Il tesoro scozzese

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Gina Conkle IL TESORO SCOZZESE

Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: For a Scot’s Heart Only Avon Books

An Imprint of HarperCollinsPublisher © 2023 Gina Conkle Traduzione di Giorgia Lucchi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollinsPublisher.

Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

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© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici settembre 2023

Questo volume è stato stampato nell’agosto 2023 da CPI Moravia Books

I GRANDI ROMANZI STORICI

ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 1370 del 16/09/2023

Direttore responsabile: Sabrina Annoni

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano

HarperCollins Italia S.p.A.

Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano

Questo libro è prodotto con carta FSC® indipendente per garantire una gestione forestale responsabile

Prologo

Scozia, 1738

Il problema erano gli uomini o, per meglio dire, un uomo francese e il bacio che aveva rubato a sua madre sul ponte di una nave. Mary assistette a quel bacio nell’aria scura, sferzata da un vento gelido. Figlia devota, la pazienza era la sua virtù. Ogni volta che sua madre tornava, Mary si avvolgeva nella lana e la aspettava sulla spiaggia di Leith. Ritrovarsi era sempre lo stesso, un abbraccio amorevole profumato di acqua di rose, mentre i riccioli soffici della madre le sfioravano la guancia.

Gli occhi chiusi, lei faceva incetta di tenerezza.

«Sei proprio com’ero io a quindici anni» le sussurrava all’orecchio sua madre.

«Ma tu sei più bella» sussurrava Mary a sua volta, sperando che bastasse.

Non bastava mai.

«Resterai a casa, mamma?» La domanda, colma di speranza luminosa, era seguita da un tocco gentile sul mento mentre gli occhi grigi enigmatici, tanto simili ai suoi, la rimproveravano.

«Cara, dolce ragazza, non sprechiamo una giornata magnifica come questa per cose del genere.»

Non lo facevano mai. Mary riponeva in una scatola le proprie emozioni e si godeva tutta la gioia che poteva. Quella mattina si erano prese a braccetto e avevano passeggiato per Leith, discorrendo dell’ultimo viaggio di sua madre, in quel caso presso una manifattura di ceramiche di Niderviller, la fabbrica gestita da una donna francese.

«Madame Andre, deliziosa» aveva cinguettato sua madre. «Essendo una donna d’affari, governa il suo destino. Ricordatelo, Mary.»

Bellissima e inquieta, sua madre aveva già dimenticato il gentiluomo sulla nave.

Ma il suo bacio non aveva dimenticato lei.

Un mese dopo le belle guance di sua madre erano scavate, i capelli neri flosci e unti. Sprofondata in un letto sontuoso, era fragile. Non c’era nessuno con lei, eccetto un vecchio medico, il dottor Ross, un fazzoletto premuto sul naso. Comprensibile, poiché l’aria odorava di urina e sudore. Terminata la visita, il medico lasciò cadere il fazzoletto nel bracie-

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re accanto al letto. Mary osservò le fiamme delicate lambire il tessuto candido. Che spreco, il dottor Ross avrebbe potuto usare quel fazzoletto anche durante la visita successiva.

Lo sguardo febbricitante di sua madre seguì l’uomo. «Cosa... mi succede?»

Il medico frugò nella valigetta dei medicinali, dove i flaconi di vetro tintinnarono delicatamente.

«Avete la febbre francese, madame.»

«Ma... come?»

«Vi siete recata in Francia di recente?»

«Sì, in Lorena» rispose lei con un filo di voce. «Ma la febbre... credevo che fosse... finita.»

Il dottor Ross sospirò. «A Parigi sì. Ma stando alle segnalazioni la malattia perdura nelle città di provincia.» Posò un flaconcino ambrato sul comodino. «Prendete questo per alleviare il disagio.»

La luce delle candele brillò sul flacone quasi vuoto.

«Non gliene servirà di più?» chiese Mary dall’angolo della stanza dove si trovava.

Due occhi incavati segnati dall’età e dalla rassegnazione incontrarono i suoi.

«No.»

Il dottor Ross richiuse la scatola di legno. La serratura di ottone emise un clic disorientante, gelido, definitivo. Come una fine certa. Mary torturò con i polpastrelli una cucitura della sua pettorina, quell’incubo infernale non faceva che peggiorare. Aveva letto qualcosa della malattia l’anno precedente, i dettagli vaghi. Ulcere in bocca, sudorazione spaventosa. La malattia si portava via metà di quanti si ammalavano, per l’altra metà la ripresa era dolorosissima. Eppure il dottor Ross non forniva altre indicazioni.

«Adesso posso salire sul letto ad abbracciare la mamma?» sussurrò una voce infantile accanto a lei.

Sua sorella Margaret, di neppure cinque anni, aspettava sulla panca, facendo dondolare le gambette.

«Più tardi» rispose Mary, mentre le accarezzava i capelli neri come l’inchiostro. «Prima dobbiamo curarla, tu e io. E poi, quando il dottor Ross tornerà, dirà che sei stata un angelo per aver guarito la mamma.»

«Non tornerò» dichiarò il medico.

Mary gli si avvicinò. «Non capisco.»

Sottile come un giunco, il dottor Ross torreggiava sopra di lei, le dita ossute strette sul manico della valigetta.

«L’aria qui è infetta. Dovreste andarvene anche voi. Prendi tua sorella e trasferitevi altrove.»

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«Ma mia madre...»

«Presto sarà morta.»

Mary lasciò cadere il fazzoletto profumato, troppo pesante per la sua mano. No, non era possibile, non sua madre.

«Ci sarà pure qualcosa che potete fare!» disse, disperata.

«Non c’è.»

Sul letto sua madre fu colta da un accesso di tosse; Mary afferrò la manica del medico, le unghie conficcate nel feltro.

«Non posso lasciarla.»

«E la piccola Margaret?» sussurrò il medico, la voce quasi un sibilo. «Non t’importa niente di lei? Sappiamo entrambi che nessuno si prenderebbe cura di lei, se tu morissi.»

Mary era pronta a controbattere, a pregare il buon medico di restare, ma l’espressione dell’uomo si appiattì, come se lui si tirasse indietro. Lei lo lasciò andare, trafitta dalla verità. Il dottor Ross aveva sopportato troppo a lungo il peso dei segreti della famiglia Fletcher. I peccatucci di sua madre, l’indifferenza di suo padre, le piccole ustioni sulle sue dita, il caos ordinato della sua vita.

Era sempre stato così per lei, ma quella vita, la sua vita, stava andando in pezzi.

Le guance scavate dalle ombre, il dottor Ross prese il cappello. «Devo informare l’infermeria reale. E tutti dobbiamo pregare che questo flagello non lasci questa stanza.»

Flagello?

Mary si appoggiò alla spalliera del letto, cercando di prendere fiato mentre il dottor Ross usciva dalla stanza, i passi attutiti dal tappeto soffice. Si sentì chiudere la gola mentre la stanza le roteava intorno, la pareti rivestite di legno scuro parvero incombere su di lei, pesanti e soffocanti nello spazio senza finestre.

L’incubo era reale.

Un corpicino che si strinse alla sua sottana le impedì di cadere; Mary abbassò lo sguardo.

Due occhi azzurri enormi la implorarono. «Ho paura.»

Mary si lasciò cadere sulle ginocchia tremanti e strinse la sorellina in un abbraccio disperato.

«Ssh, non preoccuparti. Avrò cura di te.»

Parole rassicuranti, ma una lacrima minacciò di pioverle sulla guancia; la ricacciò indietro e inalò la fragranza dolce e pulita di Margaret. Prosciugata fino al midollo, Mary la strinse. I sospiri della bimba che le sfioravano l’orecchio cominciarono a sciogliere la tensione che aveva dentro. Le due anime che più amava al mondo si trovavano in quella stanza, doveva salvarle.

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«Fa’ la brava» disse mentre si ritraeva. «Va’ a mettere alla tua bambola quel bel vestito blu che abbiamo fatto insieme.»

Due piccole mani fiduciose si posarono sulle sue guance.

«Posso far vedere alla mamma il mio ricamo?»

«Sì.» Baciò la fronte di Margaret. «Adesso vai.»

La sua sorellina sgambettò via, portando con sé gli ultimi scampoli di gioia. Mary si sistemò dietro l’orecchio una ciocca disordinata, poi si alzò da terra, turbata. Come avrebbe potuto salvare sua madre e sua sorella? Forse un altro medico. Aveva sentito parlare di un nuovo medico promettente in Drummond Street.

«So... cosa pensi» mormorò sua madre con un filo di voce. «È... inutile.»

Mary si voltò verso il letto, determinata.

«E allora sai anche che non posso lasciarti.»

«Devi farlo. Per... per... il bene di tua sorella.»

Si chinò verso la madre dichiarando feroce: «Posso prendermi cura di entrambe!».

Un suono roco la colpì, era la risata cupa della madre.

«Non è... quel che... hai sempre fatto?»

«E allora lascia che...»

«No! Il tuo dovere è... proteggere Margaret.» Il viso della madre parve accartocciarsi. «Starà meglio... con te.»

Lacrime roventi punsero gli occhi di Mary, un’agonia. La sconfitta di sua madre, una famiglia perduta, la loro fine era giunta. Un dolore acuto si diffuse da dietro lo sterno, accompagnato da altre verità.

Doveva scegliere.

Sua sorella o sua madre.

Esitò, come se la terra volesse inghiottirla in un boccone. Una parte di lei avrebbe voluto che accadesse.

«Puoi... farcela» disse sua madre.

Sarebbe stata capace?

Alla tenera età di dieci anni, una levatrice le aveva messo tra le braccia una neonata coperta di sangue e placenta. Il cuore colmo d’amore, Mary aveva lavato e avvolto Margaret nelle fasce. Ma l’amore non era bastato, la piccola non aveva potuto ricucire la famiglia. Già due mesi dopo sua madre si era imbarcata in un viaggio verso il Baltico. Un’altra avventura, aveva detto. L’anno successivo suo padre e il suo fratellastro si erano trasferiti sopra la bottega del padre, mentre le donne erano rimaste a vivere in Mary King’s Close, vicino High Street.

Mary aveva sopportato la maggior parte delle conseguenze della nuova sistemazione, le lamentele dei vicini, la balia che viveva con loro e la sua disapprovazione. Non importava, la piccola Margaret era molto, molto amata.

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Ma in quel momento il medesimo braciere che aveva scaldato la nascita di Margaret illuminava gli occhi scavati di sua madre.

«Va’ da tuo padre. Digli... di questa febbre» disse la donna. «E domani... fatti accompagnare a... ad Arisaig.»

«Vuoi mandarmi via?» La voce di Mary assunse una nota stridula dolorosa.

«Dal clan Clanranald MacDonald. La mia famiglia. Si... prenderanno cura... di voi.»

Mary abbassò il mento tremante. «E tu?»

Gli occhi del colore di un loch battuto da una tempesta la rimproverarono.

«Mary...»

«Mamma, no!» gemette. «Non costringermi a lasciarti.»

Ma sua madre cominciò a sussurrare istruzioni per i preparativi. In cucina nella zuppiera di Niderviller c’erano alcune monete d’argento. Doveva tenerle lei, per il futuro suo e di Margaret. Il baule da viaggio di sua madre aveva un doppiofondo; avrebbe dovuto nascondere là il denaro e, quando fosse giunto il momento, usarlo.

Date le istruzioni, la donna lasciò ricadere la testa sul cuscino.

«Mia cara Mary... sei stata benedetta da u... una mente brillante. Usa il denaro e... costruisciti una vita nuova... A Dio piacendo.»

Il cuore le martellava nel petto, addolorato.

Perché Dio voleva portarle via la madre? L’unica persona che la capisse? Suo padre, un argentiere eccentrico, era gentile quando pensava a lei, ma per lui il sole sorgeva e tramontava con il fratellastro di Mary, frutto del suo primo matrimonio. La figlia maggiore l’aveva avuta con la sua seconda moglie, la bella ragazza del clan Clanranald MacDonald. La minore? La sua paternità era incerta. L’argentiere dichiarava che la moglie ostinata era una macchia per la sua reputazione, ma per Mary era la stella del mattino. L’aveva incoraggiata ad aprire la mente, usare i suoi talenti e non permettere mai che un uomo sminuisse il suo valore.

Ma stava morendo.

«Fatti furba» disse sua madre. «Non lasciare... che gli uomini ti facciano... girare la testa, come... hanno fatto girare la mia.»

«Non lo farò.»

Le labbra secche della madre abbozzarono un sorriso. «Sei tanto brava. Sembri... me... quando avevo quindici anni.»

Mary raddrizzò le spalle mentre il cuore e l’anima andavano in pezzi dentro di lei. «Ach a-mhàin gu bheil thu nas fheàrr.» Ma tu eri più bella, disse in gaelico scozzese.

Le palpebre di sua madre si chiusero su un sorriso debole. Le lacrime

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piovvero sul viso di Mary, portando una consapevolezza terribile della perdita e degli anni trascorsi a cercare di compiacere, di essere una ragazza diligente e responsabile. La postura, i modi, l’eloquio sempre impeccabili.

Ma l’amore non era bastato.

Non bastava mai.

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Londra, ottobre 1753

Per prepararsi per una notte in un bordello la zitella intraprendente doveva applicare la giusta quantità di rosso sulle guance. Troppo e gli uomini avrebbero pensato che fosse una prostituta, troppo poco e avrebbero pensato che fosse una donna delle pulizie mascherata in vesti di seta. Con l’aggiunta di un tocco di fiducia in se stessa l’insieme sarebbe stato perfetto.

La fiducia in se stessa, così sembrava, era il cosmetico migliore, ed era un tratto che Mary Fletcher possedeva.

Si lasciò scivolare il velluto sulle spalle, passò il mantello a un valletto e si tuffò in un mare di eccessi; uomini che si lustravano gli occhi ammirando donne seminude in posa su piedistalli, ninfe che ridacchiavano giocando in una fontana e una Venere dai capelli rossi coricata in una conchiglia di cartapesta. Ovviamente rosa. Nel bel mezzo di tutto ciò, alcune donne con tuniche impalpabili di ispirazione classica danzavano turbinando intorno a un’arpista. Tutta quell’opulenza era affascinante, quasi onirica.

Mary si accarezzò la clavicola, seguendone il contorno con i polpastrelli. Accanto a lei Cecelia MacDonald, sua compagna per la bisboccia della serata, aprì il ventaglio con uno scatto del polso. «Ebbene? Che ne pensi?»

Mary optò per un noncurante: «Temo non molto». Cecelia sbuffò. «Non ti credo.»

L’amica aveva ragione a dubitare, ma lei non intendeva sbottonarsi. Lasciò scorrere le mani sulla gonna gonfia di seta bianca, la migliore che possedesse, benché fosse una scelta bizzarra per la serata, visto dove si trovavano. Tralci di edera verde chiaro e fiori primaverili erano stati dipinti sul tessuto. La veste era più adatta a un pranzo che a dissolutezze notturne, eccetto per le due mezzelune rosa che emergevano dal corpetto.

Mary sventolò il ventaglio in modo strategico proprio di fronte alle mezzelune allettanti.

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«Se proprio vuoi saperlo, ho notato che chi ha organizzato la serata ha confuso le mitologie. Un lavoro davvero deplorevole, a parer mio.»

«Cosa vuoi dire?»

«Le ninfe sono greche, Venere è romana. Ecco cosa voglio dire.»

Due occhi color nocciola ebbero un lampo divertito dietro una maschera di seta verde. «È la tua prima volta in un bordello e ti viene in mente questo?»

La sua mente? Non poteva controllarla, non mentre tutte quelle correnti sensoriali le scorrevano sulla pelle. Dai gloriosi soffitti alti agli specchi con le cornici dorate, tutto scintillava. Non poteva non ammirare l’ambiente circostante.

Mary si inumidì le labbra. «Il mio secondo pensiero è stato: come hanno fatto a mettere una fontana in una sala da ballo?»

Cecelia ridacchiò. «Dubito che gli uomini siano qui per una lezione di ingegneria idraulica.»

«E noi non siamo qui per discorrere delle mie impressioni del locale di Madame Bedwell.»

La Maison Bedwell era un bordello costoso in King’s Square, Soho Square per i modaioli, come era stata ribattezzata di recente. L’edificio era un palazzo elegante di mattoni progettato da Sir Christopher Wren. Da qualche parte sotto il tetto del palazzo si vociferava si incontrasse una società segreta. Un gruppo talmente clandestino che i suoi membri usavano soprannomi come Lady Pink e Lord Blue per nascondere le proprie identità, perfino tra di loro. Ma non tutti erano giacobiti, come Mary e Cecelia avevano scoperto grazie a una rivelazione recente, un registro in codice che era venuto in loro possesso. Uno dei membri della società segreta possedeva quanto restava del tesoro perduto del Loch Arkaig, un carico di livre d’oro che la Francia aveva inviato sette anni prima per sostenere Bonnie Prince Charlie e i suoi ribelli.

Il tesoro era scomparso.

Era l’unica ragione per cui Mary si trovava in quel lussuoso luogo di perdizione: gli highlander rivolevano il loro denaro.

Lei e Cecelia appartenevano a un’associazione scozzese che aveva giurato di trovarlo. Cercavano il tesoro da quattro anni. L’estate precedente avevano recuperato la prima parte dalla Contessa di Denton. L’associazione voleva anche il resto. Per proteggere la propria identità, Mary indossava una maschera, benché fosse più una precauzione che una necessità. Essendo la proprietaria della Fletcher’s House of Corsets and Stays, non frequentava i medesimi ambienti sociali degli uomini che partecipavano a quella serata. Vendeva la sua merce alle loro governanti, non alle loro mogli e figlie.

Ma quella sera era uno squalo vestito di seta, una cacciatrice.

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Cecelia le toccò il gomito e le fece cenno di seguirla. «Vieni con me.»

Tornarono nella sala d’ingresso, dove signorotti rumorosi deponevano monete nella mano inguantata dei valletti appena oltrepassavano la soglia.

Nonostante la confusione, Cecelia abbassò la voce. «Io investigherò di sopra.»

«Dove le ninfe di Madame Bedwell esercitano la loro professione» disse Mary in tono severo.

Cecelia ignorò l’esca e indicò con il mento una sala a lato dell’ingresso.

«Nel frattempo, tu puoi investigare nella sala da gioco. Un’ora dovrebbe bastare, poi ci ritroveremo qui.»

Mary sfarfallò il ventaglio con polso indolente. Quella sera era la loro prima incursione al bordello e si trovavano là per un’unica ragione: capire cosa sarebbero riuscite a trovare. In fondo al corridoio la porta a due battenti era spalancata. L’aroma dolce e cupo del tabacco e profonde risate mascoline le accolsero; la sala era un bastione della virilità.

«Perché devo investigare io nella sala da gioco?» chiese Mary con tono noncurante. «Io non gioco d’azzardo.»

«Non fai nemmeno sesso.»

Le guance di Mary arrossirono. «Non sono un’innocente.»

Cecelia le scoccò un’occhiata complice. «Quand’è stata l’ultima volta che hai baciato un uomo?»

«È irrilevante» ribatté Mary irritata.

Cinque anni, sussurrò una voce nella sua testa, cinque lunghi anni.

Il ventaglio al polso, Cecelia si sistemò la maschera. «Resteresti esterrefatta se salissi al piano di sopra, lo sappiamo entrambe.»

Lo sguardo di Mary si spostò verso la sala da gioco; Cecelia non aveva tutti i torti. Ogni nervo nel suo corpo crepitava, acceso e vivo, per il semplice fatto che lei si trovasse là, in un bordello. Se fosse salita al piano superiore, probabilmente avrebbe preso fuoco.

«Questa sera siamo qui soltanto per osservare» dice Cecelia. «Cerca qualunque cosa possa suggerire simpatie giacobite.»

«Tutto qui? Non mi sembra difficile.»

«Non dovrebbe esserlo. Ti basterà sorridere, mostrarti amichevole e ascoltare, come si fa quando ci si trova in compagnia maschile. Io la chiamo l’arte di fare attenzione.»

«Siamo a Londra da quattro anni ed è così che raccogli informazioni?»

Cecelia alzò le spalle come una donna nata per civettare. «Agli uomini piace parlare con le belle donne, il che significa che faranno di tutto per parlare con te.»

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Mary strinse le labbra. La bellezza era la carta di Cecelia, per lei era una seccatura, una questione dibattuta. Spesso ne scaturiva una discussione sul potere di una donna o, più specificamente, sul perché Mary si rifiutasse di sfruttare il proprio, questione davvero sciocca per quanto la riguardava.

«Ho anche amici in posizioni strategiche importanti» continuò Cecelia, sorridendo.

«Le spie che paghi.»

«Sì, le pago. Ma non dimenticare mai che la bellezza vale quanto qualunque altra moneta. Sei tu che decidi come spenderla.»

Mary sbuffò.

Pallida ed elegante, Cecelia si sistemò una forcina tra i capelli, mentre gli angoli della sua bocca si sollevavano gentili, come se capisse le paure recondite di una donna e, alla tenera età di venticinque anni, fosse già miglia più avanti.

«Sii cauta, Mary.»

«Sempre.»

Si separarono con garbo. Mary ripose il ventaglio nella tasca della gonna, un accessorio innocuo, mentre nella tasca di Cecelia era celata una moneta sovversiva; mostrarla le avrebbe garantito l’accesso alla società segreta che si riuniva alla Maison Bedwell. Dove e quando si incontrassero nel bordello era ancora un mistero; probabilmente Cecelia lo avrebbe scoperto quella sera.

Mary la guardò salire la scalinata imponente, elegante e rilassata, l’orlo dell’abito a sacco di seta verde scivolava sui gradini dietro di lei. Prostitute con le vesti umide salivano la medesima scalinata, seguite da uomini sorridenti.

La dimora di Madame Bedwell doveva celare una quantità di segreti. Sorridi, sii amichevole e ascolta. Mary li avrebbe scoperti. Possibile che il sotterfugio fosse davvero così facile?

Una risata uscì dalla sala da gioco, accompagnata da sfumature di desiderio. Due camerieri in livrea bianca e rosa si diressero verso la sala, portando un vassoio ciascuno. Uno, con i capelli ramati, le spalle ampie e un sorriso delizioso, rallentò per strizzarle l’occhio.

Il respiro le sfuggì dalle labbra, poi gli sorrise.

L’avventura cominciava a piacerle?

Si accarezzò distrattamente la curva del seno; forse sì. La sala da gioco era spalancata, solo un certo tipo di donna avrebbe varcato la sua soglia.

Per una sera, sarebbe stata quella donna.

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Entrò nella sala da gioco di Madame Bedwell come una falena attratta da una fiamma. Una bionda graziosa fasciata di seta nera presiedeva un tavolo coperto di panno verde. Il tavolo del faraone, a giudicare dall’aspetto; le dita affusolate mescolavano le carte mentre gli uomini si affollavano al suo tavolo con manciate di denaro. Dietro di lei troneggiava un gigante minaccioso con la faccia bovina, il direttore, il sorvegliante della sala. Meglio non farlo arrabbiare.

Mary curiosò tra file di tavoli da gioco d’azzardo, leggermente delusa. Se Madame Bedwell non badava a spese nella sala da ballo, là era più parca. I tappeti erano consunti, le pareti rivestite di legno graffiate e i corsetti di seta delle prostitute datati. Nessuna di quelle donne la degnò di una seconda occhiata, erano tutte troppo occupate a concentrarsi sugli uomini. Capitani di mare, banchieri corpulenti, uomini di un certo peso. Nessuno sembrava poter essere membro di una società segreta.

Mary arricciò il naso; l’arte di fare attenzione non esercitava un gran fascino là dentro.

Le mani posate sull’ampia gonna di seta, rallentò il passo e si costrinse a osservare la sala.

Tavoli e sedie ammassati, schiamazzi volgari, dadi che rotolavano, uomini che sghignazzavano, dipinti di dubbia qualità alle pareti. Una ripetizione noiosa di donne nude. Il suo sguardo passò da un quadro all’altro: sembravano tutti uguali, membra tornite e occhi vuoti, a eccezione del dipinto in fondo alla sala.

Le venne la pelle d’oca. Una donna coperta in modo da preservare la sua modestia giaceva su una poltrona, un fiore rosso sul palmo proteso. Mary fissò il fiore, era forse una rosetta di tartan? Difficile dirlo con tutto il fumo che aleggiava nella sala dal soffitto basso. Gli uomini e i loro sigari.

Ma la donna del dipinto...

Si avvicinò finché il suo naso fu a pochi pollici dal fiore rosso. In effetti era tartan con linee sottili nere e gialle che affiancavano una trama nera più larga. Bisognava arrivare vicino per scorgere il motivo e la minuscola chiave sotto la rosetta. Mary osservò la cornice liscia di legno.

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La placca di bronzo graffiata inchiodata alla cornice diceva BETTY BURKE A RIPOSO.

Un brivido le corse nelle vene. Betty Burke, l’identità che Carlo Stuart aveva assunto quando si era travestito da cameriera irlandese ed era fuggito dalla Scozia. In effetti i tratti della donna erano straordinariamente mascolini e somigliavano a quelli del pretendente al trono.

Qualcuno qui ha il senso dell’umorismo.

Aveva trovato il suo primo indizio.

Il mento alto, arretrò di un passo, trionfante. Quantomeno la donna indossava sottoveste e corsetto, più pudica rispetto agli altri ritratti nella sala.

Un altro passo e...

«Non dovreste essere meno vestita?» domandò una voce intrisa di birra.

Mary si voltò di scatto. Un marinaio calvo la osservava da un tavolo quadrato.

Un capitano di mare con la barba bianca accanto a lei si voltò sulla sedia. «Certo che no» disse. «Un uomo si perderebbe il piacere di spogliarla.»

Gli uomini ridacchiarono. Il panier dell’abito urtò la sedia del capitano e lei scostò l’ammasso di seta.

«Temo di aver interrotto la vostra partita. Vogliate perdonarmi, sir.»

Lui le strinse le dita intorno a un polso. «Sei carina.» Si batté una mano sulla coscia. «Vieni, unisciti a me.»

Lei lo guardò con raccapriccio. «Sedermi in grembo a voi?»

«È il posto migliore della casa.»

Mary fu investita dalla risata al whisky dell’uomo, ma le buone maniere le impedirono di fargli notare che non aveva un grembo: l’addome gli copriva gran parte delle cosce.

«Grazie, ma non mi interessano le partite a carte.»

Una prostituta si avvicinò ridacchiando. «Sei finita nella stanza sbagliata, vero, tesoro?»

La sua stima nei confronti di quelle donne crebbe di una tacca. Come riuscivano a fare quel lavoro, una notte dopo l’altra? Tubare, civettare, ridere, le donne alle dipendenze di Madame Bedwell non si fermavano mai e lei era troppo infastidita per sorridere, essere amichevole e ascoltare. Strategia inutile, quando la mano sudaticcia di un uomo le intrappolava il polso.

Cercò di divincolarsi. «Lasciatemi andare, sir.»

Il capitano dal volto florido scoppiò a ridere e se la tirò più vicino, come se stessero giocando.

Un calore rabbioso si accumulò dietro la maschera.

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«Che uomo spregevole.» Mary tirò più forte e un ricciolo le sobbalzò sugli occhi. «Lasciatemi. Andare.»

Svanita l’allegria, l’uomo le strinse il polso, ma l’orgoglio le impedì di gridare, mentre il marinaio sollevava il corpo massiccio dalla sedia.

«Hai la lingua tagliente.»

«Non avete ancora sentito niente.»

Si fronteggiarono, faccia a faccia, così vicino che Mary scorse la peluria bianca all’interno delle sue narici. L’uomo aveva le tempie sudate e gli occhi erano diventati due puntolini scuri e crudeli. Zoticone abominevole! Le spalle irrigidite, Mary lo trafisse con un’occhiata altera.

«È la mia prima sera in questo locale e sono già giunta a una conclusione.»

Il capitano si chinò minaccioso su di lei. «E quale sarebbe?»

Lei si sporse verso l’uomo senza lasciarsi intimidire. «Che le attrici migliori di Londra vivono qui. Devono esserlo per forza, per riuscire a fingere ardore nei confronti di uno come voi.»

Una prostituta appoggiata alla parete si premette una mano sulla bocca, un’altra si voltò, ridacchiando. Sfortunatamente, le due donne non accorsero in suo aiuto, Mary era sola contro il capitano, la sventura di una zitella avventurosa.

«Pensi di essere troppo per uno come me?» chiese il marinaio.

La rabbia rese le sue parole ancora più taglienti. «Sono troppo per uno come voi.»

Il volto dell’uomo diventò paonazzo e lei barcollò all’indietro, urtando un muro.

«Lasciala andare, Culpepper» intimò una voce profonda.

La tensione le saettò fino alle punte dei piedi. Non aveva urtato un muro, bensì un uomo. Alto, compatto e solido come una parete di mattoni.

Una mano possessiva le scivolò intorno alla vita; lei deglutì, sentendosi reclamata dall’uomo che aveva alle spalle. C’erano strati e strati di seta, lino e stecche d’osso di balena tra loro, ma lo sgomento le arrivò alla pelle.

Il capitano scoccò un’occhiataccia sopra la sua testa. «L’ho vista prima io.»

«Non importa. È qui per incontrare me.» Una traccia di durezza portuale si insinuò nelle vocali del suo soccorritore. «Per tutta la notte, se vuoi saperlo.»

Tutta la notte? L’allusione fu inequivocabile, ancor di più quando dita calde le accarezzarono il collo.

Mary aveva il respiro accelerato, il profumo dello sconosciuto era... una distrazione.

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Ma il capitano le stringeva ancora l’avambraccio. Gli uomini ai tavoli vicini deposero le carte e lo sguardo del sorvegliante si posò su di loro. La sua postura cambiò, come se stesse per allontanarsi dal tavolo del faraone per capire cosa stesse succedendo. Mary si rabbuiò, allarmata; essere buttata fuori la prima sera che entrava nel bordello sarebbe stato decisamente ignominioso. Proprio lei, che non era mai stata buttata fuori da nessun posto in vita sua.

«Se non vi dispiace, vorrei andarmene senza creare confusione.» A Culpepper disse: «È pieno di donne qui intorno. Sono sicura che una di loro saprà gradire il piacere della vostra compagnia».

«E io mi godrò la vostra» disse l’uomo alle sue spalle a beneficio di tutti i presenti.

Le sue dita giocherellarono con il medaglione d’oro che Mary portava stretto intorno al collo. Tocchi leggeri, come piume, seguiti da dolci brividi importuni che le scesero lungo il collo. Il tum-tum-tum delle pulsazioni nelle orecchie mise a tacere la conversazione. Forse Culpepper ribatté qualcosa, ma l’uomo alle spalle di Mary la consumava.

Chi è?

La mano sul suo addome applicò una pressione sapiente, quanto bastava per tenerla ferma e farle capire che era lui ad avere il controllo. Mary coprì la mano con la propria e la esplorò. Grande, calda, nocche ruvide. Un uomo che lavorava, ma la sua pronuncia era quella di un gentiluomo, pulita e rotonda. Incontestabilmente un uomo istruito.

Le dita lunghe si intrecciarono con le sue.

«Tutto chiaro?» sussurrò sopra l’orecchio di Mary.

Le mani giunte toccarono una corda dentro di lei; era la prima volta che un uomo la teneva per mano, benché con un’angolazione inconsueta. Più una stretta che un tenersi per mano, decise, tuttavia tanto potente da confondere i pensieri.

Tre tavoli più lontano un gentiluomo con i capelli neri parlò, senza staccare lo sguardo dalle carte.

«Lasciatela andare, Culpepper. Questo non è un bordello di Wapping Wall. Le donne mascherate pagano per il loro intrattenimento, quelle senza sono l’intrattenimento.» Il suo sguardo trafisse il capitano. «Rispettate le regole... oppure andatevene.»

Culpepper brontolò sottovoce e la lasciò andare. «Errore mio, milord. Non avevo cattive intenzioni.»

Mary si massaggiò il polso indolenzito, tentata di puntualizzare che era lei la parte lesa. La saggezza la indusse a tacere. Uomini! Avevano la finezza dei cani bastardi. Un fatto era certo: il gentiluomo con i capelli neri teneva banco al suo tavolo. Altrettanto degna di nota era una bion-

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da alta con indosso brache di pelle e stivali che gli stava vicino come per proteggere le spalle di Sua Grazia.

Il locale di Madame Bedwell era decisamente peculiare, alcune delle creature più bizzarre di Londra si riunivano là.

Un uomo con le palpebre cadenti seduto al tavolo del capitano si schiarì la voce in modo rumoroso.

«Allora, capitano? Continuate a giocare o vi chiamate fuori?»

Culpepper scoccò un’occhiata velenosa a Mary e all’uomo alle sue spalle. «Continuo» brontolò, mentre si lasciava cadere a sedere.

Sollevata, Mary si appoggiò al suo aitante soccorritore. Una mollezza liquida le scorreva ancora nelle vene. Il frastuono riprese. Uomini che parlavano, donne che ridevano, carte mescolate. Cercò di voltarsi, ma un braccio forte le serrò la vita.

«Non abbiamo finito» lo sentì mormorarle all’orecchio.

«No?»

«Culpepper ha bevuto troppo» disse. «Ed è vendicativo. Non preoccupatevi. Non avrei permesso a quel tavolo di tagliagole di farvi del male.»

La risata profonda le echeggiò lungo la colonna vertebrale. «Con personaggi del genere una bella ramanzina non funziona.»

Il sospiro di lei mosse il ricciolo che le pendeva sul naso. «Mi sembra di capire che voi siate abile nel tenere in riga personaggi del genere.»

«Me la cavo.»

Lei inclinò la testa e nell’aria colse una traccia di legno di cedro e muschio. «E adesso mi offrite i vostri servigi per tenermi al sicuro.»

«Per una modica cifra.»

Il suo calore scandaloso la avvolgeva come una coperta confortevole. Mary non voleva andarsene; se si fosse sollevata di un pollice sulle punte dei piedi, le labbra di lui le avrebbero sfiorato l’orecchio e il suo fondoschiena gli avrebbe sfiorato i gioielli di famiglia.

Gli occhi vitrei, fu tentata di mettere alla prova la simmetria del corpo dell’uomo con il proprio.

«Desolata di deludervi» disse, «ma a differenza di altre signore mascherate presenti, non sono né titolata né abbiente.»

«Il che rende la vostra presenza da Madame Bedwell ancora più interessante, Miss Fletcher.»

Lei si irrigidì. «Siete in vantaggio, sir.»

Spostò una mano alle proprie spalle e conficcò le unghie nella coscia del gentiluomo, fasciata di lana. Era forte e compatta, senza dubbio era un lavoratore.

«Spostate la mano di qualche pollice» disse lui a voce bassa, «e scoprirete una parte più eloquente della mia anatomia.»

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Il calore la pervase e la fragranza di legno di cedro e muschio la avvolse.

«Ritraete gli artigli» le disse lui. «Poi voi e io potremo continuare la nostra conversazione in un luogo più sicuro.»

«Perché dovrei, quando potrei semplicemente andarmene?»

Il suo alito la solleticò quando le chiese: «Non siete curiosa nemmeno un po’?».

Santo cielo, sì! La sua voce, da sola, bastava a darle la pelle d’oca.

«Di un uomo che minaccia di ricattarmi?»

«Ricattare è una parola grossa. Vi siete fidata di me in passato, Miss Fletcher. È nel vostro interesse fidarvi ancora.»

Una risata esplose nella sala da gioco, il fragore sufficiente per confondere i pensieri. Oppure la confusione dentro di lei era dovuta al gentiluomo alle sue spalle? Le braccia sicure di lui le scivolarono sulla pettorina e Mary si ritrovò libera.

Si posò la mano sul collo nel punto in cui si era trovata la sua e si voltò, sorpresa.

Due occhi abbaglianti color acquamarina incontrarono il suo sguardo. Sembravano vetro lucido. Appartenevano a Mr. Thomas West, proprietario di un’impresa baleniera. Uomo aitante, con una cicatrice da pirata sulla guancia, incarnava una raffinatezza ruvida. Il sole aveva regalato sfumature dorate ai capelli castani che gli accarezzavano la nuca. La mandibola era rasata, la cravatta inamidata, un segno della sua educazione, ma Mary non si lasciò ingannare: il rude capitano portava con sé una ventata di aria salmastra e sartiame ovunque andasse.

Senza dubbio un lupo di mare.

«Mr. West» disse fredda, mentre lasciava ricadere il braccio lungo il fianco.

«Miss Fletcher.»

Lui osservò la maschera di seta e i capelli raccolti sulla nuca e Mary ebbe l’impressione che scintille incandescenti la ustionassero ovunque si posasse il suo sguardo, in particolare quando si soffermò sul seno. La bocca del capitano ebbe un fremito, come se l’uomo stentasse a credere alla fortuna di essere l’unico a poter ammirare una tale profusione di pelle nuda.

Avrebbe voluto riprendere la solita compostezza, ma un ricciolo le penzolava ancora davanti agli occhi, conseguenza della baruffa con Culpepper. Si scostò il ricciolo dal viso con tutta l’alterigia a cui una zitella poteva fare ricorso in un bordello.

«Immagino che abbiate delle domande» disse.

L’attenzione di lui risalì fino al suo viso.

«Qualcuna.»

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«In tal caso sappiate che non intendo rispondervi. Dunque non datevi la pena di chiedere.»

Lui scosse la testa, sorridendo. «Nemmeno una domanda?»

«No.»

Il ricordo delle sue mani sul proprio corpo la turbava ancora; eppure avevano lavorato insieme. In autunno Mary acquistava ossi di balena e fanoni dalla West and Sons Shipping per il suo negozio e olio per le lampade. E in quelle occasioni era sempre vestita in modo conveniente: fazzoletto intorno al collo, cuffia con pizzi, lana calda e pratica.

Una volta aveva visitato il suo stabilimento presso l’Howland Great Wet Dock per contraffare una chiave, accordo mediato da Will MacDonald, un amico della società segreta di cui faceva parte Mary. Fu lieta che Mr. West non menzionasse l’episodio.

Fu altrettanto lieta di non doversi sorbire una lezione sugli effetti perniciosi che potevano derivare dalla frequentazione di un bordello. La libertà d’azione concessa alle nobildonne non era estesa anche alle negozianti. Ormai quasi trentenne, Mary aveva vissuto troppo a lungo e aveva visto troppo per curarsene. Forse lo stesso si sarebbe potuto dire per Mr. West? C’era una traccia di ruvidezza in lui; un uomo che aveva domato il mare, sussurrato alle sirene ed era sopravvissuto per raccontarlo. Era un gentiluomo, certo, ma quella cicatrice e il suo profumo intrigante... Era un uomo pericoloso.

Mary estrasse il ventaglio per rinfrescarsi la pelle accaldata. «Preferirei che ve ne andaste e dimenticaste di avermi vista.»

«Bugiarda» disse lui con tono vellutato.

Mary esitò, ma le rughe sottili che apparvero ai lati degli occhi di lui placarono la sua irritazione.

«Ammettetelo, Miss Fletcher, avermi incontrato in un luogo del genere vi sorprende quanto aver incontrato voi sorprende me.»

Lei strinse le labbra. «Forse.»

Lo sguardo diretto tradì un’ammirazione tale da farle scendere un’altra cascata di calore in tutto il corpo.

«Visto il vostro sfortunato incidente con Culpepper, è meglio continuare la nostra messinscena.» Si guardò intorno e abbassò la voce. «C’è un po’ di confusione qui nelle ore piccole.»

Confusione era un termine gentile per descrivere la sala affollata di uomini rumorosi con gli occhi vitrei. Camerieri in livrea passavano veloci da un tavolo all’altro con pinte schiumose, per assicurarsi che i clienti continuassero a bere abbondantemente.

«Con messinscena intendete che sono qui per un appuntamento.»

«Sì.»

Mary si toccò la maschera, come se fosse un talismano. Il bordello

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brulicava di vita, un cosmo a sé stante. Correnti sensuali si libravano libere come le volute di fumo dei sigari degli uomini. Alcune donne si muovevano nella sala con passo fluido, ma nessuna era mascherata. All’inizio della serata i piani per reperire le indicazioni riguardanti la società segreta avevano dominato la conversazione con Cecelia, lasciandola poco informata riguardo alle regole della casa di Madame Bedwell.

«Le signore abbienti vengono qui spesso?» chiese, mentre osservava affascinata l’interazione tra uomini e prostitute.

«Non so quanto spesso, ma alcune lo fanno.»

«Vengono qui per incontrare... voi?»

Gli occhi acquamarina si sgranarono sorpresi, finché una fiamma cupa e primitiva avvampò nelle loro profondità.

«Rispondervi sarebbe... indelicato.»

«Eppure non avete esitato a dichiarare che mi trovo qui per un appuntamento.»

«Per il bene superiore di aiutarvi.»

Gli si avvicinò fin quasi a toccarlo. «Ma l’avete immaginato. Il mio appuntamento... con voi.»

Le labbra di lui si allargarono in modo allettante. «Sì.»

Mary si sentì sprofondare in un mare di possibilità, metafora deliziosa per la palude proibita in cui lei e l’alto capitano sfregiato si ritrovavano. Il fuoco cupo negli occhi di lui si espanse e la sua voce cambiò, sempre più profonda ed espressiva, a mano a mano che parlavano.

Intrigante.

Inclinò la testa di lato, osservandolo da sotto le palpebre semichiuse. «E, in questo appuntamento immaginario, concordavamo di incontrarci qui? Oppure pagavo profumatamente per voi?»

La sua risata ebbe un che di primordiale. «Pagavate e non ce ne pentivamo.»

Mary agitò il ventaglio e i riccioli le solleticarono la pelle accaldata. Era in bilico sull’orlo di un precipizio.

«Quando una donna prende una stanza per sé, come invita un gentiluomo a raggiungerla?»

Un Mr. West incantato la studiò, l’effetto inebriante.

«Lo informa direttamente.»

«Approccio interessante.» Lei si strinse nelle spalle, indifferente, ma era tutta una messinscena e lo sapevano entrambi. «Dov’è il mistero?

La seduzione?»

Il suo era il sorriso di un lupo di mare e lei era il boccone che voleva.

«La schiettezza è seducente, nella misura giusta.»

Lei rifletté. «State suggerendo che gli uomini preferirebbero essere i cacciatori? E le donne la loro preda?»

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«Sono le regole della natura, Miss Fletcher.»

Lei gli sfiorò il petto con il ventaglio e sussurrò: «A volte alla natura piace che si giochi con lei».

Mr. West trasse un respiro veloce; l’inferno che divampava nei suoi occhi minacciò di incenerirla. Mary lasciò scorrere il ventaglio sui bottoni del panciotto, strizzando un’ultima oncia allettante da quella conversazione.

«Mi chiedo se, nel profondo, vi piacerebbe che si giocasse con voi, sir.»

La bocca cesellata di lui si piegò, misteriosa e bellissima. «Una domanda sulla quale vale la pena riflettere.»

L’aria rarefatta, si osservarono. Il brusio, la stanza affollata svanirono, tanto forte era il fischio che sentivano nelle orecchie. Trascorsero secondi interminabili mentre lo sguardo di Mr. West la studiava. Per sicurezza, lei arretrò di un passo, allontanandosi dal calore rovente di quel momento di seduzione.

Il sorriso di lui assunse una sfumatura più educata e congeniale e passarono a parlare di argomenti più sicuri: l’aria viziata della sala da gioco, il numero crescente di giocatori e la mancanza di posti a sedere, a meno che uno non fosse intenzionato a giocare d’azzardo. Lei fu riconoscente per il tacito consenso di Mr. West ad abbandonare la conversazione scabrosa, ma i suoi occhi concentrati e vivaci le assicurarono che non esisteva che lei. Proprio in un bordello, dove le donne presenti lavoravano per sedurre gli uomini.

Lo guardò negli occhi ed ebbe quasi l’impressione che il tempo si fermasse.

Assaporarlo una volta sola, non voglio altro.

Che sfida per la sua carne! Doveva soffocarla. Con la coda dell’occhio vide che una donna le sorrideva benigna, il ritratto di Betty Burke. Lasciò cadere le spalle, il dovere la chiamava. L’associazione, il suo clan, l’oro, le ragioni che l’avevano spinta ad avventurarsi alla Maison Bedwell.

Il suo sguardo si abbassò sulla rosetta dipinta, aveva visto a sufficienza.

Si avvicinò a Mr. West, badando a non toccarlo. «Forse questo potrebbe essere un buon momento per accompagnarmi altrove.»

«Concordo.»

Le posò una mano sul gomito e lei assorbì ogni sua caratteristica, il tocco, il profilo risoluto, la fragranza di legno di cedro e muschio che lo avvolgeva. Sorrise tra sé, mentre si incamminavano. Annusare un uomo era un atto primitivo. Conosceva i suoi occhi, la bocca, l’inclinazione della cicatrice, ma non sapeva cosa Mr. West indossasse oltre la

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cravatta e la lana che aveva toccato sulla sua coscia, un po’ sconcertante per una donna che si guadagnava da vivere con ago e filo. Stava per porre rimedio con una breve occhiata, quando una voce la interruppe.

«Non immaginavo che vi piacessero così glaciali.»

Il gentiluomo con i capelli scuri aveva parlato, gli occhi sulla sua mano di carte.

«Lord Ranleigh.» Mr. West si arrestò. «Sapete meglio di me che, più fredda è una donna, più calda è la sua fiamma quando brucia... con il tocco giusto, ovviamente.»

Alcune risate maschili compiaciute echeggiarono tra i tavoli. Mary stava per ribattere, ma si trattenne.

Possibile che tutti gli uomini dimenticassero le buone maniere in un bordello?

Lo sguardo di Sua Grazia la scrutò, intento e interessato.

Lo fissò a sua volta.

Naso diritto, capelli neri come giaietto lucido, era circondato da un’aria di grazia mondana. Notò i suoi vestiti. Seta operata color crema intessuta su un telaio creato appositamente per il tessuto gli copriva le spalle. La tessitura costosa doveva essere una creazione proveniente da Milano o Vienna, ipotizzò. Poteva anche essere privilegiato e insolente, ma Sua Grazia era intervenuto in aiuto di Mary, a suo modo.

Un brivido le corse sulla pelle quando i loro sguardi si incontrarono.

Elegante e letale, furono le parole che le vennero in mente. Non era un uomo da sfidare.

Lo sguardo d’onice di Lord Ranleigh le inviò un messaggio, ma lei era troppo nuova ai sotterfugi per afferrarne il significato. Oppure i suoi sensi erano troppo oberati.

Sua Grazia fece guizzare un polso fasciato di seta. «Godetevi la serata.»

Mary fu lieta di andarsene eppure, quando varcò la soglia della sala da gioco, fu seguita dal fantasma di un brivido. Si guardò dietro la spalla. Lord Ranleigh mescolava le carte mentre la bionda con gli stivali si chinava per sussurrargli qualcosa all’orecchio. I suoi occhi attenti seguirono Mary.

E lei era una donna da non sfidare.

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Questo mese

Cuori imprigionati

Nicole locke

Francia, 1297 - Prigioniera nella fortezza del temibile Ian di Warstone, Margery è sorvegliata dal minaccioso Evrart, che nasconde un cuore gentile dietro quel corpo granitico.

Una gentildonna in vacanza

christy carlyle

inghilterra-Scozia, 1897 - Invitata dalla scandalosa zia in campagna, Lady Lucy scopre che la donna è scomparsa e che lo zotico con cui ha viaggiato è il proprietario della casa!

Il tesoro scozzese

GiNa coNkle

londra, 1753 - Mary sta dando la caccia al tesoro perduto di Arkaig, ma quando un nemico mortale incombe, si ritrova a dover collaborare con l’affascinante Thomas West.

La rivalsa del guerriero

Michelle WilliNGhaM

inghilterra, 1205 - Piers di Grevershire è un figlio illegittimo, ma vuole lottare per la terra che gli spetta. E per ottenerla deve vincere la mano di Lady Gwendoline.

Prossimo mese

Una principessa in fuga

charis Michaels

londra, 1803 - Sfuggita anni prima alla Rivoluzione francese, la Principessa Regine d’Orleans viene affidata a Killian Crewes, il Sistematore Reale, perché la distragga...

Alleanza con la nemica

lissa MorGaN

galleS, 1091 - Quando il cavaliere normanno Rolant Guyarde si accorge che il giovane soldato che ha catturato è in realtà la bellissima signora del castello decide di aiutarla.

Il rapimento dell’ereditiera

lydia saN aNdres

rep. dominicana, 1905 - L’audace ereditiera Amalia Troncoso assume il ribelle Julián Fuentes perché la rapisca, così da ottenere l’eredità che le spetta dal crudele zio.

Lo scandaloso segreto di Lady Amelia

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londra, 1894 - Lady Amelia Lambourne gestisce in segreto una rivista per sole donne e quando conosce il suo affascinante e carismatico rivale, Leo Devenish, non esita a...

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