Leader - Dicembre 2018

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Anno 1 N°9





sommario

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editoriale

GOOGLE: IL CLOUD COME ASSET PORTANTE NELL’ESPANSIONE DELLE AZIENDE

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ATTIVA SPA: QUANDO L’ETICA È FUNZIONALE AL BUSINESS IMPRONTATO SU QUALITÀ E SERVIZIO

ARRIVA IN ITALIA HUAWEI ECO-CONNECT E SI PARLA DELLA GIGABIT SOCIETY IL 2019 DI HAIER SARÀ FOCALIZZATO SUL RAFFORZAMENTO DEL BRAND CHILI: NON SOLO FILM. LE OPPORTUNITÀ DELL’ENTERTAINMENT IN ITALIA

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di Luca Figini Direttore responsabile luca.figini@publiedim.com

MEDIAWORLD: ECCO LA NUOVA SEDE CHE OSPITA IL RETAIL LAB

SOFTWARE E WEB COMPANY CHE SUPERANO IL FATTURATO DI 3 MILIARDI DI EURO SANITÀ 4.0: IL DIGITALE STA TRASFORMANDO IL RAPPORTO TRA MEDICO E PAZIENTE LO SCENARIO DI MERCATO DEI WEARABLE IN ITALIA NEI DATI DI VENDITA DI GFK

LEADER

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FASHIONTECH: LE NUOVE GENERAZIONI E LA CONNETTIVITÀ CAMBIANO LA MODA BOLLA RECESSIVA: SI PUÒ EVITARE? SÌ, MA CON L’AIUTO DELLA POLITICA CAMBI DI POLTRONE: NUOVE NOMINE E NEW ENTRY NELLE AZIENDE

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BLACK FRIDAY 2018: RISULTATI, FLUSSI E COMPORTAMENTO DEI CONSUMATORI

RISORSA UOMO: UNA ANALISI DELL’UTILITÀ EFFETTIVA DEI PROGETTI DI TEAM BUILDING

anno 1 - numero 9

La Publiedim S.r.l. Direzione, amministrazione e pubblicità: via Matteo Civitali, 51 - 20148 Milano Telefono: 02.48703201 r.a. leader@publiedim.com redazione@publiedim.com grafica@publiedim.com Testata periodica iscritta nel Registro della Stampa presso il Tribunale di Milano il 09/04/2018 con il numero 108. Iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il n. 6107.

Da questo numero di Leader parte una nuova fase dello sviluppo del magazine dedicato ai manager e pensato per creare una piattaforma di condivisione e dialogo tra le aziende che operano nel mondo della consumer electronics, mobility e Iot, sport, automotive, food e finance. Fin dall’origine l’idea è stata di mettere al centro le persone e le esperienze che si accumulano nella vita aziendale, come viatico per creare un contesto di brand awareness e positioning, di networking e di stimoli alla collaborazione e alla circolazione del knowhow in uno scenario allargato, con una grammatica e un’impostazione tarata su un lettorato accuratamente selezionato. Mantenendo valida questa proposizione, si tratta ora di dare impulso alla seconda fase evolutiva tessendo un “fil rouge” tra le interviste, gli approfondimenti, gli scenari e le case history che ospiteremo. In concreto daremo un titolo a ogni numero: dall’intelligenza artificiale, alla smart mobility, passando per il fintech, il made in Italy, la logistica e il wellness, senza dimenticare di descrivere le caratteristiche e i modi per intecettare i nuovi target di mercato. Questo ci permetterà di essere ancora più concreti e incisivi, per fornirvi uno strumento utile ad ampliare gli orizzonti del business.

novembre 2018 Testate del Gruppo Leader (business) Dealer (trade) Mono by Ei dal 1960 EiMag.it - www.eimag.it - www.eimagpro.it iGizmo.it - www.igizmo.it (B2C)

Hanno collaborato Walter Ravizza, Sara Giannaccini, Alessandro Frè, Federico Ott

Direttore Responsabile Luca Figini

Grafica e impaginazione Daniela Bascià danielabascia@gmail.com www.edi32.com

Direttore Editoriale Fiorenza Moradei fiorenza.moradei@publiedim.com Coordinamento Redazionale Roberto Bonin roberto.bonin@publiedim.com

Art Director Lucia Moradei

Marketing & Adv adv@publiedim.com Stampa Ingraph S.r.l. Via Bologna 104/106, 20831 Seregno (MB)

Le opinioni espresse dai singoli autori non impegnano la direzione - le norme sulla pubblicità prevedono l’obbligo di ospitare qualsiasi messaggio di ditte regolarmente costituite e registrate; pertanto né la direzione né la casa editrice sono responsabili di quanto pubblicato su annunci pubblicitari a pagamento, in quanto ogni ditta firmataria è chiamata a rispondere in proprio. I dati forniti dai sottoscrittori dell’abbonamento vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per nessun motivo.

5 - novembre 2018


di Roberto Bonin

IL CLOUD DI GOOGLE SVILUPPA IL BUSINESS Contare su servizi evoluti anche senza avere a disposizione infrastrutture elaborate

“ U na mano concreta al business aziendale, indipendentemente delle dimensioni e della natura della società. E’ quanto permettono di fare le soluzioni cloud di Google, capaci di snellire e velocizzare procedure, fornendo sicurezza ed efficienza all’intero flusso lavorativo. “L’offerta di Google per le aziende prevede tre grandi famiglie di soluzioni”, spiega Fabio Fregi, Country Manager di Google Cloud per l’Italia. “La prima è quella che chiamiamo ‘Collaboration’ e che prevede al suo interno servizi di office automation, posta elettronica, document

fabio fregi, country manager di google cloud italia

C’È MOLTA POCA CONOSCENZA A LIVELLO CAPILLARE, ANCHE SE PROPRIO LA FASCIA BASSA DEL MERCATO RAPPRESENTA UNA BUONA FETTA DEL NOSTRO FATTURATO

management, ecc., mentre la seconda è rappresentata da servizi cloud più evoluti, che vanno dall’Infrastucture-as-service al Platform-as-Service, tra cui il machine-learning e il big data. Vi è poi la terza area, che è rappresentata da tutto ciò che è legato al front-end”. Molto interessante è anche l’offerta rivolta in particolare alle PMI che, così come spiega lo stesso Fregi, “consente a tutte quelle aziende che non possono permettersi delle infrastrutture elaborate di avere a disposizione servizi evoluti”. La suite di collaboration G-suite, ad esempio, è una delle più utilizzate proprio nella fascia bassa del mercato. Sempre rivolte alle PMI, vi sono anche offerte pacchettizzate, soprattutto quella denominata AutoML, ossia il motore di machine learning che Google ha inventato e reso open source al mercato.

Dall’adozione del GDPR un impulso al mercato “In questo momento quasi tutti i settori si stanno rivolgendo a questo tipo di servizi”, fa sapere Fregi. Storicamente i settori merceologici che sono partiti prima sul cloud sono il retail e il manifacturing, comparti che presentano meno vincoli normativi per l’accesso. “Oggi l’adozione è trasversale”, aggiunge Fregi. “All’evento di Milano dello scorso maggio, tra i nostri testimonial vi erano quasi solo aziende di settori regolati. Era presente per esempio Wind Tre che ha portato la sua

esperienza con una soluzione di Big data e di analisi di dati di traffico che gli utenti fanno delle reti. Un’altra case history degna di nota è quella di Enel sul machine learning, attraverso cui fare maintenance predittiva della rete. Altro caso altrettanto interessante è quello di Airbus che ha adottato sia la nostra suite di collaboration sia la nostra soluzione di machine learning per la sua divisione che produce e vende immagini satellitari, allo scopo di interpretare la vera natura delle macchie bianche visualizzate nelle zone montagnose. Con il nostro sistema di machine learning il loro margine di errore è stato ridotto dal 15% al 3%. Altro caso emblematico, infine, è la pubblica amministrazione: la Regione Veneto, ad esempio, ha portato recentemente su cloud tutta l’amministrazione e tutta la sanità”. Fregi non ha quindi dubbi: “Il muro di scetticismo che albergava attorno al cloud sta pian piano cadendo, e già i nomi che abbiamo fatto, che rappresentano i settori forse più ostici, la dicono davvero lunga”. “Il tema della diffidenza è comunque sempre meno forte: le persone presenti al nostro evento sono difatti passate da 400 a 2.500 in soli quattro anni fa. Paradossalmente, è proprio l’entrata ij vigore del GDPR che sta comportando un’accelerazione verso il cloud, perché le aziende si rendono conto di non avere le competenze per potervisi adeguare, e quindi si devono affidare a provider esterni che hanno invece le infrastrutture e le economie di scala necessarie”.

Il caso di OVS Nel 2014, OVS ha avviato la ricerca di una soluzione tecnologica che consentisse ai dipendenti di comunicare e collaborare in modo più semplice e immediato, e all’azienda di sviluppare più rapidamente progetti di trasformazione digitale che la ponessero all’avanguardia rispetto ai concorrenti. La prima app realizzata è stata quella per il monitoraggio dei competitor. Il successo è stato notevole, con circa 2mila persone connesse live e oltre 73mila che hanno visualizzato l’hangout in differita su YouTube. Dall’introduzione della nuova piattaforma, è stato registrato un abbattimento del 50% del numero di email scambiate fra i reparti e la catena distributiva e il tempo medio di evasione di un ordine si è ridotto di ben quattro settimane. All’interno di questa implementazione, inoltre, si è inserito anche il “Camerino Virtuale” realizzato nei negozi flagship di via Dante e corso Buenos Aires a Milano e di via Panzani a Firenze.

6 - dicembre 2018


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di Roberto Bonin

IL BUSINESS ETICO E SOSTENIBILE DI ATTIVA

“ Attiva è lo storico distributore dei prodotti di Apple. Nel tempo ha ampliato la sua zona di attività su segmenti di mercato limitrofi, attraverso partnership longeve e fondate sulla qualità

8 - dicembre 2018

U

DA DIECI ANNI CRESCIAMO A RITMI INTENSI IN TERMINI DI INVESTIMENTI, DI RISORSE UMANE E DI RISULTATI IN SINERGIA CON I NOSTRI PARTNER

na storia imprenditoriale di successo improntata ai prodotti di qualità, alla forza del team e alla volontà di stabilire partnership basate sulla fiducia e la longevità. Attiva Spa, distributore nazionale di prodotti per l’elettronica di consumo, l’informatica e le applicazioni professionali (sede a Brendola, vicino a Vicenza), è presente sul mercato italiano da più di 20 anni e ha da sempre legato la sua storia a doppio filo con quella di Apple. Negli ultimi anni ha iniziato un percorso di progressivo ampliamento del business, cogliendo anche in anticipo importanti trend della consumer electronics. Una strategia che ha dato notevoli frutti: la società ha quasi triplicato il fatturato negli ultimi 10 anni, mantenendo un tasso di crescita sempre elvato. Come sottolinea Davide Simonato, Sales & Marketing Director di Attiva, tutto ciò è avvenuto soprattutto in modo “sostenibile”: «Abbiamo chiuso il 2018 con un fatturato di circa 360 milioni di euro, equivalenti a una crescita superiore al 10% rispetto allo scorso anno. È un dato che imprime sod-

davide simonato disfazione e fiducia per il 2019, soprattutto perché l’incremento del giro d’affari è avvenuto in un perimetro di clienti e con un panel di prodotti sostanzialmente simili a quelli dell’anno precedente».

Partnership calibrate

Varcando le porte della prestigiosa e curata sede dell’azienda, si respira un’aria tranquilla, familiare, eppure si avverte quasi a pelle un approccio laborioso e fervente all’attività aziendale. «Non abbiamo l’ansia di aumentare in modo incontrollato il fatturato ma, piuttosto, di perseguire in

un contesto di crescita sostenibile, con incrementi allineati sia a livello finanziario sia a livello strutturale alla nostra idea di espansione del business». In sintesi, la vocazione aziendale è riassunta nell’etica che contraddistingue la conduzione di Attiva e che Simonato tiene a marcare: «Abbiamo un turnover di personale quasi tendente allo zero, perché i nostri dipendenti e collaboratori sviluppano un elevato senso di appartenenza all’azienda». E poi l’etica, a ragion veduta, si esplicita anche nel modo di fare business, che può vantare numerosi punti di forza, quale per esempio la continua ricerca di prodotti «coerenti con la nostra offerta». Dice ancora Simonato: «Non ci manca la volontà di inserire sempre nuovi brand e prodotti per aggiornare la nostra offerta, anche per questo monitoriamo soprattutto le novità e i mercati emergenti, tuttavia cerchiamo di filtrare in modo accurato tutto ciò che ci viene proposto in un’ottica di qualità e di affinità con la nostra proposizione, al fine di evitare errori sia per la nostra azienda sia soprattutto derivanti dall’impatto sul mercato dei nostri clienti. Il nostro impegno è compiere scelte distributive precise e molto oculate, che ben si sposino con i principi di longevità e di reciproca soddisfazione che contraddistinguono le partnership da noi stipulate. La nostra offerta si declina unicamente su prodotti di fascia medio/alta e premium, perché è dove vogliamo essere presenti per fare la differenza. Altra nostra caratteristica da sempre è la tendenza a costruire con i nostri clienti rapporti di fiducia duraturi nel tempo: di norma siamo poco interessati ai deal occasionali, sporadici e tattici. Tant’è che possiamo vantare brand che collaborano con noi da tanti anni, alcuni fin dal loro debutto sul mercato italiano». Il manager non ha dubbi: «Amiamo definirci un distributore a valore aggiunto, poiché oltre ai due aspetti fondamentali della logistica e della finanza, proponiamo anche la ricerca, la selezione, la valutazione e il test dei prodotti, cercando poi di accompagnare i nostri clienti verso le scelte più opportune che si declinano anche nelle migliori strategie pensate in modo sartoriale sulle specifiche esigenze».

Un’offerta costruita con attenzione L’offerta prodotti distribuita da Attiva è frutto di un’attenta selezione operata dall’azienda che, nel corso degli anni, è riuscita a dare vita a un panel di brand davvero d’eccezione. Sul fronte del mercato consumer, la società distribuisce difatti marchi leader, tra cui Apple, Beats, Wacom, Parrot, Fitbit, LaCie, DJI, Kensington, Belkin, Linksys, JBL, Zens, Otterbox, Lifeproof, Uag, Artwizz, Leef, Leitz, Satechi, Eizo. Molti sono anche gli accordi già raggiunti da Attiva Evolution per la parte professionale e che, comprende vendo come DJI Enterprise, Kemp, Leviton, Rittal, Innovaphone, Datwyler, Syneto, Endian, Alcatel Lucent Enterprise, Riello Ups, Lifesize, Qsan, SGbox, Bitdefender, Sonicwall, Positive Tecnologies, Zte.


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di Luca Figini

PRONTI ALL’ERA DELLA GIGABIT SOCIETY

LA TECNOLOGIA SENZA BENEFICIO REALE NON GENERA EVOLUZIONE

Digital revolution

Ciò porta ad analizzare cosa significhi il concetto di digital revolution. Di certo non può essere sufficiente introdurre il digitale nei processi: è solo il primo passo. La fase fondamentale è affrontare le criticità e le complessità derivanti da una vera digital transformation delle aziende, degli enti, del sistema Paese e delle attività a ogni livello, al fine di cogliere le opportunità più profonde offerte dalla connettività. Solo traendo il massimo vantaggio dalle nuove tecnologie si ottiene profitto dagli investimenti in trasformazione digitale e si attivano nuovi business legati ai servizi e a un Roi che verte su percorsi di crescita, connettività, condivisione e partnership. Si apre un mercato unico digitale, non su scala nazionale ma europea, centrato su stretti protocolli di sicurezza condivisi tra le parti per evitare dinamiche anti-competitive.

Gigabit society

Siamo solo all’inizio di una nuova onda di evoluzione tecnologica anticipata da tecnologie come 5G, Iot, cloud e AI e che si svilupperà per i prossimi 30 anni. Questo è l’incipit dell’evento Huawei Eco-Connect Europe 2018 che si è tenuto per la prima volta in Italia, a Roma

10 - dicembre 2018

A

l mondo ci sono più di 600 milioni di persone che usano dispositivi smart, oltre 300 milioni di smart home, 10 milioni di lavoratori in smart office e 5 milioni di connected car: numeri in crescita costante e impetuosa. Spiega Lindoro Ettore Patriarca, Marketing Director Enterprise Business Group di Huawei Italia: «Per la prima volta l’Eco-Connect Europe è stato ospitato in Italia: è significativo per un appuntamento che mira a coinvolgere tutte i player legati all’innovazione e alla trasformazione digitale. Al centro della tecnologie c’è la persona: vogliamo proporre vantaggi concreti ai cittadini, per risolvere i loro problemi effettivi sia sul piano personale sia su quello lavorativo. In particolare, il valore che Huawei crea nel nostro Paese è rappresentato dalle soluzioni che rendono più efficienti sia i processi delle aziende private sia quelli della Pubblica Amministrazione nel percorso di digitalizzazione delle città e dei servizi offerti ai cittadini».

Cambiamento in atto

Nella realtà dei fatti gli utenti utilizzano solo il 30% delle effettive capacità dei dispositivi nelle loro mani. Il cambio di mentalità è dietro l’angolo: in Europa nel giro dei prossimi tre anni si arriverà a oltre 50 miliardi di connessioni attive. Questo porterà

a enfatizzare la capacità dei collegamenti machine-to-machine, con l’esplorazione di possibilità sconosciute di sviluppo della tecnologia stesa. Perché Huawei descrive questo scenario? Perché l’obiettivo del brand è fare in modo che il mondo sia interconnesso. L’Europa e l’Italia giocano un ruolo importante e vantano un alto potenziale di sviluppo. Sono tre le parole chiave che contraddistinguono l’evento romano del 2018: tecnologia, ecosistema (“nessuno può agire da solo”), talento (“incentivare le nuove generazioni, perché entro il 2022 saranno necessarie nuove capacità per rispondere alla domanda di future competenze aziendali”). Anche i consumatori hanno un ruolo fondamentale: “dovranno contribuire attivamente alla creazione di nuove skill a supporto della nuova evoluzione industriale”.

La velocità della connessione è l’elemento chiave: in Italia è urgente migliorare davvero l’efficienza di collegamento per garantire ampia banda passante e bassa latenza al fine di supportare il cloud e alimentare l’analisi dei dati in tempo reale. L’incremento di prestazioni deve avvenire in modo omogeneo in tutte le aree del nostro Paese., in un rapido percorso di azzeramento del digital divide. La fibra ottica è l’unica risposta a questa esigenza di connettività a banda larga. La diffusione dell’infrastruttura è cruciale per supportare non solo gli utenti ma anche progetti quali le smart city e la raccolta e l’analisi di dati per vari fini. Gli operatori telefonici hanno il ruolo fondamentale di costruire i network per mettere a disposizione l’ossatura su cui realizzare le applicazioni necessarie all’evoluzione digitale. Il tutto con un regime di costi e investimenti che faciliti la diffusione delle infrastrutture e che porti a eliminare il bagaglio del passato generato da vecchie reti e ormai superate infrastrutture, con un cambio di mentalità nell’approccio alla connettività territoriale, con costi accessibili da tutte le fasce della popolazione. Questo porterà al debutto della “gigabity society”.

Legittimare l’intelligenza artificiale Quando si inizia a parlare dell’adozione di soluzioni nell’ambito dell’intelligenza artificiale, gran parte del ragionamento verte su come le presone potranno essere rimpiazzate da sistemi automatici. Invece, la AI entra in sinergia con l’uomo migliorando qualità, efficienza ed efficacia del compito da svolgere, soprattutto negli ambiti più delicati e ad alta specializzazione. Entro il 2020 saranno investiti 50 miliardi di dollari per ottimizzare le attività aziendali e migliorare i posti dei lavoro. Parte dell’impegno comprenderà l’attivazione di piani di legittimazione della AI con percorsi di certificazione di affidabilità e correttezza dei dati e dei risultati elaborati. Perché si crei una simbiosi corretta e coerente sarà necessario coinvolgere elementi sociologici, psicologici, legali e umanitari.


“Doro è molto semplice, è fantastico per imparare ad usare uno smartphone.”

Lo smartphone che connette le generazioni Quando un nuovo smartphone funziona in modo diverso da come siete abituati, questo può essere un problema, a prescindere dall’età. Ecco perché il nuovo Doro 8035 ha un’interfaccia Android arricchita con il menu Doro basato su azioni e facile da usare. In questo modo, potrete scegliere il menu semplice di Doro, ideale per i nuovi utenti oppure scegliere il tradizionale sistema Android, se siete utilizzatori esperti di smartphone. Ciò significa anche che parenti e amici che possiedono un telefono Android possono aiutarvi in caso di bisogno. Dotato di altre caratteristiche uniche di Doro, come il design pratico, il suono forte e chiaro e MyDoroManager, il nuovo Doro 8035 è uno smartphone semplice ed elegante che vi aiuta a rimanere connessi con familiari e amici.

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di Luca Figini

HAIER: NEL 2019 PIÙ QUALITÀ E BRAND siamo riusciti ad anticipare i tempi con una ridefinizione del mix di prodotto, che ci ha permesso di intercettare i principali trend del 2018. Ciò si è riflesso in un incremento del prezzo medio nel lavaggio e nel freddo, con conseguente crescita del fatturato. La conferma del nostro operato arriva anche da partner e retailer che ci hanno supportati in questa fase espansiva. Un esempio è rappresentato dai frigoriferi multidoor, di grande formato e free standing: abbiamo la gamma più completa con formati a 3, 4 e 5 porte e con dimensioni e feature così variegate da adattarsi alle esigenze di qualsiasi canale di vendita e di consumatore».

Cambiano le logiche

«Dopo aver messo a punto il giusto marketing mix, ora si tratta di ottimizzare la nostra presenza sul canale distributivo e di stimolare la domanda dei consumatori con una comunicazione mirata».

12 - dicembre 2018

G

iocoforza si parte dalla notizia dell’acquisizione di Candy da parte di Haier. Annunciata a fine settembre, tiene banco tra gli addetti ai lavori. E così chiediamo a Federico Mangiacotti, Market Director di Haier Italia, la sua opinione sull’operazione, ben consci, peraltro, che i tempi non sono ancora maturi. Schietto, puntuale e pacato, Mangiacotti coglie lo spunto e lo trasforma in un’analisi: «Gurdandola nel suo contesto più ampio e macro, l’acquisizione è azzeccata e avviene tra due realtà diverse ma complementari, sia dal punto di vista delle fabbriche, sia da quello della proposizione di prodotti (si veda, per esempio, l’incasso)». Ma questo è un discorso troppo futuribile per essere al centro dell’incontro con il manager; l’interesse è rivolto all’Italia. A distanza di circa un anno e mezzo dal suo ingresso in azienda, Mangiacotti conferma che è stato «raggiunto il 90% degli obiettivi posti a fine 2017. Sono molto soddisfatto, in modo particolare del fatto che

«Uno degli impegni assunti in questo percorso di crescita è il miglioramento della qualità della formazione e dell’informazione al canale sui nostri prodotti. In questo ambito rientra il progetto che ci ha portato a formare oltre mille addetti vendita in tutta Italia con un team interno e dedicato. Abbiamo inoltre partecipato per la prima volta allo staff training di Unieuro, un’insegna con cui stiamo collaborando su più fronti e anche nella comunicazione. A tutto ciò si sommano i promoter nei negozi», spiega Mangiacotti. Si può quindi definire un anno davvero a stretto contatto con la realtà distributiva italiana: quali sono i feedback che si porta a casa Haier da questa iniziativa? «Partecipando a queste sessioni formative si ha la conferma empirica del desiderio degli addetti vendita di comprendere meglio i prodotti e avere un contatto diretto con il brand. Alla fine di questo progetto annuale rimane la convinzione di aver trasmesso un’idea di Haier più precisa, profonda e veritiera rispetto alla percezione iniziale». Non è solo cambiata la brand awareness dell’azienda tra i partner e i consumatori. La vera evoluzione che sta determinando il cambio di passo attiene alla decisione, ai massimi livelli del management, di focalizzarsi in modo più vigoroso sulle specificità dei singoli Paesi europei (tra cui l’Italia), dopo alcuni anni in cui altre zone del globo, dagli Stati Uniti alla Russia fino all’Oriente, erano prioritarie nelle strategie a livello di Gruppo. «In Europa si è così sviluppato un

mercato che non ha finora mostrato il reale valore di Haier. Ciò ha imbrigliato l’operatività con politiche commerciali legate al primo prezzo. Se questa è la fase inziale del debutto di un brand, poi però bisogna fare evolvere il brand verso una dinamica di miglioramento del posizionamento e della marca. La prima fase si è forse protratta più del dovuto, dunque ora bisogna agire con velocità nel rafforzamento di Haier incardinando strategie di crescita, di brand awareness e positioning e di fatturato basate su obiettivi di medio/lungo termine». Questo ha significato varare nuove iniziative di costruzione del marchio Haier e di attuare scelte di prodotto coraggiose, per esempio dismettendo la divsione Tv. Ma la revisione dell’offerta di prodotto è solo il primo passo: «Dopo aver messo a punto il giusto marketing mix, ora si tratta di ottimizzare la nostra presenza sul canale distributivo e di stimolare la domanda dei consumatori con una comunicazione mirata. Dal 2019 c’è poi l’intenzione di ampliare il numero di partner al fine di raggiungere almeno il 60% di copertura del territorio nazionale, così da dare vita a forme dirette di marketing». Questo significa pianificazione delle attività ma anche attenzione, dialogo e contatto con le insegne e i clienti finali.

Sassicaia in cantina

Gli investimenti nel canale del 2018 si sono tradotti in risultati di tutto prestigio. Le cantine per il vino erano uno dei focus: «Abbiamo raddoppiato le vendite e siamo riusciti a costruire un percorso più esteso afferente ai migliori vini italiani attraverso il sito Ilmeglioincantina.it, supportato da Federico Quaranta, nuovo brand ambassador di Haier. In questo contesto abbiamo stretto una partnership con la Tenuta San Guido produttore del Bolgheri Sassicaia, premiato come migliore vino al mondo. In ultima analisi vogliamo far capire alle persone che la conservazione del vino è un elemento fondamentale per preservarne la qualità. E su questo proposito stiamo costruendo iniziative di informazione sulle tecnologie e sulle funzioni specifiche della nostra gamma di cantine», conclude Mangiacotti.

L’acquisizione di Candy da parte di Haier Con l’acquisizione di Candy da parte di Haier saranno investiti 475 milioni di euro per accelerare la crescita nel mercato europeo. Dopo il perfezionamento dell’operazione, Haier stabilirà a Brugherio, nei pressi di Milano, il proprio quartiere generale europeo. L’incoroporazione avverrà unendo le forze tra Haier e il management team di Candy, al fine di espandere la leadership nel settore degli elettrodomestici intelligenti. Le due aziende sono complementari in termini di portafoglio di prodotti, marchi e di catena di approvvigionamento. Al completamento dell’accordo, i marchi principali di Haier, inclusi Candy/Hoover/Rosières, continueranno a produrre sinergie a livello globale. Il perfezionamento della transazione è previsto all’inizio del 2019, dopo il via libera dalle Authority.


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di Sara Giannaccini

CHILI APRE NUOVE VIE ALL’ENTERTAINMENT La piattaforma di streaming sta ampliando il business a gadget e al merchandising, per creare empatia e coinvolgere i clienti finali

“ A

vete mai visto un centinaio di persone aggirarsi per Milano in accappatoio in una serata qualsiasi di novembre? La capitale meneghina, per una notte, è stata teatro di qualcosa che forse nel giro di un paio d’anni diventerà una diffusa consuetudine: arricchire l’esperienza cinematografica di una sfumatura in più, quella capace di fare la differenza. L’occasione era quella della proiezione de “Il Grande Lebowski” in lingua originale e sottotitoli in italiano, organizzata da Chili TV, il marketplace dell’entertainment che sta cercando di ridisegnare i confini dello streaming video. Giorgio Tacchia non è solo il Ceo di Chili TV, è anche il Founder della piattaforma nata in Italia che permette di avere a disposizione film e serie tv pagando unicamente per il contenuto scelto. Non è però solo questa la rivoluzione che Chili vuol mettere in campo: «La nostra offerta s’impernia su tre pilastri fondamentali: fornire all’utente tutto, prima e gratis. In quest’ordine preciso. Una scelta di campo che arriva dopo un percorso strategico articolato in vari momenti: lo sviluppo di una piattaforma proprietaria; una tecnologia in-house che consente di avere un quantitativo di contenuti più alto rispetto a chiunque altro, grazie a estesi accordi; un’estensione territoriale europea; una chiara e marcata differenziazione dai principali competitor.”

giorgio tacchia ricopre la carica di ceo di chili tv ed è il founder della piattaforma di streaming tutta italiana

STUDIAMO I NOSTRI CONSUMATORI PER OFFRIRE SERVIZI E PROPORRE PRODOTTI IN BASE AI GUSTI

Come Chili riesce a generare interesse nell’utente e a coinvolgerlo in modo nuovo? «Chili inizia a creare attenzione sul film ben prima che questo arrivi sul grande schermo, con un’offerta che fa leva sull’intera base emozionale che lega un prodotto di entertainment all’utente finale. Per questo motivo è nato The HotCorn, il magazine di Chili curato da 25 giornalisti che confezionano contenuti originali raccontando non solo film e serie Tv del nostro marketplace, ma anche quelli che a breve saranno disponibili su Amazon e Netflix, in italiano e in inglese. È una voce autorevole con contenuti di livello, corredati da immagini che arrivano direttamente da Hollywood». A supportare il magazine ci pensa la sezione merchandising, con oggettistica dedicata al fan e al collezionista, una vetrina variopinta di elementi particolari e ricercati che arricchiscono l’esperienza di fruizione video e danno vita a una base empatica che coinvolge l’utente e lo spinge a tornare sulla piattaforma. «L’intendo di fondo è permettere di vivere una vera e propria esperienza centrata sul film», dunque prima dell’arrivo nelle sale cinematografiche il consumatore approfondisce su The HotCorn, ordina online il biglietto del cinema e sfoglia la gadgettistica. Chili TV è proprio questo: l’intessitura di un «fil rouge capace di tracciare un’esperienza che nasce prima del film, sopravvive alla proiezione e continua con l’acquisto e lo streaming in una fase successiva; creando così un ecosistema che le altre piattaforme ancora non lo prendono in considerazione». Possiamo definirla un’esperienza freemium? «È senz’altro un’esperienza freemium, in cui l’utente accede a un vasto parco di contenuti – quelli del magazine, i trailer, il dietro

le quinte – gratuitamente, in una customer journey interattiva ed esperienziale che, di volta in volta, permetterà al marketplace di affinare il suo grado di predittività e profilazione, andando a proporgli i contenuti che sono per lui davvero interessanti». Senza dimenticare che il core business è ancora oggi la vendita di film al consumatore finale. Tuttavia il contesto di business è così ampio che anche le major hanno investito in questo progetto: «Chili è un “entertainment centred marketplace” il cui fulcro è il contenuto e attorno a questo viene costruito una storia coinvolgente e personalizzata». E in un contesto in cui le abitudini d’acquisto dell’utente evolvono rapidamente, come si fronteggiano questi cambiamenti? «L’unica soluzione è studiare in profondità il target. È ciò che un po’ manca, giocoforza, ad alcuni player che sono nell’ambiente da tanti anni e che di punto in bianco si sono trovati a dover competere con giganti globali, fortissimi su questo tipo di analisi e capaci di creare dinamiche innovative. Chili ha invece un accesso diretto al consumatore finale, lo riesce a seguire per offire un servizio sartoriale sui contenuti proposti». Differenziazione è la parola chiave, che significa distinguersi da chi si sta contendendo il mercato sullo streaming. Ma in che modo? «Non solo grazie a uno studio attento dell’utente, ma soprattutto attraverso la vendita di esperienze e di prodotti, con un core business che ha il proprio focus esclusivamente sull’entertainment. Forte di una solida strategia a lungo termine che passa da un team preparato e qualitativamente ineccepibile, in cui il gioco di squadra è un asset fondamentale per raggiungere un livello sempre più alto di eccellenza».

L’ingaggio passa dai gadget Come spiega Giorgio Tacchia, l’offerta di oggetti di merchandising è variegata e spazia dai gadget – tazze, portachiavi, t-shirt, pigiamini per i più piccoli - a veri e propri oggetti cult, pensati per un pubblico di collezionisti esperti. Un esempio: Il casco N.E.S.T del film “Transformers” non è una riproduzione, ma un oggetto di scena. Un’offerta quella di Chili che è quindi capace di intercettare l’hype del fan ma anche il gusto del collezionista più esigente. Tutto il percorso dell’utente all’interno del marketplace è studiato per sfruttare l’impulso, la pancia: del resto, Chili è entertainment e anche l’intero processo d’acquisto deve ricadere in questa categoria, finanche alla consegna a casa. Oggi la sezione merchandise di Chili conta circa 20.000 oggetti e genera un valore del 3-4%, dato destinato a crescere. Nei piani dell’azienda c’è l’intento di rendere questa sezione ancora più ricca di oggetti dedicati al mondo del collezionismo e trasformarla in una vera e propria vetrina da mettere a disposizione dei collezionisti.

14 - dicembre 2018


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di Roberto Bonin

IL CLIENTE AL CENTRO: IL FUTURO DEL RETAIL

NEL RETAIL SI È PASSATI DA UN CONCETTO DI TRANSAZIONE A UNO DI RELAZIONE

18 - dicembre 2018

U

n cambiamento di rotta che sa di vera e propria “rinascita” a nuova vita. Quello di MediaWorld non è difatti solo il classico “cambiar pelle”, ma un radicale mutamento che comprende anche il “cambiare anima”. Già da tempo, difatti, il retailer tedesco aveva espresso la volontà di cambiare strategia, votandosi definitivamente all’ominicanalità, trasformando i suoi punti vendita fisici in nuovi presidi dall’anima e dal corpo 2.0, in cui i due mondi offline e online potessero convivere e collaborare a pari merito tra loro. E’ però ora arrivato il momento di passare alla fase successiva e di abbracciare il nuovo step 4.0 in cui, oltre alla multicanalità, la parola d’ordine torna a essere quella di sempre, ossia “il consumatore al centro”. Del passato rimane comunque molto, oltre ovviamente alla sua identità che, seppur con qualche variazione, continua a essere quella del tradizionale rivenditore specializzato, caratterizzato da grandi superfici di vendita in cui ampiezza e profondità di gamma rimangono i maggiori punti di forza. Ma non solo. Proprio dal più importante volano e catalizzatore di questo importante cambiamento, il web, arrivano le principali linee guida per il nuovo corso. Sullo stile delle sedi delle grandi multinazionali americane, il nuovo headquarter di Verano Brianza (MB) mette fin da subito in

Un lungo e complesso piano di riammodernamento, quello di MediaWorld 4.0, che non riguarda ovviamente solo la sede, ma tutta la rete commerciale e che è subito ripreso con l’inaugurazione del nuovo store di Lipomo (Como), un progetto pionieristico, in quanto interamente progettato e realizzato secondo la filosofia costruttiva LEED, e un nuovo di concepire il negozio stesso, molto più adatto alle esigenze dei clienti e dei dipendenti e perfettamente integrato con l’ambiente. Proprio in linea con quanto portato avanti dall’azienda, il punto vendita è pensato in logica touch point omnicanale, totalmente digitalizzato. Nello store oltre all’ampissimo catalogo di prodotti presenti fisicamente si può accedere all’intero catalogo online attraverso l’applicazione “Scaffale Infinito” disponibile sia in modalità self-service grazie ai device touch presenti nel negozio, sia semplicemente chiedendo aiuto al personale di punto vendita, dotato di tablet connessi al magazzino online. Inoltre i clienti possono interagire in autonomia con i QR code distribuiti su tutti gli scaffali di negozio utilizzando la MediaWorld App e accedendo al wifi gratuito.

Con l’inaugurazione della nuova sede di Verano Brianza (MB), procede senza sosta la nuova strategia del retailer in cui il consumatore torna ad essere il fulcro di tutte le iniziative. Un altro importante tassello del “Trasformation Plan” adottato

La rivoluzione 4.0 non si ferma

mostra la sua anima “smart”, proponendo un innovativo concept ibrido tra uffici direzionali e punto vendita, allo scopo di dar vita a un vero e proprio campus-laboratorio in cui poter sperimentare nuovi criteri di allestimento, offerta e relazione con i clienti. Lo scopo è infatti quello di massimizzare la sintonia tra azienda e cliente, in linea proprio con l’ottica sempre più Customer-centrica che caratterizza la nuova strategia di MediaWorld. La struttura, che si sviluppa su tre piani per una superficie totale di circa 8.000 mq, è accessibile esclusivamente attraversando il punto vendita stesso. All’interno dello store, alla presenza fisica di tutte le categorie merceologiche, è affiancata la possibilità di accesso all’ampio catalogo di prodotti a disposizione tramite tecnologia con device touch, guidata dal know-how dei consulenti alla vendita.

“Scordatevi il passato”

Lo spirito e la rivoluzione apportata da questo cambiamento lo si può percepire nelle parole di Guido Monferrini, Amministratore Delegato di MediaWorld Italia (al centro nella foto): “Questa sede è un po’ da intendere come la pietra angolare su cui costruire la nostra strategia di domani. Abbiamo voluto togliere qualsiasi barriera e rompere qualsiasi vecchio schema: non ci sono più uffici, Pc desktop, telefoni fissi o sale riunioni chiuse e non visibili all’esterno. Si lavora tutti insieme con un unico grande scopo, cioè quello di dare delle risposte ai problemi del cliente. La nuova MediaWorld 4.0 è completamente rinnovata e non c’entra più niente con quella del passato”. “Il mondo del retail è completamente cambiato, e si è passati da un concetto di sola transazione a uno di mera relazione. Non esistono più il canale online e quello offline, ma un unico e solo canale: il customer journey del cliente. E quindi bisogna essere in grado di rispondere a 360°“, continua Monferrini. “L’immediata prossimità con il cliente rappresenta una grande opportunità di relazione per intercettare necessità e bisogni in continua evoluzione. L’integrazione tra gli uffici dell’azienda e il punto vendita che proponiamo nella sede di Verano Brianza è un passo fondamentale per poter anticipare e guidare il cambiamento dell’offerta e continuare il nostro percorso di innovazione in un’ottica omnicanale”.


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di Roberto Bonin

WEBSOFT: I PADRONI DEL MONDO DIGITALE

Q

ual è la vera realtà delle WebSoft, ossia le Software & Web Companies con fatturato superiore ai 3 miliardi di euro? A questa domanda risponde, come di consueto, WebSoft e l’indagine sulle multinazionali condotta da R&S-Ricerche e Studi S.p.A. dell’Area Studi Mediobanca, giunta ormai alla XXIII edizione. Più in particolare, i colossi del WebSoft sono 21 delle 397 multinazionali di cui R&S Mediobanca traccia l’identikit e operano nei settori dell’internet retailing, nello sviluppo di software e negli internet services. 13 di queste hanno sede operativa negli Stati Uniti, 5 in Cina, 2 in Giappone, mentre in Europa ha sede una sola società. A livello economico, nel 2017 le WebSoft hanno rappresentato il 4,8% del giro d’affari aggregato delle maggiori multinazionali mondiali, il 4,7% della forza lavoro, l’8,1% dei profitti e addirittura il 19,4% del valore di Borsa, con ricavi più che raddoppiati dal 2013. Sempre nello scorso anno le 21 WebSoft hanno registrato un fatturato complessivo di 626 miliardi di euro, in crescita del 123% sul 2013 e del 12% sul 2016. E non è tutto. Nel primo semestre del 2018 si registra un’ulteriore crescita del +27% anno su anno. Ai primi posti della classifica spiccano i tre colossi americani, Amazon, Alphabet e Microsoft, che insieme controllano la metà del fatturato aggregato del settore. L’azienda fondata da Jeff Bezos è prima grazie a ricavi per 148,3 miliardi di euro, il 23,7% del totale aggregato. Al secondo posto si posiziona Alphabet che, con un fatturato di 92,4 miliardi di euro, determina il 14,8% del mercato. Chiude il podio Microsoft con 75 miliardi di euro e una quota del 12%. A crescere maggiormente sono tuttavia le giovani cinesi Vipshop e JD.com, seguite da Facebook. Anche la redditività industriale complessiva delle WebSoft è ottima, con un ebit margin del 18,4%. Rispetto al 2013,

tuttavia, si rileva un calo, a differenza del lieve incremento registrato dalle multinazionali mondiali. A brillare per redditività industriale sono ancora le società americane, con Facebook che segna un ebit margin del 49,7%, in aumento rispetto al 35,6% registrato nel 2013. A seguire, poi, Oracle e Booking. Le WebSoft poggiano anche su una base patrimoniale solida, con mezzi propri tangibili pari in media a 1,1 volte i debiti finanziari. Sul fronte liquidità a fine 2017, inoltre, le WebSoft detengono ben quasi 425 miliardi di euro, pari al 36,5% del loro attivo. Nintendo, Microsoft e Alphabet hanno una liquidità addirittura superiore alla metà del totale attivo. Con un aumento medio nel periodo 2013-2017 di circa il 25% annuo, a fine 2017 le aziende analizzate valgono in Borsa per 3.623 miliardi di euro. La holding di Google guida la classifica delle WebSoft con maggior valore di borsa, seguita da Microsoft, Amazon e Facebook. Nel 2017 circa due terzi dell’utile delle WebSoft è stato tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con un risparmio di imposte pari a 12,1 miliardi di euro, grazie a un tax rate effettivo del 31%, contro il 41% previsto. Nell’arco del quinquennio 2013-2017 il risparmio cumulato supera i 48 miliardi di euro. Nel 2017, infine, le WebSoft hanno occupato oltre 1,6 milioni di persone in tutto il mondo, in aumento di 848mila unità. Amazon, con 566mila dipendenti, si conferma primo datore di lavoro al mondo nel settore, registrando nel periodo 20132017 un incremento della forza lavoro del +382,5%. Simile l’aumento dell’occupazione di JD.com che si posiziona al secondo posto con quasi 158mila dipendenti, e a seguire Oracle con 137mila unità. Sempre nel 2017 le WebSoft più grandi si confermano ancora una volta le statunitensi: nei primi due posti compaiono sempre Microsoft e Alphabet, mentre Amazon scalza Oracle, al terzo posto nel 2013. Ma sono le società cinesi a ingigantirsi più velocemente: al quinto posto si inserisce infatti Alibaba, al sesto Tencent e al decimo Baidu.

La realtà italiana La presenza in Italia delle WebSoft avviene tramite controllate la cui sede è collocata per la quasi totalità nelle province di Milano e Monza-Brianza. L’aggregato 2017 delle filiali italiane ha un fatturato di oltre 1,8 miliardi di euro e occupa più di 7.700 persone. L’aggregato delle controllate presenta un’elevata stabilità finanziaria con un capitale netto tangibile quasi sette volte più elevato dei debiti finanziari e una bassa liquidità; le branch italiane di Amazon, Microsoft, Booking e SAP trasferiscono parte della loro liquidità alle relative controllanti. Negli ultimi anni la struttura fiscale di queste filiali è stata oggetto di approfondite indagini; l’ultima in ordine di tempo ha portato alla recente chiusura del contenzioso tributario di Facebook che dovrà pagare oltre 100 milioni di euro, facendo seguito agli altrettanti 100 milioni versati da Amazon e agli oltre 306 sborsati da Google.

20 - dicembre 2018


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di Roberto Bonin

TECNOLOGIA E SALUTE: UN FUTURO RADIOSO

L’

innovazione tecnologica e l’aumento delle aspettative di vita hanno cambiato profondamente il rapporto degli italiani con la propria salute e l’approccio alle cure. Se fino a pochi decenni fa il rapporto medico-paziente era molto più diretto, oggi alla presenza dei primi sintomi di una malattia il web è diventato il vero punto di riferimento per tutte le generazioni, dai nativi digitali fino ai Senior. E’ quanto emerge dalla ricerca “Salute 4.0: curarsi nell’era digitale, generazioni a confronto” commissionata da BNP Paribas Cardif, e condotta dall’istituto di ricerca Eumetra MR, per indagare la percezione dei cittadini maggiorenni sul fronte di benessere e salute, ma anche aspetti come l’ipocondria, la spesa per la salute, il web e le fake news, la privacy e la sicurezza, il ruolo dell’innovazione tecnologica e l’importanza del settore assicurativo privato per tutelare le famiglie. Secondo quanto emerso dalla ricerca, la percezione sulla propria salute è ritenuta buona od ottima dall’84% degli italiani, ma solo la metà è convinto di avere una “salute di ferro”. In questo caso essere giovani aiuta, mentre le donne sono leggermente meno entusiaste. Il 39% della popolazione ha avuto negli ultimi 12 mesi problemi di salute, al di la dei normali malesseri stagionali: in questi casi il primo a cui si rivolge è il proprio medico di famiglia. Solo l’8% ha cercato una cura sul web e l’11%, invece, si è affidato al “fai da te”. A livello generale, quindi, una buona quota degli intervistati ha dichiarato di sentirsi in ottima salute, soprattutto la Generazione Z, ma non in perfetta forma, e questo indipendentemente dall’età. Contrariamente a quanto ci si aspetti, infatti, sono i senior a dichiarare un migliore stato di benessere percepito rispetto alle altre generazioni di più giovane età. E’, però, proprio il web ad aver cambiato radicalmente il primo approccio alla malattia, anche se, pur consultando internet, molti reputano questo strumento poco at-

Le persone chiedono di interagire, di essere coinvolte e una customer experience che punti su velocità, flessibilità e facilità d’uso

Largo alle Compagnie assicurative L’insoddisfazione verso i servizi in ambito sanitario ha spinto negli ultimi 12 mesi molti consumatori a rivolgersi alle diverse Compagnie assicurative per tutelarsi per mezzo di una polizza privata sulla salute. Negli ultimi 12 mesi, infatti, ben il 44% dei cittadini italiani ha sottoscritto o rinnovato una polizza. Si tratta quindi di un mercato potenziale molto elevato: se da un lato sono tante le persone non coperte da una polizza assicurativa sulla salute, infatti, dall’altro ci sono due terzi degli intervistati che esprimono un vivo interesse verso soluzioni di polizze innovative che offrano, oltre alla copertura in caso di sinistro, anche servizi come la rete di medici convenzionati, gli sconti o le app per monitorare lo stato di salute.

22 - dicembre 2018

tendibile. Anche se in generale si pensa di saper distinguere una fake news, ben il 29% del campione ha dichiarato di esser “caduto”, almeno una volta, in una cosiddetta “bufala” del web. Otto su dieci sono comunque favorevoli a condividere su appllicazioni mobile i dati della propria cartella sanitaria e il 77% usa la tecnologia per la cura del proprio benessere. Conoscono l’intelligenza artificiale ma preferiscono tuttavia sempre la “mano dell’uomo”. Per quanto riguarda la condivisione dei propri dati sanitari tramite device, inoltre, il 55% sarebbe disposto a farlo purché gli interlocutori siano sempre medici o farmacisti, istituzioni, presidi medici, aziende farmaceutiche o assicurazioni. “Negli ultimi anni abbiamo avviato un percorso di analisi per interpretare i nuovi trend dei consumatori e per capire come le nuove tecnologie influenzino e cambino costantemente le loro abitudini, considerando anche le differenze generazionali”, ha affermato Isabella Fumagalli, Head of Territory for Insurance in Italy di BNP Paribas Cardif. “Le persone sono sempre più ispirate dalle web company, non solo i nativi digitali, e non si accontentano più di un interlocutore assente. Vogliono difatti qualcuno che faccia parte del loro percorso di vita, chiedono di interagire, di essere coinvolte, e in generale di avere una customer experience che punti soprattutto su velocità, flessibilità e facilità d’uso”.

Attenzione alle terapie…

Gli italiani mostrano una certa diffidenza verso l’uso delle medicine, hanno paura di perdere la propria autonomia, fanno poca prevenzione, soprattutto gli uomini, e pensano che per mantenersi in salute sia sufficiente avere una corretta alimentazione e fare costantemente dello sport e dell’attività fisica. Negli ultimi 12 mesi, l’88% ha dovuto sostenere una spesa di “tasca propria“ per curarsi, spendendo in media circa 268 euro, e il 58% ha dovuto rinunciare almeno una volta nella vita alle cure per questioni economiche, soprattutto alle prestazioni più costose come il dentista. Il giudizio sul Sistema Sanitario Nazionale è moderatamente positivo, anche se purtroppo non sempre apprezzato. I più critici sono i cittadini del Sud Italia e delle Isole, mentre l’insoddisfazione è legata principalmente ai tempi di attesa troppo lunghi e al costo molto elevato del ticket. La ricerca ha riguardato, infine, anche il disturbo dell’ipocondria, rivelando che in Italia sono circa 9 milioni le persone che presentano un evidente atteggiamento ossessivo medio-alto, e considerando solo chi mostra i segni di una patologia più importante, ben il 79% del campione analizzato è convinto di non essere in salute e ha speso negli ultimi 12 mesi ben l’80% in più rispetto alla media nazionale per prestazioni sanitarie o per l’acquisto di medicinali.


di Luca Figini

I WEARABLE IN ITALIA TRA FITNESS E MODA

D

icotomia: è il termine che sintetizza l’andamento del mercato dei wearable e della tecnologia legata al fitness in Italia. In altri termini il comparto è diviso in due grandi insiemi se non contrapposti, quantomeno in parallelo tra loro per soddisfare la diversa domanda dei consumatori. Così da una parte ci sono i prodotti premium dei brand ormai consolidati: questi hanno un seguito affermato e il consumatore è disposto a investire per ottenere un modello di sicura qualità e con funzioni specifiche. Dall’altra parte ci sono le attività legate a grandi promozioni, spesso addirittura esercitate attraverso cestoni, che contraddistinguono l’offerta entry level e la gamma medio/ bassa. Hanno una enorme visibilità ma queste attività tolgono valore agli occhi del consumatore. Ecco perché sul punto vendita è bene separare le offerte. Bisogna evitare di penalizzare la dignità dei wearable, che oggi sta vivendo un momento di espansione per la leva sinergica attuata da vari fattori: predisposizione al benessere e all’attività fisica dei consumatori, effetto fashion e prestazioni migliorate sensibilmente rispetto al passato.

Crescite interessanti

Abbiamo chiesto a GfK i dati aggiornati da inizio anno sulle vendite dei prodotti da indossare: vendite a valore e a volume; segmenti di mercato; prezzo medio per segmento. È d’obbligo comprendere la differenza dei vari modelli così come sono suddivise le rilevazioni di GfK. In estrema sintesi: gli smartwatch sono con e senza Sim e si affidano alla connettività espressa in messaggi, chiamate, notifiche e funzioni visualizzate sul display e collegate allo smartphone. I tracker comprendono i vari tipi di band, bracciale e dispositivo preposto al monitoraggio dell’attività di fitness; sono connessi allo smartphone via app ma non offrono funzioni di connettività spinta come gli smartwatch. Aggiungendo il Gps e specificità per lo sport si arriva alla categoria dei “wrist sport computer”, dotati anche di sensori più evoluti (altimetro, barometro e bussola). Ciascuno di questo gruppo vanta fattori di forma specifici, che ne determina anche la predisposizione d’utilizzo. Infine, nell’insieme “Altro” sono riassunti i dati di vendita di contapassi, locator e orologi tradizionali ma con una basica connettività via Bluetooth con lo smartphone. Leggendo le tabelle si arriva a

Prezzo medio per segmento (dati GfK) Gen 18 - Sett 18 Media totale

Prezzo in euro

145

Tracker per fitness e salute

Prezzo in euro

63

Smartwatch (Sim e no Sim)

Prezzo in euro

200

Computer sportivi da polso

Prezzo in euro

144

Segmenti di mercato (dati GfK) Tracker per fitness e salute Smartwatch (Sim e no Sim) Computer sportivi da polso Altro Totale Unità vendute

Unità vendute Unità vendute Unità vendute Unità vendute Unità vendute +/- % su anno precedente

Gen 17 - Sett 17 163.870 186.797 45.064 4.202 399.933 18,9

Gen 18 - Sett 18 175.868 272.889 37.468 9.481 495.705 23,9

Gen 17 - Sett 17 399.933 65.735 18,9 32,0

Gen 18 - Sett 18 495.705 71.710 23,9 9,1

Mercato dei wearable in Italia (dati GfK) Unità vendute Vendite a valore (euro) Unità vendute Vendite a valore (euro)

+/- % su anno precedente +/- % su anno precedente

IL WELLNESS E LA CURA DELLA PERSONA SONO CHIAVI PRIMARIE PER IL MARKETING

una conclusione positiva: il mercato sta crescendo e sono gli smartwatch a originare la spita espansiva. Ci ha aiutato a interpretare i dati Francesca Nodari, Consultant Market Insights di GfK Italia. Osservando le tabelle, da gennaio a settembre 2018 i wearable hanno fatto registrare incrementi di circa il 24% a volume e del 9% a valore rispetto al 2017 (che già veleggiava su rispettivamente +19% e +32% sul 2016).

Spostamenti tra categorie

Nei vari segmenti si scopre come il trend degli smartwatch (modelli Sim e no Sim) abbia la cifra maggiore. Il rapporto tra 2018 e 2017 genera un incremento del 30%; la categoria Altro supera il 100% di crescita grazie all’Iot. Il marginale di crescita, per quanto presente, è inferiore sui tracker e sugli strumenti sportivi da polso. Questo incide sui prezzi medi per segmento.

Come “ragiona” il consumatore La panoramica precisa e puntuale offerta come da tradizione da GfK lascia ampio spazio sui ragionamenti di come proporre i prodotti all’interno dei negozi affinché possano interessare il cliente finale. Va da sè che il prezzo è una determinante solo nel caso in cui il consumatore sia alla ricerca dello scontissimo, quindi è poco interessato alle specifiche funzioni. Ma il compito del negoziante è fare in modo che da un’esigenza di base si possa costruire un percorso di vendita che porti le persone a spendere di più per avere un modello più performante ed equipaggiato. Essendo prodotti da indossare, vanno a impattare su ambiti molto personali quali il gusto, il vestiario e il sentimentalismo. I tracker sono perfetti per i clienti finali che non vogliono rinunciare al loro orologio (per vari motivi: ci sono affezionati, è un ricordo e così via) ma vogliono comunque dotarsi di un prodotto per il monitoraggio dell’attività fisica. Viceversa, chi è pronto a fare il grande passo e a entrare nell’epoca dello smartwatch va guidato su modelli il più possibile completi, chiarendo bene la differnza tra Sim e no Sim. Non sottovalutate l’effetto traino della moda e del brand riconosciuto o riconoscibile: oggi sono leve imprescindibili.

La buona notizia è che mediamente il consumatore è pronto a spendere circa 145 euro per la categoria wearable: quando si effettuano promozioni o cut price, è bene tenere a mente questa informazione. È una media, perché sono gli smartwatch ha tenere alto il valore, con un prezzo medio di 200 euro. Sono seguiti dai dispositivi da polso per lo sport (144 euro) e infine dai tracker a 63 euro. Ci sono dunque ampi margini di manovra per ingaggiare il cliente finale, perché il mercato nel corso del tempo è cambiato. All’inizio del loro percorso commerciale, i wearable dovevano essere spiegati in quanto prodotto nuovo e complesso. Era dunque necessario fare comprendere cosa potessero fare di più e meglio rispetto al prodotto di riferimento, lo smartphone. Nell’ultimo anno la situazione è molto cambiata: il consumatore ha ben compreso le potenzialità solo che i wearable devono farsi spazio nelle propensioni di acquisto legate da una parte nei confronti degli orologi tradizionali, dall’altra dallo smartphone. C’è un alleato in più. Le persone mostrano un forte interesse nei confronti del fitness, del benessere, dell’attenzione alla cura della persona e al miglioramento della vita. È un fattore chiave su cui costruire e rinnovare il racconto e l’esposizione dei wearable. E rispetto al 2017, quest’anno il contributo chiave del fashion è fondamentale. Se dodici mesi fa avrei era il fitness a dominare la propensione di acquisto, il 2018 ha dimostrato come la veste modaiola dei prodotti wearable siano una potente leva per incrementare le vendite su tutti i canali.

dicembre 2018 - 23


di Sara Giannaccini

IL FASHIONTECH CALCA LE PASSERELLE

N

el report annuale Fashion Tech Insights 2018 (stilato dall’Istituto Piepoli per Lanieri) si descrivono i nuovi trend della moda. Emerge che un italiano su cinque segue la via dell’omnicananlità quando si tratta di fashion. A prediligere un approccio tra online e store fisico sono i Millennial: il 31% acquista regolarmente su entrambi i canali. Se ci concentriamo sui Millennial, i prossimi che - in teoria - dovrebbero guidare la classifica del potere d’acquisto, notiamo come l’integrazione delle nuove tecnologie con l’esperienza abituale sia quanto mai gradita e auspicata. Quasi un Millennial su tre incrementerebbe la propria spesa del 50%, online e in negozio, se venissero implementati metodi di pagamento innovativi. Il passo successivo è rappresentato dalla realtà aumentata: il 44% dei consumatori italiani dichiara di apprezzarla, mentre il 65% dei Millennial la connota positivamente; un intervistato su tre sostiene che aumenterebbe i propri acquisti online del 50% se fosse in condizione di utilizzarla. Tra le preferenze degli italiani spuntano anche i voice assistant: il 50% dei Millennial li gradiscono. Questi personal shopper accompagnano il consumatore negli acquisti online e sono apprezzati perché permettono di scovare i prodotti e finalizzare in tempi brevi: rappresentano un servizio diretto e migliore, oltre a garantire una customer experience di qualità e “tailor made”. Aiutano inoltre a prenotare servizi sul punto vendita e, grazie al database che raccoglie le informazioni del cliente, sono in grado di predirne e intercettarne le esigenze. Il riconoscimento facciale è apprezzato ma che fa ancora storcere il naso poiché “colpevole” di andare a intaccare aspetti legati alla privacy. Nonostante questo, la tecnologia è comunque ritenuta molto importante: permette di individuare in modo veloce il cliente e le informazioni correlate,

garantendo un servizio personalizzato. Altra tecnologia che potrebbe dare un vero e proprio boost all’orizzonte FashionTech è quella legata alle criptovalute. Sebbene il 79% degli italiani dichiari di non possederne né di essere interessato, un Millennial su dieci aumenterebbe i propri acquisti sul web se potesse pagare tramite bitcoin. Per snellire subito i pagamenti, bisognerebbe adottare il mobile payment: un italiano su dieci incrementerebbe i suoi acquisti del 75% e uno su cinque aumenterebbe lo shopping del 50%. Qui i Millennial dicono ancora la loro: uno su tre dichiara che farebbe volare i suoi acquisti del 50%.

Al centro di una storia

Il tema della privacy legata agli acquisti sul web non può essere relegato in secondo piano: è quanto emerge dai numeri resi noti durante la seconda edizione del Netcomm Focus Fashion & Lifestyle di luglio 2018. Questi raccontano come gli e-shopper nel mondo siano ormai quasi 2 miliardi e le vendite online hanno superato i 2.300 miliardi di dollari nel 2017. La rotta è tracciata dalla multicanalità ma il negozio fisico non perde di importanza, anzi: le nuove tecnologie permettono di scoprirlo sotto una luce tutta nuova, dove l’acquisto è una parte di un processo più ampio. Torna qui il tema che attraversa tutto il retail: il cliente, in negozio, si aspetta ormai di vivere una vera e propria esperienza. E per la precisione un’esperienza che parli la lingua dell’originalità, dell’immedesimazione e dell’emotività. Il tutto integrato con il digitale e le tecnologie di ultima generazione. Non solo: il consumatore pretende di essere al centro di uno storytelling. Che si tratti di scarpe, giacche o accessori il fulcro è ancora la condivisione di contenuti. Da qui può inoltre iniziare un coinvolgente viaggio verso la nuova relazione che il marchio e soprattutto il personale del negozio hanno la possibilità di instaurare col cliente: più diretta, adeguata alle sue esigenze e trasparente.

Non ci siamo dimenticati le blockchain… Siamo abituati a collegare blockchain a bitcoin, ma la blockcahin è una tecnologia versatile, in grado di dare un’impronta del tutto nuova a diversi settori. Pensiamo per esempio al problema della contraffazione nel campo della moda. La lotta alle imitazioni e la tutela del Made in Italy sono temi profondamente sentiti, soprattutto se si pensa agli ingenti danni economici che la contraffazione ha causato e continua ogni giorno a causare a questo settore. La blockcahin però potrebbe venire in soccorso: una infrastruttura di chip basata su questa risorsa può informare il cliente con certezza sull’originalità o meno del capo. Anzi, sono in grado di tracciarne tutta la storia, partendo dalla sua produzione fino a indicare – ove ce ne fosse bisogno – che è stato sottratto illegalmente al legittimo proprietario. La vera rivoluzione? Tutte queste informazioni saranno consultabili in pochi secondi tramite smartphone, andando a rinforzare quel binomio di fondamentale importanza costituito da tecnologia e fashion.

24 - dicembre 2018


di Luca Figini

COME EVITARE LA PROSSIMA RECESSIONE

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tudiando i cicli espansivi e contattivi dell’economia mondiale degli ultimi due secoli, con particolare attenzione per quelli dei Paesi più industrializzati e con le economie più forti, si scopre un andamento peculiare. I cicli contrapposti si succedono con una velocità crescente: erano più lenti all’inizio della rivoluzione industriale, ora sono più rapidi e si susseguono spesso in modo imprevisto. Negli Stati Uniti, prendiamo questo benchmark, le contrapposizioni di cicli economici si concentrano in una decade. Dunque, nel suo articolo di copertina l’edizione europea del The Economist si è posta una domanda: “anche se allo stato attuale non ci sono avvisaglie di una imminente recessione globale, quanto durerà questo ciclo?”. La questione non è affatto capziosa, perché il prodotto interno lordo medio delle persone a livello mondiale ha un trend in decrescita. Un segnale da non sottovalutare: nelle precedenti grandi recessioni (inizio anni ‘80, inizio anni ‘90, 2001 e 2007) i sintomi antecedenti comprendevano un rallentamento del prodotto interno lordo procapite, un taglio netto delle crescite del commercio e un settore finanziario in atteggiamento difensivo.

alcuni dei grafici proposti dal the economist che fotografano i flussi di mercato attuali. si notino, per esempio, l’andamento delle crisi bancarie e gli spostamenti del prodotto interno lordo

Banche e politica

Secondo la divisione nell’Università di Harvard che si occupa degli studi sulla stabilità finanziaria, una media di quattro Paesi al mondo hanno attraversato condizioni di crisi bancaria ogni anno tra il 1800 e il 2016. Il progressivo processo di regolamentazione delle operazioni bancarie e la rigidità imposta al funzionamento di questi istituti non ha compensato efficacemente la rischiosità degli investimenti, che negli ultimi anni di forte regulation si sono soprattutto rivolti oltre i confini dei Paesi di riferimento, spesso in contesti di non comprovata stabilità o trasparenza. A ciò si aggiunga che la politica attraversa una profonda fase di crisi d’identità e questo sottrae convinzione alle manovre che possono influire sull’espansione. Le riforme hanno un chiaro colore conservativo e anche laddove ci sia volontà di sperimentare, si rimane imbrigliati in regolamentazion troppo rigide derivate dai recenti periodi bui. La paura di un eccesso di deficit sta influendo sulle grandi manovre: si preferisce ridurre questo dato con interventi mirati più che sollecitare e stimolare altre leve più rischiose. Il combinato

disposto di banche e politica produce una strategia monetaria volta alla stabilizzazione e al raggiungimento di obiettivi che, in ultima analisi, riducano le spinte inflazionistiche. Un eccesso di manovre in questo senso può rallentare la fase attuale di potenziale crescita, che si dovrebbe basare su una diffusa iniezione di finanziamenti e supporti fattivi all’espansione di aziende, Paesi emergenti e programmi di governo.

Terreno fertile

Finanziamenti fa rima con tassi di interesse, che sono applicati in misura diversa a seconda del rischio endemico, percepito o prevedibile del Paese a cui è indirizzata l’erogazione dei fondi. Un eccesso di questi interessi potrebbe penalizzare eccessivamente i mercati emergenti, quelli da cui passa la crescita a livello globale, e quindi ingenerare una spirale economica difficile, di

fatto dando luogo a un effetto di contagio. Per fortuna la velocità di crescita delle economie emergenti è ancora tale da compensare i fattori di rischio. E qui secondo l’Economist si cela un potenziale disordine. Se da una parte i Paesi industrializzati sono in teoria dotati di difese per gestire questi stress, ciò non è sempre vero per altre nazioni. Agire sugli interessi a breve termine può dare benefici immediati ma anche essere uno sfogo per le criticità; per questo il quantitative easing è largamente impiegato e risulta di importanza quasi vitale. Si prenda la crisi del 2007: non è detto che gli strumenti usati in quell’occasione siano ancora applicabili con successo. La soluzione consisterebbe nello stimolo fiscale, per ridurre la pressione sui cittadini, ma obbliga i Governi ad agire profondamente sui budget, con conseguente incremento del debito rispetto al prodotto interno lordo.

Alla resa dei conti, ovunque si maneggi la materia ci sono potenziali fragilità tali che l’Economist individua nella politica la principale piattaforma di difesa verso la prossima recessione. Sottolineando che non si possono ripetere né gli errori del passato, né le strategie usate per uscire dal guado perché non più applicabili in quanto la situazione mondiale è mutata. Qualche esempio: negli Stati Uniti è in atto una politica protezionista; la Gran Bretagna sta per uscire dall’Unione Europea; l’Europa è in un momento di discontinuità con forti pressioni nazionalistiche e populiste. Molti Paesi emergenti stanno rallentando. I rapporti tra Stati Uniti, Cina e Russia assumono i toni freddi di un dialogo apertamente ostile. Nel 2007 sono stati i mercati finanziari ad accendere la crisi massiva che ha colpito gran parte dei Paesi. Ma in quell’occasione i Governi e la politica hanno saputo intervenire in modo deciso a livello monetario, fiscale e diplomatico per scongiurare qualsiasi pericolo di epidemia globale. Oggi per assurdo la situazione è inversa. Sviluppati gli anticorpi, il reparto finanziario è abbastanza solido ma sono la politica e la politica economica a essere in una condizione di fragilità. Nulla è inevitabile, però per scongiurare la prossima recessione è indispensabile stabilizzare per prima cosa la situazione geopolitica: i leader governativi di ogni latitudine dovrebbero comprendere meglio il ruolo che hanno, oggi più critico e determinante persino rispetto al 2007.

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di Roberto Bonin

CAMBI DI POLTRONE: NOVITÀ NELLE AZIENDE Due nuovi ingressi in Bompani Due nomine che mirano a rafforzare la qualità degli elettrodomestici Bompani e che si inseriscono nella strategia di rilancio dell’azienda. Bompani ora ha un nuovo Direttore Industriale, Marco Toniolo, e un nuovo Responsabile Sviluppo Prodot-filippo matarazzi to, Filippo Matarazzi, ruoli che negli ultimi anni erano stati ricoperti ad interim dall’amministratore delegato Enrico Vento, l’imprenditore che nel 2013 ha acquisito l’azienda. Marco Toniolo, 52 anni, laureato in ingegneria industriale, arriva dal settore biomedicale; in particolare ha ricoperto il ruolo di Direttore generale Industriale in General Medical Merate S.p.A. Da anni si occupa con passione e determinazione di processi produttivi gestionali e ha svolto anche attività di consulenza per una delle più importanti firme italiane del World Class Manufacturing. Filippo Matarazzi, 44 anni, si è sempre occupamarco toniolo to di industrial design, ricerca, sviluppo e certificazione dei prodotti, oltre che di project management. Prima di approdare in Bompani lavorava in Whirlpool come Design Global Lead Cooking. Bompani nasce all’alba del miracolo economico – nel 1954 – quando gli elettrodomestici entravano per la prima volta nelle case italiane trasformando per sempre il modo di vivere delle famiglie. Oggi Bompani rappresenta uno dei pochi marchi ancora vitali, fra quelli che hanno fatto la storia italiana degli apparecchi per la cucina. Infatti dopo la grande crescita vissuta tra gli anni ’60 e ’80, questo marchio, divenuto ormai storico, ha saputo resistere alla recente crisi che ha colpito l’economia e in particolare il settore e oggi vive il suo rinascimento. L’azienda ha inaugurato la nuova sede di Modena un paio di anni fa, dal 2015 ha effettuato circa 70 assunzioni, favorendo così il ricambio generazionale, nel 2016 è tornata allequilibrio economico con un fatturato di 30 milioni di euro che ha confermato anche nel 2017.

Enrico Pappolla nuovo Deputy General Manager di Oppo A prendere in mano le redini della divisione italiana di Oppo è arrivato Enrico enrico pappolla Pappolla. Segnatamente ricopre la carica di Deputy General Manager e potrà profondere la sua lunga esperienza nello sviluppo di un brand giovane in Italia ma già forte in Europa e nel mondo. Pappolla ha di recente coperto la carica di Mobile Director per Tech Data, il più importante distributore del nostro Paese di brand quali Huawei e gli smartphone di Apple. La carriera di Pappolla inizia nei primi anni 2000 e si è intrecciata molte volte con l’attività di chi vi scrive in virtù delle esperienze del manager in Dangaard Telecom e Brightpoint con responsabilità crescenti fino all’approdo nel 2013 in Tech Data. In bocca al Enrico!

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Michael Trapp nuovo AD di Maxi Zoo Italia Maxi Zoo ha annunciato la nomina di Michael Trapp ad Amministratore Delegato dell’azienda. michael trapp Michael Trapp arriva a ricoprire questo ruolo forte dell’esperienza maturata negli ultimi cinque anni all’interno del Gruppo Fressnapf dove ha ricoperto la carica di Head of Sales Europe prima, e Senior Vice President Sales and Expansion successivamente. In precedenza Michael Trapp ha lavorato per più di vent’anni come dirigente a livello internazionale di Praktiker, azienda tedesca di grande distribuzione specializzata nei settori del bricolage e del giardinaggio, con sede a Kirkel, nella regione tedesca Saarland.

Cambio al vertice di Whirlpool Italia Cambio al vertice di Whirlpool Italia con la nomina di Paolo Lioy nel ruolo di General Manager Italy. Paolo Lioy, attualmente General Mapaolo lioy nager West Cluster, succederà a Vittorio Galimberti che ha deciso di intraprendere nuove sfide professionali. Paolo è entrato in Whirlpool nel 2004, dopo esperienze in Bolton Manitoba e in Nestlè, ricoprendo ruoli di crescente responsabilità sia nelle vendite che nel marketing del mercato italiano e ha sviluppato un’ampia esperienza internazionale anche nei mercati russi. “Ho il piacere di congratularmi con Paolo per questa nuova opportunità professionale. Sono sicuro che la sua luca lampredi consolidata esperienza, la sua passione e il suo impegno saranno fattori chiave per raggiungere i successi che ci attendiamo”, ha sottolineato Alessandro Perucchetti, Vice President Market Operations EMEA. Sempre in Whirlpool c’è anche da registrare la nomina di Luca Lampredi nel ruolo di Sales Director Built In per il mercato italiano. Lampredi è entrato nel team di Whirlpool nel 2000 occupandosi prima di prodotto per il mercato italiano per poi ricoprire posizioni di responsabilità sia in ruoli commerciali sia in ambito marketing, arricchendo la sua esperienza come Market Director per l’area Medio Oriente e Nord Africa. Luca ha conseguito un Master in Marketing presso la SDA Bocconi.


Michele Sarli nuovo DG di Inglesina Michele Sarli è il nuovo Direttore Generale di L’Inglesina Baby Spa. Prima di assumere il ruolo di General Manager di Inglesina, Michele Sarli ha lavorato per circa 20 anni in Electrolux, multinazionale svedese leader michele sarli mondiale nel settore degli elettrodomestici, dove ha ricoperto diversi ruoli in ambito Sales e Marketing, sia a livello nazionale che internazionale, fino ad assumere la posizione di Senior Vice President Marketing EMEA presso l’headquarter di Stoccolma, guidando il marketing Electrolux per i prodotti consumer. Nel corso della sua esperienza ha sviluppato competenze specifiche di brand marketing e comunicazione, digital transformation, product management e sales strategy. Sposato con due figli, ha una laurea in Economia e Commercio ed un Master in Business Administration.

Luca Motta nuovo Value Channel Manager di Epson Italia Epson Italia ha annunciato che Luca Motta è il nuovo Value Channel Sales Manager. L’arrivo di Motta, che vanta un’esperienza consolidata nel mondo dell’Information Technology, sottolinea la volontà dell’azienda di promuovere e sviluppare ulteriormente il rapporto con i partner, che da sempre ne rappresentano il capillare canale commerciale nel mercato italiano. Luca Motta, 53 anni, master MBA alla SDA Bocconi, ha lavorato per più di venticinque anni in HP Italy, dove ha ricoperto diversi ruoli manageriali e direttivi in vendite, marketing e business unit fino a essere Country General Manager del Print Business Group. luca motta

Natasha Perfetti alla guida del Marketing di Lenovo Lenovo ha nominato Natasha Perfetti Country Marketing Manager per l’Italia. In questo nuovo ruolo, Perfetti ha la responsabilità di promuovere il brand e i prodotti di Lenovo in Italia, con il controllo delle attività di corporate e trade natasha perfetti marketing, e particolare attenzione alle linee Personal Computer e Smart Devices, sia sul mercato consumer sia in ambito professionale. In precedenza Natasha Perfetti ha ricoperto la carica di Marketing Manager della divisione Lifestyle & Services di Toshiba per l’Italia, con responsabilità diretta sulla definizione, pianificazione e implementazione dei piani marketing dell’azienda con l’obiettivo di incrementare la brand awareness e supportarne le attività commerciali curando sia il marketing di canale sia la comunicazione con i partner strategici. Approdata in Toshiba nel 2001, Natasha ha ricoperto diversi incarichi di responsabilità in azienda, sempre nell’ambito del marketing e della comunicazione.

Elvira Carzaniga nuovo Direttore Surface di Microsoft

elvira cazzaniga

Elvira Carzaniga è stata nominata Direttore Surface di Microsoft all’interno della Divisione Marketing & Operations guidata da Barbara Cominelli. Il nuovo incarico arriva dopo aver rivestito presso la stessa azienda il ruolo di Office Category Director Central Eastern Europe Channel and Device Marketing Director Central Eastern Europe per tutte le categorie Windows, Surface, Xbox e Office. Nel suo nuovo incarico, Elvira guiderà la strategia della Divisione Surface, proponendo alle aziende italiane il valore dei prodotti Surface, sviluppati per guidare l’innovazione tecnologica dell’industria e abilitare la miglior esperienza possibile di Modern Workplace aumentando produttività, creatività, sicurezza e semplificazione come necessario nei moderni ambienti lavorativi, sempre più fluidi e collaborativi nei tempi e nei luoghi. Prima di entrare in Microsoft, Elvira Carzaniga ha ricoperto diversi ruoli in Nokia in ambito sales e marketing, sia a livello nazionale sia internazionale, ottenendo, in seguito, la carica di Direttore Marketing Italia. In precedenza, ha maturato una significativa esperienza professionale come consulente e Project Manager nel settore industriale e delle telecomunicazioni. Elvira Carzaniga ha conseguito una laurea in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Milano.

Nuove nomine in Autogrill Andrea Cipolloni dal 12 novembre 2018 è CEO Europe del Gruppo Autogrill. Dopo esperienze nel settore retail, tra le quali in Unieuro, Cipolloni ha da ultimo ricoperto il ruolo di ceo di Pittarosso dal 2011 al 2018, periodo che ha visto la società crescere a livello nazionale e internazionale, Cipolloni ha lavorato per oltre dieci anni in Autogrill, con ruoli di crescente responsabilità. Andrea Cipolloni sostituisce Silvano Delnegro, che ha lasciato l’azienda per seguire nuove opportunità professionali. Dal 12 novembre, invece, Camillo Rossotto è direttore generale corporate di Autogrill. Lavora a diretto riporto dell’ad Gianmario Tondato Da Ruos. Alla nuova figura ricoperta da Rossotto, fanno capo l’amminiandrea cipolloni strazione, la finanza, il controllo e i business services di Gruppo. Rossotto vanta una lunga esperienza sia nel food & beverage. Classe 1962, torinese, laurea in Scienze Politiche all’Univer all’Università di Torino e MBA alla New York University, Stern School of Business. Ha lavorato in Barilla, nel gruppo FCA, in Lavazza.

camillo rossotto

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di Sara Giannaccini

ANALISI E NUMERI DEL BLACK FRIDAY

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arà anche una tradizione che affonda le sue radici oltreoceano, ma non c’è alcun dubbio che ormai il Black Friday abbia preso piede anche in Europa entrando di diritto nella pianificazione e nelle strategie del retail, tanto per i negozi fisici quanto per gli e-commerce. Sull’origine dell’attributo “nero” di questo venerdì ormai storico esistono un paio di teorie. Alcuni sostengono che all’epoca i negozianti compilassero i registri contabili usando inchiostro rosso per i conti in perdita e nero per i conti in attivo. E i conti del venerdì che seguiva il Ringraziamento, grazie alle promozioni, erano sempre in nero. Altri sostengono che l’origine del nome sia legata al traffico che affollava le strade e alla congestione dei negozi, causati da migliaia di americani attratti dagli sconti - anche dell’80% e validi solo per quella giornata. Qualunque sia la teoria più accurata, il Black Friday sta ormai spopolando anche oltre i confini degli Stati Uniti, con sconti e promozioni che iniziano il lunedì che precede il “Venerdì nero” e si protraggono fino al lunedì seguente, il cosiddetto Cyber Monday, più inerente agli sconti tecnologici. In merito alle promozioni del 2018: il trend è quanto mai in crescita. Lo ha fotografa-

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«Black Friday e Cyber Monday si confermano due ottime iniziative dal punto di vista commerciale. È interessante notare che il Cyber Monday segna una crescita lenta ma costante, mentre il Black Friday raggiunge picchi più alti ma con qualche flessione»

to molto bene una ricerca di Salesforce, che ha analizzato le abitudini di centinaia di milioni di consumatori in oltre 30 nazioni. Già a inizio settimana, l’attenzione dei consumatori sulle promozioni - in corso e imminenti - è stata richiamata grazie al massiccio impiego di notifiche via Sms ed email, raggiungendo rispetto al 2017 picchi del 159% per i messaggi sul cellulare e del 26% per le email durante la vigilia del Black Friday e rispettivamente del 69% e del 23% durante il Cyber Monday. Intercettati tramite smartphone, gli utenti hanno scelto questo mezzo per cercare i prodotti e finalizzare l’acquisto: gli ordini da telefono sono stati il 54% del totale durante la vigilia del Black Friday, il 49% nel corso del Black Friday e il 45% durante il Cyber Monday.

Il ruolo dei social network

A fare da cassa di risonanza alla settimana degli sconti c’hanno pensato gli onnipresenti social. Facebook e Instagram hanno infatti veicolato il 94% del traffico social ai siti retail, superando il 92% raggiunto nel 2017.Del resto il flusso e-commerce e sui siti web ha subito un buon aumento, come testimonia l’analisi di Webtrekk, una delle principali piattaforme di Customer Analytics in Europa. Durante il Black Friday, gli ordini sono aumentati dell’8,04% rispetto all’anno pre-

cedente, con un incremento del 156,15% se comparato a un tipico venerdì. Mentre le visite ai “punti vendita web” sono salite del 3%. Dunque, il Black Friday continua a farla da padrone ma il Cyber Monday sta senz’altro recuperando terreno. Lo conferma Kaleyra, che ha presentato i dati raccolti dal monitoraggio dei volumi generati dai servizi di messaggistica in occasione di transazioni online, mobile o via Pos da parte dell’utenza. Secondo l’Osservatorio, il Cyber Monday ha fatto registrare un boom di transazioni bancarie registrate da 3,5 milioni di Sms che lunedì 26 novembre hanno viaggiato sulle reti mobili italiane. Un dato in linea con quanto avvenuto lo scorso anno, ma in recupero nei confronti del Black Friday, giornata in cui le transazioni comunicate via Sms hanno segnato un lieve calo rispetto all’anno precedente con 3,9 milioni di notifiche, rispetto ai 4,4 milioni del 2017. Questo perché le promozioni del Black Friday, a dispetto del nome, si articolano lungo tutta la settimana e trovano sempre maggior spazio nei negozi fisici. Le offerte del Cyber Monday invece restano legate all’e-commerce e concentrate solo nella giornata di lunedì. Lo ha spiegato Alex Milani, Managing Director di Kaleyra: «Black Friday e Cyber Monday si confermano due ottime iniziative dal punto di vista commerciale. È interes-


sante vedere che il Cyber Monday segna una crescita lenta ma costante, mentre il Black Friday raggiunge picchi più alti ma con qualche flessione. I dati ci mostrano che prosegue un fenomeno osservato anche gli scorsi anni, dove si attenua il picco del venerdì specialmente per via di iniziative legate all’intera settimana del Black Friday messe in campo dalle piattaforme di e-commerce». Se consideriamo tutta la settimana delle offerte 2018, che si è svolta dal 19 al 26 novembre, le vendite hanno visto un sostanzioso aumento, passando dai 26,3 milioni del 2017 ai 36,7 milioni del 2018.

alla precedente edizione (+21% le vendite Retail rispetto al 24 novembre 2017) ed equivalenti a 6 giornate “normali”. La piattaforma unieuro.it ha segnato il record assoluto in termini di ordini giornalieri, cresciuti dell’80% anche grazie alla crescente diffusione della App mobile. Cartina al tornasole dell’andamento delle vendite online è ovviamente il quadro dipinto dai dati di Amazon. I clienti del colosso di Jeff Bezos nel mondo hanno ordinato più di 18 milioni di giocattoli e più di 13 milioni di prodotti nell’ambito della moda. Come ha detto Jeff Wilke, Ceo di Worldwide Consumer: «I clienti amano dare il via allo shopping natalizio acquistando prodotti in offerta». E questo suona particolarmente vero se si pensa che, nella sola giornata del Black Friday, gli utenti hanno ordinato più di 4 milioni di giocattoli e prodotti di elettronica dall’app mobile di Amazon. I prodotti tecnologici volano sempre più alto, come conferma ancora GfK: incremento complessivo delle vendite del 42% a valore per 18 delle categorie più importanti del mercato Technical Consumer Goods (tra cui Tv, Pc, smartphone, tablet, frigoriferi, lavatrici, aspirapolveri e fotocamere), rispetto allo stesso periodo del 2017, generando un controvalore pari a oltre 375 milioni di euro.

I prodotti più acquistati

il riassunto dei black friday secondo i dati di gfk (in alto) che dimostrano come la tecnologia sia un protagonista assoluto, con la novità rappresentata dal gaming. in basso, la sintesi dei numeri ottenuti da zalando

Crescita sana?

Come riporta GfK, nella settimana del Black Friday sono state vendute 93mila console. Il gaming registra un’impennata del 7% rispetto al 2017, per un valore complessivo di 26,3 milioni di euro. Vendite quadruplicate rispetto alla settimana precedente, sostenute da uno sconto medio dell’8,4%. Il sell-out è positivo sia nei punti vendita tradizionali, con una crescita a volume del 331% rispetto alla settimana precedente, sia sull’online (+404% a volume rispetto alla settimana precedente). Un gradino sotto a podio dei prodotti più acquistati troviamo il Google Home Mini che entra in classifica proprio quest’anno - e le Adidas Superstar 80s Leather. E Google Home Mini testimonia il trend positivo degli assistenti vocali, con Unieuro che rende noto di averne venduti oltre 30mila, a riprova di quanto siano un gadget tecnologico sempre più richiesto dal mercato. Va sottolineato che Unieuro ha segnato il 2018 con ben 15 giorni di promozioni legate al Black Friday, registrando ricavi in crescita del 50% rispetto al corrispondente periodo 2017, raggiungendo livelli record su tutti i canali di vendita, sia fisici sia digitali. Nei punti vendita diretti lo shopping è stato intenso, con un’affluenza da oltre 4 milioni di ingressi cumulati e ricavi in crescita del 45% anno su anno. Passando all’online, la piattaforma unieuro. it ha registrato nuovi picchi in termini di ordini, incrementati del 75% rispetto al medesimo periodo del 2017. Se si concentra l’attenzione unicamente sulla giornata del Black Friday, i ricavi giornalieri di Unieuro hanno toccato le vette più alte di sempre, in ulteriore crescita rispetto

Il post Black Friday

Il trend a unità non registra significative oscillazioni tra online e offline, dimostrando come oggi il consumatore 4.0 ragioni sempre di più in ottica omnichannel, ma guardando i dati a valore è possibile osservare che il canale ecommerce cresca in maniera più convinta, registrando un +53% rispetto al 2017, contro un aumento del 40% a valore registrato nei punti vendita tradizionali. L’incremento a valore è ascrivibile sia al diverso mix di prodotti offerti online e offline, sia al trend positivo dei modelli di fascia alta e premium. Terminate le offerte del Black Friday non si arresta la caccia al miglior prezzo online. Secondo i dati di idealo, portale di comparazione dei prezzi, tra il 1° agosto e il 4 novembre 2018, il 33,2% dei prodotti con il prezzo più conveniente sono afferenti alla compagini di Amazon e di Amazon Marketplace. Poi, nel 17,3% dei casi, si trovano le offerte di eBay. Tutti gli altri shop italiani raggiungono complessivamente una quota pari al 49,5%. In particolare, i prezzi più competitivi si registrano su bpm-power.it, eprice.it, euronics. it, mediastore.it, mediaworld.it, monclick. it, onlinestore.it, prezzoforte.it, unieuro.it e yeppon.it. L’elettronica di consumo si dimostra un esempio della convenienza dei portali italiani: nel 61,6% dei casi è stato un e-shop italiano a proporre l’offerta più bassa. E questo ha una risonanza sicuramente più alta se si tiene presente che per eBay la quota si è fermata al 19% mentre Amazon e il relativo Marketplace hanno raggiunto insieme il 19,4%.

LO SHOPPING NATALIZIO INIZIA DALL’ACQUISTO DI PRODOTTI IN OFFERTA

Pagomeno, il comparatore di prezzi online, oltre a confermare il trend in crescita, registrando rispetto al 2017 un aumento del 42% delle visite sulla piattaforma e del 62% della propensione all’acquisto, ha stilato la classifica dei prodotti che l’hanno fatta da padrone. Parlando di preferenze, le cinque categorie più ricercate dagli italiani quest’anno sono state: smartphone, Tv, scarpe casual, console e auricolari. Smartphone e Tv sono ben saldi sul podio, a conferma della passione degli italiani per le più recenti novità in ambito tech. Interessante analizzare la scontistica media applicata: 13% per gli smartphone, 12% per le Tv e 17% per le scarpe casual. Seguono poi le console con il 10% di sconto medio e gli auricolari con il 17%. La medaglia d’oro dei prodotti più acquistati va alla Nintendo Switch, seguita dagli Apple AirPods e dalla PlayStation 4 Pro con capacità da 1 TB.

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C O AC H I N G

di Alessandro Frè e Federico Ott

ESISTE ANCORA IL TEAM BUILDING?

“R

itrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo” - Henry Ford. In virtù di questa verità così bene espressa da Ford, negli ultimi vent’anni il concetto di team building è entrato con decisione nelle aziende e nelle organizzazioni strutturate ed è riconosciuto come un efficace strumento per formare, potenziare e amalgamare i gruppi di lavoro, con l’obiettivo di accrescere la coesione tra colleghi e, naturalmente, la produttività. Prendendo in prestito un adagio popolare derivato dalle esternazioni della maschera Furio (impersonata da Carlo Verdone in “Bianco, rosso e Verdone”) nella scena in cui sta sistemando i bagagli in auto prima di partire con la famiglia: ogni azienda è come un grande mosaico i cui tasselli devono trovare il loro perfetto incastro, altrimenti i risultati non arrivano, c’è demotivazione, le dinamiche interne si complicano e s’incagliano. Ecco perché è centrale che ogni azienda sappia comprendere l’importanza di valorizzare le persone, attraverso l’ascolto delle necessità, e attivandosi in modo mirato per fronteggiare specifiche problematiche.

Occhio alle differenze

Come spesso accade quando un termine o un concetto diventa di moda, in alcuni casi il suo significato è modificato nell’uso quotidiano sino a rischiare di fargli perdere la vera essenza. Team Building non fa eccezione e in molti casi le aziende che chiedono di poter avviare un percorso di questo tipo hanno in mente un obiettivo distinto, ovvero il Team Working. Sono due situazioni ben diverse, a partire dalla loro corretta definizione sino alle logiche. L’obiettivo del team building è sviluppare e successivamente potenziare dinamiche, atteggiamenti e comportamenti che, attraverso alchimie relazionali, rendono più efficace il team. Tutto ciò avviene offrendo ai collaboratori la possibilità di superare la semplice conoscenza superficiale, data dalla condivisione del luogo lavorativo, e, attraverso metafore, di aumentare la collaborazione, la fiducia nell’altro, migliorando le dinamiche della comunicazione e stimolando la creatività, imparando anche a riconoscere le competenze dell’altro, e i suoi momenti di tensione. Dal canto suo, il team work presuppone che gli individui siano già parte di un gruppo precostituito, che però ha (solo!) bisogno di migliorare la sinergia in vista di un obiettivo comune.

sto del (mancato) lavoro e le spese di trasferimento, mai trascurabili, dei fortunati partecipanti? Una attività di questo tipo non sempre aiuta a creare un gruppo, a farlo funzionare e a trasmettere dinamiche virtuose.

a obiettivi precisi e mette al centro le persone e le competenze. Solo partendo da un’analisi puntuale dello scenario aziendale si potranno individuare i Kpi e scegliere, in accordo, la formula più adatta.

Una scelta di testa, più che di pancia

Parola d’ordine: innovazione

Non di rado la scelta del team building tende a seguire logiche emotive piuttosto che razionali e ci si trova a fronteggiare ipotesi basate sui gusti personali del Ceo, con il rischio di trasformare la giornata in un’attività piacevole che stimola la partecipazione e mette le persone di buon umore. In altri casi l’azienda definisce un tema predefinito e chiede che il team building si intoni, senza diritto di replica. Così solo la sorte potrà far sì che l’attività del momento sia la più adatta a perseguire l’obiettivo dichiarato. Infine, è possibile sentirsi suggerire la scelta di un’attività legata, per esempio, al teatro solo perché l’anno precedente ne è stata fatta una sportiva. Non è un errore legato a logiche aziendali. Se chiedessimo a una platea ideale quale team building sceglierebbe tra una giornata in barca a vela, un’attività incentrata sul food e una che coinvolga lupi e altri animali, giocoforza l’amante del mare sceglierebbe la vela, l’appassionato di cucina sarebbe orientato all’attività food e quello di animali deciderebbe di trascorrere un pomeriggio in compagnia di qualche lupo. Ma questa non è una logica che può – né deve! appartenere al team building, poiché persegue unicamente l’obiettivo di rendere il proprio tempo il più piacevole possibile. Il team building risponde invece

Un’ulteriore esigenza espressa da alcune aziende che utilizzano più o meno propriamente lo strumento del team building è rispondere a una sorta di assuefazione da strumento. Questo rende necessaria la creazione di nuove sfide, volte a fornire uno stimolo quasi elettrico, che ponga di fronte a dinamiche inesplorate da affrontare con un ritrovato vigore. Alla categoria meno adrenalinica delle attività teatrali si affiancano prove legate al mondo radiofonico o alla costruzione di una vera e propria orchestra, mentre nell’orienteering (e simili) esiste la possibilità di utilizzare cani e rapaci per mettere alla prova alcuni aspetti di funzionamento dei team. Nello sport, dove quasi tutto è stato provato, dal rugby al volley, dal basket al calcio, una attività nuova è la pallanuoto, destinata a pochi coraggiosi e che permette di sviluppare più aspetti della costruzione di una squadra. Sono molti gli elementi in gioco anche per il solo fatto di iniziare mettendosi, fuor di metafora, a nudo. Che sia l’adrenalina o la sfida, un ambiente confortevole o una situazione estrema, importante è l’obiettivo. Solo in seguito si potrà scegliere la strada migliore per arrivarci, senza rischiare di rovinare la migliore delle trame poliziesche iniziando a leggere il libro dall’ultima pagina.

Risorsa Uomo nasce a Milano nel 1985 dall’idea imprenditoriale di un gruppo di consulenti specializzati nelle aree della formazione commerciale e manageriale. Oggi Risorsa Uomo conta circa 50 consulenti e offre al cliente progetti personalizzati nell’ambito della consulenza, della formazione e della comunicazione integrata. “Vicini alle vostre esigenze per il miglioramento delle performance e della competitività”

Team building: una doppia natura

Definito quantomeno che cosa non è il team building, possiamo ulteriormente distinguerne due tipologie legate al tipo di obiettivo proposto: motivazionale e legato alla trasmissione di un messaggio. Se a predominare è la natura motivazionale, il team building può anche essere creato e gestito da competenti agenzie di comunicazione, più che qualificate per l’organizzazione di eventi impeccabili, coinvolgenti e anche trendy. Ma forse vale la pena di andare oltre la patina di un evento intrigante per riflettere su quale sia o possa essere il valore aggiunto di un’attività di questo tipo. Davvero un evento siffatto permette di ripagare il co-

30 - dicembre 2018

federico ott

alessandro frè

Managing Partner di Risorsa Uomo. Dal 2012 al 2017 è stato Global HR Director del Gruppo Landi Renzo. Percorso professionale iniziato in Iveco come responsabile sindacale dei plant torinesi. Negli anni successivi, dopo una esperienza di due anni in area sviluppo Iveco worldwide, ricopre il ruolo di HR manager in stabilimenti strategici in Italia ed all’estero. Nel 2010 entra in Comau come HR Business Partner e Global HR Industrial Operations. Nel 2012, oltre a una commedia, ha pubblicato “È tutto oro che cola”, il suo primo libro legato ad un progetto benefico.

Consulente e formatore esperto nelle riorganizzazioni commerciali, negoziazione, strategie di marketing, coaching e processi decisionali. Dagli anni ‘90 agli anni 2000 ha occupato la posizione di formatore e Management Consultant. Da 15 anni Ceo & Partner di Risorsa Uomo Srl. Ha progettato e condotto più di 600 interventi di formazione e consulenza con metodologie innovative e lavorando con più di 80 primarie aziende italiane. Ha seguito e segue numerosi progetti in area commerciale, trade, manageriale e formazione formatori.


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