Incontro di Febbraio 2013

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Per una Chiesa Viva Anno IX - N. 1 – Febbraio 2013 www.chiesaravello.it

P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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"No, non finiremmo mai di parlare di Gesù" Nell’Anno della fede che stiamo celebrando ci sembra utile riprendere di seguito il toccante, entusiastico e forte richiamo alla centralità di Gesù nella vita dell’uomo e della storia che possiamo leggere nel testo della prolusione pronunciata dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana ed arcivescovo di Genova, in occasione dell’apertura del Consiglio Permanente della CEI, che si è svolto a Roma dal 2831Gennaio. “Siamo ancora avvolti dall’ala del Natale, mistero di sconfinata delicatezza e insieme di vigorosa scossa: «Abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare in noi? Abbiamo tempo e spazio per Lui? […] La questione che riguarda Lui non sembra mai urgente. Il nostro tempo è già completamente riempito. Ma le cose vanno ancora più in profondità. Dio ha veramente un posto nel nostro pensiero?» (Benedetto VI, Omelia della Messa di Mezzanotte, 24 dicembre 2012). Non è una domanda che ci poniamo di passaggio, essa ha ruolo centrale e definitivo nella nostra esistenza: quanto il recente Natale ci ha spinto a purificare il nostro sguardo, a riconsiderare le nostre priorità, a scuotere stanchezze, ad affinare i nostri pensieri sulla verità di Cristo? Nell’aula del Sinodo – esperienza di Pentecoste – è risuonata dall’intero Orbe che anche nell’irrinunciabile compito di annunciare il Vangelo, prima di ogni altra considerazione, è Lui che dobbiamo guardare sempre di nuovo; Lui, la lieta notizia e l’annunciatore primo, la verità e il maestro, il seme e il seminatore. Fa parte «del diventare cristiani l’uscire dall’ambito di ciò che tutti pensano e vogliono, dai criteri dominanti, per entrare nella luce della verità del nostro essere e, con questa luce, raggiungere la vita giusta» (J. Ratzinger-Benedetto XVI, L’infanzia di

Gesù, Rizzoli-Editrice Vaticana 2012, pag. 80). In Gesù vi è, infatti, il segreto di ogni metodo e di ogni vera efficacia: Lui, Gesù, è la Luce vera che viene nel mondo, il Figlio del Dio vivente, il Rivelatore del Dio invisibile, il Prototipo dell’umanità, il Centro della storia e del mondo, la Meta del nostro cammino, il compagno di strada, l’Amico indefettibile, il Sostegno sorprendente, il Conforto risanatore, la Speranza affidabile, Egli è la nostra

ineffabile gioia! Sì, benché nessuno possa negare che siamo dentro a un travaglio storico delicatissimo e intricato, noi sappiamo di poterci affidare alla gioia. Una gioia che reinterpreta e ricolloca le angosce, gioia che spoglia le apparenze e aiuta a riconoscere la vera consistenza dei virgulti positivi che il nostro tempo genera. Gioia che non è solo un sentimento, una fragile emozione: è una Persona. Lui è tutta la nostra gioia, nel senso che le ricapitola tutte, condensandole in Sé. No, non finiremmo mai di parlare di Gesù. E se anche stasera o domani, nell’opinione pubblica

echeggeranno solo alcune delle nostre parole, e non precisamente queste – forse perché ritenute ovvie, di maniera, persino scontate –, si sappia però che è questo, è Gesù Cristo che noi vogliamo porgere, il Suo nome far risuonare. Non è vero che a noi interessa far politica, noi vogliamo dire Gesù. Uomini e donne che ci ascoltate, qualunque sia la vostra interiore convinzione, noi Pastori abbiamo da dirvi una parola antica che si affida alla nostra povera voce, ma che fa eco a quella poderosa dei secoli: «l’Infinito fatto bambino, è entrato nella nostra umanità» (Benedetto XVI, Messaggio Urbi et Orbi, 25 dicembre 2012), cioè ha fatto qualcosa di non immaginabile, ha compiuto l’impossibile, e comunque qualcosa che va al di là dell’umana comprensione. Eppure, questa Onnipotenza d’amore ha scelto di non imporsi alla nostra libertà, ma solo di offrirsi. Egli non vuole «entrare nel mio cuore se non apro io la porta» (ib). Sì, Porta fidei, è ciò che cercheremo di sperimentare in quest’anno di grazia, sperimentare nella gioia (cfr Paolo VI, Gaudete in Domino, 1975)! C’è una diffusa mestizia, che si tenta di attenuare con il chiasso e il rumore, ma Lui – inesorabile nel suo amore – sta alla porta e bussa (cfr Ap 3,20), e ognuno deve decidere se aprirgli, deve soppesare la convenienza anche umana del credere in Lui: «Potremmo rimanere spaventati, davanti a questa nostra onnipotenza alla rovescia. Questo potere dell’uomo di chiudersi a Dio». Abituati a trattare con un altro genere di prodigi – della scienza e della tecnica – o con un altro tipo di poteri – politici o giudiziari – potremmo forse non cogliere subito l’assoluta novità di questo impareggiabile Prodigio, di questa ineguagliabile Onnipotenza.

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Segue dalla prima pagina L’«ignoranza pratica» circa la fede (Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi francesi,30 novembre 2012) troppo spesso ci ottunde e devìa. Attenzione, però; chinandosi, Dio ci provoca, ci sfida amorevolmente a cogliere il vuoto diffuso attorno a noi e dentro di noi, «ma è proprio a partire da questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne» (Benedetto XVI, Omelia per l’Apertura dell’Anno della Fede, 11 ottobre 2012). Un germoglio di eternità possiamo impiantare nell’umana gestazione della vita, scenario impensabile, soprassalto di orgoglio: è un Miracolo quello che abbiamo tenuto tra le mani a Natale, miracolo che ora dobbiamo vivere perché fiorisca il deserto”.

nosciamo Abramo come nostro padre nella fede, ma con Gesù non c’è confronto: Egli stesso, discutendo con i farisei, disse che Abramo «vide il suo giorno e se ne rallegrò», perché «prima che Abramo fosse, io sono» (Gv 8,56.58). È dunque vero che la fede si fonda sulla benedizione ricevuta da Abramo per la sua obbedienza e la sua disponibilità al sacrificio, ma questo è appena paragonabile con l’obbedienza e il sacrificio di Gesù «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8): è in Lui che abbiamo ogni benedizione ed è nel suo sangue che abbiamo la redenzione (Ef 1,3.7). Comprensibile la gioia di Abramo nel vedere il suo giorno! La mediazione di Gesù è poi speciale, perché Egli non rappresenta una delle molte parole di Dio, ma è la Parola stessa

A cura di Don Giuseppe Imperato

La fede di Gesù e la fede in Gesù La nostra fede trova il suo fondamento primo e ultimo in Gesù: nella sua esperienza di Dio facciamo esperienza di Dio, nel suo essere il Figlio anche noi maturiamo come figli. Egli è infatti, come dice il Concilio, «mediatore e pienezza di tutta la rivelazione» (DV 2), ed è anche, come si legge nella Lettera agli Ebrei, «l’autore e il perfezionatore della fede» (Eb 12,2). “Mediatore”, “pienezza”, “autore”, “perfezionatore”: su queste quattro parole, così dense e solenni, imposteremo la nostra quarta catechesi. Gesù ci apparirà come il tutto della nostra fede: è Lui che ne dice la verità e ne offre la realizzazione, che ne sta all’inizio e ne rappresenta il compimento; è Lui che dischiude le verità della fede e rende possibile l’atto di fede, che ci dona la fede come dono divino in modo tale che sia al tempo stesso un atto umano (CCC 153-154); è Lui che ci salva dal male e ci dona la vita eterna, ci fa conoscere Dio e operare in lui, perché «la fede è una sola, ma di duplice genere: non riguarda soltanto i dogmi, ma è causa di prodigi» (Cirillo di Gerusalemme).Gesù è fondamento della fede perché è anzitutto il perfetto Mediatore della rivelazione. È vero che noi credenti rico-

di Dio: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei pro-feti, ultimamente, in questi giorni, ci ha parlato per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Gesù non porta soltanto notizie su Dio, ma è l’esprimersi stesso di Dio, e non in forma parziale, ma definitiva: «Cristo è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella… Dio, attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, non dice che una sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente» (CCC 65.102). La nostra fede non è in questo senso un’ideologia o una morale, ma una persona e un incontro, e non dà luogo solo a idee e imprese, ma anzitutto a un rapporto d’amore. La fede è un legame personale, filiale, nuziale: nella fede incontriamo le persone divine, veniamo generati da Dio, impariamo a corrispondere a Dio! In questo senso si comprende che Gesù non è solo il mediatore della rivelazione, ma anche la sua Pienez-

za, precisamente Mediatore in quanto Pienezza. Il motivo è quello che il Concilio ha ben espresso dicendo che Gesù, Verbo fatto carne, «fu mandato come “uomo agli uomini” e “parla le parole di Dio”» (DV 4). Significa che essendo veramente Figlio di Dio e veramente Figlio dell’uomo, Gesù è il rivelatore e il rivelato, il messaggero e il messaggio, colui che annuncia il Regno e il Regno stesso nella sua persona, colui che suscita la fede e il suo contenuto fonda-mentale. Credere in Dio è dunque inseparabilmente credere in Gesù. Molte le espressioni di Gesù a riguardo: «questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (Gv 6,29), e perciò «abbiate fede in Dio e abbia-te fede anche in me» (Gv 14,1), perché «chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato» (Gv 12,44-45). In altre parole, Gesù è la pienezza della fede, e proprio così il mediatore, perché fra Lui e il volto paterno di Dio, così come fra Lui e il vero volto dell’uomo, non c’è alcuno stacco, ma solo una felice corrispondenza. La sua pretesa è infatti letteralmente inaudita: «chi vede me vede il Padre» (Gv 14,9), perché «io e il Padre siamo una cosa so-la» (Gv 10,30), e perché «il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa» (Gv 5,19). È proprio l’identità filiale di Gesù, che porta in sé e porta a noi la sostanza del Padre, il motivo per cui Benedetto XVI insiste sull’unità profonda fra i contenuti della fede e l’atto della fede. Se la fede va sempre insieme «professata, celebrata, vissuta e pregata», e sempre alimentata «con la Parola di Dio e il Pane di vita» (Porta fidei, 9.1), è perché le verità della fede coincidono con la coscienza che ne ha Gesù, il quale davvero è per noi «via, verità e vita», cosicché nessuno può giungere al Padre se non attraverso Lui (Gv 14,6): è dunque stringendo un legame più forte con Lui che comprenderemo meglio le verità della fede, le loro ragioni e le loro profondità. Siamo ora in grado di comprendere il senso e la densità dell’affermazione secondo lcui Gesù è “autore e perfezionatore” della fede. Che Gesù sia Autore della fede significa che il rapporto fra Gesù e la nostra fede non è in alcun modo esteriore. Dal punto di vista del Figlio significa sottolineare il realismo


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della sua Incarnazione: Egli è autore della fede perché la realizza in maniera singolare e insuperabile nella sua umanità. Dal nostro punto di vista significa dare risalto alla comunione vitale con Gesù: credere è partecipare alla conoscenza e all’amore del Figlio nei confron-ti del Padre, alla sua obbedienza e alla sua confidenza. Credere in Gesù ha dunque un significato pregnante: vuol dire credere “per Cristo, con Cristo e in Cristo”, innestati nel suo perfetto affidamento al Padre e nel suo abbandono fiducioso alla Sua volontà. Che la fede cristiana sia un innesto nella “fede” di Cristo è reso evidente dalla forma di discepolato che l’annuncio del Vangelo ha assunto fin dalle origini, e soprattutto dalla forma sacramentale che ha assunto dalla Pasqua in avanti: davvero nella fede non si tratta anzitutto di sapere e di fare, ma di lasciarsi attirare nella vita di Gesù e di fare comunione con Lui. Per questo la fede ha la forma di un itinerario: credere è incontrare Gesù, ascoltare e accogliere il suo annuncio, conoscerlo e amarlo seguendone le orme, lasciarsi conformare a Lui e rivestire i suoi sentimenti, immergersi nella sua morte e risurrezione, partecipare al suo sacrificio e alla sua gloria, alla sua umiltà e alla sua autorità, essere e rimanere suoi discepoli e diventare suoi coraggiosi testimoni. Ma Gesù è infine il Perfezionatore della fede, colui che la porta a piena maturità. Qui la nostra ammirazione e la nostra gratitudine per Gesù deve toccare il vertice, perché davvero, come dice con commozione la Lettera agli Ebrei invitando a tener ferma la propria professione di fede, «non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). Infatti Gesù, per obbedienza al Padre e per amor nostro, ha voluto attraversare e lasciarsi attraversare da tutta la nostra fragilità di creature, farsi carico della nostra debolezza nel fare il bene, della nostra vulnerabilità alle tentazioni, del poco coraggio a credere fino in fondo, della paura di fronte al dolore e alla morte, della poca coscienza di quanto il peccato sia per noi distruttivo e mortale. Ed ecco allora che accade l’impensabile! La sua già perfetta obbedienza di Figlio viene perfezionata e coronata dalla sua

sofferenza, ma proprio così rende anche noi capaci non solo di entrare nella fede, ma di viverla fino in fondo, non solo di lasciarsi riscattare dal suo preziosissimo sangue, ma di collaborare al riscatto di altri, dovesse costarci il sangue: «proprio per questo, nei giorni della sua vita terrena, egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,7-9). È grazie a questa estrema obbedienza di Gesù, che ogni credente potrà affrontare vittoriosamente ogni preoccupazione, ogni prova, ogni dolore. Come vivere l’insegnamento di questo mese? Anche questa volta due suggerimenti, uno per la preghiera, un altro per l’apostolato: in breve, contemplare e comunicare il volto di Gesù. Se credere è immedesimarsi con il Signore Gesù, allora il primo compito, che nella vita cristiana dovrebbe essere permanente, è quello di «tenere lo sguardo fisso su Gesù» (Eb 12,2). La Parola di Dio dell’Avvento e del Natale darà il ritmo alla nostra attesa di Gesù, al nostro incontro con Lui, farà crescere la nostra sensibilità ad ogni forma di venuta del Signore: la sua venuta nella car-ne, nella contemplazione dei misteri della sua vita in compagnia di Maria nel Rosario; la sua continua venuta eucaristica, procurando di fare bene e frequentemente la Comunione; la sua venuta nella Gloria, preparando una buona Confessione natalizia come se dovessimo presentarci davanti a Gesù nell’ora della morte. Se la fede si accende nell’incontro con Gesù, parleremo di Gesù a tutti, lo additeremo come esempio ai figli e agli amici, indicheremo o offriremo occasioni di incontro e di meditazione del Vangelo.

Di seguito pubblichiamo il testo del Messaggio per la 35a Giornata Nazionale per la vita (3 febbraio 2013) della Conferenza Episcopale Italiana. «Al sopravvenire dell’attuale gravissima crisi economica, i clienti della nostra piccola azienda sono drasticamente diminuiti e quelli rimasti dilazionano sempre più i pagamenti. Ci sono giorni e notti nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza». In molti, nell’ascoltare la drammatica testimonianza presentata da due coniugi al Papa in occasione del VII Incontro Mondiale delle famiglie (Milano, 1-3 giugno 2012), non abbiamo faticato a riconoscervi la situazione di tante persone conosciute e a noi care, provate dall’assenza di prospettive sicure di lavoro e dal persistere di un forte senso di incertezza. «In città la gente gira a testa bassa – confidavano ancora i due –; nessuno ha più fiducia di nessuno, manca la speranza». Non ne è forse segno la grave difficoltà nel “fare famiglia”, a causa di condizioni di precarietà che influenzano la visione della vita e i rapporti interpersonali, suscitano inquietudine e portano a rimandare le scelte definitive e, quindi, la trasmissione della vita all’interno della coppia coniugale e della famiglia? La crisi del lavoro aggrava così la crisi della natalità e accresce il preoccupante squilibrio demografico che sta toccando il nostro Paese: il progressivo invecchiamento della popolazione priva la società dell’insostituibile patrimonio che i figli rappresentano, crea difficoltà relative al mantenimento di attività lavorative e imprenditoriali importanti per il territorio e paralizza il sorgere di nuove iniziative.

Don Roberto Carel

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“Generare la vita vince la crisi”


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valore della persona e della vita umana, intangibile fin dal concepimento; il primato della persona, infatti, non è stato avvilito dalla crisi e dalla stretta economica. Al contrario, la fattiva solidarietà manifestata da tanti volontari ha mostrato una forza inimmaginabile. Tutto questo ci sprona a promuovere una cultura della vita accogliente e solidale. Al riguardo, ci sono rimaste nel cuore le puntuali indicazioni con cui Benedetto XVI rispondeva alla coppia provata dalla crisi economica: «Le parole sono insufficienti… Che cosa possiamo fare noi? Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie potrebbero aiutare. Che realmente una famiglia assuma la responsabilità di aiutare un’altra famiglia» (Intervento alla Festa delle testimonianze al Parco di Bresso, 2 giugno 2012). La logica del dono è la strada sulla quale si innesta il desiderio di generare la vita, l’anelito a fare famiglia in una prospettiva feconda, capace di andare all’origine – in contrasto con tendenze fuorvianti e demagogiche – della verità dell’esistere, dell’amare e del generare. La disponibilità a generare, ancora ben presente nella nostra cultura e nei giovani, è tutt’uno con la possibilità di crescita e di sviluppo: non si esce da questa fase critica generando meno figli o peggio ancora soffocando la vita con l’aborto, bensì facendo forza sulla verità della persona umana, sulla logica della gratuità e sul dono grande e unico del trasmettere la vita, proprio in un una situazione di crisi. Donare e generare la vita significa scegliere la via di un futuro sostenibile per un’Italia che si rinnova: è questa una scelta impegnativa ma possibile, che richiede alla politica una gerarchia di interventi e la decisione chiara di investire risorse sulla persona e sulla famiglia, credendo ancora che la vita vince, anche la crisi.

A fronte di questa difficile situazione, avvertiamo che non è né giusto né sufficiente richiedere ulteriori sacrifici alle famiglie che, al contrario, necessitano di politiche di sostegno, anche nella direzione di un deciso alleggerimento fiscale. Il momento che stiamo vivendo pone domande serie sullo stile di vita e sulla gerarchia di valori che emerge nella cultura diffusa. Abbiamo bisogno di riconfermare il valore fondamentale della vita, di riscoprire e tutelare le primarie relazioni tra le persone, in particolare quelle familiari, che hanno nella dinamica del dono il loro carattere peculiare e insostituibile per la crescita della persona e lo sviluppo della società: «Solo l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’“io” a se stesso» (BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010). Quest’esperienza è alla radice della vita e porta a “essere prossimo”, a vivere la gratuità, a far festa insieme, educandosi a offrire qualcosa di noi stessi, il nostro tempo, la nostra compagnia e il nostro aiuto. Non per nulla San Giovanni può affermare che «noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1Gv 3,14). Troviamo traccia di tale amore vivificante sia nel contesto quotidiano che nelle situazioni straordinarie di bisogno, come è accaduto anche in occasione del terremoto che ha colpito le regioni del Nord Italia. Accanto al dispiegamento di sostegni e soccorsi, ha riscosso stupore e gratitudine la grande generosità e il cuore degli italiani che hanno saputo farsi vicini a chi soffriva. Molte persone sono state capaci di dare se stesse testimoniando, in forme diverse, «un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza» (BENEDETTO XVI, Discorso nel Teatro alla Scala di Milano, 1° giugno 2012). In questa, come in Roma, 7 ottobre 2012 tante altre circostanze, si riconferma il Memoria della Beata Vergine del Rosario

Non bisogna separare fede e carità

Tra fede e carità non c'è separazione o contrasto. Perché nella vita cristiana "tutto parte dall'Amore e tende all'Amore", spiega il Papa nel messaggio per la Quaresima, reso noto stamane, venerdì 1° febbraio. "L'amore gratuito di Dio scrive il Pontefice - ci è reso noto mediante l'annuncio del Vangelo. Se lo accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino capace di farci "innamorare dell'Amore", per poi dimorare e crescere in questo Amore e comunicarlo con gioia agli altri". In questa prospettiva il servizio al prossimo non è "un comandamento per così dire imposto dall'esterno", ma piuttosto "una conseguenza derivante dalla fede che diventa operante nell'amore". Un atteggiamento che nei cristiani scaturisce essenzialmente "dalla coscienza di essere amati, perdonati, addirittura serviti dal Signore". Risulta chiaro, dunque, che "non possiamo separare o, addirittura, opporre fede e carità". Si tratta di due virtù teologali "intimamente unite"; ed "è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una "dialettica"". Per "una sana vita spirituale" - avverte Benedetto XVI è necessario perciò rifuggire sia dal "fideismo", che insistendo sulla priorità della fede finisce quasi per "disprezzare le concrete opere della carità", sia dall'"attivismo moralista", che in nome di "un'esagerata supremazia della carità" alimenta l'errata convinzione che "le opere sostituiscano la fede". "Nella Chiesa contemplazione e azione devono coesistere e integrarsi" ricorda il Pontefice. Anche se - aggiunge - "la priorità spetta


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sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede". A questo proposito Benedetto XVI mette in guardia dalla tentazione di "circoscrivere il termine "carità" alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario". In realtà, ricorda, la "massima opera di carità è proprio l'evangelizzazione, ossia il "servizio alla Parola"", che costituisce "la più alta e integrale promozione della persona umana". In conclusione il Papa raccomanda di vivere la Quaresima come tempo propizio per riscoprire il giusto rapporto tra fede e carità. Essa infatti - scrive - "ci invita ad alimentare la fede attraverso un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, nello stesso tempo, a crescere nella carità, nell'amore verso Dio e verso il prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza e dell' elemosina". Fonte: “Osservatore Romano”

Va’ ed anche tu fa lo stesso L’11 febbraio, 2013, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà presso il Santuario della Beatissima Vergine delle Grazie ad Altötting, in Baviera, la XXI Giornata Mondiale del Malato. Per l’occasione il Santo Padre ha scritto il suo Messaggio ispirandosi “alla figura evangelica del Buon Samaritano” per accompagnarci come Egli scrive, nel “pellegrinaggio spirituale che da Lourdes, luogo simbolo di speranza e di grazia, ci conduce verso il Santuario di Altötting”. Attraverso la Parabola del Buon Samaritano, narrata da San Luca, Gesù vuole “ far comprendere l’Amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nella sofferenza”. Inoltre, il Santo Padre ci invita a riflettere come Gesù con le parole conclusive della Parabola: “ Va ed anche tu fa’lo stesso” ci indica “l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura”. Le parole conclusive della Parabola sono anche alla base del nostro Piano Pastorale Diocesano ed è per questo che ogni mese riceviamo nelle

nostre case il Messaggio del Vescovo che ci invita alla solidarietà e “a “attingere” come ci ricorda anche Papa Benedetto “all’Amore infinito di Dio, attraverso la preghiera, per avere la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse.” L’atteggiamento di cui parla Gesù non riguarda solo gli operatori pastorali e sanitari, ma tutti, anche gli stessi ammalati i quali possono vivere la loro condizione in una prospettiva di fede .I Padri della Chiesa hanno visto Gesù come Buon Samaritano, e l’umanità sofferente e ferita dal proprio peccato nell’uomo colpito dai briganti . Gesù, il Figlio di Dio è Colui che rende presente l’Amore fedele eterno e senza confini del Padre; Cristo come ci ricorda San Paolo nella Lettera ai Filippesi è Colui che si è spogliato del “ Suo Abito Divino” e ha abbandonato la “Sua Condizione Divina” , per assumere forma umana e per accostarsi al dolore e alla sofferenza dell’uomo, per portare speranza e luce e per versare, pieno di misericordia ,l’olio della consolazione. Gesù “ha sempre compassione verso coloro che soffrono, si spinge così lontano che Egli si identifica con i sofferenti: “ ero malato e mi avete visitato “(Mt25,36) ,la sua predilezione per gli infermi lungo i secoli non è mai cessata, attraverso la Chiesa ,comunità di cristiani, membra del Suo Corpo Cristo si è reso sempre presente verso gli ammalati per cercare di lenire e di consolare . Il Santo Padre, nel Messaggio, ci invita, nell’Anno della Fede a riscoprire e a intensificare nelle nostre comunità “la dia-

conia della carità “ per essere buon samaritano verso chi ci sta accanto. Egli fa riferimento ad alcune figure tra le innumerevoli, nella storia della Chiesa che hanno aiutato con il loro esempio i malati a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale e tutti i battezzati a mettersi al fianco di coloro che soffrono, pregando con loro e per loro impegnandosi a lenire le pene : Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo , il Venerabile Luigi Novarese, Raul Follereau ,la Beata Teresa di Calcutta, Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten . Benedetto XVI, inoltre riferendosi al Vangelo , fa riferimento alla figura che più di tutti non ha mai perso la speranza della vittoria di Dio sul male ,sul dolore, sulla morte : la Beata Vergine Maria “ che ha seguito il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota, Ella ha saputo accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore, il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce.” Il messaggio di vicinanza allora per tutti gli ammalati della nostra Comunità Ecclesiale a sentirsi sempre più uniti a Cristo e al Suo Amore ,vogliamo estenderlo così come suggerisce il Santo Padre, con le parole dei Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II:” Non siete né abbandonati, né inutili : voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine “ ( Messaggio ai poveri ed ai sofferenti). A tutti i battezzati invece , un invito a non volgere lo sguardo altrove ,con indifferenza, così come il levita ed il sommo sacerdote della Parabola del Buon Samaritano, ed avere un cuore aperto e solidale alle sofferenze altrui, così come ci hanno insegnato Gesù, la Vergine ed i Santi . “ Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.” ( Gv13,35).

Giulia Schiavo


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Cristo, Luce delle genti Con la Solennità dell’Epifania del Signore si completa la celebrazione del mistero dell’ Incarnazione. Secondo un errato proverbio popolare “L’Epifania tutte le feste porta via”. E’ un proverbio che non rispecchia, infatti, la verità, almeno dal punto di vista teologico e liturgico. Non a caso, proprio nella Solennità dell’Epifania, dopo la proclamazione del Vangelo, si canta l’Annuncio della Pasqua. Quindi, se da un lato completa, come abbiamo detto all’inizio, il mistero dell’Incarnazione, dall’altro ci proietta verso il grande mistero della Pasqua. Purtroppo, come già per il Natale, anche la solennità del 6 gennaio rischia di cadere sotto i colpi di un consumismo sfrenato che l’abbina alla befana o, peggio ancora, alla serata conclusiva della Lotteria Italia che, peccando di pessimismo, credo sia uno dei motivi per i quali si ricorda, anche tra i credenti, questo particolare giorno del primo mese dell’anno. Basta dare un’occhiata ai giornali la mattina del sette gennaio per vedere quanto spazio viene riservato alla celebrazione della Messa e al messaggio del Papa e quanto ai ”fantastici” biglietti venduti in tutta la Penisola che, in misura maggiore o minore, cambiano la vita di una persona o di una famiglia. Anche per l’Epifania i credenti sono chiamati ad essere “segno di contraddizione”, in quanto devono sforzarsi e adoperarsi per far comprendere in un contesto storico-culturale sempre più complesso quale sia il vero dono, ossia Gesù Cristo, luce del mondo, dal quale dovremmo lasciarci guidare e illuminare. Il rischio anche e soprattutto per noi credenti è proprio quello di seguire altre stelle, altre comete che non si fermano là dove “era il Bambino con sua Madre”e spesso ci portano a seguire Erode e non i Magi. Sarebbe interessante fare una sorta di esame di coscienza per verificare in che maniera ognuno di noi ha pregato, celebrato e vissuto il mistero del Natale completatosi nell’Epifania. Un aiuto per viverlo bene ci è stato dato senza dubbio dalle celebrazioni che si sono svolte nelle singole chiese. Per le stesse motivazioni

evidenziate nell’articolo “Il Natale nell’Anno della Fede”, pubblicato nel precedente numero di “Incontro”, possiamo limitarci a fare la cronaca delle celebrazioni liturgiche che si sono tenute in Duomo. Non voglio ripetermi,ma sarebbe opportuno in questo Anno della Fede gettare le basi per una Pastorale comune che veda in alcuni momenti dell’anno liturgico, e non solo nei funerali, una comunità unita, guidata dai suoi pastori, riunita per rendere lode al Signore e celebrare magari una sola Messa, come auspicava a suo tempo mons. Beniamino Depalma, anziché tante messe. Quelle tante messe che, talvolta, obbediscono alle richieste dei singoli, a volte anche

giovani, di avere a disposizione una celebrazione comoda per orario, sacerdote, durata etc. etc. e, peggio ancora, per evitare di incontrarsi come fratelli intorno all’unica mensa, ma ridurre il sacrificio di Cristo ad un momento intimistico da vivere da soli o con pochi amici o amiche ,in maniera, perdonatemi, settaria. Ma pensiamo alla cronaca. Nel Duomo i due momenti più importanti di questa Epifania 2013 sono state le due Celebrazioni Eucaristiche delle 10.30 e delle 18.00. Molto solenne la Messa vespertina anche perché, come di consueto, è seguita dalla tradizionale reposizione del Bambino. In un Duomo superbamente illuminato, l’intenso profumo di incenso e il suono maestoso e solenne dell’organo hanno contribuito a creare quella giusta atmosfera nella quale celebrare dignitosamente la Liturgia. Accanto all’incenso non sono mancati altri segni fonda-

mentali per aiutare l’assemblea a comprendere il mistero celebrato. In primis il Pulpito, addobbato e illuminato con piccoli ceri, da dove è stato proclamato il Vangelo e cantato l’annuncio della Pasqua. Quale altro luogo del sacro edificio avremmo dovuto scegliere per un momento liturgico così importante? L’arte al servizio della Fede, la grande intuizione di chi nei secoli passati ha reso il Duomo di Ravello uno scrigno, dotandolo di quei tesori che prima di essere opere d’arte sono opere di fede donate per aiutare noi ravellesi a crescere nella Fede. Poi, al momento della presentazione dei doni, insieme con il pane e il vino ,abbiamo portato all’altare deponendoli ai piedi dell’effigie di Gesù Bambino, collocata nel presbiterio, i doni dei magi: oro, incenso e mirra. La celebrazione vespertina è stata particolarmente solenne anche per i canti che l’hanno caratterizzata. La corale della Basilica sotto l’entusiastica e competente direzione del M° Giancarlo Amorelli ha eseguito, in dialogo con l’assemblea, un delicato programma musicale che ha valorizzato attraverso la polifonia alcune tradizionali melodie natalizie, facendo risuonare nelle navate del Duomo, oltre al classico “Tu scendi dalle stelle”, altre melodie del suggestivo repertorio di sant’Alfonso Maria de’Liguori. Anche con l’animazione della Messa nella Solennità dell’Epifania, come pure nelle altre celebrazioni del Tempo di Natale,il coro della Basilica ha voluto confermare la volontà di continuare a qualificare il proprio impegno come un servizio liturgico ed ecclesiale che, sorretto da una buona dose di umiltà, ha chiara la finalità ultima della celebrazione: il bene spirituale dei fedeli che partecipano alla Liturgia. Al termine della celebrazione si è svolta la breve processione in Piazza Duomo, priva quest’anno dell’accompagnamento delle zampogne, ma illuminata da una scia di bengala. Un altro segno per aiutarci a guardare a Cristo, luce delle genti.

Roberto Palumbo


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In cammino con i Magi La Comunità sposi di Ravello nell’anno 2012 – 2013, organizza un incontro settimanale (ogni venerdì alle 17:30, presso la sala parrocchiale del Duomo di Ravello), rivolto ai pre – adolescenti, ragazze e ragazzi dai dieci ai quattordici anni. L’incontro si apre con una preghiera, la lettura del Vangelo della domenica successiva, il commento delle catechiste (due giovani mamme della Comunità), la condivisione con i ragazzi e anche un momento ricreativo per favorire l’integrazione e lo scambio di idee all’interno del gruppo stesso. Dal 27 al 29 dicembre i ragazzi del gruppo pre – adolescenti, hanno vissuto la loro prima esperienza di cenacolo dal tema: “In cammino con i magi”. Il cenacolo “dei piccoli” si è svolto a Montoro (AV) in prossimità del Monastero di Santa Maria Degli Angeli, dove un enorme casale, ad esso adiacente, si è prestato ad accogliere circa cinquanta ragazzi e quindici catechiste, alla loro prima esperienza comunitaria di riflessione, per tanti anche la prima volta fuori casa, a confronto tra le proprie necessità e l’agognata indipendenza da gestire sotto lo sguardo vigile degli adulti. A turno le mamme delle diverse comunità terri-

toriali (il cenacolo è stato unico per tutti i gruppi della Fraternià di Emmaus, hanno dato il loro contributo al ritrovo impegnandosi nella preparazione dei pasti; Valentin, un diacono, ha dato la sveglia con la fisarmonica alle 08:00 per le lodi e la Messa in Monastero; alle cure della

dott. ssa Giovanna Abbagnara è stato affidato lo sviluppo dell’argomento prescelto, poiché Don Silvio, in genere relatore ufficiale era a Koupéla (Burkina Faso, Africa) in una delle comunità fondate dalla Fraternità di Emmaus. In questa tre giorni, i ragazzi hanno intrapreso un’affascinante viaggio alla scoperta del loro personale incontro con Gesù. Un saldo nella Parola di Dio (il passo del Vangelo di Matteo meditato, infatti, è stato sempre lo stesso, quello dei Magi), con un’attrezzatura minima, ma indispensabile (i segni del cenacolo): una caraffa, l’acqua fonte della vita; un sacco a pelo, il riparo dal freddo e il calore che scalda il cuore; la lanterna, la luce per illuminare la strada e cominciare ad osservare, senza solo vedere ciò che ci circonda; e la bussola, per orientarsi e non perdere la strada, per giungere a destinazione. In fondo i Magi affrontano il loro viaggio da uomini e non da dei, sono credenti che seguono una luce, non è detto che trovino quel che si aspettano, tuttavia la fede li guida alla ricerca della verità, cadono e si rialzano, continuano, fino all’agognata meta. Le intense catechesi mattutine hanno dato ai ragazzi una bella sveglia e al termine, quelli di dieci anni con la Dott. ssa Pauciullo e i restanti con la Dott. ssa Abba-

gnara, si confrontavano e approfondivano la Parola ascoltata. Alle tredici, tutti a pranzo, ed eccoli già al pomeriggio dove hanno preso vita laboratori teatrali, di canto e disegno per rappresentare ciò che avevano elaborato durante la mattinata, senza tralasciare qualche proiezione a tema. In ambienti così impegnativi, la sera non tarda mai ad arrivare, e dopo la cena e la recita della Compieta, tutti a riposare. Nell’ultimo giorno i ragazzi sono stati protagonisti di un collegamento, tramite skype, con Don Silvio, che ha presentato loro i ragazzi di Koupéla, e poi sono arrivati i genitori destinatari dei risultati dei laboratori, ed infine, anche per loro, la consegna dell’Angelo, un amico da custodire nella preghiera e nel cuore, accompagnata da una lettera d’incoraggiamento di Don Silvio, che seppur da lontano, non manca di seguire le Comunità. Il cenacolo dei piccoli è stata un’occasione per presentare ai ragazzi quanto di più bello può esserci nel condividere, dalla stanza alle esperienze, dalla Parola agli insegnamenti, non una scuola di religione imposta bensì un incontro verso la religione, tendendo la mano al più vicino e anche a chi è un po’ più lontano, alla scoperta del viaggio di fede che ciascuno intraprende, cominciando a camminare, tenuti per mano, ma da soli… Un’esperienza da ripetere. Rosanna Amato


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Fenomenologia di una Festa E fu così che il ‘Bambino’ andò via. Tra risa, chiacchiere e tanta voglia di comunità. La tanto attesa tradizione nostrana di festeggiare la ‘Levata di bambino’ (la festa – cioè - che accompagna il rito di ripulita della casa dal Presepe e delle altre

decorazioni natalizie) prende a seconda delle ‘casate’ sfumature diverse che trovano il loro comune denominatore nella voglia di famiglia e comunione che lo sottende. Si tratta di una sorta di ritualità nella ritualità che con cadenze, più o meno fisse, accompagna il passaggio tra il momento festivo e quello del riposo, in vista della Pasqua di Resurrezione. Sia dello Spirito sia delle opere. Inutile dire che come ogni tradizione che si rispetti, la ‘Levata di Bambino’ segue tutta una serie di pratiche fisse, un corollario di comportamenti e di ‘leggi del senso comune non scritte’ che una v o l ta all’anno hanno come obiettivo quello di riunirti intorno ad una tavola a parlare, confrontarti, mettere in insieme esperienze e propositi per il tempo ancora da venire. Al pari della ‘messa in piedi’ del Presepe che richiede zelo e dedizione con tanto di bollicine celebrative e beneauguranti la notte del 24 Dicembre, va da sé che il momento di rimpacchettare tutto debba essere sottoposto alla me-

Ricordi musicali

Mi piace legare qualsiasi riflessione ad un ricordo, unire le due cose con un nodo ben saldo. E quasi sempre i ricordi sono tali perché accesi da momenti che si imprimono con la persistenza di un marchio e sono popolati da nomi, gesti, colori che li ravvivano. Ho sedici anni e ho imparato ad accettare le mie gambe, perennemente intabarrate nei jeans durante le decine di conflittuali stagioni precedenti. Una clausura senza sincera vocazione. Forse quei due bruchi sbucciati dalle prime incursioni delle lamette sono diventati farfalle o forse fa solo tanto, troppo caldo. Ho sedici anni e dicono sia ormai tardi per imparare dove strozzare le corde ed emettere il mi giusto, il si non calante ed il la non crescente. Governerò fasi lunari? E' Forse questo che faro'? Io posso addomesticare le falangi, appesantire i polpastrelli, calarli sulla tastiera come ancoraggi. Le mie gambe finalmente sbavagliate, attorniano la fusoliera violacea di uno scooter, iridescente pancia del calabrone che, curva dopo curva, mi porterà verso la musica. Giulia e' il suo caffè svedese, la severa montatura degli occhiali da vista, i sorrisi radi e la disciplina, il terrazzo con il pergolato, Amalfi che ammicca da lontano, le scale imbrattate dalla fatica dei muli che caricano come argani di carne ceste traboccanti di limoni. La mia postura, arco in una mano e quattro frecce nell'altra, non e' corretta, i crini non sono ben imburrati nella pece ambrata, non abbastanza tesi, tra punta e tallone si creano imbarazzanti revers, il suono non e' pulito, il mio violino ha una voce migliore, basta cercarla. Agosto e' lattiginoso nel salone senza porte, Federica e' bionda come sua madre e ha già nella sequenza dei globuli una stanza per la musica, per il metronomo e le partiture di Bach. Io punto la serpentina di accordi del mio Sevcick come il tracciato di un Iolanda Mansi cuore non in salute, tachicardia da b r a c c a g g i o c o n te m p o r a n e o e

desima cura, l’identica scenografia. Del resto, in vista di un inverno lungo e ‘solitario’, perché privarsi della possibilità di un altro momento di condivisione che, nel nome del Cristo, unisce famiglie e amici, conoscenti vicini e lontani? Se il Natale è fatto per essere passato in famiglia, l’addio che gli viene riservato - nella nostra Ravello – comprende l’incontro con le rispettive ‘famiglie’ allargate. Individuata la data di riferimento e il luogo di ritrovo, le regole di partecipazione sono sempre le stesse: non presentarsi mai a mani vuote (è d’uopo per le signore recare quello che di più prelibato sanno confezionare) e ognuno porti chi vuole (la festa impone l’informalità come regola di base). Dopo il momento solenne, con il rito della Preghiera e della Processione del ‘Bambino Gesù’, si passa al ‘profano’. Aperte le danze della ‘tavola’, ci si ritrova a dissertare su manicaretti e politica, cronaca nera e rosa – dal generale al particolare - con la stessa leggerezza d’animo, lo stesso interesse. Nessun giudizio. Nessuno scontro. Passano ore. E non appena i bimbi assonnati hanno consumato anche l’ultima stella filante conservata per l’occasione dal Capodanno, si comprende che è arrivato il momento di rincasare. Ci si saluta, come se ci si dovesse rivedere l’indomani per partecipare nuovamente al rito, nuovamente alla pratica. Il cuore, però, lo sa: un altro anno dovrà passare. Allora, l’abbraccio diviene più forte, l’arrivederci più caldo: il ‘Bambino’ tornerà e con lui anche le nostre ricorrenze …


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disarmonico di due corde, soffio da stonatura, extrasistole da arcata insoddisfacente. Imparerò, migliorerò: l'afa e l'emozione mi deconcentrano, Federica rincorre Milosevic, furioso gatto rosso, trovatello dagli artigli sempre in avanscoperta, il lungo vestito nero dell'Onyx, prima , ingenua bocca del mio shopping locale, si attacca ai movimenti . Ho tanto ancora da fare, finita la lezione, potrò passeggiare, vedere Positano al tramonto, una mareggiata asciutta di case assiepate con la posa di nidi, potrò portarmi sulle spalle la custodia sagomata con dentro il mio violino e lasciar intuire che le mie dita dicano cose più belle e corrette della mia bocca. Squilla il telefono . Sento la tensione allentare, Giulia va a rispondere, stacco i crini dalle corde di budello, budello non sintetiche, il suono e' cavernoso e caldo , non sa di unghie strisciate sulla lavagna. Raggiungo la terrazza: scie bianche di barche giocano a tris da Capodorso verso un angolo che so svelare altre meraviglie azzurre. L'autobus della Sita ferma sotto casa di Giulia, e' intonato alla costa, blu e metallico. Il lombrico abile a risalire i nostri tornanti vomita arti arrossati dalla tintarella eccessiva , arti inglesi e tedeschi, una donna e le buste della spesa, due ragazzi, ed un uomo. Ha un cappello sfrangiato e di jeans , immagino abbia lasciato indizi di cotone azzurro per esser ritrovato nel labirinto di sfusati e chiese. Annusa il percorso come meglio farebbe un cane, ogni tanto si volta indietro a guardare, sembra quasi si aspetti che qualcuno arrivi a riprenderlo, a scusarsi e ad abbracciarlo. Si siede poi sul muretto che corre lungo la via, alza gli occhi verso il terrazzo dove io prolungo la mia pausa dagli accordi e dagli intervalli. Senza parlare sembra mi chieda se so come rintracciare chi lo ha lasciato li', se il suo nome e' ben visibile dal collare del suo sguardo. Ho sedici anni e tante gonne ancora da indossare prima di perdonare alle mie gambe una perfezione che non potrò mai avere, Giulia mi richiama nel salone, ho sedici anni dicevo, un Sevcick da sconfiggere e una costiera intera ancora da percorrere sotto la linguaccia rossa di Agosto e dei suoi incendi. E' troppo presto per quel nome e per il guinzaglio a cui ricondurlo. Emilia Filocamo

Formazione culturale giovanissimi Fornire ai giovani gli stimoli giusti migliorare le ”capacità espressive e maniper arricchire la loro crescita cultura- polative del bambino”, “la costruzione di le, oltre alla formazione scolastica, è un libro illustrato”, “incentivare la creatiuna priorità sia per molte amministrazioni pubbliche che per le diocesi che per le associazioni senza scopo di lucro che coordinano e gestiscono attività culturali , sportive , artistiche e sociali. I media propongono ai più giovani stimoli di carattere commerciale, giochi elettronici come passatempo divertenti per

giocare anche in compagnia od altre cose che portano un profitto a chi le pubblicizza. La formazione culturale, religiosa e sportiva di un bambino in età scolastica non ha nulla a che vedere con un qualsiasi profitto commerciale. Insegnare l’importanza ed il valore della lettura di un libro, frequentare un laboratorio culturale , teatrale , musicale o praticare uno sport sia individuale che di gruppo, sono temi che i media non propongono quasi mai perché non creano profitto per nessuno. Al di là del profitto fortunatamente c’è altro. Ci sono le famiglie , le istituzioni pubbliche, le diocesi, le associazioni di volontariato, lo sport, le discipline artistiche. Sono moltissime le persone che si prodigano, senza alcun tornaconto personale, per dare una mano a chi ne ha bisogno o solo per contribuire a diffondere valori postivi per la costruzione di una società non basata unicamente sul profitto.Per trovare un esempio di queste attività sul territorio possiamo prendere ad esempio i temi sociali affrontati nell’estate 2012 a Ravello. Sviluppare nei bambini il piacere di leggere, la comunicazione di temi importanti come “i dieci fondamentali diritti dell’infanzia” ,” il rispetto delle diversità”, lo stimolo a

vità”, il “TG dei ragazzi”, sono argomenti che sono stati proposti e sviluppati dagli insegnanti dei laboratori culturali estivi di 2 e 3 giorni promossi e finanziati dal comune di Ravello nelle settimane estive del 2012 all’interno del progetto “Liberi di Volare”. Lo scopo era di promuovere azioni di educazione allo sviluppo per educare i bambini all’Intercultura ed alla Pace, affinché ogni bambino sviluppi le proprie idee, le esplori e pian piano costruisca la propria personalità. Trovare il tempo per leggere, per ascoltare, per giocare e stare insieme, sono esperienze tanto importanti da diventare indicatori di buona qualità della vita.Il progetto di questi laboratori culturali è stato appoggiato quest’estate dall’associazione sportiva “Costiera e Monti Lattari”. Così come è stato importante il contributo comunale all’organizzazione delle gare sportive e passeggiate in montagna sia per i più giovani che per gli adolescenti ed adulti, organizzate dall’associazione sportiva Movicoast. Il contributo comunale e l’appoggio della direzione di Villa Rufolo, che non si tira mai indietro quando si tratta di iniziative culturali e sportive a scopo sociale da parte della comunità ,sono stati determinanti anche per il laboratorio teatrale dell’associazione culturale “La Ribalta”, che ha portato in scena ben due lavori queste periodo natalizio. Sempre allo scopo di promuovere la cultura tra i giovanissimi il 22 Febbraio 2013 la commedia musicale “Scugnizzi”, una dei due spettacoli messi in scena dalla “Ribalta” a Gennaio, sarà replicata per le scuole primarie e secondarie dell’Istituto Comprensivo “M. Frezza”, presso l’Auditorium su richiesta di alcuni genitori, deliberata all’unanimità dal consiglio di istituto il 17 Gennaio 2013, con il patrocinio dell’amministrazione comunale di Ravello che ha accettato di sostenere i costi per la rappresentazione dello spettacolo.

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Segue da pagina 9 I protagonisti dell’evento sono per la gran parte studenti delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado e Universitari di Ravello. Il messaggio che la scuola e l’amministrazione comunale vogliono trasmettere ai giovani di Ravello e Scala, è che tutti i ragazzi possono fare il laboratorio teatrale per partecipare da protagonisti alle rappresentazioni teatrali delle associazioni culturali che le propongono, sia a Ravello che a Scala che negli altri paesi della costiera. Partecipare ad un laboratorio teatrale è formazione culturale, è imparare a fare parte di un gruppo. Capire che senza l’apporto di ognuno, il resto del gruppo non può farcela. Quando qualcuno si assenta altri devono fare doppio lavoro per portare in scena lo spettacolo, ma lo fanno sempre e lasciando sempre aperta la porta a chi è stato assente quando rientra. Questi sono principi che valgono sempre : in uno sport di squadra, in un collettivo scolastico , in una comunità di recupero, nel lavoro. Altri esempi di esperienze simili nel campo delle discipline artistiche che possiamo citare come esempio di esperienze formative per i più giovani , sempre supportate economicamente dall’amministrazione comunale, sono lo spettacolo all’Auditorium Oscar Niemeyer del 21 Dicembre 2012 dei giovani pianisti Ravellesi (da 11 a 15 anni)che accompagnavano la voce recitante che leggeva le poesie di Alda Merini, ed il 4 Gennaio 2013 lo spettacolo congiunto delle scuole di danza di Agerola e Ravello (74 ragazzi dai 4 ai 19 anni si sono esibiti insieme in diverse coreografie di danza classica , moderna, hip hop e flamenco), ed anche in altre eventi in cui giovani provenienti da diversi paesi della costiera, oltre che da Napoli ,Nocera e Salerno, hanno accettato l’invito delle associazioni sportive locali di partecipare insieme a manifestazioni artistiche di danza e musica. Lo scambio culturale, sportivo ed artistico, il confronto con altre realtà, l’ospitalità di giovani di altre paesi, sono esperienze importanti per i ragazzi di ogni comunità.Gli enti pubblici, dai comuni, alla regione ,allo stato , alla comunità Europea, spendono dei fondi per il sociale senza i quali le associazioni cultu-

rali e sportive non potrebbero svolgere le loro attività, ma non si possono ovviamente delegare agli enti pubblici tutte le responsabilità e le iniziative culturali , sportive, sociali ed artistiche che riguardano la collettività. La scuola, le associazioni senza scopo di lucro sia culturali che sportive, le parrocchie, propongono iniziative e raccolgono le richieste delle famiglie di iniziative a carattere sociale. Il doposcuola per gli studenti di Ravello che Giuditta Torre ed Annamaria Amatruda stanno facendo a San Francesco è un altro esempio di servizi per il sociale reso possibile dalla collaborazione tra istituzioni pubbliche , la chiesa e dalla buona volontà di due ragazze culturalmente preparate. Guardare al futuro con un occhio al passato è il lavoro che le istituzioni pubbliche e le organizzazioni no-profit devono fare se vogliono costruire delle attività sociali che abbiano una rilevanza nella formazione dei giovani. A questo proposito si può prendere spunto da alcune frasi stralciate da un intervista al card. Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, rilasciata al direttore di famiglia Cristiana, Don Antonio Sciortino , in cui il cardinale parlando delle prossime elezioni politiche in Italia sottolinea che : “Circola spesso l'immagine di un Paese disamorato, privo di prospettive, quasi in attesa dell'ineluttabile e che questo è il momento di guardare avanti.. I cattolici - spiega - sono chiamati in una società lacerata e priva di slancio vitale a riprendere il cammino perché è ancora possibile riscattare un Paese che ha un potenziale enorme”. Guardare avanti, come il card. Bagnasco propone di fare, è senz’altro il modo giusto di affrontare le cose. Investire tempo sulla formazione culturale, sportiva, artistica dei giovani è uno degli elementi fondamentali per fronteggiare la crisi, sia economica che di valori, che attualmente affligge il nostro paese. Che l’Italia abbia un potenziale enorme è senz’altro condivisibile. La storia del nostro paese ci insegna tantissimo sul valore dei nostri antenati, sui sacrifici fatti per fare crescere noi ed i nostri figli in un paese libero, con un istruzione garantita, l’assistenza sanitaria ed una costituzione che garantisce uguali diritti per tutti, libertà di culto e di pensiero. Il momento politico ed economico di oggi

non è dei più facili, ma è proprio in momenti come questo che serve un maggiore impegno nel sociale. I giovani sono una risorsa per il futuro . La storia dell’Italia, della chiesa, dell’Europa, ci insegnano che il futuro va costruito giorno dopo giorno. Ci sono amministrazioni pubbliche più sensibili di altre all’impegno nel sociale, ci sono famiglie ed organizzazioni sociali più attive di altre, ma tutti possiamo dare un contributo, anche minimo, per comunicare ai giovani di oggi che l’Italia è un paese giovane ,con una storia antica, che si prende cura di loro perché questo oggi è il compito di noi adulti, come lo sarà per loro un domani con la generazioni che verranno.

Marco Rossetto A Ravello un incontro tra comunicatori per la festa di San Francesco di Sales

Il 24 gennaio u.s., in occasione della Memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, e della diffusione del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2013, che si terrà il 12 maggio p.v., sul tema “Reti sociali:porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”, anche nella nostra Comunità si è tenuto un momento di riflessione, a margine della celebrazione eucaristica per gli “addetti” ai lavori che operano a Ravello. In collaborazione con “Il Vescovado”, quotidiano on-line di Ravello e della Costa d’Amalfi, e alla redazione del mensile “Incontro per una Chiesa viva”, ci si è radunati presso la casa canonica per una riflessione sul messaggio del Papa. Don Giuseppe Imperato, prima di entrare nel merito del testo del messaggio, ha ricordato come il nostro territorio, oggi come ieri, si fosse distinto per valide figure di giornalisti, come il prof. Mario Schiavo


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e il maestro Enzo Liguori, oppure per la proficua collaborazione con apprezzati poeti e scrittori, come Aldo Onorati e Domenico Rea. L’attenzione del Messaggio per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è stata rivolta allo sviluppo delle reti sociali digitali, definite la nuova “agorà, una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità”. Spesso, però, come in ogni mezzo di comunicazione sociale, si antepone la popolarità di un contenuto alla sua “importanza e validità”. Scrive il Papa: “A volte, la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente”. Per questo i social media necessitano “di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo”. Anche perché, “dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre”. L’altra sfida dei network sociali è, dunque, di essere “inclusivi”. Solo allora, rimarca il Santo Padre, “beneficeranno della piena partecipazione dei credenti che desiderano condividere il Messaggio di Gesù e i valori della dignità umana, che il suo insegnamento promuove”. I credenti, infatti, avvertono sempre più che “se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale”, potrebbe essere “assente” nella vita di tutte quelle persone per cui la rete “è parte della realtà quotidiana”, specialmente i giovani. Secondo Benedetto XVI, quindi, l’intervento dei cristiani nel web è di primaria importanza. Essi sono chiamati a portare nei social network la “luce gentile della fede”, come diceva il Beato John Henry Newman. Pertanto, si rende necessaria “la capacità di utilizzare i nuovi linguaggi”, non tanto “per essere al passo coi tempi”, piuttosto “per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti”. Secondo il Pontefice, inoltre, “i social network, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere fattore

di sviluppo umano”. Basti pensare al fatto che “in alcuni contesti geografici e culturali dove i cristiani si sentono isolati, le reti sociali possono rafforzare il senso della loro effettiva unità con la comunità universale dei credenti”. Le ultime righe del Messaggio si rivolgono ai fedeli, che Benedetto XVI esorta affinché non ci sia mai “mancanza di coerenza o di unità nell’espressione della fede e nella testimonianza del Vangelo”, in qualsiasi realtà siano essi chiamati a vivere, sia fisica, che digitale. L’esortazione ad essere “araldi” e testimoni del Vangelo sia per tutti noi, comunicatori e cristiani di Ravello, un impegno serio che contribuisca alla crescita spirituale, culturale e sociale della Comunità. Salvatore Amato

Tesseramento Azione Cattolica Domenica 20 gennaio u.s. si è rinnovato nella nostra comunità ecclesiale il rito dell’adesione all’Azione Cattolica. Come ogni anno, i ragazzi e gli adulti che hanno scelto di seguire questo cammino, su invito dell’assistente parrocchiale, hanno vissuto un momento di preghiera e riflessione durante l’Adorazione Eucaristica settimanale del giovedì, seguendo lo schema di animazione proposto dalla Presidenza nazionale sul tema: “Date voi stessi da mangiare”. Il dono di sé agli altri nella quotidianità, centro della riflessione del Santo Padre Benedetto XVI all’Assemblea Internazionale dell’Azione Cattolica, ha rappresentato la guida per la meditazione eucaristica. La liturgia domenicale è stata arricchita, oltre dal rito della benedizione delle tessere che ogni iscritto riceve come simbolo del proprio impegno, anche dalla preghiera di adesione letta da tutti gli adulti e i ragazzi presenti, che sono la vera forza della nostra associazione parrocchiale. L’omelia dell’Assistente ha richiamato l’attenzione dei presenti proprio sul senso del sì all’AC, riprendendo il discorso di Benedetto XVI al Forum Internazionale. È stata evidenziata la corresponsabilità dei laici nella costruzione del Regno di Dio che si concretizza nella piena adesione alle scelte pastorali delle diocesi e delle parrocchie e nel vivere una vita “illuminata dall’incontro con Cristo, amato e seguito senza timore”. Nell’anno della Fede, l’adesione all’AC acquista un signifi-

cato ancora più forte e impegnativo e per questo ogni parola della preghiera di adesione è sembrata possedere un valore ancora più pregnante e diretto al cuore non solo di ogni iscritto all’AC, ma di tutti i fedeli presenti a quella celebrazione vespertina Maria Carla Sorrentino

La marcia diocesana della pace Sabato 26 gennaio scorso, ad Amalfi, si è svolta la marcia diocesana per la pace, per offrire una riflessione sul messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato alle comunità ecclesiali per il 1° gennaio 2013, 46° giornata della Pace. La marcia organizzata dall’Ufficio Diocesano Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato, Caritas Diocesana, Servizio Diocesano di Pastorale giovanile, Ufficio per la Pastorale scolastica, Ufficio Diocesano per i Problemi sociali e il lavoro, Ufficio per le Comunicazioni, ACI, AGESCI, ANSPI, CSI, PAX CHRISTI ha visto la partecipazione di molte comunità parrocchiali della Diocesi e di gruppi ecclesiali provenienti dai vari comuni della Costiera. Il corteo, aperto dai bambini dell’Azione Cattolica e dei rappresentanti del gruppo Pax Christi di Cava de’ Tirreni, è stato animato dalla presenza di tante persone guidate dal nostro Arcivescovo, dai rappresentanti di alcune Amministrazioni comunali della Diocesi e delle Forze dell’Ordine presenti sul territorio, e cadenzato dall’ascolto di alcuni passi sulla pace scritti dall’indimenticabile don Tonino Bello. Ma il momento più forte è stato vissuto in Cattedrale, dove c’è stato l’intervento di Don Tonino Palmese, che, riflettendo sul messaggio del Papa “Beati gli operatori di pace”, ha richiamato l’attenzione sugli atteggiamenti quotidiani che sono nemici della pace e della giustizia. Sorretto dall’esperienza, vissuta in ambienti difficili, dove la criminalità organizzata mina i valori che regolano il vivere civile, don Tonino ha sottolineato come la pace passi per la giustizia e la legalità.La chiusura dell’incontro è stata affidata all’Arcivescovo, che ha voluto richiamare l’attenzione dei presenti sul concetto di “operatore di pace”. Maria Carla Sorrentino


CELEBRAZIONI DEL MESE DI FEBBRAIO GIORNI FERIALI Ore 17.00: Santo Rosario Ore 17.30: Santa Messa GIORNI PREFESTIVI E FESTIVI Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa GIOVEDI’ 7-14-21-28 FEBBRAIO Al termine della Santa Messa delle 17.30 Adorazione Eucaristica LUNEDI’ 4-18-25 Itinerario di Formazione alla Fede con il Catechismo della Chiesa Cattolica per tutti gli Operatori Pastorali – “L’uomo è capace di Dio” VENERDI’ 15 - 22 e TUTTI I VENERDI’ DI QUARESIMA Ore 18.00 Via Crucis 2 FEBBRAIO PRESENTAZIONE DEL SIGNORE CHIESA SANTA MARIA DELLE GRAZIE Ore 17.30 Santo Rosario Ore 18.00 Santa Messa 3 FEBBRAIO IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 10 FEBBRAIO V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 11 FEBBRAIO BEATA VERGINE MARIA DI LOURDES - XXI GIORNATA DEL MALATO Ore 17.00 Santo Rosario Ore 17.30 Santa Messa 13 FEBBRAIO MERCOLEDI’ DELLE CENERI- INIZIO DELLA QUARESIMA Ore 17.30 Santo Rosario Ore 18. 00 Santa Messa ed imposizioni delle ceneri 17 FEBBRAIO I DOMENICA di QUARESIMA Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 24 FEBBRAIO II DOMENICA di QUARESIMA Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe

DA SABATO 9 FEBBRAIO CATECHESI QUINDICINALE PER ADULTI PROMOSSA DALLA CONFRATERNITA SUL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA


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