BN64_ANGELO TENTATORE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Where Demons Fear To Tread Mira Books © 2011 Stephanie Chong Traduzione di Erica Farsetti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne maggio 2012 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico quindicinale n. 64 del 25/05/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Hotel Lussuria, Las Vegas Nessuno conosceva l'arte dei veleni meglio di Luciana Rossetti. In duecento anni di studi, la sua abile mano si era impadronita di ogni segreto delle piante letali, degli estratti animali e dei batteri infettivi. Veleno di vipera, antrace, belladonna, botulino: Luciana li amava tutti e traeva piacere dalle proprietà uniche di ogni tossina. Anche in quel momento, i suoi occhi verdi brillavano, fissi su una fiala colma di un liquido che appariva ingannevolmente opaco sotto la luce dei lampadari di cristallo appesi al soffitto a volta. Una minuscola fiala di vetro il cui contenuto sembrava innocente come acqua santa. Privo di colore. Di odore. Di sapore. La perfezione. Ma in quella fiala non c'era una benedizione; c'era un anatema. Una maledizione che solo la mente di un demone poteva partorire, capace di rispedire dritto all'inferno un membro della sua stessa specie. Cosa c'è nel tuo nuovo miscuglio, tesoro? La voce dell'amante interruppe il sogno di Luciana. Le sue dita scivolarono tra i capelli corvini di lei, le sue labbra 5


le sfiorarono il collo. Quello che le increspò la pelle non era un brivido di piacere, ma piuttosto l'attesa trepidante di qualcosa di oscuro. «Una cosa fantastica, mio caro» rispose con voce soave. Luciana si guardava bene dal rivelare gli ingredienti delle sue pozioni ad altri, persino a Corbin. Anzi, soprattutto a Corbin. Nei tre mesi della loro relazione aveva imparato che non era uno con cui scherzare. E nemmeno una persona degna di fiducia. La sua bellezza nordica e virile sarebbe stata perfetta per uno spot del club della vela o del polo, ma nei suoi occhi color ambra la crudeltà guizzava come un fulmine, altrettanto rapida e potente. Tutti i demoni alle sue dipendenze, nell'albergo in cui si trovavano e negli altri, lo rispettavano e lo temevano. Ovvio, visto che era un arcidemone. Per Luciana, i vantaggi di quel rapporto superavano i pur considerevoli rischi. Corbin, infatti, era il mezzo più veloce per ottenere ciò che desiderava. Vendetta. Lui la spinse verso il divano e, mentre affondavano insieme nel sontuoso velluto, Luciana strinse la fiala nella mano. Gli occhi color ambra di Corbin la fissarono, lo sguardo di un leone che osserva una preda di prima scelta. Lei si sforzò di rispondere con un'occhiata decisa. Questo o essere mangiata viva. La passione scomparve all'istante dallo sguardo dell'arcidemone. La lasciò di colpo. «Proviamolo.» «Ci sono cani in albergo?» domandò lei. «Diavolo, no. Però c'è un facchino che potrebbe fare al caso nostro.» Prese il telefono da un elegante tavolino. «Mandami quello che ha rotto il vaso.» Quando il ragazzo arrivò e Luciana lo vide trasalire davanti all'energica stretta di mano di Corbin, provò quasi pietà per lui. 6


Così fragile che è praticamente umano, pensò. «Sai che quello che hai rotto era un vaso della dinastia Ming?» chiese Corbin. Il ragazzo tossì. «No, signore. Non me ne ero accorto. Le porgo le mie scuse.» Corbin trasse un profondo sospiro. «Siediti. Beviamo qualcosa insieme mentre decidiamo come procedere. Ho appena decantato un merlot d'annata che credo piacerà a tutti.» Fece un cenno a Luciana. «Te ne occupi tu, cara?» Il giovane prese posto in una poltrona di pelle e Luciana voltò loro le spalle per versare i tre bicchieri di vino. Mentre Corbin distraeva l'ospite con sciocche chiacchiere, lei fece cadere qualche goccia del liquido della fiala nel primo bicchiere. Rimase a guardare affascinata il veleno che si dissolveva nel liquido rosso sangue. Perfetto. Letale. Porse il primo bicchiere al ragazzo. «Prego, bevi» disse l'arcidemone. Poi Luciana servì Corbin, il quale fece ruotare il bicchiere osservando il colore e le lacrime di vino sul vetro, prima di annusarlo. Quando lo assaggiò, un sorriso soddisfatto gli comparve sul viso. Luciana sorseggiò il merlot assaporando le note scure di quercia e prugna che le addolcivano la gola, sciogliendo la tensione. Il facchino bevve una lunga sorsata, che fece andare su e giù il suo pomo d'Adamo in una danza goffa. «Lo so, il vaso doveva essere molto costoso, signore. Mi dispiace tantissimo. In qualche modo lo ripagherò.» «Impossibile» ribatté Corbin. «Il suo valore era inestimabile. Cento volte quello che tu guadagni in un anno. Ti ci vorrebbe un secolo per ripagarlo, e non credo di voler aspettare così a lungo. Direi che quel vaso valeva più di te. Di ripagarlo non se ne parla.» «Ma deve esserci un modo» disse il ragazzo. La preoccupazione gli segnava il viso. Deglutì una prima volta, toccandosi la gola con un dito. Poi si schiarì la voce. Deglutì 7


di nuovo, con un suono che risultò orribile anche alle orecchie di Luciana. Era il suono della morte che risaliva la trachea, mentre il facchino iniziava a soffocare. Il ragazzo cadde a terra, dimenandosi e contorcendosi. Luciana si controllò, sforzandosi di rimanere impassibile. Se Corbin avesse visto in lei anche solo un accenno di debolezza l'avrebbe distrutta, come aveva fatto con il ragazzo. Ma lei non era debole. Non lo era più da duecento anni, da quando aveva abbandonato la propria umanità ed era diventata un demone. Le convulsioni cessarono. Il ragazzo rimase fermo sul pavimento, e fu come se la sua quiete innaturale creasse un vuoto, un buco nero di immobilità. Luciana si voltò dall'altra parte. Non era la prima volta che vedeva un cadavere. Al contrario, ne aveva visti così tanti che neppure li ricordava, anche se per la maggior parte erano mortali. Il corpo del demone aveva tutte le caratteristiche di quello umano, ma era mille volte più resistente, benché non fosse immortale, com'era appena stato provato. Era l'anima il nucleo indistruttibile. Lo spirito del ragazzo sarebbe ritornato dove Corbin l'aveva trovato. All'inferno. Il demone fece ruotare il bicchiere. «Alla fine anche lui si è reso utile. Il veleno sarà anche un metodo antiquato, ma produce risultati interessanti.» Luciana sorrise, accettando il complimento. «Questo vino ha un bouquet delizioso. Complesso ma al tempo stesso delicato» proseguì lui, ricambiando il sorriso. «Mi piacciono le donne che apprezzano le cose belle della vita.» Luciana infilò la fiala in un sacchetto di seta e la mise in borsetta. Il veleno aveva funzionato con un demone di basso rango, ma la vittima designata era cento volte più potente. Corbin la guardò negli occhi, forse chiedendosi se non 8


fosse proprio lui il destinatario; Luciana si domandò quanto sapesse e se percepisse che lo stava usando per raggiungere i propri scopi. «Se riesce a uccidere un demone, forse potrebbe rivelarsi utile con la Compagnia degli Angeli. Ultimamente mi hanno creato qualche problema, come i topi di fogna» disse Corbin. Luciana avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, ma si trattenne. Il suo amante era letteralmente ossessionato dalla Compagnia, una rete di Custodi che aveva affiliati in tutto il mondo. Lavoravano in gruppi formati da una dozzina di individui ed erano più uniti di qualsiasi organizzazione mai creata dai demoni, che erano per natura individualisti, polemici e incapaci di cooperare. A meno che non avessero un dittatore a guidarli. Come Corbin. «Ma perché non distruggi la Compagnia e basta?» suggerì lei, sforzandosi di sembrare interessata. A Luciana non importava niente degli angeli. La persona che voleva uccidere era un demone. Uno in particolare. «Nella battaglia tra angeli e demoni ci sono delle regole» spiegò lui, accigliandosi. «Regole che vanno rispettate, e che non devono essere violate.» «Ma si possono sempre aggirare.» L'espressione di Corbin si distese. «Mia cara, come demone solitario il tuo talento è sprecato. Potrai anche avere la tua indipendenza, ma non hai il supporto di un apparato alle spalle. Prendi in considerazione l'opportunità di unirti formalmente alla mia organizzazione.» «Forse un giorno, mio caro» rispose lei. Quando nevicherà all'inferno. Piuttosto che entrare a fare parte della cosca mafiosa guidata da Corbin, si sarebbe avvelenata e sarebbe tornata agli inferi. Una volta compiuto il proprio dovere, se ne sarebbe andata immediatamente, per tornare a casa, dall'altra parte del mondo. A Venezia. E non avrebbe mai più rivisto Corbin. 9


Il demone le cinse la vita e la baciò, sussurrando contro la sua pelle le cose perverse che voleva farle, i sistemi bizzarri che avrebbe usato per darle piacere, dolorosi, ma talvolta stranamente eccitanti. Affermare che fare sesso con lui non le piaceva sarebbe stata una bugia. Forse, in circostanze diverse, se la sarebbe goduta. Ma non così. Luciana rispose al bacio e accarezzò il corpo compatto di Corbin, incoraggiandolo, lasciando che l'impeto della passione spazzasse via i sospetti. Per Luciana, Corbin era il male minore. A turbarla non era lui, bensì il suo socio e amico Julian Ascher, l'uomo che le aveva rovinato la vita, che aveva corrotto la sua innocenza, che l'aveva sedotta e poi tradita. L'uomo che l'aveva costretta a sopravvivere nell'unico modo che conosceva, ossia sfruttando la propria zona oscura. Il tempo della rivalsa si stava avvicinando. La vendetta era un piatto da servire freddo ed erano più di due secoli che Luciana rabbrividiva, chiusa in un guscio di odio duro come il ghiaccio. Quel piatto, pensò, l'avrebbe fatto ingoiare a Julian. Con il massimo piacere.

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1 West Hollywood, Los Angeles Nella città degli angeli, il Devil's Paradise era il posto più eccitante in cui andare a folleggiare il sabato notte. Il locale perfetto per le tentazioni. Lo scenario ideale per il peccato. E lui ne era l'unico proprietario. Julian Ascher osservava il night-club da uno skybox che si trovava due piani sopra la pista da ballo. Sotto di lui, un mare di corpi si dimenava al ritmo dei bassi pompati al massimo dagli amplificatori. Sudore e feromoni si mescolavano nell'aria. Uno stuolo di baristi lavorava dietro i banconi in marmo bianco, servendo fiumi di cocktail, birra e shottini. Di solito, Julian si accontentava di restare lassù a guardare, ma quella notte era irrequieto. Aveva bisogno di qualcosa che alleviasse la tensione che sentiva montare nelle viscere, pensò. Preferibilmente, qualcosa di morbido e femminile. Spalancò la porta. Mentre scendeva la scala di metallo, un'esplosione di musica e il calore di centinaia di corpi lo investirono, sferzandogli la pelle. La folla si aprì al suo passaggio, sensibile al potere che emanava da lui, e sguardi ammirati lo seguirono mentre attraversava il locale. I clienti abituali gli strinsero la mano: una star del foot11


ball ubriaca, una soubrette minorenne... Qualche ragazza provò ad attaccare bottone, ma lui se ne sbarazzò con eleganza e proseguì. Distruggere belle donne era uno dei suoi passatempi preferiti, poiché corrompere ciò che era sublime gli dava una soddisfazione infinita. Ma aveva gusti molto particolari e nessuna delle signore presenti quella sera gli andava a genio. Deluso, continuò a camminare. «Julian, da questa parte!» gridò il direttore del locale, sbracciandosi per attirare la sua attenzione. «Non adesso» rispose lui, senza nemmeno rallentare. Continuò a vagare attraverso la folla di uomini e donne bellissimi che si accalcavano sulla pista come farfalle attratte da una riserva di nettare. In qualità di arcidemone, Julian era responsabile della corruzione di migliaia di anime. La sua catena di night-club era presente in tutto il paese. L'aveva creata dopo aver passato duecento anni a studiare gli umani nei loro momenti di debolezza e di disperazione, di fantasia e di desiderio. E lui, signore di quell'impero della perversione, era diventato un raffinato conoscitore del piacere. All'inizio non era stato semplice. Quando era un apprendista demone, molte anime gli avevano dato del filo da torcere e spesso le aveva perse. Ma adesso, dopo due secoli, era diventato fin troppo facile. Adesso, quando Julian combatteva per un'anima, vinceva sempre. La sua ultima scommessa, il Devil's Ecstasy, avrebbe aperto a Las Vegas alla fine del mese. Situato all'interno dello spettacolare Hotel Lussuria del collega arcidemone Corbin Ranulfson, quel nuovo night-club sarebbe stato il suo fiore all'occhiello. Un successo assicurato. Allora perché si sentiva così insoddisfatto? Facendosi largo tra la folla, raggiunse l'area VIP. Sui divani di pelle bianca, sotto gli occhi di tutti, c'erano coppie che amoreggiavano e gruppi che si palpeggiavano. In un 12


angolo, un giovane attore di Hollywood tirava coca dal sedere nudo di una squillo, circondato da un capannello di curiosi. «Fatelo divertire» disse Julian a uno dei membri dello staff. «Assicuratevi che sia sempre ben rifornito, stanotte.» Il suo sguardo annoiato vagò per la sala, del tutto indifferente alla lascivia che lo circondava. Le scene di lussuria che si presentavano ai suoi occhi erano normale amministrazione da quando il locale aveva aperto. Niente ormai lo eccitava più. Sprofondato nella più completa apatia, Julian si voltò, deciso a tornare alla sua postazione nello skybox. E poi la vide. Era lontana, eppure brillava come una pepita d'oro sulla sponda fangosa di un fiume. Batté le palpebre, per assicurarsi che quella visione non fosse solo uno scherzo delle luci. Ma quando si voltò di nuovo, lei era ancora lì. Sembrava vestita per un pomeriggio in spiaggia, non per una serata nel tempio del peccato. Il semplice prendisole giallo rivelava braccia toniche e curve sensuali. I capelli biondi le scendevano sulla schiena in morbide onde. I lineamenti del viso erano di una perfezione classica, la bellezza così radiosa da catturare il suo sguardo anche a quella distanza. Non era l'unico ad averla notata. Gli uomini le giravano intorno come squali che avevano fiutato l'odore del sangue. Stava cercando un amico? Un amante? Mentre la osservava, lei alzò lo sguardo, come se avesse captato i suoi pensieri attraverso il chiasso e la calca dell'area VIP. Lo fissò dritto negli occhi. A dieci metri di distanza, aveva tutta l'aria di una sfida. Poi si voltò e scomparve. Nel profondo di Julian si risvegliò l'istinto del cacciatore. La seguì tra la folla, senza distogliere lo sguardo dai capelli biondi e dalle spalle ben tornite mentre lei avanzava 13


in quel mare di corpi. La musica gli pulsò nelle vene come anfetamina, spingendolo ad andare avanti. Si fece largo tra la gente sgomitando, dimentico delle buone maniere. Quando infine la raggiunse e chiuse le dita intorno al suo braccio, fu come accarezzare la guancia di un neonato, tanto era morbida la sua pelle. Il bicipite, acciaio rivestito di seta, si contrasse sotto quella presa forte. Una scarica di desiderio gli guizzò su per il braccio fino ad annidarsi nell'inguine. Non appena la toccò, lei si immobilizzò e si voltò a guardarlo. Da lontano era bellissima, ma da vicino era divina. Lo sguardo di Julian scivolò sugli zigomi alti e ben modellati, sulle labbra carnose, sugli occhi grandi e colmi di fiducia. L'innocenza che vi scorse non aveva a che fare con l'ingenuità, ma con la fede. Fede nella completa bontà dell'animo umano. Julian avrebbe voluto divorarla, affondare dentro di lei, diventare parte di lei e non lasciarla andare mai più. Mentre le stringeva il braccio, fu come se il tempo si fermasse. I rumori scomparvero. Poi il silenzio fu rotto da un fruscio di piume, dal frullare di un paio d'ali che si aprivano. Quando capì, il suo corpo fu attraversato da una scarica di energia: lei era un angelo. Un angelo custode, il grado più basso delle gerarchie celesti, il cui compito era prendersi cura dei mortali. Non sapeva perché, ma era davvero sorpreso. Nella sua vita aveva incontrato molti angeli e spesso aveva combattuto contro di loro. Ma nessuno era mai stato tanto stupido da mettere piede in uno dei suoi locali. Che cosa ci faceva lei lì, nel suo territorio? Julian batté le palpebre. Intorno a loro il locale tornò alla vita, il ritmo pulsante dei bassi invase di nuovo le ossa. Lei si divincolò, cercando di liberarsi, ma lui serrò la presa, determinato a trattenerla. Per qualche ragione era entrata nel Devil's Paradise, 14


con il suo prendisole innocente e la sua ridicola fede nella bontà della razza umana. E adesso era lì, nel suo territorio. Quando una mano le sfiorò il braccio nudo, Serena St. Clair si immobilizzò. Era il tocco di un amante, una carezza così gentile, adorante e allo stesso tempo sensuale, che un'ondata di piacere le increspò la pelle. Quella sensazione la pervase totalmente, risvegliando le zone più segrete del suo corpo. Anche nel calore soffocante del night-club, l'emozione fu così intensa da costringerla a fermarsi di colpo. Voltandosi, si trovò davanti il volto di un dio. La simmetria perfetta degli zigomi poteva essere opera solamente di una mano celestiale. Ma gli occhi erano peccato allo stato puro. In loro non c'era un briciolo di bontà, solo nudo desiderio. Alto e atletico, indossava un completo di ottimo taglio, con la camicia sbottonata sul collo. Armani, probabilmente. I capelli scuri erano scompigliati ad arte, con una noncuranza che contraddiceva l'intensità dello sguardo. «Benvenuta al Devil's Paradise. Sono Julian Ascher.» Fu come se la sua voce, bassa e profonda, le riverberasse nelle ossa. Per un momento Serena rimase stordita. Poi si ricordò di respirare. Strizzando gli occhi, indirizzò un'ondata di energia verso la mente dell'uomo, una luce intensa in grado di annullare la sua volontà e azzerargli la memoria. Si aspettava di vederlo barcollare e allentare la presa, lasciandola libera di tornare al proprio compito. Cioè trovare l'umano che era incaricata di sorvegliare e poi scappare a gambe levate. Ma Julian Ascher non si mosse. Anzi, un lieve fastidio incrinò la sua espressione impassibile, ma in un attimo scomparve e lui riprese l'abituale, assoluta compostezza. 15


Una parola le risuonò nella mente e le vorticò nello stomaco. Demone. Dentro di lei, una voce sussurrava: Scappa! Arielle, il suo supervisore, aveva cercato di inculcare in tutti gli apprendisti della Compagnia degli Angeli un principio fondamentale: Se incontrate un demone più potente di voi, allontanatevi immediatamente. Serena aveva superato il tirocinio a pieni voti. Eppure in quel momento era come se fosse incollata al pavimento, completamente incapace di muoversi. Le dita di Julian erano ancora avvolte attorno al suo braccio. Ma non era il contatto fisico a bloccarla, bensì il panico che le era penetrato nel sangue, paralizzandola. «Non provarci di nuovo» disse lui con dolcezza. «Quei trucchetti vanno bene per gli umani, ma con me non funzionano. Vieni, voglio parlarti in privato.» «Scusa, ma devo incontrare un amico» rispose lei. Nick Ramirez. Non esattamente un amico, quanto piuttosto il suo incarico. Era lì da qualche parte, talmente vicino che riusciva a percepirne la presenza. Doveva trovarlo e interrompere il suo cammino verso la perdizione. La Compagnia contava su di lei. Il compito era abbastanza semplice, adatto anche a un angelo alle prime armi. Almeno in teoria. Ma quel demone si era messo in mezzo. Quel demone pericolosamente bello, con la promessa del piacere che gli brillava negli occhi. «Non era una proposta» aggiunse Julian. «Ho detto che non mi va.» Gli angeli non dovevano mentire, Serena lo sapeva. Ma in realtà voleva quell'uomo, lo desiderava come non aveva mai desiderato un uomo. Era un desiderio che sgorgava dal profondo, che le risaliva il corpo e le infiammava la pelle. Voleva sentire quelle dita scivolare sulle sue curve bollenti. Voleva che la sua voce la facesse sciogliere. 16


RHYANNON BYRD

Il richiamo delle tenebre Per Saige è giunto il momento di affrontare i nemici della sua specie. Ma per vincere deve prima liberare il proprio oscuro potere, e l'unico in grado di aiutarla è Michael, l'affascinante mutaforma che suscita in lei una passione irrefrenabile. Eppure, nonostante l'attrazione che divampa tra loro, lui si rifiuta di farlo... anche se lei non desidera altro.

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Angelo tentatore Bello come il peccato. E altrettanto pericoloso. Serena St. Clair, angelo custode al suo primo incarico, lo capisce nell'istante stesso in cui gli occhi di Julian la sfiorano come una carezza sensuale. Lui è un arcidemone, e non è disposto a cedere l'anima perduta che le è stata affidata. A meno che lei non accetti la sua perversa scommessa.


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Promesse nella notte Lucille Lanfair non ha idea che tradurre la profezia contenuta in un'antica tavoletta sumera cambierà la sua vita. Poi incontra James William Poe, un vampiro dotato di poteri inimmaginabili, e scopre di dover salvare l'anima di quel bellissimo immortale dalle tenebre che minacciano di inghiottirlo. Ma il suo amore sarà abbastanza forte?

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