Africa 06 2014

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anno 92

n.6 novembre-dicembre 2014

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editoriale

a cura della redazione

Un’Africa più forte dell’ebola

Sergio Ramazzotti

L’

ebola è il colpo più duro assestato all’Africa dagli anni Ottanta ad oggi e, come per l’Aids, la storia si è ripetuta, quasi immutata: all’inizio sembrava qualcosa di limitato, un male che poteva essere contenuto. Quando si è rivelata la vera portata e la virulenza di quel virus, è scattato l’allarme mondiale, la corsa al farmaco, al siero, al vaccino. Per l’Aids i farmaci anti retro virali non giunsero subito in Africa. Per l’ebola i Paesi colpiti stanno ancora aspettando gli aiuti pro-

messi: ospedali da campo, medici, infermieri, sacche per infusioni, guanti a perdere e tute ermetiche. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Nei Paesi colpiti, l’ebola ha frantumato le speranze accese dal boom economico che certi osservatori occidentali avevano celebrato come “una nuova primavera africana”. Ha abbattuto drasticamente i livelli di crescita, bloccato investimenti e turismo, limitato i commerci e ridotto alla fame milioni di persone. Non è facile uscire dal proprio destino, indubbiamente.

Qualcuno tuttavia ricorderà le previsioni che, negli anni Ottanta, esperti ed analisti fecero quando venne scoperto il virus dell’Aids: si diceva che dal punto di vista demografico il continente avrebbe avuto una crescita negativa, che molti villaggi sarebbero scomparsi, che molte aree sarebbero divenute sotto popolate. E invece l’Africa ha smentito tutti: da allora la sua popolazione è aumentata di oltre duecento milioni. Purtroppo il mondo dell’informazione è più interessato ai titoli sensazionali che

all’approfondimento e sono in pochi a raccontare le mille sfaccettature del continente africano. Ecco perché Africa, missione e cultura, proprio in questo periodo, ha deciso di rinnovarsi e di proporre dal prossimo numero una “Nuova Africa”, arricchita nei contenuti e rinnovata nella grafica. Perché crediamo nelle risorse degli africani, nella loro creatività, nella loro tenacia e nel fatto che, nonostante l’ebola, sapranno proporsi come un’alternativa vincente nel mondo del terzo millennio. • africa · numero 6 · 2014

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sommario

40

Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) EDITORE

Prov. Ital. della Soc. dei Missionari d’Africa detti Padri Bianchi DIRETTORE RESPONSABILE

Alberto Rovelli

DIRETTORE EDITORIALE

Paolo Costantini COORDINATORE

Marco Trovato WEBMASTER

Matteo Merletto AMMINISTRAZIONE

Bruno Paganelli

PROMOZIONE E UFFICIO STAMPA

Matteo Merletto

PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE

Elisabetta Delfini

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs FOTO

Si ringrazia Olycom COORDINAMENTO E STAMPA

Jona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 92 novembre-dicembre 2014, n° 6

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).

40

copertina

Nel villaggio dei giganti di Marco Trovato

attualità

3 Africanews 4 Nell’inferno di Ebola 10 Africa 2014 18 Scienziati nella foresta a cura di Africa e Affari di Sergio Ramazzotti

a cura della redazione

di Gisèle Yambuya e Andrew McConnell

società

24 26 Febbre da cavallo 30 Chi salverà la scuola di stregoneria? 34 La febbre del sabato sera Se il Masai pratica lo yoga 38 48 libri e musica Caccia alla foca

di Chris Naidoo e Earthrace Conservation di Michele Vollaro e Tony Karumba di Sylvie Desrosiers

di Edmond Govender e Daniele Tamagni di Desmond Nzioka e Africa Yoga Project

di P.M. Mazzola e C.Agostoni

africa rivista

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cultura

50 Una regina in ciabatte 55 L’Africa che cammina 58 Vendemmia etiope 60 Lezioni ai fornelli 62 Peccati di gola 64 Il bello dei cinquanta 66 La regina d’Africa

di Eric Lafforgue e Stephanie Ledoux di Tefera Legesse

di Giusy Baioni e Zacharias Abubeker di Mark Khipfeir di Paola Marelli

di Sophie Rodriguez

di Francois Yambuya e Paramount Pict.

chiesa

70 I giovani eroi di Ebola 74 Il missionario dei due mondi togu na 76 di Sergio Ramazzotti di Raffaele Masto

a cura della redazione

vita nostra

77 Aiuta i missionari d’Africa a cura della redazione

@africarivista

COME RICEVERE AFRICA per l’Italia:

Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure bonifico bancario su BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315

per la Svizzera:

Ord.: Fr 40 - Sost.: Fr 50 Amici dei Padri Bianchi Onlus Cas. Post. 61, I-24047 Treviglio Bg CCP 69-376568-2 Iban CH43 0900 0000 6937 6568 2

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news news

aacura curadidiAfrica AfricaeeAffari Affari

Africanews, brevi dal continente 11Angola. Angola. Consiglio Consigliodidisicurezza sicurezza

L’Angola L’Angola sarà sarà per per ii prossiprossimi mi due due anni anni membro membro non non permanente permanente del del Consiglio Consiglio di di sicurezza sicurezza dell’Onu. dell’Onu. La La nazione nazione africana africana èè stata stata eletta elettadall’Assemblea dall’Assembleagenegenerale rale insieme insieme aa Venezuela, Venezuela, Malaysia, Malaysia, Nuova Nuova Zelanda Zelanda eeSpagna. Spagna.L’Angola L’Angolaha haotteottenuto nuto190 190voti votisu su193 193eeprenprenderà derà ilil posto posto del del Ruanda Ruanda ilil cui mandato scade scade aa fine fine cui mandato dicembre. dicembre.

22Libia. Libia. Nuovo Nuovogoverno governoeecaos caos

Riunito RiunitoaaTobruk, Tobruk,ililParlamenParlamentotolibico libicoha havotato votatolalafiducia fiduciaalal nuovo nuovo governo governo di di Abdullah Abdullah al-Thani. al-Thani.L’ennesimo L’ennesimotentativo tentativo didiripristinare ripristinareun unquadro quadroistiistituzionale tuzionale inin un un contesto contesto che che èè andato andato deteriorandosi. deteriorandosi. Gli Gli scontri scontrisono sonoproseguiti proseguitianche ancheaa ottobre, ottobre,ininparticolare particolareaaTripoli Tripoli eeaaBengasi; Bengasi;ininquest’ultima quest’ultimacitcittàtàcicisono sonostati statianche ancheattacchi attacchi suicidi. suicidi.

33Centrafrica. Centrafrica. Indagini Indaginisui suicrimini crimini

La LaCorte Cortepenale penaleinternaziointernazionale nale ha ha ufficialmente ufficialmente aperaperto to un’inchiesta un’inchiesta sui sui crimini crimini commessi commessi dalle dalle milizie milizie riribelli belli Seleka Seleka ee anti-Balaka anti-Balaka dal dal 2012 2012 nella nella Repubblica Repubblica

Centrafricana. Centrafricana. Ipotizzate Ipotizzate accuse accuse di di crimini crimini contro contro l’umanità, l’umanità,crimini criminidi diguerguerra, ra, stupri, stupri, arruolamento arruolamento di di minori. minori. Nonostante Nonostante lala prepresenza senza di di missioni missioni militari militari internazionali, internazionali,ililCentrafriCentrafrica canon nonèèancora ancorariuscito riuscitoaariripristinare pristinareun ungenerale generaleclima clima di disicurezza. sicurezza.

44Ghana. Ghana.Disputa Disputa con conlalaCosta Costad’Avorio d’Avorio

IlIl governo governo ghanese ghanese ha ha avavviato viatoun’azione un’azionelegale legaleprespresso so l’Onu l’Onu per per risolvere risolvere una una disputa disputa con con lala Costa Costa d’Ad’Avorio vorioin inmerito meritoalla allalinea lineadi di confine confinemarittimo marittimotra traiidue due Paesi. Paesi.Accra Accrarivendica rivendicalalasosovranità vranitàsu suun’area un’areapotenzialpotenzialmente mentericca riccadi diidrocarburi idrocarburialal largo largo delle delle coste coste della della WeWestern sternRegion Regioneesu sucui cuiha hagià già dato dato mandato mandato di di condurre condurre esplorazioni esplorazionialla allasocietà societàbribritannica tannicaTullow TullowOil. Oil.

Quest’anno, Quest’anno, ilil patrimonio patrimonio medio medio dei dei sudafricani sudafricani sisi aggira aggira sui sui 23mila 23.000 dollari dollari aa persona, persona,cifra cifrache chenasconde nasconde un unprofonda profondadiseguaglianza diseguaglianza economica economicatra tralelevarie varieparti parti della dellapopolazione. popolazione.

66Nigeria. Nigeria. Fuga di ministri Sono “Fuga”7 dii membri ministridel gover-

no federale di Abuja che Sono 7 i membri del goverhanno dato le dimissioni no federale di Abuja che per presentarsi alle proshanno dato le dimissioni sime elezioni regionali in per presentarsi alle prosprogramma il 28 febbraio. sime elezioni regionali in Il capo di Stato programma il 28nigeriano, febbraio. Goodluck Jonathan, aveIl capo di Stato nigeriano, va indicato il 20 ottobre Goodluck Jonathan, avecome termine ultimo per va indicato il 20 ottobre gli esponenti di governo per come termine ultimo per lasciare i loro incarichi se gli esponenti di governo per intenzionati a candidarsi. lasciare i loro incarichi seA dimettersi sono stati, tra gli intenzionati a candidarsi.

77São SãoTomé ToméeePríncipe. Príncipe. Vince VinceTrovoada Trovoada

Sono Sonostate statevinte vinteda daAzione Azione democratica democratica indipendente indipendente (Adi), (Adi),ililpartito partitodell’ex dell’expriprimo moministro ministroPatrice PatriceTrovoTrovoada, ada, lele elezioni elezioni legislative legislative svoltesi svoltesiaaottobre ottobrenel nelPaese Paese L’Adi L’Adi ha ha ottenuto ottenuto lala magmaggioranza gioranza dei dei seggi seggi ee mimigliaia gliaiadi disuoi suoisimpatizzanti simpatizzanti sono sonoscesi scesiin instrada stradaper perfefesteggiare. steggiare. Nell’ex Nell’ex colonia colonia portoghese portoghese ilil multipartitimultipartitismo smoèèentrato entratoin invigore vigorenel nel 1991, 1991,ma mada daallora alloraiigoverni governi hanno hanno avuto avuto sempre sempre diffidifficoltà coltàaacompletare completareiiquattro quattro anni annidi dimandato mandatoprevisti. previsti.

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55Sudafrica. Sudafrica. Soldi Soldima manon nonper pertutti tutti

IlIl 10% 10% dei dei sudafricani sudafricani didispone sponedel del71% 71%della dellaricchezricchezza za nazionale. nazionale. Lo Lo afferma afferma un un rapporto rapporto dell’istituto dell’istituto di di ricerca ricerca di di Crédit Crédit Suisse, Suisse, rivelando rivelando che che 63mila 63.000 citcittadini tadinidel delPaese Paesefanno fannoparpartete dell’1% dell’1% più più ricco ricco della della popolazione popolazione mondiale. mondiale.

stati, gli altri, dell’Istrui ministri altri,tra i ministri dell’Istruzione, del Comzione, del Commercio e del mercio Lavoro.e del Lavoro.

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88Premio Premioaaun unginecologo ginecologocongolese congolese

AABukavu, Bukavu,nell’est nell’estdella dellaRepubblica Repubblicademocratica democraticadel delCongo, Congo, ha hafondato fondatol’ospedale l’ospedalePanzi, Panzi,dove doveinin14 14anni annisono sonostate state curate mila donne curate40 40.000 donne che che hanno hanno subito subito violenze. violenze. Per Per questo questo motivo, motivo,ililginecologo ginecologoDenis DenisMukwege Mukwegeha haricevuto ricevutoililpremio premio Sakharov, Sakharov,assegnato assegnatoogni ognianno annodal dalParlamento Parlamentoeuropeo europeoper per lalalibertà libertàdidiespressione. espressione.

11 55 africa africa· ·numero numero66· ·2014 2014

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attualità

testo e foto di Sergio Ramazzotti/Parallelozero

Nell’infern o Lo sconvolgente reportage del nostro inviato in Liberia

«A Monrovia sembra essere tornata la Morte Nera». La drammatica testimonianza dal cuore dell’epidemia che sta dilagando in Africa Occidentale

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n o di Ebola «M

ia moglie ancora non si fida, non mi vuole nel letto: dormo su un materasso gettato per terra, in un’altra stanza». Joel Williams, 47 anni, è l’amministratore dell’ospedale cattolico St. Joseph di Monrovia, Liberia, chiuso tre mesi fa per contagio: nove dipendenti, compreso il direttore, morti di ebola. Joel si è ammalato la prima settimana di agosto ed è stato dimesso, perfettamente guarito, venti giorni dopo. «Quando sono tornato a casa è stata festa grande. Ma a un mese di distanza nessuno dei miei familiari ha voluto abbracciarmi, o anche solo avvicinarsi».

Nemico invisibile

Scrivo da un Paese di 4 milioni di assassini. Quasi un milione è concentrato nella capitale, Monrovia. Assassini sono tutti: giovani, meno giovani, donne, bambini. Spero di essere perdonato per queste parole: non ne trovo di più adeguate. Loro non hanno colpa. La colpa è della paranoia che in me, dopo due settimane in questa città, ha preso il sopravvento sulla ragione. È così che ti riduce la psicosi da ebola: vedi chiunque africa · numero 6 · 2014

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come un potenziale killer. E sono certo che molti vedano me esattamente allo stesso modo. I nuovi princìpi che regolano i rapporti sociali a Monrovia sono semplici: se tocchi la persona sbagliata, muori. Ebola è un nemico infido perché invisibile. Qui è molto peggio che essere in guerra, dove i confini fra il bene e il male sono distinguibili: qui tutti hanno paura di tutti. Ogni tuo simile, sotto gli abiti civili, potrebbe nascondere l’uniforme nemica. Lo sconosciuto che ti si avvicina per strada e parla sputacchiando, la cassiera che ti porge il resto stringendo le banconote nella mano sudicia, il tassista che un’ora prima potrebbe aver caricato, seduto dove sei tu ora, un malato diretto a un centro di cura. Come si fa a vivere nel terrore di una stretta di mano, o di un taxi?

Ritorno al Medioevo Il disastro della Liberia (il Paese più colpito, seguono Sierra Leone e Guinea) è il frutto di mesi di lassismo: il virus si diffonde alla velocità di Facebook.

In apertura del servizio, una strada di Monrovia allagata: la stagione delle piogge ostacola i soccorsi. A fiamco, immagini dell’epidemia. In basso a sinistra, la presidente liberiana Ellen JohnsonSirleaf discute con un rappresentante americano delle strategie per attuare un piano utile a contenere il numero dei contagi

«Dobbiamo aspettarci un incremento esponenziale dei morti», mi dice Saverio Bellizzi, epidemiologo sassarese nel centro messo in piedi a Monrovia da Medici senza frontiere. Entro il 20 gennaio le vittime potrebbero arrivare, secondo le previsioni degli esperti, alla spaventosa cifra di un milione e 400 mila. Non tutte in Africa. È il ritorno della Morte Nera. Tutto, a Monrovia, evoca il Medioevo della peste: la promiscuità in cui vive la popolazione nelle baraccopoli, il cielo carico di nubi, la pioggia incessante, le pozzanghere di lurido fango giallastro in cui affondi fino alla caviglia, i corvi sulle montagne di spazzatura, i cadaveri abbandonati per strada, le squadre di monatti che li raccolgono. Le ambulanze sfrecciano giorno e notte, e il suono di ogni sirena è

I volontari in tuta bianca che recuperano i cadaveri sono malvisti dalla popolazione il rintocco di una campana a morto: 85 contagiati su cento muoiono.

Senza difese Ebola è il colpo di grazia per una società devastata da 15 anni di guerra civile e gestita da una classe dirigente inetta, assuefatta all’assistenzialismo delle Ong. Il coprifuoco imposto dal governo - dalle 23 alle sei del mattino - ha

avuto come sola conseguenza, a Monrovia, l’aumento di rapine e furti. Le scuole sono chiuse fino a nuovo ordine, così come buona parte degli uffici pubblici: l’idea è di ridurre al minimo i contatti, ma il risultato è che le persone, non avendo più lavoro, passano le giornate per strada, moltiplicando le probabilità di contagio. A parte i 4 centri di cura per i malati di ebola, non è rimasto un solo ospedale funzionante, alcuni perché infetti, altri perché il personale è morto o fuggito: i medici liberiani in tutto il Paese sono 52. La gente, così, muore anche per le cause più banali: «Attento alle buche, se ti rompi una gamba sei nei guai», mi hanno detto appena arrivato. Il ministero della Sanità ha istituito una linea di emergenza: «Ma l’ambulanza è arrivata due giorni dopo, quando la africa · numero 6 · 2014

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attualità

a cura della redazione

Africa 2

Il fotoracconto di un anno di (b

GENNAIO Repubblica Centrafricana

Caccia all’uomo A Bangui un uomo brandisce un coltello minacciando di uccidere i musulmani del suo quartiere. La crisi nella Repubblica Centrafricana è scoppiata alla fine del 2012, quando i ribelli Seleka hanno costretto alla fuga il presidente François Bozizé, sostituendolo con il loro leader Michel Djotodia. È seguito un feroce conflitto tra i Seleka e i sostenitori di Bozizé, a cui si sono aggiunte le milizie di autodifesa contro i ribelli musulmani chiamate anti-balaka (anti-machete), formate dalla popolazione cristiana. Nel gennaio del 2014, di fronte all’impossibilità di controllare la situazione, Djotodia si è dovuto dimettere ed è stato nominato un governo provvisorio (guidato dalla presidente Catherine Samba-Panza) appoggiato dalla comunità internazionale, che però non ha fermato le violenze delle milizie, responsabili di linciaggi e torture ai danni dei civili. AFP PHOTO / ISSOUF SANOGO 10 africa · numero 6 · 2014

FEBBRAIO Guinea-Bissau

Festa in maschera Mangiafuoco all’opera sulle isole Bijagos. La Guinea-Bissau è una delle più povere e tormentate nazioni dell’Africa: ex colonia portoghese, indipendente dal 1973, ha una storia tormentata da emergenze umanitarie, colpi di Stato, guerre civili, corruzione e criminalità alimentata dal narcotraffico. Malgrado i molteplici problemi che ne minano la stabilità, questo piccolo Paese ospita il più festoso carnevale del continente. Ogni anno a febbraio le sue strade si riempiono di costumi vivaci che celebrano la vitalità di un popolo in cerca di riscatto. COURTESY B.ZANZOTTERA PARALLELOZERO


a 2014

di (belle e brutte) notizie

MARZO Sud Sudan

APRILE Ruanda

Fuga dalla guerra Una donna sud-sudanese si dirige verso un campo per sfollati allestito dalle organizzazioni umanitarie nella savana tra le città di Bor e Minkaman, in Sud Sudan. La più giovane nazione d’Africa (nata ufficialmente il 9 luglio 2011 dopo una guerra civile ventennale che è costata la vita a due milioni di persone) è dilaniata da un nuovo conflitto a sfondo etnico, iniziato a dicembre 2013, che coinvolge le popolazioni Dinka e Nuer ed è alimentato dalla bramosia di potere dei suoi leader. La popolazione è oppressa da carestia e violenze.

Per non dimenticare Teschi e ossa custoditi in un memoriale del genocidio del 1994 all’interno di una chiesa a Ntarama, vicino alla capitale Kigali. Nel mese di aprile, a esattamente vent’anni dall’inizio delle violenze, il Ruanda si è fermato per ricordare le 800mila vittime del più spaventoso sterminio di massa avvenuto in Africa in tempi moderni. Gran parte dei morti - Tutsi e Hutu moderati - furono massacrati a colpi di machete in soli cento giorni dalle milizie estremiste hutu. Oggi, dopo un difficile processo di riconciliazione nazionale, il Ruanda è una delle nazioni più floride e dinamiche del continente. Ma nel Paese permangono le tensioni etniche e la leadership governativa del presidente Paul Kagame è accusata di usare metodi autoritari.

AFP PHOTO/JM LOPEZ

CNS / FINBARR O’REILLY, REUTERS

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11


attualità

APRILE Nigeria

In mano ai terroristi Un fotogramma del video diffuso dal gruppo estremista islamico Boko Haram mostra le studentesse sequestrate il 14 aprile dalla città di Chibok (223 sono tutt’oggi in mano ai rapitori). Attivo dal 2009 nel nord-est della Nigeria, Boko Haram (letteralmente “l’educazione occidentale è sacrilega”) è una delle più spietate organizzazioni terroristiche, artefice di attentati, incursioni contro scuole, attacchi a chiese cristiane e sequestri costati la vita a oltre quattromila civili. I suoi miliziani, ispirati da una folle interpretazione del Corano, si battono per l’imposizione della sharia e per la creazione di un califfato islamico in Nigeria (il Paese più popoloso d’Africa nonché il maggiore produttore di energia). AFP PHOTO / BOKO HARAM

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MAGGIO Sudafrica

Nel segno di Mandela Sostenitori dell’African National Congress (Anc) cantano e ballano durante una comizio allo stadio Soccer City di Johannesburg. Quest’anno il Sudafrica ha festeggiato i vent’anni dall’abolizione dell’apartheid. Una ricorrenza guastata da molti problemi: boom di disoccupazione giovanile, crisi economica, corruzione e criminalità diffusa, profonde diseguaglianze sociali, crescenti contestazioni sindacali. Malgrado tutto, i sudafricani hanno riposto nuovamente la loro fiducia all’Anc, rimasta orfana di Nelson Mandela e guidata dal presidente Jacob Zuma, che alle elezioni politiche del 4 maggio ha ottenuto la maggioranza assoluta (62,16%). Il principale partito di opposizione, l’Alleanza Democratica, ha preso il 22,22%, mentre l’Eff (Combattenti per la liberà economica), formazione di estrema sinistra, ha ottenuto il 6,35%. AFP PHOTO/GIANLUIGI GUERCIA



attualità

testo di Gisèle Yambuya foto di Andrew McConnell/Panos Pictures/LUZ

Scienziati n

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Dal cuore del Congo riemerge una vecchia città della scienza

i nella foresta

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attualità In epoca coloniale, la stazione di ricerca di Yangambi ospitava gli studi di biologi e agronomi belgi. Oggi, dopo decenni di incuria, nei suoi laboratori, in piena selva congolese, si tenta di salvare le banane dall’estinzione

I

l professor Benoît Dhed’a Djailo, 54 anni, è assorto nei suoi pensieri mentre la piroga su cui viaggia scivola lentamente sulle acque limacciose del fiume Congo. «Ogni volta che vengo da queste parti resto senza parole per la bellezza del paesaggio», rompe il silenzio per un attimo. Siamo nel bel mezzo della foresta pluviale, in una delle regioni più isolate dell’intera Africa. Per spostarsi da queste parti è necessario navigare sulla grande arteria fluviale che attraversa e nutre l’omonima nazione. Le strade locali sono piste fangose che spariscono nel nulla, inghiottite all’improvviso dalla pioggia. «Meglio affrontare i coccodrilli del fiume che rischiare di finire intrappolati nella giungla». 20 africa · numero 6 · 2014



società

testo di Chris Naidoo foto Earthrace Conservation

Caccia alla foca Ogni anno sulle coste della Namibia vengono uccisi 85mila animali. Una «pratica necessaria», secondo le autorità. Una «strage disumana perpetrata solo per avidità», sostengono le organizzazioni animaliste

A

nche quest’anno la mattanza si è protratta per cinque mesi. Da luglio a novembre: la stagione della caccia alle foche. Il governo della Namibia ha autorizzato l’abbattimento di 80mila cuccioli e 6mila adulti, giustificando l’attività come «necessaria per la protezione della pesca». Il massacro ha innescato come sempre dure polemiche da parte delle associazioni ambientaliste, che

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da tempo chiedono alla autorità di fermare la caccia. «È una pratica cruenta e disumana che continua soltanto in Canada, Groenlandia e Namibia», argomenta un portavoce di Earthrace Conservation (earthraceconservation.org). «I Paesi che l’hanno vietata, come il Sudafrica e la

Russia, non hanno avuto alcun problema di sovraffollamento delle foche né ripercussioni significative sull’industria ittica».

Immagini shock Gli ambientalisti sono convinti che le foche vengano soppresse solo per fini commerciali.

«Ci sono aziende che fanno profitti enormi vendendo le pellicce e il grasso degli animali uccisi, nonché i genitali dei maschi adulti - richiestissimi in Asia come afrodisiaci… A rendere particolarmente odioso questo commercio sono i metodi crudeli e inaccettabili con cui viene



società

testo di Michele Vollaro

foto di Tony Karumba/Afp

Il Kenya scopre la passione per le corse ippiche

Febbre da

CAVALLO 26 africa · numero 6 · 2014


O

Introdotta dagli inglesi in epoca coloniale, l’ippica è stata a lungo considerata un passatempo per l’élite bianca. Ma oggi all’ippodromo di Nairobi spettatori e fantini sono in maggioranza dei keniani

È

la quarta volta che Lesley Sercombe vince il Kenya Derby, la più importante corsa di cavalli inserita nel calendario della Ngong Racecourse, l’ippodromo di Nairobi. Il circuito erboso si trova al margine sud-occidentale della città, in una tenuta poco distante dal grande parco nazionale dove la celebre scrittrice danese Karen Blixen aveva la sua casa. Quest’anno i fantini che si contendevano il prestigioso trofeo cominciato nel 1914 erano dieci. Come spesso accade, a margine della pista c’erano personalità di rilievo richiamate dall’evento, come il procuratore generale del Kenya Githu Muigai o l’ambasciatore britannico Christian Turner, ma anche numerose famiglie della classe media di Nairobi. Introdotta più di un secolo fa durante il periodo coloniale, l’ippica è stata a lungo considerata soprattutto un passatempo per l’élite bianca e così, dopo l’indipendenza, ha cominciato a subire un lento e costante declino. africa · numero 6 · 2014 27


società

Popolazione Etnie

45 milioni Kikuyu 22% Luhya 14% Luo 13% Kalenjin 12% Kamba 11% Kisii 6% Meru 6% altre 16%

Età media

19 anni

Aspettativa di vita 64 anni Disoccupati 40% Poveri 43% Reddito pro capite

papà di Patrick, assisteva al Derby da semplice spettatore: «Ci sarebbero state molte più opportunità per mio figlio se avesse scelto un qualsiasi altro mestiere, ma è nell’ambiente delle corse di cavalli da quando è nato: non mi stupisco che alla fine abbia preferito seguire la sua passione piuttosto che la sicurezza economica».

Brendan Bannon

KENYA IN CIFRE

1.900 dollari all’anno

Religioni protestanti 45% cattolici 35% mussulmani 11% tardizionali 9%

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Di padre in figlio Negli ultimi anni, però, alla Ngong Racecourse, l’ultimo ippodromo rimasto in Kenya, le cose sembrano cominciare a prendere un’altra piega: una nuova generazione di proprietari di cavalli, fantini e allenatori, provenienti spesso da famiglie keniane di bassa estrazione sociale, sta infatti

prendendo il posto della vecchia guardia. «Mio padre voleva che facessi il muratore o il falegname», racconta il ventiseienne Patrick Mungai (nella foto in alto); «ma io volevo diventare un fantino come lui, che per vent’anni aveva corso con i cavalli qui in questo ippodromo». Quest’anno è stata la prima volta che Steve Njuguna, il

Rivoluzione epocale La vita di un fantino è molto dura: sveglia ogni mattina all’alba per pulire le stalle dal letame e strigliare i cavalli, il tutto per uno stipendio inferiore ai 100 euro al mese. Anche vincendo una gara, la ricompensa economica è piuttosto misera: in media, ciascun fantino guadagna



società

testo di Sylvie Desrosiers

La prestigiosa École des Féticheuses di Tanguélan, fucina delle migliori maghe e divinatrici della Costa d’Avorio, rischia di chiudere. «Colpa dei cristiani e dei politici!», accusano le sacerdotesse che dirigono l’istituto 30 africa · numero 6 · 2014


Daniel Lainé/Cosmos/Luz su foto Luz

I

l villaggio di Tanguélan - grumo di capanne sperduto nella foresta 200 chilometri a est di Abidjan, la capitale economica - non ha molte attrattive per i visitatori. Eppure in Costa d’Avorio tutti lo conoscono. Qui ha sede una vera e propria università dedicata alla “stregoneria” - l’École des Féticheuses - che da oltre un decennio sforna le migliori divinatrici e guaritrici del Paese. «Almeno trecento donne hanno concluso con successo il ciclo di studi e oggi praticano la magia godendo di assoluto rispetto e prestigio», afferma con un certo orgoglio il capovillaggio Nanana Attosi Yoboua. Le allieve provengono da ogni regione della Costa d’Avorio e persino dal Ghana. In genere sono figlie o nipoti di sacerdoti tradizionali, e dunque hanno una verta vocazione famigliare per l’oscuro mondo dei cosiddetti “feticci” (qui chiamati comians), oggetti di potere che fanno da tramite con le forze superiori del mondo degli spiriti.

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società

Costa d’Avorio, le aspiranti fattucchiere di Tanguélan sono in crisi Tre anni di formazione

portamentali. Sono tenute a condurre una vita di assoluta castità, non possono pettinarsi né guardarsi allo specchio. Sono obbligate a indossare solo un panno bianco che cingono attorno ai fianchi (il bianco è il colore della morte, in quasi tutta l’Africa; qui significa anche resurrezione rituale, durante la possessione). Devono sempre camminare a piedi nudi e cospargersi l’intero corpo di polvere bianca di caolino.

La ferrea disciplina interna viene fatta rispettare dalle sacerdotesse che gestiscono la scuola. Chi non mantiene un comportamento impeccabile, e trasgredisce anche a uno solo dei numerosi divieti previsti, viene immediatamente espulsa e ripudiata.

Crisi di vocazioni? Oggi questa insolito istituto rivendica un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità, così come avviene in Benin, Issouf Sanogo/Afp

La formazione a Tanguélan è lunga e dura, fatta di lezioni teoriche, esercitazioni pratiche, rituali di iniziazione, veglie di preghiere, esami segreti che mettono a dura prova la resistenza e l’equilibrio psicofisico delle apprendiste. Servono almeno tre anni di studio per imparare a governare il potere della magia. In questo arco di tempo, le studentesse devono sottostare a un rigido protocollo di norme com-

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Danze sfrenate all’École des Féticheuses. Il ritmo forsennato porta le allieve a perdere il controllo di sé, fino a cadere in trance, per iperventilazione e compressione del diaframma



società

testo di Edmond Govender foto di Daniele Tamagni

I Sartists, eleganza d’altri tempi A Johannesburg li chiamano i Sartists. Kabelo Kungwane e Wanda Lepoto, quarant’anni in due, amici d’infanzia cresciuti nella township di Alexandria, sono una coppia di ragazzi che sta ridisegnando la moda sudafricana. Wanda frequenta una scuola di fashion e design, Kabelo studia giornalismo. Entrambi dedicano il loro tempo libero a ricercare nei mercatini vecchie stoffe da rielaborare, abiti e accessori in disuso a cui dare una seconda vita. Hanno un debole per i capi vintage, risalenti alla metà del secolo scorso, emblemi di un’eleganza d’altri tempi in grado di stupire ancora oggi. «Amiamo i soprabiti di una volta, fatti su misura dalle abili mani dei sarti, i pantaloni lunghi e larghi, i cappelli di feltro, le camicie inamidate con il colletto a punta», spiega Kabelo. Che invita: «Osservate le vecchie foto di Martin Luther King, Lumumba o Marcus Garvey. I grandi leader del passato vestivano in maniera impeccabile... Noi ci ispiriamo alla classe sopraffina di quell’epoca: abbigliamento semplice ma curato, rigoroso e raffinato al tempo stesso». Per capire i loro gusti basta dare un’occhiata al popolarissimo blog (sartists. blogspot.it) che hanno aperto un paio di anni fa. «Abbiamo migliaia di fan che si seguono ogni giorno e che ci chiedono consigli sul look», racconta Wanda. La coppia di amici ha creato un brand, The Sartist (acronimo di “artisti sartoriali”), che sta riscuotendo grande successo tra i giovani che vivono nei sobborghi di Johannesburg. (D. Tamagni)

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Sudafrica, l’incredibile doppia vita degli operai-modelli Gli swenkas vivono nei sobborghi di Johannesburg, fanno lavori umili, abitano in case modeste, spesso faticano ad arrivare a fine mese. Ma ogni sabato sera salgono in passerella per partecipare a concorsi di eleganza

D

i giorno sono manovali, magazzinieri, bottegai, artigiani, trasportatori, meccanici… Braccianti e operai che si arrabattano in qualche modo per sbarcare il lunario. Indossano vecchie scarpe da ginnastica, giacchette consunte, pantaloni sdruciti, tute da lavoro imbrattate di grasso. Al tramonto rincasano in stamberghe male illuminate e arredate con pochi mobili recuperati dai rigattieri. Dividono cene frugali con la famiglia e si addormentano, esausti, su letti sfondati.

Eleganti a tutti i costi Ma ogni sabato sera si trasformano in star dell’alta moda. Sono gli swenkas (dall’inglese swank: “ostentare”, “fare lo spaccone”), i dandy delle township di Johannesburg che fanno dell’eleganza la propria ragione di vita. Investono in abiti

griffati i pochi risparmi che riescono a racimolare. Sono disposti a digiunare piuttosto che a rinunciare al completo di un grande stilista. Arrivano a indebitarsi pur di riempire l’armadio di giacche raffinate, camicie inamidate, cappelli di feltro, scarpe di vernice. Il loro mondo è stato svelato al grande pubblico nel 2004 dal regista danese Jeppe Rønde con il documentario The Swenkas. Nel filmato (in vendita sul web, con sottotitoli in inglese e zulu) si raccontano le vite grame di decine di proletari del Sudafrica post-apartheid alle prese con crescenti difficoltà economiche, in ricerca di un illusorio riscatto sociale che ha le sembianze di abiti costosi e appariscenti (il fenomeno ricorda molto l’eccentrico mondo dei sapeurs congolesi, i maniaci del lusso che spopolano a Brazzaville e a Kinshasa). africa · numero 6 · 2014 35


società

Il fenomeno degli Swenkas ricorda molto l’eccentrico mondo dei sapeurs congolesi, i maniaci del lusso che spopolano a Brazzaville e a Kinshasa, reso celebre da uno recente spot della Guiness, di cui qui sopra pubblichiamo un fotogramma

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copertina

testo e foto di Marco Trovato

Nel villaggio dei

Burkina Faso, lo

GI GAN TI

40 africa 路 numero 6 路 2014


so, lo strano caso del paese popolato dai ciclopi

B

akari è un ragazzo dai modi spigliati, l’andatura ciondolante e un groviglio di capelli che sembrano fusilli. Poko ha il sorriso malizioso, il portamento elegante e due enormi orecchini tintinnanti. Tanti Abi è una donna con labbra carnose, il seno generoso e un sedere prominente. Zia Dagari ha lo sguardo strabiliato e la testa lucida come una palla da biliardo. Nonna Agabadit ha le sopracciglia folte e bianche come una foresta innevata. Suo marito Tiga, il volto grinzoso contornato da ciuffi di barba colorata con l’henné. Il nipote Wambi, che non ha ancora imparato a camminare, due occhi che sprizzano lampi di luce. A metterli tutti assieme fanno una famiglia decisamente fuori dalla norma, o meglio: fuori misura. È una questione di statura. Bakari, Poko, Tanti Abi, Dagari, Agabadit, Tiga e Wambi sono alti come ciclopi: da un minimo di tre a un massimo di sei metri. Non a caso vivono a Boromo, il villaggio dei giganti.

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Visioni terrificanti

I NUMERI DEL BURKINA 1 960 l ’anno dell’indipendenza dalla Francia 18 milioni gli abitanti 40 le etnie 700 il reddito pro capite annuo in dollari 6 il tasso di fecondità delle donne 46 la percentuale dei poveri 54 la percentuale dei musulmani 32 la percentuale dei cristiani 14 la percentuale degli animisti

Siamo nel cuore del Burkina Faso, 220 chilometri a sud della capitale Ouagadougou, lungo la principale strada del Paese che conduce alla Costa d’Avorio. Se mai avrete la ventura di viaggiare da queste parti, è probabile che vi ritroviate a stropicciarvi gli occhi dalla meraviglia. Solo qui, infatti, vi potrà capitare di vedere personaggi dalle teste colossali che troneggiano al di sopra dei coni di paglia delle capanne. «La prima volta che un gigante comparve nel villaggio, una decina di anni fa, la gente scappò via urlando terrorizzata», ricorda Drissa Zongo, segretario dell’associazione Les Grandes Personnes d’Afrique. «Oggi gli abitanti di Boromo si sono

abituati ad avere come vicini di casa delle creature dalle dimensioni mastodontiche. Nessuno ha più paura».

Il laboratorio dei giganti Les Grandes Personnes d’Afrique è una compagnia di marionette giganti creata da un gruppo di abitanti di Boromo. «L’abbiamo fondata nel 2003 sull’esempio di un’analoga associazione francese, la storica Grandes Personnes d’Aubervilliers, di cui abbiamo conosciuto alcuni membri», ricorda monsieur Zongo, che oggi coordina trenta burattinai autodidatti. «Volevamo realizzare qualcosa di artistico e creativo che ravvivasse il nostro villaggio e le nostre vite. Ci siamo riusciti». Della compaafrica · numero 6 · 2014 43


libri

di Pier Maria Mazzola

Le mie stelle nere

Decolonizzare l’immaginario

Le luci di Pointe-Noire

Giusy degli zoccoli

Il deserto negli occhi

Da Lucy, la «nonna» africana, a Obama «stella della speranza» (l’edizione originale è del 2010), l’ex difensore di Parma e Juventus mette in fila i ritratti di oltre una quarantina di nomi storici dell’Africa e della diaspora. Sono le «stelle» che hanno corroborato nell’autore, guadalupano, la fierezza d’esser nero e la convinzione che il razzismo cresce nell’ignoranza. «Sapreste citarmi uno scienziato nero? Un esploratore nero? Un filosofo nero? Un faraone nero?», provoca Thuram. Temiamo che i razzisti fieri d’esserlo non si degneranno neppure di aprire un’opera di questo tipo. Che riserverà invece agli amici dell’Africa molte gustose scoperte, da Anton Wilhelm Amo a - udite udite il sommo poeta russo Puškin.

«Tra i miei libri, per me questo è un testo di riferimento». Parola di Latouche, che di volumi ne ha sfornati parecchi. Ma questo libro-intervista, curato da Roberto Bosio, rappresenta ancora, a dieci anni dall’edizione precedente, una summa della sua visione alternativa. La sua condanna della «economicizzazione del mondo» e dello sviluppo (anche se “sostenibile”) è senza appello. La «decrescita» che egli propugna non è non è recessione ma un altro modello. Per capirlo, dobbiamo anzitutto «decolonizzare» la nostra mente, e questo libro aiuta a farlo. L’autore di L’altra Africa ritorna anche qui sullo stile «antieconomico» degli africani (quelli che non si sono lasciati colonizzare), vedendovi non un ritardo ma il vero futuro.

L’autobiografia è forse il genere letterario più frequentato, perlomeno tra le proposte che pervengono agli editori. Perché solo pochi si conquistano un loro pubblico? La differenza sta nella capacità di rendere “universale” una singola esistenza, anche se situata in un tempo e uno spazio diversi da quelli del lettore. A Mabanckou la sfida è sicuramente riuscita. Uomo maturo, torna in Congo dopo molti anni e rivede i luoghi della sua infanzia e prima giovinezza. La figura della madre (morta vent’anni prima) apre le pagine in modo dolente ma non melodrammatico. Negli atteggiamenti di Alain, figlio unico, si riconosceranno i figli unici di altre latitudini. Quella di Mabanckou è un’africanità che si sintonizza con ogni umanità.

La scrittura di suor Elisa, italo-eritrea direttrice del mensile Combonifem, sa catturare il lettore d’oggi con una figura di missionaria dell’Ottocento: Maria Giuseppa Scandola, tra le primissime a seguire Daniele Comboni nella sua avventura sudanese lasciando il piccolo mondo antico della sua Lessinia. È l’esistenza «straordinariamente ordinaria» di una mistica innamorata dell’umanità. Che sarà la prima “beata” comboniana.

«L’erba è finita. Ce ne andiamo diceva. E nessuno poteva replicare. Succedeva anche mentre io e zio Haidara ci allontanavamo un paio di giorno per delle commissioni. Tornavamo e non trovavamo più l’accampamento. Era normale, dovevamo cercarlo». Sono ricordi d’infanzia di un tuareg oggi rifugiato politico a Pordenone. Prima era stato guida turistica nel Ténéré, lavoro che gli aveva offerto l’opportunità di conoscere i bianchi da vicino, in Niger come in Italia, e da cui trae pacate e gustose considerazioni. Dalla narrazione in prima persona emergono mille aspetti dell’identità tuareg che sente pulsargli nel sangue, come pure le tristi traversie politico-militari del suo Paese.

Add 2014, pp. 448, euro 9,90

Emi 2014, pp. 208, euro 13,50

66thand2nd 2014, pp. 248, euro 17

di Lilian Thuram

48 africa · numero 6 · 2014

di Serge Latouche

di Alain Mabanckou

di Elisa Kidané

San Paolo 2013, pp. 160, euro 10

BIBLIOTECA CABRAL

In materia di biblioteche e di Africa, va sicuramente segnalata quella del Centro Amilcar Cabral (dedicato anche all’Asia e all’America Latina), attivo da quarant’anni per iniziativa del Comune di Bologna e con un comitato scientifico di prim’ordine. Catalogo e tutte le informazioni su www.centrocabral.com

di Elisa Cozzarini e Ibrahim Kane Annour

Nuova dimensione 2013, pp. 208, euro 14,50


musica

di Claudio Agostoni

ALSABRAA AMIRA KHEIR

Su di lei, sulla rete, in italiano, non c’è quasi nulla. Una conferma che il provincialismo della critica musicale nostrana regna anche sul web. Eppure Amira è una delle poche cantanti italiane apprezzate dalla stampa musicale britannica. A dirla tutta, è riduttivo definirla solo “italiana”: la sua identità è triplice. Nel Bel Paese ci è nata, da una famiglia sudanese, e ci ha vissuto (a Torino) sino alla maggiore età. È cresciuta con la cultura dei genitori e a 18 anni si è trasferita a Londra, dove ora risiede. Il suo è un album che richiama le tradizioni musicali sudanese, ed è arricchito da spunti world e jazz. Un brano è addirittura cantato in italiano. Peccato che Amira sia dovuta emigrare perché qui aveva l’impressione «di essere bloccata in una società dove l’innovazione è difficile».

AFROLOVE KIZOMBA SPECIAL AA.VV.

Una complilation che per una serata vi esenta dal dover selezionare la musica da utilizzare come colonna sonora: bastano le 34 canzoni di questo doppio cd. Dentro ci si trova un po’ di tutto. A partire da un paio di inediti remix di due star della musica capoverdiana: Cesaria Evora (Regresso) e Tito Paris (Dança Ma Mi Criola), entrambi remixati da Izé & Groove Gifter. A seguire, una miscellanea che trasformerà la vostra casa in una balera africana. Ci sono un paio di perle angolane targate Bonga (Kambua e Mulemba Xangola). Perle di Cubaton, il reggaeton alla Cubana (si differenzia da quello portoricano per essere più melodioso e dolce), proposte dai Cubanito. Brani di giovani, tanto da noi misconosciuti, eroi delle discoteche afro del sud e del nord del mondo: artisti come Walter Ananaz, DJ Arafat e Jey Liba.

LA VÉRITÉ FODÉ BARO

Figlio di una notabile famiglia fulani-mandinga della città di Kankan (Guinea), per poter cantare Fodé ha percorso una strada tutta in salita. Una regola ferrea impedisce a chi non è un griot di fare il musicista. La famiglia di Fodé viveva come un’umiliazione la sua volontà di intraprendere proprio questa carriera. All’inizio degli anni Ottanta, per combattere questo ostracismo lasciò la Guinea, stabilendosi prima in Sierra Leone e poi in Liberia. Nonostante sia un fervente musulmano, Fodé per cinque anni accettò di cantare nell’unico spazio che gli apriva le porte: le funzioni religiose di una chiesa cattolica francese. Successivamente, si riappacificò con la famiglia, conobbe Miriam Makeba e inventò un genere musicale: il Mandingo Afro Zouk. Di cosa si tratta lo potete scoprire anche grazie a questo album.

MOODY BLUES

BED OF STONE ASA

Y’AKOTO

Figlia di un musicista di highlife ghanese, la musicista “nomade” Jennifer Yaa Akoto Kieck, alias Y’Akoto, è nata ad Amburgo ma è cresciuta in Ghana, e ha trascorso parte della giovinezza in Camerun, Togo e Ciad. Ha 26 anni, studia pianoforte da quando ne aveva 13, ha suonato per la prima volta in una band a 16 e scrive le sue canzoni. Tra queste, Tambo è una canzone dedicata ai bambini soldato.

Dopo due dischi di platino e oltre 300 concerti sold out, la cantautrice franco-nigeriana ci regala il suo terzo album da studio. Se ve li siete persi cercate su Spotify brani come Jailer, Fire On The Mountain e Be My Man, singoli di radioso soul-pop ormai diventati dei classici. Anche per le nuove canzoni, Asa usa gli appunti che ha raccolto nei suoi viaggi: da Lagos a New York, passando da Londra, Parigi e Berlino. È già un classico.

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cultura

testo e foto di Eric Lafforgue e Stephanie Ledoux

Namibia, in visita alla sovrana del popolo Okwanyama

Una regina in ciabatte 50 africa 路 numero 6 路 2014


Siamo stati ricevuti in udienza nel palazzo reale in cui ha sede una delle più antiche monarchie dell’Africa australe. Ma per incontrare Sua Maestà Mwadinohmo abbiamo dovuto attraversare un labirinto

P

er incontrare la regina del popolo Okwanyama bisogna superare un labirinto. Il suo palazzo reale, infatti, è circondato da un intricato groviglio di recinti concentrici (realizzati con tronchi dell’albero di mopane alti fino a 3 metri) che sembrano progettati al preciso scopo di far perdere l’orientamento. «Servono per proteggersi dalle minacce esterne», spiegano le nostre guide. «Devono disorientare eventuali nemici o malintenzionati, ma anche tenere alla larga gli animali selvaggi e i branchi di elefanti che vivono ancora allo stato brado in questa zona». Ci troviamo nel remoto villaggio di Omhedi, all’estremo nord della Namibia, vicinissimi alla frontiera con l’Angola. È una regione arida e polverosa, ignorata dagli itinerari turistici dei tour operator. Qui è sorto molti secoli fa il regno degli Okwanyama (un clan dell’etnia Ovambo), i cui confini invisibili sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ancora oggi la monarchia è un’istituzione prestigiosa, rispettata da giovani e anziani: l’unica vera autorità riconosciuta e ascoltata dalla popolazione. I politici che governano dalla capitale Windhoek appaiono lontanissimi. La legge in questa zona è rappresentata dalla regina Meekulu Mwadinohmo («Non indebolire lo struzzo» è il significato del suo nome) che governa su 55 villaggi (i cui capi sono tutti membri della famiglia reale).

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cultura

Garante della pace Abbiamo chiesto udienza alla sovrana e non ci resta che sottostare al rigido protocollo reale previsto per i visitatori. Anzitutto, bisogna annunciare il proprio arrivo alle sentinelle che controllano il labirinto. Le norme di sicurezza impongono di urlare a squarciagola il proprio nome: obbediamo. Le guardie ci fanno accomodare all’in52 africa · numero 6 · 2014

terno delle staccionate e ci portano in una capanna dove sostiamo una buona mezz’ora, prima di essere interrogati da alcuni dignitari della monarchia. Scopriamo che nel palazzo reale vivono una trentina di persone incaricate di prendersi cura della regina. Veniamo quindi condotti in una seconda casupola, all’interno della quale si trova la sala delle

In apertura di servizio, la regina si avvia verso il suo palazzo, circondato dal labirinto e un suo ritratto. Sua Maestà, che possiede un cellulare, assicura «Tradizione e modernità possono convivere alla perfezione, se si usa il cervello». Sudditi inscenano dei balli in suo onore. Ciabatte in pelle e il pendaglio reale



cultura

testo di Giusy Baioni foto di Zacharias Abubeker /Afp

Vendemmia e

In arrivo sulle tavole le prime bottiglie di vino Ma

Il gruppo francese Castel ha impiantato sull’altopiano a sud di Addis Abeba 750mila vitigni importati da Bordeaux. Obiettivo: fare dell’Etiopia il primo produttore di vino dell’Africa

T

ra breve potremo acquistare al supermercato dell’ottimo vino francese e leggere sull’etichetta “Made in Ethiopia”. La Castel, terzo produttore mondiale di vino, ha avviato una produzione sull’altopiano etiopico e presto 58 africa · numero 6 · 2014

commercializzerà le bottiglie della prima annata. È stato l’ex presidente etiope Meles Zenawi, morto nel 2012, a chiedere alla Castel (già presente in Marocco e Tunisia) di sviluppare nel suo Paese vigneti mirati alla produzione di

vino di qualità per l’esportazione. Nel 2007, Pierre Castel, il miliardario fondatore del gruppo, accetta l’invito e investe in Etiopia 20 milioni di euro: invia sul posto i migliori esperti francesi, che per sette mesi cercano la zona più idonea alla coltivazione dell’uva. La scelta cade sulla località di Ziway, 160 chilometri a sud della capitale e 1.600 metri d’altitudine: lì vengono impiantati, su 125 ettari di terra, 750mila vitigni importati da Bordeaux. Per la loro cura vengono ingaggiati 750 lavoratori locali, opportunamente istruiti: le buone condizioni climatiche si uniscono al vantaggio di una manodopera abbondante e a buon mercato. Sul posto vengono importate anche le attrezzature per la vinificazione, con

serbatoi in acciaio inox e barili in legno. E mentre in madrepatria i viticultori lamentano devastazioni delle vigne per malattie e grandinate, qui ci si preoccupa di proteggerle con recinzioni di due metri, per tener lontani pitoni, ippopotami e iene!

Bottiglie di qualità In realtà, l’idea di produrre vino in Etiopia non è affatto nuova: ci avevano pensato già i colonizzatori italiani, negli anni 19361941, piantando vigneti attorno ad Addis Abeba e nel sud-est del Paese per il loro consumo personale. Le vigne etiopi furono poi nazionalizzate dal regime militare del Derg (19741991), con l’effetto di impoverire in pochi anni la qualità e la quantità della produzione. Ora la Ca-


Vini africani In Tanzania, nella zona di Dodoma, a circa 1.100 metri di altitudine, si producono rossi e bianchi dai profumi intensi e dalla forte personalità. I vitigni furono importati dai missionari italiani all’inizio del secolo scorso.

a etiope

no Made in Ethiopia stel punta a diversificare i suoi vini con due marchi: uno di fascia alta, chiamato Rift Valley, con rossi (Merlot, Syrah e CabernetSauvignon) e un bianco (Chardonnay), e un secondo marchio di vitigni miAlcune bottiglie dall’azienda etiopica Awash Wine, ex monopolio di Stato, acquisita nel 2013 da una società del cantante irlandese Bob Geldof: produce bottiglie per il mercato locale, soprattutto vini dolci o amabili

sti, chiamato Acacia, meno nobile. Circa metà del milione e duecentomila bottiglie prodotte quest’anno è destinato al mercato estero (in particolare alla diaspora etiope in Nord America, Europa e Africa orientale), l’altra metà al consumo interno, dove la classe media, in forte ascesa, è in cerca di alcoolici di qualità e prezzo contenuto.

Un ottimo inizio Il francese Olivier Spillebout, l’enologo responsa-

Nel Corno d’Africa si beve tradizionalmente una bevanda dolce, moderatamente alcolica (tra gli 8 e i 12 gradi), ricavata dalla fermentazione del miele. In Eritrea si chiama Mies, in Etiopia Tej. La viticoltura fu importata in Marocco, Algeria e Tunisia dagli antichi Romani e, in tempi più recenti, è stata sviluppata dai colonizzatori francesi che sugli altopiani del nord Africa hanno sfruttato un microclima ideale per produrre il vino. Il vino di palma è la bevanda alcolica più diffusa in Africa occidentale e centrale: viene consumata ogni giorno da almeno 100 milioni di persone. La linfa dolce della palma, da cui si ricava il vino, viene estratta (“spillata”) incidendo il tronco della pianta. Il Sudafrica è il primo produttore africano di vino (l’ottavo a livello mondiale), con 900 milioni di litri annui (di cui oltre la metà esportati) e 100mila ettari di vigneti pregiatissimi. bile della Castel in Etiopia, è ottimista: «Abbiamo già ricevuto dalla Cina un ordine per 24mila bottiglie: un inizio incoraggiante». Gli fa eco il ministro dell’industria etiope Ahmed Abtew: «Per lungo tempo il nome dell’Etiopia all’estero è stato associato all’immagine della carestia, ma il nostro vino contribuirà a frantumare i vecchi stereotipi!». Castel stima di incassare i primi guadagni nel 2016 e sta già pianificando di ingrandire

i vigneti, puntando a produrre tre milioni di bottiglie. Cifre ancora modeste, se si pensa che il principale concorrente, l’ex monopolio Awash, privatizzato nel 2013 e acquisito dal gruppo Blue Nile (di proprietà del fondo d’investimento 8Miles diretto da Bob Geldof), produce 9 milioni di bottiglie. Ma ciò non impedisce a Spillebout di credere che l’Etiopia abbia il potenziale per divenire il primo produttore di vino del continente. • africa · numero 6 · 2014 59


cultura

di Mark Khipfeir

Una scuola di cucina in Sudafrica ogni anno sforna grandi cuochi per alberghi e ristoranti

La Singita School of Cooking è nata per offrire formazione di qualità e opportunità di lavoro ai giovani che vivono nei remoti villaggi attorno al Kruger Park. Una scommessa vinta

60 africa · numero 6 · 2014

I

l Kruger National Park, il più grande parco naturale del Sudafrica, è famoso in tutto il mondo per la sua fauna selvaggia. Pochi sanno che da qui provengono alcuni grandi cuochi. Ai margini della riserva in cui pascolano indisturbati leoni ed elefanti si trova la Singita School of

Cooking, una rinomata scuola di cucina avviata nel 2007 su iniziativa del gruppo alberghiero Singita (www.singita. com), con la finalità di promuovere lo sviluppo economico e sociale delle comunità rurali che vivono nei pressi del Parco Kruger. I villaggi di questa regione, infatti, go-

dono di modesti benefici dall’afflusso turistico. Le società che offrono l’ospitalità e organizzano i safari sono in larga parte gestite da imprenditori occidentali o da sudafricani bianchi. Le autorità invitano da tempo i manager dei resort a ingaggiare personale locale (come camerieri, ranger, guardiani, receptionist, addetti alle pulizie, ecc.) affinché anche le popolazioni indigene possano usufruire delle ricadute occupazionali generate dall’industria turistica. Il gruppo Singita, che gestisce dodici lodge e campi tendati in varie parti dell’Africa australe, ha deciso di fare di più, avviando un articolato programma di promozione dello sviluppo locale che ha nella scuola di cucina la sua punta di diamante. Ogni anno, una dozzina di aspiranti cuochi, selezionati tra le centinaia di giovani che presentano domanda di ammissione ai corsi, ha l’opportunità di frequentare a titolo gratuito una scuola dotata delle migliori attrezzature e animata da



cultura

di Paola Marelli

Un viaggio tra le prelibatezze delle cucine africane per rendersi conto che non si vive di sola pasta. Chi viaggia in Africa ha l’opportunità di scoprire tradizioni culinarie altre, provando pietanze per ogni palato: saporite, piccanti, appetitose… Ecco alcune specialità imperdibili Kapenta con riso (Zimbabwe) I kapenta sono pesciolini di acqua dolce che vivono nel lago Kariba. Serviti a tavola (freschi o essiccati), con riso o polenta, sono insaporiti da salse a base di pomodori, cipolle e arachidi.

Aragosta al curry (Sudafrica) È un piatto che mischia influenze malesi, indiane e bantu. Le aragoste, spolverate con il curry, sono accompagnate da pomodori, mele grattugiate e marmellata di albicocche.

62 africa · numero 6 · 2014



cultura

testo di Francois Yambuya foto Paramount Pictures

Siamo tornati sul set di un film epico che ha fatto la storia del cinema Girato da John Huston all’inizio degli anni Cinquanta nella foresta tra il Congo e l’Uganda, protagonisti Humphrey Bogart e Katharine Hepburn, The African Queen divenne un capolavoro di Hollywood 66 africa · numero 6 · 2014

A

frica Orientale Tedesca, 1914. Allo scoppio della prima guerra mondiale due inglesi di mezz’età - un’acida zitella con la vocazione missionaria e un rude ma-

rinaio col vizio dell’alcol - discendono un fiume costellato di pericoli nel cuore della foresta, con la balzana idea di affondare una nave da guerra germanica ancorata in un grande


lago. Pare la trama di un romanzo d’avventura con poche pretese. Invece è il copione di un film che ha fatto la storia del cinema: La regina d’Africa (The African Queen), diretto nel 1951 da John Huston.

Divi nella giungla Fu il regista statunitense a trasformare sapientemente (con l’aiuto dello sceneggiatore James Agee) l’improbabile storia, inventata nel 1935 dallo scrittore Cecil S. Forester, in un capolavoro di Hollywood. Naturalmente il merito del successo della pellicola va condiviso con la coppia di attori protagonisti, Humphrey Bogart e Katharine Hepburn, tra i più amati divi del grande schermo, due leggende all’apice della loro carriera, artefici di un’interpretazione magistrale che valse a entrambi

la nomination agli Oscar (Bogart, poi, nel ruolo del burbero capitano Charlie Allnut, vinse la statuetta come miglior attore). Il film fu interamente girato nel cuore dell’Africa: tra il fiume Ruiki nel Congo Belga e il lago Vittoria nel protettorato britannico dell’Uganda. Gran parte delle riprese avvenne nel bel mezzo della foresta congolese, in una location “selvaggia” e appartata ad una cinquantina di chilometri dalla città di Kisangani. La produzione dovette farsi carico di spese straordinarie per la logistica: basti pensare solo alle difficoltà di muovere nella giungla l’ingombrante e pesantissima cinepresa in technicolor, oppure alla necessità di assicurare provviste e assistenza al cast di interpreti e alla troupe dei tecnici e degli

La regina d’Africa fu realizzato nel 1951 in maniera eccellente. L’avventurosa lavorazione del film ha ispirato il romanzo Cacciatore bianco, cuore nero di Peter Viertel e l’omonimo film di Clint Eastwood

assistenti (una cinquantina di persone in tutto, costrette a vivere in condizioni spartane).

Malattie e zanzare Gli imprevisti non mancarono. Si racconta, per esempio, che dopo pochi ciak gran parte delle persone coinvolte sul set furono colpite da una micidiale infezione gastrointestinale dovuta all’acqua bevuta durante i pasti, evidentemente contaminata dai batteri. La stessa Hepburn, spossata da estenuanti conati di vomito,

la trama Nella foresta vergine africana, allo scoppio della prima guerra mondiale s’incontrano una zitella puritana inglese, Rose Sayers, e un relitto umano, alcolizzato e cinico, il capitano Charlie Allnutt. A bordo di un vecchio battello fluviale, l’African Queen, la strana coppia si lancia nell’impresa di sfuggire ai tedeschi e di affondare una nave nemica.

africa · numero 6 · 2014 67


cultura

La vera African Queen La cannoniera tedesca che appare nel film si ispira alla ex nave della prima guerra mondiale MV Liemba (in principio chiamata Graf von Goetzen, in onore di un governatore dell’Africa Orientale Tedesca) che nel 1916 venne affondata durante una battaglia nelle acque del lago Tanganica. L’imbarcazione fu rimessa a galla dagli inglesi nel 1924 e successivamente affidata al governo della Tanzania, che la trasformò in un traghetto destinato a collegare gli isolati villaggi sul Tanganica. Oggi il Liemba può fregiarsi di essere il più longevo traghetto al mondo ancora in attività.

fu costretta a girare alcune scene con un secchio a portata di mano. John Huston e Humphrey Bogart furono tra i pochi fortunati a evitare l’infezione, per il semplice motivo che preferivano scolarsi bottiglie di whisky anziché sorseggiare l’acqua locale. I problemi di stomaco non furono gli unici inconvenienti. «C’era un clima pazzesco», ricorda il direttore della fotografia Jack Cardiff. «L’umidità era talmente alta che si sudava anche restando immobili. Dopo le piogge si finiva impantanati nel fango. A peggiorare le cose c’erano miriadi di zanzare malariche che non ci davano tregua».

Niente esotismo Ciò che colpisce del film è che, per la prima volta nelle produzioni hollywo68 africa · numero 6 · 2014

odiane, l’ambientazione africana non viene usata per trasmettere un senso di romantico esotismo. Il folclore e il fascino del continente nero sono del tutto assenti. Non si vedono i tramonti mozzafiato di La mia Africa né i leoni ruggenti di Tarzan. «Più che le belve, più che i goffi ippopotami e i sinistri coccodrilli, nel film La regina d’Africa contano, narrativamente parlando, i nugoli di moscerini che tormentano i personaggi della storia», fa notare il critico cinematografico Morando Morandini, «e le orrende sanguisughe che provocano autentico terrore nel capitano Charlie Allnut» (il regista obbligò Bogart ad accettare di girare la scena usando vere sanguisughe, anziché modellini di plastica, per rendere più veritiera la sua reazione



chiesa

testo e foto di Sergio Ramazzotti

I giovani eroi di Ebola Liberia, gli studenti organizzati dai missionari salesiani tentano di fermare la pandemia 70 africa 路 numero 6 路 2014


i

A Monrovia dilaga l’epidemia del virus mortale. La popolazione è in preda a una psicosi collettiva. E la paura mischiata all’ignoranza alimenta assurde credenze popolari. Tocca ai giovani volontari ingaggiati dai salesiani spiegare come evitare il contagio

L

a battaglia contro ebola, a Monrovia, si combatte su tre fronti, con altrettanti schieramenti: i medici contro il virus, che si sta diffondendo a macchia d’olio; i raccoglitori di cadaveri contro le famiglie dei defunti, che si rifiutano di consegnare i corpi ostinandosi a volerli seppellire secondo il rito tradizionale: e, infine, a sorpresa ma non più di tanto, i giovani che lottano contro l’ignoranza e la superstizione. Quest’ultima è forse la battaglia più importante, perché sono esse i migliori alleati dell’epidemia, e solo sradicandoli dalla società, o perlomeno togliendo loro terreno, si può sperare di evitare che questa si trasformi in una pandemia e la pandemia in un’ecatombe (il Centre for Disease Control and Prevention statunitense ha annunciato che, in assenza di fattori risolutivi quale la scoperta di un vaccino, il numero dei contagiati potrebbe salire fino a un milione 400mila casi entro il 20 gennaio prossimo).

«È tutto vero!» Ignoranza e superstizione significa, per dirla in poche parole, che una larghissima percentuale di liberiani, anche nella capitale, è tuttora convinta che ebola, semplicemente, non esista. Sia se esiste non è letale. Sia se è letale è frutto di qualche stregoneria che si è abbattuta sul quartiere. O, se non si tratta di malocchio, è un virus sintetizzato dagli Stati Uniti allo scopo di sterminare la popolazione (notizia che l’ambasciatrice Usa a Monrovia è stata costretta a smentire pubblicamente). Tanto che lo slogan più diffuso è Ebola is real!, che più che a una campagna di sensibilizzazione sembra attagliarsi a una di evangelizzazione: prima di spiegare alla gente come difendersi da Satana, bisogna convincerla della sua esistenza.

Governo allo sbando In un mondo perfetto, a lottare contro l’arretratezza dovrebbe essere chi governa la società. Però la Liberia è parecchio lontana dalla perfezione, anzi: è, se possibile, la sua antitesi. La terra degli schiavi liberati è una nazione fallita ancora prima di nascere, devastata già prima dell’epidemia, messa in ginocchio da un quindicennio di guerra civile e mai riuscita a risollevarsi, gestita da una classe politica inetta e assuefatta all’assistenzialismo (dalle prime elezioni libere che hanno portato al potere la presidente Ellen Johnson-Sirleaf, tuttora in carica, la gestione della cosa pubblica è stata demandata quasi per intero alle Ong e finanziata da miliardi di dollari di aiuti internazionali), corrotta all’inverosimile (la Liberia è ai primissimi posti nella classifica africa · numero 6 · 2014 71



AFRICA

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togu na - la casa della parola lettere Commercio equo attualità

testo di Marco Trovato

Ombre sul commercio equo Una ricerca condotta in Africa solleva seri dubbi sull’efficacia della spesa etica

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africa · numero 5 · 2014

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La spesa etica in Italia

Circa 83 milioni di euro di fatturato, 84 realtà equosolidali distribuite in 15 regioni, oltre mille lavoratori e 5mila volontari impegnati a gestire 253 botteghe. Sono i numeri dell’Assemblea generale italiana del del commercio equo e solidale (Agices: equogarantito.org), che lo scorso maggio ha presentato il suo rapporto annuale, con luci e ombre. «Sono anni non facili per il movimento italiano del commercio equo e solidale: dopo un periodo di espansione delle vendite, oggi le cooperative e le associazioni registrano una stasi», ha dichiarato il presidente di Agices, Alessandro Franceschini. Tutto sommato, tengono bene i prodotti alimentari, mentre la crisi si fa sentire soprattutto con l’artigianato. Tuttavia le prospettive sono buone. «Il fair trade italiano è vitale e capace di trovare strade innovative e formule inedite per ridisegnare il proprio futuro».

africa · numero 5 · 2014

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25/10/14 23:02

L’articolo pubblicato sul numero di settembre di Africa ha acceso un vivace dibattito. Ecco alcuni commenti pervenuti in redazione. Credo che l’articolo pubblicato di recente sulla rivista non faccia giustizia di ciò che accade nel commercio equo. Mi direte: ma questo è un caso particolare che dobbiamo denunciare. Rispondo: avete ragione, ma oggi non ci sono molte altre idee alternative per un mercato più giusto e il commercio equo ci sta provando anche se è una goccia nel mare grande degli interessi delle grandi multinazionali. Aldo, via mail

a cura della redazione

Il tema da voi sollevato è senz’altro da approfondire per non cadere in semplificazioni disfattiste… Conoscendo da vicino il mondo del Fairtrade rilevo come, soprattutto in Italia, non c’è un solo Commercio Equo e Solidale ma diverse realtà le quali, pur operando in un quadro di regole condivise, seguono percorsi ed obiettivi in parte diversi. Silvio Favari, via web Il commercio equo di stampo anglosassone, che è legato ai supermercati, spesso soffre dei problemi indicati nell’articolo, come tutte le cose ibride che servono solo a far pulire la coscienza al consumatore. Diverso, invece, il discorso per quello italiano, basato sulle botteghe del Mondo e sui piccoli distributori: qui viene garantito supporto al miglioramento delle condizioni di sviluppo e spesso il prezzo è il parametro meno importante. Dovremmo iniziare a ca-

povolgere questa cultura anglosassone della quantità, perche questo è il vero problema: ripensiamo una vita di qualità! Andrea, via web Il controllo e la certificazione dei prodotti equo-solidali è affidata solamente a enti privati autoreferenziali che non devono rispondere del loro operato a nessun organismo pubblico. Inoltre gli operatori di controllo del Fairtrade non pubblicano quali sono i prezzi pagati ai produttori del Sud del mondo per poterli confrontarli con i prezzi pagati dal commercio convenzionale, e vedere così la differenza (se c’è, e com’è). Servirebbe maggiore trasparenza e informazione. Ezio Devi, via web

Vergogna reale Trovo che il servizio di copertina dell’ultimo numero di Africa - l’annuale cerimonia delle vergini

con cui il Re dello Swaziland sceglie una nuova moglie - si riferisca ad una tradizione barbara e maschilista che andrebbe censurata e vietata. Non c’è tradizione che tenga se in gioco c’è la dignità delle donne. Simona Mancosu, Cagliari

Grande boxe Siete stati gli unici a ricordare l’anniversario dello storico combattimento tra Mohamed Ali e George Foreman a Kinshasa (30 ottobre 1974). Ricordo ancora come fosse ieri la radiocronaca appassionata di quell’incontro memorabile. Rileggendo il vostro articolo ho rivissuto per un momento le emozioni provate quarant’anni fa, quando - giovanissimo ascoltavo in diretta la cronaca del match sognando di trovarmi a bordo ring nel cuore dell’Africa. Giorgio Penati, Milano

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76 africa · numero 6 · 2014

segreteria@africarivista.it


n. 6 novembre . dicembre 2014 www.missionaridafrica.org

Aiuta i missionari d’Africa

Scuole, pozzi, orfanotrofi, ospedali... C’è solo l’imbarazzo della scelta per chi vuole sostenere i progetti in Africa dei missionari Padri Bianchi a favore dei più bisognosi

a cura della redazione

Soccorso agli orfani Mozambico Progetto 1-2015

Assistenza ai missionari anziani Italia Progetto 7-2015

Nato nel 1998 su iniziativa di suor Delfina Tamega, una religiosa mozambicana, il Centro Santi Innocenti ospita una sessantina di ex meninos de rua, bambini e bambine, orfani dai cinque anni in su, finiti a vivere sulla strada. Il progetto di sostegno lanciato da padre Claudio Zuccala nel 2010 ha raccolto fino ad oggi più di 100.000 euro di offerte. Tra i benefattori ci sono molti lettori e abbonati di Africa che ringraziamo di cuore. Le donazioni sono state usate per assicurare cibo, igiene personale e istruzione ai giovani ospiti del centro, ma anche per ristrutturare il vecchio stabile e costruire una cucina e alcune aule scolastiche. Si può continuare ad aiutare suor Delfina e i suoi ragazzi contribuendo alle varie necessità del centro (vitto, abbigliamento, materiale scolastico, manutenzione ordinaria) oppure adottando a distanza un bambino. Per maggiori informazioni visitare il sito web www.santinnocenti.org o contattare padre Claudio Zuccala, c_zuccala@ hotmail.com

Hanno dedicato la loro vita agli ultimi, ai più bisognosi. In Africa hanno costruito scuole, pozzi, dispensari, strade, rifugi per bambini di strada e donne maltrattate. Hanno vissuto decenni di fatiche e sofferenze a stretto contatto con la guerra, la miseria, la malattia. Si sono prodigati con generosità e senza risparmiarsi per gli altri. Ora tocca a loro ricevere un aiuto. Sono i missionari anziani dei Padri Bianchi. Avrebbero diritto a riposarsi in Italia, trascorrendo ciò che ancora resta da vivere con dignità e serenità. Molti di loro hanno bisogno di cure mediche e assistenze infermieristiche: spese ingenti e necessarie per le quali richiediamo un aiuto generoso a tutti coloro che apprezzano il lavoro dei missionari.

Referente: padre Claudio Zuccala

Referente: padre Paolo Costantini

padri bianchi . missionari d’africa

africa · numero 6 · 2014 77


Microcredito per le donne Burkina Faso Progetto 3-2015 Aiuti ai seminaristi Sudafrica Progetto 5-2015

A volte basta davvero poco per cambiare la vita a una persona bisognosa. Lo sa bene Maurice Oudet, missionario francese dei Padri Bianchi, che in Burkina Faso elargisce microfinanziamenti di 150-200 euro a favore di donne in difficoltà, finalizzati all’avvio di attività in grado di generare reddito e promuovere lo sviluppo: negozi, locande, botteghe... Come il celebre “banchiere dei poveri” bengalese Muhammad Yunus, anche padre Oudet finanzia l’avvio di piccole imprese commerciali o artigianali che offrono l’opportunità di cambiare in meglio la vita di molte ragazze-madri, mogli abbandonate o rimaste vedove: donne volenterose e dignitose, che però non hanno garanzie sufficienti per accedere al credito bancario. Anche i lettori di Africa possono aiutarle: bastano cifre contenute per offrire la chance di un riscatto sociale.

Padre Luigi Morell è da poco approdato nella cittadina di Merrivale, vicino a Durban, in Sudafrica. Qui i Padri Bianchi hanno aperto un seminario di teologia e una residenza per i giovani che aspirano a diventare missionari Padri Bianchi. E padre Luigi ha il compito di affiancare i ragazzi (in gran parte africani) nel percorso di formazione. Il progetto si prefigge di sostenere le spese degli studenti di teologia, provenienti da Burkina Faso, RD Congo, Nigeria, Togo, Uganda, Kenya... Ad ogni seminarista va pagata la retta scolastica (pari a circa 1.300 euro annui) a cui si sommano i costi per vitto, alloggio e trasporto. Nel corso del 2014 i lettori di Africa hanno donato 4.300 euro a favore dei seminaristi in Kenya. Oggi lo sforzo per sorreggere i futuri missionari va indirizzato in Sudafrica: il costo della vita continua a crescere e il cammino intrapreso dai seminaristi deve proseguire.

Referente: padre Maurice Oudet

Bambini a scuola Mali Progetto 4-2015

Referente: padre Vittorio Bonfanti

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Referente: padre Luigi Morell

Credito ©Frederic Bonamy/EU/ECHO

Scopo del progetto: favorire e incoraggiare l’accesso e la frequenza scolastica di base ai bambini e bambine dei villaggi nella regione a nord-ovest delle capitale del Mali. Vi sono già alcune scuole comunitarie e numerosi bambini hanno beneficiato del progetto frequentando regolarmente le lezioni. Molte altre invece hanno bisogno di un intervento urgente e di materiale scolastico, ormai rovinato e insufficiente. Inoltre, la miseria creata dalla guerra nel nord del Paese ha ridotto alla miseria tante famiglie che non possono più pagare le tasse scolastiche e l’acquisto del materiale didattico di base, per cui molti bambini sono costretti ad abbandonare la scuola, con il rischio di essere “arruolati” dagli estremisti di ogni sorta. L’aiuto richiesto è di 5.000 euro. Un grazie di cuore a quanto vorranno sostenere il progetto.


Un dispensario nel Sahara Mali Progetto 2-2015 Il progetto è stato lanciato da padre Alberto Rovelli con lo scopo di sostenere il dispensario della missione a Gao, in pieno Sahara. La zona è tornata sotto il controllo governativo dopo i mesi di occupazione da parte dei miliziani islamisti che hanno saccheggiato la piccola struttura sanitaria, portando via tavoli, sedie, medicinali, il microscopio per le analisi di laboratorio. Sul posto sono rimasti gli infermieri che assistono i malati come possono; ma hanno bisogno di un sostegno economico per garantire cure e assistenza alla popolazione locale, in particolare a donne e bambini. I lettori di Africa hanno già donato 8.500 euro che hanno permesso di curare trecento persone affette da epilessia. Ma c’è ancora bisogno di aiuto per pagare il salario agli infermieri e per l’acquisto di medicine e strumenti diagnostici.

Libri e banchi per i poveri Uganda Progetto 6-2015 Nel nord del Paese, ai confini con il Sud Sudan, padre Jean Le Vacher e una comunità di suore ugandesi gestiscono una scuola per centinaia di bambini meno fortunati: orfani, rifugiati, ex baby-soldati, abbandonati, amputati… Tutti bisognosi di aiuto. La scuola è dedicata al “Beato Damiano”, il santo eroe di Molokai. Attualmente la struttura ospita più di seicento allievi, ugandesi e sudanesi. Il numero degli alunni è in continuo aumento e le strutture non bastano. C’è bisogno di nuovi dormitori, un refettorio, banchi, qualche aula di studio in più, più docce e servizi igienici, un’infermeria... E anche di una cappella. Per questo progetto sono già stati raccolti e inviati 2.650 euro. I lettori di Africa possono contribuire a sostenere la scuola, finanziando libri, strutture e formazione. Referente: padre Jean Le Vacher

Referente: padre Alberto Rovelli

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Gli sfollati di Goma RD Congo Progetto 8-2015 La città di Goma ospita enormi accampamenti nei quali sopravvivono a stento circa 150mila sfollati. Anche se i numeri non sono più quelli del 1994 (900mila rifugiati ruandesi), la situazione rimane particolarmente scandalosa. Dopo più di 15 anni, né il governo congolese né la missione delle Nazioni Unite sono riusciti (o non hanno voluto riuscire...) a instaurare nel Nord Kivu uno Stato di diritto. Nella regione spadroneggia una cinquantina di gruppi armati in lotta per il controllo delle ricchezze minerarie (oro, cassiterite, wolframio e coltan), estratte abusivamente e veicolate di contrabbando nei Paesi vicini, Ruanda in primis. A differenza del 1994, anno del genocidio, oggi i riflettori sono spenti e quasi nessuno si occupa di queste persone, il cui unico torto è stato di nascere in un territorio troppo ricco di materie prime. Africa lancia un progetto per aiutare aiutare padre Pino ad assisterli. Referente: padre Pino Locati

Ciascuno può fornire un aiuto economico, anche piccolo, per contribuire alla realizzazione dei progetti di solidarietà promossi dai missionari Padri Bianchi. È sufficiente specificare nella propria donazione il titolo o il numero del progetto preferito. Le offerte vanno inviate tramite la Onlus Amici dei Padri Bianchi (cod. fiscale 93036300163): WEB (tramite Paypal dal sito www.missionaridafrica.org) POSTA (CCP: numero 9754036) BANCA (Bonifico su Iban IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789) ASSEGNO intestato a: Amici dei Padri Bianchi Info: Tel. 0363 44736 africa@padribianchi.it Dalla Svizzera: CCP: 69-376568-2 Iban CH43 0900 0000 6937 6568 2

padri bianchi . missionari d’africa

africa · numero 6 · 2014 79


Americhe Tel. 0363 41010 - Fax 0363 48198 BENACCHIO Nazare provincia@padribianchi.it - economato@padribianchi.it Africa Redazione Rivista Africa CAZZOLA Gaetano R Tel. 0363 44726 - - africa@padribianchi.it GIANNASI Aldo ALGE Casa di Residenza GODINA Arvedo MAL indirizzi dei Padri Bianchi Tel. 0363 49681 - Fax 0363 48198 IOTTI Italo R.D. CON BERTELLIVENETO Gustavo COSTANTINI Paolo CASTELFRANCO GHERRI Walter (Poviglio, RE) LOCATI Giuseppe R. GAMULANI Abdon Via Ponchielli, 6 PIROTTA Pierangelo (Sturno, AV) BONFANTI Vittorio MATTEDI Giuseppe 31033 Castelfranco V. (TV) SCREMIN Gaetano (Novale, VI) LUCCHETTA Giusep CASTAGNA Giovanni Tel. 0423 494100 - Fax 0423 494005 PAGANELLI Dante Bernardo ALL’ESTERO MARCHETTI Giovann COLOMBO Luciano mafrcasteo@padribianchi.it PAGANELLI Bruno Americhe MORELL Luigi KENY ALBIERO Sergio REDAELLI Giuseppe COSTANTINI Paolo BENACCHIO Nazareno BRASILE BORTOLI Tarcisio ROVELLI Alberto PIRAZZO Giancarlo B Africa GAMULANI CECCON Mariano Abdon ROMA CAZZOLA Gaetano R.D. CONGO ZUCCALA Claudio M COSTA Luigi MATTEDI Giuseppe Casa Generalizia GIANNASI Aldo ALGERIA GUAZZATI Fausto Via Aurelia, 269 - C.P. 9078 GODINA Arvedo MALI PAGANELLI Dante Bernardo LAZZARATO Luigi 00165 Roma IOTTI Italo R.D. CONGO FRIBURGO PAGANELLI Bruno TREVIGLIO Tel. 06 3936341 - Fax 06 39363479 LOCATI Giuseppe R.D. CONGO Africanum - Route de la REDAELLI Viale Merisio, 17 - C.P.Giuseppe 61 m.afr@mafrome.org LUCCHETTA Giuseppe RUANDA CH R.D. - 1700 24047 Treviglio (BG) www.mafrome.org MARCHETTI Giovanni CONGO Fribourg ROVELLI Alberto Fax 0363 48198 IOTTI Italo MORELL Luigi KENYA Tel. 0041 26 4241977 Fa Casa Provincializia VEZZOLI Michele PIRAZZO Giancarlo BURKINA FASO ROMA C.C.P. 17-1818-3 - fripro Tel. 0363 41010 - Fax 0363 48198 ZUCCALA Claudio MOZAMBICO Casa Generalizia P.I.S.A.I. provincia@padribianchi.it SVIZZERA - FRIBURGO Viaeconomato@padribianchi.it Aurelia, 269 - C.P. 9078 (Pontificio Istituto di Studi Arabi Africa57 e Presenze: e d’Islamistica) Africanum - Route Per de la Vignettaz, Redazione Rivista Africa 00165 Roma Viale Trastevere, 89 - 00153 Roma CH - 1700 FribourgAmici dei Padri Bianchi Tel. 0363 44726 - segreteria@africarivista.it Tel. 06 58392611 - Fax 06 5882595 Tel. 0041 26 4241977 Fax 0041 26 4240363 Tel.Casa 06di3936341 - Fax 06 39363479 Residenza Cas. Post. 61 - 24047 Tr info@pisai.it C.C.P. 17-1818-3 - friprov@bluewin.ch Tel. 0363 49681 - Fax 0363 48198- www.mafrome.org m.afr@mafrome.org CCP 69-376568BERTELLI Gustavo ALTRI Per Africa e Presenze: IOTTI Italo BONFANTI Vittorio BOLOGNA Giuseppe Amici dei Padri Bianchi - Onlus CASTAGNA Giovanni COLOMBO Luciano

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impegnati in 24 Paesi africani COME? • conCOME? intenzioni di Sante Messe • con donazioni fiscalmente deducibili una donazione di almeno 60 euro entro il  • 31condicembre con intenzioni di Sante Messe 2014 specificando nella causale missionari»:  «Sostegno conai donazioni fiscalmente dedu riceverai Africa in omaggio per un anno  Inoltre, con una donazione di a entro il 31 dicembre 2013 spec causale «Sostegno ai missiona riceverai in omaggio per un ann Le donazioni, fiscalmente deducibili, vanno intestate a: Onlus Amici dei Padri Bianchi C.F. 93036300163 su uno di questi conti: • CCP conto n° 9754036 • Banca: IBAN IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 • Online dal sito: www.africarivista.it/progetti Info: 0363 44726 - africa@padribianchi.it Dalla Svizzera: CCP: 69-376568-2

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