Casatrend n.48 - dicembre 2011

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INGO MAURER

SPECIALE OFFICE J A F FA A PA RT M E N T

REFIN

1 CASATREND

MENSILE - ANNO 5 - DICEMBRE 2011 - N.48


Showroom MILANO_ Porta Tenaglia

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www.antoniolupi.it_nochina, design riccardo fattori_solidea_pipa_lunaria_blok ligth, design carlo colombo_divo, design domenico de palo_a.d. riccardo fattori_ph. zerotremedia


Mi sorprendo un attimo, poi sorrido. Non è poi così difficile capire come sono arrivata qui, intenta al salto. In questo momento, mentre lascio libera la mente di accogliere questa felicità invadente, che mi tiene in equilibrio fino a sentire di espandere ogni singolo pensiero nella pace infinita che mi circonda, sono consapevole che ciò che ho imparato oggi farà parte di me per il resto della mia vita. Perché oggi è stato un giorno immenso, dove le coincidenze hanno smesso per sempre di essere tali e sono entrate a fare parte, in modo inamovibile, della scelta di vivere, a modo mio. Oggi è un passo da fare sollevati da terra, un momento prima di saltare. In equilibrio sul tutto, sorrido, perché mi sento pronta a quel salto, e perché questo momento ha il sapore della vita, la musica di “Hey Love” di Jason Mraz, i colori del buio e del verde e lo sguardo di una riga di parole “capisco che tutto non può che andare bene”.

EDITORIALE

Questo salto lo dedico a Paolo Stella.

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trastevere

DI PAOLO STELLA

“Ciao sono Arianna. Credo alle coincidenze e per varie coincidenze sono finita sul tuo blog. Che ne dici di fare una rubrica per Casa Trend?” Ok, ok. Mi infilo i pantaloni della tuta, maglione grosso, sneakers senza bar. Non tanto per il caffè né per il bar. Per Viola. Quelli che leggono il mio blog ormai la conoscono come una di famiglia. Per me è diventata una necessità. Per due motivi. Il primo è che da quando le ho sorriso la prima volta lei ogni giorno appena entro, sia che il bar sia vuoto che affollatissimo grida “buongiornobiondo!” con un entusiasmo e una gioia che mi cambia tutta la giornata. La felicità a 70 centesimi... Mi sembra quasi di rubare! Il secondo è che puntualmente

dice una frase, buttata là, che mi sorprende e mi fa riflettere. La nostra è una specie di relazione senza conoscersi. Ho imparato il suo nome dopo anni. Me lo ha detto

PEOPLE

calzetti e mi butto nella vita. Il mio inizio giornata ha un rito. Il caffè al

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lei fra un cappuccino e un cornetto integrale. Oggi Roberto (l’altro cameriere) ha fatto pure l’offeso, “tanto tu parli solo con Viola, che te lo chiedo a fare cosa vuoi...”, “caffè senza latte che è intollerante” taglia corto Viola, ribadendo la sua supremazia nel mio cuore. Esco dal bar, iPod nelle orecchie che suona “Hey love” di Jason Mraz per innumerevoli ragioni. Ascoltala mentre mi accompagni. Abitare a Trastevere significa essere qualcosa, appartenere a un’idea. Se abiti a Trastevere non compri la verdura al supermercato, vai alle bancarelle di piazza San Cosimato. Ci sono circa 10 banchi. Quando ti trasferisci in questo quartiere, scegli il tuo banco. È un po’ come le contrade di Siena. È un po’ come un patto di sangue. È una questione di fede. Io ho scelto la Mary.

SPECIALE

All’inizio andavo da Carlo, ma poi la Stefania (nota casting director trasteverina da generazioni) mi ha intimato di scegliere la Mary. E avendo di fatto paura della Stefy ho abbassato gli occhi e mi sono votato al tradimento affiliandomi al clan della Mary. Carlo quando passo mi guarda storto e con un “Ciao Pa’” che odora di “Cosa ti ho fatto di male?” mi vede andare mogio mogio al banco successivo. DI GABRIELE GANDOLFI

Ogni volta provo un disagio infinito e mi chiedo “Ma con tutti i sensi di colpa che uno ha già di default da quando nasce, posso averci pure quello per il tradimento della verdura?” La risposta è sì. La Mary

INGO MAURER MAURER INGO DI ANDREA PIRRUCCIO

però “me fa ripija” immediatamente. Ovviamente, oltre ad avere la verdura migliore che produce lei stessa e che quindi finisce quasi subito, è lei stessa un personaggio. Fellini le avrebbe fatto firmare

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contratti per ognuno dei suoi film. Bella pacioccona, ha quel sorriso delle persone che mangiano bene. Gli occhi brillano, anche di prima mattina, quando le persone normali piuttosto che sentirti parlare ti infilerebbero un cavolfiore in bocca. Anche stamattina in tuta e senza calzini, atto di devozione a un sole incredibile, sono uscito di casa. Mi accolgono al banco i suoi 32 denti. E per la prima volta mi accorgo che nella mano destra le mancano due dita. Non ci avevo mai fatto caso. L’anulare e il medio. Cioè...la Mary va in giro e fa le corna. A tutti. E nessuno può nemmeno sentirsi offeso. È stupendo! Brava Mary! Ho un estremo bisogno degli altri, me ne accorgo ogni volta. È proprio un’esigenza di collettività. Ho bisogno di sapere come ti chiami anche per comprare due melanzane e un po’ di rape. Trastevere questo te lo dà. È un microcosmo

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AZIENDA: FREZZA PRODOTTO: DR DESIGNER: CLAUDIO BELLINI CARATTERISTICHE: LA COLLABORAZIONE CON CLAUDIO BELLINI HA CONDOTTO ALLA CREAZIONE DI NUOVE FINITURE AL SISTEMA DIREZIONALE DR, CHE CONTINUA TUTTORA A RISCUOTERE GRANDE SUCCESSO. LA COLLEZIONE È CONTRADDISTINTA DA UN DESIGN ACCATTIVANTE E DA UN’ALTISSIMA QUALITÀ DEI MATERIALI DA CUI È COMPOSTA.

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NEWS GREEN AWARDS di Ivan Granolla

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MESTIERE di Paolo Armenise

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ESSENTIAL GIOVE LAB di Alessandra Santi

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FLASH WO DI ATIPICO

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REFIN di Arianna Malagoli

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NO PRODUCER LUNE di Rachele Morris

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TREND FIREPLACE

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CRISI “MADE IN ITALY” di Valerio Cometti

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SPECIALE OFFICE di Gabriele Gandolfi

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CHECK THIS OUT NASCE YOUTOOL: IL DESIGN 2.0

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POINT OF VIEW DADO raccontato da Carlo Bimbi

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CHIACCHIERE DI ARCHITETTURA di Paolo Armenise

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10+ TERAI: I COLORI DELLA TERRA di Rachele Morris SPOT GROUND ZERO...GROUND HEROES di Ivan Granolla

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FROM NY di Andrea Barbiroli

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INDIRIZZI

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PLACE SHOREDITCH HOUSE di Andrea Paracucchi

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L’INDEX CAMBIA di Luisa Bocchietto

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FROM PARIS di Paolo Festa

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FROM ROME TRASTEVERE di Paolo Stella

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INTERIORS JAFFA APARTMENT di Paolo Ruggiero

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PEOPLE INGO MAURER di Andrea Pirruccio

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FOOD TREND TONNO ALLETTERATO di Lisa Casali

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n.48 - DICEMBRE 2011

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CASATREND 51

FROM ROME

CONTENUTI

sommario


ADV loscalzomoscheri.it_styling barbara mantovani_photo stUDio emozioni

lin e living land scape design daniele lo scalzo moscheri

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DElMontE s.r.l. via s. martino 20054 nova milanese (mb) italy t +39 0362 367112 F +39 0362 450586 E info@albeD.it WEB www.albeD.it


G R E E N A W A R D S

NEWS

DI IVAN GRANOLLA

Da anni il fulcro delle attenzioni di tutte le aziende,

i quali avranno dimostrato ampiamente il loro impe-

non solo nel settore dell’edilizia e del design immobi-

gno nei confronti dell’ambiente. I premi verranno in-

liare, è il rispetto per l’ambiente nel quale siamo cre-

distintamente assegnati ad enti pubblici, personaggi,

sciuti. Il futuro di coloro che assumeranno il controllo

invenzioni, tecnologie e pubblicità.

del pianeta dopo di noi, è fonte di ispirazione e di in-

Saranno sette le categorie nelle quali ci si potrà

teresse per tutti i designers che desiderino mettersi al

confrontare e dove Stone Italiana, marchio noto e

passo con i tempi, soddisfando le richieste di un pub-

all’avanguardia nella produzione di quarzo e marmo

blico, in continua crescita, maggiormente sensibile al

ricomposto, ha riscontrato un enorme successo pre-

decalogo delle cosiddette ‘regole verdi’.

sentando al pubblico la lastra Dna Urbano, realizzata

Il consumo di risorse a basso impatto ambientale, con

recuperando le terre di spazzamento delle strade.

alte percentuali di riciclabilità e pregne di significati

A segnalarla, nell’ambito della sezione invenzioni

simbolici riguardo al rapporto d’equilibrio con la ma-

“idee e uomini che hanno lasciato un segno in un set-

dre terra, sono solamente alcuni punti spesso affron-

tore chiave nella società moderna”, è stato Francesco

tati nelle più recenti interviste e convegni.

Bertolini, presidente di Green Managment Institute,

L’ennesima occasione di riportare in primo piano que-

istituto che promuove la sostenibilità nel sistema pri-

sti semplici precetti è fornita dai Green Awards, pre-

vato e nel settore pubblico. A colpire sono state le sue

mio promosso dal magazine Sette Green e che il 9

caratteristiche, che permettono di risparmiare ener-

novembre, alla Triennale di Milano e nell’ambito della

gia, riciclare ed abbattere i costi di smaltimento dei

mostra Madre Natura, assegnerà gli oscar a coloro

rifiuti urbani.

Stone Italiana, www.stoneitaliana.com Green Awards, www.greenawards.com

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Wo è la nuova collezione di coperte firmate Atipico. Filati di lana o cachemire, morbidi e caldi, vi coccoleranno e proteggeranno dal freddo pungente di un inverno che è ormai alle porte. Tinte unite dai colori caldi si alternano a cromature fredde e disegni patchwork, adattandosi sia ai contesti abitativi urbani che a quelli dal gusto più rustico. Design Giorgio Tentolini e Barbara Mangini.

FLAG Plaid in maglia con lavorazione vanisè a due colori e stampa digitale con una simpatica bandiera svolazzante.

NODOMAGLIA Plaid tinta unita con lavorazione tricot, con l’effetto caratteristico della

FLASH

lavorazione ad uncinetto.

EDERA Plaid in maglia con lavorazione vanisè a due colori e stampa digitale con rigogliosi motivi naturali.

QUEEN Plaid in maglia, misto cachemire con lavorazione in tubico a due colori. Il soggetto decorativo è il cardo.

PATCHWORK Plaid in maglia con lavorazione vanisè a due colori e stampa digitale patchwork.

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FIREPLACE

4. 2.

1.

TREND

3.

1. Klino, biocamino progettato da Alessandro Canepa per Co.ge.fin. Non necessita dell’installazione di una canna fumaria ed utilizza particolari fonti di energia pulita e rinnovabile, come il bioetanolo o l’alcol denaturato. 2. Skema, progettato da Mario Ferrarini per Antoniolupi è contraddistinto da forme pulite e minimali, adattabile a qualsiasi tipo di ambiente e gusto personale grazie alla propria modularità. 3. Firebox, disegnato da Paolo Grasselli per Horus. Tavolino ibrido che, con un semplice gesto, combina la funzione di piano d’appoggio a una fonte di riscaldamento con bruciatore per oli essenziali al suo interno. 4. San Leo, camino progettato da Massimo Iosa Ghini per Palazzetti. La fiamma fluttua su una base dalle linee fluide ed uno sfondo dalle calde sfumature del marmo Emperador, in un bruciatore dalle linee moderne e gradevoli.

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T +39 0761 515463 www.nic-srl.com 11 CASATREND


CHECK THIS OUT 12 CASATREND

NASCE YOUTOOL: IL DESIGN 2.0 YOUTOOL è il primo social network italiano per imprese e progettisti, nato nel 2011 dalla creatività di professionisti specializzati in web marketing, graphic & product design, comunicazione. YOUTOOL si traduce in una piattaforma interattiva nella quale sono presenti aree dedicate a progetti, designer, aziende, oltre a una sezione magazine ricca di contenuti e attualità di settore. YOUTOOL rivoluziona le strategie di progettazione del design attraverso la comunicazione orizzontale del web 2.0 e la personalizzazione di workshop multimediali studiati on demand che diventano strumento di mediazione tra i progettisti e le imprese. Perché YOUTOOL crede al design inteso come processo, non solo prodotto. Il format innovativo prevede la pubblicazione on-line di workshop attraverso video formativi per sviluppare conoscenze pratiche alla realizzazione di progetti, attenti all’ottimizzazione dei processi creativi e produttivi per offrire risultati all’azienda che sostiene il ‘laboratorio virtuale’. E le idee progettuali del primo workshop Design your sound in collaborazione con Sound Corporation sono già on-line! Attendono voi su www.youtool.it


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10+

T E R A I i colori della terra DI RACHELE MORRIS Per chi non l’avesse mai notato, la lana dell’Himalaya ha le tonalità naturali della natura, sfumando dall’avorio delicato della pietra al marrone bruciato della terra, perché gli animali che abitano questi luoghi diventano un tutt’uno con la polvere, la roccia e i pigmenti del terreno. Ed ecco perché questa collezione di tappeti di forme geometriche differenti, trova un’espressione comune nelle declinazioni cromatiche naturali, ispirata ai giochi di ombre riflessi nei campi coltivati, intagliati dal sole.

La collezione Terai si compone di quattro differenti modelli, diversi tra loro per forma e segno grafico, realizzati in lana himalayana naturale 100%, annodati rigorosamente a mano e disponibili in differenti varianti cromatiche, anche bi-colore. Distribuiti da Nodus.

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NODUS, WWW.NODUSRUG.IT

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GROUND ZERO... GROUND HEROES Riva 1920 per gli Eroi d’America

SPOT

DI IVAN GRANOLLA

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Riva 1920, azienda mobilificia riconosciuta in ni pezzi risalgono a 50.000 anni fa ), senza detutto il mondo e specializzata nella lavorazione comporsi nè fossilizzarsi. Il mistero di queste mirata e senza sprechi di materiali naturali, ha titaniche piante, il loro aspetto caratterizzato pensato di rendere giustizia e riconoscimento da venature d’oro uniche, la loro disponibilitαà agli eroi dell’11 settembre 2001, in occasione limitata e soprattutto la loro inspiegabile ‘imdel decennale dalla caduta delle Twin Towers. mortalità’ hanno reso il Kauri il materiale moIn collaborazione con la dello per fare da testimone KAURI Triennale e Euroflora, ha dell’orrore, non che per voluto ricordare l’accaduto IL PIU’ GRANDE L’albero più grande rivolgere l’ennesimo meesponendo due delle cin- del mondo per cubatura di tronco; ritato pensiero ai Ground que opere realizzate per il IL PIU’ AFFASCINANTE Nessun altro Heroes e alle loro famiglie. progetto: i tavoli di Piano legno presenta “l’oro” nella venatura; “L’idea di realizzare con IL PIU’ RARO ED ESCLUSIVO Non si quel legno cinque tavoli di Design e di Mario Botta. Le creazioni, rese già ine- può aspettare migliaia di anni per la raffinato design, firmati da stimabili dal loro spiccato ricrescita; alcuni tra i più importanti valore simbolico, sono av- IL PIU’ ECOLOGICO Non viene taglia- e sensibili progettisti convalorate dal materiale dalle ta nessuna pianta, si scava dal terreno. temporanei, venderli all’aquali sono composte: Kauri sta e donare il ricavato alle millenario, legno unico al mondo e dall’aspetto famiglie dei pompieri di New York che hanno talmente affascinante da risultare ipnotico. perso la vita a Ground Zero è una manifestaIl Kauri è l’unico legno ecologico ricavabile in zione esemplare di quella capacità di esprimeuna cava, senza la necessità di tagliare piante re emozioni attraverso gesti simbolici” dichiara ancora vive. Davide Rampello, Presidente della Triennale. Inspiegabilmente la sua materia è rimasta in“Un oggetto muto, che parlerà a migliaia di tatta ed inalterata nel corso dei millenni ( alcupersone”.


Riva 1920, www.riva1920.it

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LUISA BOCCHIETTO presidentessa ADI

L’Index cambia

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Dopo sei anni di continuità grafica, affidata alla magistrale collaborazione con Italo Lupi, l’ADI Design Index cambia identità. Un cambiamento che non è solo grafico, ma anche di contenuti e che segna il passaggio ad una riflessione che ci proietta verso il prossimo Compasso d’Oro. Negli scorsi mesi molte le discussioni emerse intorno all’introduzione dei fee di partecipazione per i concorrenti alla selezione. Negli altri paesi non esiste un organismo come l’ADI e le selezioni analoghe avvengono a carico delle Istituzioni, in forma meno estesa e puntuale, ma pesantemente finanziata dalla strutture statali oppure sono a carico di organismi di tipo privato, business oriented, che fanno profitto sul processo di selezione. A noi nessun contributo e l’onere di svolgere un lavoro, a titolo volontario, di promozione del design italiano. Tutto bene finché si poté contare sulla partnership con una casa editrice che si accollava una parte dei costi di stampa e diffusione. Oggi, data la crisi, questo appoggio è venuto a mancare; non volendo, in alternativa, avere degli sponsor, per mantenere la libertà di giudizio, o aumentare le quote dei soci, sui quali già ricade un impegno volontario, abbiamo deciso di chiedere dei fee di partecipazione (di segreteria e poi di stampa), in proporzione all’avanzamento delle selezioni. Sono cifre ridotte, rispetto agli altri concorsi esistenti, perché ADI non ne fa’ un’ attività fine a se stessa, ma ci permettono di ripagare in autonomia i costi di realizzazione. Significa guardare in faccia le cose ed assumersi la responsabilità di renderle possibili. Naturalmente le adesioni sono diminuite, per questa prima edizione, ma contiamo risalgano a seguire; la qualità delle selezioni finali invece è stata confermata, ma su questo lasciamo ai lettori dell’Index il giudizio. La nuova modalità di partecipazione (regolamento sul sito ADI www.adi-design.org) si accompagna a una nuova veste grafica, che permette di arricchire la presenza sul volume con un rimando ad un sito apposito www.adidesignindex.com, che amplia le informazioni sul prodotto attraverso l’innesco di un QR Code Si tratta dunque di un servizio in più che viene dato alle aziende ed ai progettisti per permettere di divulgare alla stampa e agli interessati maggiori informazioni di dettaglio sui prodotti selezionati, che non era possibile concentrare solo sulla pagina stampata. Il volume inoltre divide visivamente, attraverso il colore, le pagine di testo dalle pagine relative alle schede dei prodotti selezionati. I contributi critici vogliono essere propedeutici a sviluppare una discussione e ci auguriamo quindi che siano, anch’essi, uno strumento e non soltanto un corredo formale all’elencazione dei prodotti. Il nuovo progetto editoriale è stato affidato a Maria Cristina Tommasini, coordinatore dell’Osservatorio, che ha curato la selezione annuale del 2011 sui prodotti del 2010. La grafica è stata affidata allo Studio Zup, già vincitore di uno dei premi Compasso d’Oro della recente edizione del luglio scorso, in seguito ad un gara che ha visto impegnati diversi studi, sollecitati da ADI a fornire nuove visioni. Il progetto scelto era quello che più si è spinto nella ricerca di nuove connessioni. Un impegno che va nella direzione di approfondire ora anche la validità delle attuali categorie, l’eventualità di inserimento della categoria internazionale, per non perdere il contatto con un mondo che cambia intorno a noi, senza paura di confrontarci, per capire meglio l’oggetto del nostro interesse.Dopo la presentazione in Triennale il 30 novembre si aprirà la raccolta di disponibilità a fare parte dell’Osservatorio , che andrà a selezionare i prodotti del 2011, candidabili fin dal 1 gennaio 2012. Anche questo calendario si sta stabilizzando per arrivare ad avere date fisse ogni anno, che rendano più lineare tutto il processo di selezione.


ad: emiliana martinelli

Il movImento genera la luce, ruotando Il braccIo elIca non spIcca Il volo, ma sI IllumIna e sI spenge. non cI sono InterruttorI che alterano l’a rmonIa della sua forma; è un’elIca dI pura luce.

martinelli luce

elica

design brian sironi

www.martinelliluce.it 19 CASATREND


trastevere

DI PAOLO STELLA

“Ciao sono Arianna. Credo alle coincidenze e per varie coincidenze sono finita sul tuo blog. Che ne dici di fare una rubrica per Casa Trend?” Ok, ok. Mi infilo i pantaloni della tuta, maglione grosso, sneakers senza calzetti e mi butto nella vita. Il mio inizio giornata ha un rito. Il caffè al bar. Non tanto per il caffè né per il bar. Per Viola. Quelli che leggono il mio blog ormai la conoscono come una di famiglia. Per me è diventata una necessità. Per due motivi. Il primo è che da quando le ho sorriso la prima volta lei ogni giorno appena entro, sia che il bar sia vuoto che affollatissimo grida “buongiornobiondo!” con un entusiasmo e una gioia che mi cambia tutta la giornata. La felicità a 70

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centesimi... Mi sembra quasi di rubare! Il secondo è che puntualmente dice una frase, buttata là, che mi sorprende e mi fa riflettere. La nostra è una specie di relazione senza conoscersi. Ho imparato il suo nome dopo anni. Me lo ha detto lei fra un cappuccino e un cornetto integrale. Oggi Roberto (l’altro cameriere) ha fatto pure l’offeso, “tanto tu parli solo con Viola, che te lo chiedo a fare cosa vuoi...”, “caffè senza latte che è intollerante” taglia corto Viola, ribadendo la sua supremazia nel mio cuore. Esco dal bar, iPod nelle orecchie che suona “Hey love” di Jason Mraz per innumerevoli ragioni. Ascoltala mentre mi accompagni. Abitare a Trastevere significa essere qualcosa, appartenere a un’idea. Se abiti a Trastevere non compri la verdura al supermercato, vai alle bancarelle di piazza San Cosimato. Ci sono circa 10 banchi. Quando ti trasferisci in questo quartiere, scegli il tuo banco. È un po’ come le contrade di Siena. È un po’ come un patto di sangue. È una questione di fede. Io ho scelto la Mary. All’inizio andavo da Carlo, ma poi la Stefania (nota casting director trasteverina da generazioni) mi ha intimato di scegliere la Mary. E avendo di fatto paura della Stefy ho abbassato gli occhi e mi sono votato al tradimento affiliandomi al clan della Mary. Carlo quando passo mi guarda storto e con un “Ciao Pa’” che odora di “Cosa ti ho fatto di male?” mi vede andare mogio mogio al banco successivo. Ogni volta provo un disagio infinito e mi chiedo “Ma con tutti i sensi di colpa che uno ha già di default da quando nasce, posso averci pure quello per il tradimento della verdura?” La risposta è sì. La Mary però “me fa ripija” immediatamente. Ovviamente, oltre ad avere la verdura migliore che produce lei stessa e che quindi finisce quasi subito, è lei stessa un personaggio. Fellini le avrebbe fatto firmare contratti per ognuno dei suoi film. Bella pacioccona, ha quel sorriso delle persone che mangiano bene. Gli occhi brillano, anche di prima mattina, quando le persone normali piuttosto che sentirti parlare ti infilerebbero un cavolfiore in bocca. Anche stamattina in tuta e senza calzini, atto di devozione a un sole incredibile, sono uscito di casa. Mi accolgono al banco i suoi 32 denti. E per la prima volta mi accorgo che nella mano destra le mancano due dita. Non ci avevo mai fatto caso. L’anulare e il medio. Cioè...la Mary va in giro e fa le corna. A tutti. E nessuno può nemmeno sentirsi offeso. È stupendo! Brava Mary! Ho un estremo bisogno degli altri, me ne accorgo ogni volta. È proprio un’esigenza di collettività. Ho bisogno di sapere come ti chiami anche per comprare due melanzane e un po’ di rape. Trastevere questo te lo dà. È un microcosmo

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nella città, un paesino dove tutti si conoscono, litigano a volte ma comunque relazionano. Rimasi colpito anni fa guardando un servizio alla tv. Un vecchietto di Milano diceva che c’erano giorni in cui non scambiava una sola parola con nessuno. A Trastevere non ti succede, nemmeno se lo volessi. Roma è una città da camminare. Possibilmente senza tacchi. Ho visto innumerevoli scene di donne che si voltavano per trovare la scarpa ancorata ai sampietrini un metro indietro a loro. Cammino in questa mattina di sole e penso che se anche sei triste, qui lo sei di meno. La bellezza di Roma è avvolgente e popolare, eccessiva ma a prezzi modici. Ne possono davvero godere tutti. Ovunque ti volti uno scorcio, una scenografia innaturale e perfetta, ruderi nuovi, ruderi vecchi, ruderi belli. Se una volta ti finisce lo Xanax e tutte le farmacie anche quelle di turno sono chiuse e il tuo analista che te lo forniva è scappato con la tua migliore amica, respira. Poi ti incammini da San Cosimato verso il Gianicolo, passando per via Bertani. Alla fine della via cominciano le scalette. Le fronde degli alberi ti conducono come in una galleria fino in cima al colle, tagliando di traverso la strada. Ultimo pezzetto in salita, ultima fatica, falla ne varrà la pena. Costeggiando le mura dell’accademia spagnola si arriva al Fontanone. Non so se si chiama così davvero, ma i romani lo chiamano così. Eccoci qui. La coppia di sposi coreani c’è sempre. Ho anche pensato fossero comparse, pagate dal comune. Qualche turista, mai troppi. Lo spettacolo che ho davanti è ultraterreno.In questo punto la bellezza di Roma è tale da risultare quasi troppo. Dietro, di fianco, davanti a perdita d’occhio. Il panorama che si gode da questa terrazza è un regalo divino, riempie gli occhi, il cuore e l’anima. All’ora del tramonto tutto si tinge di un rosa antico, di una gentilezza disarmante. Attendo che il sole cali, seguo i suoi tempi. Le sfumature di colore trovano una corrispondenza nelle mie emozioni. Ogni volta che salgo quassù penso a quanti me ne sono persi di questi tramonti. Li vorrei avere visti tutti. Dovrebbero metterlo per legge, la vista di un tramonto così, su una città così rende migliori. Mi sono sempre interrogato sulla figura del turista. Mi sono sempre chiesto due cose. La prima è il perché per essere un “turista doc”devi vestirti con i pantaloni a pinocchietto, i sandali e i fantasmini, con varianti cappello che nemmeno la regina

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Elisabetta. La seconda è se questo desiderio di erudizione asettica serva veramente a qualcosa. Mi interessa davvero sapere esattamente di che anno, materiale, stile è questa città? E quando lo so, cosa mi cambia? Il turista vive la città, o la guarda come una tigre allo zoo, da lontano, senza sapere che odore ha, se il suo pelo è morbido, la sensazione che hai nell’abbracciare un corpo così forte e caldo? Conosco meglio Roma se in tre giorni ho visto 15 monumenti o se mi faccio invadere, fermo e silenzioso, da un

FROM ROME

momento come questo? La città va odorata, toccata, abbracciata. La bellezza mi cambia. A volte non lo capisco, non lo codifico. Ma la bellezza è come la musica, arriva anche senza capirla. Basta avere il cuore aperto. Mia madre ci ha tirato su a pane e musei. E ogni volta prima di entrare in uno diceva a me e ai miei fratelli “aprite la mente e il cuore”. Il risultato è che i miei due fratelli, ingegneri, alla parola “museo” vanno in crisi respiratoria e iperventilazione. A me invece quella frase è rimasta, si è ancorata in un angolo di cervello e ogni tanto fa capolino. Qui davanti al caldo saluto di una città eterna, forse poeticamente agonizzante, ritorna e mi commuovo. Penso che questa bellezza è per lei, per tutte le persone a cui voglio bene, è una bellezza che dedico. Perché questa bellezza è anche mia. È di chiunque sia disposto a farla penetrate dentro sé. Intanto si è fatto sera, il rosa tramutato in azzurro confonde le linee definite e rilassa la mente. Il Fontanone si accende e con lui la speranza di mille fidanzati che qui vengono a promettersi una vita in comunione. Ci vengono di notte, quando i turisti, ormai consapevoli che in realtà si chiama Fontana dell’Acqua Paola e che fu costruita nel 1612 sotto Papa Paolo V, si perdono la magia essenziale dei riflessi notturni dell’acqua sulla granitica facciata. Ci vengono di notte, forse inconsapevoli che quella bellezza, quel silenzio, quella città ai loro piedi, quel venticello friccicarello faranno parte per tutta la loro esistenza della loro unione. Ci vengo di notte anche io. Sono qui ora mentre scrivo. 00:33 di domenica 27 novembre. Con l’iPod. Anche da solo la bellezza ti accarezza. La coppietta di fidanzati è già presente, lei tranquilla e lui teso. Un cliché. Tutto attorno silenzio, pace, luci arancio. Io questo silenzio lo amo. Queste luci arancio, queste persone lontane, questi gabbiani. Ascolto “Don’t you remember” di Adele. Mi sembra adatta. Culla la mia mente mentre si perde oltre i colli, l’accompagna, la sostiene con gentilezza. Qualche macchina e un po’ di freddo. Davanti tanto spazio aperto, tutto quello che mi occorre per pensare. Volevo chiuderla così questa giornata in cui una perfetta sconosciuta mi chiama e mi chiede di scrivere le mie emozioni. Che mi conquista con una mail alla terza riga. Che mi parla di coincidenze che non sono mai casuali. E io a tutto questo credo. Quindi anche queste parole che scrivo, tu che le leggi chissà in quale città e che le fai tue, le porti a casa con te, tutto questo spazio immenso davanti a me, tutto, tutto ha un senso. E capisco che tutto non può che andare bene. Paolo Stella, www.paolostella.wordpress.com

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OVUNQUE TI TROVI...

O N L I N E

www.casatrendmagazine.it 23 CASATREND


PEOPLE

INGO MAURER INGO MAURER DI ANDREA PIRRUCCIO

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Scrivere un articolo su Ingo Maurer per una rivista di design equivale ad affrontare un pezzo su Stanley Kubrick in un magazine dedicato al cinema: un’impresa improba. Perché è praticamente impossibile aggiungere qualcosa che non sia già stato raccontato sul ‘poeta della luce’, un artista unico e una delle rare persone baciate dal successo capaci di conservare umiltà e purezza d’animo: ricordo ancora le sue lacrime di commozione quando, nel 2006, gli fu assegnato a Verona il premio Abitare il Tempo in occasione della manifestazione omonima. Lacrime di emozione per un uomo che, da quasi mezzo secolo, raccoglie allori in ogni parte del mondo. Voce timida e imbarazzata per un imprenditore che ha inaugurato la propria azienda nel 1966 a Monaco di Baviera, e che è presente nella collezione del MoMA di New York con le lampade (ma quanto è riduttiva, nel caso delle sue opere, questa definizione) Bulp, Gulp, Light Structure, Little Black Nothing, YaYaHo, Los Minimal Dos, Lucellino Wall, Wo bist Du, Edison...?, Zettel’z e Porca Miseria. Nato nel 1932 su un’isola sul lago di Costanza, Ingo Maurer si forma inizialmente come tipografo, prima di studiare grafica a Monaco di Baviera e quindi lavorare come designer indipendente a New York e San Francisco. Light designer in grado di generare emozioni inconsulte per chi è abituato a confrontarsi con i comuni prodotti di design industriale, Ingo parla di sé come di un seduttore della luce. E in effetti è innegabile che, nel rapporto tra l’artista e il più immateriale tra gli elementi con cui è possibile progettare, la seduzione giochi un ruolo centrale: dalla luce è stato sedotto (pare osservando, da bambino, i riflessi da essa prodotti sui muri e attraverso gli alberi), fino a consacrarle la vita intera; ma la luce è stata a sua volta sedotta da lui, perché Ingo Maurer può piegarla ai suoi scopi e darle la

BangBoom!, lampada con 80 elementi in carta giapponese

forma che preferisce per generare incanto; infine, e que-

prestampata. Disegni di Thilo Rothacker. Edizione limitata.

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PEOPLE 26 CASATREND


sto è l’aspetto più ovvio, Maurer con la luce sa sedurre il prossimo: perché è impossibile non restare ammirati

Nella pagina accanto: Manifold,

dalle sue installazioni o dalle sue lampade, così origina-

lampada a sospensione, da tavolo

li e uniche nell’accostare elementi artigianali e soluzioni

o da parete, in alluminio anodizza-

tecnologiche di alta avanguardia. Gli oggetti luminosi del

to nero. Cinque moduli collegati con

designer di Costanza sono forme ludiche, ironiche, pop:

giunti flessibili.

giochi entusiasmanti ma mai fini a se stessi, in cui la ri-

In questa pagina: Radarrr, lampada

cerca divertita di soluzioni estetiche talvolta azzardate,

a stelo con piatto in alluminio sfac-

altre volte di una semplicità che mira all’essenziale, va a

cettato che riflette e sparge la luce.

braccetto con le più sofisticate soluzioni illuminotecniche su piazza.

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Tra le più celebri opere di luce di Ingo Maurer, sono almeno da citare: Lucellino, lampada quasi disarmante per la sua essenzialità ‘monacale’, fatta di materiali ‘poveri’ (vetro, ottone, piume d’oca lavorate a mano) e che si presenta come una lampadina con le ali, sospesa in aria da due cavi sottili e intrecciati; Zettel’z, un lampadario in cui, attorno al bulbo centrale in vetro satinato, è disposta una serie di foglietti di carta giapponese prestampati o bianchi e pronti a essere riempiti dei pensieri più disparati; Zufall, una lampada in silicone che sembra sciogliersi gocciolando dal soffitto e che può essere annodata e modellata nella forma desiderata; Alizz T Cooper (in metallo, materiale sintetico e tubo di gomma flessibile), la cui sagoma tubolare e allungata richiama quella di un serpente ipnotizzato da un irresistibile incantatore. Uno come Ingo, per intenderci.

Nella pagina accanto, da sinistra: Johnny B. Butterfly, lampadina con schermo bianco in teflon e riproduzioni di insetti fatte a mano. YaYaHo, sistema di luci a sospensione e a basso voltaggio. In questa pagina: Schmetterling, altra lampadina con schermo bianco in teflon e riproduzione di insetti fatte a mano.

Ingo Maurer, www.ingo-maurer.com

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mestiere il mio non è un lavoro, è un mestiere

Sono due mesi che devo scrivere questo testo, inizialmente avrei voluto parlare del mestiere dell’architetto e fare alcune considerazioni a riguardo, sul senso etico, che dovrebbe appartenere alla mia professione. Il tempo però ha cambiato la mia prospettiva e mi sono reso conto che non esiste differenza tra il fare l’architetto e fare

PAOLO ARMENISE architetto

il ciabattino, la differenza sta solo nel senso che ognuno dà al mestiere che sceglie di fare. Mi piace pensare che questa differenza sia la stessa che c’è tra fare un lavoro e fare un mestiere. Infatti, se guardo il mondo del progetto, trovo molti colleghi che scelgono di lavorare e per i quali l’architettura è solo un pretesto, potrebbero fare qualunque lavoro, quello che fanno non ha nulla a che vedere con l’architettura, perché limitandosi a loro stessi, prendono un progetto fatto da altri e lo raccontano come se fosse loro, ne cambiano punti e virgole, e se ne prendono addirittura i meriti. Tale criterio di complicità coinvolge anche il committente, che evidentemente si ritrova convinto anche lui che cambiando la copertina il suo libro racconti una storia diversa. Per chi come me crede nel proprio mestiere, guardare il mondo significa cogliere delle opportunità. La creatività è un enorme opportunità per esempio, come è un enorme opportunità avere il desiderio di guardarsi attorno e approfondire. Il progetto è un’occasione per tutti e anche poterla cogliere; il mondo è il teatro delle opportunità e ognuno deve sapere cogliere quella che fa per sé, piccola o grande che sia, così come avere l’umiltà di accettare che certe opportunità ora non fanno per noi è una scelta che può diventare occasione per approfondire. Dire di no oggi significa magari urlare sì domani, usare il sì degli altri è un lavoro, mentre coltivare i propri sì è un mestiere. Penso al mio amico ciabattino e a quando gli hanno chiesto di creare una scarpa, penso a quando è andato a conoscere chi le scarpe le sa fare e ha capito la differenza. Lui ora sa come si crea una scarpa e quando la ripara, non si limita ad attaccare toppe, ma crea a suo modo un modello, passando con il suo filo tra suola e tomaia crea una seconda magia, la scarpa la fa sua e da lì inizia la sua storia. Per creare la nostra storia bisogna saper rischiare e il rischio non è per tutti. Certo è molto più semplice copiare gli altri, scegliere un contesto riuscito e scriverci sopra con la nostra penna… a volte però le nuove parole non riescono a coprire il brusio della complicità e il risultato ha a che fare più con il rumore di un supermercato, piuttosto che con il silenzio che si crea attorno ad una cosa ben fatta. Credo in ogni tipo di progetto, così come nella possibilità di costruire il mio futuro, credo nel rispetto di chi il mestiere lo sa fare, credo nelle idee, anche in quelle in contrasto con le mie, ho rispetto di chi accetta il rischio e si mette di fronte alla vita credendo in quello che fa. Sono stufo di progetti copiati e di vedere la totale mancanza di etica da parte di chi non sa fare il suo lavoro e sceglie di interpretare con i suoi segni orrendi il mestiere fatto da altri. Sono stufo di tutti quei piccoli uomini che non hanno memoria. Grazie ad Achille, Ettore e ai tanti che hanno saputo insegnarmi qualcosa, perché oggi so che il progetto è un grosso rischio, ma avere un mio progetto e crederci è ciò che mi fa capire ogni giorno quanto ancora c’è da stupirsi e da sognare. Il mio non è un lavoro, è un mestiere e sto ancora studiando per diventare architetto. Forse un giorno riuscirò ad esserlo, per adesso sono Paolo, figlio di Giovanni e Giulia.

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REFIN DI ARIANNA MALAGOLI

Una storia quella di Ceramiche Refin, iniziata nel 1962 come produttore di supporti per piastrelle e oggi, dopo cinquant’anni di evoluzione e sviluppo, identificabile con una produzione di alta qualità progettuale e tecnologica. Parte del Gruppo Concorde dal 1991, l’azienda reggiana ha indirizzato molte delle proprie energie per rispondere alle richieste di un mercato sempre più esigente, sia per quanto riguarda l’habitat

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domestico, sia per ciò che concerne le richieste creative e funzionali del settore contract.

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Un’immagine della collezione Cromie


Un’immagine della collezione Beside

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Un’immagine della collezione Cromie

Nel pieno rispetto dei valori di etica riferita ai rapporti personali all’interno dell’azienda e di tutela dell’ambiente, Refin propone un’ampia collezione di piastrelle in ceramica realizzate all’insegna di una produzione 100% Made in Italy, frutto di una filiera continuamente monitorata dai laboratori di ricerca e sviluppo all’interno dei quali sono coinvolti oltre 15 tecnici, responsabili di tutti i processi produttivi, dalla preparazione degli impasti fino alla pressatura, dalla smaltatura alla cottura, fino alle fasi d’imballaggio.

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Un’immagine della collezione Beside Metallo

Riconoscendo il valore di un filo diretto con il mondo della progettazione, nel 2005 Refin fonda il DesignTaleStudio, officina creativa con lo scopo di raccogliere l’esperienza di designer, architetti, appassionati d’arte e professionisti del marketing e della comunicazione al fine di esplorare soluzioni tecniche ed estetiche innovative. In quest’ottica s’inserisce anche il Refin Studio, inaugurato nel 2009 a Milano, che si traduce in uno spazio espositivo e un’occasione di confronto e di sostegno per il mondo della progettazione.

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Un’immagine della collezione Fabric


Non meno importante è l’impegno di Refin nei confronti dell’ambiente. Ne è un esempio lampante l’innovativo impiego di un pregiato impasto ceramico realizzato con vetro riciclato proveniente da schermi di televisori a tubo catodico. La certificazione Ecolabel, il marchio dell’Unione Europea che attesta i progressi registrati nella selezione delle materie prime, nonché nel risparmio energetico e idrico, così come la certificazione LEED, non fanno che confermare l’attenzione e il rispetto dell’azienda nei confronti dell’ambiente.

Un’immagine della collezione Wood

Ceramiche Refin, www.refin.it

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VALERIO COMETTI designer 38 CASATREND

Crisi “Made in Italy” Lavorare come product designer in una nazione manifatturiera come l’Italia, significa avere quotidiano contatto con la vera condizione dell’economia.

Ho clienti e fornitori in ogni settore, aziende dai 5 a 50.000 dipendenti, con sede nei famosi capannoni prefabbricati, archetipo di un paese che “fa cose”, oppure con prestigiosi “headquarters” guardati a vista da deliziose receptionist o da imbronciati addetti alla sicurezza.

Pagamenti che si allungano, ordini che si rarefanno, dipendenti che si preoccupano, banche che non rinnovano le linee di credito, agenti che non vendono, materie prime che si apprezzano, concorrenti asiatici che si qualificano sempre più...

Sembrerebbe la fine.

Però io vedo anche aziende in crescita, che aprono filiali, che investono con lungimiranza, che pianificano (parola scomparsa dal vocabolario del manager medio), che creano ricchezza.

Purtroppo, non posso fare i nomi nè dei casi negativi (molti), nè dei casi virtuosi (pochi), ma è davvero evidente che la “crisi” viene subita solo dalle molte aziende che lavorano male. Potrà sembrare una visione semplicistica, vi assicu-


ro che la mia è una sintesi estrema dettata dai 2500 caratteri di questa rubrica, ma in realtà basata sulla quotidiana esperienza: l’Italia sta alimentando la propria crisi perchè

sta lavorando male, alla giornata, senza visione, senza strategia, senza piani (niente di quinquennale, per carità, mi accontenterei di 24 mesi!) che permettano di massimizzare il ritorno di un dato investimento, senza rispetto per deadline e roadmap...

Conosco piccole torrefazioni che stanno facendo +40% di export! Conosco un’azienda con 70 anni di storia in un unico settore manifatturiero, inventarsi due spin-off e vedere i fatturati decollare. Conosco un umile fornitore di elettronica, in grado di avere un approccio creativo e di sapersi sedere al tavolo di grandi nomi del design italiano come un autentico partner. Potrei continuare a lungo, ma purtroppo quest’e-

lenco sparirebbe accanto a quello dei “cattivi esempi”.

Detesto toccare con mano la professionalità dei manager di una multinazionale tedesca mia cliente, ma sembrano arrivare da un altro pianeta rispetto ai loro colleghi italiani... Mi

struggo nel vedere quanta “crisi” venga creata dall’incompetenza e dall’incapacità...la crisi “Made in Italy”...

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DADO

POINT OF VIEW

raccontato da C ARLO BIMBI DES IG N ER

Tra gli arredi domestici, sento il letto come il miglior testimone delle vicende umane. E’ come un abito che ci portiamo addosso, lungo tutto il corso della nostra vita. E’ il testimone silenzioso dei nostri giorni; colui che ci accoglie, ci coccola, ci custodisce. Tra tutti gli arredi che nel tempo ci accompagnano è forse quello più antico. Prova ne siano le testimonianze letterarie, i racconti che intorno al letto sono stati scritti... E’ il letto che chiude, seppur temporaneamente, le peripezie di Ulisse, dando finalmente al celebre greco l’agognato riposo. E’ nella camera da letto che il folle Otello fa irruzione, accecato dalla gelosia per Desdemona. Come è sempre lì che la giornata dell’antieroe kafkiano inizia con la terribile metamorfosi moderna dell’uomo ridotto a immondo insetto… Ne “La camera da letto” Attilio Bertolucci rivive la propria vita e quella dei suoi cari, tutti i dolori e tutte le gioie che ogni individuo incontra, in una vera e propria epopea della quotidianità. La camera da letto così non è solo una parte della casa, ma un rifugio dove tutto accade, tutti i sentimenti trovano espressione e riparo allo stesso tempo. Quando mi misuro con il disegno di un nuovo letto non posso fare a meno di pensarlo come qualcosa privo di moda e al contempo ricco di memoria, un oggetto capace d’invecchiare insieme a coloro che lo utilizzeranno. Nel letto Dado, disegnato con Carlo Sironi per la collezione Ottoemezzo, collezione contemporanea di Masson Matiée, ho voluto mettere in evidenza l’essenza stessa del letto: il materasso, il piano che lo sostiene con le gambe e la testata trapuntata. Senza rinunciare a quei dettagli, minimi ma importanti, di sapienza ebanistica e di selleria come fosse un prodotto fatto su misura, quasi un pezzo unico.

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Carlo Bimbi, www.carlobimbidesign.it Masson Matiee, www.massonmatiee.it

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FROM NY DI ANDREA BARBIROLI, photographer

QUELLO CHE NON TUTTI SANNO...


A NEW YORK ACCADONO MOLTE COSE E MOLTO IN FRETTA, SOPRATUTTO DI NOTTE... LE PERSONE CHE ABITANO LA GRANDE MELA FANNO COLAZIONE NEL BAR SOTTO CASA, SI RECANO AL LAVORO, PARLANO CON GLI AMICI SU SKYPE... OGNI TANTO, ALCUNE DI QUESTE PERSONE USANO LA CREATIVITA’ PER DIVERTIRSI E TINGERE LA NOTTE DI MILLE COLORI.

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info@andreabarbiroli.com


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DI ANDREA PARACUCCHI

SHOREDITCH HOUSE

PLACE


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PLACE

Shoreditch House occupa gli ultimi tre piani del vecchio Dickensian Tea Building di Londra, originariamente costruito nel 1896, e fa parte del gruppo Soho House, fondato nel 1985 come “members only club” che raccoglie i creativi provenienti principalmente dal mondo del cinema, media e design. Fino a dieci anni fa una zona considerata fuori Londra, Shoreditch è poco a poco diventato un quartiere “in” grazie alla presenza di svariate gallerie d’arte, e agli ex stabilimenti industriali trasformati in loft mozzafiato dai prezzi astronomici. Shoreditch House ha cercato di mantenersi fedele alle origini dello stabilimento che la ospita. Aperto nel 2007, il club ha cercato di ristrutturare lo stabilimento senza stravolgerne le caratteristiche originali. Usando il più possibile materiali naturali e riciclati la ristrutturazione sembra non aver intaccato l’identità industriale dello stabile che trasuda dai mattoni e travi a vista che ancora carat-

Shoreditch House – Londra - www.shoreditchhouse.com 46 CASATREND


terizzano gli interni. Il carattere dello stabile viene accentuato dall’attenzione che Tom Dixon ha avuto nel curare l’interior design. Dixon ha infatti utilizzato opere di Twentytwentyone, George Smith, Tim Somers, Chamelon Interiors, associati a pezzi unici da lui creati appositamente per rendere Shoreditch House uno spazio unico.E come se questo non bastasse, il club vanta una terrazza con giardini, lettini prendisole, e piscina riscaldata che offre ai suoi ospiti una vista unica sulla City. Il club comprende inoltre svariati bar, ristoranti, sitting rooms, e 26 camere da letto riservabili esclusivamente dai soci. Gli unici spazi accessibili ai non soci sono Aubin Cinema e Cowshed, una sala cinematografica di lusso che può ospitare un massimo di 45 spettatori, ed una Spa con ambienti eccezionali che riflettono gli standard dettati dal gruppo SohoHouse.

Soho House Group – www.sohohouse.com 47 CASATREND


FROM PARIS

DI PAOLO FESTA, photographer

CAMBIANDO PROSPETTIVA...

Esistono molti modi di osservare ciò che ci circonda e se ci capita di cambiare prosettiva, ogni cosa assume un significato totalmente diverso. L’occhio di un creativo è sempre un punto di vista che vale la pena condividere.

Sopra, un’immagine del Quai Branly e a fianco, l’Obelisco. 48 CASATREND


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J A F F A APARTMENT DI PAOLO RUGGIERO

Mattoni e volte antiche incrostate di salsedine e nascoste a lungo da altri strati riprendono a respirare il Mediterraneo, grazie a una ristrutturazione firmata dall’architetto Pitsou Kedem di Tel Aviv. Giaffa, dove

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si trova questa casa, è un luogo citato anche nell’Antico Testamento: è il porto storico di Tel Aviv sul Mediterraneo dove, secondo il racconto biblico, vennero scaricati i cedri del Libano utilizzati per la costruzione del Tempio di Salomone. Durante il medioevo era il principale porto della Palestina per i mercanti europei, punto d’approdo anche per le galee veneziane che trasportavano i pellegrini in visita a Gerusalemme. E per quanto non sia facile determinare con esattezza l’epoca di questi mattoni, è chiaro che si tratta di centinaia di anni, e che fin troppe variazioni si sono sovrapposte nel tempo sulle pareti. La posizione di questa casa di cento metri quadri è unica: sovrasta il porto, verso ovest, con tutte le sue aperture sul Mediterraneo e screziato da una luce che ci raccontano incantevole, con stellate magnifiche anche in inverno. Ma nel corso degli anni le variazioni e superfetazioni patite dall’edificio nel succedersi dei proprietari (e dei conseguenti ripensamenti) ne avevano danneggiato le qualità e le proporzioni, al punto che nemmeno i collaboratori di Kedem si attendevano un risultato così sorprendente dopo l’intervento. L’architetto si è ostinato a voler ritrovare l’aspetto originale, riaprendo gli archi ostruiti e operando un ripristino certosino dei materiali originali, e della combinazione di mattoni, ceramica e sabbia, solida e delicata al tempo stesso.

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Così questa ristrutturazione è stata soprattutto una accurata, amorevole ripulitura, che ha richiesto ore di pazienza e lavoro. Ogni elemento estraneo è stato rimosso, grattati via i rivestimenti murali più recenti, ogni mattone riportato attraverso un meticoloso “peeling” al suo stato originale. Il risultato ha ripagato con una magia imprevista: l’interno, ritrovati i propri volumi, ha ripreso a vibrare di una luce ascetica. Allora si è deciso di intervenire al minimo, ricorrendo a pochi materiali per inaugurare un sobrio loft abitabile: ferro, acciaio inox, Corian sono

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stati distribuiti con misura nell’arredo, o attorno le aperture e le varie partizioni. L’insieme è ora sorprendentemente armonico e equilibrato: questa casa è un luogo privilegiato, una “porta senza porte” che collega lo spalancarsi del Mediterraneo direttamente alla spiritualità dei suoi abitanti, e che raggiunge forse il suo zenit di bellezza nell’ora-blu, quell’attimo prima del crepuscolo dove il cielo in effetti ricorda quello di un presepe, atmosfera quasi sconosciuta a chi abita in città e lontano

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dal Mediterraneo.

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Pitsou Kedem Architect, Tel Aviv, www.pitsou.com

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FOOD TREND

La cottura in lavastoviglie permette anche a chi non possiede strumenti professionali di cuocere a bassa temperatura. Cuocere mentre si lavano i piatti permette poi una significativa riduzione dei consumi di acqua ed energia rispetto al quantitativo usato abitualmente per cucinare. È forse insieme al forno solare l’unica tecnica per cuocere a impatto zero, solo che rispetto a quest’ultimo è molto più diffusa nelle case. Le lavastoviglie da utilizzare per questo tipo di cottura sono quelle di tipo domestico, potete realizzare questa ricetta con qualunque modello di lavastoviglie purché sia di classe A. Questa ricetta propone una cottura a bassa temperatura del tonno alletterato abbinato ad agrumi, un piatto sano e buonissimo in cui la cottura con il lavaggio Rapido permette di avere carni tenerissime e non stoppose. Provare per credere! Lisa Casali, foodblogger e scrittrice, è l’autrice del blog Ecocucina e dei volumi La cucina a impatto (quasi) zero e Cucinare in lavastoviglie (entrambi editi da Gribaudo Editore). Esperta di tematiche ambientali, da diversi anni si dedica a progetti per la riduzione degli sprechi e dei consumi in cucina. Collabora con Lifegate, Il Fatto Quotidiano, Valore Alimentare e altre testate. Potete vederla tutti i sabato mattina su RAI 1 nel programma Uno Mattina in Famiglia dove tiene una rubrica di cucina chiamata “La cucina Eco-nomica”. Potete seguirla anche su Twitter come Liscalisca o su Facebook nella gruppo Ecocucina o nella pagina Cucinare in lavastoviglie.

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TONNO ALLETTERATO Il tonno alletterato non è al momento sovra sfruttato, per cui è una valida alternativa per chi ama le carni tenere e con poche spine, tipiche del tonno rosso o pinna gialla. Lavate e asciugate il trancio di tonno e privatelo della pelle. In una ciotola mescolate l’olio con il miele. Con un riga limoni ricavate delle strisce di scorza dagli agrumi e unitele all’olio e al miele. Inserite il trancio di tonno nel sacchetto per il sottovuoto e aggiungete la salsa agli agrumi. Chiudete il sacchetto e disponetelo in lavastoviglie. Avviate il lavaggio Rapido. Al termine del lavaggio riponete in frigorifero se non volete consumare subito il tonno. Prima di portare in tavola aprite il sacchetto sottovuoto, raccogliete il fondo di cottura in un pentolino, unite il succo del limone e dell’arancia e fatelo restringere sul fuoco fino a quando si sarà dimezzato, caramellandosi. Scaldate una padella e, quando sarà ben calda, fatevi rosolare velocemente il trancio su tutti i lati. Tagliatelo a fette sottili e suddividetele nei piatti, irrorando con la salsa agli agrumi. Salate, pepate e servite.

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GIOVE LAB DI ALESSANDRA SANTI

Ogni storia perché si dica tale nasce da un atto di coraggio e di amore. Questa è la storia di Giorgia Brunelli e Veronica Vianini due artiste-artigiane nelle cui vene scorre (senza dare troppo nell’occhio), una dose elevata di pacata poesia. La poesia, o meglio “l’arte del sogno”, loro ce l’hanno dentro e da pochi mesi ha preso forma in creazioni tanto oniriche quanto materiche nel loro nuovo laboratorio-progetto: Giove lab, nato dalla fusione dei loro nomi e delle loro rispettive competenze. Un incontro ad alto tasso emotivo-creativo, due temperamenti complementari la cui armonia diventa tangibile quando si ac-

ESSENTIAL

coglie tra le mani una loro opera. Le loro collezioni fanno l’occhiolino all’ Alice di Carrol: gli oggetti del quotidiano – realizzati in porcellana e tessuto cementificato - si mescolano con garbo a creazioni artistiche surreali, per un mix onirico mai fine a se stesso. Un’oscillazione tra utile e dilettevole, dove la natura invade silenziosamente il campo dando vita a una serie di oggetti poetici ed eclettici che attinge al mondo naturale-reale e parla il linguaggio del sogno. Loro si dicono artigiane per caso ma quando qualcuno ha la poesia dentro può essere qualsiasi cosa, ma non certo per caso. Spinte da una sorta di primordiale attrazione verso la materia, quella naturale, grezza, antica, hanno iniziato a lavorarci per gioco, ma da subito è nato un amore profondo, un impulso irresistibile di creazione, quello, per intenderci, che dal cuore si trasmette alle mani e preme potentissimo per uscire. Le argille arrivano nel loro laboratorio sotto forma di grossi pani rettangolari, da cui si librano oggetti leggerissimi, volatili, sottili come fogli di carta, in una sinfonia di pieni e vuoti, che superano la loro intrinseca pesantezza. L’ispirazione giunge dal mondo della natura di cui giornalmente si circondano e da cui si allontanano a fatica. A lavoro concluso spesso portano le loro opere-creature in casa propria e sentono l’intima necessità di scriverci qualcosa accanto, frasi brevissime, come in un componimento haiku, parole che diventano poi titolo dell’opera. La terra che le consente di librare la leggerezza che cercano, creando forme o aggregati di forme che si possono leggere come una specie di poesia solidificata, è la porcellana. Un materiale amato per il suo candore e la sua translucenza, perché vellutato allo stato grezzo e così morbido che qualsiasi materiale (la venatura di una foglia, la trama di un pizzo o la traccia di un filo di lana..) vi lascia un segno

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indelebile e perfetto. Perché la porcellana è solida, eppure semi-trasparente, robusta nel suo essere lieve. Perfetta anche in purezza, priva di smalti. Accanto alla porcellana, come supporto al suo biancore, utilizzano metalli grezzi, a volte riciclati, scuri, ruvidi, poveri che agiscono come l’elemento o-scuro, imperfetto, una specie di disturbo materico nel bianco dominante, l’elemento che serve a rimettere equilibrio tra le parti. Niente può essere perfettamente bianco (puro), o perfettamente nero. Lo stesso procedimento di astrazionelirismo avviene per le installazioni in tessuto che Veronica irrobustisce con colla e stucco e altri ingredienti segreti. All’improvviso un oggetto perde la sua natura e diventa tutt’altro nella sua immaginazione, ciò che lei offre è un punto di vista altro. Gli oggetti vengono strappati dal loro contesto, scomposti e rimpastasti con ironia, assumendo una nuova veste all’apparenza fragilissima. Ama rendere forte ciò che è delicato: un pizzo o un tessuto morbido assumono forme solide e stabili, mentre ciò che è deciso e rigido come una sedia può sciogliersi e perdere la sua funzione originaria. In fondo, la vita non è che un gioco di punti di vista, un’oscillazione tra gli estremi, a volte, come per magia, si trova un equilibrio e quello forse, è proprio il centro. “Penso che ogni individuo abbia un suo intimo, personale, talvolta inspiegabile pensiero riguardo al concetto di arte. Il mio pensiero è decisamente emotivo. L’arte mi colpisce prima il cuore, come un fascio d’energia ad altissima velocità, poi, lentamente, coinvolge la mia testa. Come una poesia, deve essere breve, diretta e vagamente scarna, senza bisogno di tante spiegazioni.” Giorgia Brunelli

Giove Lab, www.giovelab.it 63 CASATREND


LUNE DI RACHELE MORRIS

NO PRODUCER

La storia di Lune è semplice: alla fine dei suoi studi, il designer anglo-francese Jérémy Guénolé decise di dar vita ad una lampada che avesse carattere, ma che al contempo potesse diventare personale, senza limitarsi al suo aspetto e alla sua funzione standard ai quali ormai siamo abituati. L’idea era di soddisfare i bisogni degli utenti tramite un sistema interattivo semplice e immediato, che fosse in grado di adattarsi a tutte le fasi della quotidianità, dal lavoro alla semplice lettura. Nel presente, Lune risponde egregiamente e in maniera eclettica a queste richieste, incastonando all’interno di una struttura tubolare scura un nucleo bianco che richiama, sia nell’aspetto che nel nome, le fattezze del nostro satellite. Nonostante le dimensioni, Lune è leggera alla vista, satura di un senso di equilibrio e delicatezza, quasi fragile. Il grande diffusore centrale emette una luce soffice, calda e avvolgente, ricreando le sfumature e le ombreggiature dei cicli lunari, dando così origine a ambienti accoglienti e dal fascino onirico. La particolarità di questa innovativa lampada è tuttavia riposta nella sua indiscussa funzionalità. Guénolé ha infatti reso possibile, tramite un unico semplice movimento, la variazione della posizione del nucleo da ‘diffusore’ a ‘riflettore’, così da creare a seconda delle necessità un’illuminazione diretta o indiretta all’interno della stanza. L’abbraccio totalizzante della luce di Lune sarà per voi un indimenticabile viaggio nel mondo dei sogni.

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Jeremy Guenole, www.jeremyguenole.com

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SPECIALE DI GABRIELE GANDOLFI

Azienda: FREZZA Prodotto: DR Designer: CLAUDIO BELLINI Caratteristiche: La collaborazione con Claudio Bellini ha condotto alla creazione di nuove finiture al sistema direzionale DR, che continua tuttora a riscuotere grande successo. La collezione è contraddistinta da un design accattivante e da un’altissima qualità dei materiali da cui è composta.

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OFFICE

Azienda: manerba Prodotto: revo Designer: GIOVANNI GIACOBONE e massimo roj Caratteristiche: Spazio di lavoro pratico, misurato, confortevole e dallo spiccato senso estetico. Revo è una collezione caratterizzata da una grande attenzione riposta nella ricerca dei materiali utilizzati, nelle finiture e nell’accostamenti delle parti, per la creazione di ambienti semplici ed eleganti.

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SPECIALE Azienda: babini Prodotto: goggle Designer: danny venlet Caratteristiche: Dimensioni imponenti e forme arrotondate disponibili in plurime varianti, con sorprendenti giochi tra l’effetto laccato lucido e quello opaco. Aspetto elegante e funzionalità spiccata, per manager e presidenti che desiderano il meglio, in ambienti sofisticati e di valore.

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Azienda: fantoni Prodotto: quaranta5

Caratteristiche: Con arredi tali da fornire tutti i comfort, Quaranta5 è una collezione di qualità , conforme alle nuove normative europee che modificano gli standard dimensionali dei complementi per ufficio. Disponibile con finiture bianco Tibet, grigio sasso, rovere Galles e teak biblos.

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SPECIALE Azienda: battistella Prodotto: blog

Caratteristiche: Blog aumenta le sue potenzialità , allestendo l’ufficio con interessanti soluzioni dal design semplice e i piani dalla linea sottile. Le strutture in metallo sono solide, perfettamente gestibili e altamente personalizzabili. Ottimo per uffici operativi, uffici direzionali e banchi reception.

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Azienda: dieffebi Prodotto: tambours

Caratteristiche: Le armadiature Tambours sono fornite di un’unica porta scorrevole a serrandina, e disponibili in altezza e larghezza variabili. Sono classificatori adatti a tutti gli ambienti direzionali e lavorativi. Dotate di maniglia di facile presa e magnete per agevolarne la chiusura.

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SPECIALESPECIALE Azienda: tecno Prodotto: shift Designer: foster + partners Caratteristiche: Tecno presenta Shift, la nuova collezione per l’office. Scrivania con possibilità di top access (per il pratico passaggio dei cavi), contenitore e libreria, tutto caratterizzato da un design pulito ed essenziale. Il colore neutro ne garantisce un perfetto collocamento in ogni habitat.

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Azienda: molteni&c Prodotto: 505 Designer: nicola gallizia Caratteristiche: 505 va di pari passo con le richieste dell’utenza, inserendo nei suoi prodotti elementi dedicati, come nuovi vani per multimedia dotati, a richiesta, ricetrasmettitori di segnali audio-video, scrittoi cablati, ante saliscendi o a ribalta da un lato.

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SPECIALE Azienda: b&b Prodotto: ottochairs Designer: antonio citterio e toan nguyen Caratteristiche: La linea di sedute Ottochairs si profila in numerose varianti, adatte ad ogni genere di situazione e ambiente. Con rivestimento integrale o parziale, con braccioli o senza, le sedie sono create con una scocca in plastica confortevole e dal look esclusivo.

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Azienda: uffix Prodotto: yo Designer: driusso associati architects Caratteristiche: Uffix presenta YO, il nuovo sistema che risponde egregiamente a tutte le esigenze operative richieste in un ambiente manageriale e direzionale. Workstation, open space, zona meeting, executive e reception: è un prodotto altamente dinamico e personalizzabile.

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Racconto di Paolo Armenise

CHIACCHIERE DI ARCHITETTURA

Siamo a dicembre 2011, un altro anno se ne sta per andare, tra poco è il 2012, il punto è quanto sia giusto scrivere di quello che è in termini di architettura e quindi parlare di qualcosa che è già passato, o concentrarsi su quello che verrà. Quello che riempie gli occhi del nostro oggi, anche se non ce ne rendiamo conto, condiziona la nostra vita. Chi viaggia come me ed è vittima dei tempi lenti dell’auto se ne accorge quotidianamente; la coda ti permette di guardarti intorno e a volte ho l’impressione che la stessa sporcizia che segna i bordi delle nostre autostrade e delle nostre tangenziali, segni anche il nostro panorama architettonico. La mia impressione ricorrente è quella della totale mancanza di una dialettica architettettonica, perché oramai è uso considerare l’architettura alla stregua dei banner che appaiono nelle pagine di internet, il tema è quello dell’accento, tutto il resto sta diventando come le condizioni a margine di un contratto, piccole cose in grado realmente di segnarti la vita, una sorta di ipoteca quotidiana in cui accettiamo di avere le nostre natiche sedute in una macchina scintillante dimenticandoci delle rate, degli interessi e del giorno in cui quelle rate saranno il nostro problema. Credo che il problema che ha segnato l’Italia a partire dal dopoguerra sia la mancanza di un piano, l’Italia è il paese delle postille alla riga precedente e questo ha concesso e concede quotidianamente libero campo all’eccezione dei singoli in deroga alla regola dei molti, il tema della nostra quotidianità non è mai stato il programma di quello che sarà, ma l’accorgerci di quello che è: il risveglio dal nostro sonno è stato, a seconda degli anni, la scoperta di esigenze che neanche pensavamo di avere. Prima ci hanno raccontato dei palazzi, poi delle villette a schiera, poi ci hanno detto che dovevamo lasciare il centro mandandoci in periferia, poi la periferia è diventata centro, così ci hanno spostato nella nuova periferia e insegnato a mangiare supermercato, poi ci hanno detto di mangiare bottega, e ancora ci hanno detto di mangiare bottega dentro l’ipermercato, ci hanno detto di accendere la luce, poi di spegnerla. Ci hanno educato a vetro, per dirci poi che era meglio la plastica. A tutto ciò è corrisposto il fiorire dell’architettura. Adesso ci stanno parlando di co-housing e chi ce ne parla sono gli stessi che ieri ci parlavano di villette a schiera e a me, a prescindere dal tema che considero interessante, tutto questo mi mette un

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po’ di angoscia. Siamo la nazione degli architetti per tutte le stagioni, la velocità del cambio del linguaggio è superiore al mettersi in moto della coscienza. Questo è dicembre 2011, questo è ciò che è, che genera in ognuno di noi la necessità di drogarsi. Siamo come la mucca Milka, stiamo implodendo, dentro di noi le barricate sono sempre più alte. C’è chi è deficiente come me e si compra prima la Jeep e poi la moto sperando in una fuga parallela alla quotidianità, altri si pitturano il mantello di viola, chi fotografa la realtà in 8x8 con l’iPhone e chi non ha mai smesso di farsi le canne. Ci stanno cambiando l’orizzonte senza neanche la necessità di prepararci o di spiegarcelo, ma ciò che cambia realmente intorno a noi non è la città o il quartiere, quello che sta cambiando a una velocità incredibile è il nostro potere di acquisto delle azioni della Vita S.p.a. Tra poco è 2012. L’impressione mia è 2011, 2010… la consapevolezza che continuo ad avere dentro di me mi riporta ad un’immagine, quella dell’armata Brancaleone. Penso a Vittorio Gassman e a Aquilante e mi convinco che siamo un esercito, il nostro futuro dipende da noi e da quello che facciamo, pensiamo, dalla verità di cui ci nutriamo. Ciò di cui abbiamo bisogno decidiamolo noi. Penso al 2012 e mi auguro finalmente di svegliarmi e urlare con tutto il fiato che ho dentro: chi sono? Un architetto. E ne ho piene le balle dei geometri, delle mini lauree, delle deroghe e delle eccezioni. Qualche scienziato vuole abolire gli ordini professionali, chiariamoci, non che l’esistenza dell’Ordine degli Architetti abbia mai tutelato l’Architettura, anzi, ma da lì a credere che sia giusto il “macellaio architetto” ce ne passa. Piuttosto facciamo fare ad ognuno il proprio mestiere, stabilendo delle regole chiare e precise, regole che siano le stesse per tutti, diamo dei gran calci nel sedere a tutti i dirigenti, figuranti e lacchè degli uffici urbanistici. Un anno di soggiorno obbligato in uno qualunque degli interventi urbanistici da loro autorizzati credo che sia un’ottima anticamera alla loro dipartita. ARCHITETTURA e non chiacchiere da salotto, matita in mano e pedalare, questo auguro a me e a tutti i miei colleghi per il 2012.

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