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• Mantova e Ca’ Gioiosa • Via Trieste, 44 Curato da Associazione Cultural

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Associazione di Promozione Sociale iscritta al Registro dell’Associazione della Provincia di Mantova negli ambiti: civile-sociale, culturale e attività sociale. Decreto n. 17/2007

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SOMMARIO

Foto Raffaello Repossi

Le parole e le cose Velo spiego Signora in rosa La seduzione della parola e dell’ascolto Al cinema la fotogenia non basta Se il rinascimento è di moda Un’arte sempre uguale La seduzione delle statue Quando un piatto ti strega La seduzione è nota

SEDUZIONE

febbraio

gioiosa


È la seduzione l'argomento monografico di questo numero di “Ca'rte”. Meno scontato di quanto appaia, il sedurre riguarda sì la bellezza ma non si esaurisce con essa. Anzi, a ben vedere il primo stadio consiste nell'attrazione verso ciò che eccepisce alla regola e quindi incuriosisce o meraviglia; solo in un secondo tempo vengono conquistati, cioè sedotti, i sensi. Ciò accade in modi e in àmbiti assai diversi, che gli articoli seguenti si incaricheranno di esplorare. Dall'arte figurativa al cinema, dalla moda alla culinaria, dagli usi e costumi alla musica, le produzioni umane indulgono quasi necessariamente a forme eccentriche o estreme, per suscitare stupore e insinuare una bellezza che rapisce. La reazione ultima è il piacere – non tanto fisico, quanto psicologico ed estetico. Quel piacere insomma che non si placa in un'azione, ma abbisogna di contemplare la persona, l'oggetto o il fenomeno che seduce. Addirittura, talvolta sono seducenti più le parole che le cose. Perché le seconde appartengono comunque alla realtà pragmatica, mentre le prime possono evaderne, imprecise e approssimative come sono, e però capaci di fughe e di scarti, di graffi e di voli. Leggetele, inseguitele, lasciatevene trascinare verso i territori ove l'immagine si stempera nell'immaginario. Claudio Fraccari

“Se vuoi essere amato, sii amabile: e questo non te lo daranno solo l'aspetto e la bellezza. […] Aggiungi ai pregi fisici le doti intellettuali. La bellezza è un fragile bene, con il passare degli anni diminuisce e si consuma lungo il suo stesso corso: né le viole né i gigli sbocciati sono sempre in fiore, e, persa la rosa, rimane solo la rigida spina. Anch per te, che sei bello, verranno i capelli bianchi,

presto verranno le rughe a solcarti il corpo. Costruisce un animo che resista al tempo, e aggiungilo alla bellezza; esso solo dura fino all'estremo rogo. Impegnati a coltivare le arti liberali […] Non era bello Ulisse, ma sapeva parlare, e per lui spasimarono d'amore le dee marine”. (OVIDIO, Ars amatoria)

Foto Giovanni Fortunati

Le parole e le cose

Velo spiego

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delle nozze il velo gioca un ruolo rilevante, tanto che uno dei momenti del rito ha il nome di “anakalyptérion”, lo svelamento, diffuso in tutto il territorio greco. Questa usanza risale ai tempi dei miti greci e precisamente alle nozze del dio Zeus con Chtonia, la terra profonda. Dopo tre giorni di festa di nozze il dio, di fronte alla sua sposa, le sollevò il velo, che lui stesso le aveva donato e le rivolse alcune parole: “Salute a te, vieni con me!”. Nel rituale dei matrimoni greci antichi la donna viene velata nella casa paterna da una donna della famiglia che la affiancherà nel corso dell’intera cerimonia. Lo svelamento può avvenire già nella casa del marito o prima del corteo nuziale ed è lo sposo a svelare la futura consorte davanti a dei testimoni. L’atto di sollevare il velo sancirebbe il possesso sul corpo della donna attraverso un rituale pubblico che prefigura ciò che poi avverrà nell’intimità del letto nuziale. Nel Medioevo, contesto in cui la donna non gode di diritti civili e politici, il velo sancisce l’appartenenza della donna a un uomo - padre, fidanzato marito -, evidenziandone lo status: solo le adolescenti e le giovani donne non fidanzate possono portare i capelli sciolti sulle spalle. Il taglio dei capelli della donna sposata simboleggiava la rinuncia alla vanità femminile. Il capo della donna virtuosa sposata veniva pertanto protetto e adornato dal velo. Così accadeva anche nella preparazione per la consacrazione delle suore fino ai nostri giorni: il taglio dei capelli simboleggiava la rinuncia alle “vanità terrene” e segnava una fase ben precisa in preparazione del matrimonio mistico con Cristo. Nel corso dei secoli nella religione cattolica, come pure in quella musulmana anche se con modalità diverse e con un velo di tessuto e di fattura diversa, il velo ha assunto funzione di rispetto verso il sacro, fondendosi con l’utilizzo a valore protettivo del velo nei due diversi contesti culturali oltreché religiosi. Questo quasi paradossalmente sembra un rimando all’antico significato che aveva il velo nelle società matriarcali: rispetto e celebrazione della sacralità del corpo femminile. Stefania Viapiana

Foto Giuseppe Tripodo

Simbolo antico nel vestiario della donna mediterranea è il velo che ha sempre scandito le tappe più significative della vita femminile, dal momento in cui la donna diventa sposa a quello della maternità fino alla fase del lutto, come a quello della vergine consacrata a Dio. I significati attribuiti al velo sono molteplici: dal “coprire” qualcosa con un tessuto trasparente e fine, al “velare” per poi “svelare” o “rivelare”, semplicemente con un’“alzata del velo” che ricopre la donna. La funzione del velo oscilla principalmente fra questi due opposti significati: “coprire” per proteggere (dagli sguardi di altri uomini per esempio), fino alla negazione della femminilità; oppure, all’opposto, “velare” per “svelare” o “rivelare”, divenendo strumento di seduzione e di esaltazione della bellezza femminile: basti pensare alla Danza dei Sette Veli. Danza che a tutt’oggi rimane collegata al mistero-mito di Salomè e allo sguardo pieno di desiderio di Erode, il quale promette alla giovane, in cambio di una sua danza, “qualsiasi cosa vorrai, fosse la metà del mio regno!”. In realtà la danza del ventre ha origini antichissime e aveva la funzione di celebrare la fertilità nelle antiche società matriarcali della Mesopotamia. Poi divenne, nelle corti dei principi orientali con molte mogli, forma di intrattenimento nelle cerimonie. La diffusione della danza del ventre, soprattutto in occidente, è stata collegata a un ruolo passivo della donna, al controllo della sessualità femminile fino a una visione pornografica del corpo delle donne. Maria Strova, danzatrice del velo professionista, nel libro “Salomè - Il mito - La danza dei Sette Veli” (De Angelis Art, 2011), invita la donna di oggi a interpretare la danza dei Sette Veli celebrando il femminile, sperimentando la propria autentica sensualità così da acquisire maggiore conoscenza di sé e delle proprie capacità espressive. Per la Strova “ogni donna ha una sua Danza dei Sette Veli da interpretare”. Nell’antica Grecia il velo, oltre a proteggere la donna dalla polvere nelle poche uscite da casa, ha la funzione di salvaguardare la reputazione di chi lo indossa: la donna virtuosa e perbene non può non possederlo. Nel rituale


La luce entra gioiosa in questo studio dalle molte vetrate orientate a ovest e ad est. Una cattedrale nel deserto, un open space che sorge tra officine e campagna padana. E il rosa è ovunque, una nota caratterizzante e dominante che parla di Caterina, che è Caterina.

So che hai ereditato da tuo padre questo ambiente: aveva qui il suo laboratorio di falegnameria e le sue collezioni di oggetti legati alla cultura contadina. Ho ereditato molto di più di uno spazio, perché la mia passione per collezionare i peluches deriva senza dubbio dal suo esempio. A proposito, certo i mantovani ricordano la tua istallazione con centinaia di peluches sulla facciata laterale della Casa del Mercante durante Mantova Creativa 2012. Parlamene per favore. Per raccoglierli c’è voluto molto tempo ed ho dovuto attivare tutte le mie conoscenze e il passaparola. Sono anche andata sui sagrati delle chiese, nelle scuole e ho aperto il giardino di casa a grigliate e riunioni conviviali. È stato entusiasmante, ma che fatica! Senza il mio compagno (che veglia sul nostro incontro n.d.r.) non sarebbe stato possibile. È stato lui a incoraggiarmi e a sostenermi nella fatica e negli inevitabili contrattempi che hanno caratterizzato quella macchina da guerra che è stata la raccolta dei peluches. Si presentavano a tutte le ore reggendone uno o più tra le braccia e me li lasciavano contenti: solo i più piccoli però perché dall’adolescenza in su non se ne vogliono più separare. La nostra casa era invasa dai peluches e dalle persone che si informavano sullo stato della raccolta e si davano da fare per il progetto. Raccontami come è nata l’idea di questa insolita opera d’arte e che messaggio vuole veicolare. Hai usato il verbo giusto perché nella mia intenzione questa istallazione dovrebbe essere itinerante: infatti il progetto prevede di inserire l’istallazione in diverse località italiane: Mantova ne è stata il prototipo. Intanto i peluches riposano nella rimessa sotto naftalina in attesa che questo progetto possa realizzarsi. L’idea era nata proprio alla vista di una discarica. Mi sono chiesta se non era meglio salvare dal degrado questi oggetti così legati all’affettività dei bambini, farli rivivere in un’opera d’arte. E i bambini hanno risposto. Diciamo che si sono lasciati sedurre. Quando venivano qui io li fotografavo e loro si sentivano parte dell’opera d’arte che si stava formando e hanno donato con l’entusiasmo che li caratterizza e in cui mi riconosco. Io ho un carattere peluche, giocoso, però di fronte alle difficoltà ho spesso la tentazione di mollare. Qui entra in campo la positività del mio compagno che vuole sempre arrivare in fondo ai progetti: io sono per la creazione, per la fase iniziale, i dettagli burocratici mi sfiniscono.

Caterina Borghi, Progetto pelouches, disegno acquerellato

Perché tra le tante facciate avete scelto proprio quella? Abbiamo girato tutta la città prima di individuare la location giusta. Serviva una facciata di prestigio, ma nemmeno troppo imponente per ospitare questa favola pelosa. Questo lato della Casa del Mercante è penalizzato dal più prestigioso

Come è stato il tuo percorso professionale? Dopo una formazione artistica all’Accademia di Brera a Milano, mi sono laureata in Farmacia per motivi di famiglia e tuttavia non ho voluto continuare in questo percorso professionale perché sentivo di potermi realizzare solo attraverso la pratica dell’arte, che mi occupa tuttora a tempo pieno. Anche se a un osservatore superficiale la mia pittura può sembrare frivola, in realtà sono impegnata da sempre in una rappresentazione artistica dalla connotazione fortemente sociale. Lo hanno ben capito i miei concittadini che hanno utilizzato un mio quadro per stampare migliaia di magliette destinate a una raccolta fondi per i danni del sisma che ha colpito duramente questa terra. Anche il motivo della seduzione, che implica sempre relazione, è molto presente nelle mie opere con una connotazione sociale. Per esempio ho illustrato un libro dal titolo Sesso e volentieri utilizzando teste di animali per caratterizzare i personaggi, metafore per una lettura simbolica dell’opera come accadeva sempre nell’arte antica: in libreria lo trovi al reparto sociologia. A voler guardare attentamente vi è relazione fra tutte le cose e, anche tra culture molto diverse, si trovano nessi molto significativi. Fammi un esempio... Per un certo periodo ho utilizzato una tecnica di laccatura a olio rossa suggestionata dalla pittura usata tradizionalmente nella decorazione dei carretti siciliani: una forma d’artigianato assurta ad arte vera e propria anche se oggi meno praticata. La mia è una pittura di storie e di simboli che utilizza una forma moderna per esprimere concetti universali legati all’uomo, alla sua vita di relazione, ai suoi difetti e alla sua fisicità. Per questo troverai spesso allusioni sensoriali: mai volgari, piuttosto, ironiche. Mi fai pensare ad una pittura colta, la cui chiave non è per tutti: come era nell’arte dei secoli passati. Simbologia e presa in giro svolti con lievità, gioco di parole, un non prendersi troppo sul serio facendo un lavoro molto serio. Cosa seduce te? La bellezza di un essere umano e l’armonia mi seducono, mi danno gioia. Come il colore: senza non potrei vivere. E ciò vale anche per il gioco, le favole, il sogno, il cibo. Ero una bambina molto creativa che modellava la pasta alimentare per fare le collane. E poi, da grande, ho fatto la stilista per mantenermi perché non mi piaceva insegnare e a casa mia fare l’artista equivaleva a dire che non facevo nulla. La moda si vede nei miei quadri: lavorare per grandi nomi del made in Italy mi ha permesso di girare il mondo e di crescere. Colleziono riviste di moda fin da ragazzina, rinunciavo al cinema per comprarle. I giornali patinati mi seducono, mi emozionano e mi nutrono con suggestioni importanti per il mio lavoro. Sfogliarli è come cercare un elfo nel bosco.

Guardo negli occhi Caterina mentre mi racconta questa cosa dell’elfo con tanta naturalezza e sincerità che mi domando quando abbiamo perso noi, diversi, la voglia di credere alla magia. Mara Pasetti

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Foto Mara Pasetti

Conversazione con Caterina Borghi

prospetto che affaccia su Piazza delle Erbe: mettere qui l’istallazione obbligava i passanti a osservarlo. Pensa che, nella prima fase del montaggio, abbiamo messo una rete che serviva sia da protezione alla facciata che da sostegno ai peluches e tutti credevano, preoccupandosi, che la facciata fosse stata danneggiata dal sisma di qualche giorno prima. Così anche i mantovani si sono appassionati al progetto attivandosi nella raccolta. Alla fine si può dire che l’opera d’arte è stata frutto di un lavoro corale.

Caterina Borghi, Maglia pelouches, disegno acquerellato

Signora in rosa


La seduzione della parola Nel 2011 e 2012 si sono svolti al Museo Diocesano di Mantova, a cura di Ca’ Gioiosa, due cicli di lezioni dal titolo “La Seduzione della Parola” e “La Seduzione dell’Ascolto”. Ne proponiamo qui gli abstract, sintesi che anticipa le trascrizioni complete degli incontri che saranno disponibili a breve presso l’associazione.

Mons. Ulisse Bresciani nel suo intervento, In principio era la Parola: forza e debolezza della parola nella Bibbia, spiega che un approccio alla parola non è agevole perché la si contrappone ai fatti. La parola, da questo confronto esce svalutata, perché sembra chiacchiera, parola inerte e quindi, a lungo andare, stanca e infastidisce. Nel monologo, quando non si cerca la relazione, la parola è narcisista. Nel Prologo di Giovanni (Giovanni 1, 1-18) la Parola era non presso Dio, ma davanti a Dio: questo “davanti” indica dinamismo perchè tutto fu fatto per mezzo di essa. Quindi la parola nella Bibbia è attiva. Nel primo capitolo della Genesi si legge che al principio ci fu l’azione di Dio, ma ci fu per mezzo della parola. Dice il Salmo 33: “Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli” e a questo fa eco il Siracide quando dice: ”Con la Parola del Signore le sue opere sono state create”. Dunque al principio ci fu la parola risolta in azione efficace. Questo è il piano della Parola, attiva a livello di creazione, ed è forza. Mentre il Creato è azione di Dio mediante la Parola che diventa azione efficace, la storia è l’azione dell’uomo, spesso efficace negativamente, nei termini che tutti vediamo. Dio non corregge la storia prevaricando la libertà umana: egli si serve di messaggeri che sperimentano la debolezza della parola, quando si rivolge a cuori intorpiditi e fiacchi, spesso ostinati nella loro fragilità. In questa fragilità della Parola si pone il tema della seduzione: “sedurre” è condurre in un luogo appartato, diverso, un riposizionarsi. “Parlare al cuore” nella Bibbia vuol dire corteggiare. Ne è un esempio la vicenda di Osea che, tradito, in un primo tempo vorrebbe vendicarsi della moglie, ma poi capisce che, se vuole recuperare il rapporto con lei, deve perdonare e ricreare il primo amore che li aveva legati: e così sarà. La Parola di Dio ci conduce in un luogo appartato davanti a Colui che ci pone di fronte a noi stessi in un cammino di libertà, dignità e responsabilità.

Attilio Pecchini in La seduzione della parola tra amore e poesia, parla della creazione di Adamo cui è stato assegnato da Dio il compito di dare il nome alle cose create. Il suo rapporto con le cose che nomina è di adesione totale, dove il significato e il significante coincidono in una dimensione interiore di grande risonanza. È questo il ruolo dei poeti di cui Adamo è stato il capostipite. Egli ha dato agli uomini questo insegnamento: attribuire alle cose, agli eventi, alle emozioni delle parole dense di senso. La poesia ci serve per vivere meglio, per stabilire una relazione tra noi particolarmente intensa. Nella Genesi Eva, convinta dal serpente, dice che la mela è seducente: da qui deriva il significato negativo della seduzione in tutta la civiltà occidentale. Seduzione può anche significare condurre altrove, in un luogo nascosto. Ciò implica un movimento che, conseguentemente, sottrae un po’ di colpa al seduttore perchè nella seduzione c’è sempre una complicità in colui che è sedotto. La più grande, invincibile seduttrice è la madre, che ci dà gli strumenti per poter affrontare il mondo e a nostra volta sedurre. La prima forma di parola che ci giunge è senza significato, una cantilena per farci addormentare. Nei primi anni il bambino si sente fragile, debole: il rapporto che vive passa attraverso la parola intesa nel senso dell’armonia, del suono, della suggestione, della risonanza. E questa è poesia. Se noi vogliamo essere poeti, cioè capaci di realizzare delle relazioni significative, dobbiamo usare le parole, evitando le chiacchiere.

Rodolfo Signorini in Hercules Gallicus a Mantova legge un interessante scritto di Angelo Poliziano, grande poeta, latinista e grecista del XV secolo. Egli sostiene che la parola è al vertice della nostra natura umana e della nostra realtà spirituale: senza di essa l’uomo sarebbe un animale bruto. Tutti i grandi della storia hanno lasciato testimonianze orali: il maestro non scrive, parla. E la parola diventa seduzione in quanto trova subito spazio nel cuore umano. Luciano di Samosata, scrittore greco del II sec. d.C., tramanda un’immagine, nota presso i Galli, del dio Ercole,vecchio, calvo e rugoso intento a tirare con la lingua una gran moltitudine di uomini, tutti legati per le orecchie con catenelle sottili d’oro e ambra simili a collane. Questa immagine, ma, alla greca, in figura di Mercurio, è visibile sulla facciata della casa di Giulio Romano a Mantova e simboleggia la convinzione, diffusa presso gli antichi, che l’eloquenza costituisse una grande forma di seduzione. La parola tuttavia ha una temibile rivale nella vista e Luciano scrive che un oratore che voglia parlare in una camera splendidamente dipinta perde il suo tempo perché i presenti si distrarranno. Ben lo sapeva Mantegna che ha trasformato questa pagina in metafora nell’Oculo della Camera Picta.

Giovanni Pasetti in Medioevo fantastico tra fede e natura esamina la magnifica immagine della poesia dantesca in cui l’anima del poeta Sordello, posta in Purgatorio, si presenta ai mantovani. Il poeta virgiliano era noto per la sua indomita fedeltà ai signori del tempo e per essere, come trovatore, un messaggero del popolo: un girovagare tra le Corti in cui Dante si identificava. E come ogni vero poeta trovatore Sordello utilizza una parola che ammonisce, ma seduce poiché, difensore delle virtù civili, egli sviluppa anche il tema dell’amore cavalleresco. Un suo sonetto declama che “fa davvero una grande prova chi ama per amore” esprimendo un concetto rivoluzionario per quel tempo dove vigevano logiche familiari estranee all’amore tra gli sposi, piuttosto di convenienza o appartenenza. Vuole la leggenda che Sordello abbia amato Cunizza da Romano, sorella del feroce Ezzelino, signore della marca trevigiana, e l’abbia sottratta al marito per riportarla al fratello. È interessante notare che Dante, che colloca all’Inferno gli amanti Paolo e Francesca, sorpresi a baciarsi mentre leggono dell’amore adulterino di Lancillotto e Ginevra, mette invece Cunizza in Paradiso. Avendola probabilmente conosciuta personalmente, sapeva che, additata in gioventù come donna di facili costumi, aveva poi terminato la sua vita dedicandola a Dio. C’è un sottile intreccio tra queste figure.

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Giorgio Bernardi Perini in La parola moderna degli antichi ricorda che la struttura fonica del verso antico (quantitativo) è assolutamente diversa da quella del verso moderno (accentuativo). Per questo nella traduzione si deve cercare una ritmicità consona alle nostre facoltà uditive e foniche. Bernardi Perini mira a offrire una veste ritmica moderna al testo antico senza pretese di un’impossibile fedeltà formale e tuttavia senza tradirne la sostanza semantica; preferisce perciò parlare di “sovrascrittura” piuttosto che di “traduzione”: un modo di rendere moderni gli antichi perché essi possono ancora parlarci in modo seducente. In alcune zone meno battute della poesia latina si incontrano delle sorprese formidabili. Un poemetto dal titolo “Pervigilium Veneris” è un inno all’amore come sentimento che feconda l’intero universo. Non se ne conosce l’autore, né l’epoca esatta (le ipotesi spaziano dal II al VI sec d. C.), ma presenta un finale molto moderno che rivela una drammatica incapacità del poeta a condividere la gioia della festa. Il poeta irlandese Seamus Heaney, premio Nobel per la letteratura, è un grande estimatore di Virgilio che riaffiora continuamente nella sua poesia. Ha immaginato, perfino, di dialogare personalmente con il poeta latino confrontando la propria situazione con quella espressa dal poeta latino nella IV egloga: in un analogo contesto di guerra civile anche Heaney aspetta la nascita di un puer (la nipotina) come auspicio di una generale palingenesi. Insomma, i classici irradiano ancora su di noi il riflesso benefico della loro poesia.

La seduzione dell’ascolto Carlo Migliaccio. Nel suo intervento La seduzione dell’ascolto musicale ha spiegato che quando diciamo che l’arte ci se-duce, intendiamo dire che ci sottrae alla banalità della vita quotidiana o al vissuto soggettivo individuale, per immetterci magicamente in un diverso contesto temporale. L’arte è seducente perché ci magnetizza nel suo mondo incantato. Il fascino della seduzione corrisponde al termine francese charme, la cui radice è carmen, nel quale termine convergono sia il vaticinio o l’oracolo sia il canto e il verso poetico, ovvero letteralmente l’in-canto. Come dice Vladimir Jankélévitch – filosofo della musica e della morale – il significato della fascinazione si può cogliere nella natura ineffabile e misteriosa della realtà, nonché nel suo carattere sfuggente, indefinito e inquieto. In quanto arte temporale, la musica è strettamente legata alla dimensione dell’indicibile e dell’ineffabile. In tal senso, seducente è il Prélude à l’Après-midi d’un faune di Debussy o i pezzi particolarmente ipnotici come Voiles o ossessivi come il Bolero di Ravel, L’amore stregone di De Falla o l’Habanera della Carmen di Bizet. E seducente è tipicamente la musica virtuosistica, di Franz Liszt o di Alkan, o improvvisativa di Albéniz e Granados. In Debussy ciò che affascina è la natura diffluente e vaporosa delle sue armonie: certi accordi seducono perché rimangono inspiegabili e sfuggenti allo sguardo indagatore dell’analisi tradizionale. Oppure, come avviene ne L’Isle joyeuse, veniamo sedotti dalla melodia non solo per le sue qualità intrinseche, ma soprattutto per la sua collocazione nel tempo fluido del divenire musicale.

La Bibbia potrebbe essere considerata una raccolta di storie di seduzione, dice Mons. Roberto Brunelli nel suo intervento Il Dio seduttore. La Bibbia di per sé non è fatta per la lettura: trasmette qualcosa da ascoltare, se non con le orecchie, di certo con la mente e il cuore. Ne sono un esempio le cosiddette storie di vocazione, in cui il seduttore è Dio stesso. Geremia è l’esempio di una vocazione contestata: adempiuta in perfetta fedeltà, ma non ciecamente. Egli dice (Geremia 20,7-9): “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre”. Dio chiama, affascina, seduce, ma mai al punto da annullare la libera decisione dell’uomo, che ha sempre spazio per chiarire, capire, e infine decidere in libertà. Sotto questo profilo la vocazione del profeta Geremia si può avvicinare all’evento-chiave della fede cristiana, quello che si legge in Luca 1,26-38: l’annuncio a Maria dell’angelo Gabriele. Abbiamo anche qui un esempio di seduzione, particolarmente delicato perché si rivolge a una vergine. Maria però non si lascia incantare: chiede spiegazioni, e solo dopo averle ottenute acconsente. Data l’importanza dell’argomento, l’Annuncio a Maria è uno dei soggetti più frequenti nella storia dell’arte. Non stupisce dunque che solo al Museo Diocesano ne siano conservati otto.

Giampiero Comolli ha scritto una “Grammatica dell’ascolto” in cui spiega perché la pratica dell’ascolto ci può arricchire se vissuta in modo rispettoso, consapevole e seguendo alcune regole. Egli ha fatto una serie di incontri con persone di diverse confessioni religiose per capire cosa comportava per loro avere fede e come questo orienta le loro vite. La gente non parla spontaneamente del proprio coinvolgimento profondo in queste cose. Nella nostra società si chiacchiera molto e superficialmente: soprattutto si è pieni di pregiudizi e si fatica ad ascoltare prestando un ascolto attento e silenzioso. L’ascolto è il presupposto del dialogo. Chi intervista allora va a fondo nel vissuto di una persona, entra in risonanza profonda con il suo vissuto e le sue emozioni ed esercita una grande disponibilità all’empatia. Perché un dialogo vero non avviene solo a livello verbale, ma anche in modo fisico, coinvolge il cuore. È uno scambio di doni tra chi sa ascoltare e chi ti apre le porte delle proprie emozioni profonde. Da questi colloqui non si esce indenni perché l’altro finisce per mettere in questione qualcosa di te, della tua spiritualità interiore: così l’intervista continua dentro di te. Se riesci a fare spazio all’altro, a fare un passo indietro permetti il dialogo vero.come avviene ne L’Isle joyeuse, veniamo sedotti dalla melodia non solo per le sue qualità intrinseche, ma soprattutto per la sua collocazione nel tempo fluido del divenire musicale.

(Sintesi a cura di Laura Pasetti)

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Foto Giuseppe Tripodo

Al cinema la fotogenia non basta Non è come si crede. La fotogenia importa meno della cinegenia. Ossia: l’armonia di un volto o di un corpo vengono certo valorizzati dall’immagine fissa di uno scatto fotografico, ma al cinema occorre ben altro. L’immagine in movimento esige un altro tipo di bellezza, legato alla fluidità o all’eleganza dei gesti, all’intensità o alla varietà delle espressioni – la bellezza cinegenica, appunto. Ecco che cosa attrae negli attori cinematografici: il talento o la tecnica di saper indossare l’abito e l’habitus di un personaggio, rendendolo efficace davanti alla macchina da presa e soprattutto sullo schermo. Il cineasta vede crescere tale virtù nel corso

delle riprese, il pubblico degli spettatori nel corso del film. Il conseguente fenomeno del divismo non deriva dal sex-appeal, semmai lo genera: a torto o a ragione, è la combinazione di fisicità reale e apparente a rendere appassionato fino al fanatismo il fruitore. La seduzione è l’atto non iniziale, bensì finale del processo: Humphrey Bogart o Lauren Bacall, Richard Gere o Julia Roberts, Leonardo Di Caprio o Kate Winslet debbono il loro potere seduttivo ai ruoli che hanno interpretato e con cui vengono confusi o identificati, perché agli occhi dei fans le loro stesse persone ne hanno assorbito i caratteri. Si obietterà che gli attori appena nominati,

Se il rinascimento è di moda

in sé fotogenici, non costituiscono una prova palmare; si prenda allora Meryl Streep: indubbiamente, non si tratta di una donna che dal vivo farebbe venire il torcicollo ai passanti. Eppure, vedendola in Kramer contro Kramer o La scelta di Sophie, oppure già matura ne I ponti di Madison County o The Hours, si fa davvero fatica a non considerarla nello stesso tempo brava e bella. Ecco la forza della cinegenia: inquadratura dopo inquadratura, sequenza dopo sequenza, aumenta la credibilità del personaggio (se ben ideato) e quella dell’interprete (se all’altezza); dunque, l’attrattiva di entrambi. Claudio Fraccari

Un’arte sempre uguale

Sedurre: nel Rinascimento era un imperativo, attuato dalle dame che gravitavano a corte, attraverso marchingegni di grande spettacolarità, strumenti di “penetrazione” e “sfondamento”: abiti, gioielli, acconciature, profumi e gli orpelli che la fantasia più sfrenata creava a corredo di un lusso che quasi mai incarnava modelli di eleganza. La seduzione era tra i pochi strumenti per sfuggire l’angosciante omologazione cui erano condannate quando non si fossero circondate di ciò che consentiva non di essere ma di apparire. Ecco allora fruscianti vestimenti e scintillanti gioie svelarsi in una simbiosi elettrizzante, corredo di preziosità e paradigma di lusso esasperato, ostentato e percorso fino allo stordimento. E se l’abito di quei secoli si carica di innumerevoli accessori, i gioielli si porgono in composizioni artistiche che trascendono la preziosità di diamanti, rubini, smeraldi. La seduzione s’impossessa delle menti e dei corpi a mezzo di queste elaborazioni auree cui nessuno riesce a resistere. Il gioiello è un ornamento anche di carattere simbolico, complemento d’eleganza e vocabolo di un codificato lessico di forme ed emblemi, componente insostituibile dell’abbigliamento, oggetto di un collezionismo colto e raffinato. Se commisurassimo i gioielli al desiderio delle donne di svelarsi, di incantare, insomma di sedurre, giungeremmo all’assunto che, non potendo estrapolare la vanitas propria essenza, la dama del Cinque/Seicento non doveva essere considerata per ciò che era nella realtà, bensì per l’abito trapunto di gemme o i preziosi che indossava, perché lo stupore primo non sarebbe stato destato dalle capacità della sua mente o dalla virtù o dalla bellezza, ma dallo splendore delle pietre e dal luccichio dell’oro. Così Omero descriveva Giunone che si apprestava a sedurre e ingannare Giove a mezzo di fascinosi gioielli: Poscia i bei fianchi d’un cintiglio a molte Frange ricinse, e ai ben forati orecchi I gemmati sospese e rilucenti Suoi ciondoli a tre gocce (Omero, Iliade, XIV, 217-221).

La seduzione è la prima nota dello spartito. Mi domando cosa abbia provato Baudelaire prima di dire che “non si è morti fin quando si desidera sedurre ed essere sedotti”. Sta alla base di ogni rapporto umano, e sono fermamente convinto che senza di essa non potrebbero esistere la letteratura, la poesia ed ogni altra forma d’arte. Non ci sarebbero cantanti, attori, filosofi e poeti, ma nemmeno politici, prostitute e giovani innamorati. Cambiano i tempi, le mode e i costumi, ma almeno lei, la seduzione, è sempre rimasta se stessa. Basti pensare da dove arriva. La parola ha origine dal latino, e fu usata per la prima volta nell’antica Roma, dove le donne provavano a esercitarla nel senso più erotico del termine per ottenere piacere fisico dagli uomini, principalmente gli schiavi. “Se ducere”, ovvero portare a sé, il che non ha sempre una valenza positiva, ma evidenzia in molti casi una persuasione per trascinare il sedotto fuori dalla retta via, oltre la sua volontà. Persino nell’epoca vittoriana, quando la rinuncia e il proibito venivano considerati cardini della realtà quotidiana, la seduzione si fece spazio attraverso i versi di poeti, i movimenti di uomini e donne disposti a perdere la libertà o la stessa vita, per il piacere puro. Charles Swinburne, uno dei più contestati poeti dell’epoca disse che “non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell’attrazione”. La seduzione è la madre dell’attrazione. Si può considerare la seduzione come un’arte negativa, una capacità sfruttata per uno scopo sbagliato, ma in fondo tutti vorrebbero averne il controllo, e saperla sfruttare al meglio. E si faccia avanti chi non ha provato i più grandi piaceri della vita nell’essere sedotto, nel rischiare di essere trasportato fuori dalla strada più sicura. Quindi solo un grazie a chi con uno sguardo, un movimento o l’impiego di tutto il suo tempo, riesce a fare sua questa parola, a vivere a pieno quel che serve della vita, a rendere onore a quest’arte sempre uguale. Alessandro Spocci

Foto Giovanni Fortunati

Giancarlo Malacarne

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Foto Giovanni Fortunati

Tra tutte le fantasie romantiche, stranissima m’è parsa sempre quella della seduzione delle statue. Il poeta tedesco Heinrich Heine ci narra di un adolescente che trasale, che trascolora di un inesplicabile pudore alla vista di un candido simulacro di Dea, in marmo pario everso tra l’erba di un antico parco. Nella notte egli non può prender sonno e, fantasticando al lume della luna che s’insinua per la finestra, si ripromette di baciare, l’indomani, il seducente volto di marmo; di baciarlo proprio dove le compromettenti labbra si fondono in una irresistibile fragranza di rosa tea; anzi, non reggendo alla voglia, addirittura s’alza dall’inquieto letto, si inoltra nel notturno giardino e, col cuore palpitante, quasi stesse per compiere un delitto, bacia la marmorea dea (Venere, forse?) giacente al chiaro di luna con un ardore, una tenerezza, una disperazione, che mai poi non metterà in altro bacio dato in questa vita; come non potrà mai dimenticare la sensazione oscura, eccitata, dolce e paurosa insieme, che gli ha pervaso l’anima, allorché la beatificante freddezza di quell’irresistibile marmorea dea gli ha toccato la bocca. Egli diventa un innamorato, sedotto dalle labbra fascinose delle statue; e tanto l’attira la Notte di Michelangelo, dal volto circonfuso d’eterea soavità, e dal corpo possente abitato da una dolce calma, che l’adolescente avverte un mite chiarore di luna che è come se scorresse nelle sue stesse vene. Egli si augura di dormire del sonno eterno tra le braccia di quella statua muliebre, dal fascino veemente che ormai rende l’adolescente non più padrone di sé, ma preda di una seduzione la quale non è che una sindrome (patologica, forse?) che può distogliere dal bene, che può traviare e trare al male; ma che per felice sorte è capace come niente e nessuno di suscitare intense, irrefrenabili e belle passioni; per quelle opere d’arte che ci stringono in un forte abbraccio e che non è dato agli umani respingere, ma soltanto di vivere per vivere, come trafitture immedicabili se non viene a risanarle la fede. Gian Maria Erbesato

La seduzione delle statue

Quando un piatto ti strega

done il valore e lasciandoci perciò indifferenti) per realizzare qualcosa di memorabile. Tutti noi portiamo nel cuore il ricordo di un piatto, magari semplice, semplicissimo, fatto da un familiare o da un amico o da uno sconosciuto, e da cui siamo stati sedotti. Accade come con le persone: quasi mai a sedurci sono quelle perfette, ma, se mai, le donne e gli uomini che con le loro imperfezioni ci rivelano carattere e anima. Ci affascinano per il loro modo di essere, di vestire, di parlare, di muovere le mani, di sorridere, per la capacità di essere se stesse. E uniche. In cucina, come nella vita, sono la verità e l’autenticità ad affascinarci. Chi si esprime attraverso il linguaggio della cucina, al pari di qualsiasi arte, intende far arrivare il suo amore, la sua passione, il suo talento nonostante a volte le competenze tecniche non siano all’altezza delle intenzioni. Vero è che si può dominare perfettamente la tecnica di cucina senza riuscire per questo ad arrivare al cuore delle persone. Quanti piatti tecnicamente perfetti si assaggiano in ristoranti costosi senza che ce ne accompagni il ricordo. Mentre capita talvolta di assaggiare piatti raffinatissimi in contesti umili e niente affatto blasonati. Perché c’è evidentemente qualcuno che li ha curati, coccolati, amati, fatti crescere. È da questo amore che veniamo quasi sempre sedotti. Raffaella Prandi

Foto Patrizia Castellani

Che cosa ci seduce di un piatto: la sua bellezza, la sua bontà, l’originalità, l’opulenza, il minimalismo…? A ben vedere il mistero che vi si nasconde. Vi sarà capitato di sentirvi letteralmente stregati anche da una semplice preparazione – una minestra, un risotto, una peperonata – non riuscendo a decifrare l’impalpabilità di un sapore, il tocco di una spezia o di un’erba aromatica con cui la cuoca o il cuoco hanno pensato di personalizzare un piatto. Chi ama cucinare sente l’irresistibile impulso di lasciare il proprio personalissimo segno. Eviterà perciò, consciamente o inconsciamente, di attenersi alle prescrizioni di una eventuale ricetta, modificando qualche dettaglio, aggiungendo una goccia di limone qui o una leggera grattugiata di noce moscata là. Sarà il modo per dare libero sfogo all’estro, alla creatività, per marcare, anche se talvolta in maniera impercettibile ai più, il proprio cammino. È la ragione per cui la stessa ricetta eseguita da due persone diverse cambia radicalmente. Il mistero di un piatto dunque è ciò che ci porta dritti dritti al mistero delle persone che lo eseguono. Come succede nell’arte, a sedurci non è la bellezza formale dell’opera ma ciò che l’artista attraverso quell’opera intende dirci. Non è necessario essere chef di talento (anzi, a volte proprio la routine cui sono sottoposti molti cuochi può togliere freschezza e immediatezza a un piatto offuscan-

La seduzione è nota

Musica e seduzione. Associare questi due concetti oggi equivale, molto spesso, a considerare il primo soggetto, la musica, come funzionale rispetto al secondo; una specie di strumento, di arma, di carta in più da giocarsi per facilitare una conversazione, per arricchire e caratterizzare l'atmosfera di un ambiente, quando esso è il luogo dove si incontra una persona in un momento speciale. Anche un semplice invito, un primo appuntamento, è segnato dalla musica, magari pensata come sottofondo per una gita in auto.... È un modo, un tentativo di far conoscere un piccolo pezzo del proprio mondo e della propria sensibilità attraverso le scelte musicali. Nel film di Billy Wilder Quando la moglie è in vacanza del 1954, Tom Ewell vuole sedurre Marylin Monroe e ha un piano ben preciso: "Rachmaninov! Il suo secondo concerto per piano e orchestra non manca mai il suo effetto!". Nell'ambito della musica leggera, il grande Barry White ha stregato mezzo mondo per tanti anni, con la sua inimitabile voce, calda e sensuale, che all'inizio di ogni brano, raccontava una storia, un momento, un'immagine – una formula di incredibile successo, visto che l'italianissimo Mario Biondi spopola nelle classifiche di questi ultimi anni riproducendo esattamente la timbrica e gli arrangiamenti del cantante americano scomparso nel 2003. Ricordiamo la straordinaria popolarità che ebbe Fausto Papetti tra gli anni Sessanta e i Settanta, con le sue raccolte di brani di successo che egli selezionava attraverso il denominatore comune della capacità di creare un'atmosfera romantica e propedeutica al corteggiamento. I suoi dischi fecero molto discutere per le copertine assai audaci ed esplicite, che incapparono spesso nella scure della censura. Inutile dire che questo tipo di operazione commerciale ebbe numerosissimi proseliti, e anche oggi in qualsiasi negozio musicale troviamo decine di raccolte ideate allo scopo di creare un humus romantico che faciliti gli incontri amorosi. Ma se proviamo a considerare invece la seduzione come un elemento, una caratteristica, un aspetto dell'arte, ne troviamo ampio riscontro nella musica classica: un brano emblematico resta il Bolero di Maurice Ravel, utilizzato spesso in modo improprio, ma riconosciuto "istintivamente" dall'ascoltatore medio come un brano di grande carica seducente; il balletto originale è una sorta di rituale nel quale una donna improvvisa una danza ammaliatrice su un tavolo, mentre intorno gruppi di uomini si avvicinano a lei sempre più con l'incedere della musica. La seduzione è stata celebrata da un genio come Mozart nel suo Don Giovanni. Amadeus e il librettista Da Ponte erano infatti uomini di mondo. Se la fama di "donnaiolo" di Mozart è nota, Da Ponte non fu da meno: si narra che durante le lunghe giornate passate alla scrivania tenesse vicino a sé un campanello per chiamare una servetta sedicenne che gli facesse compagnia. Al di là delle immagini stereotipate e dei luoghi comuni, la musica, nella sua essenza più profonda, possiede una capacità seduttiva che attiene alla pluralità dei nostri sensi, e che a volte raggiunge e scova remoti attimi ed emozioni dimenticate nel nostro animo, rinnovando in noi scinStefano Gueresi tille di gioia e di malinconia, e altre volte semplicemente ci intrìga, suggerendo colori, profumi, sensazioni da scoprire e da conservare nel nostro cuore.

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Curato da Associazione Culturale

Ca’ Gioiosa • Via Trieste, 44

• Mantova

CALENDARIO EVENTI

CA’ GIOIOSA

febbraio

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entra nelle case 8 febbraio 2013 / Anno IV Copia omaggio supplemento straordinario a La Cittadella Editrice Ca’ Gioiosa-Mantova Impianti e stampa: Publi Paolini, Mn Responsabile redazionale Claudio Fraccari Coordinamento artistico Raffaello Repossi Coordinamento editoriale Mara Pasetti Redazione Valeria Borini Claudio Compagni Giovanni Fortunati Claudio Fraccari Carla Guerra Nicoletta Marastoni Laura Pasetti Mara Pasetti Gianpaolo Poli Raffaello Repossi Giada Salvarani Giuseppe Tripodo Nicola Zanella Testi di Ulisse Bresciani Roberto Brunelli Giampiero Comolli Gian Maria Erbesato Claudio Fraccari Stefano Gueresi Giancarlo Malacarne Carlo Migliaccio Giovanni Pasetti Laura Pasetti Mara Pasetti Attilio Pecchini Giorgio Bernardi Perini Raffaella Prandi Rodolfo Signorini Alessandro Spocci Stefania Viapiana Fotografie di Patrizia Castellani Giovanni Fortunati Raffaello Repossi Giuseppe Tripodo Curato da Associazione Culturale

Ca’ Gioiosa • Via Trieste, 44 •

Ogni inizio porta speranza, è nella natura dell’uomo. Tuttavia quest’anno il clima di incertezza è troppo diffuso per consentire un facile ottimismo. La tentazione di stare alla finestra e aspettare che passi la burrasca può essere molto forte. Noi di Ca’ Gioiosa vi proponiamo alcune riflessioni sulla seduzione, che è poi la disponibilità a lasciarsi coinvolgere, a farsi portare in un altrove. Complice l’arte, la sensibilità e l’attenzione per gli altri possiamo dire di avere molti motivi di consolazione. Se solo ci lasciassimo sedurre. Dalla parte migliore di noi, dalla voglia di fare squadra di fronte alle avversità. Questa è una risorsa formidabile. Che va riscoperta affinché nessuno si senta solo e inutile di fronte alla gravità degli eventi. Se desiderate far conoscere questo foglio ad altre persone passate pure, previa telefonata, da Ca’ Gioiosa a prenderne una copia. Saremo felici di farlo circolare perché anche Ca’rte, distribuito gratuitamente, ci ricorda che l’affetto non ha prezzo. Mara Pasetti

Giovedì 28 febbraio ore 21,00 Venerdì 15 marzo ore 21,00 Casa Pasetti, via Calvi 51, Mn Corso di Nicola Zanella e Attilio Pecchini “Comunicare in pubblico 1ª e 2ª parte” Gratuito, solo su prenotazione

Domenica 10 febbraio Mercoledì 20 marzo ore 20,00 Casa Pasetti, via Calvi 51, Mn “In-contro” Amici si incontrano convivialmente Solo su prenotazione

Martedì 19 febbraio ore 21,00 “Luci e riflessi” Uscita in notturna per fotografare con Giovanni Fortunati e Giuseppe Tripodo: ritrovo di fronte al Gradaro Aperto a tutti

Giovedì 21 marzo ore 17,30 Caffè Borsa di Antoniazzi corso Libertà, Mn “Mirò” a cura di Claudio Fraccari Ingresso libero

Domenica 24 febbraio ore 17.30 Domus di piazza Sordello, Mantova Reading di Claudio Fraccari “Ca’rte: Design e Seduzione” Ingresso libero

Sabato 30 marzo ore 11,15 Verona, Palazzo della Gran Guardia “Da Botticelli a Matisse. Volti e figure” Visita guidata da Mara Pasetti Info e prenotazioni entro il 2 marzo

Mantova

SOMMARIO

Foto Raffaello Repossi

Le parole e le cose Velo spiego La seduzione della parola e dell’ascolto Al cinema la fotogenia non basta Se il rinascimento è di moda Un’arte sempre uguale La seduzione delle statue Quando un piatto ti strega La seduzione è nota

L’associazione Ca’ Gioiosa è a disposizione degli eventuali aventi diritto per le fonti non individuate. Scriveteci i vostri commenti su Facebook chiedendoci l’amicizia: ogni visita ci aiuterà a portare avanti il progetto di Ca’rte Visitate il nostro sito per conoscere l’elenco delle edicole che distribuiscono Ca’rte.

Per info e iscrizioni agli eventi: telefonare allo 0376 222583 - 3395836540 Aperte le iscrizioni all’Associazione per il 2013 pag. Facebook: Associazione Culturale Ca’ Gioiosa

cagioiosa@libero.it • www.cagioiosa.too.it

Sportello Sportello di di Promozione Sociale

e con il patrocinio

entra nelle case

Associazione di Promozione Sociale iscritta al Registro dell’Associazione della Provincia di Mantova negli ambiti: civile-sociale, culturale e attività sociale. Decreto n. 17/2007

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SEDUZIONE

febbraio

gioiosa

Ca’ Gioiosa ringrazia per la sensibilità che sempre dimostrano a sostegno delle sue iniziative la Provincia di Mantova, il Comune di Mantova, Levoni spa, Banca Intesa San Paolo, Cleca S. Martino, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Pavimantova snc, Cantine Virgili, Gustus, Valle dei Fiori, 1 Stile.

Anno VI

Per lo Sportello di Promozione Sociale, il servizio del Comune di Mantova che dal 2008 affianca il cittadino per un orientamento alla scelta dei servizi territoriali, per il disbrigo di pratiche burocratiche e per un aggiornamento rispetto ad agevolazioni e bandi, il 2012 è stato un anno di crescita. Di crescita di volontari, innanzitutto. Due nuovi volti si sono aggiunti: i volontari operativi sono quindi ora 11. Sono cresciute a 9 le organizzazioni che, coordinate dal CSVM, gestiscono il servizio: le associazioni di volontariato ABIO, ANTEAS, AUSER G. Rippa e AVO, le associazioni di promozione sociale ACLI, Ca’ Gioiosa e Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, e i sindacati Spi Cgil e Fnp Cisl. Ma crescita anche nel senso di aumento di accessi al servizio, che dall’apertura hanno quasi raggiunto quota 800. La media di contatti al mese, per la stragrande maggioranza costituiti da persone che si presentano fisicamente allo Sportello, è lievitata nel corso degli anni dai 9 del 2009 a 15, 21, fino ai quasi 26 del 2012. Molte delle persone (ma non tutte) vengono da Mantova, una buona parte dai quartieri periferici. È da segnalare che nel corso del 2012 gli stranieri, in buona parte africani, hanno superato gli italiani, e che gli immigrati sono diventati la fascia sociale che maggiormente ha avuto accesso al servizio, a discapito di anziani e persone con disagio vario, che prima erano numericamente predominanti. La contingenza economica ha fatto sì che nel 2012 i disoccupati abbiano sopravanzato di gran lunga i pensionati e gli occupati, e che la maggiore area di richiesta ora sia quella legata al reddito (aiuti economici, agevolazioni…), più ancora della casa e delle questioni legate alle utenze. I servizi sociali del Comune sono diventati la maggiore fonte di segnalazione del servizio alle persone, superando i materiali promozionali. Nella seconda parte del 2012 però il passaparola, insieme al sito internet, è stato tra le modalità di richiamo più frequenti, e questo è un buon indicatore di affidabilità del servizio; la voce prevalente resta comunque quella dell'invio da parte di altri enti (il Comune in primis, ma anche altri enti pubblici, sindacati, associazioni...), a segnalare una buona integrazione con i servizi territoriali. Anche per il 2013 i volontari sono a disposizione della cittadinanza dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 per offrire accoglienza, ascolto e affiancamento. Francesco Molesini, coordinatore del progetto per il Centro Servizi Volontariato Mantova

ASSOCIAZIONE “GLI SHERPA” “Gli Sherpa” Associazione di volontariato onlus, eroga assistenza domiciliare gratuita grazie a un’équipe multiprofessionale, specializzata in cure palliative, in grado di rispondere in modo personalizzato ai bisogni del paziente e del suo nucleo familiare. Interviene 7 giorni su 7, 24 ore su 24. La filosofia de Gli Sherpa è “condividere”, cioè intervenire allo scopo di alleggerire e migliorare la qualità della vita di chi sta vivendo un momento particolarmente faticoso e delicato della propria esistenza. C'è bisogno anche delle energie dei più giovani, non solo per garantire continuità all'assistenza, ma soprattutto per mantenere sempre vivo il fuoco delle idee innovative. Le diversità linguistiche, culturali e religiose rendono delicata la costruzione della relazione tra medico e paziente, e per far sì che la persona si senta accolta nella sua identità e unicità, occorre da parte dell’operatore un’adeguata conoscenza e apertura mentale. La diversità che appare ai nostri occhi, nasconde sempre “l’ uomo”. Si può prendere conoscenza della nostra attività al n. 0376 478116 – fax 0376 468551 all’indirizzo: gli.sherpa@libero.it o sul sito www.glisherpa.org

Questa pagina ospita sempre lo Sportello di Promozione Sociale, Associazioni e Istituzioni culturali mantovane


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