La libraia (estratto) di Fulvia Degl'Innocenti

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O T T A R EST



Narrativa San Paolo Ragazzi l’avventura della mente e del cuore



Fulvia Degl’Innocenti

La libraia


© 2012 EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Prima edizione digitale XXXX 2013. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. ISBN edizione epub 978-88-215-8846-4 ISBN edizione MOBI 978-88-215-8847-1



Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte. Kahlil Gibran


Una sera d’inverno

Il fragore della saracinesca che si abbassava rimbombava nel vicolo ormai deserto. Il pavé del selciato era lucido per l’umidità, e la nebbia densa sembrava volersi intrufolare nello spazio lasciato ancora aperto, attratta dal calore della libreria. Lia indugiò ancora un attimo a guardare i piedi frettolosi dei rari passanti prima di calare del tutto la saracinesca e godersi il suo momento magico. Come ogni sera, il negozio si trasformava nel suo rifugio, protetto dagli sguardi curiosi, dai cuori infranti, dalle luci della notte. C’erano solo lei, i libri e la libraia, la cui presenza impalpabile saturava l’aria. L’aspettavano il bancone di marmo bianco da riordinare e da tirare a lucido, i libri fuori posto da ricollocare sugli 7


scaffali, la polvere del pavimento da spazzare, i conti della cassa da far quadrare. Lia si occupava di tutto da sola, sotto lo sguardo vigile della libraia che era presente in ogni suo gesto, tanto che a volte le sembrava di essere solo una marionetta mossa dai fili di un burattinaio. Una marionetta con l’anima, però, come Pinocchio. Le era molto caro quel personaggio, così popolare e così travisato da tante versioni semplificate, dai giocattoli fatti in serie, che l’avevano ridotto a un fantoccio dai colori troppo vivi e gli occhi sgranati. Nulla a che vedere con il vero Pinocchio, che quasi nessuno leggeva più così come lo aveva pensato e scritto Collodi più di un secolo e mezzo prima. Quando Geppetto ebbe finito di fargli i piedi, sentì arrivarsi un calcio sulla punta del naso. «Me lo merito!» disse allora fra sé. «Dovevo pensarci prima! Oramai è tardi!» Poi prese il burattino sotto le braccia e lo posò in terra, sul pavimento della stanza, per farlo camminare. Pinocchio aveva le gambe aggranchite e non sapeva muoversi, e Geppetto lo conduceva per la mano per insegnargli a mettere un passo dietro l’altro. Quando le gambe gli si furono sgranchite, Pinocchio cominciò a camminare da sé e a correre per la stanza; finché, infilata la porta di casa, saltò nella strada e si dètte a scappare. Anche a lei, come alla marionetta di legno, un amorevole burattinaio aveva insegnato a camminare sulle sue gambe, senza inciampare. 8


La sua edizione preferita di Pinocchio era quella illustrata da Roberto Innocenti. Un tuffo nella Toscana del XIX secolo, personaggi vivi che parevano uscire dalle pagine, scenari come fotografie tridimensionali. Le avventure del burattino erano sullo scaffale degli albi illustrati. I clienti li definivano libri “per bambini”, ma la libraia non era d’accordo. Per lei erano semplicemente libri, come tutti gli altri, e quando li affidava a un distinto uomo di mezza età, o a una giovane donna elegante e ben curata, si rivelavano scrigni preziosi pronti a svelare tesori a chi ancora sapeva meravigliarsi. Li accarezzò con l’indice teso, e ascoltò la loro musica. Aveva scoperto per caso come far risuonare i libri. Bastava scorrerne il dorso con un dito, come se fossero i tasti di un pianoforte. File di libri tutti uguali, perfettamente allineati, producevano un suono piatto, quasi metallico. File di libri con la copertina rigida, e di varie dimensioni, sistemati uno a fianco all’altro leggermente sfalsati, suonavano con un ritmo sincopato. Volumi in pelle simili a quelli delle vecchie enciclopedie mandavano un rombo cupo e solenne. Il dito poteva arrivare fino in fondo alla fila, oppure interrompersi e tornare indietro, improvvisando una danza. Un colpetto con le nocche come nota finale e di nuovo al lavoro. Quello che si era appena concluso era stato un giorno di consegne, e la aspettavano due scatoloni da aprire. Un gesto secco del taglierino sul nastro da pacchi che li chiude9


va, le alette di cartone che si sollevavano, le pile di libri da estrarre, catalogare, sistemare nei luoghi dove avrebbero soggiornato per settimane, mesi, prima di essere affidati al lettore giusto. Una zaffata di odore di nuovo la raggiunse. Era l’odore delle copertine lucide, degli inchiostri aspri. Preferiva di gran lunga quello delle pagine. E allora aprì un libro, e ci tuffò dentro il naso per inalarne l’aroma. Quasi le sembrava di percepire il residuo calore che conservano i libri freschi di stampa. Dieci copie di un romanzo destinato a scalare le classifiche dei libri più venduti, con un autore celebre e tanta promozione. Eppure era nato da un’ispirazione sincera e avrebbe risuonato con le corde di tante anime. Forse aveva bisogno solo di una lezione di umiltà. Lo collocò quindi a fianco dell’edizione originale di un romanzo dell’Ottocento, con pagine grezze e ingiallite e odorose di muffa. Lia aveva una predilezione per i libri antichi. Le sembrava che una storia producesse un effetto diverso se le sue parole arrivavano agli occhi dei lettori avidi di risposte da una pagina ruvida e dai bordi sfrangiati, piuttosto che da una immacolata, con i bordi netti. “Bada Lia, che non tutto ciò che è nuovo è migliore in quanto nuovo, così come non tutto ciò che è vecchio vale di più in quanto vecchio. Al bando i confini rigidi, le idee fisse, un libro è come un essere vivente, mutevole ed elastico, e il suo destino si determina ai crocevia delle esistenze incontrate”. 10


La vecchia libraia faceva sempre sentire la sua voce al momento opportuno, quando il cavallo mai del tutto domato che scalciava nel cuore di Lia tornava a imbizzarrirsi per prendere una di quelle strade che all’inizio sembravano gravide di promesse, ma poi non conducevano in nessun posto. In poche mosse la libreria sembrava aver ritrovato il suo ordine, pronta ad accogliere con la sua aria calda e vissuta chi l’indomani si sarebbe affacciato in quel piccolo locale, spinto da un’ansia tutta nuova, o per ritrovare un luogo amico e benefico. Lia doveva solo riporre dietro l’ultimo scaffale la lunga scala che usava per raggiungere le file di libri collocati più in alto. La scala aveva le ruote, le bastava spingerla per lo stretto corridoio; ma ci doveva essere un ostacolo sul pavimento, perché non riusciva più a farla scorrere in avanti. La ragazza sbirciò tra due gradini per individuare l’ostacolo. Naturalmente era un libro. Non era la prima volta che capitava, stavano così accatastati che bastava un movimento meno attento del solito per farne cadere qualcuno. Era un’edizione con copertina rigida de Le avventure di Tom Sawyer. Nel raccoglierlo le pagine si aprirono. Nel giro di un paio di minuti o anche meno, Tom aveva dimenticato tutti suoi problemi. Non perché i suoi problemi fossero un zinzino meno seri e spinosi di quelli di un adulto, ma perché un nuovo e prepotente interesse li mise da parte per il momento: proprio come le disgrazie degli uomini sono dimenticate nell’entusiasmo e nell’eccitazione del momento. 11


Un colpo nel petto, come se qualcuno, quel libro, glielo avesse scagliato contro. Un flash: l’immagine di un comodino, una lampada azzurra, schermata con una maglietta per non fare troppa luce. Ricordava, Lia. Un ricordo di sedici anni prima. L’eccitazione mista a paura, lo zaino preparato la sera prima ai piedi del letto, e quel libro, un loro regalo, che la guardava, quasi beffardo, come a dirle: “Dove credi di andare?” Ma lei era andata lo stesso.

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R6N 49

Ho spiato i tuoi gesti, rubato le tue parole, ho letto piÚ libri che ho potuto. Eppure sento che qualcosa manca, che non funziona senza l’unico vero ingrediente.

â‚Ź 15,00

9 788821 592874


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