non volevo coinvolgerti in una situazione che non sei stata tu a creare e a scegliere. Ormai, comunque, è troppo tardi. Non c'è più niente che tu possa fare per aiutarmi, se è questo che ti stai chiedendo.»

Lily non accettava di sentirsi dire che era inutile.

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Quella era l'occasione perfetta per ripagare Oliver della sua generosità. «Deve esserci qualcosa che si può fare» rispose con tono deciso. «Ormai sono qui e preferirei che questo viaggio non fosse vano. Se mi spieghi la situazione in dettaglio, posso ragionarci su e trovare una soluzione.»

«Un'intera squadra di legali e io ci ragioniamo da sei mesi e non abbiamo fatto alcun progresso.»

«Tutti uomini, sans doute. Quello che vi serve è un punto di vista diverso e io posso fornirvelo. Se non riusciremo comunque a trovare una soluzione, tornerò in Francia e ti garantirò la sospensione dell'esecuzione che mi hai chiesto.» Inarcò un sopracciglio e gli rivolse il suo migliore sguardo di sfida. «Non hai niente da perdere, ma hai molto da guadagnare.»

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