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SOMMARIO Il fine e la fine Per uno scambio di saperi Mantova, palcoscenico d’artista Al terzo piano di una via stretta I luoghi della città, il tempo della festa Isabella d’Este in versione digitale ambasciatrice di Mantova nel mondo Un’icona romantica mantovacreativa Mantova, il tempo, l’acqua Ricette d’amore Il Progetto Sergio Sermidi 2013 e Ca’ Gioiosa • Via Trieste, 44 Curato da Associazione Cultural

• Mantova

entra nelle case

Foto Giovanni Fortunati

MANTOVA

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Associazione di Promozione Sociale iscritta al Registro dell’Associazione della Provincia di Mantova negli ambiti: civile-sociale, culturale e attività sociale. Decreto n. 17/2007

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Per uno scambio di saperi

Gira e rigira, non si poteva che tornare all'origine. Se da Mantova si sono irradiati i vari percorsi tematici dei precedenti numeri di “Ca'rte”, spaziando altrove e altrimenti, ora è Mantova stessa a costituire l'argomento monografico. Non solo come luogo in cui le arti hanno trovato un terreno d'elezione, fecondo e fastoso; anche come premessa di azioni culturali presenti e future. Questo foglio medesimo, nel suo piccolo e col suo pur breve respiro, ha inteso stimolare la riflessione sullo “stato delle cose”. Per rammentare ciò che è stato e ciò che ancora può o deve essere. Sfogliare le pagine seguenti equivale a partecipare della volontà di proseguire, dovunque e comunque, il viaggio verso il futuro, convinti che la frontiera (ogni frontiera) è fatta perché la si attraversi. Il fine resta sempre quello di scongiurare la fine. Claudio Fraccari

Il fine e la fine Foto Giuseppe Tripodo

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Festivaletteratura è una lunga estate. Le date ufficiali sono sempre lì, cinque giorni intorno alla seconda domenica di settembre, ma il Festival è in realtà una stagione piena. Non parliamo qui del lavoro del Comitato e della segreteria, che procede incessantemente tutto l’anno, spesso fissando inviti e sviluppando progetti mesi e mesi prima rispetto a quando si vedranno stampati sul programma, ma del Festival di tutti, di chi ci viene, come ospite e come spettatore, perché l'atteggiamento degli uni e degli altri – tolto qualche festivaliero occasionale – non è poi molto diverso. Il "vero" inizio di Festivaletteratura precede di poco la data del solstizio: è il giorno dei nomi, il Festival che esce in piazza e si racconta. È un rito nell'accezione buona del termine, è il rinnovarsi del "patto" tra la città e la manifestazione, di un matrimonio che ritrova sempre sentimenti e ragioni. Molto sta lì, in quel racconto in piazza, che anticipa quello che accadrà, più in grande, di lì a tre mesi. Ci sono i nomi, certo, l'annuncio degli scrittori e degli artisti con cui ci si potrà confrontare a settembre, ma ci sono anche i temi, i saperi, le cose che ci si dirà, il cuore del confronto, quanto si metterà insieme. Da lì in poi c'è tutta l'estate davanti: il tempo che più dedichiamo a noi stessi che diventa – non a caso – anche il tempo del Festival. C'è chi resta semplicemente in attesa, chi si prepara sfogliando il programma in vacanza o leggendo qualche libro degli autori invitati, chi compila la scheda per fare il volontario, chi pensa alle persone che potrà ritrovare a Mantova e ai discorsi interrotti alcuni mesi prima. Perché a Festivaletteratura se si può, si torna: non è tanto una libreria a cielo aperto, ma un posto – vorremmo dire, una città – in cui si viene per il bisogno di incontrare altre persone e di parlare insieme di quelle cose che sentiamo importanti per tutti.

Alessandro Della Casa

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Mantova, palcoscenico d’artista Foto di Milena Giacomazzi

Conversazione con Claudia Moretti

È una giornata uggiosa, in questa primavera che pare non cominciare mai. Claudia Moretti, poliedrica artista mantovana, mi riceve con calore e, prima ancora dell’abbraccio, glielo leggo negli occhi che è contenta di vedermi: gli occhi di Claudia sanno sorridere.

Mi pare tu stia vivendo un periodo di lavoro molto intenso: In transito sul tema del viaggio a Palazzo Costa nel settembre 2012 e in gennaio 2013 Thisage a Venezia. A Palazzo Costa mi sono vestita con un abito bianco, dipinto dieci minuti prima della mia performance che ho intitolato La sposa e la sua ombra. Era bellissimo. Franco Piavoli ha realizzato un video di questo evento che ha portato a Mantova artisti da tutta Europa. Ora cosa stai preparando? Dentro di me vive un mondo ricchissimo di emozioni, specie in questo periodo della mia vita, che mi portano a esplosioni di emotività. Ogni giorno raccolgo la mia vita attraverso le mie opere. L’ultimo lavoro, Thisage, sarà riproposto a Palazzo Massarani nell’ambito di Mantova Creativa. Mi piacerebbe lavorare, in una prossima mostra, con una fotografa sul tema che più mi appassiona ora: quello della scrittura. Attraverso Anna Maria ho riscoperto il fascino degli scritti antichi e tuttavia la mia non è una scrittura: io dipingo parole. La scrittura si sta disgregando e ci toglie le sicurezze cui eravamo abituati. Nel mio lavoro la parola scritta si rompe e cade a terra. Ricordo le strisce esposte lungo il Rio… Nel 2006 avevo realizzato lunghissime scritte inventate, adesso invece mi sono posta il problema di un mondo che cambia in modo velocissimo, spesso violento. Anche la scrittura subisce questo cambiamento, non è più discorso o narrazione, ma diventa un nodo gordiano che precipita sempre più in basso. L’artista interpreta i tempi. Il mio lavoro presenta alcune stratificazioni che sono frutto dei miei interessi, della mia ricerca. A lungo, dopo gli studi artistici e il DAMS a Bologna, mi sono occupata di insegnamento poiché ancora più forte della necessità di percepire sento quella di trasmettere. Per 14 anni ho proposto ai ragazzi la teatralizzazione di artisti come Dubuffet e Mirò, poi ho voltato pagina. Per un lungo periodo ho preparato con i ragazzi delle scuole decine di performances ambientate a Mantova. In questi lavori collettivi io non sono presente per scelta, ma sono una di loro poiché ogni tessera è importante per la buona riuscita di un lavoro. Questo è il messaggio che voglio trasmettere ai ragazzi.

Per un’altra performance ogni ragazzo ha portato a scuola le proprie scarpe, simbolo del proprio cammino. Immerse nel gesso e lasciate asciugare, sono state esposte, a due a due, nella stessa piazza. Ti sei particolarmente legata alla scuola dedicata a Luisa Levi. La sua vicenda mi ha molto colpita e ho dedicato alcuni anni a diffondere il suo ricordo: teatralizzando, realizzando un video (con Claudio Compagni), creando un movimento di interesse all’interno delle classi e poi esportandolo all’esterno, coinvolgendo la città. In questi lavori mi sono sempre tenuta fuori, non protagonista, ma attrice tra gli attori, gli studenti appunto. Mi sono dedicata con passione all’insegnamento anche in località dove nessuno voleva andare… Lunetta. Sì era una scuola dove potevi incontrare ragazzi molto difficili, dei veri “guerrieri”. In ogni caso mi sono sempre trovata a mio agio a lavorare coi bambini perché sono pasta creativa. Con loro ho creato lavori bellissimi, molto coinvolgenti e ancora incontro miei ex allievi che rivedo con affetto, ricambiato credo. Se penso all’importanza che hanno avuto per me alcuni insegnanti, sono fiduciosa che qualcuno di loro voglia intraprendere questo stesso cammino. Interessante, parlami della tua esperienza come allieva. Sono arrivata a Mantova dal basso mantovano a 11 anni. Ero una bambina molto vivace, cresciuta senza fratelli, a contatto con la natura e gli animali. Avevo libertà e tempo per fantasticare. Abituarmi a stare composta e al chiuso all’inizio si rivelò molto frustrante: cercavo di evadere anche a costo di farmi male. Come la volta che mi lanciai dalla finestra di un’aula al primo piano senza vedere un cavo di ferro teso all’esterno. Il mio amore per l’insegnamento deriva dai professori Nordera prima e Repossi poi. Per me sono stati degli esempi di umanità, passione e ricerca. Ricordo che, per la fretta di arrivare in aula, una volta scivolai e mi feci male. Aurelio Nordera mi prese in braccio e mi portò a casa con la sua auto. E Raffaello difese un mio lavoro dalle critiche di un’insegnante che…non lo capiva. Ecco, di queste manifestazioni di affetto, competenza e libertà creativa si è nutrita la mia vocazione artistica e di insegnante. Mi pare di capire che tutto il tuo percorso creativo, dopo un’infanzia solitaria, è stato influenzato dalla relazione. Che è tuttora importantissima, sempre.

Mi accorgo che Claudia è emozionata. Stiamo così in un silenzio che, ora, mentre scrivo, percepisco come un regalo. Claudia è morta il 29 di giugno. Mara Pasetti

Foto Giovanni Fortunati

Parlami di queste performances collettive. C’è sempre una teatralizzazione, grande organizzazione e il coinvolgimento degli insegnanti attraverso una formazione mirata, nei lavori che propongo. A Lunetta abbiamo preparato insieme “La classe di carta” sul tema della violenza sui bambini mentre per "La giornata dell'acqua" abbiamo organizzato un corteo di 400 bandiere blu realizzate in modo semplice da ognuno di loro per sfilare silenziosamente sullo sfondo della città. Per la Giornata della Memoria abbiamo usato la scuola come corpo. Ognuno ha costruito le strisce scritte da buttare giù dalle finestre della scuola, contemporaneamente, in un momento preciso. Ricordo l’attenzione dei ragazzi alla sirena che dava il segnale e le lacrime di commozione di Fabio Norsa. Un’altra volta, per ricordare i martiri dell’Olocausto, sono stati predisposti palloncini neri legati a sassi decorati dai bambini, liberati poi in piazza Sordello in un momento corale e molto toccante. 03


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Foto Giuseppe Tripodo

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Al terzo piano di una via stretta risalendo lesto alla finestra, si amplifica ad ogni metro fino a raggiungermi in veste di rombo o tuono Ma se urlo dal balconcino, chiamando un amico che passa, questi non sente e tira dritto Orecchio turbato,

afona parola, fastidioso risultato dell’acustica beffarda Inutile frastuono, vana parola Basta davvero poco per soffrire impotente

Foto Vanni Favalli

I luoghi della città, il tempo della festa

La mia casa al terzo piano si affaccia su di una via che sarebbe stretta in qualsiasi vera città, ma qui pensano sia largo quel nastro antico di ciottoli sconnessi Dalla strada ogni rumore, anche il più minuto,

Stefano Iori, in Sottopelle, Kolibris 2013

Gli spazi della città – le piazze, le vie, gli edifici pubblici e privati – si trasformano in “luoghi” grazie alle relazioni: legami tra le persone e tra le istituzioni, fili interni della memoria, nuovi e vecchi incontri. Le relazioni ricreano le cose, le riportano alle loro ragioni di essere. Ma gli spazi diventano luoghi anche attraverso il tempo e in particolare il tempo festivo, “tempo simbolico”, relazionale, che rimanda oltre sé e a una diversa qualità dei rapporti (tra gli uomini e, per i credenti, con Dio). In questi decenni molti festival, a Mantova, hanno parlato in qualche modo di festa. Hanno rinnovato un ricordo che sembrava confinato aldilà dell'Ottocento o nelle parate istituzionali: le grandi feste della città, religiose, civiche e popolari, che raccoglievano e vivacizzavano i luoghi prima o pur sempre accanto agli eventi privati e dispersi dei salotti borghesi. Fino alla fine del Settecento la dimensione religiosa era una base condivisa – non scontata – del convenire festivo, come narrano, per Mantova, le antiche tradizioni del Prezioso Sangue e della festa dell'Ascensione – per dire dell'occasione più antica e più nota (e ricca di spirito cittadino, di significato religioso, di spettacoli, giochi, divertimento). Oggi siamo spinti alla festa da altri motivi, si direbbe più laici. Ma non si coglie comunque un anelito al sacro in quello stare sospeso del tempo festivo “tra l'umano e il divino”? È il “dono” della festa, che fa uscire dal tempo frantumato e anonimo e che immette in una dimensione intensa e carica di senso. La festa, dunque: parte dello sfondo in cui evolviamo come persone e come comunità; ripetizione vitale che riconnette presente e passato; luogo di riconoscimento e di percezione degli altri; specchio di confronto e di relazione civica tra i gruppi, di antica presenza e di più recente ingresso. Chiediamoci se “costruire una città”, “costruire dei cittadini”, non voglia anche dire predisporre “architetture festive” con cui rendere ragione dei ritmi del tempo comune, con cui ridare senso unitario alle storie e alle presenze, oggi che è sempre più facile o drammatico spostarsi e abbandonare i propri luoghi, e – soprattutto – crescere, se su quei luoghi non deposita un significato, un valore di socialità.

Roberto Capuzzo

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Foto Andrea Danani

L’attenzione riservata dalla letteratura specifica alla figura di Isabella d’Este Gonzaga a partire dalla fine dell’Ottocento e fino ai giorni nostri, da parte di studiosi italiani e stranieri (da Alessandro Luzio a Maria Bellonci, a Clifford Brown, per citare soltanto alcuni tra gli autori principali) non è casuale: Isabella d’Este continua ancora oggi a portare il nome di Mantova nel mondo. La fitta rete di relazioni intrecciate dalla marchesa di Mantova, e soprattutto le celebri collezioni riunite nello Studiolo e nella Grotta hanno fatto di lei una protagonista in ogni espressione politica e culturale del Rinascimento. Vissuta a cavallo di due epoche, dall’alto di una posizione di privilegio e forte di un carattere fermo e deciso, Isabella attraversa la storia col passo dei protagonisti, incrociando i giganti dell’arte e della politica che hanno reso unico il Rinascimento italiano ed europeo tra Quattro e Cinquecento: Ludovico il Moro, Luigi XII re di Francia e Francesco I, imperatori come Carlo V, papi come Giulio II e Leone X, artisti quali Mantegna, Perugino, Giulio Romano, letterati come Ludovico Ariosto, Baldassarre Castiglione, l’Aretino, sono suoi interlocutori. Data la dispersione pressoché totale delle preziose collezioni, l'eredità più importante lasciata da Isabella d'Este è rappresentata dalle cospicue serie della sua corrispondenza conservata nell’Archivio Gonzaga, fonte ineludibile per la storia della cultura rinascimentale che offre alla ricerca una mole massiccia di informazioni non altrimenti attingibili per la storia politica, artistica, letteraria, musicale, ma anche sociale e materiale, per la dimensione privata e familiare, per le reti delle relazioni umane. L’Archivio di Stato di Mantova sta promuovendo un progetto per la pubblicazione on line della corrispondenza di Isabella d’Este che comporta la digitalizzazione di oltre trentamila lettere ricevute e spedite (queste ultime trascritte in appositi volumi definiti “copialettere”). Attualmente sono presenti in rete circa millequattrocento lettere, provvisoriamente collocate sul sito della Scuola Normale Superiore di Pisa che collabora nella prima fase del progetto, consultabili all’indirizzo: http://pico2.sns.it/corrispondenzaisabelladeste. Per poter crescere il progetto richiederà tuttavia un lavoro raffinato e specialistico di penetrazione e comprensione delle fonti, che sarà possibile realizzare soltanto con fattivi contributi di altri enti o istituzioni interessati a diventarne partner: una collaborazione in tal senso sta prendendo corpo con la University of California, Santa Cruz e con la University of North Carolina, Chapel Hill. Si aprirà così la possibilità di avvicinare queste serie documentarie nella loro complessità di dati e nella loro globalità di contenuto informativo e di contesto, offrendo agli studiosi sempre nuove e feconde occasioni di ricerca. Daniela Ferrari

Foto Giuseppe Tripodo

Isabella d’Este in versione digitale ambasciatrice di Mantova nel mondo

Un’icona romantica Gli amanti di Valdaro

A guardarli con attenzione, senza lasciarsi prendere dalle emozioni che provocano, sono solamente vecchie ossa ammonticchiate in un po’ di terra ma la nostra mente non riesce a capacitarsi di leggerli in questo modo. I due scheletri che costituiscono la coppia degli “Amanti di Valdaro”, uniti in questo abbraccio eterno che non si spezza da 6000 anni, sono e resteranno sempre un simbolo di unione, di amore incondizionato e di uguaglianza di fronte alla morte. La coppia fu scoperta nel febbraio del 2007 quando la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Mantova comunicò il ritrovamento di una sepoltura neolitica nell'ambito degli scavi su una villa romana in zona Valdaro nel comune di San Giorgio di Mantova da parte dell'equipe capitanata dalla soprintendente Elena Maria Menotti. L'eccezionalità del ritrovamento consiste nel fatto che si tratta dell'unico esempio di sepoltura doppia (bisoma) in Italia Settentrionale (ma non si può dire lo stesso a livello mondiale, visto che ne è stato recentemente trovato uno simile in Turchia). Da quel momento in poi fu un susseguirsi di passaparola che hanno riempito il web di interpretazioni, fotografie, rivisitazioni artistiche (alcuni se li sono fatti persino tatuare sulla spalla) e leggende. Penso sia inutile dire la forza dell’impatto mediatico degli Amanti di Valdaro extra muros, tanto da invogliare band musicali americane a scrivere canzoni o a dedicare interi reportage ad emittenti come la CNN, China Today o Al Jazeera. Sono diverse le voci riguardanti il deposito dei resti di Valdaro. Secondo alcune fonti si trovano nel Museo Archeologico di Mantova in attesa di trovare una collocazione adatta a valorizzarli mentre secondo la fonte di Wikipedia anglosassone, invece, gli Amanti si troverebbero nei Musei Civici di Como per essere analizzati. Sono stati espo-

sti al pubblico molto di rado e solo per degli eventi di stampo internazionale vista la rarità del reperto e la fragilità che potrebbe essere messa a rischio da un’eventuale invasione di turisti negligenti. Infine, arrivando all’esegesi desumibile da quel simulacro erotico, che si tratti o no di due omosessuali, come le ultime scoperte vorrebbero far credere, che siano padre e figlio o due amanti seppelliti insieme, poco importa. Come si può screditare questa meravigliosa icona romantica? Eros e Thanatos hanno raggiunto la loro dimensione stabile, non hanno più da litigarsi un predominio sull’altro, convivono e sconcertano proprio per la loro mancanza di conflitto. L’angoscia della caducità lascia spazio all’armonia rasserenata della speranza in quelle ossa morte. Se si dovesse intonare un requiem per riaccompagnarli da cristiani nelle profondità della Grande Madre non sarebbe certo l’affanno di Mozart a fare da nero cocchiere, ma un più luminoso Bach. Seppur relegati ad un silenzio funereo riescono comunque a smentire le parole di Schnitzler quando, in un suo racconto, fa dire alla travagliata protagonista in cerca di sicurezze: “I morti tacciono”, anche se, forse, romanticamente siamo noi a pensarli parlanti. Gli Amanti di Valdaro ci dicono qualcosa dell’Amore (quello con la “A” maiuscola) che nemmeno i poeti del Dolce Stil Novo sono riusciti a comunicare, seppur con versi meravigliosi. Gli Amanti di Valdaro, in fin dei conti, ci spiegano che, tolta la carne, siamo tutti scheletri. Si perdono completamente quelle dannose differenze legate al colore della pelle, alla religione, al sesso e si può pensare che proprio per questo motivo ci sentiamo così attratti a quell’intreccio neolitico di ossa umane. Mendes Biondo

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La passione per Mantova e per l'arte e il senso di desolazione di una città già isolata di per sè e per di più svuotata dalle nuove dinamiche di mercato, mi hanno portato ad aderire al progetto di Mantova Creativa, condiviso con un gruppo di professionisti carichi di entusiasmo. Il confronto inoltre tra un presente spento e povero di stimoli e un passato sfarzoso che aveva visto la città tra i principali centri culturali del Rinascimento italiano ed europeo, ha acceso un senso di rivalsa e quindi la voglia di ridare alla città una maggiore dignità. In particolare l'obiettivo era quello di far diventare Mantova polo attrattivo della creatività, attraverso la contaminazione di diversi linguaggi espressivi. È così che architettura, arte, design, ma anche cucina e poi teatro, danza e musica, da tre anni e per quattro giorni, invadono la città con installazioni, performances, incontri e laboratori. In questo modo la città stessa diviene il contenitore ideale dove mettere in luce il vecchio e il nuovo, la storia e la contemporaneità nel quale creatività, mondo dell'impresa e giovani talenti sono i veri protagonisti. Tra gli artisti consolidati che si sono distinti per la loro forte personalità, Claudia Moretti, recentemente mancata e molto rimpianta, talento vero e riconosciuto, ha sicuramente nobilitato questa rassegna con la sua genialità creativa: la sua arte, apparentemente semplice, timida e volutamente fragile, sostenuta da una spontanea ricerca di linguaggi sempre nuovi, esprime in modo semplice un esuberante e incontenibile fluire di pensieri e di idee. Giulia Santi

Foto Roberto Soggia

Mantova, il tempo, l’acqua

Anche sul piano del mito delle origini, fatte risalire all’indovina tebana Manto (cantata nella “Commedia” dantesca) o, secondo altre leggende, ai figli di lei Agnello e Ocno, la città è stata approdo di navigatori-fondatori, provenienti dalle vie d’acqua che cinturavano la città: basse, silenziose, impaludate, penetrate sin nelle fondamenta della città, rimescolata tacitamente dall’acqua nel profondo delle case, dei palazzi, dei selciati, degli acciottolati, nelle vie e nelle piazze. I suoi luoghi, i suoi paesaggi, i suoi monumenti, i più esterni così come i più interni (“interni come quelli dell’anima” ha scritto in proposito Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia”), hanno sempre sentito indissolubile la congiunzione con

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l’acqua; al punto che il destino di Mantova si deve in buona parte al suo fondersi con essa. Molte delle sue bellezze artistiche tendono a contaminarsi con essa; specchiandovisi, a oltranza, come farebbe una donna avvenente ossessionata dalla sua decadenza. Molti dei suoi monumenti danno vita a forme, architetture, profili, colori, atmosfere, quasi più sognati che visti; mentre si generano visioni che sembrano svelare l’invisibile nascosto nel visibile. Intorno e dentro Mantova, l’acqua si rapprende in se stessa o scorre lenta, talora quasi ferma, creando quell’improvviso nostro esitare, tra la “temporaneità” che passa e la “temporalità” che dura; suscitando quel “quid medium”, tra movimento del tempo e immobilità dell’eterno di cui parla Platone. È allora che ci si raccoglie ad ascoltare il respiro lento e pesante dell’acqua che muscosa sciaborda tra le sponde, su sfondi di giardini silenziosi e di mura tranquille, gelose della “pulchritudo” che preservano; mentre, in giro per la città, l’acqua manda profumi di remoti fiori di lago, mescolati ad acri sentori di vecchie cose immobili da tempo, da carene incatramate in abbandono nei porticcioli. Odori che le stagioni e le ore degli uomini segnano con il loro corso. Sovente in questa città franca e operosa, la “funzionalità” e l’”utilità” sublimano nella rappresentazione della “bellezza pura”, della bellezza fine

Foto Tiziana Giacometti

mantovacreativa

a se stessa. Le strade e le piazze di Mantova giacciono distese in una ariosità stupefatta e lieve. E quando essa è posseduta da un delicato incantesimo effonde il meglio del nostro amore per lei; mentre ci affascina e ci sospinge verso l’immobile sfera delle fantasie, dei ricordi, dei rimpianti, delle illusioni perdute. Mantova per noi è tutto ciò che è molto (ma molto) di più: un tutto che non si esprime con le parole, ma che sentiamo nell’animo, come accade dopo certi nostri “voyage” in paesi lontani. Allora ritornando a Mantova la si vede profilarsi con quel suo lineamento amabile e struggente come forse non lo si trova da nessuna parte.

Gian Maria Erbesato


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Ricette per il futuro di Mantova ne circolano tante, segno che a molti sta a cuore il futuro della nostra città. In particolare gli ammonimenti sul tema della valorizzazione culturale sono così numerosi e preoccupati da far ritenere che questo sia il fronte più delicato, sul quale intervenire con decisione e lucidità. Ma le analisi non sempre sono oggettive e, di conseguenza, le proposte seguono indirizzi disomogenei, talvolta stravaganti: si tratta della “situazione perfetta” per non arrivare da nessuna parte. Ci si dibatte fra emergenze vere (i danni del terremoto, l’inquinamento ambientale, gli eco-mostri a due passi dalla Camera degli Sposi, la rinuncia a spazi pubblici traghettati in mani private) e grandi progetti ormai troppo costosi per diventare realtà in breve tempo. Un dato costante da decenni è che le Istituzioni non fanno squadra e, al di là delle dichiarazioni di circostanza, non individuano linee di sviluppo tanto fondamentali da dover essere perseguite anche oltre il (troppo) breve mandato amministrativo e lo schieramento ideologico. Ma anche i cittadini mantovani sono entrati in uno strano circuito di sfiducia e disarmo, in pochi (quasi sempre gli stessi) seguono le proposte culturali, e per giunta poi se ne dimenticano, sembrano vocati alla lamentazione continua, individuano negli enti pubblici (che oggi non hanno più risorse) gli unici colpevoli. Dati alla mano, negli ultimi anni si sono organizzati oltre 1500 eventi culturali all’anno, ci sono giorni in cui gli appuntamenti sono così numerosi che servirebbe essere ubiqui per seguirli tutti! Eppure si ripete ancora che Mantova è una città addormentata. Credo che ciò non sia del tutto vero e ritengo che ci siano le risorse intellettuali per determinare un cambio di passo. Esiste un volontariato diffuso, i gruppi attivi sono numerosi e le associazioni di volontariato culturale hanno iniziato a lavorare in sinergia. Inoltre, si stanno affacciando timidamente sulla scena iniziative innovative proposte da privati. Tutti chiedono alle Istituzioni di essere accompagnati e coordinati più che sostenuti “paternamente” come in passato. Ne è prova (mi limito a un solo esempio) la frenesia che ha suscitato nei singoli e nelle associazioni culturali l’appello a proporre progetti da inserire nel dossier di candidatura di Mantova a Capitale europea della Cultura 2019. Tutto questo non può bastare, ma l’intera città deve essere ambiziosa della propria identità, le potenzialità non vanno negate per rassegnazione alle difficoltà o per pigrizia. La cultura deve diventare un fattore di sistema in grado di alimentare la propensione all’innovazione. Mi si consenta una metafora: per progettare la Mantova del futuro si dovrebbe assumere l’atteggiamento che ha ogni cuoco in cucina quando interpreta al meglio le ricette culinarie del proprio repertorio. Egli è ottimista e fiducioso che gli ingredienti che abilmente compone si fondano in un piatto sublime; la sfiducia nelle proprie abilità, al contrario, lo porterebbe a leggere le ricette culinarie con il timore con cui si guarda alle ricette mediche. Elio Vittorini diceva: “È la cultura che scopre le esigenze di un mutamento. E ne dà evidenza al mondo”. La cultura a Mantova deve prendere coscienza di questo suo compito e praticarlo, perché la città è più viva di quanto essa stessa si creda.

Irma Pagliari

Foto Giovanni Fortunati

Ricette d’amore

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Il Progetto Sergio Sermidi 2013 Nel programma delle attività culturali, espositive e didattiche dell’Associazione MAC Mantova Arte Contemporanea per l’anno 2013 il lavoro dedicato a Sergio Sermidi rappresenta la centralità che nel 2012 fu propria delle Architetture Dipinte di Renzo Schirolli. Il Progetto Sergio Sermidi è realizzato in collaborazione con gli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, Centro Culturale Libreria Einaudi, Home Gallery 1 Stile, Provincia di Mantova e Comune di Mantova. A due anni dalla scomparsa del maestro, l’omaggio all’artista è strutturato in un Progetto articolato in quattro momenti: 1) 8 maggio-10 giugno 2013, Sede del MAC: laboratorio “Nuova Critica D’arte 2”; 2) 29 settembre-10 novembre 2013, Casa del Mantegna, mostra Sergio Sermidi: Riferimenti; 3) 29 settembre-10 novembre 2013, Santa Maria della Vittoria, mostra Sergio Sermidi 1990-2010; 4) 30 settembre-10 novembre 2013, Home Gallery 1 Stile, mostra L’assedio Del Colore. Appunti pittorici e inediti di Sergio Sermidi. Per quanto riguarda il laboratorio “Nuova critica d’arte” la prima parte si è svolta, in maggio e giugno, con grande partecipazione, nella sede del MAC in Corso Vittorio Emanuele II, 19 – MN, presso il Centro culturale Libreria Einaudi dove è stata allestita una esposizione “sintomatica” dei temi che verranno poi sviluppati nelle esposizioni di settembre-novembre. Gli incontri sono stati questi: Gian Maria Erbesato – Sermidi e la critica, Marcella Cattaneo – Per un’analisi sistematica del percorso creativo dell’artista, Luigi Sansone – Metodi di catalogazione per formare il Catalogo Generale dell’artista, Marco Culpo – Il mio vissuto con Sergio Sermidi, Claudio Cerritelli – Contesti di lettura dell’arte astratta. Obiettivo del laboratorio è stato quello di fornire agli allievi gli elementi necessari per produrre uno scritto sul lavoro di un artista che, in questo caso, sarà appunto Sermidi come lo scorso anno invece fu Renzo Schirolli e i testi prodotti dai ragazzi, come accaduto nella prima edizione, saranno pubblicati sul “Giornale della mostra”. In occasione della IX Giornata del contemporaneo, organizzata da AMACI, le “azioni dialoganti” verranno organizzate coinvolgendo direttamente i ragazzi partecipanti al laboratorio “Nuova critica d’arte”, artisti e associazioni che lavorano nella “ricerca” espressiva del nostro tempo: musica, danza, canto, recitazione, poesia, letture, video, cinema, fotografia, proiezione ….. Tutto il Progetto verrà Eristeo Banali (Presidente MAC) documentato con la pubblicazione del “Giornale della mostra”.

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CALENDARIO EVENTI

CA’ GIOIOSA

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entra nelle case 30 agosto 2013 / Anno IV Copia omaggio supplemento straordinario a La Cittadella Editrice Ca’ Gioiosa, Mn Impianti e stampa: Publi Paolini, Mn

Responsabile redazionale Claudio Fraccari Coordinamento artistico Raffaello Repossi Coordinamento editoriale Mara Pasetti Redazione Valeria Borini Claudio Compagni Giovanni Fortunati Claudio Fraccari Nicoletta Marastoni Laura Pasetti Mara Pasetti Gianpaolo Poli Raffaello Repossi Giada Salvarani Giuseppe Tripodo Nicola Zanella Testi di Eristeo Banali Mendes Biondo Roberto Capuzzo Alessandro Della Casa Gian Maria Erbesato Daniela Ferrari Claudio Fraccari Stefano Iori Irma Pagliari Mara Pasetti Giulia Santi Fotografie di Andrea Danani Vanni Favalli Giovanni Fortunati Milena Giacomazzi Tiziana Giacometti Roberto Soggia Giuseppe Tripodo

Per concludere Ca’rte in sintonia con l’editoriale dell’amico Claudio Fraccari, riparto dall’ultima sua riflessione: che ogni frontiera rappresenta un passaggio. Tanto più lo percepiamo dovendo accettare il cammino senza la compagnia di alcuni amici. Don Ulisse Bresciani, Luciano Tosoni, Claudia Moretti. Cosa ha legato queste persone a Ca’ Gioiosa? La generosità del cuore, la loro disponibilità a collaborare e a credere nell’ideale di condivisione culturale dell’associazione, certo. Ma anche una caratteristica di lievità che faceva di loro persone sensibili e ironiche. Ve lo immaginate il don a prendermi amabilmente in giro leggendo queste righe? “Mara – direbbe – vuoi fare concorrenza a giornali ben più importanti che dedicano l’ultima pagina ai necrologi?” Li salutiamo così, con un sorriso, felici di averli conosciuti, onorati di averli ospitati su queste pagine così come lo è la città sul cui sfondo hanno realizzato, ognuno a modo proprio, una vita che è stata un’opera d’arte. Mara Pasetti

Venerdì 4 ottobre ore 21.00 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn "Tazio Nuvolari: uomo di sport e d'immagine" Presentazione di Nicola Zanella Ingresso libero Su prenotazione entro il 27/9

Domenica 25 agosto ore 9,00 “Bici trekking alle Grazie” Ritrovo Castello di San Giorgio Accompagnati da Gilberto Furlani Su prenotazione entro il 16/8

Martedì 16 ottobre ore 21.00 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn “Cinema… consigli per gli acquisti” Presentazione di C. Fraccari dei nuovi film in uscita nell’autunno/inverno Su prenotazione entro il 10/10

Giovedì 12 settembre ore 20.30 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn “Il collezionista di meraviglie” Presentazione della mostra di Torino A cura di Mara Pasetti Su prenotazione entro il 30/9

Giovedì 24 ottobre ore 21.00 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn "Antonello da Messina" Mostra del MART Presentazione a cura di Mara Pasetti Su prenotazione entro il 18/10

Venerdì 20 settembre ore 20.30 Venerdì 18 ottobre ore 20.30 Giovedì 21 novembre ore 20.30 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn “In-contro” Amici che si incontrano per dialogare di libri, film, attualità…convivialità. Su prenotazione

Domenica 17 novembre ore 21.00 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn “Verso Monet. Storia del paesaggio dal ‘600 al ‘900” Presentazione della mostra a cura di Mara Pasetti Su prenotazione entro 12/11

22-9, 14-10, 9-11, 1-12 Uscite fotografiche accompagnati da G. Fortunati e G. Tripodo e mostra “Le Regge dei Gonzaga: Mantova, castelli, corti e palazzi del contado” Aperto a tutti

Giovedì 19 dicembre ore 20.00 Home Gallery 1 Stile, via Calvi 51, Mn Cena tematica per il 12° compleanno di Ca’ Gioiosa “Zurbaran” Su prenotazione entro 10/12

L’associazione Ca’ Gioiosa è a disposizione degli eventuali aventi diritto per le fonti non individuate. Scriveteci i vostri commenti su Facebook: ogni visita ci aiuterà a portare avanti il progetto di Ca’rte Visitate il nostro sito per conoscere l’elenco delle edicole che distribuiscono Ca’rte.

Per info e iscrizioni agli eventi: telefonare allo 0376 222583 - 3395836540 pag. Facebook: Associazione Culturale Ca’ Gioiosa

cagioiosa@libero.it • www.cagioiosa.too.it

CA’RTE: un ponte tra giovani e anziani In autunno Ca’ Gioiosa concluderà il progetto “Ca’rte: un ponte tra giovani e anziani” svolto in collaborazione con la Provincia di Mantova nell’ambito del bando associazionismo L.R. n. 1/08, capo III (che ha coinvolto allievi della IV e V C dell’Istituto Tecnico per le Attività Sociali A. Mantegna, della V E del Liceo Scientifico Belfiore e gli ospiti degli Istituti per Anziani Mazzolari, Isabella d’Este e Centro Diurno) affiancando alla lettura di questo numero tematico dedicato a Mantova la presentazione di uno dei tanti film che sono stati girati nella nostra bella città. A questo proposito scrive Claudio Fraccari, impegnato, fra gli altri, direttamente nel progetto come insegnante: “Comprendendo anche i documentari e le produzioni televisive, sono oltre 50 i film girati a Mantova o nel Mantovano. Come mai tanta abbondanza? Una prima risposta è immediata: la città gonzaghesca dispone di un centro storico sostanzialmente intatto nelle sue caratteristiche rinascimentali, e ciò spiega la sua vocazione per il cinema in costume. Ma perché vi si è ricorso anche e specialmente per soggetti di ambientazione contemporanea? Qui la risposta è più articolata e investe questioni che allargano gli orizzonti. Mantova con i suoi dintorni va innanzitutto riconosciuta come luogo anfibio, dove coesistono terra e acqua, per di più sfumate dalle nebbie persistenti; grazie alla sua lunga storia, vi si sono inoltre stratificati i contesti nobiliare, borghese, popolare, ciascuno con le proprie peculiarità sociologiche e antropologiche, così che l’antico riemerge accanto al moderno e si fa antiquario; la piccola città di provincia consente poi che il rustico e l’urbano si intersechino, che il sacro e il profano si scambino i ruoli nel nome del folclore. La corte principesca si alterna alla casa colonica, i palazzi agli argini, il centro abitato alla campagna, i monumenti ai ruderi: luoghi che recano le stigmate volta per volta di grandezze e di miserie, dell’ordinario e dello straordinario, della memoria biografica o storica. Vi si possono allora ambientare racconti filmici disparati: rinascimentali (Il mestiere delle armi, Addio fratello crudele), ma anche secenteschi (Amor nello specchio, I promessi sposi nella versione tv di Nocita o il Renzo e Lucia dell’Archibugi), ottocenteschi (Senso, La Certosa di Parma), proto-novecenteschi (Novecento), di epoca fascista (La marcia su Roma, ancora Novecento, Salò o le 100 giornate di Sodoma, Il corpo della ragassa), contemporanei (Le stagioni del nostro amore, Il portaborse); storie di povera gente (Il mulino del Po, Ligabue), di borghesi (Le stagioni del nostro amore, Incontro) o di aristocratici (Senso), di età giovanile (Domani mi sposo) o senile (Al primo soffio di vento); si può privilegiare il paesaggio urbano (Le stagioni del nostro amore) oppure quello agreste e fluviale (Il mulino del Po, Il pianeta azzurro). Insomma, se Mantova non ha fin qui prodotto cineasti (a parte l’isolato Franco Piavoli), essa ne ha richiamato molti; grazie alla variegata qualità del suo territorio e della sua storia, si è prestata come set a plurime rappresentazioni. Si è offerta allo sguardo come oggetto di schermo, non ha agito ma è stata agita dal cinema”.

e con il patrocinio

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Ca’ Gioiosa ringrazia per la sensibilità che sempre dimostrano a sostegno delle sue iniziative la Provincia di Mantova, il Comune di Mantova, Levoni spa, Pavimantova snc, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Cantine Virgili, Gustus, Valle dei Fiori, 1 Stile, Banca Intesa San Paolo.

L’Associazione Culturale diabolus in Musica è nata a Curtatone nel 2003 con l’intento di promuovere la musica e il suo rapporto con i linguaggi artistici in particolare nella declinazione delle poetiche contemporanee e delle avanguardie storiche. Cuore creativo dell’associazione è la rassegna Eterotopie Altri luoghi che in questi anni ha presentato al pubblico locale e nazionale oltre 200 eventi, tra concerti, conferenze, istallazioni, performances, prime esecuzioni internazionali, spettacoli di danza, masterclass creando una iniziativa unica nel suo genere apprezzata a livello internazionale. L’elenco degli artisti e delle personalità di caratura internazionale sottolinea l’unicità del progetto nel territorio nazionale e la sua statura: Societas Raffaello Sanzio, Teatro Valdoca, Peter Greenway, Ivo Pogorelich, Boris Petrushansky, Iaia Forte, Sandro Cappelletto, Quirino Principe, Douglas Hofstadter, Ariel Toaff... L’attività dell’Associazione si declina anche nella formazione, con l’Accademia del Pianoforte, i cui allievi partecipano a progetti speciali internazionali, come Suomitaly, meeting che si svolge ogni estate in Finlandia. Le collaborazioni con enti culturali di prestigio suggellano il percorso dell’associazione.

www.eterotopie.it www.accademiadelpianoforte.com

Questa pagina ospita sempre Associazioni e Istituzioni culturali mantovane


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