CSS75_CONGIURA A CORTE

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Margaret Moore

Congiura a corte


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: My Lord's Desire The Notorious Knight Knave's Honor HQN Books © 2007 Margaret Wilkins © 2007 Margaret Wilkins © 2008 Margaret Wilkins Traduzione di Laura Iervicella Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici agosto 2008 settembre 2008 ottobre 2008 Seconda edizione Harmony Special Saga febbraio 2013 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 75 dello 06/02/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Sommario

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La dama e il cavaliere

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L'ultimo cavaliere

Pagina 437

Un cuore nobile


La dama e il cavaliere


1 Wiltshire, 1204 «Tieni gli occhi aperti, Bert» ordinò il corpulento soldato al suo compagno, un giovane magro con il viso pieno di foruncoli. Erano di guardia all'ingresso di Ludgershall Castle. «Quell'individuo ha un aspetto che non mi piace.» Bert fissò l'uomo che si stava avvicinando a cavallo e poi si girò verso Godwin. «Sembra solo. Di certo non ha intenzione di attaccare il castello. Solo un pazzo lo farebbe quando a guardia della fortezza ci sono gli uomini del re, oltre a quelli del conte.» «Non sarebbe certo il primo pazzo che ci crea dei problemi» lo ammonì Godwin. «E questo cavaliere ha l'aria di essere in grado di uccidere una dozzina di avversari prima di soccombere.» «Come sai che è un cavaliere?» si informò Bert. «Non ha uno scudiero al suo seguito e nemmeno dei bagagli. Forse si tratta di uno dei mercenari assoldati dal sovrano.» Sputò con aria disgustata a quell'idea. Detestava chi combatteva non per un ideale ma per soldi e le truppe al servizio di Re Giovanni erano della peggior specie. Godwin scrollò il capo in cenno di diniego. «Non lui. Guarda come sta in sella. Quel povero animale non è certo un destriero, eppure quell'uomo lo monta con la fierezza tipica di un vero cavaliere. Inoltre ha la spada e indossa la cotta di maglia. Non lo vedi? E, a meno che gli occhi non mi ingannino, legata alla sella c'è anche una mazza.» «Tanti uomini possiedono una mazza e cavalcano in quel modo» replicò Bert. «Sta in sella a un ronzino e la cotta deve avere visto giorni migliori. E poi guarda i suoi capelli. Quale nobile guerriero li porterebbe lunghi fino alle spalle? Sembra piuttosto un guerriero vichingo.» «Fidati, quello è un vero cavaliere.» «Bene. Ma anche se lo fosse, perché dovremmo temerlo? Ne ab9


biamo visti tanti arrivare e partire senza creare particolari problemi.» «Nessuno era come lui. Quello è un uomo fuori del comune» replicò Godwin sporgendosi da una feritoia delle imponenti mura della fortezza per lanciare un grido d'avviso. Lo straniero fece arrestare il cavallo dandogli modo di studiare i lineamenti decisi e spigolosi del suo volto e la linea severa delle labbra carnose. «Sei Godwin, vero?» gli domandò con un tono profondo e sicuro. Il suono familiare di quella voce indusse Godwin a scrutare i lineamenti dell'uomo con maggiore attenzione e quando finalmente lo riconobbe, restò a bocca aperta per la sorpresa. Si affrettò ad abbassare la lancia mentre sul suo viso si delineava un largo sorriso che metteva in evidenza la cicatrice sul mento. «Perdonatemi, milord!» gridò in un misto di gioia e sollievo. «Che bella sorpresa! Sono davvero contento che non siate morto.» «Anch'io sono felice di essere ancora vivo» replicò Lord Armand de Boisbaston scendendo da cavallo. «Mi è concesso di entrare a Ludgershall?» chiese lanciando un'occhiata alla seconda guardia che aveva ancora la lancia puntata. Godwin fece cenno a Bert di abbassare l'arma. «Questo è Lord Armand de Boisbaston, un buon amico del conte. Quanti anni sono trascorsi dall'ultima volta che siete stato qui, milord? Forse tre?» Il cavaliere annuì. «Perdonatemi, milord» disse Bert facendo quanto gli era stato ordinato. «A quel tempo io non ero ancora qui e quindi non vi conosco.» «Non ha importanza» lo rassicurò Lord Armand. «È stato saggio da parte tua non volermi concedere di entrare prima di esserti assicurato che non fossi un nemico, soprattutto visto che il nostro amato sovrano si trova qui al castello.» Godwin strinse gli occhi. Amato? Se quello che aveva sentito dire era vero, Lord Armand de Boisbaston non aveva alcun motivo per amare il re, ma tutte le ragioni per odiarlo. «Da che parte sono le scuderie?» si informò il nuovo arrivato. «Lungo il lato occidentale della cinta interna di mura» rispose Godwin. «Bert può andare a cercare...» «Non ce n'è bisogno» lo interruppe Lord Armand smontando e afferrando le briglie. «Mi occuperò io stesso del cavallo. L'ultima volta che qualcun altro ha tentato di strigliarlo è stato ricompensato con un calcio.» «Il vostro scudiero vi segue con il bagaglio, milord?» si informò 10


Bert. «Dobbiamo saperlo per informare le sentinelle che ci daranno il cambio qualora non fosse ancora arrivato.» «Il mio scudiero è morto e tutto ciò che possiedo è nella sacca legata alla sella.» Il soldato non seppe cosa rispondere e i tre uomini rimasero in silenzio per qualche istante. «Il conte è al castello o è fuori a caccia?» chiese poi Lord Armand. «Il re lo ha mandato in Galles, milord, ma non dovrebbe stare via a lungo.» «E Randall FitzOsbourne?» «Sì, è qui. Lui è un vero gentiluomo, non come i cortigiani al seguito di Re Giovanni.» «Grazie. È un peccato che William Marshal non ci sia, ma ho delle questioni da discutere con il sovrano.» Guidò il cavallo all'interno della fortezza. «Sono contento di rivederti, Godwin.» «Lo sono anch'io, milord» replicò il soldato continuando a fissare quasi incredulo Lord Armand de Boisbaston. Lo aveva conosciuto quando era ricco e potente e adesso aveva l'aria di un fantasma che aveva appena lasciato il suo cadavere. Lady Adelaide D'Averette entrò furtivamente nelle stalle avvolte nella penombra. Tese l'orecchio per sentire se ci fosse qualcuno, ma distinse solo il rumore dei cavalli che mangiavano il fieno e si muovevano nelle loro poste. Finalmente un po' di pace!, pensò mentre si chiudeva la porta alle spalle. Era quanto mai felice di essere riuscita a sottrarsi alle adulazioni servili dei cortigiani. Dovevano ritenerla proprio un'ingenua e una sprovveduta se pensavano che credesse alle loro false lusinghe. Lei sapeva bene che non desideravano altro che averla nel loro letto. Non tollerava più nemmeno le occhiate d'intesa e i commenti sarcastici sussurrati alle sue spalle dalle dame di corte, donne subdole e ambiziose in cerca solo di nobili ricchi e potenti da irretire. Eppure non riusciva a biasimare del tutto i loro intrighi e i loro stratagemmi. In un mondo governato dagli uomini, la loro felicità dipendeva dal consorte che i loro padri o il re avrebbero scelto per loro. Perciò era comprensibile che cercassero di trovare qualcuno con cui poter aspirare a una vita serena. Ma tutto questo non sarebbe accaduto a lei e alle sue sorelle. Loro non avrebbero mai permesso a un uomo di controllare le loro vite. 11


La voce aspra di suo padre quando era ubriaco le riecheggiò nella mente. Vi farò sposare chi sarà disposto a pagarmi più denaro. E se vorrà esaminare la merce prima di farmi un'offerta vi toglierò i vestiti di dosso io stesso. Allontanando quel terribile ricordo, Adelaide trovò una posta vuota e si lasciò cadere su un cumulo di paglia pulita. Si tolse il copricapo e il velo che le cingeva il mento, poi rimosse le forcine e sciolse i capelli. Un debole miagolio attirò la sua attenzione. Accoccolata in un angolo sopra un brandello di stoffa, una gatta stava accudendo i suoi piccoli. Un micino, forse meno affamato o più temerario dei suoi fratelli, si mosse verso di lei. Aveva l'aspetto di un piccolo batuffolo di lana bianca con una chiazza scura sul naso e un'altra proprio sotto la bocca. Non appena si rese conto che era attirato dal velo, Adelaide indossò di nuovo il copricapo. Proprio in quel momento il gattino fece un balzo per agguantarne un lembo e le atterrò in grembo. Ridendo divertita, lei sistemò il copricapo per evitare che la seta si strappasse e accarezzò il cucciolo guardando con occhio vigile la madre. Quando un altro dei piccoli, questa volta nero, cominciò a correre verso di lei, il gattino prese a dimenarsi per cercare di liberarsi. In quello stesso momento la porta delle scuderie si aprì cigolando e l'inconfondibile rumore di zoccoli sul selciato le disse che qualcuno stava conducendo all'interno un cavallo. Temendo che fosse Sir Francis de Farnby o un altro dei frivoli cortigiani al seguito di Giovanni, Adelaide reputò più saggio andarsene. Prima che avesse il tempo di muoversi, il micino bianco con un balzo le salì sulla spalla e con un miagolio le conficcò i piccoli artigli affilati sul collo provocandole una smorfia di dolore, mentre il gattino nero scappava via verso la madre. Lei abbassò il capo e cercò di afferrare la bestiolina, ma inutilmente. Il copricapo cadde a terra e il gattino affondò gli artigli nella sua pelle e nell'abito di damasco scarlatto. «Posso esservi di aiuto?» Adelaide si fermò di colpo. L'uomo che aveva parlato non era un servitore e nemmeno uno stalliere. A giudicare dall'accento raffinato, doveva trattarsi di un nobile anche se non ne riconosceva la voce roca e profonda. Quando provò a sollevare il capo, il dolore glielo impedì. «Ahi!» «Permettete, milady.» 12


Un paio di stivali logori, consumati e sporchi di fango si avvicinò e con suo enorme sollievo Adelaide sentì le spalle alleggerirsi del peso del micino anche se i piccoli artigli erano ancora conficcati nel vestito. «Per favore, fate attenzione» gli chiese preoccupata con il capo ancora chino in una posizione tanto scomoda quanto imbarazzante. «Altrimenti il gattino finirà per lacerarmi l'abito.» «Non possiamo certo permettere che accada.» A quella voce affabile e suadente, Adelaide arrossì sentendosi come una innocente fanciulla a un incontro d'amore. Sollevò gli occhi nella speranza di riuscire a scorgere il viso del cavaliere. Il mantello grigio di lana che indossava era sporco di fango e sull'orlo c'era un buco abbastanza grande da permettere a un dito di passarci attraverso. «Vieni qua, piccolino» bisbigliò l'uomo mentre armeggiava per liberare il tessuto dagli artigli. Per quanto cercasse di ignorare la vicinanza di quello sconosciuto, la sua voce profonda e il respiro caldo che le accarezzava il collo le fecero correre un brivido lungo la schiena, suscitando in lei pericolose sensazioni. «Ora siete libera.» Sollevò il gattino, poi con un gesto che assomigliava a una carezza le scostò i capelli dal collo. «Vi ha graffiato?» Nessun uomo l'aveva mai toccata in quel modo! Nessun uomo avrebbe dovuto farlo e soprattutto lei non avrebbe dovuto provarne piacere. «Non vedo sangue» continuò lui. «Forse scostando la stoffa...» «Non potete guardare sotto il mio vestito!» gridò lei. Balzando in piedi raccolse in tutta fretta il velo e il copricapo e si voltò. Non appena lo fece si trovò davanti l'uomo più affascinante che avesse mai visto. Lunghi capelli castani gli incorniciavano il volto attraente dai lineamenti decisi, gli zigomi sporgenti e la mascella forte e pronunciata. Sopracciglia scure mettevano in risalto dei misteriosi occhi castani punteggiati da riflessi dorati simili a scintille di sole. Alla vista delle labbra carnose piegate in un sorriso divertito ma gentile, il cuore prese a batterle all'impazzata. Il micino, accoccolato nell'incavo del suo braccio con gli occhi socchiusi, rispondeva alle carezze dell'uomo facendo le fusa. Mai fino a quel momento Adelaide aveva invidiato un tenero gattino. «Vi assicuro che non avevo intenzione di fare nulla di sconvenien13


te, milady» affermò lo sconosciuto soffocando una risata. «Volevo solo suggerirvi di chiedere alla vostra domestica di prendersi cura dei graffi. Certe ferite possono avere delle serie conseguenze.» Adelaide strinse le labbra non appena si fu resa conto che stava fissando quell'uomo come una sciocca fanciulla infatuata. Dopo tutto non si trattava che di un uomo. «Vi ringrazio per il vostro aiuto» replicò ostentando un contegno altezzoso. «Sono sicura che non si tratta di nulla di grave.» A quella reazione altera il sorriso di lui svanì e la luce nei suoi occhi si offuscò. Adelaide ne fu contenta. Dopo tutto lei non era venuta a corte per cercare un marito, ma per evitare di sposarsi. La gatta si alzò seguita dai suoi figlioletti e il gattino bianco sgusciò via dalle mani dell'uomo per raggiungere gli altri. «Ahimè, sono stato abbandonato» commentò lo sconosciuto con un sorriso mesto. Decisa a non fare nulla che potesse incoraggiarlo, lei non ricambiò il sorriso e distolse lo sguardo. Fu così che notò un considerevole graffio sul dorso della sua mano. «State sanguinando!» «Piccolo demonio» borbottò lui esaminando la ferita. La pelle del polso era chiazzata e arrossata come se fosse stata stretta in catene per lungo tempo. Adelaide sollevò lo sguardo, sbigottita, e incrociò gli occhi dell'uomo che la stavano fissando con espressione impassibile, ma decise di frenare la curiosità e di offrirgli il proprio aiuto senza fare domande. Si affrettò verso la tinozza più vicina e bagnò un lembo del velo per lavare il graffio. Ma quando tornò, lui non c'era più. Al colmo dello sconcerto restò immobile, chiedendosi dove fosse finito e se dovesse cercarlo. Poi udì la voce di Francis de Farnby e decise di avviarsi per evitare di incontrarlo. Era una fortuna che se ne fosse andato, si disse con sollievo. Sapeva bene quanti pettegolezzi sarebbero nati a corte se fosse stata trovata da sola con un uomo, soprattutto se attraente come quello sconosciuto.

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Tra scandalo e passione di Louise Allen Francia - Inghilterra, 1815 - 1816. Eva, Belinda e Jessica devono affrontare una difficile situazione. Eva, vedova, è costretta a rimanere in Francia, dove la sua vita è in pericolo, e quando viene avvicinata da uno sconosciuto che sostiene di essere stato mandato in suo aiuto addirittura dal Principe Reggente non sa cosa pensare, anche se rimane conquistata dal suo fascino e dal suo coraggio. Belinda desidera scordare il suo noioso matrimonio e aprire una nuova pagina della propria esistenza, così acquista un'elegante dimora e una sera si ritrova con un attraente sconosciuto ubriaco in casa. Jessica, giovane istitutrice, dopo l'arrivo a Londra viene portata in un bordello, ma non ha il tempo di capire cosa le è successo che un uomo la porta via. Forse il destino ha deciso di concedere loro una seconda possibilità?

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