Autismo Infantile: sindromi correlate e strategie di intervento educativo

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anni di età o poco più. Nel caso dell’autismo, con un bambino/a di pochi anni, ci si può trovare di fronte a due tipi di situazioni: -Nel primo caso, si è davanti a un bambino/a che, sin dai primi mesi di vita, risulta troppo tranquillo/a, mangia o dorme in modo eccessivo,o viceversa fortemente disturbato/a, non si coinvolge nei rapporti con le persone, è poco curioso/a ecc. -Nel secondo caso, si può osservare un bambino/a che sin dai primi mesi di vita ha uno sviluppo normale; a 1 anno, o poco più, cammina da solo/a, inizia a parlare nei tempi giusti e poi, dopo i 2 anni, cambia il comportamento in modo netto, diventando solitario/a ed evitando lo sguardo e il contatto degli altri, oppure si presenta indifferente o aggressivo nei confronti di persone e oggetti (Andolfi1994). Lo specialista che si trova a lavorare con questi bambini si rende subito conto che se i genitori portano i loro figli in visita all’età di 2 anni o al massimo 2 e mezzo, i bimbi tendono a essere meno permeabili agli interventi relazionali, almeno all’inizio, rispetto a quelli portati a osservazione all’età di 3 o 4 anni, i quali rispondono meglio agli stimoli e ai segnali, oltre che a interessarsi di più agli oggetti. Il terapeuta, dal canto suo, deve creare un ambiente favorevole ai genitori e al piccolo. Durante la prima visita, esso dovrà guardarsi bene dallo stringersi attorno al proprio “camice bianco” e “vestirsi come tutti,” stringere la mano alla mamma e al papà del piccolo e trovare i termini più adatti e meno ambigui possibili, per spiegare loro come intende agire, la necessità di effettuare eventuali esami di controllo per capire se il loro figlio presenta sintomi autistici. I genitori inizialmente sono comprensibilmente diffidenti e talvolta freddi nei confronti dello specialista, il quale deve conquistare la loro fiducia. Per quanto riguarda l’approccio con il piccolo, è molto importante che il medico parli con il bimbo in modo diretto, semplice e garbato, oltre che con il sorriso. Frasi come: “Vediamo chi è questo bel bambino” oppure, “saluta lo zio” aiutano a creare intimità e a favorire l’interesse del bambino. E’ probabile che il bimbo non colga ciò che gli viene detto dal suo interlocutore in quel momento, ma è d’obbligo tentare di interagire con lui, in quanto è anche da questi piccoli particolari che lo specialista riesce a fare una prima diagnosi e a capire il tipo di disturbo che può avere il bambino. La stanza della visita dovrà essere festosa, con disegni e pitture infantili alle pareti, con giocattoli e oggetti con i quali il bambino può intrattenersi, mentre il medico discute con i genitori dietro una tenda che separa la metà della stanza in cui si trova il piccolo. Uno 13


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