Incontro Maggio 2011

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Per una Chiesa Viva Anno VII - N. 4 – Maggio 2011 P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it

RAVELLO

IL MISTERO DEL TEMPO PASQUALE La festa di Pasqua, chiamata fin dagl'inizi del Cristianesimo, la "Festa delle feste", la "Solennità delle solennità",non termina con la Domenica dell’Ottava, la cosiddetta Domenica in Albis, così chiamata a ricordo dell’antico uso dei neofiti che in quel giorno deponevano le vesti bianche ricevute la notte di Pasqua durante la celebrazione del Sacramento del Battesimo. La Pasqua si prolunga per tutto il Tempo Pasquale formato dalle settimane che decorrono dalla Domenica di Pasqua al Sabato dopo la Pentecoste. Questa è certo la parte più sacra dell'anno, perché ad essa converge l'intero anno liturgico della Chiesa Nella devota ed attenta celebrazione delle Domeniche di Pasqua avremo modo di comprendere come il grande Mistero della Pasqua di morte e resurrezione di Gesù,cuore del cristianesimo, è un mistero perenne; che la Pasqua continua oggi ; perché la Pasqua non è soltanto un momento o un aspetto importante della nostra fede, ma è tutta la fede cristiana; e gli altri misteri ne sono una preparazione o una conseguenza. La Pasqua è un mistero perenne “Cristo risorgendo dai morti , non muore più;su di Lui la morte non avrà più nessun potere”. Egli è Vivo,è il Signore Vivente! La resurrezione continua in Lui,incessantemente e deve incessantemente continuare anche in noi, nella nostra vita e nelle nostre opere. Tutta la vita cristiana è perenne mistero pasquale. Noi che fummo battezzati, nel Battesimo, morti al peccato e inseriti in Cristo, siamo diventati le membra e il corpo di Gesù Risorto. Per favorire una riflessione su questo tema tanto importante della nostra fede mi piace riportare qui di seguito una breve e chiarissima

spiegazione del mistero del tempo pasquale da vivere come : Tempo del Risorto; Tempo dello Spirito Santo; Tempo dell’Eucaristia. 1. Tempo del Risorto Il mistero del tempo pasquale ha le sue radici nella speciale presenza del Signore risorto, infatti: “Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo

loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio” (Atti 1, 3). E’ questa singolare presenza del Risorto che la Chiesa celebra attualizzandola nelle domeniche di Pasqua, presenza che riempie di gioia il cuore dei discepoli. Il cero pasquale, che splende davanti all’assemblea liturgica, esprime simbolicamente la luce del Risorto che illumina la Chiesa. I vangeli delle tre prime domeniche di Pasqua raccontano le apparizioni del Risorto e nei giorni della solenne ottava

pasquale vengono proposti con ordine tutti i brani evangelici relativi alle apparizioni del Signore. Lo stupore e il mistero della risurrezione pervadono tutta la liturgia del tempo raggiungendo espressioni di alto lirismo come nella sequenza “Victimae paschali laudes” nella quale il primo annunzio dato da Maria di Magdala, prima testimone della risurrezione, si fonde con la rinnovata adesione e testimonianza della Chiesa di tutti i tempi: “Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza”. Il tempo pasquale intende quindi rendere attuale, in modo del tutto speciale, rispetto agli altri tempi dell’anno liturgico, quel singolare incontro con Gesù risorto che nei quaranta giorni della Pasqua apparve veramente ai suoi discepoli e che oggi continua la sua presenza ed azione, sempre vere e reali, nel modo mistico-sacramentale delle azioni liturgiche. 2. Tempo dello Spirito Santo Nei giorni pasquali lo Spirito Santo, donato dal Signore risorto, esercita una crescente opera di manifestazione e santificazione fino alla sua piena effusione nel giorno di Pentecoste. Già la sera del giorno stesso della risurrezione, nella sua prima apparizione ai discepoli radunati nel cenacolo, il Signore dona una prima effusione dello Spirito Santo: “...alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo...” (Gv 20, 22). Il libro-guida di questo tempo liturgico, secondo l’antica tradizione, è il libro degli Atti degli Apostoli: il protagonista è lo Spirito Santo, che forma e guida la Chiesa nascente.

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SEGUE DALLA PRIMA Le ferie che intercorrono tra l’Ascensione e la Pentecoste acquistano particolare importanza, con formulari propri, che richiamano la promessa dello Spirito Santo e dispongono i fedeli ad attendere ed invocarne la venuta. Infine la solenne Veglia e il giorno di Pentecoste celebrano l’effusione con potenza dello Spirito Santo, frutto del mistero pasquale. 3. Tempo dell’Eucaristia Il tempo pasquale è il tempo eucaristico per eccellenza: “Il suo corpo arso d’amore. Mite agnello immolato sulla mensa è pane vivo; Cristo è la nostra Pasqua; il suo sangue sull’altare, il suo corpo adorabile calice del nuovo patto,è il vero pane azzimo.” È, infatti, soprattutto nell’Eucaristia che il Signore risorto si fa presente ed opera nella sua Chiesa. La celebrazione eucaristica quindi rende viva ed attuale l’azione misteriosa del Risorto così che noi diventiamo contemporanei a Lui e realmente veniamo coinvolti nell’ opera della nostra redenzione. Lo speciale incontro col Risorto che i discepoli ebbero nel tempo delle sue apparizioni si realizza per la Chiesa in ogni celebrazione eucaristica, ma soprattutto nel tempo della Pasqua. Come l’Eucaristia è il cuore di ogni domenica, così l’Eucaristia è il centro di ogni giorno del tempo pasquale. E’ questa speciale connaturalità tra il tempo pasquale e l’Eucaristia che muove la Chiesa ad indicare il tempo pasquale quale tempo adatto per assolvere al precetto di ricevere, almeno annualmente, l’Eucaristia: “Durante il tempo pasquale i pastori istruiscano i fedeli già iniziati al sacramento dell’Eucaristia sul significato del precetto della Chiesa di ricevere in questo tempo la santa comunione”.

I cristiani "risorti" cambiano faccia al mondo

Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell’udienza generale del 27 Aprile scorso, in Piazza San Pietro, alla riflessione sul tempo pasquale. Vivere da “risorti” in mezzo all’umanità per trasformare il mondo in un posto più solidale, le città in luoghi dove sia rispettata la dignità di ciascuno. È questa, ha detto il Papa, l’esperienza più profonda che i cristiani possono fare della Pasqua. Non può essere Pasqua se tutto rimane come prima, dentro e attorno a un cristiano. Se “freschezza” e “gioia” non trasformano lui e i luoghi nei quali vive. È la semplice verità del più grande mistero della fede, spiegata una volta ancora da Benedetto XVI: il cristiano, risorto con Gesù, è chiamato a comportarsi, in un mondo di oscurità, come “un figlio della luce”: “La risurrezione di Cristo è l’approdo verso una vita non più sottomessa alla caducità del tempo, una vita immersa nell’eternità di Dio. Nella risurrezione di Gesù inizia una nuova condizione dell’essere uomini, che illumina e trasforma il nostro cammino di ogni giorno e apre un futuro qualitativamente diverso e nuovo per l’intera umanità". Dunque, una Pasqua vissuta nella quotidianità cambia la qualità della vita. A patto, però, che i cristiani sappiano vivere da “risorti”. Ma come si fa a far “diventare ‘vita’ la Pasqua”? Per spiegarlo, il Papa ha preso a prestito le parole di San Paolo. Anzitutto, ha detto, bisogna pensare “alle cose di lassù, non a quelle della terra”: “A prima vista, leggendo questo testo, potrebbe sembrare che l'Apostolo intenda favorire il disprezzo delle realtà terrene, invitando cioè a dimenticarsi di questo mondo di sofferenze, di ingiustizie, di peccati, per vivere in anticipo in un paradiso celeste. Il pensiero del ‘cielo’ sarebbe in tale caso una specie di alienazione”. Le cose della terra, ha affermato Benedetto Don Giuseppe Imperato XVI, sono soprattutto il “desiderio insaziabile di beni materiali” e l’“egoismo, radice di ogni male”. Spogliarsi di questo e “rivestirsi di

Cristo” – cioè di sentimenti di carità, di bontà, di mansuetudine, secondo la celebre descrizione di San Paolo – rende un cristiano capace di irradiare luce nel mondo. Quindi, ha osservato il Papa, essere cristiani è tutt’altro che essere alienati: “San Paolo è dunque ben lontano dall'invitare i cristiani, ciascuno di noi, ad evadere dal mondo nel quale Dio ci ha posti. E’ vero che noi siamo cittadini di un'altra ‘città’, dove si trova la nostra vera patria, ma il cammino verso questa meta dobbiamo percorrerlo quotidianamente su questa terra (...) E questa è la via non solo per trasformare noi stessi, ma per trasformare il mondo, per dare alla

città terrena un volto nuovo che favorisca lo sviluppo dell'uomo e della società secondo la logica della solidarietà, della bontà, nel profondo rispetto della dignità propria di ciascuno”. Ecco la Pasqua, il “passaggio profondo e totale” che porta, ha assicurato il Pontefice, a “una nuova armonia nel proprio cuore e nel rapporto con gli altri e con le cose”: “Ogni cristiano, così come ogni comunità, se vive l’esperienza di questo passaggio di risurrezione, non può non essere fermento nuovo nel mondo, donandosi senza riserve per le cause più urgenti e più giuste, come dimostrano le testimonianze dei Santi in ogni epoca e in ogni luogo (…) E’ il nostro compito e la nostra missione: far risorgere nel cuore del prossimo la speranza dove c’è disperazione, la gioia dove c’è tristezza, la vita dove c’è morte”. RADIO VATICANA


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S I NT E S I DELLA ESORTAZIONE APOSTOLICA “VERBUM DOMINI” Continuazione La Parola di Dio e le Sacre La Parola di Scritture. missionari età. Il Papa, insieme con i Padri Sinodali, esprime il vivo desiderio affinché fiorisca “una nuova stagione di più grande amore per la sacra Scrittura da parte di tutti i membri del Popolo di Dio, cosicché dalla loro lettura orante e fedele nel tempo si approfondisca il rapporto con la persona stessa di Gesù” (72). Chiede di incrementare la “pastorale biblica”, che varrà anche a rispondere al fenomeno della “proliferazione di sette, che diffondono una lettura distorta e strumentale della sacra Scrittura”, e di favorire “la diffusione di piccole comunità … in cui promuovere la formazione, la preghiera e la conoscenza della Bibbia secondo la fede della Chiesa” (73). E’ necessaria “un’adeguata formazione dei cristiani e, in particolare, dei catechisti”, riservando attenzione “all’apostolato biblico” (75). Tutto il Popolo di Dio, a cominciare dai vescovi, deve ripartire dall’ascolto della Parola di Dio. Il Papa esprime particolare gratitudine “ai monaci e alle monache di clausura” che “con la loro vita di preghiera, di ascolto e di meditazione della Parola di Dio, ci ricordano che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

La Bibbia in ogni casa.

Poi, per quanto riguarda le famiglie “il Sinodo auspica che ogni casa abbia la sua Bibbia e la custodisca in modo dignitoso, così da poterla leggere e utilizzare per la preghiera”. Viene quindi evidenziato il contributo del “genio femminile” negli studi biblici, nonché il “ruolo indispensabile delle donne nella famiglia, nell’educazione, nella catechesi e nella trasmissione dei valori”. Il documento invita alla pratica della lectio divina e a promuovere le preghiere mariane come il Rosario e l’Angelus “quale aiuto a meditare i santi misteri narrati dalla Scrittura”. Vengono anche citate “alcune antiche preghiere dell’Oriente cristiano” come gli inni mariani dell’Akathistos e della Paraklesis” (78-88).

Dio

e

la questa responsabilità”. “Questa consape-

Il Papa sottolinea quindi con forza l’appello del Sinodo a “rinvigorire nella Chiesa la coscienza missionaria”, nella consapevolezza “che quanto è rivelato in Cristo è realmente la salvezza di tutte le genti”: “l’uomo ha bisogno della ‘grande Speranza’ per poter vivere il proprio presente, la grande speranza che è ‘quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine’ (Gv 13,1). Per questo la Chiesa è missionaria nella sua essenza. Non possiamo tenere per noi le parole di vita eterna che ci sono date

nell’incontro con Gesù Cristo: esse sono per tutti, per ogni uomo. Ogni persona del nostro tempo, lo sappia oppure no, ha bisogno di questo annuncio … A noi la responsabilità di trasmettere quello che a nostra volta, per grazia, abbiamo ricevuto” (91-92). “Pertanto, la missione della Chiesa non può essere considerata come realtà facoltativa o aggiuntiva della vita ecclesiale … Non si tratta di annunciare una parola consolatoria, ma dirompente, che chiama a conversione, che rende accessibile l’incontro con Lui, attraverso il quale fiorisce un’umanità nuova” (93). Viene ribadito che la missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i battezzati. “Nessun credente in Cristo può sentirsi estraneo a

volezza deve essere ridestata in ogni famiglia, parrocchia, comunità, associazione e movimento ecclesiale”. In particolare, il Sinodo riconosce “con gratitudine che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono, nella Chiesa, una grande forza per l’evangelizzazione in questo tempo, spingendo a sviluppare nuove forme d’annuncio del Vangelo” (94). “In nessun modo – si legge nel documento – la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di ‘mantenimento’, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale”. E’ necessario un “annuncio esplicito”: “la Chiesa deve andare verso tutti con la forza dello Spirito (cfr 1Cor 2,5) e continuare profeticamente a difendere il diritto e la libertà delle persone di ascoltare la Parola di Dio, cercando i mezzi più efficaci per proclamarla, anche a rischio della persecuzione. A tutti la Chiesa si sente debitrice di annunciare la Parola che salva”: ai tanti popoli che ancora oggi non la conoscono e a quanti “hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo” da “testimoni credibili del Vangelo”. Il Papa rivolge con commozione il suo pensiero a tutti i perseguitati a causa di Cristo, ai “tanti fratelli e sorelle che anche in questo nostro tempo hanno dato la vita per comunicare la verità dell’amore di Dio rivelatoci in Cristo crocifisso e risorto”. In particolare – scrive Benedetto XVI – “ci stringiamo con profondo e solidale affetto ai fedeli di tutte quelle comunità cristiane, in Asia e in Africa … che in questo tempo rischiano la vita o l’emarginazione sociale a causa della fede … Nel contempo non cessiamo di alzare la nostra voce perché i governi delle Nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione, anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente” (95-98).

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Le tre Solennità del tempo pasquale “Questo tempo è profondamente segnato dalle tre solennità intorno a cui si snoda: Pasqua - Ascensione - Pentecoste. Pasqua segna l’ingresso del Cristo glorioso nella vita di Dio. Ma la Pasqua di Cristo diventa la nostra: con essa dunque Dio chiama in vita una nuova creazione. La vita del Risorto entra con forza nella nostra vita e la trasforma: portiamo così in noi già la vita eterna, in cui Cristo è entrato. Il linguaggio cristiano la chiama - grazia -. Per ora è realtà nascosta, ma verrà un giorno in cui si rivelerà: quando saremo rivestiti di immortalità e “appariremo con Cristo nella gloria”. L’Ascensione segna per Cristo il punto culminante del grande movimento di esaltazione, con cui Dio corona il suo abbassamento per noi, fino alla morte di croce. Ora è innalzato fino alla destra del Padre, ove ci precede per prepararci un posto. Poichè ci ha resi totalmente solidali con lui, in qualche modo ci trascina tutti in questo movimento di ascesa. L’ha detto bene Giovanni Crisostomo: “L’uomo che si trovava così in basso da non poter ulteriormente discendere, è stato elevato così in alto da non poter ulteriormente ascendere”. Questo ci invita, nell’attesa del futuro ingresso nella sua gloria, a vivere in intima comunione col Padre. La Pentecoste, compimento dell’unica grande celebrazione pasquale, celebra l’effusione sulla Chiesa dello Spirito del Risorto. Il dono dello Spirito è infatti in rapporto con il fatto decisivo della Pasqua. Egli realizza in noi ciò che si è compiuto in Cristo: fa sì che il suo mistero diventi il nostro e ce ne applica i frutti; ci rende dinanzi al mondo testimoni della Risurrezione e capaci di una vita nuova. Una vita che si lascia guidare dalla fede, e stimolare dalle esigenze della carità; che si pone in antitesi con la “vetustà” del mondo che brancola nel buio e intristisce nell’egoismo; una vita libera che scuote da sè il giogo opprimente delle passioni e quello delle opinioni correnti; che vince tutte le tristezze del male con l’Alleluia di Pasqua”.

15 MAGGIO 2011 - IV DOMENICA DI PASQUA XLVIII giornata mondiale di preghiera per le vocazioni MESSAGGIO DEL SANTO PADRE Cari fratelli e sorelle! La XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 15 maggio 2011, quarta Domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”. Settant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontifìcia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all'invito del Buon Pastore, il quale, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e disse: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,36-38).L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui

Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), in un’ascesa inferiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un co-

stante contatto con il Dio vivente e di un'insistente preghiera che si eleva al “Padrone della messe” sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali. Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol


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dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa “è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali” (GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “sì” a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: “Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010). Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che en-

trare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”, significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita. Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante “incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie” (Decr. Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che “il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana” (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione

con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano “animate da spirito di fede, di carità e di pietà” (ibid.), capaci di aiutare i figli e le fìglie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino “di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado” (ibid.). Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza

nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta. La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire “sì” al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 15 novembre 2010


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1 maggio 2011 Beatificazione del papa giovanni paolo ii Karol Jozef Wojtyła, eletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice (Polonia), il 18 maggio 1920.Era il secondo dei due figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, la quale mori nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, mori nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. A nove anni ricevette la Prima Comunione e a diciotto anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Universita Jagellonica di Cracovia. Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Universita nel 1939, il giovane Karol lavoro (1940-1944) in una cava e poi in una fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del “Teatro Rapsodico”, anch’esso clandestino. Dopo la guerra, continuo i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facolta di Teologia dell’Universita Jagellonica, fino alla sua ordinazione sacerdotale, a Cracovia, il 1° novembre 1946. Successivamente, fu inviato dal Cardinale Sapieha a Roma, dove consegui il dottorato in teologia (1948), con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. In quel periodo, durante le sue vacanze, esercito il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda. Nel 1948 ritorno in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, poi in quella di San Floriano in città. Fu cappellano

degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università Cattolica di Lublino una tesi sulla possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler. Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino. Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare

di Cracovia e titolare di Ombi. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967. Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) dando un contributo importante all’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi, anteriori al suo Pontificato.Venne eletto Papa il 16 ottobre 1978 e il 22 ottobre ebbe inizio il suo ministero di Pastore Universale della Chiesa. Papa

Giovanni Paolo II ha compiuto 146 visite pastorali in Italia e, come Vescovo di Roma, ha visitato 317 delle attuali 332 parrocchie romane. I viaggi apostolici nel mondo, espressione della costante sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per tutte le Chiese, sono stati 104. Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. A Papa Giovanni Paolo II si attribuiscono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); “Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio” (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005). Papa Giovanni Paolo II ha celebrato 147 riti di beatificazione, nei quali ha proclamato 1338 beati, e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha tenuto 9 concistori, in cui ha creato 231 (+ 1 in pectore) Cardinali. Ha presieduto anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio. Dal 1978 ha convocato 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990, 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999). Il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro ha subito un grave attentato. Salvato dalla mano materna della Madre di Dio, dopo una lunga degenza, ha perdonato il suo attentatore e, consapevole di aver ricevuto una nuova vita, ha intensificato i suoi impegni pastorali con eroica generosità. La sua sollecitudine di pastore trovò espressione, inoltre, nella erezione di numerose diocesi


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L’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli scrive per le amministrative

e circoscrizioni ecclesiastiche, nella promulgazione dei Codici di Diritto Canonico latino e delle Chiese Orientali, del Catechismo della Chiesa Cattolica. Proponendo al Popolo di Dio momenti di particolare intensità spirituale indisse l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia nonché il Grande Giubileo del 2000. Avvicinò le nuove generazioni indicendo la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù. Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II. Alle Udienze Generali del mercoledì (oltre 1160) hanno partecipato più di 17 milioni e 600mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000). Ha incontrato milioni di fedeli nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Sono state numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri. È morto a Roma, nel Palazzo Apostolico Vaticano, sabato 2 aprile 2005, alle ore 21.37, nella vigilia della Domenica in Albis o della Divina Misericordia, da lui istituita. I solenni funerali in Piazza San Pietro e la sepoltura nelle Grotte Vaticane sono stati celebrati l’8 aprile.

UN PAPA MARIANO

La gigantesca figura di Giovanni Paolo II ha percorso 29 volte il giro del mondo unendo all'annuncio di Cristo l'espressione di un profondo rapporto spirituale con la Madre di Cristo (Totus tuus).Di Lui è stato scritto: «Nel profilo di Giovanni Paolo II non si può tralasciare il riferimento mariano senza perdere un suo connotato essenziale e permanente. Non è mistero per nessuno che Maria costituisca la stella che guida il cammino di questo figlio della terra polacca dall'infanzia fino a tutto lo svolgersi del pontificato. Egli rimarrà nella storia della Chiesa non solo come il Papa itinerante che percorre i continenti per annunciare Cristo e rinnovare la Chiesa alla luce del Concilio vaticano II, ma anche come il Totus tuus che accoglie la Madre di Gesù e vive in pienezza il rapporto con lei fino a renderlo un elemento costitutivo o una chiave della propria esistenza cristiana e del proprio servizio pastorale» (S. De Fiores, Giovanni Paolo II, in Maria. Nuovissimo dizionario, Edb 2008, III, 317318). Giustamente si osserva: la sua personalità è nutrita della devozione a Cristo e a Maria in un duplice Totus tuus. Da questa sua profonda dimensione intima e personale con Cristo e con la Vergine sono scaturite quelle notevoli capacità umane e pastorali del vescovo, del sacerdote e del papa. Da qui ha avuto origine l'instancabile spirito missionario che ha caratterizzato la sua forte personalità.

Si avvicinano le consultazioni elettorali amministrative che coinvolgono anche alcuni comuni del nostro territorio diocesano. Il clima che in questi mesi SI respira nell'ambito politico è la chiara espressione delle fragilità che le nostre comunità stanno attraversando, fragilità che coinvolgono le istituzioni ed i valori fondamentali della vita sociale. Nel contempo, la diocesi di Amalfi - Cava de' Tirreni ha vissuto numerose vicende di frizione e conflitto che mettono ancora a dura prova la popolazione coinvolta. La tragica alluvione di Atrani del 9 settembre scorso, la crisi economica che ha colpito alcune aziende del territorio (che coinvolge direttamente le famiglie dei lavoratori) la questione abitativa, sono solo alcune vicende, emblematica espressione di come le scelte politiche debbano spesso affrontare situazioni complesse ed articolate che richiedono, oltre che capacità e doti amministrative non comuni, la necessità di scelte condivise con la popolazione e mai legate a mere valutazioni di politica spicciola e campanilistica. Con amarezza valutiamo come la competizione politica, lungi dall 'affrontare i numerosi problemi di carattere sociale che coinvolgono la nostra quotidianità, si appiattisce sugli scontri personali, trascurando spesso la programmazione, l'attenzione al territorio, alle comunità che lo popolano, alle risorse ed alloro sviluppo. Al contrario, "lo sviluppo del Mezzogiorno rimanda ad una profonda dimensione di carattere etico, culturale ed antropologico" i, che non deve limitarsi ad una valutazione meramente economicistica, ma deve tener conto con somma urgenza ed attenta analisi dei veri nodi e delle concrete risorse espresse nel momento attuale. Importante è, allora, dare un concreto segno di cambiamento di rotta che coinvolga SIa candidati alle prossime elezioni che gli elettori chiamati ad una scelta finalizzata ad una migliore gestione della cosa pubblica. Ai primi, rivolgo l'invito a porre maggiore attenzione ad una corretta e proficua competizione elettorale.

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Sia la comunicazione, tra i competitori e con gli elettori, essenziale e leale, tesa esclusivamente ad esprimere in modo chiaro le diverse interpretazioni della gestione amministrativa, al fine di permettere un'adesione alle proposte che sia lontana da ogni basso clientelismo. Il mandato futuro sarà così il legittimo esito di un patto solidale che coinvolgerà l'intera comunità. Gli elettori, dal proprio canto. siano attenti a vivere tale momento come vera espressione di cittadinanza partecipata e consapevole. I valori cristiani tesi alla realizzazione del bene comune siano concretamente visibili in ogni singola scelta. affinché la costruzione di una cittadinanza più viva e solidale sia la naturale conseguenza della partecipazione al mistero di Cristo ed alla vita ecclesiale. In tal senso, le comunità ecclesiali coinvolte in questo evento sono invitate ad una profonda ed attiva riflessione .. ella prospettiva educativa a cui ci chiama la Chiesa all'inizio di questo decennio, esse sono chiamate ad instaurare spazi di riflessione che possano facilitare un vero discernimento ecclesiale, alla luce della Parola, realizzando un concreto e fecondo incontro tra Eucaristia e Città. Amalfi, 17 aprile 2011

+ Orazio Oricelli

Nasce un nuovo stile della “Caritas” a Ravello Sabato 9 aprile, nella sala della Pinacoteca del Duomo,i a Ravello, è stato organizzato un incontro tra i responsabili delle varie attività parrocchiali della comunità ravellese e il responsabile diocesano della Caritas, Prof. Rosario Pellegrino. L’incontro, finalizzato alla necessaria programmazione unitaria dei i gruppi Caritas parrocchiali, è stato l’occasione favorevole per fare il punto della situazione sulla corretta interpretazione della funzione della Caritas soprattutto alla luce della situazione economica attuale. Ciò che il prof. Pellegrino ha sottolineato è che di fronte al forte e persistente incremento del numero di persone che ricorrono alle parrocchie per affrontare situazioni di emergenza legate alla perdita del lavoro o all’impossibilità di far fronte agli impegni finanziari già presi, la Caritas ha dovuto ricalibrare e soprattutto ripensare il proprio impegno che non può essere inteso come sostegno economico al bisognoso. I gruppi Caritas devono impostare nelle proprie parrocchie un nuovo stile di rapporti improntati alla massima apertura e alle soluzioni più utili alle richieste del momento; la Caritas non è la cassa continua della Parrocchia, ma è un gruppo che si riunisce almeno mensilmente, valuta le problematiche emerse dai contatti intercorsi con il tessuto sociale del territorio e definisce delle soluzioni. Dopo avere realizzato le attività progettate, si incontra nuovamente per capire le ricadute avute sulle problematiche. Per avviare questo processo virtuoso è necessario che in ogni parrocchia vi sia un luogo fisico e mentale in cui chi ha bisogno possa contattare il referente del gruppo per esporre le proprie difficoltà, che non sempre sono di tipo economico. Il prof. Pellegrino, infatti, ha citato nu-

merosi esempi in cui il bisogno non era legato semplicemente alla mancanza di denaro ma ad un bisogno di socialità e di rapporti, che hanno coinvolto quasi sempre persone anziane sole. Numerosi sono stati anche gli esempi di quello stile Caritas che è necessario diffondere non solo tra coloro che appartengono al gruppo parrocchiale, ma anche tra tutte le persone: recuperare tra le cose che devono essere gettate i materiali che possono essere rivenduti e andare a costituire risorse per progetti parrocchiali (interessante è stato il caso dei telefonini dismessi, raccogliendo i quali a livello diocesano è stato possibile finanziare un progetto). A fronte di tutto questo il gruppo ravellese ha accettato di iniziare questo nuovo percorso e si è impegnato a rivedersi a breve, avviando però contemporaneamente un centro di ascolto il sabato pomeriggio dalle 17.00 alle 20.00 nei locali della casa parrocchiale. Responsabile del centro di ascolto, aperto a chi ha necessità da esporre e richieste da sottoporre al gruppo parrocchiale Caritas, è Carmelo Gennaro, il quale può essere contattato anche telefonicamente durante lo stesso orario, al numero della parrocchia (089858311), nei casi in cui si è impossibilitati a recarsi al centro d’ascolto. L’attività darà sicuramente risultati interessanti sia per quanto riguarda la mappatura delle emergenze sociali a Ravello (purtroppo ci sono anche se non manifestate per una nostro pudore che ci impedisce di mostrare agli altri le nostre difficoltà) sia per quanto riguarda la progettazione di soluzioni atte ad incrementare il senso di socialità e fratellanza. Maria Carla Sorrentino


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Cronaca della settimana santa La Settimana Santa si apre con la Domenica delle Palme, o Domenica Santa della Passione, in cui si celebra l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, accolto come Messia, Figlio di Davide , segue poi il racconto della Passione di Gesù. Per ogni cristiano, la Domenica delle Palme è l’inizio di una seria riflessione sul Mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo che ha effuso il Suo Spirito, per Amore, per donarci la Vita Nuova ed il perdono delle nostre colpe. Nella nostra Comunità Parrocchiale, il programma della Settimana Santa è proseguito, Lunedì 18 Aprile,alle ore 19,00 con la Liturgia Penitenziale,nella Chiesa di Santa Maria a Gradillo. Abbiamo recitato comunitariamente il salmo 129 ed il Confiteor per confessare il nostro peccato e per lasciarci riconciliare con Dio e tra noi. Attraverso l’invocazione allo Spirito Santo, abbiamo chiesto la conversione del cuore e la gioia di una vita nuova, rinnovati dalla Misericordia del Padre e del Figlio. Al termine della Celebrazione Comunitaria, ognuno si è accostato alla Confessione individuale; grati al Signore per le opere stupende che compie per ciascuno di noi, ci siamo impegnati a vivere bene i giorni seguenti verso la Pasqua. Martedì 19 Aprile, alle ore 18,30 , partendo dalla Chiesa del Cimitero, si è celebrata la Solenne Via Crucis Liturgica , animata dalla Confraternita del SS. Nome di Gesù e della Beata Vergine del Monte Carmelo. Le meditazioni proclamate ad ogni singola Stazione, dopo la lettura della Parola di Dio, sono state tratte dalla “Storia di un’anima” di Santa Teresa di Lisieux , vissuta tra il 1873 ed il 1897, entrata al Carmelo di Lisieux nel 1888, canonizzata nel 1925, quando la fama della sua santità era già sparsa nel mondo intero, proclamata Dottore della Chiesa Universale dal Beato Giovanni Paolo II, il 19 Ottobre 1997. E’ stata molto apprezzata la Via Crucis, ed ha visto la partecipazione di molti fedeli provenienti dalle tre parrocchie della Comunità Ec-

clesiale di Ravello. La Celebrazione è stata presieduta da Don Carmine, il quale ha letto la preghiera iniziale, ha concluso ogni Stazione ed ha impartito la Benedizione finale. In questa Via Crucis,le stazioni tradizionali sono state sostituite da altre, altrettanto significative: Gesù tradito da Giuda che trattiene Pietro dalla violenza; Gesù rinnegato da Pietro; Gesù che promette il suo Regno al buon ladrone,, per meglio interiorizzare le meditazioni di Santa Teresa. E’ stato un

momento di Grazia , ripercorrere la Via del Dolore di Gesù e poter riflettere sul suo Amore per noi e nello stesso tempo apprezzare la Spiritualità di Santa Teresa. I canti propri della Passione, la Parola di Dio, le preghiere,il Segno della Croce formato dai lumini accesi dai giovani della Comunità, ad ogni Stazione , la Croce disegnata sempre con i lumini accesi sulle scale del Duomo hanno creato un’atmosfera ricca di spiritualità e di interiorità che molto ha giovato a ciascuno per ben prepararsi a vivere il Triduo Pasquale e la Resurrezione del Signore. Nelle meditazioni di Santa Teresa si rie-

sce a comprendere come Ella, in risposta all’Amore Misericordioso di Gesù, abbia voluto rispondere con altrettanto Amore, donando tutta se stessa, amando immensamente il suo Sposo Gesù, accettando per Amore Suo le Consolazioni e le Gioie, ma anche i dolori, le tribolazioni e le umiliazioni. Ella fa trasparire il segreto della sua fede : “ una scienza dell’Amore appassionatamente ricercata e per la quale dare tutta se stessa”. Teresa ha messo al centro della sua vita le realtà essenziali della fede cristiana: al Mistero della vita trinitaria , ha unito come vertice l’Amore Misericordioso delle Tre Divine Persone, sorgente e culmine dell’esperienza di ogni cristiano di sentirsi “ figlio adottivo del Padre in Cristo Gesù ” . Riflettendo ancora sulle meditazioni di Teresa si riesce ad apprezzare la radicalità e la determinazione della sua fede che è stata capace di concepire un messaggio universale..Ella non smette di parlare agli uomini ed alle donne che si mettono in cerca di Dio: è loro compagna, maestra e guida verso quel Volto d’Amore del Dio di Gesù Cristo. Il Beato, Giovanni Paolo II, al termine della Giornata della Gioventù di Parigi nel 1997, infatti, ebbe a dire di Lei : “ l’insegnamento di Teresa, vera scienza dell’Amore, è l’espressione luminosa della sua conoscenza del Mistero di Cristo e della sua esperienza personale della grazia; Ella aiuta gli uomini e le donne di oggi ed aiuterà quelli di domani a meglio percepire i doni di Dio ed a diffondere la Buona Novella del suo Amore infinito”. Durante le Celebrazioni del Triduo Pasquale, senz’altro “ la scienza dell’Amore di Santa Teresa” , ci ha aiutato a comprendere che Gesù ha redento ciascuno di noi per Amore e che ognuno, come Teresa, può e deve corrispondere alla Misericordia Infinita della Tre Divine Persone, facendo la volontà di Dio, nella quotidianità della propria vita per percorrere un vero cammino di santità.

Giulia Schiavo


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UN CROCEFISSO CONTEMPORANEO PER IL MUSEO DI ARTE MODERNA DEL DUOMO DI RAVELLO Il prossimo 14 maggio, alle ore 11.30, nella Sala d’Arte Contemporanea della Pinacoteca del Duomo di Ravello, sarà ufficializzata la donazione della scultura Christus Patiens del maestro Carlo Previtali alla Collezione d’Arte Contemporanea del Duomo di Ravello. L’evento sarà presieduto da S.E. Rev.ma Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi – Cava de’ Tirreni, alla presenza di Mons. Giuseppe Imperato, Parroco del Duomo di Ravello, dell’artista Carlo Previtali che ha realizzato e donato l’opera, di Claudio Caserta, storico dell’arte e Direttore dei Musei del Duomo di Ravello, di Domenico Montalto, critico d’arte e giornalista e di Francesca Bianucci, curatrice di eventi d’arte. L’iniziativa è promossa e curata dalla Parrocchia Santa Maria Assunta del Duomo di Ravello e dall’Associazione per le Attività Culturali del Duomo di Ravello.L’evento è corredato da un catalogo edito da Lubrina Editore, in cui più voci si intrecciano, offrendo uno sguardo critico sfaccettato sull’opera dell’artista. All’interno della ricca produzione artistica di Carlo Previtali, l’arte sacra occupa un posto di indiscusso rilievo. Magistrale esemplificazione recente di questa sua ricerca espressiva è la scultura Christus Patiens che l’artista ha realizzato per essere collocata in permanenza nella Pinacoteca del Duomo di Ravello. Nell’intervista raccolta da Chiara Cinelli e pubblicata in catalogo, l’artista afferma: “Il Crocefisso è uno dei miei temi ricorrenti insieme alla Resurrezione e alla Natività, rappresenta un punto cardine sul quale si fondano i contenuti profondi del cristianesimo: sacrificio e speranza, dono della propria vita per i grandi ideali di Redenzione…. L’urgenza di affrontare il tema del Crocefisso è dovuta alla forte suggestione che questo luogo sacro in stile romanico ha suscitato in me. Ho intuito che poteva essere l’occasione per approfondire il tema del Cristo sofferente che, se pur affrontato molte volte, è sempre suscettibile di ulteriori approfondimenti”. Nel suo testo illuminato, S.E. Rev.ma Monsignor Orazio Soricelli dichiara:

“L’età contemporanea, con i suoi profondi e complessi disagi, ha reso ancor più attuale l’emergenza di riscoprire il Cristo che soffre in noi; ora in un tempio della Fede dal sentimento che procede oltre il tempo, quale il Duomo di Ravello, la “Crocefissione” di Carlo Previtali offre al pellegrino come all’agnostico il luogo del reincontro universale; e, forse, nel corso dell’ascolto di questo dialogo, ci accorgeremo di quanto quest’opera sia contemporanea al Cristo medioevale già nel transetto dell’antica Cattedrale di Ravello. Considerazioni, queste, che mi inducono a compiacermi per l’impegno profuso da quanti si sono prodigati per arricchire la collezione museale del Duomo e per aver suggerito, negli spazi dell’arte, ulteriori percorsi per la Fede”. Monsignor Giuseppe Imperato sottolinea: “La Chiesa di Ravello, che sin dalla sua fondazione nel sec. XI, in epoca basso medievale, ha perseguito l’obiettivo di diffondere la Fede attraverso l’arte, grazie alla dotta committenza del tempo (il Vescovo ed il Capitolo cattedrale) supportata dalle devote, ricche e potenti famiglie della nobiltà cittadina, oggi, con l’articolazione di una sezione d’arte contemporanea del Museo del Duomo, ospitata nell’aula vestibolare della Pinacoteca, accoglie la Crocefissione di Carlo Previtali, una scultura dal possente sentimento espressionista che inserisce l’uomo, scarnificato dal dolore, all’interno dell’arcana, incancellabile, drammatica storia salvifica che vede Dio farsi Uomo in Gesù Cristo”. Nel suo testo in catalogo, Monsignor Prof. Americo Ciani, già Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana e Canonico della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in Roma, esalta la capacità, propria dell’opera del maestro bergamasco, di rivelare il mistero cristiano: “Il Crocefisso dello scultore Carlo Previtali è un’opera d’Arte cristiana, capace di esprimere quel mistero di comunione con lo Spirito che è accolto dall’osservatore, in funzione della sua

disponibilità all’ascolto; è una vera opera d’arte che ci afferra, ci impegna, ci sfida, ci spinge verso nuovi orizzonti, verso un mondo nuovo, ci conduce verso il mistero di Cristo”. Domenico Montalto, profondo conoscitore del percorso artistico di Carlo Previtali, afferma: “In questo meditato lavoro del maestro di Grumello, il Cristo appare

in scala al naturale, quasi senza braccia se non per due residuali tronconi, simile a un antico, rovinato reperto medievale. Il grande corpo divino, smagrito, allungato, slogato, stirato ben oltre i canoni della verosimiglianza, trasmette l’idea di un patimento, di uno strazio e spasimo fisico estremo, tale da prosciugare completamente le forze del condannato, sollecitando la compassione dello spettatore, che diviene egli stesso compagno di scena e orante, come in una sacra rappresentazione. Il capo reclinato sul petto, gli occhi chiusi, l’espressione di abbandono


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alla morte rievocano – attualizzandola nel sentimento e nella forma – la duratura tipologia duecentesca del Christus Patiens, di derivazione bizantina e francescana, dove Gesù viene raffigurato appunto morente o addirittura già morto, nel supremo momento redentivo in cui “tutto è compiuto”.Ad arricchire ulteriormente i contributi del catalogo, si aggiunge il testo di Lanfranco Ravelli, che si sofferma in particolare sulla tecnica “raku”, di cui Previtali è un riconosciuto maestro:“La tecnica impiegata, di matrice orientale, va sotto il nome di “raku”, modalità di seconda cottura qui trattata “a nudo”, ossia non coperta da smalti ma da ingobbi colorati; attraverso tale procedimento, che rievoca l'alchimia, l'artista perviene ad esiti di estrema tensione drammatica, dove aleggiano testimonianze scultoree che attraversano, in ideale abbraccio, le espressioni artistiche fiorite tra l'antichità classica e il '300”. Francesca Bianucci, nel suo testo introduttivo in cui racconta la genesi della donazione, afferma: “Di fronte al Cristo crocefisso di Previtali tornano alla mente le parole di Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera agli artisti del 1999: “A contatto con le opere d’arte, l’umanità di tutti i tempi — anche quella di oggi — aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino”. L’ARTISTA Carlo Previtali è nato a Bergamo nel 1947. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico, si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano diplomandosi nel 1975 alla scuola di scultura di Alik Cavaliere. Nel 1981 si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Milano. La sua attività d’insegnamento si è concentrata a Bergamo quale docente di discipline plastiche presso l’Istituto d’Arte “Andrea Fantoni”, l’Accademia di Belle Arti “Carrara”, il Liceo Artistico di Bergamo e poi di Lovere (Bg).La sua attività espositiva ha inizio negli anni sessanta con la partecipazione ad alcuni concorsi a cui seguono mostre collettive e personali, sia in spazi pubblici che privati, e partecipazioni alle più importanti fiere d’arte d’Italia. Fra le collettive più recenti si ricordano: “Tetralogia della natura”, un percorso di più esposizioni dedicato ai quattro elementi della natura

presso la Galleria Marieschi di Milano; “Il corpo e lo sguardo” presso lo Young Museum, Centro Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Revere (Mn); “Viaggio attraverso la ceramica grottesca” al Decennale del Premio Internazionale di Vietri sul Mare (Sa), a cura di Enzo Biffi Gentili; “XII Biennale d’Arte Sacra” organizzata dalla Fondazione Stauros Italiana Onlus a San Gabriele Isola del Gran Sasso (Tr) e “La nave dei folli” presso il complesso dell’Oratorio dei Disciplini di Clusone (Bg). Si segnalano inoltre esposizioni organizzate presso: Galleria ArsMedia di Bergamo, Galleria d’Arte Teche Contemporanea di Montelupo Fiorentino (Fi), Galleria Della Pina Arte Contemporanea di Pietrasanta (Ms), Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Gabriele Cappelletti a Milano.Tra le personali: “Il dramma della Passione di Cristo” interamente dedicata all’arte sacra tenutasi a San Giovanni Bianco (Bg) così come quella allestita nello scurolo della Parrocchiale di Vedeseta (Bg); “Il mito e la maschera” presso la Galleria ArsMedia di Bergamo; “Sculture” alla Galleria Pettinato di Roma; “Anime di terra” allestita presso la Libreria Bocca di Milano e “Mondo magico” tenutasi a Brescia nella sala Ss. Filippo e Giacomo e a Bergamo in sala Manzù con il patrocinio della Provincia , a cura di Fernando Noris. Nel 2002 ha ricevuto il primo premio per la scultura alla II Rassegna di Arte Sacra “Pulchra Ecclesia” di Montichiari (Bs), nel 2006 ha ricevuto il “Premio Ulisse” alla carriera conferito dalla Provincia di Bergamo agli scultori del territorio, nel 2008 ha presentato in sala Viterbi con il Patrocinio della Provincia di Bergamo, il volume monografico “Carlo Previtali sculture” a cura di Domenico Montalto ed edito da Skira.Hanno scritto di lui: Lino Lazzari, Barbara Mazzoleni, Lanfranco Ravelli, Alberto Agazzani, Giovanni Serafini, Orietta Pinessi, Flavio Arensi, Enzo Biffi Gentili, Mauro Corradini, Fausto Lorenzi, Fernando Noris, Elisabetta Calcaterra, Isabella de Stefano, Marina Panetta, Americo Ciani, Andrea D’Agostino, Claudio Caserta, Chiara Cinelli, Antonia Abbattista Finocchiaro e Domenico Montalto critico e curatore di numerose esposizioni dello scultore.

TERZA DOMENICA DI MAGGIO 350° anniversario della traslazione della reliquia del sangue di S. Pantaleone nella nuova Cappella

1661 - 2011

Il 16 maggio prossimo la Chiesa di Ravello ricorderà i 350 anni della traslazione della reliquia del sangue di S. Pantaleone dall’antica finestra a sinistra dell’altare maggiore alla cappella che attualmente la conserva. Era il 16 maggio 1661, infatti, quando il Soprintendente Apostolico per la Diocesi di Ravello – Scala, Onofrio De Ponte, Vescovo di Lettere, insieme al Capitolo, al Clero diocesano e all’intero governo della Città di Ravello, con una solenne celebrazione, al canto del Deus Tuorum Militum, collocavano per sempre l’insigne reliquie nel luogo dove oggi si custodisce. Quell’evento ebbe inizio il giorno precedente, Domenica 15 maggio, quando la reliquia venne portata processionalmente per le vie della città, con la partecipazione di una gran moltitudine di fedeli. Da allora, a ricordo perpetuo dell’evento, la comunità ravellese celebrò il santo Patrono anche la terza domenica di maggio, nella festa che comunemente chiamiamo “San Pantaleone di maggio”.


CELEBRAZIONI DEL MESE DI MAGGIO GIORNI FERIALI, PREFESTIVI E FESTIVI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa

5- 12 - 19-26 MAGGIO: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa 1 MAGGIO - II DOMENICA DI PASQUA Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 8 MAGGIO - III DOMENICA DÌ PASQUA Ore 8.00-19.00: Sante Messe Ore 10.30: Inizio del Rosario 11.15: Santa Messa e recita della Supplica alla B.V. del SS. Rosario di Pompei

15 MAGGIO - IV DOMENICA DI PASQUA FESTA DELLA TRASLAZIONE DELLA RELIQUIA DEL SANGUE DI S. PANTALEONE NELLA NUOVA CAPPELLA INIZIO DELLA SETTIMANA DI CELEBRAZIONI PER IL 350° ANNIVERSARIO DELL’ EVENTO Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 16 –21 MAGGIO PREPARAZIONE COMUNITARIA AI FESTEGGIAMENTI CON LA PARTECIPAZIONE DEI GRUPPI ECCLESIALI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa 22 MAGGIO: V DOMENICA DI PASQUA CONCLUSIONE DELLE CELEBRAZIONI CENTENARIE Ore 8.00-10.30: Sante Messe 19.00: Processione con la statua di S. Pantaleone Celebrazione della Santa Messa al rientro della processione 29 MAGGIO - VI DOMENICA DI PASQUA Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 31 MAGGIO - VISITAZIONE DELLA B.V. MARIA SOLENNE CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO

Ore 18.30: Santo Rosario

Ore 19.00: Santa Messa e Processione con la statua della B.V. del SS. Rosario di Pompei


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