il Balzo dell'Angelo

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IL BALZO DELL'ANGELO LIZZANO IN BELVEDERE - BOLOGNA


IL BALZO DELL'ANGELO -un giorno di trekking in appenninoFinora il sentiero era ben visibile. Si intuiva perfettamente la direzione che avrebbe preso di lí a pochi metri. Ma adesso, questo muro di pietra che si erge tra due strapiombi mi lascia un po' perplesso. È passata una buona mezz'ora da quando, inerpicandomi dal centro di Lizzano in Belvedere, ho "attaccato" il sentiero diretto per la cima di Monte Pizzo. Quello che passa dal crinale sud. Mi vengono in mente le parole della Signora Bianca, gentilissima nell'ufficio informazioni Turistiche del Comune nella piccola località dell'appennino Bolognese: "Attenzione al Balzo dell'Angelo, ci sono persone che per paura dello strapiombo si sono fatte recuperare dall'elisoccorso!" Ma già quel nome mi aveva rapito! "Balzo dell'Angelo"!! Da vedere! Sono da solo, con uno zaino da 18kg sulle spalle, e solo delle Ma adesso, questo muro di pietra che si vecchie scarpe ginniche ai piedi. Niente corde, erge tra due strapiombi mi lascia un niente rinvii, niente imbracatura da po' perplesso arrampicata. Non era previsto. L'idea è quella, nel due giorni a disposizione, di arrivare a pernottare in tenda alle cascate del Dardagna, mantenendomi in quota dal Monte Pizzo fino a Monte Grossi, per poi giungere verso Madonna dell'Acero fino alle pozze create dall'acqua in caduta. Il giorno successivo rientrare a Lizzano, dove ho lasciato l'auto, in qualche modo...una via ancora da decidere. La Signora Bianca fa bene il suo dovere, cercando di far desistere i più inesperti e sprovveduti dal percorrere sentieri che risulterebbero forse un po' fuori della loro portata. Ma mi è sembrato si tranquillizzasse un po' quando, a riprova dell'assenza di vertigini, le dico che ho disceso in corda doppia tutte le cascate dell'Orrido di Tana Malia, sotto al Corno alle scale. Comunque parto, rincuorato anche da quelli che ho voluto interpretare come segni del destino, appena partito dal parcheggio. Una immagine di S. Michele Arcangelo, che considero mio protettore, legata all'inizio di una gioiosa funzione religiosa nella bella Chiesa del capoluogo montano. E adesso che il muro di roccia mi si para davanti che si fa? Avvicinandomi noto i segnavia bianco/rossi che indicano una fenditura. Da


qui, con gradoni abbastanza alti, si riesce a raggiungere la cima del muro. Niente di difficile. Basta essere un minimo allenati.

Panorami mozzafiato si aprono dalla punta di questi denti di pietra

Panorami mozzafiato si aprono dalla punta di questi denti di pietra che fuoriescono dalla mandibola del crinale della montagna, con vista sui paesi sottostanti sparsi nelle valli tra le cime montuose che tendono ai 2.000m, e che diventano sempre piú piccoli man mano che si sale. Un camminamento scavato nelle scisti di roccia ormai spinte quasi in verticale dalla possente forza delle masse tettoniche in movimento, qualche baratro che scende lungo il sentiero per decine di metri, altre due o tre arrampicate e il Balzo dell'Angelo è doppiato. Sulla cima del monte Pizzo una associazione di appassionati di parapendio mantiene aperte le attività, mentre il parco divertimenti che permette di arrampicarsi sugli alberi e unirne le cime con ponti tibetani, è chiuso. La rete internet non prende, e mi è impossibile reperire il numero dell'IAT di Lizzano. Vorrei tranquillizzare la Signora Bianca, e mi riprometto di farlo con una mail non appena possibile. Intanto è mezzogiorno, e nell'ora che ho impiegato a salire su l'appetito ha fatto capolino. Mi siedo sui tavoli da pic nic, che presto dividerò con una numerosa famiglia


giunta lĂ­ in auto. Il panino alla mortadella comprato all'alimentari in paese e sapientemente riempito dalle mani delle (belle) salumiere fa il suo dovere.

Un camminamento scavato nelle scisti di roccia

Quindi riempo il camel-back alla sorgente e riparto passando intorno alla bella chiesetta sulla vetta, che viene aperta in occasione dei raduni degli Alpini. Il sentiero continua a scendere di quota per un paio di centinaia di metri fino ad una sterrata, dove una mano dipinta su una pietra indica con un dito ossuto una direzione.


chiesetta sulla vetta

Quasi un invito a proseguire. Ma quella non è la mia strada. Mi arrampico su un crinale ricoperto di piccole selci dovute allo sfaldamento delle scisti di roccia, frutto dell'erosione delle intemperie. Da qui si entra in un bosco dove alcuni cartelli avvisano della presenza di un campo di tiro con l'arco nelle vicinanze, che però non avrò modo di incontrare.


dove una mano dipinta su una pietra indica con un dito ossuto una direzione

Un malandato posto di osservazione, un muro di ingrigite assi di montagna con una larga fessura, fa supporre che vi sia qualche volatile particolare da osservare. Mi fermo una ventina di minuti, ma visto che non si vede niente tra le cime, riprendo la marcia inoltrandomi nel bosco. Qui gli "strappi" in salita si fanno un po' piĂš ripidi, costringendo a numerosi zig-zag per poter riuscire a superarli. In piĂš la digestione del panino si fa sentire, con l'afflusso di sangue allo stomaco che lascia pesanti le gambe.


Un malandato posto di osservazione, un muro di ingrigite assi di montagna con una larga fessura

Non sono lí per gareggiare, per cui un paio di soste da cinque minuti me le prendo serenamente. Altro avranno fatto i partecipanti alla "mud & snow" che deve essersi svolta in quei luoghi, suppongo una manifestazione podistica alla fine dell'inverno, e che ha lasciato i rami degli alberi disseminati di fettucce in plastica con il nome dell'evento stampigliato a grossi caratteri. Il fatto che, dopo le manifestazioni di moto-enduro venga rimosso tutto, anche le fettucce, fa nascere considerazioni sul tanto dibattuto tema di "Enduro e Ambiente" attualmente in atto. Ma la cima di Monte Grande, con la sua vista sulla Nuda e sul Corno, che spazia verso i crinali a sud, incastrati l'uno con l'altro in prospettive che ricordano i denti di un pescecane, la fa subito da padrona, facendomi restare incantato come di fronte ad uno dei più bei gioielli del mondo. Ma d'altronde cos'è la Natura, se non la ricchezza più fastosa del Pianeta? La discesa verso la Sboccata dei Bagnadori è un po' ripida all'inizio, e la presenza di qualche piccolo balzo unito a pietre mi fa rallentare la marcia. Il perone è apposto da un pezzo, ma il mio cervello non è ancora pienamente conscio, e si rifiuta di metterlo sotto stress.


la cima di Monte Grande

Coperti i 300m di dislivello tra la cima di Monte Grande e il valico Bagnadori, giunto all'omonimo rifugio ho una sgraditissima sorpresa: non c'è acqua. Si sente scorrere tra le rocce, ma evidentemente è talmente poca che non ce la fa a scendere dai rubinetti della sorgente. La stagione secca incombe da troppo tempo. Mi fermo e tolgo lo zaino per valutare la situazione. L'acqua rimasta nel camel back è scarsa, poco più di un bicchiere. Finora ho compiuto il tragitto in 2h30' di cammino effettivo, e mi aspetterebbe altrettanto fino a passo della Porticciola, considerando la stanchezza e il dislivello di 600m in salita che mi attende. L'ombra dei boschi sul monte La Nuda però viene meno, e oltre al sole di agosto, un vento sostenuto soffia fin dal mattino. Su quella cima ricoperta di licheni, con così poca acqua, il rischio disidratazione incombe pesantemente. Meglio non rischiare, e scendere lungo il sentiero che porta a Pianaccio, paese natale del noto giornalista Enzo Biagi. Sentiero molto suggestivo, che si snoda tra i boschi di questo appennino superando torrentelli creatisi negli impluvi dei fianchi delle montagne. Qui il muschio sulle pietre e sugli alberi dona la suggestività di un incantesimo incombente sulla montagna, donando alla casetta in pietra lungo il tracciato, ottimamente conservata con la porta in legno ancora al suo posto,


l'affascinante rifugio di una maga dei boschi, o della strega di Biancaneve, a seconda del proprio umore.

il muschio sulle pietre e sugli alberi dona la suggestivitĂĄ di un incantesimo incombente sulla montagna

Le sorgenti sgorgano dalla terra inzuppando il sentiero in alcuni punti, e facendomi riflettere di come la natura decida in quale parte si può morire, e in quale si hanno anche troppi mezzi per sopravvivere. A Pianaccio un gelato al bar, il pieno di acqua nella vescica del camel back, e


la via del rientro a Lizzano sull'asfalto del fondovalle, che mi impegnerà per un'altra ora. Non è andata come volevo. La carenza d'acqua mi ha rovinato il programma, ma una mezza giornata da soli in montagna immersi in luoghi bellissimi fa stare bene. Anche senza moto!

l'affascinante rifugio di una maga dei boschi


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