BN68_UN MORSO E PER SEMPRE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Her Vampire Husband HQN Books © 2010 Michele Hauf Traduzione di Erica Farsetti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne luglio 2012 Questo volume è stato stampato nel giugno 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico quindicinale n. 68 del 27/07/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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«Preferirei essere a casa a farmi la ceretta.» Blu Masterson sbirciò tra le pesanti tende rosse che dal secondo piano scendevano fino al primo. Cercava il suo sposo, ma nell'immensa folla che popolava l'atrio del Landmark Center nessuno risaltava in modo particolare. I presenti erano al novanta per cento maschi. Le uniche donne erano vampire. Notò tra gli invitati una netta divisione, come fossero scaglie di ferro attratte dai poli opposti di una calamita: i vampiri stavano a destra, i licantropi a sinistra. Il palco in fondo alla sala da ballo era stato decorato con un ridicolo arco nuziale bianco trapuntato di rose rosse, e un quartetto d'archi suonava un adagio troppo allegro per il suo stato d'animo di quel giorno, il giorno del suo matrimonio. «Ma i tuoi capelli hanno un colore così carino stasera.» La migliore amica di Blu, Sabrina Kriss, schiacciò con entrambe le mani il caschetto voluminoso dell'amica, strizzandole l'occhio. «Sei solo nervosa.» «Nervosa? Solo? Sto per sposare un orripilante vampiro, Bree. Un vampiro che non ho mai visto prima. Un vampiro che, mi hanno riferito, ha novecento anni. E, in caso tu non lo avessi ancora realizzato, è un vampiro.» 5


Bree alzò al cielo gli occhi viola. Era una fata, e in quanto tale non condivideva l'odio viscerale di Blu nei confronti dei vampiri. Le fate, al contrario dei licantropi, andavano d'accordo praticamente con tutte le creature soprannaturali. Per Blu, invece, i vampiri erano esseri vili e assetati di sangue. Ostentavano un certo snobismo da aristocratici, come se ne avessero il diritto, ed erano dominati da un'ossessione smodata nei confronti dei mortali. Loro avevano bisogno degli uomini per sopravvivere, mentre per lei gli umani erano solo una perdita di tempo. «Credi che Ryan...» domandò allegramente Bree. «Non pronunciare quel nome. Per favore, Bree. Non farebbe altro che rendere questa notte ancora più difficile da affrontare.» Blu chinò capo e si avvicinò alla finestra. Scostò la tenda e rimase a guardare la strada buia. Aveva acconsentito a quella stupida farsa, a quel matrimonio combinato, solo per assecondare suo padre, il capobranco Amandus Masterson. «Per dimostrare al popolo dei licantropi che è possibile mettere da parte le differenze e abbracciare la nazione vampira» aveva annunciato, strizzandole l'occhio. Già, però quello costretto a sposare un succhiasangue non era lui. Perché di costrizione si trattava. Messa di fronte alla proposta di matrimonio, Blu aveva opposto un secco rifiuto. Per settimane. Era una principessa; nessuno poteva dirle cosa fare. Ma questo contava poco per i sudditi del padre. Blu odiava ogni singolo membro del branco del Nord; l'unico che sopportava era Ridge, il braccio destro di suo padre. E Ryan. Non pensare a lui. 6


Quando le era stato imposto quel fidanzamento, Blu aveva supplicato, aveva tenuto il muso e per due giorni aveva addirittura fatto lo sciopero della fame, ma mangiare le piaceva troppo e le rinunce non erano il suo forte. Quanto avrebbe voluto che sua madre fosse stata ancora lì. Così almeno avrebbe avuto qualcuno che stesse dalla sua parte. Qualcuno sulla cui spalla posare il capo e piangere un po'. O, per lo meno, qualcuno che avrebbe annuito in modo incoraggiante quella sera, mentre lei camminava verso il palco. La porta si aprì e fece capolino la testa di un uomo. Blu si irrigidì e strinse i pugni. «Eccoti qua.» Amandus Masterson attraversò la stanza e la raggiunse. Sul viso lungo e tirato non c'era traccia del sorriso orgoglioso tipico dei padri. Del resto, se avesse mostrato qualche segno di orgoglio, Blu ne sarebbe rimasta sorpresa. Le ispezionò i capelli. «Cos'è questo colore orribile?» Lei tenne lo sguardo basso, lanciando un'occhiata furtiva a Bree, che era indietreggiata e stava spalle al muro, con le braccia conserte e gli occhi che vagavano da un punto all'altro della stanza nel tentativo di evitare Amandus. «Non avrei dovuto aspettarmi niente di meglio da te» l'accusò, scontroso. «Perché devi sempre sfidarmi, figlia?» «Sfidarti? Ma se non ho detto una parola da quando sei entrato!» Blu le aveva provate tutte pur di convincere Amandus che non era tagliata per il matrimonio, finché lui non aveva minacciato di far scomparire Ryan dalla sua vita. Avrebbe dovuto protestare di più, ma la forza la abbandonava quando aveva davanti il padre. E poi sapeva che cosa significava scomparire. E non voleva che facessero del male al suo amante solo perché lei era troppo testarda per stare al gioco del paparino. 7


Perché non c'era dubbio, quella situazione disastrosa era un gioco. Aveva ricevuto un ordine. E adesso la notte tanto temuta era arrivata. «Tieni.» Amandus le lasciò cadere sul palmo un grosso anello. «L'ha consegnato il gioielliere poco fa. Non perderlo. E non mi trattare con disprezzo. Stasera non ti comporterai come faceva tua madre. Farai come ti è stato ordinato.» Impaurita, Blu fece cenno di sì con la testa. Suo padre menzionava la mamma così di rado. Avrebbe voluto afferrarlo per le spalle, scuoterlo e porgli mille domande: davvero sua madre non faceva mai quello che le veniva detto? Anche lei lo aveva fatto arrabbiare? Perché se n'era andata? Persia Masterson era scomparsa quando Blu aveva undici anni. Non aveva lasciato traccia, nessuna pista da seguire... era svanita nel nulla. E visto che il rapporto tra padre e figlia era così distaccato, lei non avrebbe mai avuto l'opportunità di ricevere delle risposte alle sue dolorose domande. «Tra meno di cinque minuti attaccherà la marcia nuziale» annunciò Amandus «Sai cosa devi fare, Blu. Non deludermi.» «Sì, padre.» Rigirandosi l'anello nella mano, Blu attese che l'uomo uscisse e chiudesse la porta, poi sospirò e si appoggiò con le spalle al muro. Il cuore le batteva forte e la velocità con cui l'ansia era salita la sconvolgeva. «Ricorda» le disse Bree avvicinandosi, «sposare un vampiro può sembrare la cosa peggiore al mondo, ma ricordati che grazie al giuramento di questa sera lascerai la casa di tuo padre.» «Grazie, Bree. Sapevo che saresti stata l'unica a trovare 8


qualcosa di positivo in questo disastro. Puoi infilarlo da qualche parte, per favore?» La fata prese l'anello e cercò il bouquet della sposa tra la carta velina sgualcita nella scatola del fioraio. Posandosi una mano sulla gola, Blu cercò di decidere cosa fosse peggio: sposare un vampiro o restare al villaggio con il branco. In entrambi i casi, rifletté, non avrebbe avuto la libertà che desiderava. Quindi, a suo tempo, avrebbe cercato una terza via. Sfiorandosi la gola con le dita, si assicurò che il collare, alto sette centimetri, fosse ancora al suo posto. Le pietre assomigliavano a diamanti, ma in realtà si trattava di comuni zirconi. L'aveva acquistato per accontentare il padre, ma anche come protezione. Non voleva che la vista del suo collo facesse venire strane idee ai vampiri. Come difesa non era granché, ma se non altro aveva un effetto rassicurante. Quella sera aveva bisogno di tutto il sostegno che poteva racimolare. Non temeva i vampiri. Non che ne avesse frequentati molti, o che avesse mai avuto una conversazione con qualcuno di loro. Non si lasciava spaventare da una creatura solo perché era diversa e Bree, la fata che era anche la sua migliore amica, ne era la prova. Anni prima aveva frequentato delle streghe e aveva persino trovato simpatica il demone del caos con cui suo padre era uscito qualche volta. Trasferirsi e recitare la parte della mogliettina del vampiro non sarebbe stato un problema. Era pronta. Una firma sul contratto di matrimonio non significava che lui le dovesse piacere o che dovesse andarci a letto. Sarebbe andata avanti con il pilota automatico. Finché suo padre non si fosse convinto che la rotta era quella giusta. Ma mostrarsi arrendevole non l'avrebbe certo riportata 9


a casa, alla fine. Non era quello il suo obiettivo. «È ora» annunciò Bree. La fata la abbracciò da dietro, appoggiando la guancia alla sua spalla nuda. Le ali viola e turchesi solleticavano il braccio di Blu, calde di affetto. «Sei splendida, tesoro. Non c'è un solo licantropo qui dentro che non verserà lacrime amare all'idea di perderti.» «Lo pensi davvero?» Le femmine di licantropo erano rare, e proprio per questo ci si aspettava che la storia del matrimonio combinato avrebbe significato molto, fungendo da catalizzatore nella rappacificazione dei due popoli. Se i licantropi erano pronti a sacrificare una delle loro femmine offrendola in moglie a un vampiro, di sicuro intendevano rimanere tranquilli e rispettare la tregua. Da molto tempo non regnava la pace, doveva ammetterlo. Le due nazioni si combattevano da decenni, forse addirittura da secoli. I vampiri erano i più crudeli: avevano cacciato e sterminato la sua razza senza pietà. E adesso, cosa stavano sacrificando? Niente, per quanto ne sapeva lei. Certo, l'uomo che stava per sposare era un nobile molto rispettato, che apparteneva ai Nava, una delle tribù più antiche della zona. Godeva del titolo di Anziano e con tutta probabilità sulla terra esisteva solo una manciata di uomini di così alto lignaggio. Ma questo non significava niente. Tranne che era vecchio. Vecchio, vecchio, vecchio. «Su il mento» bisbigliò Bree. «È su.» Blu raddrizzò le spalle e si voltò verso l'amica. «Come sto? Posso anche affascinare tutti i licantropi del mondo, ma credi che possa mettere in ginocchio un zannalunga?» «Dovrai smetterla di usare quella parola. Non credo pro10


prio che il tuo nuovo maritino la apprezzerebbe.» «Pazienza. Zannalunga, succhiasangue, foracarne.» Era piacevole snocciolare tutti quei nomignoli per l'ultima volta. «Allora sono passabile?» Bree percorse con lo sguardo l'attillato tubino nero della sposa. Il suo sudario nuziale, così lo chiamava Blu. L'aveva fatto disegnare per l'occasione. Davanti aveva una scollatura vertiginosa, che fasciava i seni alti e pieni coprendone solo metà. La seta nera si apriva in un ampio spacco su entrambe le cosce e la vita era stretta da finissime catene di strass. Il retro... be', praticamente non c'era. La scollatura arrivava al fondoschiena, rivelando l'intricato tatuaggio che il suo amante – o meglio, ex amante – le aveva inciso lungo la spina dorsale. Ryan l'aveva fatta sua dopo che il padre, a malincuore, aveva acconsentito a prendere in considerazione il loro fidanzamento. Essendo il primo in linea di successione, se Amandus fosse morto avrebbe preso il suo posto come capobranco. Ma il padre di Blu si credeva immortale. Nessun moccioso gli avrebbe mai strappato il comando. Questo, tuttavia, risaliva all'anno precedente. Non appena si era presentata un'occasione più allettante, Amandus non ci aveva pensato due volte a rinnegare il fidanzamento. Ryan era caduto in disgrazia, ma questo non era bastato a tenerli lontani. Erano stati insieme ventiquattro ore su ventiquattro fino a due giorni prima, quando il capobranco aveva mandato Ridge a recuperare Blu a casa dell'amante. «Pensi che Ryan mi riprenderà mai con sé?» chiese a Bree. «Certamente.» «Ma sarò contaminata. Puzzerò come uno schifoso zannalunga.» 11


«Pensavo che non avresti permesso a quel vampiro di toccarti.» Blu abbassò gli occhi e guardò altrove. Il suo riflesso sulla finestra scura si imbronciò. Il contratto di matrimonio redatto dal Consiglio delle Nazioni della Luce e delle Tenebre stabiliva che l'alleanza sarebbe stata effettiva solo nel momento in cui lei avesse accettato il morso del vampiro. Per quelle creature era un gesto che simboleggiava l'indissolubilità del legame. Per un licantropo, andare in giro con un morso sul collo era un marchio d'infamia impossibile da sopportare. Per non parlare del fatto che sarebbe caduto preda di una sete di sangue mai conosciuta prima. Blu fece un sorrisetto. «Diavolo, no. È tutta scena, non dimenticarlo.» «Tanto non me lo permetterai comunque. Ehi, posso darti la mia benedizione?» «Mi farebbe molto piacere.» Blu chiuse gli occhi mentre l'amica le faceva correre le dita leggere sulle guance, sulle spalle, sui fianchi. Una grande calma e un fremito di gioia pervasero il cuore della licantropa. Dove passavano le mani, risplendeva sulla pelle un delicato scintillio di polvere fatata. «Sii benedetta» disse Bree baciandola sulla guancia, «possano le stelle guidare le tue notti e il sole i tuoi giorni.» «Grazie.» Per un attimo la commozione le chiuse la gola, ma passò in fretta. «Bene, dov'è il bouquet? Se proprio devo fare la sposa, voglio essere la stramaledetta sposa più bella in circolazione.» Afferrò il mazzo di rose nere stretto da un lungo nastro di velluto rosso e lo annusò, ma i fiori non mandavano alcun profumo. Peccato. Sperava in qualcosa che la distraesse dall'odore del vampiro, che aveva paura le facesse perdere la testa. 12


«Hai capito qual è? Non dovrebbe essere troppo difficile individuare una femmina di licantropo, nonostante la folla» disse Alexandre. «Suppongo che la terranno nascosta fino all'inizio della cerimonia.» Creed Saint-Pierre si sistemò la manica della camicia e percorse con il dito la sagoma del gemello di diamanti, mentre scrutava la folla dall'alto del palco. Di fianco a lui c'era il suo amico e testimone di nozze, Alexandre Renard. Una licantropa avrebbe dovuto risaltare in mezzo a tutte quelle vampire. Le quali, aveva notato, per l'occasione avevano optato senza eccezioni per il colore nero. Era interessante come i due popoli rimanessero divisi, considerò tra sé, ognuno confinato nella propria metà della sala da ballo come se la passatoia rossa fosse una specie di spartiacque. Nonostante fosse alla guida della tribù dei Nava sin dal tardo XVIII secolo e avesse assistito a fasti e cerimonie di ogni genere, Creed non nutriva alcun interesse per gli eventi pomposi. La strategia e la caccia erano le sue occupazioni. E quando non era al servizio dei membri della tribù, amava la riservatezza e sceglieva con cura i propri piaceri. Anche il fatto di trovarsi su quel palco rappresentava un capovolgimento totale dei suoi principi. Rimaneva da vedere se stesse davvero, nel suo intimo, tradendo la propria natura. Sapere che metà dei presenti erano licantropi lo faceva stare all'erta. Avevano un odore selvatico e si scaldavano facilmente, anche per il più innocente degli sguardi. Lo colpiva il fatto che non fosse ancora esplosa qualche rissa, ma tutto sommato alla cerimonia erano state invitate solo poche persone di comprovata fiducia. 13


Avevano pensato al Landmark Center perché si trattava di una zona neutrale, ma Creed non era certo che i cani non avrebbero attaccato briga. Sarebbe stato proprio da loro. Ciò nonostante, il fatto che metà della sicurezza fosse formata da vampiri avrebbe dovuto tranquillizzarlo. Visto che tra i presenti c'erano molti licantropi, la stanza era piena di uomini, e con tutto quel testosterone in circolo poteva succedere qualsiasi cosa. Ecco perché era stato necessario mettere delle sentinelle all'esterno e nei corridoi che circondavano l'enorme sala da ballo. Creed non abbassava mai la guardia. «Tutti i cani in questa stanza» gli sussurrò all'orecchio Alexandre mentre scrutava la folla, «mi danno quella fastidiosa sensazione di fame, hai presente?» Il suo braccio destro non voltava mai le spalle a un uomo-lupo, e per un ottimo motivo. Meno di un anno prima Creed lo aveva salvato da un incontro all'ultimo sangue. «Mi sento come Enrico di Navarra subito dopo il suo matrimonio con la figlia di Caterina de' Medici» commentò Creed, inquieto. A quell'epoca si trovava a Parigi. Brutti ricordi. «La notte di san Bartolomeo, quando ci fu quel terribile massacro? E chi saremmo noi, i cattolici o gli ugonotti?» domandò Alexandre. «I cattolici, senza dubbio.» Creed non stava mai dalla parte dei perdenti. «Lo stai facendo davvero.» osservò Alexandre, sarcastico. «Non pensavo che avresti mantenuto la promessa, vecchio mio.» Creed si infilò una mano in tasca per assicurarsi che la fede fatta realizzare appositamente dal Consiglio ci fosse ancora. «Non credevo che i licantropi avrebbero offerto qualcosa di tanto prezioso come una donna. Ma l'hanno fatto, e 14


io non sono il tipo che si tira indietro di fronte a un impegno.Âť Pregava che non fosse pelosa. Gli uomini-lupo avevano la testa, le braccia, le gambe e il petto ricoperti di peli. In tutti i secoli della sua vita non aveva mai visto una femmina di licantropo, ma se le immaginava altrettanto villose. Dio, in che storia si era cacciato? Vagava sulla terra da nove secoli, ma non aveva mai avuto relazioni che fossero durate piĂš di pochi mesi. Gli era capitato soltanto una volta di cominciare a pensare a una donna come a qualcosa di diverso da un giocattolo e... be', cercava in ogni modo di dimenticarla. Non gli piaceva dover essere grato, e meno che mai condividere. Provare emozioni era facile, ma amare? Non era cosa su cui scherzare. Per quanto riguardava il pericolo di innamorarsi, si sentiva al sicuro. Quale vampiro poteva amare una licantropa, principessa o no? Lui no di certo. Si sarebbe limitato a fare buon viso a cattivo gioco, cercando di farlo sembrare un matrimonio vero. Entro qualche settimana ci sarebbe stato un banchetto in loro onore. Il Consiglio li avrebbe fatti sfilare davanti a quella stessa folla per dimostrare che tutto procedeva bene e tutti sarebbero stati testimoni della loro felicitĂ . Creed capiva che anche lei non aveva scelta, che fosse o meno favorevole a quella farsa. Il Consiglio era stato abbastanza audace nel proporre ai vampiri di appianare le loro divergenze con i licantropi suggellando l'armistizio con un matrimonio, a dimostrazione del fatto che una pacifica convivenza tra le due specie era possibile. Per fortuna, non era obbligatorio amarsi. Creed aveva consultato la sua tribĂš e i capi di molti altri gruppi sparsi per gli Stati Uniti, e avevano deciso di dover 15


accettare quell'unione. Lord Saint-Pierre avrebbe rappresentato tutti loro. Era l'unico che potesse farlo, perché il ruolo esigeva un grande sacrificio e lui era uno dei pochi Anziani a possedere i poteri magici delle streghe. Era una rarità, e per questo veniva stimato e rispettato. Ciò che aveva fatto per conquistare quelle virtù avrebbe dato il voltastomaco a molti, ne era sicuro. E tuttavia Creed aveva fatto un voto a se stesso: quel matrimonio sarebbe stato un modo per espiare le cattive azioni del passato. Sembrava un atto magnanimo e degno di lode, certo, ma sarebbe stato capace di mantenere la promessa? Proprio in quel momento una fata dalle ali viola salì sul palco, stringendo in mano un mazzo di rose rosse. Rivolse un sorriso cordiale a Creed e ad Alexandre. «Sono Sabrina, la testimone» si presentò. Creed annuì in modo garbato, e Alexandre gli mormorò all'orecchio: «Carina». Una bella donna, senz'altro, ma Creed e Alexandre preferivano girare alla larga. Bere il sangue delle fate dava dipendenza, era come la metamfetamina per gli umani. Oltretutto, Alexandre aveva una ragazza splendida. «Ecco la marcia nuziale» osservò il testimone. Creed raddrizzò le spalle e si sforzò di simulare un minimo di speranzosa attesa. Cerchiamo di fare bella figura, si disse. Avrebbe recitato la promessa, baciato la moglie sulla guancia e poi se la sarebbe filata. A casa lo aspettava una bottiglia di whisky, roba buona, importata dalla Scozia. Ne avrebbe avuto bisogno. «Oh, dannazione. Non ci posso credere.» Le parole di Alexandre spinsero Creed a percorrere con lo sguardo la passatoia rossa, fino all'altro capo dell'enorme atrio. La porta si richiuse lentamente, dopo aver lasciato entrare una persona. «Guarda che corpo» sussurrò Alexandre compiaciuto. 16


«Ho sempre pensato che le femmine di licantropo fossero più mascoline. Ma dove sono i peli?» Creed fissò la donna alta e snella che avanzava verso di lui stringendo tra le mani un bouquet di rose nere. Aveva gambe lunghe e affusolate che catturavano lo sguardo di tutti i licantropi presenti, i quali si inginocchiavano al suo passaggio e chinavano la testa in segno di rispetto per il suo rango. Anche qualche vampiro annuì mostrando di apprezzare. E Creed poteva capirli. Il vestito, quel poco che c'era, aderiva ai fianchi stretti, alla vita sensuale... e che seni! La stoffa li copriva a malapena. Pieni, rotondi, brillavano di... polvere fatata? Mentre si guardava intorno, registrando ogni espressione, ogni sospiro, ogni labbro inumidito dal desiderio, la bocca rossa e carnosa di Blu si dischiuse. Gli occhi luminosi, messi in risalto dall'ombretto nero, brillavano. Al suo collo scintillava un collare di diamanti. Ma la cosa più sorprendente erano i capelli. «Verdi?» Verde lime. Il colore fosforescente della plastica lucida, dei germogli che spuntano a primavera... di una principessa viziata e impertinente che non lo guardò mai negli occhi mentre saliva sul palco e si fermava al suo fianco. Alta quanto lui – grazie a tacchi da suicidio – la principessa scostante fissava dritto davanti a sé il celebrante vestito di rosso. Aveva un odore dolciastro e oscuro, come di caramelle andate a male. Se era decisa a ignorarlo, anche lui avrebbe fatto lo stesso. Lei era lì. Intensa. La stanza era svanita e ora soltanto lei esisteva accanto a lui. Che strano. Erano soli, loro malgrado simboli prescelti per salvare due popoli in guerra. Creed scosse la testa per scacciare quelle idee malsane. Lei non si era ancora voltata verso di lui. In effetti non 17


doveva essere facile guardarlo in modo amichevole, considerò Creed tra sé. Probabilmente era nervosa. Come lui. No, non era proprio nervoso, piuttosto pieno di aspettativa. Fino a quel momento le cose erano andate meglio del previsto. Lei era splendida, e questo rendeva tutta quella storia umiliante meno velenosa. Quando l'officiante iniziò a parlare, Creed non riuscì a concentrarsi sulle sue aride parole. È splendida. Il suo corpo può uccidere. Che labbra, e che occhi! Per non parlare di quei seni... potrei baciarli per ore. Ma i capelli? Pervaso da una sensazione che non provava da anni – quella del sudore che gli imperlava la fronte – Creed si impose di ascoltare per non fare la figura dell'idiota se l'avessero interpellato. La sua determinazione durò pochi secondi. Quella donna, dunque, era ciò che i licantropi erano disposti a sacrificare per ristabilire la pace? Creed sospirò. Con la testa lievemente inclinata scorse il battito delle folte ciglia di Blu, mentre guardava al di sopra delle rose nere che stringeva al petto. Era una bella ricompensa. Per un licantropo. Ma per un vampiro? «Con questa unione, riconosciuta dalle Nazioni della Luce e delle Tenebre, voi due stringete un patto, una promessa di pace tra licantropi e vampiri» recitò l'officiante. Niente preti per la cerimonia. Nonostante credesse in Dio, Creed non aveva fede nelle religioni umane. Non sapeva con certezza cosa pregassero i licantropi. Né gli importava. «Lord Edouard Credence Saint-Pierre, vuoi prendere questa donna come tua sposa, promettendo di esserle fe18


dele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?» Sembrava abbastanza ragionevole. Anche se per quanto riguardava l'amare e il prendersi cura il compito poteva rivelarsi arduo. Maledizione, lui non aveva intenzione nemmeno di sottomettersi. Creed sorrise alla sposa – che non ricambiò il suo sguardo – e rispose: «Lo voglio». L'officiante annuì e rivolse la stessa domanda alla principessa Blu Adagio Masterson. Creed non capiva perché nella promessa della sposa non comparisse il termine obbedire. Avrebbe dovuto esserci. Era fuori discussione che l'uomo era il capofamiglia e il signore della casa. Ah, questi tempi moderni, quanto avevano distorto le gerarchie di potere tra uomo e donna! Ancora non riusciva ad accettarlo. Quando fu interpellata, all'improvviso la principessa guardò Creed. I dolci occhi grigi si spalancarono nel vederlo. La bocca rossa si dischiuse, lasciando intravedere i denti bianchi, brillanti come i diamanti che portava al collo. Era in cerca di qualcosa. Le lacrimavano gli occhi o stava piangendo? Guardò dietro di sé, scrutando tra la folla come se cercasse una via di fuga. Aspettava forse che un'anima fiera si facesse avanti e la salvasse da quello che senza dubbio considerava un destino orribile? Fino a quel momento, Creed non si era mai soffermato a riflettere sul sacrificio che le veniva richiesto. I licantropi bollavano i vampiri con il meschino appellativo zannalunga. E lei probabilmente non faceva eccezione. Quel matrimonio di certo doveva turbarla quanto sconvolgeva lui. «Principessa?» la sollecitò l'officiante. Rispondi, le ordinò con freddezza Creed, usando il suo potere di persuasione. Non farmi fare la parte dello scemo 19


o lo rimpiangerai per le generazioni future. Quando lei si voltò a guardarlo, i suoi occhi luminosi gli dissero che il tentativo di persuasione non aveva raggiunto lo scopo. I vampiri non ci riuscivano mai con i licantropi, e in effetti neppure con le altre creature soprannaturali. Creed non sapeva nemmeno perché ci aveva provato. Era il momento meno adatto per utilizzare la magia, con due streghe inviate dal Consiglio tra il pubblico. Gli occhi di Blu si posarono sul collo dello sposo, scivolarono lungo i bottoni di giaietto dell'abito Armani e infine si spostarono sulla fata che le stava accanto. L'amica annuì con fare incoraggiante. Quando la principessa prese la mano di Creed tra le proprie, lui si stupì nel sentirle così calde. Anche la pelle era leggermente umida, notò. Era nervosa quanto lui. Con un'impercettibile smorfia, una lieve contrazione all'angolo della bocca, Blu gli promise silenziosamente che avrebbe trovato pane per i suoi denti. «Lo voglio» dichiarò con spavalderia. Il grido di incoraggiamento che si levò dalla folla sicuramente non proveniva da un licantropo, si disse Creed. L'applauso che seguì fu subito messo a tacere. Lo sposo annuì in segno di riconoscenza. Il sorriso svanì dalle labbra rosse della licantropa, che lasciò andare la sua mano. Il contatto era stato così breve che lui si chiese se ci fosse stato davvero. «Avete le fedi?» domandò il celebrante. Creed estrasse dalla tasca un anello fatto su misura per la nuova moglie e lo sollevò in modo che la folla potesse vederlo. Un lieve brusio percorse la sala. Tutti conoscevano il significato di quel dono. Lo infilò al dito di Blu. Blu? Strano nome per una donna con i capelli verdi, che si fasciava il corpo di seta e nel giorno del suo matrimonio 20


si presentava con un bouquet di rose nere. In quale assurdo guaio si stava cacciando? «Il titanio rappresenta la forza» proseguì il celebrante descrivendo l'anello. «E all'interno del vetro, sangue di strega, simbolo della volontà dei vampiri di arrendersi ai licantropi.» E un'arma mortale, pensò Creed lasciando andare l'anello. Era sangue di strega prelevato prima che l'incantesimo di Protezione venisse bandito. Significava che un solo schizzo sulla carne di un vampiro l'avrebbe arso vivo, riducendolo a un mucchietto di cenere. I licantropi si erano lasciati sfuggire un dettaglio di non poco conto a proposito di Lord Creed Saint-Pierre. Tuttavia, non era escluso che quel sangue potesse avere effetti dannosi anche su di lui. O forse no. Non poteva certo rischiare di scoprirlo. La sposa colse un anello dai petali del bouquet e prima di prendere la mano di Creed lo sollevò per farlo vedere a tutti. Armeggiò con il mazzo, cercando di capire come reggerlo e contemporaneamente infilare l'anello allo sposo. Alla fine, stufa, lanciò le rose alla folla. Poi rivolse a Creed un sorrisetto della serie ho dovuto farlo e scrollò le spalle, infilando l'anello al pollice dello sposo. Calzava alla perfezione. «Il titanio rappresenta la forza» riprese a spiegare l'officiante. «L'interno è in argento liquido, simbolo della volontà dei licantropi di arrendersi ai vampiri. E ora vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa, Lord Saint-Pierre, e porre così la prima pietra della pace.» Un impegno importante, si disse Creed. Porre la prima pietra della pace. Da quel momento in poi tutto era sulle sue spalle. E su quelle di lei. Ma in quel momento la licantropa non doveva fare altro che starsene lì, spostandosi da un piede all'al21


tro e atteggiando le labbra brillanti a un ghigno che lo sfidava ad azzardarsi a baciarla. Non l'avrebbe fatto, anche se erano carnose e soffici e sarebbe senz'altro stato stupendo assaporarle. Avrebbe potuto dare un morsetto e succhiare un po' del suo sangue come spuntino serale. Creed si piegò su di lei e con la testa inclinata davanti alla folla le sfiorò la guancia con un bacio. I capelli lunghi fino alle spalle li nascosero. Tranne loro due, nessuno avrebbe mai saputo se l'aveva baciata sulle labbra o no. Lei. La sua nuova moglie. Una moglie che trasalì quando le labbra si posarono sulla sua guancia. Come osava? Non era migliore di lui. Aveva camminato sul tappeto rosso e aveva acconsentito a quel matrimonio. C'erano alcune aspettative che non potevano essere deluse. E lui non le avrebbe permesso di tirarsi indietro. Afferrando la spalla nuda di Blu, Creed l'attirò a sé e premette le sue labbra morbide contro le proprie. Lei borbottò una protesta. La baciò ancora più forte. Non era affatto sgradevole come aveva immaginato. Meglio di molti altri baci. E gli sforzi di Blu per allontanarlo non facevano che infiammare il suo desiderio di stringerla ancora di più. Perché tutti vedessero e sapessero che era sua. Solo quando uscirono i canini, temendo di ferirla senza volere, allentò la presa. Ma era un'occasione da non perdere. E così la colse al volo. Con i canini scoperti e un sorriso malvagio sul viso, Creed si voltò trionfante verso la folla in tripudio. 22


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Tenebre e sangue Riley Buchanan nasconde un terribile segreto: nelle sue vene scorre il sangue dei merrick. Per questo ha troncato ogni rapporto con Hope. Ma quando la incontra di nuovo, si rende conto che vuole solo possederla, anima e corpo. Fino a quando riuscirà a resistere all'istinto primordiale che gli grida di bere il suo sangue?

SOPHIE LITTLEFILED

Tomorrow - La rinascita La civiltà è scomparsa, la California è infestata dagli zombie, e Smoke se ne è andato. Ferita e delusa, Cass ha quasi rinunciato alla speranza di essere felice. Ma quando lo ritrova, prigioniero e in fin di vita, i suoi sentimenti riemergono con prepotenza. E la spingono a rischiare la propria vita per non perdere l'uomo che ama.

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