Tunisia 2010 resoconto

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TUNISIA 2010

….LA PRIMA AVVENTURA-RAID


Partiamo alla volta della Tunisia con le moto cariche di bagagli Abiamo battezzato le cavalcature in base alle loro caratteristiche fondamentali: c'è "la Bella"- un KTM 640 prestige, "la Nuova" - una Transalp 700, "la Grossa" - una Gran Canyon, e in fine la mia Canyon 500... "la Rattoppata". Giunti in terra africana la prima amara sorpresa. L'albergo che avevo scelto per la prima notte, a soli 7km dal porto di La Goulette, era chiuso, probabilmente per ammodernamenti, visto lo stato generale della struttura. Così, dopo una pizza consumata in un chioschetto, alcuni ragazzotti locali ci rifilano la prima (e unica) fregatura della vacanza. In 4 in una casa sfitta per una cifra che, seppur in euro appaia irrisoria, è grandemente sovradimensionata rispetto ai prezzi degli alberghi. Vabbè, pazienza. Almeno le moto sono parcheggiate in un corridoio che funge da cortile per l'abitazione in questione. Il giorno seguente partiamo alla volta di Tabarka. Abbaimo già modificato il programma stabilito per provare alcune strade non asfaltate sui monti a sud di Tabarka. Queste risulteranno poi, contrariamente a quanto precisato sulla carta Michelin, asfaltate. Fortunatamente di strade senza asfalto ce n'è in abbondanza in zona!

Troviamo anche un grande spiazzo, probabilmente adibito di solito alla sosta di capre, dove possiamo sfogare un po' i nostri istinti fuoristradistici, che oramai scalpitano dentro di noi fin da subito dopo le barriere doganali.

e qualche tratto più polveroso che sabbioso ci fa illudere di essere già in piena Dakar! Il giorno seguente dirigiamo a sud, in direzione della tavola di Jugurta. Questa offre al viaggiatore uno spettacolo davvero inusuale. Infatti all'occhio abituato a lunghe distese pianeggianti intervallate all'orizzonte da piccoli monti e colline, si presenta ad un certo punto una


montagna talmente bassa e piatta che l'appellativo "tavola" mai sarebbe parso piĂš appropriato.

E da sotto i suoi fianchi, altissimi e ripidissimi, si capisce bene perchè il Re Numida Jugurta lo elesse a propria fortezza naturale

Dopo una visita alla cima della tavola, cui si accede tramite una "porta fortificata" creata in una fenditura naturale della roccia, proseguiamo per una veloce pista sterrata che, attraversando le pianure coltivate a sud, ci portano fino alla cittĂ di Haidra, dove le vestigia romane abbondano, come in gran parte della Tunisia del resto.

Rinfrancatici in un negozietto di generi alimentari, proseguiamo sempre a sud, dove ci attende il parco del Djebil Chambi.Dobbiamo andarci via asfalto, perchè la sterrata che avevamo scelto di percorrere passa vicino la confine Algerino, e un posto avanzato della Guardia Nazionale ci impedisce di percorrerla. Troppo pericoloso a sentir loro. Questo parco naturale sorge intorno al monte Chambi, il monte piÚ alto della Tunisia (1544m slm). In questo parco, dove si potrebbero ammirare numerosi animali se si avesse il tempo di percorrere i suoi


accidentati sentieri a piedi, vi è una bellissima sterrata che evolve in sasso smosso immerso nel verde che, girando tutt'intorno alle pendici del Djebel, ci regala panorami mozzafiato Il giorno seguente, dopo una notte a Sbeitla in un albergo decisamente sporco (quello che avevo scelto aveva un'aria decisamente più pulita, come tutti gli altri alberghi in cui abbiamo soggiornato, ma era completo e disponeva solo di una camera, e non ci andava di dividerci)ci dirigiamo verso le oasi di montagna. La strada poco trafficta ci ricorda che è facile trovare la morte anche vicino ai segni di civiltà, e non solo nel Sahara

E c'è da dire che non tutti i cartelli sono facilmente interpretabili Le oasi di montagna sorgono nei pressi del confine con l'Algeria e ripongono nei loro Canyon e cascate naturali tutta le loro attrattive. Mides...

cui si può arrivare percorrendo le stradine del vecchio paese, abbandonato dopo l'alluvione del 69, come molti altri nella zona, dopo essersi accordati con la guida turistica del posto.

Tamerza, con la sua "grande cascata" e la sua "piccola cascata", decisamente meno frequentata da turisti e che dispone anche di un suggestivo canyon, conosciuto da tutti gli abitanti. Basta chiedere. Ci si può anche fare una doccia, anche se la forza dell'acqua in caduta è veramente impressionante

Il giorno dopo, grazie all'accordo raggiunto con una guida locale, Farouk, ci facciamo un giro per i Canyons e le montagne a sud di Redeyef che ci offrono lo spettacolo di una sorgente tra le rocce invisibile dalla strada, a cui ci guida Faruk tramite un breve percorso


sterrato

all'interno

di

una

gola

Naturalmente non potevamo mancare di transitare dalla Pista di Rommel, una suggestiva sequenza di lastroni di cemento che offre un panorama imperdibile sullo Chott el Gharsa. Questa pista fu costruita dal Comandante dell'Afrika Korps per meglio muovere attraverso le alture tunisine le proprie forze corazzate, vero punto di forza

dell'asse in Africa del Nord.

Lo Chott è una bassa depressione in cui grosse quantità di sale stagnano nei periodi secchi

Ed è una vera goduria

scorrazzarvi

sopra

con

le

moto

Attarverso una pista nello Chott, che ti fa voglia di aprire il gas per quanto è ben identificabile (abbiamo toccato punte anche di 110-120 Km/h, e Farouk giù a dire che eravamo pazzi, chei turisti non vanno così veloci), si giunge a Ong Djemal (gobba di cammello), una particolare conformazione rocciosa che ricorda proprio la forma del dromedario. E' qui che il nostro amico Giuseppe a bordo de "la Bella", inseguendo nelle acrobazie i land Cruiser zeppi di turisti, azzardando troppo vola giù da una pista "cassè", atterrando dopo un volo di una 15ina di metri sull'anteriore e rovinando a terra. La nostra proccupazione è subito quella di prestargli assistenza, e di bloccare l'accesso al toboga agli altri mezzi fuoristrada, per impedire che ci travolgano. Giuseppe si rialza subito e lamenta un po' di dolore alla spalla, che sembra proprio sia lussata. La moto ha subito solo la rottura della mascherina anteriore e del gruppo faro, niente che un po' di nastro americano non possa risolvere. Tornati in Italia Giuseppe scoprirà di avere fratture multiple all'omero, e sia noi che i medici non ci capacitiamo di come abbia potuto sopportare i giorni seguenti solo con antinfiammatori e antidolorifici!!!! La foto che segue è stata scattata dal punto in cui la pista scendeva in picchiata, e noi ci troviamo pochi metri più in basso del punto di impatto


Ci dirigiamo quindi al porto stellare di Mos Espa, sito della città usato per le riprese del film Guerre Stellari

Al rientro verso Tamerza troviamo la prima vera sabbia in ore calde, e ci accorgiamo subito che non è certo una passeggiata navigarci sopra Ci dirigiamo quindi a Douz, "la port du desert", città che trae origine dalla presenza di un accampamento di un battaglione (le DOUZiemme appunto) della Legione Straniera. Attraversando la striscia di asfalto sullo Chott el Djerid. Il giorno successivo al nostro arrivo ce lo prendiamo di relax prima dell'ingresso nel Deserto. Si iniziano a studiare le dune

Basta comunque poco per capire come superare questo mare che tende a far sbacchettare l'anteriore: come recita il motto dell'endurista " nel dubbio dai gass!". E infatti la soluzione è proprio quella: quando l'anteriore sbacchetta e perde aderenza, dando gas questo si riallinea "quasi" automaticamente. Ho detto "quasi"! Non pensate però che sia così facile! infatti decidiamo subito di "tagliare" la notte a Tembaine. Decisione che si rivelerà veramente saggia. Il giorno successivo è il gran giorno, l'evento più peculiare del viaggio...l'ingresso nel Grand Erg Orientale. Di prima mattina, per sfruttare l'umidità che compatta la sabbia, ci svegliamo al richiamo alla preghiera del Muezzin, subito prima dell'alba, e quando sorge il sole siamo pronti per partire

Dopo una 40ina di Km di pista battuta intervallata a pozze di sabbia e sequenze di piccole dune arriviamo ad uno dei punti "mitici" delle piste sahariane tunisine: il cafè a la port du desert, dove una sosta e un the alla menta sono d'obbligo

Purtroppo circa 20 minuti dopo essere ripartiti un raggio della mia ruota posteriore si rompe, causa la Tole Ondulee e le numerose pietre presenti sulla pista. Questo provoca la foratura della camera d'aria. Perdiamo perciò circa 2 ore per sostituirla

Un pranzo (necessario) a base di tonno sotto una "tenda italobeduina" improvvisata ci fa perdere altro tempo

Così alle 16 ci ritroviamo nel letto dello Oued Bibene, punto più arduo della pista. Qui, oltre a scomparire letteralmente sotto le dune ogni singola parvenza di pista, ci ritroviamo ad affrontare dune ormai della consistenza di farina, per di più con la parte cassè rivolta a noi. Le moto


affondano e tirarle su sottrae ai nostri corpi una considerevole quantità di energia. In breve, cercando un passaggio tra i cordoni, ci spostiamo troppo a sud mancando l'ingresso del Bibene, e addentrandoci sempre più nell'erg. Decidiamo così, insieme a due equipaggi di land cruiser pick up allestiti camper da una ditta tedesca, anch'essi diretti all'oasi di Ksar Ghilane, di pernottare nel deserto, anche perchè il sole tramonta velocemente da queste parti. Dopo una cena a base di spaghetti gentilmente offerta dai teutonici (avevamo il tonno, però.....mica potevamo rifiutare, no?) tutti a letto, per alzarsi nuovamente all'alba e ritentare l'accesso al Bibene

Ma la mattina dopo la musica non cambia, e anche i Land Cruiser devono ricorrere sempre più spesso alle grelles per trarsi d'impaccio dalla sabbia. Certo, noi con i bagagli gentilmente depositati sui 4x4 andiamo decisamente meglio, e le dune non sembrano poi un grossissimo problema. A un certo punto però la saggezza ci dice che, se non vogliamo trascorrerre un altro giorno di fatiche (forse inutili) e un'altra notte nel deserto....ci conviene desistere e tornare a Douz, per poi dirigerci via asfalto a Ksar ghilane. E optano così anche i tedeschi, dato che la ricerca di un passaggio sembra quasi impossibile. Peccato....avevamo percorso gia più di 95 dei 110Km della lunghezza della pista. ...sarà per un'altra volta. Rifornitici a Douz prendiamo la via per la Pipe Line e giungiamo a Ksar ghilane nella notte. Ci accampiamo così nelle dune subito a nord dell'oasi

Una cena in uno dei bar che si affacciano sulla pozza di acqua calda e un bagno ristoratore nella stessa ci tirano su il morale un po' abbattuto per il recente fallimento. Bagno ovviamente ripetutro la mattina seguente

Partiamo quindi affrontando la terribile Tole Ondulee nella pista per Chenini, che mette a dura prova sospensioni e bulloneria delle moto. La Tole Ondulee va percorsa ad una velocità abbastanza elevata, in modo da far si che la moto letteralmente "galleggi" sulle sospensioni, pena la letterale distruzione della stessa. Sulla prima tole ondulee incontrata tra Mos Espa e l'asfalto per il ritorno a Tamerza, dato che portavo la zavorra-guida Farouk, ho rotto un supporto in plastica del cupolino che teneva anche il porta GPS e il portatarga in alluminio che mi ero costruito. Per fortuna qui non ho nessun fardello dietro, e posso dar sfogo alla manetta.Purtroppo però un febbrone, causato probabilmente da un'insolazione, mi causa dolori a muscoli e ossa, e agevola ben 5 cadute nei fech-fech ("pozze" di sabbia finissima solcate, in mezzo alla pista). Saltiamo con non troppo dispiacere, data la stanchezza accumulata, le tappe turistiche di Ksar Ouled Soltane, Djerba e Maatmata, e ci dirigiamo su asfalto verso Gabes. Ovviamente, visto che qualcuno di noi l'aveva tanto chiamata nei giorni scorsi (!!!!!), ci coglie pure una tempesta, che era già "di sabbia" pur essendo dopo Medenine, figuriamoci se fossimo stati ancora su una pista alle porte dell'Erg!!! 20 minuti di delirio, in cui siamo stati costretti a fermarci, oltre che per la visibilità azzerata, a causa di un vento che anche da fermo ti sbatteva letteralmente a terra. Abbiamo trovato rifugio in una costruzione in muratra lungo la strada, che poi abbiamo scoperto essere un


distributore di benzina di contrabbando dalla Libia. Pratica diffusa vicino alla libia e all'Algeria. Dopo una breve sosta per la visita alla Grande Moschea di Kairouan e un pasto a base di agnello nei tipici localetti che sorgono lungo ogni strada tunisina si riparte alla volta di Gabes, dove sostiamo un paio di giorni per riassestare equipaggiamento, noi stessi, e le moto. Si perchè la Gran Canyon perde olio dalla frizione idraulica, e dopo vari giri in ricambisti auto della zona, aiutati da un simpatico ragazzo del posto che parla italiano perchè fa il camionista da noi, troviamo una guarnizione identica anche se un po' più lunga, che si rivelerà però efficacissima. Rimane la modifica principe del grande Meccanico Lillo (che cavalca "la nuova") che ci ha visti costretti, nelle sabbie di Ksar Ghilane, a collegare la frizione alla poompa del freno posteriore, dato che la sua era rotta, e lasciare la massa della Gran Canyon senza freno anteriore era impensabile. ...la prima moto con frizione a pedale!!!!!!!

Gli ultimi 2 giorni li passiamo ad Hammamet a fare i turisti e a spendere gli ultimi dinari in souvenir. Proviamo anche la Shisha (quello che noi consciamo come Narghilè), ma io non fumo, e quindi non gradisco molto

Giungiamo quindi alla fine del viaggio, con le solite 24h di traghetto per Civitavecchia e rientro a casa a notte inoltrata....ma la Canyon ce l'ha fatta anche stavolta!!!!!!

….e ci siamo anche guadagnati la copertina di una nota rivista…..

Se desiderate riceve altre info o le tracce GPS scrivetemi a avventuraid@gmail.com o contattatemi su Facebook al seguente link https://www.facebook.com/pages/AvventuRaid/201320063302709?ref=hl


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