Balcani offroad in solitaria

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Articolo a cura di: Gianni Uomo di Ghiaccio

Quando il Diavolo ci mette lozampino è tempo di avventura. Questa volta l’ago della mia bussola si è fermato ad indicare l’est: congiungerò il Mar Adriatico al Mar Nero attraverso le piste dei Balcani meridionali e della Bulgaria in un viaggio in solitaria.

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a Bulgaria nel cuore dell’Europa, è legata a ricordi di guerra fredda, ma coesistono bellezze naturali incontaminate, unite a una forte spinta verso la modernizzazione. Diversi mesi sono necessari alla programmazione del raid, perché le informazioni sulle tracce in queste aree sono pochissime. Sarò costretto a tracciare più di 1000 km di tratti fuoristrada dalle immagini satellitari, una bella incognita, ma l’importante è partire. Le tracce del raid confluiranno, inoltre, nella banca dati del TET - il Trans Euro Trail - una rete di percorsi fuoristradistici che attraversano il vecchio continente, nata da un’idea del britannico John Ross sulla falsariga del TAT, il Coast to Coast americano in off. LA PARTENZA Duecento km di autostrada tutti di un fiato, che noia! Sul traghetto si respira un’atmosfera diversa rispetto a quelli diretti in Africa e le uniche due ruote presenti, oltre alla mia, sono quelle di un Harleysta di Amalfi che va in Austria per visitare la costa Croata e una coppia in Vespa che va in campeggio su un’isola Dalmata. Domani Spalato-Sarajevo.

BOSNIA, TERRA DI MINE Belle pietraie in Bosnia. Niente di difficile.

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Solo una ostica a circa 100 km da Sarajevo, dove il paramotore urta sul carter volano e lo crepa in due punti. Non è grave, riparo il carter con l’acciaio liquido e pezzi di lattina alla meno peggio. Avanzo su lunghi tratti pietrosi in off molto semplici con pietre piantate e lunghe sequenze di piccoli gradini. Quasi a Sarajevo, salendo sull’ennesima montagna, rimango allibito. Il versante sud è tempestato di tombe bosniache, impressionante ricordo del recente conflitto. Dopo la cresta, dove tira un vento maestoso da rendere impossibile la guida in piedi sulle pedane, inizia il tratto più impervio. Sul versante nord, un fitto bosco con gli alberi che si chiudono a tunnel sul sentiero, ergono ai lati a tetro avviso, una serie di cartelli rossi: mine! Le informazioni raccolte e la presenza dei cartelli mi indicano che la pista è pulita e decido di passare, comunque sulle pietre, perché lì le mine non si piantano. In fretta mi lascio questo monte alle spalle attraverso altri bellissimi percorsi off-road, ovviamente con il rischio della presenza di mine ai lati per cui meglio non uscire di strada. Ho perso molto tempo a riparare il carter, il che significa diversi chilometri in direzione Sarajevo su asfalto al buio e sotto una fastidiosa pioggia. La sera visito il quartiere di Bieslanjca,

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bello e suggestivo e di un’impressionante bellezza la Cattedrale Ortodossa. SARAJEVO - IVANJICA Parto tardi per controllare la riparazione al carter e per capire perché la presa USB sulla moto non funziona. Questo diavoletto si è proprio intestardito. Sbaglio subito la direttrice di uscita dalla città, salto i primi pochi km di off per poi riprendere la traccia su una pista in mezzo a monti ricoperti da alte conifere e cosparsi, ovviamente, di mine! Imbocco la M5, una strada a fondo naturale che costeggia un fiume con lunghe gallerie illuminate solo dal mio fanale da enduro. Al termine della M5 inizia un tratto con fango scivolosissimo, per poi entrare in un tratto a pietre e ciottoli di generose dimensioni. Arrivo al confine tra la Bosnia e la Serbia dove noto da subito la differenza tra i due paesi. Dal lato bosniaco un gabbiotto singolo e due cartelli buttati a terra mentre dal lato serbo una dogana “normale”, con tettoia ed edifici annessi. Se la Bosnia vista finora è il regno delle montagne pietrose, questo lato della Serbia è un susseguirsi di dolcissime colline. Una volta salito in quota, infiniti tratturi mi portano ovunque senza sbalzi altimetrici. La terra rosso scura ha un grip fantastico,

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c’è fango si, ma di quello “sano”, non quello “saponetta” della Bosnia e questo mi permette di affrontare il percorso con maggior velocità. Mancano ancora una trentina di chilometri e sta calando la notte, è tardi per arrivare al Monastero di Studenica, il fine tappa programmato per cui mi fermo alla prima cittadina. Un grande albergo a un prezzo ridicolo (qui fuori dalle capitali la vita costa poco) mi offre una bella sistemazione, con “posto d’onore” per la moto davanti all’ingresso illuminato. NOTTE NEI BOSCHI Nuvole basse, con calma faccio colazione, e un po’ di manutenzione alla moto. Ungo la catena, sistemo il filo della presa USB e “massaggio” le saldature fatte con l’acciaio liquido sul carter con una saponetta. Ho letto di questo metodo, usato dai vecchi dakariani per ridurre le perdite di olio dai paraoli delle forcelle danneggiati e, in effetti, la soluzione si rivela vincente. Arrivo al monastero di Studenica e mi trovo immerso in un luogo di pace che mi pervade l’anima e dove mi trasferirei volentieri per un paio d’anni. Alla ripartenza mi accoglie un fondo di fango argilloso dove perdo tempo e spreco molte di energie per tenere le traiettorie in velocità. Il peso dei bagagli non aiutano di certo, aumentando l’inerzia del posteriore. Sotto un castello diroccato ci sono degli uomini che raccolgono prugne. Il trattore lasciato in mezzo al sentiero è una scusa per attaccare bottone e in meno che non si dica mi ritrovo con un pezzo di gallina lessa in mano, del pane e una Coca Cola. Per ricambiare l’ospitalità dispenso barrette di Parmigiano! Proseguo in fuoristrada per svariati chilometri e a un certo punto mi trovo fuori rotta accorgendomi di aver seguito una traccia parallela a quella sul GPS. Sembra però che le due tracce si ricongiungano, quindi proseguo. Cala il buio, su un tornante fangoso adiacente al letto di un torrente scivolo e la moto si mette a sella in giù. La rialzo al terzo tentativo con uno sforzo sovrumano. Ormai si è fatto buio, mangio un po’ di frutta disidratata per recuperare le forze e alla luce della torcia monto la mia tenda. Spiego al suo interno il sacco a pelo e mi adopero per accendere il fuoco. La legna è umida ma usando rami secchi di varie dimensioni

sollevati dal suolo in pochi minuti ho una fiamma di un metro d’altezza davanti all’ingresso della mia igloo. Lascio aperta la tenda chiudendo solo la zanzariera e il vento della sera spinge il caldo all’interno. Ceno seduto su un tronco, una barretta energetica, un po’ di frutta disidratata e due prugne fresche donate dai braccianti. Brucio le confezioni alimentari e i noccioli di prugna per evitare che qualche orso ghiotto senta l’odore del cibo da lontano. Mi infilo nel sacco a pelo, stregato dalle fiamme e dagli zampilli che guizzano in aria, aspettando che il fuoco si trasformi in brace e buonanotte. BULGARIA Mi sveglio presto, ravvivo il fuoco con cortecce e rami e faccio colazione. Le tracce dovrebbero convergere a circa

800 metri in linea d’aria, ma un paio di grossi alberi caduti mi impediscono il passaggio. Sono costretto a tornare indietro fino ad imboccare la traccia che avrei dovuto prendere. Il bivio è degna di una nota del mondiale Motorally, due tracce che aggirano un cespuglio prima di un boschetto, una più malmessa dell’altra. Dietro al boschetto eccola, parte la traccia giusta. Questa volta tutto fila liscio, il diavolo si è forse scordato di me? Mentre passeggio tranquillo su un viottolo di campagna, da dietro una siepe si immette il muso di un’auto. Mi attacco ai freni, ma l’urto è inevitabile. Rimango un attimo seduto sul suo cofano con la gamba incastrata tra paraurti e moto. La muovo cautamente per sentire se c’è qualcosa di rotto, ma sembra tutto ok, ad avere la peggio è stata l’auto con il paraurti divelto e una bozza sul cofano.

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DIAMO UN PO’ DI NUMERI 10 i giorni di viaggio 220 Kkm di autostrada in italia 930 km di asfalto fino all’incidente 600 km di off-road 1300 km di asfalto nel rientro dopo l’incidente 170 costo in euro del traghetto a/r + posto ponte 22o costo in euro dell’alloggio in camera singola 116 euro spesi in benzina 140 il peso della Moto husqvarna 610 20 litri di capienza del serbatoio della aprilia rally 25 kg di bagaglio

Riprendo per i sentieri tra i campi, percorso scorrevole e veloce fino a Nis e poi un po’ di asfalto fino a Sofia dove lungo la strada mi godo le gole della Nisava. Il mio albergo è dietro la cattedrale di Alexander Nevskij, una doccia veloce, bucato ed esco a fare due passi. Sofia ha un centro storico piccolo visitabile tranquillamente anche a piedi. Una visita ai monumenti, una cenetta e poi a nanna anche se la città meriterebbe di più, dato che ci sono numerosi ristorantini e pub ricavati nei giardini delle vecchie case con un numero insolitamente alto di night club, anche sul viale principale. La mattina successiva manco per poco la cerimonia d’apertura del Balkan Rally, proprio sotto la Cattedrale Nevskij.

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LA STANCHEZZA BUSSA FORTE Impiego più di mezz’ora ad imboccare la via principale per uscire dalla città verso nord. Dopo circa un’ora attacco il primo off, facile, seppur con qualche serie di pietre piantate che mi fanno rallentare. Entro nel sottobosco su una pista larga e ben mantenuta e spalanco la manetta. Questa pista corre in discesa fino ad entrare in una valle molto stretta, con un torrente al centro e bestie al pascolo. Sembra di essere a Vallepietra. Il torrente interseca la pista con una serie di piccoli guadi che si attraversano senza problemi fino a quando ne incrocio uno che non sembra come gli altri. Lo noto subito, con le sue lastre nere a gradini che mi guardano storto.

Entro piano, un colpetto di gas per superare il gradino più grande e volo in terra. Cavolo, mi fa male la mano! Cerco di rialzarmi e subito capisco il motivo della caduta. Le lastre, sotto al livello dell’acqua, sono ricoperte da un muschio scivolosissimo. Rialzo la moto a fatica ed esco dall’impasse con l’aiuto del cavalletto laterale. Riprendo il viaggio, con la mano che mi duole e per prevenire il gonfiore la immergo con tutto il guanto nell’acqua gelida del torrente. Dopo questa valle rientro nel bosco quando sul sentiero qualcosa attira la mia attenzione. É la zampa di una capra, ha i segni di denti e sembra essere appena stata staccata. Col rumore del motore avrò spaventato qualche lupo che l’ha abbandonata per rifugiarsi velocemente nel bosco. Il percorso che sto seguendo è segnalato da una serie di fettucce, deve essere un pezzo della P.S. del Balkan Rally. Inizio a salire e scendere i sentieri di pietra smossa con un bel passo. La traccia mi porta poi in un sentiero nel sottobosco che diventa un singletrack tra gli alberi, immerso in una vegetazione lussureggiante. In una curva stretta fatta a passo d’uomo, la moto sprofonda col posteriore. Cavolo! Utilizzo la corda che ho con me e la fisso agli alberi per uscire dagli impicci ma alla curva successiva il film si ripete. Ho perso troppo tempo ed energie e proseguo a piedi in perlustrazione. Dopo una ventina di metri il punto critico termina e si rientra nel sottobosco ma chi mi dice che non ci sia un impluvio simile più avanti?

Fine

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Curiosità

Inoltre, con poca acqua non posso permettermi di passare una notte nel bosco così decido saggiamente di tornare indietro. Mi immetto a sud sull’asfalto fino a Veliko Tarnovo dove resterò per un giorno di riposo. I tornanti del Passo di Shipka regalano comunque grande soddisfazione. L’INIZIO DELLA FINE Partenza al mattino presto, sono carico e certo di arrivare al Mar Nero. In poco tempo ho percorso già un bel tratto di off, attraversando semplici tratturi di collina. Improvvisamente mi parte l’anteriore e finisco a terra. Il piede sinistro rimane bloccato sotto la moto mentre io compio una mezza rotazione col busto. Il dolore è fortissimo e resto sdraiato un bel po’. Dopo essermi tolto il casco, provo ad alzarmi, ma non riesco a poggiare il piede in terra e resto seduto per il dolore. Dopo qualche minuto risalgo in sella e porto a termine il tratto off alzandomi su una sola gamba. Mi fermo in un villaggio gitano all’immancabile bar e dove un gruppo di quattro uomini mi guarda scendere dolorante dalla moto. Ho preso una brutta distorsione e capisco subito che il mio viaggio in off termina così. Con l’aiuto del GPS comincio a studiare il percorso di rientro. A sera inoltrata giungo a Pirot, in Serbia. Sento il piede dentro lo stivale gonfissimo e decido di testare il Pronto Soccorso locale. Raggi o “Rendgen”, come li chiamano qui che diagnosticano subito la frattura del perone. Altro che distorsione, vorrebbero mettermi una placca nell’osso, ma vista la “decadenza” del posto rifiuto le cure e con lastra e referto in cirillico vado in cerca di un albergo.

A Spalato sembra accettino solo Kuma e così pare sia per tutto il Paese. Quindi se non ne avete dovete provvedere. Alla stazione marittima c’è il cambio aperto dalle 7-20, oppure ci sono i bancomat. In Bosnia alcuni distributori di carburante possono anche cambiare piccole quantità di denaro, rilasciando ricevuta. Sempre in Bosnia, area ricchissima di sorgenti naturali, per un’usanza che risale al XVIII secolo, troverete delle fontane con sopra delle targhe, sono costruzioni in onore di defunti da parte dei parenti o amici. Impossibile non ricollegarlo, nella mia mente, al proverbio Tuareg in Tamasheq “Aman Iman”: “l’Acqua è Vita”. Sia in Bosnia che in Serbia, sulle strade urbane ed extraurbane (ma mi è capitato anche sull’autostrada Nis-Beograd), a causa del traffico intenso di mezzi pesanti, si formano due canali paralleli con i bordi all’esterno. Quasi invisibili, ma molto pericolosi per la guida, specie in curva. In Serbia le gallerie non sono quasi mai illuminate e non hanno le pareti tinte di bianco. La copertura GSM è eccellente in tutte le regioni attraversate, tranne all’interno di alcune gole montuose particolarmente strette. Quasi tutti gli alberghi accettano l’euro. Non è così per le stazioni di servizio, se avete poco contante locale tenetelo per questi ultime.

BALC L’ULTIMA OCCASIONE PER IL DIAVOLO Colazione e si parte, ma non prima di aver fissato con nastro telato e fascette una leva smonta gomme sotto la leva del cambio e sopra lo snodo della pedana. Et voilà! cambio “a bilanciere”.

Il giorno precedente infatti, mi risultava impossibile salire di marcia a causa del dolore al piede, ma spingendo con il tallone il dolore è sopportabile. Le mie intenzioni sono quelle di arrivare a Spalato nel pomeriggio per l’imbarco, ma la “zampetta demoniaca” chiude il valico di confine e me lo impedisce. Sono costretto a risalire il confine per svariate decine di chilometri per ritrovarmi poi a 140 km da Sarajevo. La caviglia fa male, ma niente di insopportabile. Mi viene in mente Hubert Auriol con la Cagiva alla Parigi Dakar dell’1987 portò a termine la tappa con entrambe le caviglie fratturate. Ma come avrà fatto? Che uomini ed emozioni ci ha regalato quella corsa negli anni! Arrivo in città alle 18.30, è tardi per arrivare a Spalato per prendere il traghetto così passo la notte in un comodo albergo.

ULTIMO GIORNO Parto con calma e senza intoppi attraverso i tornanti delle splendide strade di montagna dell’Herzegovina. Giungo a Spalato dove non mi resta che imbarcarmi. Questo è il mio primo raid che sono costretto d interrompere, con la delusione di non aver raggiunto il Mar Nero, il bellissimo Montenegro e il Kosovo, sarà comunque un’occasione per riprovarci. Vorrei ringraziare chi mi ha sostenuto in questo viaggio come la Mitas Moto Italia per le gomme, la Ognibene Chain Technology per la fornitura delle pastiglie Trofeo e il kit di trasmissione DID, la Decalmoto.com per le splendide grafiche e Frascaroli Moto per la sempre precisa assistenza.

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