B2eyes Magazine n.10/2013

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Mensile dedicato al mondo degli occhiali, della vista, della visione e della percezione visiva Novembre 2013 numero 10 www.b2eyes.com In copertina Essilor

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Essilor®, Crizal® Prevencia™, Light Scan™ ed E-SPF™ sono marchi registrati di Essilor International. Concept: HEREZIE. MC PP CRPR REV.0 11-2013

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Editore Fge Srl Fabiano Gruppo Editoriale Reg. San Giovanni, 40 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 1768908 - Fax 0141 1768900 info@fgeditore.it Pubblicità Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Cell. 335 5654574 Direttore responsabile Angelo Magri a.magri@b2vision.com Redazione Francesca Tirozzi f.tirozzi@b2vision.com Grafica e impaginazione Meloria Stampa Giuseppe Lang - Arti Grafiche S.r.l. Via Romairone, 66/N 16163 Genova (GE)

Registrazione presso il Tribunale di Milano N. 293/2009 in data 17 giugno 2009 Registrazione R. O. C.: 18653 € 1,80 - Copia omaggio

B2TRADE Editoriale “Dagli all’untore”: quelli che non ci stanno 3 Attualità Tris d’assi per Italia Independent 4 VisionOttica, un successo “certificato” 6 Soi: Piovella sarà presidente fino al 2017 8 Il portatore ideale di lenti a contatto? Donna, giovane e scolarizzata 10 Linee Guida e Conferenza di Consenso: due facce della stessa medaglia? 14 Maschere Zeiss: performance visive in un design raffinato 20 Ritmi circadiani: l'importanza della luce 22 Amarcord Milano 2001, un sogno che si avvera: il corso di Ottica e Optometria in università 26 B2STYLE Moda Print effect 34 Light freedom 36 B2EXPERT Consulente Acconto Iva, ecco come pagarlo 38 Meditazioni L'orecchio assoluto, ovvero la capacità di ascoltare 42 Lab Lenti a focale variabile: la “prova” di un prodotto strategico 46 B2TECH Lenti a contatto Applicare una lente morbida, tutt’altro che banale 52

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EDITORIALE

“DAGLI ALL’UNTORE”: QUELLI CHE NON CI STANNO

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elle scorse settimane, su b2eyes TODAY, si sono alternate forti prese di posizione in merito al rapporto e ai ruoli delle varie figure professionali nella filiera della visione: ottici, optometristi, ortottisti, oftalmologi, persino l’industria, a nome della Commissione Difesa Vista, hanno sostenuto le proprie opinioni, quasi sempre in contrapposizione l’una con l’altra. Il tutto è facilmente rintracciabile e ricostruibile sul nostro quotidiano online, nella sezione dedicata in b2eyes.com: era nostro dovere, al di là di facili quanto puerili tentativi di strumentalizzazione, dare voce a tutte le parti coinvolte. Solo una ha preferito astenersi da questo dibattito, rilasciandoci comunque una nota al riguardo, colma più di passione professionale che di mero spirito polemico. «Ho appena posato il telefono con il reparto di oftalmologia di un ospedale vicino. Era necessario concordare con l’ortottista quali occhiali usare e come posizionare un setto opaco di forma e posizione particolari per una bambina di tre anni e mezzo. Un dialogo piacevole e professionalmente concreto, più che uno scambio d’informazioni. Tutto normale, abbiamo risolto un problema che comportava alcune perplessità per entrambi e la bimba ora ha una correzione idonea: uno dei mille esempi che potremmo portare tutti, in cui prevale l’interesse del paziente su altre cose che complicano, disturbano, distorcono. Aspetti cui non faremo mai l’abitudine, come la faziosità, il lobbismo e l’ipocrisia. Non intendo entrare nella polemica in corso, per una volta vorrei rimanere ben distante da questo mondo che non tiene più in considerazione le esigenze delle persone alle quali, invece, dovrebbe dedicarsi. Non perderò tempo a spiegare che la realtà si chia-

ma coworking e che sono più le volte in cui abbiamo bisogno di lavorare insieme che non quelle in cui fare tutto da soli. Continuerò a farlo e mille altri con me, che siano oftalmologi, ortottisti, optometristi, ottici. Ognuno per le proprie competenze, ognuno per quello che sa fare meglio. Questa è la realtà che non grida, ma che manda avanti il mondo». Chi scrive è Paolo Traù, professionista di Pesaro, dall’anno scorso presidente della SOpTI, associazione che raccoglie qualche centinaia di diplomati italiani in optometria. Ci sembrava il modo migliore per trovare un punto d’incontro, una quadra all’interno di una polemica che altrimenti sarebbe diventata autoreferenziale. Un punto d’incontro come lo sono le molteplici iniziative che si stanno svolgendo in questi ultimi mesi in tutta Italia: “I Mesi della Vista”, sotto l’egida di CDV, che tra ottobre e dicembre ha organizzato già tre tappe, a Milano, Padova e Torino, e altre ancora ne metterà in pista da gennaio a marzo, per un totale di dieci città; “G come Giocare”, alla fine di novembre, in fiera a Milano; o, tra le tante sul territorio, quella del centro VisionOttica Ramundo, nel Salento. Iniziative idealmente collegate tra loro dallo stesso comun denominatore: far lavorare insieme figure professionali diverse, in certi casi addirittura estranee alla nostra filiera, come il logopedista o il posturologo, per un solo obiettivo, la prevenzione visiva, di grandi o bambini, nel rispetto delle competenze, anzi valorizzando le differenti peculiarità formative e operative, con una sinergia che ponga al centro, sempre e comunque, Angelo Magri l’utente finale.

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ATTUALITÀ

TRIS D’ASSI PER ITALIA INDEPENDENT Dopo Rivoli si aggiungono l'apertura di Palermo e quella più recente di Milano, con l’inaugurazione di un monomarca in via Montenapoleone. Salgono, quindi, a tre i concept store presenti nel territorio italiano

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a cura della redazione

opo Rivoli, inaugurato nel maggio scorso, Italia Independent prosegue il piano di store opening previsto per il mercato domestico con l’apertura a ottobre nel capoluogo siciliano, in una delle zone più rinomate, a un passo da via della Libertà. «Il concept store di Palermo si avvale della partnership siglata a marzo con la branch italiana di Essilor. Stiamo portando avanti un importante piano di sviluppo retail, che prevede l'apertura di una serie di nuovi punti vendita sia in Italia sia all'estero: Palermo è un tessera che si aggiunge a un mosaico che vogliamo completare nel prossimo futuro - ha dichiarato Andrea Tessitore, amministratore delegato della società - Italia Independent non si limita a questo, continuando a lavorare sul fronte dell'internazionalizzazione, aprendo a nuovi mercati ad alto potenziale e consolidando il proprio ruolo nei paesi in cui è già presente». Una delle tessere del mosaico è stata aggiunta in novembre a Milano, con l’inaugurazione in via Montenapoleone. «L’apertura di Milano non ha semplicemente una funzione strategica. Volevamo, dovevamo esserci, con un monomarca che rappresentasse al meglio la nostra storia, il cammino percorso con sacrificio e dedizione dal 2007 a oggi - ha commentato Lapo Elkann, presidente del gruppo - L’apertura ha mostrato la volontà di Italia Independent di continuare a investire e

La Unique Edition realizzata per lo store di Palermo

avere fiducia in questo paese, dando il proprio contributo al suo rilancio». Situato all’interno di uno spazio al numero 19 di via Monte Napoleone, lo store si affaccia sulla sala esterna del Conti Caffè: sviluppato in collaborazione con Conti, nasce il Caffè Italia, lounge in grado di coniugare al meglio il dna di Italia Independent e della nota confetteria. Due gli spazi che compongono il monomarca. Da un lato l’area dedicata alla vendita dei prodotti, con un focus sugli occhiali: presente l’intera gamma vista e sole, insieme all’abbigliamento, gli accessori e le collaborazioni con tante realtà internazionali con cui I-I ha lavorato. La seconda sezione del negozio, separata dalla prima, è occupata dalle apparecchiature oftalmiche: qui avvengono le visite, il montaggio delle lenti e quegli interventi di assistenza che accompagnano il cliente per tutto il ciclo-vita dell’occhiale. Il design del Caffè Italia e dello store è stato curato, come tutte le precedenti realizzazioni di I-I, da Changedesign, factory multiculturale e multidisciplinare guidata da Renato Montagner, che ha trasmesso su entrambe le location i concetti chiave del brand. Si comincia con la finestra virtuale posizionata all’ingresso dello spazio, che propone, ogni giorno, un focus sugli ambienti dello store, sui prodotti, stimolando l’attenzione di chi passa, invitandolo a entrare. Sollevando lo sguardo, appena entrati nel monomarca, si nota subito la nuvola di lenti specchiate che attraversa il soffitto, creando giochi di luce e riflessi sempre diversi. La porzione di

Lo store di via Montenapoleone a Milano

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palmente all’estero, nei mercati dove operiamo direttamente» Per l’apertura è stata realizzata un’edizione limitata di occhiali. La Unique Edition for Montenapoleone 19 racconta sulle aste alcuni dei tratti più suggestivi della città di Milano, realizzati in color bronzo su fondo nero, tinta scelta anche per il frontale.

pavimento sospeso in cristallo offre una visuale su una corsa di automobili a cavallo tra tradizione e innovazione; protagonista, ovviamente, la Fiat 500. Il resto della pavimentazione è realizzato in legno di conifera, la cui tridimensionalità è esaltata da uno speciale trattamento delle superfici. La sala di refrazione è separata dal resto del locale da una parete di specchi color bronzo che rivela ciò che nasconde solo una volta accesa la luce. Non mancano ovviamente gli elementi tradizionali, iconici, presenti in tutti gli store I-I, dalla texture camouflage al tavolo della collezione Fiat 500, questa volta incastonato all’interno di un cubo di cristallo, fino agli elementi modulari metallici che rivestono le pareti e sui quali sono inseriti i prodotti. «Milano rappresenta il prototipo di quel rinnovato assetto che abbiamo scelto per i monomarca Italia Independent, con una porzione rilevante degli spazi dedicata all’eyewear – ha detto Giovanni Accongiagioco, managing director di Italia Independent - Milano è il primo, prestigioso elemento su cui poggia il piano di creazione di una serie di leading points of sales che intendiamo inaugurare nel prossimo futuro, princi-

L’interno del concept garage di Palermo

IN MOSTRA IL SOGNO AMERICANO Le ultime collezioni I-I erano presenti alla recente apertura di Maps: Wall to Wall, un'esperienza Lounge all’interno di Art Basel, nel cuore di Wynwood District a Miami, dove ha sede la filiale americana del brand Sempre più presente sul territorio americano, il brand rafforza la propria presenza negli Stati Uniti, dove quest’anno ha inaugurato una filiale a Miami. La partecipazione ad Art Basel ne ha confermato l’obiettivo. Durante questa iniziativa, Italia Independent ha presentato in esclusiva The Full Camouflage Capsule Collection, una nuova collezione di occhiali caratterizzati da montature con lenti a specchio, realizzate con una particolare stampa camouflage, visibile esternamente, ma invisibile per chi le indossa. Il pattern coordinato della montatura crea, unitamente alle lenti, un piacevole effetto inaspettato. «Italia Independent si è sempre distinta per la grande innovazione dei suoi prodotti, così come la contaminazione incrociata tra mondi diversi. Sono, quindi, molto felice di aderire a questa iniziativa presentando una Capsule Collection, che rappresenta una novità assoluta per il settore occhialeria perché presentata all'interno di un ambiente tanto atipico quanto straordinario come il Wall to Wall - ha dichiarato Lapo Elkann - Miami è la città nella

Un modello della Full Camouflage Capsule Collection

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quale è presente la nostra sede negli Stati Uniti, in cui stiamo sviluppando una serie di attività che speriamo possano portare il marchio a conquistare uno spazio sempre crescente nel mercato più importante e strategico a livello mondiale». Inoltre, nel tentativo di sensibilizzare l'estinzione degli squali balena, i fotografi Kristian Schmidt e Shawn Heinrichs hanno collaborato per creare una spettacolare serie di fotografie che hanno accentuato il contrasto fenomenale tra questi giganti del mare e gli esseri umani. Le immagini di questo progetto non sono state frutto di creazioni ritoccate, ma il risultato di scatti meticolosi eseguiti direttamente da subacquei. Alla base del progetto vi è stata la volontà di sottolineare la grandezza di queste creature e trasmettere la loro bellezza al mondo. La sfida era trasformare i modelli in sirene e creare immagini affascinanti capaci di catturare la connessione univoca tra l'uomo e il più grande pesce del mare, lo squalo balena. «Sono stata entusiasta di mostrare il Whale Shark Series al Maps Studio, in collaborazione con Italia Independent - ha detto Schmidt - Ho lavorato a questo progetto con Wild Aid per sensibilizzare circa la difficile situazione degli squali balena. Nuotare con loro è stata un'esperienza incredibile e mi auguro di essere riuscito a immortalare la loro bellezza e grazia attraverso i mie scatti».

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ATTUALITÀ

La chiusura dello spot TV VisionOttica “la prima insegna di ottica con il servizio certificato”

VISIONOTTICA, UN SUCCESSO “CERTIFICATO” Dopo l’ottimo riscontro della campagna sul Test dello Stress Visivo, territorio di comunicazione esclusivo del premium brand di Vision Group incentrata sul tema della prevenzione, l’insegna italiana di centri ottici è tornata a comunicare in TV a fine ottobre e lo ha fatto con un ulteriore importante accreditamento e promessa verso il consumatore: il servizio certificato

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a cura della redazione

gli alti standard qualitativi dei servizi offerti e per la competenza professionale dei centri ottici affiliati. «I centri VisionOttica sono dotati di tre certificazioni: il sistema di gestione per la qualità UNI EN ISO 9001, il sistema di gestione della qualità per i dispositivi medici UNI EN ISO 13485 e il servizio di garanzia e vendita di soluzioni ottiche – spiega Angela Muto, brand manager VisionOttica - La terza certificazione, che è poi l’unica menzionata nello spot, riguarda il servizio di “fornitura di soluzioni ottiche

’insegna premium di Vision Group, con oltre 210 centri ottici sul territorio nazionale, ha ricevuto, ufficialmente per prima nel settore dell’ottica, la Certificazione del Servizio da parte di CSI SpA, autorevole ente di Certificazione e Analisi Comportamentale attivo in ambito europeo e internazionale. Un ulteriore riconoscimento che distingue il brand per l’attenzione al consumatore,

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e dei correlati servizi alla clientela attraverso una rete di centri ottici autorizzati”». La conformità del servizio è valutata rispetto a un protocollo specifico personalizzato per l’insegna: rafforza le prime due certificazioni per la qualità attraverso la definizione di requisiti particolari dei servizi che i centri VisionOttica devono erogare. L’organismo di certificazione CSI, che è parte terza, dopo adeguate ispezioni e verifiche periodiche, ha certificato che i servizi erogati ai clienti risultano conformi al protocollo stesso. Attraverso questa certificazione l’insegna si fa garante e interlocutrice diretta dei consumatori, affinché tali servizi siano garantiti nel tempo ed effettivamente rispettati dai centri ottici affiliati. Per quest’ultimo tipo di “certificazione del servizio” non risultano esserci certificati rilasciati ad altre insegne del settore ottico. «Ecco perché affermiamo nello spot TV che VisionOttica è "la prima insegna di ottica con il servizio certificato" – continua Angela Muto – Per evidenziare ulteriormente la nostra volontà di chiarezza nei confronti del consumatore abbiamo inserito, in chiusura dello spot, una nota in cui si indica l’organismo di certificazione, il numero del certificato e il riferimento al nuovo sito web visionottica.it, in cui è presente una sezione che spiega il significato delle certificazioni dell’insegna». La Certificazione del Servizio è applicata al post vendita attraverso il SOS – Servizio Occhiali Sicuri, il primo programma di garanzie e servizi certificato che rende ogni acquisto più sicuro, prevedendo anche garanzie su furto, smarrimento o rottura degli occhiali. «Siamo molto orgogliosi delle nostre certificazioni e della risposta dello IAP, che ha autorizzato la diffusione del messaggio anche in futuro - continua Angela Muto - È un'ulteriore conferma di un percorso, iniziato con la nascita dell'insegna nel 2008, da sempre caratterizzato da una comunicazione chiara, trasparente e coerente con i valori sui quali VisionOttica è stata fondata: vicinanza al cliente, professionalità, serietà dei servizi erogati e qualità dei prodotti offerti per una maggiore sicurezza sugli acquisti e la massima tutela del benessere visivo dei clienti».

IL SUPEROTTICO È TORNATO IN TV IN DIFESA DEL BENESSERE VISIVO

A introdurre il tema della certificazione nello spot è stato ancora una volta il superottico VisionOttica, un uomo all’apparenza "normale" a passeggio con la propria famiglia, che, improvvisamente, grazie al suo sesto senso, riesce a sventare la caduta di un paio di occhiali da un tavolino. Viene così svelata la vera identità dell’uomo: un ottico di VisionOttica, un superottico, disposto a tutto pur di difendere il benessere visivo del suo cliente. Lo spot TV, andato in onda su LA7 da fine ottobre in formati da 30” e 7” secondi, ha promosso così l’impegno del brand nel dare la massima soddisfazione al cliente, con una garanzia oggettiva, su tutti i servizi offerti.

Nelle foto, alcune scene dello spot TV

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Matteo Piovella con il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, al 93° Congresso SOI di Roma

SOI: PIOVELLA SARÀ PRESIDENTE FINO AL 2017 Dopo il quadriennio appena concluso è stato confermato alla guida della Società Oftalmologica Italiana: l’elezione è avvenuta in occasione del 93° Congresso dell’associazione, svoltosi all’Hotel Cavalieri Hilton di Roma dal 29 novembre al 2 dicembre

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atteo Piovella ha superato Vittorio Picardo e sarà presidente della Società Oftalmologica anche per i prossimi quattro anni. Il nuovo Consiglio Direttivo sarà composto dai medici oculisti eletti nella lista “Insieme per SOI”: Romolo Appolloni, Teresio Avitabile, Emilio Campos, Michele Coppola, Stefano Gandolfi, Edoardo Midena, Stefano Miglior, Antonio

di Angelo Magri Mocellin, Alberto Montericcio, Marco Nardi, Antonio Rapisarda, Scipione Rossi, Pasquale Troiano e Lucio Zeppa. L’elezione del presidente e del Consiglio Direttivo che guideranno fino al termine del 2017 la principale associazione degli oltre 7 mila oftalmologi italiani è stata soltanto uno dei numerosi appuntamenti che hanno caratterizzato le quattro giornate di lavori del 93° Congresso SOI. «Mentre altri eventi di oftalmologia quest’anno hanno registrato una flessione anche del 20-30% delle presenze, noi alla terza giornata avevamo già

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superato le 2.400 presenze, avviandoci a chiudere con un totale di quasi 2.500 visitatori – ha commentato durante il Congresso Piovella - Un risultato straordinario, soprattutto perché arriva in un anno di cambiamento epocale, con le giornate congressuali spostate dai tradizionali mercoledì-sabato agli attuali venerdì-lunedì. Spesso i cambiamenti, anche positivi, generano resistenze e ansie: nel nostro caso, alla luce dei risultati, possiamo dire che gli oculisti hanno risposto in modo assolutamente positivo». Sono stati esattamente 2.451

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gli oculisti italiani che hanno partecipato ai lavori congressuali, ripartiti tra corsi di aggiornamento, sessioni plenarie e chirurgia in diretta, e che hanno visitato le aziende espositrici. Tra queste, oltre a quelle specializzate in strumentazione, prodotti e servizi per lo studio medico, figuravano anche imprese che, pur avendo il core business nell’ottica, hanno partecipato a questo evento per far conoscere i propri servizi all’area medica: Essilor e Zeiss nell’oftalmica, Bausch & Lomb nella contattologia, Nau!, Salmoiraghi & Viganò e Vision Group nella distribuzione. «Abbiamo compreso che non ci può essere crescita se non ci sono unione di forze e dialogo fra medico oculista, ottico optometrista e, naturalmente, azienda a supporto affermano in Zeiss, da tempo presente con la divisione Meditec, conosciuta in ambito medico, al Congresso SOI, che da questa edizione è stato scelto come importante vetrina anche dalla divisione Vision Care - Da anni siamo presenti sul territorio con serate dedicate agli oculisti, in partnership con alcuni ottici che desiderano rafforzare il proprio legame di collaborazione con i professionisti della visione che operano in area. Con la presenza al Congresso

SOI desideriamo ancora di più sottolineare la nostra apertura verso la classe medica, illustrando la nostra gamma di prodotti e mostrando direttamente cosa i nostri strumenti ottici sono in grado di fare: i medici oculisti hanno così avuto modo di conoscere più da vicino anche un'altra faccia di Zeiss, marchio già molto apprezzato». I traumi oculari sono stati il tema della relazione ufficiale SOI 2013. Tra le novità scientifiche del Congresso figurava anche, a tredici anni di distanza dall'ultima, la revisione da parte della Società Oftalmologica Italiana delle linee guida inerenti la chirurgia della cataratta, che, tra i vari aspetti, sottolineano la necessità di diffondere l'uso delle tecnologie avanzate, come il femtolaser, oggi utilizzato nel nostro paese soltanto in due strutture pubbliche e in quindici centri privati. E poi ci sono state le due giornate d’interventi chirurgici dall’Ospedale oftalmico di Roma, condotte dall’équipe del primario, Ciro Tamburrelli, e trasmesse in diretta nella sede del Congresso. «Tirare le somme dopo due giorni di attività scientifica non è facile, perché chi vede la manifestazione dall’auditorium è spettatore solamente di quel momento di “perfezione orga-

Una fase dei lavori congressuali

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nizzativa” che consente la trasmissione dell’intervento chirurgico programmato come l’evento importante di quel momento – ha spiegato Picardo - E se in più l’utilizzazione della tecnologia 3D ci mette la sua parte di maggior veridicità della sensazione visiva, il successo è facile da prevedere, ma non è a tutti ben noto o comprensibile quanta fatica e quanto impegno sia invece necessario per realizzare questa manifestazione, che poi svanisce nell’ambito di due o tre sessioni: ad esempio radunare pazienti con cataratta o con un glaucoma o con altra patologia vitreo retinica». Al 93° Congresso SOI è intervenuta anche Cécile Kyenge, ministro dell’Integrazione, nonché medico oculista, che è stata nominata socio onorario della Società Oftalmologica Italiana. «Per me è emozionante tornare nei luoghi dove sono cresciuta professionalmente – ha dichiarato il ministro - Ho fatto l’oculista dal 1995 fino al mese di marzo di quest’anno. Questa è la mia professione, quella per la quale ho investito tutta la mia vita. Il mio sogno non era quello di diventare ministra, bensì medico oculista e sono riuscita a realizzarlo». Kyenge ha ricordato che essere medico «non vuol dire solo curare i pazienti, ma essere a disposizione degli altri e avere la capacità di formare i giovani, che a volte non riescono a realizzare il loro sogno, ma non per questo devono arrendersi. Noi, come istituzioni, dobbiamo accompagnare questo sogno, questo percorso con la formazione, che deve essere sempre più di qualità. Io ho imparato queste cose nel mio percorso professionale, dall’Università Cattolica di Roma, dove mi sono laureata, all’Università di Modena, dove mi sono specializzata, fino all’Ospedale Santa Maria di Reggio, dove ho lavorato. Devo dire grazie, in particolare, al dottor Luca Cappuccini (direttore del reparto di oculistica all’Ospedale Maggiore di Bologna, ndr), che è stato il mio maestro e mi ha aiutato a realizzare un altro mio sogno, quello di restituire le cose che ho imparato alle persone meno fortunate».

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IL PORTATORE IDEALE DI LENTI A CONTATTO? DONNA, GIOVANE E SCOLARIZZATA È uno degli aspetti più significativi emersi dalla ricerca su oltre 2.500 ametropi italiani, condotta da Assottica a inizio 2013, i cui risultati sono stati presentati al decimo Convegno dell’associazione, svoltosi a Roma il 10 e 11 novembre

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di Angelo Magri

l 10 novembre a Roma, in occasione del 10° Convegno Assottica, sono stati presentati i risultati dell’indagine “Lenti a contatto: qui si… informa”, che si può considerare tra le più interessanti in Europa per capillarità e numero di dati raccolti, con una partecipazione di oltre 850 centri ottici dislocati su tutto il territorio nazionale. I dati sono stati elaborati da Stefano Livi (ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università La Sapienza) e da Fabrizio Zeri (contattologo e professore a contratto in Ottica e Optometria presso l’Università Roma TRE). Valutare la percezione di benefici e barriere relativamente alle lenti a contatto (LaC) tra soggetti ametropi non utilizzatori di questo strumento di correzione vi-

Fabrizio Zeri

siva e favorire la comunicazione sull’utilizzo e su una corretta gestione delle lenti a contatto: sono stati gli obiettivi della ricerca, realizzata sotto forma di un’inchiesta campionaria tramite questionario distribuito a clienti di centri ottici aderenti alla campagna educazionale. «Il criterio per l’arruolamento è stato che gli intervistati non dovessero essere portatori di lenti a contatto o, al massimo, le avessero provate in passato senza dar seguito all’applicazione – hanno spiegato al Convegno Assottica i due ricercatori - Il questionario ha indagato quattro aree principali: variabili demografiche (sesso, età, istruzione, provenienza), variabili optometriche (difetto di vista), benefici e barriere». Nei primi quattro mesi del 2013 sono stati raccolti 2.678 questionari nei centri ottici che hanno aderito all’iniziativa. 148 questionari (5,5%) sono stati scartati per

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le troppe risposte mancanti negli item d’indagine di che barriere, mentre i presbiti (fascia 41-60) e, sopratbenefici e barriere. In totale i questionari elaborati tutto, le persone anziane tendono ad averne di più. È sono stati 2.530. Il campione risulta essere composto emerso che il livello di istruzione incide sulla perceprevalentemente da donne, pari al 60% degli interzione dei benefit: quanto più è alta la scolarizzazione, vistati. L’età media è risultata essere molto bassa, di tanto maggiore è la percezione dei benefici. Anche 32,9±13,5 anni (min 10,1, max 89,8). L’alto livello di il tipo di difetto visivo evidenzia approcci differenti. scolarità dei partecipanti è riassumibile con un 50% in L’ipermetrope e il presbite percepiscono più barriere e possesso di diploma di scuola superiore, mentre il 26% anche meno benefici dell’astigmatico e del miope. Tra ha conseguito una laurea. La partecipazione è stata i presbiti, quelli con difetto ipermetropico da lontano del 18,7% dalle regioni del Nord Ovest, 18,1% dal Nord percepiscono maggiori svantaggi rispetto ai presbiti Est, 21,1% dal Centro e 41,1% da Sud e Isole. miopi o ai solo presbiti. Ben il 40,6% degli interviI difetti di refrazione rilevati sono stati per il 64% la stati ritiene che le lenti a contatto non rappresentino miopia, per il 39,1% l’astigmatismo, per il 16,2% l’iperun ostacolo alle attività quotidiane, mentre per il metropia e per l’11,8% la presbiopia, mentre il 3,8% ha 16% possono essere un ostacolo nel corso di attività risposto con “Non so”. Benefici e barriere che gli intersportive e per il 14,9% durante le ore di studio /lavoro. vistati hanno espresso verso le lenti a contatto risultaIl 10,6%, infine, ritiene che possano essere d’impedino essere indipendenti fra loro. «Ciò significa che, ad mento nelle relazioni sociali e nel tempo libero. «Per esempio, alcune persone dimostrano un certo entusiaspiegare questi dati entrano in gioco scarsa conosmo alla prospettiva di uso delle LaC (benefici), ma scenza e alcuni luoghi comuni infondati sulle LaC allo stesso tempo colgono elementi di timore (barriere) – hanno ricordato i due esperti - Dalla ricerca non – hanno detto Livi e Zeri - Oppure altre percepiscono sono delineabili le ragioni che hanno portato finora solo benefici e nessuna barriera. Partendo da questo gli intervistati a evitare l’uso delle lenti a contatto: il presupposto sono stati identificati quattro profili di 45,1% risponde con “Nessuna risposta” alla domanda, atteggiamento verso le LaC, denominati: Impavidocontro il 18,8% che “ritiene di non saperle gestire”, esigente (81%), Conflittuale (10%), Indifferente (8%) e il 9,1% “crede non esistano LaC per il suo difetto”, al Prudente (1%)». 7,2% non sono state “mai consigliate”, il 7,3% “non si è I risultati aprono scenari interessanti. Il primo dato mai rivolto allo specialista” e al 7,1% sono state “sconevidenzia come gli ametropi intervistati abbiano forti sigliate da conoscenti”. Emerge con chiarezza una aspettative nei confronti delle lenti a grande fiducia nei confronti contatto: l’aspetto maggiormente apdel contattologo e nelle O G O L O T T A T N TU E IL CO prezzato è che “non si percepiscano”. sue capacità di rassicuraTTOLOGO Gli altri benefici re l’ametrope e aiutarlo a I L C O N T A sono, in ordine T U E indicati d‘importanza: “la vista ottimale”, “la porrisolvere i dubbi sulle lenti E V I T A T T E LE TUE ASP tabilità in alcune specifiche occasioni”, il a contatto. E con la fiducia E PETTATIV A S giornata” “poterle usare tutta e, infine, nel professionista aumentaL E T U Ela il fatto che possano “migliorare l’aspetto no i benefici percepiti». O I R A N O I T S E U Q O esteriore”. Quindi, chi non porta lenti a Il successivo step di questo I E E I TUOI DUBBI R ATIV ETT A ASP TUE N LE O I QUI SI TESTANO A CONTATTO T S E NTI DELLE LENTI BBI U CONFROla Q contatto ritiene importanti soprattutto gli lavoroNEIsarà presenE I TUOI DU PETTATIVE O LE TUE AS LENTI A CONTATTO AN ST TE QUI SI QUI SI” NTI DELLE TI A CONTATTO aspetti “funzionali” relativi a questo strutazione, “LEN prevista prosNEI CONFRO QUI SI” TO AT NT mento di correzione visiva. Nel campione simamente, dei risultati “LENTI A CO intervistato in generale gli uomini risultano della seconda parte della essere più prudenti, rilevando maggiori ricerca Assottica “Lenti a barriere verso l’uso delle lenti a contatto contatto: qui si… informa“, rispetto alla popolazione femminile, più con il punto di vista del propensa alla percezione dei benefici. contattologo. Il questionario diffuso da Anche l’età risulta essere una discriminanAssottica ai centri ottici italiani, te: quanto più è alta, tanto maggiori sono le da cui è partita la ricerca che ha barriere percepite. Gli adolescenti hanno popoi coinvolto più di 2.500 ametropi ttologo possa aiutare il conta 10 Quanto pensi ti contatto? dubbi sulle lenti a

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ATTUALITÀ

LINEE GUIDA E CONFERENZA DI CONSENSO: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA? In entrambi i casi si tratta di progetti impegnativi che richiedono competenze, investimenti economici e un lavoro di diffusione capillare per ottenere un progresso effettivo e globale, che si tratti di optometria o di contattologia

L

di Paolo Traù*

menti di diffusione delle conoscenze e di aiuto decisionale sono, fra le varie, alcune forme basate su modelli formali come le revisioni sistematiche, le rassegne in letteratura, le conferenze di consenso e le linee guida. Questi sono strumenti più agili di una norma, al passo con i cambiamenti poiché in continuo aggiornamento e costituiscono un punto di riferimento per i professionisti. La Società Optometrica Italiana ritiene indispensabile l’inserimento nel nostro paese del concetto di Linee Guida per l’attività di applicazione delle lenti a contatto. Cosa sono le Linee Guida La Linea Guida o LG è un insieme di raccomandazioni sviluppate sistematicamente, sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide, redatto allo scopo di rendere appropriato, e con un elevato standard di qualità, un comportamento desiderato. Sono una base di parten-

a libera circolazione dei prodotti e dei servizi a livello comunitario e nazionale è subordinata alla garanzia di un livello minimo di sicurezza, stabilito dalle normative cosiddette “verticali” sui prodotti. Queste norme rappresentano uno strumento utile ed efficace, ma insufficiente a regolamentare un enorme numero di prodotti in un tempo relativamente breve. Un “nuovo approccio” vede, a oggi, l’emanazione di direttive sempre verticali ma più brevi e limitate, in quanto non regolamentano tutti gli aspetti, ma fissano una serie di principi fondamentali. Perché le Linee Guida in contattologia Le norme tecniche o di buona pratica aiutano, poi, nell’applicazione di nuovi servizi e nuove tecnologie. Altri stru*Optometrista e presidente SOPTI

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ATTUALITÀ Requisiti fondamentali per la formulazione di linee guida secondo il Guidelines International Network

za per l'impostazione di comportamenti e di un modus operandi condivisi in organizzazioni di ogni genere (sia private sia pubbliche) nel campo sociale, politico, economico, aziendale, sanitario e così via. Prevalentemente non si tratta di procedure obbligatorie: in quel caso si parlerebbe di protocollo o procedura. Le LG cliniche sono evidence based, basate cioè sull’evidenza scientifica degli studi più recenti e, come tali, soggette a revisione continua. Ma le LG cliniche non sono soltanto un elenco di raccomandazioni. La costruzione di LG è un processo di confronto fra esperti del settore per avere uno standard minimo di riferimento per la qualità del servizio, condiviso e adeguato ai tempi, secondo un criterio di coinvolgimento degli operatori interessati e degli utenti finali, in un contesto metodologico approvato. In Italia è il Sistema Nazionale Linee Guida a occuparsene in campo sanitario e produce LG di comportamento clinico. Lo SNLG fa capo all’Istituto Superiore di Sanità. Una considerazione condivisa dal mondo scientifico ritiene che i benefici potenziali delle LG siano proporzionali alla loro qualità: è indispensabile, quindi, disporre di uno strumento di valutazione standardizzato. Nel 2001 nasce AGREE (Appraisal of Guidelines for Research & Evaluation) e nel 2010 AGREE II, con lo scopo di valutare la qualità delle LG. Le LG in ambito sanitario hanno avuto in tutto il mondo un elevatissimo sviluppo, tanto da rendere necessario istituire il GIN, Guidelines International Network, che, fondato nel 2002, raccoglie 93 organizzazioni che producono LG e 89 membri individuali in rappresentanza di 46 paesi, con lo scopo di raggiungere un consenso su un set di standard internazionali per produrre LG di elevata qualità. Con un articolo dell’aprile 2012 (Guidelines International Network: Toward International Standards for Clinical Practice Guidelines) il GIN ha identificato undici criteri fondamentali, considerati essenziali ma non esaustivi, per la produzione di LG di elevata qualità.

COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI SVILUPPO DELLE LG

Il gruppo di sviluppo dovrebbe includere diversi stakeholder rilevanti: professionisti, metodologi, esperti e pazienti

PROCESSO DECISIONALE

Dovrebbe descrivere il processo utilizzato per raggiungere il consenso tra i membri del gruppo. Da definirsi prima dello sviluppo delle LG

CONFLITTI DI INTERESSE

Dovrebbe riportare la disclosure dei conflitti d'interesse finanziari e non finanziari di tutti i componenti del gruppo, oltre che descrivere le modalità di registrazione di risoluzione di conflitti individuati

AMBITO DELLE LINEE GUIDA

Dovrebbe specificare gli obiettivi e gli ambiti di applicazione

METODI

Dovrebbe descrivere in maniera esplicita e dettagliata i metodi utilizzati per la produzione

REVISIONE DELLE EVIDENZE

I professionisti coinvolti nella produzione dovrebbero utilizzare metodi sistematici per identificare e valutare le evidenze scientifiche

RACCOMANDAZIONI DELLE LG

Dovrebbero essere formulate in maniera chiara ed essere basate su evidenze relative ai benefici, ai rischi e, se possibile, ai costi

RATING DELLE EVIDENZE E DELLE RACCOMANDAZIONI

Dovrebbe utilizzare un sistema di rating per classificare e comunicare sia la qualità e l’affidabilità delle evidenze sia la forza delle raccomandazioni

PEER REVIEW E CONSULTAZIONE DEGLI STAKEHOLDER

Dovrebbe essere sottoposta a una revisione da parte di stakeholder esterni prima della pubblicazione

VALIDITÀ E AGGIORNAMENTO DELLE LG

Dovrebbe prevedere un termine di validità e/o descrivere la strategia che il gruppo prevede di utilizzare per aggiornare le raccomandazioni

FINANZIAMENTI E SPONSOR

Dovrebbe dichiarare i finanziamenti ricevuti sia per la revisione delle evidenze sia per la formulazione delle raccomandazioni

Un consistente esempio di LG cliniche in contattologia è dato da: Optometric Clinical Practice Guideline Care Of The Contact Lens Patient, proposte dall’American Optometric Association formulate nel 2000 e riviste nel 2006. Lo scopo di tali LG, si afferma nell’introduzione, è quello di descrivere appropriate procedure di esame e di trattamento per la valutazione e il trattamento dei pazienti che fanno uso di lenti a contatto, nonché di assistere l’optometrista nel raggiungimento di una

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ATTUALITÀ Linee Guida e Conferenza di Consenso A oggi, da più parti, è fortemente auspicata la diffusione di un modello applicativo orientato anche all’informazione degli utenti e di qualsiasi altro operatore sanitario interessato, come avviene, del resto, in molti altri paesi; che contenga per gli operatori raccomandazioni di comportamento anche a livello legale, come per la documentazione interna da conservare o quella esterna da consegnare, o l’importanza di avere un’idonea assicurazione professionale. Non si nasconde la complessità organizzativa e applicativa di un progetto Linee Guida che nella manualistica predisposta dallo SNLG indica un tempo medio di due anni per l’esperimento dei vari passaggi. D’altra parte non ci si accontenta di un ripiego quando si indica la soluzione di una Conferenza di Consenso, più snella e praticabile sia come tempi (circa sei mesi di preparazione e due giorni di dibattito pubblico) sia come atto propedeutico a future LG. Una specie di prova di collaudo del sistema: più ampia e libera la partecipazione degli attori, un dibattito pubblico che nelle LG non è previsto, i risultati sotto forma di “considerazioni” sempre con la caratteristica dell’adeguamento volontario. È quindi, forse, una Conferenza di Consenso la strada da percorrere per mettere alla prova le capacità di cooperazione dell’intera filiera contattologica con lo scopo di rinsaldare le competenze e migliorare il livello professionale con ricadute positive per l’intero settore. Conclusioni LG in contattologia non è solo un elenco di raccomandazioni, come detto sopra, ma è anche e soprattutto un’affermazione di trasparenza e competenza verso l’utente finale e verso gli altri professionisti interessati. È auspicabile, infatti, che all’interno delle LG siano contenuti principi deontologici che affrontino il tema del rapporto paziente professionista in chiave proattiva, indicando quelle misure di tutela come l’assicurazione professionale o il principio dell’azione relativa sempre al miglior interesse del paziente. Sono, perciò, da considerare pratiche scorrette il prendere in carico situazioni in cui non si è sufficientemente competenti o il mancato "referaggio" ad altro professionista competente quando necessario. La stesura di LG in optometria o indire una Conferenza di Consenso, come in questo caso, in contattologia è un progetto impegnativo che richiede competenze, investimenti economici e un lavoro di diffusione capillare per ottenere un progresso effettivo e globale. La Società Optometrica Italiana può e deve coadiuvare gli elementi necessari a questo scopo.

Qui e nelle pagine precedenti: la platea e gli interventi di due medici oculisti siciliani, Alberto Belluardo e Salvatore Azzaro, primario del reparto di Oftalmologia all’ospedale ragusano, al seminario organizzato dalla Società Optometrica Italiana nell’aprile scorso a Ragusa, in cui è stato presentato il progetto delle Linee Guida

serie di obiettivi: identificare pazienti che possano beneficiare dell’uso di lenti a contatto; valutare quei pazienti che portano o vorrebbero portare lenti a contatto; mantenere e migliorare l’assistenza al paziente che usa lenti a contatto; gestire le complicazioni che possono far parte dell’uso di lenti a contatto; informare ed educare gli altri operatori in ambito sanitario, così come il pubblico, sull’uso sicuro delle lenti a contatto; aiutare in modo professionale nella gestione del paziente che usa lenti a contatto. Si tratta di un modello interessante per estensione e profondità di analisi degli argomenti trattati, pur mantenendo l’agilità di un manuale pratico. Un altro modello è proposto dal britannico College of Optometrists: Clinical Management Guideline, sempre evidence based, declinate in 56 condizioni oculari diverse, riguardano l’ambito clinico optometrico generale e non sono specifiche per l’applicazione delle lenti a contatto. Nelle Procedure Generali del College of Optometrists of Ontario Optometric Practice Reference il capitolo Contact Lens Therapy inquadra, invece, in modo generale l’ambito contattologico. Già alcuni anni orsono la Società Optometrica Italiana attraverso il Registro Italiano Operatori di Contattologia (RIOC) ha proposto un modello di Linee Guida essenziali articolate in sei punti, più indirizzato all’operatore rispetto al modello americano: 1) anamnesi 2) dati refrattivi 3) oftalmometria 4) biomicroscopia 5) scelta e controllo della lente di prova 6) lente a contatto definitiva. All’interno dei singoli punti vengono schematizzate le procedure relative alle varie fasi dell’applicazione.

Bibliografia: Sistema Nazionale per le Linee Guida Manuale Metodologico – Come Organizzare una Conferenza di Consenso Manuale Metodologico - Come produrre, diffondere e aggiornare raccomandazioni per la pratica clinica

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Questionario

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In queste immagini, come si presenta il modello Interchangeable

MASCHERE ZEISS: PERFORMANCE VISIVE IN UN DESIGN RAFFINATO Forte della tradizione centenaria nell’ottica e dell’esperienza maturata nelle lenti da sole, per il secondo anno il brand si propone agli amanti dello sci con una nuova collezione di maschere

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a cura della redazione

e il nostro know-how nello sviluppo di colori e trattamenti per lo sci in un prodotto rivolto ai centri ottici che garantisca gli stessi parametri di qualità e performance propri dei nostri prodotti. Nello sviluppo del progetto abbiamo cercato di dare priorità all’utilizzo di materiali di qualità, resistenti e “100% made in Italy”, insieme alla massima attenzione per i particolari che rende queste maschere un prodotto dall’alto valore tecnico abbinato a un design raffinato, per la migliore esperienza sulle piste in totale sicurezza. Entriamo nel dettaglio del prodotto: quali sono le caratteristiche della collezione 2013-2014? La nuova collezione presenta una gamma di 12 modelli: per uomo, per donna e intercambiabili. Le maschere sono state progettate per garantire una protezione totale contro raggi UV, riflessi, agenti

recisione, protezione e innovazione: sono le caratteristiche della collezione Zeiss di maschere da sci per la stagione invernale in corso. Senza dimenticare l’impegno. «L’impegno di Zeiss volto a offrire ai centri ottici soluzioni performanti anche per lo sport, capace d’ispirare anche la progettazione di una maschera che interpreta l’eccellenza del marchio stesso», spiega Roberto Padovani, Strategic Innovation & Product R&D Manager della divisione Sunlens del gruppo di Castiglione Olona. È lui che ci guida alla scoperta dei segreti di questa collezione. Com’è nata la maschera da sci a marchio Zeiss? Il progetto è nato come una piattaforma di sviluppo e d’innovazione nel mondo delle maschere da sci: trasferire l’eccellenza ottica del gruppo Carl Zeiss

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atmosferici e una struttura resistente e flessibile anche alle basse temperature. Come sempre, abbiamo prestato una grande attenzione alla qualità ottica, garantita dai rigorosi test di laboratorio Zeiss per offrire allo sciatore una visione nitida, protetta e senza distorsioni. Quali sono le principali novità rispetto alla collezione precedente? La principale novità di quest’anno è il modello intercambiabile, completamente rivisitato rispetto alla collezione di un anno fa: un design innovativo, progettato in esclusiva dalla divisione Sunlens in Italia, che presenta un sistema pratico e intelligente d’intercambiabilità della lente. La montatura è stata studiata per esaltare le performance visive del filtro e offrire al consumatore un ampio campo di visione con la massima vestibilità e leggerezza. Nella collezione è stata inoltre inclusa una nuova tecnologia brevettata: la lente Sonar by Zeiss. Questa tinta presenta una specifica curva spettrale che permette di leggere le irregolarità della neve anche in condizioni di luminosità difficile, migliorando la sicurezza sulle

piste. La gamma dei trattamenti e dei colori delle lenti è stata rinnovata, con un’ampia scelta di specchiature all’ultima moda, come la lente gold per il modello femminile. Parliamo delle lenti: in base a quali caratteristiche sono state scelte per i vari modelli della collezione? Le lenti proposte, in forma cilindrica, sferica e torica, rappresentano il nostro top di gamma in termini di tinte e trattamenti e sono testate nei laboratori Sunlens in Italia per garantire una resistenza nel tempo contro abrasioni e agenti atmosferici e la massima adesione delle specchiature. Ogni lente è stata selezionata per massimizzare l’esperienza visiva secondo le diverse condizioni atmosferiche per cui è stata progettata, con una vasta gamma di prodotti per tutte le condizioni e stili. Vediamoli nel dettaglio. La serie Performance presenta una gamma di colori ad alto contrasto, tra cui la tinta Sonar e specchiature light per una percezione degli ostacoli in condizioni di luminosità difficile. La serie Multilayer, invece, ideale in condizioni di forte luminosità, offre specchiature coprenti e colorate che sono in grado di filtrare i raggi solari, eliminano i fastidiosi riflessi della neve e garantiscono il massimo comfort visivo. Infine la serie POL offre una lente altamente performante che riduce i riflessi di superfici innevate e ghiacciate, conferendo una visione ottimale e proteggendo dai raggi solari. La nuova collezione, disponibile unicamente presso i centri ottici, può essere completata da un pratico inserto ottico con poteri graduati secondo necessità, per permettere al portatore di lenti di vivere la migliore esperienza di visione in tutta sicurezza e senza problemi di appannamento.

Roberto Padovani, Strategic Innovation & Product R&D Manager della divisione Sunlens, è il responsabile del team di prodotto che nei laboratori di Castiglione Olona ha ideato e sviluppato le maschere Zeiss 2013-2014

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RITMI CIRCADIANI: L'IMPORTANZA DELLA LUCE Il ricercatore Claude Gronfier spiega gli effetti dell’invecchiamento e delle condizioni visive sul funzionamento dell’orologio biologico

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a cura della redazione

in un determinato periodo a un ritmo specifico, ma tale periodo non coincide esattamente con le 24 ore. In media negli esseri umani è 24 ore e 10 minuti, ma la durata esatta varia in base alle persone. Alcuni vanno a letto presto, hanno un ciclo più breve, circa 23 ore e 30 minuti, altri tendono ad andare a dormire più tardi, hanno un ciclo maggiore di circa 24 ore e 30 minuti. Un reset quotidiano è, quindi, necessario per evitare l’insorgenza di alcuni problemi. È quello che capita ai non vedenti o a quelli che hanno una scarsa percezione delle informazioni luminose o ai lavoratori del turno di notte che non sono esposti alla luce nella corretta porzione della giornata. È la luce, infatti, che compie il reset del nostro orologio biologico. Essa agisce sull’occhio e più in particolare sulla retina grazie all’azione di cellule specifiche - cellule gangliari che contengono melanopsina - che sono diversi dai coni e dai bastoncelli, ovvero i fotorecettori utilizzati per la vista. Se queste cellule gangliari contenenti melanopsina sono attivate dalla luce (più specificamente dall’area blu dello spettro luminoso), esse trasmettono un segnale nervoso che corre lungo il nervo ottico e, invece di attivare le strutture visive del cervello, attivano le strutture non visive dell’orologio biologico, il nostro ritmo circadiano interno. Quindi è l’esposizione alla luce che regola l’orologio. L’effetto della luce nel compensare la mancanza di sincronizzazione dell’orologio biologico varia in base a: l’intensità della luce (maggiore è l’intensità, migliore è il reset); il tempo di esposizione alla luce (la sera rallenta l’orologio, ma la mattina, all’inizio di una nuova giornata, lo velocizza); lo spettro luminoso–il “colore” della luce (se è molto blu sarà molto efficace). La luce con un basso livello di blu, al contrario, avrà un impatto minore sull’orologio biologico. L’impatto della luce sull’orologio biologico è stato usato fin dagli anni ‘80 nella cura dei disturbi del sonno legati ai ritmi circadiani e delle depressioni stagionali. La tecnica della fototerapia (anche chiamata terapia della luce), ad esempio, può essere usata per attenuare il phase lag degli adolescenti che non vanno a dormire prima delle 2 o delle 3 di mattina. È possibile ottenere buoni risultati con una o due ore di esposizione ogni giorno per trecinque settimane, spostando così l’orologio biologico in avanti e consentendo loro di dormire in orari normali.

ell’ambito delle proprie attività di ricerca presso la Harvard Medical School di Boston, negli Stati Uniti, Claude Gronfier ha lavorato allo sviluppo di tecniche di sincronizzazione dell’orologio biologico usando la luce per curare i disturbi del sonno, del risveglio e dei ritmi degli astronauti impegnati in lunghe missioni nelle quali, in una stazione spaziale che si muove a 27.000 km/h a un’altitudine di 400 km, un ciclo di giorno e notte dura appena 90 minuti. Si sa che l’alternanza giorno/notte in un ciclo di 24 ore produce un ritmo circadiano negli esseri viventi. Come funziona questa sincronizzazione? La sincronizzazione è il meccanismo con il quale il nostro orologio biologico si riavvia ogni giorno. Questo orologio individuale è collocato nel cervello e si comporta come un pacemaker cardiaco che consente al cuore di battere con un ritmo regolare. L’orologio posto nel nostro cervello non scatta ogni secondo come il cuore, ma a un ritmo che si avvicina molto alle 24 ore. Esso trasmette il suo battito a numerose parti del corpo, non solo al cervello, cui è collegato, ma anche a fegato, muscoli, reni e altri organi. Quest’attività ritmica consente ai nostri organi di svolgere una funzione o un’attività in modo tempestivo: la pressione del sangue, ad esempio, deve essere regolata con estrema precisione durante il giorno, ma di notte, quando dormiamo, non c’è bisogno che il controllo sia altrettanto severo, perché il nostro corpo non è soggetto a variazioni di postura o di attività fisica che devono essere supportate dalla pressione sanguigna. Lo stesso vale per tutte le funzioni biologiche: devono essere attivate al momento giusto, e visto che è il nostro orologio biologico a gestire questo particolare ritmo, esso garantisce che particolari funzioni siano attive al momento giusto. Il nostro orologio biologico, pertanto, è in funzione Claude Gronfier, laureato in neuroscienze, ricercatore presso il Dipartimento di Cronobiologia dell’unità Inserm 486 di Bron (Lione), specialista in ritmi biologici

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ATTUALITÀ Esistono gruppi più a rischio in termini di ritmi circadiani? Alcune persone soffrono di disturbi del sonno legati ai ritmi circadiani. Hanno difficoltà a dormire quando vanno a letto e a rimanere svegli quando devono affrontare la vita quotidiana o a completare processi cognitivi. Ora sappiamo che problemi di questo genere sono largamente ascrivibili alla scarsa sincronizzazione dell’orologio biologico. Sentono il bisogno di dormire durante il loro giorno biologico e di essere attive durante la notte biologica. È un disturbo che spesso affligge i lavoratori che fanno turni di notte e le persone che accusano sintomi di jet lag e di phase lag. Soffrono, infatti, di una desincronizzazione del proprio orologio biologico che deve essere curata perché è correlata a variazioni fisiologiche e malattie. Tra le persone che lavorano di notte, ad esempio, osserviamo l’insorgenza di problemi cardiovascolari, problemi di umore, memoria, metabolismo e un aumento della prevalenza di alcuni tumori. Un gran numero di individui nei paesi industrializzati soffre di questo tipo di problemi. Le conseguenze dei turni di lavoro sono state descritte anche in una recente relazione pubblicata sotto l’egida dell’Alta Autorità Francese della Salute (HAS) nel 2012. Saremo in grado di sfruttare meglio la luce per attenuare possibili deficienze di sincronizzazione dei nostri orologi interni? Si utilizza già la luce nelle terapie. L’esempio più vecchio di uso della luce da parte di clinici moderni è quello del trattamento dei disturbi emotivi, negli anni ‘70. Le persone che soffrivano di disturbi stagionali affettivi, spesso in autunno e in inverno, quando la quantità di luce naturale si riduce, venivano curate esponendole alla luce. I risultati sono stati ottimi. Successivamente si è capito che la luce ha un effetto diretto sull’orologio biologico e che risincronizzando quest’ultimo si potevano curare problemi correlati con il ritmo circadiano che “rimaneva indietro” o “era troppo avanti”. Quello che oggi stiamo constatando è che la luce ha una serie di altri effetti, non solo legati alla sincronizzazione del nostro orologio biologico o al trattamento dei disturbi affettivi stagionali. Abbiamo esaminato il suo effetto in altre forme di depressione e nel trattamento di problemi cognitivi. Se aumentiamo l’intensità della luce nella stanza dove si trova un paziente affetto da Alzheimer, ad esempio, possiamo rallentare il suo declino cognitivo in modo efficace quanto i farmaci. La luce, pertanto, ha un effetto sulla sfera cognitiva, così come sulla memoria, il sonno e l’attenzione. Quando si dice “luce” si intende la luce di tutto lo spettro o solo una specifica lunghezza d’onda? In questo momento ci stiamo concentrando sulla luce

dello spettro visibile che usiamo per vedere. Come la luce fluorescente e le lampade alogene che troviamo in alcuni edifici e uffici. Attualmente si stanno sostituendo le lampade fluorescenti con luci alogene, faretti e led che saranno sempre più diffusi nei prossimi mesi e anni perché offrono una serie di vantaggi economici ed ecologici. Ci interessiamo anche alle lampade a incandescenza, che non sono più in vendita, ma che sono ancora presenti nelle nostre case. Se tali luci sono abbastanza intense da consentirci di vedere hanno un effetto sulla sincronizzazione del nostro orologio biologico o sull’attivazione delle funzioni non visive descritte in precedenza. Esiste anche il potenziale per usare tipi specifici di luce, ad esempio con un livello più elevato di blu, luci fluorescenti o led. Al momento, tuttavia, gli specialisti del sonno e di cronobiologia e gli oftalmologi non le consigliano perché non esistono prove sufficienti per dimostrare che sono innocue. Solo la luce bianca viene consigliata nella pratica clinica per il trattamento dei disturbi del sonno. C’è ancora tanta ricerca da compiere in quest’area.

CRIZAL PREVENCIA, PROTEZIONE PIÙ COMPLETA Crizal Prevencia è una lente intelligente perché filtra sia frontalmente sia dalla sua superficie interna solo la luce nociva per la salute degli occhi. Consente, invece, il passaggio della luce benefica per il benessere dell’organismo e per la visione. È una lente preventiva perché aiuta a proteggere gli occhi dal rischio di degenerazione maculare delle cellule della retina che può essere causata dalla sovraesposizione cumulata alla luce blu-viola e dal rischio di cataratta, che può derivare dalla sovraesposizione ai raggi UVA-UVB. «Oggi la protezione quotidiana dalla luce nociva offerta da Essilor è ancora più selettiva: Crizal Prevencia, grazie alla tecnologia Light Scantm, è la prima lente chiara in grado di proteggere gli occhi in modo selettivo sia dai raggi UVA-UVB sia dalla luce bluviola nociva – dicono a Essilor Italia – Il vantaggio per i portatori è di grande rilievo. Crizal Prevencia può aiutare a prevenire l’invecchiamento prematuro dell’occhio grazie a tre funzioni: filtra i raggi blu-viola che possono contribuire all’insorgere della degenerazione maculare legata all’età e i raggi UVA-UVB, una delle principali cause di cataratta, permette il passaggio della luce blu-turchese fondamentale e benefica per gli occhi e l’organismo e mantiene la massima trasparenza della lente per un’esperienza visiva ottimale».

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MILANO 2001, UN SOGNO CHE SI AVVERA: IL CORSO DI OTTICA E OPTOMETRIA IN UNIVERSITÀ Il Novecento era finito, l'alba del Duemila dava nuovo colore al sogno di un maggior riconoscimento sociale della nostra professione. Ne eravamo certi, quel momento era vicino perché i tempi erano maturi. L'Istituto Superiore di Scienze Optometriche (ISSO) di Milano, nel corso della sua lunga attività iniziata nel 1969, aveva già rilasciato più di 200 diplomi di Ottica e quasi 1.000 attestati di specializzazione in Optometria. Si era lavorato tanto: la via obbligata per trasformare i sogni in realtà. E noi, nella seconda parte del Novecento, avevamo sognato tanto

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l traguardo non era ancora raggiunto ma eravamo pronti: nel Duemila l'ISSO era in piena attività con sei classi del triennio di Optometria (diurno e serale) e due classi del biennio di Ottica. Le iscrizioni erano al completo e il corpo insegnante era rodato ed efficiente. Anno dopo anno ciò attirava studenti da tutta Italia poiché frequentare il triennio di Optometria era un buon investimento per il futuro: significava accumulare ricche conoscenze ed esperienze cliniche immediatamente utilizzabili, che garantivano un ottimo posizionamento professionale nel mercato del lavoro italiano. I giovani che terminavano la scuola di Optometria venivano assorbiti dal mercato del lavoro oppure, se provenivano da famiglie già impegnate sul piano imprenditoriale, vi ritornavano per assumere maggiori responsabilità grazie alle competenze acquisite. Chi ha fatto la storia dell'ISSO di Milano Iniziava un nuovo secolo ed ero fiero di far parte del corpo docente dell'ISSO milanese: un movimento di persone

*Ottico optometrista e docente

di Silvio Maffioletti*

libere, indipendenti, impegnate a costruire una professionalità socialmente utile, basata su fondamenti scientifici, inserita nelle dinamiche sanitarie multidisciplinari del territorio. Avevo accanto colleghi in gamba che avevano dedicato e dedicavano alla forma-

Milano, Festa di S. Lucia 1989, il tradizionale saluto delle autorità civili agli ottici optometristi milanesi. Da sinistra: Aldo Aniasi (sindaco di Milano dal 1967 al 1976, membro della Camera dei Deputati dal 1976 al 1994, due volte ministro della Sanità negli anni Ottanta), Giuseppe Ricco (presidente di Assopto Milano e di Federottica), Roberto Formigoni (membro del Parlamento Europeo dal 1984 al 1993, membro della Camera dei Deputati dal 1987 al 1992, presidente della Regione Lombardia dal 1995 al 2013)

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zione dei nuovi professionisti in Ottica e Optometria una parte significativa del proprio tempo e delle proprie energie; vedevo crescere giovani colleghi assai preparati, motivati e pronti a fare la loro parte. Dal 1969, anno della sua apertura,

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l'ISSO milanese era cresciuto con continuità e ora era diventato grande e forte: ormai da anni era unanimemente riconosciuto (insieme all'IRSOO di Vinci e all'ISSO di Roma) come l'eccellenza della formazione optometrica italiana. Mi gratificava sentirmi parte di questa storia significativa, ormai trentennale e con radici profonde. L'inizio non era stato facile. I fondatori della scuola milanese avevano iniziato i corsi di Optometria nel 1969 presso la sede ACLI di via della Signora e, negli anni successivi, li avevano fatti conoscere e crescere nella sede di via Noale. Quei colleghi erano stati dei pionieri, coraggiose avanguardie in territori inesplorati: era infatti necessaria una forte motivazione per dedicare tanto tempo ed energie alla scuola, proseguendo l'attività didattica nonostante le numerose difficoltà. Scorrere oggi i loro nomi, citati in ordine cronologico, significa ripercorrere, con riconoscenza, la feconda storia delle origini della nostra scuola: Giuseppe Longoni, Riccardo Perris, Giuseppe Celasco, Giuseppe Ricco, Gianni Rehak, Luciano Vettore, Ugo Frescura, Gianfranco Milani, Augusto Perini, Valdemaro Giannelli, Franco Caslini, Germano Manganelli, Renato Pagani, Mauro Faini, Sandro Bresciani, Costantino Bianchi, Graziella Mariani, Emilia Vettore, Vincenzo Rocchitelli, Marino Formenti e Ruggero Consonni. Altri colleghi erano giunti alla docenza nella seconda metà degli anni Ottanta. nel periodo in cui la sede era stata trasferita al CAPAC di via Murillo, nel moderno ed efficiente Politecnico del Commercio: Mauro Nocera, Umberto Leoni, Giorgio Manzini, Gianmario Reverdy, Sergio Cappa, Marco Vai, Luigi Zambrano, Ennio Rizzini, Antonio Canfora, Natale Lazzaroni, Emilio Airaghi, Maurizio Bettanin, Remo Cavalleri, Maurizio Cusani, Edoardo Cerri e Maurizio Giannelli. Grazie al loro lavoro era stata messa a punto una miscela di conoscenze scientifiche e formazione tecnico-professionale che aveva permesso all'ISSO di crescere, allargare la propria offerta formativa e affermare 1

Milano, via Soderini 24: la palazzina a due piani sede dell’Istituto Superiore di Scienze Optometriche

la propria autorevolezza nel panorama nazionale. Negli anni Novanta lo spostamento dal CAPAC alla sede di via Soderini e la lungimirante direzione di Gianmario Reverdy avevano indotto un significativo aumento di iscritti, con conseguente immissione di nuovi docenti negli anni successivi: Silvia Cozzi, Silvio Maffioletti, Maria Pia Manitto, Renato Pocaterra, Sergio Perris, Mauro Rosa, Daniele Dondarini, Pietro Gheller, Luca Caslini, Mauro Di Terlizzi, Davide Brambilla, Stefano Panzeri, Andrea Maiocchi, Luca Giannelli, Michela Salerno, Valerio Spada, Letizia Ruggeri, Marco Bassani, Rodolfo Manzocchi, Alessio Facchin, Paolo Noli, Pietro D'Agati, Paola Leoni, Marco Valsecchi, Ottavio Segantin e Roberto Iazzolino. Anno dopo anno all’ISSO mutavano i volti, i programmi e i contenuti. Tuttavia i cambiamenti correvano sul filo della continuità perché avevano alle spalle una categoria professionale solida e dinamica, che voleva veder riconosciuta la propria competenza e la propria responsabilità in una società profondamente mutata da quando, nel 1928, la professione dell'Ottico era stata normata. Anno dopo anno era divenuta sempre più stridente la discrepanza tra la legge del '28 e una realtà professionale e sociale in rapida trasformazione; i responsabili politici e amministrativi, nazionali e locali, venivano continua-

mente invitati dai responsabili di Federottica a predisporre una normativa più adeguata e moderna. Una storia lunga e ricca di vitalità Avevamo alle spalle una storia lunga e ricca di vitalità. Nei trent'anni trascorsi nessuno ci aveva regalato nulla1; quanto avevamo costruito ce l'eravamo conquistato passo dopo passo fondandolo sulla serietà dei docenti, la qualità dei programmi e la concretezza dei contenuti formativi. Il corso triennale di Optometria, continuamente aggiornato, approfondiva argomenti fondamentali dell'area sanitaria (Anatomia, Fisiologia, Psicologia, Fisica, Chimica), dell'ambito tecnico (Ottica Fisiologica, Ottica Applicata, Tecnologia Ottica) e della formazione professionalizzante (Optometria, Contattologia, Rieducazione Visiva, Clinica di Optometria, Clinica di Contattologia). Utilizzavamo con grande cura gli strumenti professionali che l'ISSO acquistava oppure che le aziende del settore ci fornivano in comodato d'uso: li affidavamo agli studenti che svolgevano la parte clinica di Optometria e di Contattologia e ne verificavamo continuamente l'integrità e l'efficienza. Era una premura necessaria: gli strumenti erano un mezzo didattico fondamentale per trasformare le conoscenze teoriche in bagaglio professionale, il loro utilizzo e la loro accu-

Rehak G., Lettera aperta agli optometristi laureati, b2eyes magazine n.5-2013, pagg. 15-16

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rata conoscenza erano imprescindibili per la preparazione degli studenti. La funzionale e spaziosa sede dell'ISSO si trovava a circa cinquecento metri dalla stazione della metropolitana di Bande Nere, in un'ampia area di proprietà regionale compresa tra via Luigi Soderini e via Bartolomeo D'Alviano. Era un polmone verde circondato da palazzi e strade, ospitava decine di palazzine inserite in spazi verdi assai curati e arricchiti da pini e piante di alto fusto: vi avevano sede vari assessorati regionali con i loro uffici e alcune istituzioni culturali e sportive. Lo spazio a disposizione della scuola era adeguato. Appena varcato l'ingresso, si accedeva a un grande atrio con le aule 1 e 2 a sinistra e, frontalmente, la lunga scala che conduceva al piano superiore. A destra si imboccava un breve corridoio sul quale si affacciavano la segreteria, il magazzino, l'ufficio del direttore e un'ampia sala professori dotata di un'ordinata biblioteca e di un grande tavolo utilizzato nelle riunioni. Erano invece al primo piano le sei sale optometriche, le aule 3-4-5 e l'aula magna. All'ISSO, negli ultimi anni del Novecento, oltre all'ordinaria attività

didattica erano nate e cresciute varie iniziative. Si era sviluppato un dinamico Dipartimento di Ricerca Optometrica (Di.R.O.) diretto da Renato Pocaterra, cui facevano riferimento varie attività scientifiche della scuola. Erano inoltre sorte due forti esperienze di cooperazione internazionale: una con l'Uganda (il Progetto Hoilan promosso da Silvio Maffioletti) e una con il Nicaragua (il progetto Optometristi in Nicaragua promosso da Renato Pocaterra). Un solo obiettivo: preparare alla professione optometrica Iniziava un nuovo secolo e io, che speravo di poter insegnare ancora a lungo mantenendo il medesimo entusiasmo, condividevo la docenza di Optometria con Mauro Faini: dopo essere stato mio insegnante, mi aveva chiesto di affiancarlo prima come assistente e poi come docente. Condividevamo il corso e il materiale didattico, rinnovandoli anno per anno. Trasmettevamo la conoscenza dell'Optometria con un approccio inizialmente rigoroso e meccanicistico nel corso di Opto 1, che riguardava prevalentemente lo studio dei meccanismi anatomici, fisiologici e ottico-refrattivi che sottostanno alla visione. La

Da sinistra: Mauro Faini, Renato Pocaterra, Sergio Perris e Silvio Maffioletti nel 2001 davanti al Dipartimento di Ricerca Optometrica dell’ISSO

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conoscenza diveniva poi procedurale nel corso di Opto 2, che richiedeva la comprensione profonda dei protocolli d'esame al forottero. L'approccio quindi diventava valutativo nel corso di Opto 3 nel quale analizzavamo le caratteristiche del sistema visivo esaminato e, mediante lenti prescritte con il metodo di analisi grafica e altri sistemi d'analisi optometrica, ne perseguivamo la massima efficienza. Infine accompagnavamo lo studente a sperimentare come le norme e i criteri di prescrizione appresi debbano a volte essere applicati con elasticità e tenendo conto di un'analisi più globale, nella quale i fattori otticorifrattivo e compensativo sottostanno ad aspetti percettivi e cognitivi che sono caratteristici di ogni singola persona: in Opto 4 approfondivano infatti le numerose variabili implicate nei problemi visivi di natura funzionale e, con il metodo di analisi visiva dell'OEP e altri metodi, valutavamo il possibile miglioramento visivo del soggetto mediante modifiche della postura, uso di lenti per specifiche attività, potenziamento delle abilità visive inadeguate. Parallelamente alle lezioni teoriche, gli studenti effettuavano un'ampia parte pratica nelle apposite sale attrezzate: le lunghe ore di attività clinica effettuate nei box optometrici consentivano loro di perfezionarsi gradualmente. Adiacenti tra loro e numerati dall'1 al 6, i box erano collegati mediante un lungo corridoio, aperto sul lato destro da un'ampia e luminosa vetrata. In fondo, il corridoio era chiuso dall'aula magna che utilizzavamo per le tesi di fine corso e per gli aggiornamenti che l'ISSO proponeva agli ottici optometristi del territorio con cadenza regolare, nelle giornate di lunedì oppure nelle ore serali. In quelle occasioni i posti dell'aula magna venivano riempiti dai colleghi lombardi che venivano ad aggiornarsi sui vari temi professionali, proposti a volte dai docenti dell'ISSO e altre volte da professionisti esterni. I relatori utilizzavano i lucidi, proiettandoli sullo

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Novembre 1998, 9° Convegno Scientifico ISSO Milano. Da sinistra: Mauro Faini, Maurizio Giannelli, Sergio Perris, Emilia Vettore (responsabile scientifico del Convegno), Gianmario Reverdy (direttore dell’ISSO), Gianfranco Sala (presidente dell’ISSO), Renato Pocaterra e Stefano Panzeri

schermo dietro la cattedra mediante la lavagna luminosa: spesso integravano le spiegazioni disegnando gli schemi ottici e le metodologie optometriche con i gessetti colorati, tracciandoli con gesti rapidi e precisi sulla grande lavagna scura dell'aula. Le lunghe discussioni e i serrati confronti con i colleghi erano all'ordine del giorno: la passione e lo studio aprivano di continuo nuovi scenari e ampliavano il sapere professionale di un pubblico motivato e attento. Insegnare all'ISSO era un incarico impegnativo e stimolante. Nelle ore di lezione mi piaceva stare in aula con gli studenti ad approfondire gli argomenti optometrici dopo averli seguiti nell'applicazione dei protocolli d'esame. I dati dell'analisi visiva riempivano i fogli e la lavagna, mentre il problema visivo della persona veniva individuato collegando tra loro i risultati dei vari test; poi si indicava il trattamento, che poteva consistere in una prescrizione ottica opportuna, in uno specifico trattamento di visual training oppure, in casi di più difficile soluzione, in entrambi. Tutta la classe, settimana dopo settimana, seguiva la spiegazione e partecipava animatamente alla discussione dei casi esaminati. Avevo imparato questa modalità didattica da Emilio Airaghi (del 2

quale ero stato prima studente e poi assistente) e l'avevo adottata durante i miei corsi, sperimentando anno dopo anno che era un efficace complemento agli approfondimenti teorici. Attese e speranze di un nuovo secolo, anche per la professione Il Duemila era stato un anno di contatti e speranze, che avevano fatto da preludio agli importanti cambiamenti che sarebbero andati in scena negli anni successivi. Ad aprile, a margine del Congresso dell'Albo degli Optometristi (AdO) in corso a Roma, i rappresentanti degli ottici optometristi italiani avevano incontrato in udienza Giovanni Paolo II nell'auspicio che il nuovo secolo potesse portare in dote i due obiettivi perseguiti per decenni da tutta la categoria: l'ingresso del corso di Optometria nell'università italiana e l'approvazione di un nuovo profilo professionale. Nel 1998 si era tenuta la 9° edizione (l'ultima del Novecento) del Convegno Scientifico dell'ISSO Milano, un appuntamento biennale che richiamava centinaia di ex alunni. Le relazioni del convegno erano state dedicate al sovraccarico visivo conseguente, in quegli anni, alla massiccia introduzione e diffusione dei PC nel mondo del lavoro e della scuola. La 10°

edizione, la prima del nuovo secolo, si era svolta nell'ottobre del 2000 al Centro Congressi dell'Hotel Michelangelo di Milano ed era stata dedicata al tema dell'astigmatismo. Centinaia di colleghi avevano assistito ai lavori, introdotti dal direttore della scuola. Gianmario Reverdy aveva sottolineato come l'ISSO, per numero di studenti frequentanti e per materiale didattico e scientifico prodotto, fosse da tempo uno dei punti di riferimento nazionali per la cultura e l'aggiornamento professionale degli ottici optometristi, ma continuasse ad avere bisogno del sostegno convinto della categoria. Gianfranco Sala, presidente dell'ISSO, aveva invece sottolineato l'anacronismo legislativo che, dal 1928, teneva al palo una categoria qualificata la cui cultura e preparazione professionale erano cresciute con continuità, anno dopo anno: erano maturi i tempi per un nuovo profilo professionale, adeguato ai compiti e alle responsabilità attuali2. Parole e concetti chiari, condivisi da tutta la categoria. Li avevo ascoltati per la prima volta da Giuseppe Ricco negli anni Ottanta quando, nella sede di via Murillo, partecipavo da studente alle sue lezioni di Deontologia Professionale. Incontro dopo incontro il suo argomentare chiaro e diretto, arricchito dalle lunghe pause che sottolineavano i passaggi più importanti, costruiva e visualizzava nel nostro immaginario una nuova fase della professione optometrica, chiamandoci a impegnarci personalmente affinché fosse raggiunta presto e bene. Dal sogno alla realtà: l’Optometria entra nel consesso accademico In quei mesi di inizio secolo alcuni esponenti di Federottica e dell’Albo degli Optometristi, nella discrezione e cautela riservata agli avvenimenti importanti, stavano ponendo le basi per l'apertura di un corso di laurea universitario nel capoluogo lombardo. Dapprima erano avvenuti semplici

L'astigmatismo, novità e tradizione nella sua compensazione, Atti del 10° Convegno Scientifico dell'ISSO Milano, 2000, Assopto Milano

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contatti, poi divenuti incontri esplorativi e successivamente progetti concreti. L'ateneo in questione era l'Università degli Studi di Milano Bicocca (Unimib), che era nata nel 1998 nell'omonimo quartiere milanese all'interno di un ampio progetto urbanistico di riqualifica dell'area, avviato nel 1986 e coordinato dall'architetto Vittorio Gregotti. L'Università degli Studi di Milano Bicocca stava rapidamente sorgendo negli spazi che nel Novecento erano occupati da importanti industrie come Pirelli, Breda, Falk. Ora l'industria lasciava spazio alla formazione e in Bicocca nasceva un ateneo moderno, con un Dna particolarmente orientato alla ricerca e un'identità multidisciplinare: dai nuovi edifici della Bicocca sarebbero presto usciti laureati in campo economico-giuridico, scientifico-tecnologico, medico, sociologico, statistico, psicologico e pedagogico. Un lunedì, nel corso delle lezioni mattutine, all'ISSO era arrivata la notizia che la trattativa Unimib-Federottica si era conclusa positivamente e nella nostra città, a partire dall'anno accademico 2001-02, presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca sarebbe stato aperto un corso di laurea in Ottica e Optometria. Era una notizia magnifica: questa volta ce l'avevamo davvero fatta e anche in Italia, dal settembre del 2001, l'insegnamento dell'Optometria sarebbe stato introdotto nel consesso accademico! All'ISSO avevamo

Milano, quartiere Bicocca, 2001: l’università cresce negli ampi spazi ricavati dalle demolizioni degli stabilimenti di produzione di Pirelli, Breda e Falk 3

Da sinistra: Fabio Zanacchi (presidente di Federottica), Alberto Benzoni, Rossella Fonte e Giulio Velati (presidente dell'Albo degli Optometristi). Sono stati i protagonisti (con Antonella Delicati) della trattativa con l’Università degli Studi di Milano Bicocca che ha condotto all’apertura del corso di laurea in Ottica e Optometria

festeggiato con gioia e grande soddisfazione il coronamento di un sogno a lungo accarezzato ma sempre sfumato. I sogni possono cambiare la realtà se perseguiti con intelligenza e impegno: in tutti noi c'era la gioia per l'obiettivo raggiunto e l'orgoglio di far parte del corpo docente di una scuola che, da sempre, aveva finalizzato la propria attività al raggiungimento di questa meta. Eravamo pronti e motivati a trasferire all'Unimib le nostre conoscenze e i nostri strumenti didattici e professionali. Andavano a raccogliere i frutti del lavoro realizzato nel tempo da colleghi lungimiranti: le fondamenta dell'Optometria italiana erano, infatti, solide perché costruite da docenti che avevano lavorato per portare al massimo livello la formazione e la professionalità degli ottici optometristi italiani. Ci avvolgeva una grande gioia e una positiva sensazione di pienezza: il sogno inseguito trent'anni si era realizzato. Tanti miraggi, speranze e disillusioni erano alle spalle, ora il sogno era realtà grazie all'impegno dei rappresentanti di Federottica e per mezzo del grimaldello della cultura, che aveva impresso

la svolta permettendo alla professione dell'ottico optometrista di compiere un passo avanti decisivo3. Quale futuro per l’ISSO? Dopo i festeggiamenti, ci apprestavamo a entrare in una nuova fase che ci avrebbe impegnato, per due anni, in una complessa transizione. Due aspetti relativi alla nuova fase che si apriva emergevano su tutti. Il primo riguardava Milano. L'apertura a Milano del primo corso di laurea italiano in Ottica e Optometria rappresentava un implicito riconoscimento al capoluogo lombardo, baluardo della professione optometrica in Italia. Credo che Milano lo meritasse per numerosi motivi: a Milano, in via Cenisio, Federottica aveva la propria sede nazionale; l'Assopto Milano era, da sempre, la più numerosa e organizzata tra le associazioni territoriali degli ottici optometristi; a Milano aveva la propria sede l'Albo degli Optometristi, fondato nel 1973 da Giuseppe Ricco; a Milano, in via Soderini, aveva sede l'ISSO, prestigiosa e storica scuola italiana di Optometria. Milano lo meritava e tale riconoscimento implicava soddisfazione ma

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anche responsabilità e impegno: il nuovo corso di laurea sarebbe dovuto essere il prototipo, l'apripista per altri corsi di laurea che, negli anni successivi, avrebbero consolidato l'ingresso dell'Optometria in università. Il secondo aspetto riguardava la sorte dell'ISSO. L'orientamento prevalente tra i responsabili di Federottica e dell'Assopto milanese era per la sua chiusura: ciò avrebbe indicato con chiarezza agli ottici optometristi la fine di un ciclo (quello della formazione professionale, seppur di alto livello) e l'inizio di un nuovo ciclo caratterizzato dalla formazione in ambito accademico. Condividevo l'idea di chiudere l'ISSO, mi sembrava la scelta più opportuna, il futuro che si faceva presente. È vero che gli ottici optometristi italiani avrebbero perso un punto di riferimento istituzionale autorevole, interrompendo quell'intenso e fecondo rapporto che da più di trent'anni univa i responsabili della scuola, i docenti, gli ottici optometristi del territorio lombardo e i responsabili delle aziende del settore. Sarebbe stata una perdita significativa ma non definitiva, una scelta necessaria per entrare in università con lo sguardo proiettato al futuro.

Audentes fortuna iuvat… Eravamo in università, una nuova e splendida università dotata di strutture, laboratori e spazi all'avanguardia. Questo importante obiettivo era stato raggiunto grazie al paziente e intelligente lavoro, durante la delicata trattativa, soprattutto di Fabio Zanacchi (presidente di Federottica), Alberto Benzoni, Rossella Fonte, Giulio Velati (presidente dell'Albo degli Optometristi) e Antonella Delicati4. Era ufficiale: il corso di laurea in Ottica e Optometria sarebbe nato con un numero programmato di 80 studenti. Appartenente alla Classe delle Lauree in Scienze e Tecnologie Fisiche (classe 25), il corso avrebbe avuto una durata di tre anni al termine dei quali allo studente sarebbe stato conferito il titolo, avente valore legale, di laureato in Ottica e Optometria. La struttura didattica del corso, coordinato da Alessandro Borghesi, avrebbe fornito un’ampia preparazione tecnico-scientifica nell’ambito della Fisica, delle discipline medicobiologiche e della conoscenza teorica e pratica del meccanismo della visione. Il piano degli studi avrebbe previsto attività formative di base (Matematica e Informatica), materie caratterizzanti (Ottica, Fisica sperimentale e applicata,

Alessandro Borghesi, promotore e coordinatore del corso di laurea in Ottica e Optometria, avviato nel 2001 presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca 4

Il logo dell’Università degli Studi di Milano Bicocca con il motto dell’ateneo: Audentes fortuna iuvat

Optometria, Contattologia) e materie integrative (Chimica, Biologia, Medicina) sempre supportate da attività di laboratorio, la cui frequenza sarebbe stata obbligatoria. Un passaggio davvero importante si era realizzato e la nostra audacia era stata premiata: la nostra riconoscenza verso Alessandro Borghesi e i responsabili dell'Università degli Studi di Milano Bicocca era enorme. Entravamo in un ateneo moderno e con un'identità multidisciplinare, espressa anche dal logo simbolico che Unimib aveva scelto per legare Milano a Leonardo da Vinci: un ottaedro tratto dal “De Divina Proportione”, lo studio sulle geometrie delle forme che Leonardo aveva realizzato nel 1498 con il matematico Luca Pacioli. L'ottaedro era il segno della multidisciplinarietà del nuovo ateneo milanese e arricchito dal motto “Audentes fortuna iuvat”: ora lo sentivamo nostro ed era diventato anche il simbolo dell'emancipazione formativa che ci apprestavamo a intraprendere. Che momento formidabile! L'alba del nuovo secolo ci aveva portato in dono la realizzazione di un sogno, che a Milano era divenuto realtà. Si apriva così una nuova fase, un tempo di novità e di continuità. Un tempo tutto da vivere. (Continua nel numero 11)

Besozzi S., Optometri@professione.it: nuove realtà al servizio della visione, Rivista Italiana di Optometria vol. 25, n.2, pagg. 52-59

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CONSULENTE

ACCONTO IVA, ECCO COME PAGARLO Entro il 27 dicembre i contribuenti dovranno versare l’acconto Iva per il 2013: ai fini del relativo calcolo possono essere utilizzati, in via alternativa, il metodo storico, previsionale o effettivo-analitico

E coloro che effettuano:

di Tobia Chiesurin Consulente aziendale

ntro il 27 dicembre 2013 i soggetti passivi Iva dovranno determinare l’importo dovuto per l’acconto Iva 2013 e provvedere al relativo versamento. Sono obbligati al versamento

dell’anno 2013 con un’eccedenza detraibile d’imposta;

• contribuenti che, nel periodo d’imposta 2012, hanno usu-

fruito del regime agevolativo delle nuove attività produttive e i soggetti che nel 2013 applicano tale regime; • nuovi contribuenti minimi e quelli che hanno fruito del regime degli ex-contribuenti minimi; • soggetti che hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti o non imponibili ai fini Iva. Come si calcola l’acconto? I metodi di calcolo per determinare l’acconto sono tre: • metodo storico; • metodo previsionale; • metodo delle operazioni effettuate, cioè il metodo effettivoanalitico. Metodo storico Il metodo storico prende come base per il calcolo l’ultimo periodo di liquidazione Iva dell’anno precedente (mese o trimestre) e calcola l’88% del debito risultante. Facciamo un esempio: se un contribuente con Iva trimestrale ha versato per il trimestre settembre-dicembre 2012 mille euro, l’acconto 2013 calcolato con metodo storico sarà pari a 880 euro (cioè l’88% di mille euro).

• liquidazioni e versamenti mensili; • liquidazioni e versamenti trimestrali.

L’importo versato quale acconto sarà successivamente sottratto dalla liquidazione periodica (dicembre o quarto trimestre) o in sede di dichiarazione annuale (soggetti trimestrali). Sono, invece, esclusi dal versamento dell’acconto coloro che • hanno iniziato l’attività nel corso del 2013; • hanno cessato o cesseranno l’attività nel corso del 2013, ma in ogni caso anteriormente al 1° dicembre 2013, se contribuenti mensili, o al 1° ottobre 2013, se contribuenti trimestrali; • contribuenti mensili (o trimestrali) che, nel mese di dicembre 2012 (o nell’ultimo trimestre 2012), hanno evidenziato un credito Iva; • soggetti che prevedono di chiudere l’ultima liquidazione

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Insieme per vocazione

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CONSULENTE

«Se, per effetto dell’applicazione di uno dei tre metodi, non risulta dovuto l’acconto, il contribuente non è tenuto al calcolo con un altro metodo e non è, quindi, tenuto al versamento dell’acconto»

Metodo previsionale Se il contribuente ottico prevede di avere un debito per l’ultimo mese 2013 o per l’ultimo trimestre 2013 inferiore al debito dell’anno precedente, potrà effettuare un ricalcolo per versare un acconto inferiore a quanto dovuto con il metodo storico. Anche in questo caso si dovrà calcolare l’88% dell’imposta dovuta per il mese o trimestre in corso. Quindi, se per il mese di dicembre o per il trimestre settembre-dicembre 2013 si presume di avere Iva da versare per 800 euro, sarà conveniente utilizzare il metodo previsionale e pagare l’88% di 800 euro (cioè 704 euro). Metodo analitico-effettivo In alternativa, il metodo analitico-effettivo consente di determinare quanto dovuto a titolo di acconto in base al 100% dell’imposta risultante dalla liquidazione derivante dalle operazioni effettivamente poste in essere fino al 20 dicembre 2013. Come si versa l’acconto? Riguardo alle modalità di versamento dell’acconto Iva, lo stesso viene effettuato utilizzando il modello F24, indicando nella sezione erario: • il codice 6013, per i contribuenti che si avvalgono del regime di liquidazione mensile; • il codice 6035, per i contribuenti che si avvalgono del regime di liquidazione trimestrale. La maggiorazione dell’1% applicata all’Iva, dovuta in sede di dichiarazione annuale, non deve essere considerata in sede di acconto, in quanto la stessa rappresenta l’interesse corrisposto per la dilazione del pagamento degli importi dovuti. L’importo dovuto a titolo di acconto può essere compensato con eventuali crediti d’imposta spettanti, ma non può essere rateizzato. Il relativo ammontare andrà a essere scomputato dall’Iva dovuta per il mese di dicembre 2013 (da versare entro il 16 gennaio 2014, per i contribuenti mensili) oppure per il quarto trimestre 2013. Posto che il contribuente ha facoltà di scegliere uno dei tre metodi descritti, se, per effetto dell’applicazione di uno dei tre metodi, non risulta dovuto l’acconto, il contribuente non è tenuto al calcolo con un altro metodo e non è, quindi, tenuto al versamento dell’acconto. L’acconto Iva 2013 non può, comunque, essere rateizzato e dev’essere versato soltanto se l’importo è uguale o superiore a 103,29 euro.

Quali sanzioni in caso di non versamento? In caso di omesso versamento, oppure insufficiente o tardivo, si applica la sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato. I contribuenti potranno in ogni caso ravvedersi attraverso la sanzione del 3% o del 3,75%, qualora il ravvedimento avvenga, rispettivamente, entro 30 giorni dall’omissione oppure entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (resta ferma l’applicazione eventuale della cosiddetta forma di ravvedimento “sprint”, che può essere effettuata entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine per il versamento). In caso di versamenti carenti o tardivi (non oggetto di ravvedimento) trova applicazione la sanzione del 30%.

DAL 2014 POS OBBLIGATORIO PER GLI ESERCIZI COMMERCIALI Il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. “Cresci Italia”) prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, tutti coloro che esercitano attività di vendita di prodotti e prestazioni di servizi, anche professionali, siano obbligati ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito e, quindi, che attivino un POS (Point of Sale). Lo stesso Decreto prevede anche che: • con uno o più Decreti del ministro dello Sviluppo Economico di concerto con quello dell`Economia, sentita la Banca d`Italia, verranno disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini, in relazione ai soggetti interessati; • con gli stessi decreti potrà essere disposta l`estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili. Per l’attuazione di tali disposizioni, comunque, devono essere emanati i relativi decreti attuativi.

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MEDITAZIONI

L'ORECCHIO ASSOLUTO, OVVERO LA CAPACITÀ DI ASCOLTARE Soltanto una sana attenzione alle modalità di comunicazione e la ginnastica all’ascolto attivo potranno favorire l’espressione migliore della capacità professionale

di Luisa Redaelli Communication consultant

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'orecchio assoluto è descritto come una dote musicale speciale e privilegiata, che consente a chi lo possiede di riconoscere e denominare precisamente (Do, Re, Mi, ecc) una frequenza udita. Si tratta dell'abilità di “riconoscere suoni isolati” in assenza di contesto musicale. Non appena un secondo suono viene suonato, il nostro cervello, istintivamente, misura le distanze tonali tra le note, il che significa che iniziamo a pensare in termini di intervalli, ovvero entra in gioco l'orecchio relativo. La musica esiste quando le note sono combinate fra loro, con un certo ritmo, insieme ai silenzi delle pause, per creare melodie e armonie: è proprio la relazione tra le note, il ritmo, il silenzio che genera la musica. Così è la comunicazione, dico sempre che comunicare è un’arte. La comunicazione è un atto creativo, che combina elementi diversi, in modo non solo

istintivo, per generare un’armonia di relazione. Comunichiamo con tutto, con le parole, i gesti, gli occhi, l’aspetto esteriore, la postura, la prossemica, la modulazione della voce, il respiro, il profumo, ecc. Comunichiamo con le pause e i silenzi che moduliamo nel discorso. Comunichiamo con l’ascolto. Sì, saper ascoltare è parte fondamentale per raggiungere

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una comunicazione efficace. Ascoltare, osservare, percepire e comprendere il contesto e le persone coinvolte sono atti basilari, che guidano e indirizzano ciò che comunicheremo. Per ascoltare in modo consapevole dobbiamo essere in grado di uscire dai nostri schemi abituali e osservare, per cogliere punti di vista diversi dal nostro. Essere consapevoli del punto di vista altrui significa costruire il ponte di collegamento per avere gli elementi che aprano a entrare in relazione. Sappiamo che la comunicazione è l’architettura delle relazioni e il modo con cui comunichiamo “forgia” il mondo in cui viviamo. Quando sono in grado di gestire comunicazioni armoniche genero intorno a me un ambiente di cui sono consapevole, con le persone che incontro, i colleghi, i clienti, la persona amata, il gatto, la mia auto, i fiori del giardino: tutto richiede la mia sensibilità, il mio tatto, la mia attenzione, la mia consapevolezza. Forgiare è un azione che richiede forte determinazione, è una pratica creativa su

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MEDITAZIONI

di una materia viva e non facile da lavorare. Così come i contesti in cui siamo immersi, dove le relazioni fra le parti richiedono sempre molta cura e molta consapevolezza, una costante concentrazione. Non esiste “non hai capito, non sono stata capita”. Esiste “non sono stata in grado di spiegarmi, di farmi capire”. Dall’ascolto attento e profondo possiamo dedurre il linguaggio da adottare, per quella relazione, per quell’ambiente. Senza ascolto non vi è contatto, non vi è strada: non vi è comunicazione. Dobbiamo semplicemente imparare a diventare più leggeri, ad avere umorismo e ironia, a non giudicare, a sentire amorevolezza e distacco. Ascoltare è una dinamica di grande concentrazione, che verte su tre punti inscindibili fra loro: la capacità di ascoltare attivamente, la continua verifica delle nostre emozioni, la gestione dei conflitti interni che si agitano. Sembra facile? Sembra complesso? È solo questione di presa di coscienza e di ginnastica mentale, ovvero di continuo esercizio. Per ascoltare in modo attivo debbo con-

tinuamente compiere tre atti, fondamentali. 1) Fare lo sforzo di sentire/vedere il punto di vista dell’altra persona (che sia il gatto, il cane, i pomodori o la pasta del pane in lievitazione). 2) Essere consapevole delle emozioni che mi si agitano nell’anima. Le nostre emozioni sono un validissimo strumento per comprendere più a fondo la realtà, i sentimenti, le situazioni. È un vero peccato quando lasciamo che le emozioni siano la nostra prigione, quando cioè ne siamo solo preda (“tu non sarai preda dei venti”, dicevano Battisti e Mogol negli anni d’oro). Sentire le nostre emozioni mentre si manifestano, nella pancia, dove il nostro corpo offre segnali forti e chiari, significa renderci conto dei conflitti in essere fra ciò che vorremmo comodo e confortevole, ovvero ciò che conosciamo, riconosciamo, controlliamo, e ciò che ci arriva come nuovo, sconosciuto, forse minaccioso. Viviamo perennemente in questa dinamica, proviamo a “far mente locale” e ce ne renderemo conto. Per

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comunicare occorre ascoltare attivamente, per ascoltare attivamente occorre sentire le emozioni che si muovono in noi e saperle gestire (non ho detto “controllare”). Tutto ciò che non rientra nei nostri schemi noti ci mette in agitazione, tendiamo a “ragionare” per pregiudizi. Ascoltare significa uscire dall’urgenza classificatoria, accettando di convivere con il disagio dell’incertezza, per esplorare pazientemente mondi nuovi, per rendersi disponibili e divertirsi guardando con occhi differenti. Le nostre emozioni danno informazioni su come stiamo guardando, non su cosa stiamo vedendo. È importante comprendere questa differenza! 3) Trovare la capacità di gestire il conflitto fra le mie emozioni, le dinamiche che ascolto in me e ciò che sto accogliendo dall’esterno. Sembra difficile, sembra facile: provare per credere, basta spostare il baricentro da dentro di me verso il ponte della relazione. Per svolgere la nostra professione, per costruire le relazioni della nostra vita abbiamo bisogno di questa consape-

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MEDITAZIONI

CORRENTE ALTERNA

L’A NIMA INNAMORATA

Le parole entrano dall’orecchio, appaiono davanti agli occhi, spariscono nella contemplazione. Ogni lettura di una poesia tende a provocare il silenzio.

Tu non sai: ci sono betulle che di notte levano le loro radici, e tu non crederesti mai che di notte gli alberi camminano o diventano sogni. Pensa che in un albero c'è un violino d'amore. Pensa che un albero canta e ride. Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita. Te l'ho già detto: i poeti non si redimono, vanno lasciati volare tra gli alberi come usignoli pronti a morire.

Octavio Paz (1914-1998). Poeta e scrittore messicano

volezza, di questo rispetto. Laddove la comunicazione non avviene secondo questo modo circolare, laddove non si è disponibili alla comprensione del dialogo, laddove non si esercita l’arte dell’ascolto, l’ambiente è un incubo, si alimentano i contrasti, si fomentano le incomprensioni, si formano nevrosi e si assiste a un patologico aumento dei conflitti negativi. La cecità e la mancanza di sensibilità al contesto, l’incapacità di considerare altri punti di vista sono mortali per la comunicazione. Occorrono flessibilità e umorismo: cerchiamo di non avere mai troppa fretta di giungere alle conclusioni, perché ciò che crediamo di vedere in realtà corrisponde solo al nostro punto di vista. Per vedere il punto di vista altrui, dobbiamo uscire dal nostro e per vedere il nostro punto di vista dobbiamo osservarlo da fuori. Occorre aver piacere di scoprire mondi diversi, esplorando paradossi e dissensi, come opportunità creative. Non dimentichiamo che in comunicazione non è importante ciò che dico ma ciò che tu capisci, quindi è l’ascoltatore

non il parlante che determina l’esito della comunicazione. Se l’ascolto resta passivo, il modo d’inquadrare gli eventi che avevamo resta invariato; quando l’ascolto è attivo siamo in grado di fare verifiche con nuovi e più ricchi parametri. Si tratta di mettere in gioco due abitudini di pensiero, fra sistemi semplici e sistemi più evoluti. Le “stesse cose” non hanno più sempre lo stesso significato e apprezziamo anche altri contesti. Superiamo la dicotomia “io ho ragione e tu hai torto (o viceversa)” ed entriamo in un ordine d’idee dove tutti possiamo aver ragione, perché partiamo da punti di vista, vissuti e storie differenti, ma che si incontreranno sul ponte della comunicazione. Questo è un percorso formativo di bella importanza per chi opera nel centro di ottica professionale e desidera compiere il salto di qualità nella gestione delle relazioni con la propria utenza. Fatte salve tutte le competenze scientifiche relative all’ottica, l’oftalmica, ecc, fatti salvi tutti gli argomenti che si possono apprendere in scuole, academy, con-

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Alda Merini (1931-2009). Poetessa milanese

gressi e convegni, se poi tutto questo patrimonio non sarà comunicato in modo adeguato, ti saluto Giovanni e buona notte al secchio... Ecco perché una sana attenzione alle modalità di comunicazione e la ginnastica all’ascolto attivo potranno favorire l’espressione migliore della capacità professionale, altrimenti agìta solo nel contesto di una autoreferenzialità fra simili. Siamo tutti esseri unici e irripetibili e chiediamo rispetto, riconoscimento, accoglienza. Questa è una strada.

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LAB

LENTI A FOCALE VARIABILE: LA “PROVA” DI UN PRODOTTO STRATEGICO Il recupero dell'interesse del cliente presbite passa attraverso la riqualificazione dell'offerta nel canale distributivo dell'ottica in Italia

G

di Valter Veratti*

d’interesse che avrà nei loro confronti. Nel segmento della presbiopia possiamo individuare un prodotto trascurato nel recente passato: la lente “a focale variabile”, sia di tipo progressivo per porto abituale sia di quello occupazionale, con caratteristiche strategiche per l'ottico optometrista, in quanto idonea a recuperare tanto l'interesse del cliente presbite quanto la marginalità perduta in questo comparto. L'evoluzione delle lenti a focale variabile A oltre cinquant'anni dal suo ingresso sul mercato la lente progressiva ha subito una continua evoluzione, adattandosi alle diverse esigenze dei suoi portatori. Oggi sono disponibili due famiglie di lenti a focale variabile: • quella progressiva per porto abituale, ideale per un uso quotidiano da parte di coloro che, divenuti presbiti e già portatori di occhiali per la lontananza, vogliono evitare un continuo e fastidioso cambio d'occhiale, con lenti di potere diverso, al variare della loro attenzione tra ciò che sta lontano o vicino; • quella occupazionale (progressiva per vicino-intermedio/ indoor e degressiva/a profondità di campo) sviluppata per essere impiegata durante la lettura e le occupazioni confinate in una sfera operativa il cui raggio massimo sia di circa tre metri. Queste tipologie di lenti a focale variabile risultano ancora poco diffuse in Italia. Ciò avviene nonostante il processo di evoluzione della lente progressiva abbia portato all'introduzione di diverse innovazioni tecnologiche rivolte al raggiungimento del benessere visivo del presbite. Tuttavia è opinione assai condivisa che tanto più sono stati introdotti elementi innovativi nel prodotto, quanto più attorno alla lente progressiva e alle sue declinazioni si è delineato un alone di contenuti difficili da percepire per il pubblico e per gli addetti ai lavori, medici oculisti inclusi. Questo in parte vanifica il lavoro svolto delle industrie produttrici, interpreti delle attese del consumatore, in quanto la loro capacità di progettare lenti oftalmiche sempre più sofisticate e performanti non è stata sostenuta dalla competenza degli ottici che avrebbero dovuto divulgarle, rinunciando a interessanti opportunità in termini sia remunerativi sia professionali. Purtroppo in Italia la soluzione più diffusa per la compensazio-

li studi di analisi sulle dinamiche dei consumi nel mercato dell'ottica in Italia evidenziano un cambiamento nel comportamento del consumatore che, se ben interpretato, offrirà lo spunto per aiutarci a emergere nei prossimi anni con strumenti professionali maggiormente competitivi. Le ragioni di tale cambiamento sono di diversa natura e, se escludiamo la contrazione dei volumi d'acquisto, ovviamente legata all'attuale crisi economica, se ne individuano altre che in termini di qualità dei consumi vanno ricondotte ad atteggiamenti squisitamente culturali sia del consumatore sia di noi ottici optometristi. Se alcuni nostri clienti, fedelmente sensibili all'immagine “sanitaria” di cui godono i nostri negozi specializzati, richiedono un prodotto-servizio qualificato e premiano attraverso la propria preferenza quei punti vendita che soddisfano le loro aspettative, altri, disorientati da promozioni confuse e incongruenti, banalizzano il proprio disagio visivo e, sfruttando la moltitudine delle offerte, dettano inconsapevolmente le “nuove leggi” sui consumi. Gli esperti di gestione economica considerano l'impresa commerciale che non sa adattarsi al cambiamento del mercato come una realtà destinata a incontrare seri problemi di sopravvivenza nel prossimo futuro. Le loro analisi individuano proprio nel consumatore il soggetto che richiede un corrispondente rinnovamento del nostro canale distributivo e indicano l'imperante necessità di mutare l'approccio strategico alle vendite, passando dall'attuale orientamento al marketing all'orientamento verso i nostri clienti. Ciò richiederà all'ottico optometrista la capacità di saper riqualificare la propria offerta, affinando le proprie abilità attraverso l'acquisizione di competenze sempre maggiori sia di carattere tecnico sia comunicativo e relazionale. La capacità di evidenziare il valore aggiunto di un bene o di un servizio, in termini di qualità e professionalità, costituisce il nuovo elemento di competitività atto a stimolare l'interesse del pubblico e a influenzarne le scelte. Le nuove proposte di beni e servizi devono potersi confrontare con i reali vantaggi che ne ricaverà il consumatore e con il grado

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LAB tamente approntati con lenti occupazionali, degressive e progressive per vicino-intermedio, vengono proposte entrambe le versioni ai clienti presbiti con l'obiettivo di illustrare i prodotti attraverso la loro semplice campionatura, in luogo di laboriose spiegazioni impartite al cliente, che spesso alimentano in lui dubbi e osservazioni, rendendo inevitabilmente meno agevole la vendita. Applicando insieme ai miei collaboratori un criterio di proposta che via via si arricchiva di espressioni pregnanti e gestualità efficaci, rendendolo nel tempo sempre più persuasivo, ha preso così forma “il disco” o protocollo di proposta per le lenti occupazionali per la compensazione della presbiopia, che libera il presbite dall'ansia di dover decidere a priori il proprio acquisto. La procedura Inviteremo il cliente a sedere a un tavolo sul quale siano stati disposti alcuni stimoli visivi situati a diverse distanze: una rivista per quella di lettura e alcune piccole immagini (o lo schermo di un computer) per quella intermedia, in modo da ricreare le esigenze visive quotidiane del presbite. Dopo averlo equipaggiato con lenti di tipo monofocale, gli chiederemo di leggere il giornale e, una volta raccolta la sua soddisfazione, di porre l'attenzione su uno stimolo visivo posto alla distanza intermedia, in modo da renderlo cosciente del fastidioso sfuocamento prodotto dall'allontanamento del proprio sguardo. La presa di coscienza di questo limite della lente monofocale, se percepito, costituirà la base motivazionale del presbite nel renderlo propenso a orientarsi verso la lente occupazionale. L'impiego di una delle sue due opzioni disponibili, infatti, gli procurerà, nelle medesime condizioni, la sensazione di maggior benessere per l'espansione della propria visione, libera da capogiri e impedimenti, ben oltre la distanza del giornale tra le proprie mani. Seguitando nel confronto, chiederemo al cliente equipaggiato con lenti occupazionali di alternare la propria attenzione tra la lettura della rivista e gli stimoli visivi posti sul tavolo di fronte a sé, enfatizzando i vantaggi ora sperimentati con l'asserzione: “adesso si sente più libero di esercitare la propria visione naturale, senza più percepire impedimenti o capogiri rispetto alle lenti provate in precedenza”. Anche i presbiti già portatori di lenti progressive per porto abituale riscontreranno maggiore comfort visivo durante la visione prossima e intermedia con l'adozione di lenti di tipo

ne della presbiopia è ancora quella derivante dall'impiego di lenti monofocali (lo stesso tipo con cui sono preconfezionati gli occhiali disponibili anche nelle farmacie...): queste, qualora opportunamente prescritte, rappresentano un'efficace soluzione per la lettura, ma per tutte le attività che comportano distanze variabili di osservazione risultano poco pratiche e fastidiose, indipendentemente dalla loro qualità ottica. Infatti la loro unica distanza di messa a fuoco impone durante il loro impiego il mantenimento della corretta distanza di lettura per le quali sono state calcolate. Come conseguenza il presbite avvertirà una limitazione nella propria funzione visiva naturale, non potendo più dirigere lo sguardo sul piano di lavoro senza avvertire impedimenti e capogiri. Ciò diventerà più evidente con l'aumento dell'addizione, fino a quando, per evitare di vedere in maniera confusa a distanza intermedia, sarà costretto a togliere gli occhiali o ad avvicinarsi all'oggetto d'interesse per adeguare la propria distanza di osservazione al punto remoto originato dalla miopizzazione prodotta dalle lenti.

Comportamento del presbite alterato dall'impiego di lente monofocale

Questi limiti inducono gli utenti alla convinzione che non ci siano altre differenze percepibili (al di là del costo) tra un occhiale fatto su misura e un altro premontato acquistato in farmacia... La proposta della lente occupazionale Nel contesto economico attuale, in cui la contrazione dei consumi ha fatto registrare un apprezzabile calo delle vendite, il consumatore avverte sempre più il bisogno di ponderare i propri acquisti: attraverso personali criteri selettivi di giudizio, infatti, intende quantificare il reale vantaggio che può trarre dalle proprie scelte. Ed è proprio su tali criteri che s’intende far leva attraverso l'impiego di argomenti di intuibile e immediata efficacia. Qual miglior metodo, quindi, se non quello di fargli provare le lenti? Avvalendoci dei kit di presentazione apposi-

Confronto della visione prodotta dalla lente occupazionale rispetto alla monofocale

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ciò cui dedica la propria attenzione. Gli insegneremo, quindi, a sfruttare in modo corretto l'area funzionale delle lenti designata alla lettura, chiedendogli di dirigere la propria attenzione su un quotidiano tenuto nelle proprie mani, mantenendo il proprio sguardo un poco più sollevato e orientato dritto in avanti, e di ruotare il capo più che gli occhi, per volgere la propria attenzione sul settore di pagina che di volta in volta richiama il suo interesse. Una volta invitato il soggetto ad assumere la posizione eretta, gli chiederemo di mantenere la propria attenzione sugli stimoli posti in lontananza di fronte a sé, per poterlo distogliere dai fenomeni di ondeggiamento altrimenti percepibili osservando il pavimento vicino ai suoi piedi. Infine orienteremo il suo cammino verso le vetrine interne del negozio, invitandolo ad apprezzare la chiarezza dei dettagli vicini a sé osservati nell'esposizione. Operando in questo modo eviteremo di raccogliere le critiche del presbite durante il primo impiego di lenti progressive, per i probabili disagi conseguenti l'assunzione di una postura istintiva ma scorretta: attraverso questa esperienza, infatti, la maggior parte di loro si è ricreduta circa i timori che nutrivano verso le lenti progressive, in quanto le reali difficoltà riscontrate durante la loro prova si sono dimostrate di gran lunga inferiori rispetto a quelle diffuse da terzi. Conclusioni L'approccio al presbite appena descritto ha ottenuto l'interesse dei colleghi e dei medici oculisti intervenuti al seminario multidisciplinare “Presbiopia e metodi di compensazione”, svoltosi a Bari il 17 maggio scorso. Inoltre i dati raccolti in occasione di incontri antecedenti con i colleghi testimoniano il successo dell'iniziativa: le nozioni da loro apprese, infatti, sono state poi messe efficacemente in pratica con positivi riflessi sulle vendite, fino a raddoppiare la percentuale di lenti a focale variabile rispetto ai mesi precedenti la formazione (vedi b2eyes magazine n.6-2013). La nostra disponibilità a orientarci verso il cliente presbite, unita a una gestione creativa degli strumenti, diviene così l'elemento chiave per la valorizzazione della nostra attività professionale. In quest'ordine dei valori la proposta dalla lente a focale variabile, attraverso la sua prova preventiva, assume un'importanza strategica che va ben oltre lo scopo di promuovere uno specifico prodotto; diventa un’opportunità per contribuire a fare del centro ottico un punto di riferimento, “la marca del prodotto” verso cui il cliente indirizzi le proprie aspettative.

occupazionale, grazie alla maggiore stabilità della propria visione durante i movimenti visuomotori orizzontali-verticali e per la libertà di poter assumere la propria posizione istintiva del capo, sia durante la lettura sia durante l'osservazione dello schermo del computer. Rispetto alle lenti progressive per porto abituale, quelle occupazionali non richiedono particolari consigli d'uso né tantomeno periodi di adattamento: il loro impiego verrà, infatti, confinato in contesti nei quali il presbite sarà seduto o, comunque, la cui mobilità e la propria esplorazione visiva risulteranno essere ridotte. Grazie a ciò, se non dovessimo motivarne la differenza in termini di costo rispetto alle lenti monofocali, potremmo consigliarle indiscriminatamente a tutti i presbiti che richiedano una compensazione per la lettura e per il lavoro svolto alla distanza visuo-prossimale, il cui valore addizionale sia uguale o superiore a 1,00 D. La proposta della lente progressiva per porto abituale La prova della lente progressiva per porto abituale è rivolta sia a quei presbiti-ametropi che necessitano di una compensazione per la distanza a causa di altri disturbi della vista sia a quei presbiti emmetropi che desiderano ripristinare il proprio intervallo di visione chiara tra la distanza di lettura e la lontananza in modo dinamico: senza dover mettere e togliere i propri occhiali, quindi, durante le variazioni della distanza d'osservazione. La prova preventiva consente al presbite di poter sperimentare i benefici della lente progressiva, di poterne subordinare l'acquisto al proprio giudizio e, da parte nostra, ci consente di appurare in anticipo se il soggetto candidato all'uso di lenti progressive per porto abituale dimostri di possedere effettivamente le attitudini necessarie per adattarvisi, ponendolo al riparo da ogni sua eventuale falsa aspettativa. La procedura dimostrativa: "il disco" Sovrapponendo il supporto per la prova con l'addizione necessaria agli occhiali per la lontananza, se già in uso, inviteremo il presbite in posizione seduta ad alternare la propria visione tra stimoli visivi posti in lontananza e quelli vicini a sé. Per questo scopo sono da preferire in un primo momento mire di fissazione le cui dimensioni siano contenute, come l'orologio da polso o il telefono cellulare, in modo da favorire una prima impressione di gradimento. Seguitando nell'illustrare i vantaggi derivanti dall'uso di lenti progressive per porto abituale, impartiremo al presbite i consigli per un corretto uso delle lenti in modo da anticipare le sue eventuali osservazioni riguardo ai loro limiti, superabili solo con l'assunzione di un'adeguata postura durante la lettura e con movimenti corretti e fluidi del capo nell'inquadrare

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APPLICARE UNA LENTE MORBIDA, TUTT’ALTRO CHE BANALE L’adagio che “il vasto numero di opzioni di trattamento di un problema possa essere inversamente proporzionale a quanto si conosca del disturbo stesso” introduce l’argomento in questione: quanto possiamo sapere riguardo l’applicazione di lenti a contatto morbide affinché queste possano definirsi ottimamente adattate?

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di Marco Tovaglia Contattologo

unicamente - quando lo si fa – sui parametri corneali l mondo della contattologia è una realtà è estremamente riduttivo. Recentemente ho avuto la veramente affascinante perché riserva fortuna di potermi confrontare, in termini di pensiero occasioni per rimettere in discussione professionale, con una illustre collega e trovare dogmi o convinzioni che portiamo comune accordo su un’affermazione: anche una appresso come nostro bagaglio formativo. lente disposable deve poter essere valutata in termini In altre parole, siamo così sicuri di applicativi al pari di una definita “convenzionale”. Il conoscere perfettamente tutte le sfaccettature di un percepito che alcuni applicatori neofiti possono avere approccio contattologico al fine di poter scegliere, del fatto che sia facile applicare nell’eventualità di un’anomalia lenti “usa e getta” a differenza di procedurale o integrativa, la una morbida a ricambio meno soluzione mirata alla gestione frequente è, sostanzialmente, dell’impasse? In termini provocatori erroneo. Ogni lente a contatto si potrebbe asserire che le dev’essere soggetta alle attenzioni soluzioni a un problema sono necessarie a poter convalidare molteplici, ma la questione più come “sicura” un’applicazione, sia importante è aver inquadrato essa di disposable, convenzionali con certezza la causa scatenante. o (R)GP. Applicare lenti a contatto morbide Vediamo come poter considerare, non è così scontato che possa Profilo piatto di una lente a contatto in sequenza, i diversi aspetti essere una procedura semplice che identificano una basilare e banale. È stato già affrontato, linea valutativa nell’applicazione di lenti morbide in un precedente articolo (vedi b2eyes magazine e quali accorgimenti possono essere adottati per n.2-2013), l’approccio di scelta di una lente idrofila risolvere l’anomalia riscontrata. Essendo l’argomento secondo elementi fondamentali che prevedono la trattato veramente poliedrico, mi limito, per ora, ad conoscenza del parametro relativo al diametro visibile affrontare gli aspetti prettamente geometrici. Una dell’iride in orizzontale e la profondità sagittale delle sensazioni più diffusamente segnalate dal della cornea. Scegliere un raggio di curvatura, per portatore quando una lente a contatto morbida non la lente da adottare in campo morbido, basandosi

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che acutizzare la scarsa risposta metabolica provocata viene totalmente accettata è il discomfort fisico. Questo dal limitato ricambio lacrimale, generando, inoltre, può essere generato da un non idoneo materiale staining corneale indotto dalle soluzioni manutentive per quel soggetto (alto contenuto idrico quando, (SICS). Con una lente stretta le problematiche si invece, vi sia scarsa lacrimazione) o un connotato, evidenziano per lo più al termine del periodo di in termini geometrici, legato a un diametro totale o porto giornaliero, facendo accusare progressivi curvatura non adatti alla morfologia dell’occhio su segni di disagio innescati, appunto, principalmente cui si sia proceduto con l’applicazione. Ad esempio, dalla scarsa ossigenazione corneale. Come valutare una lente di curvatura molto “piatta” o, se vogliamo, più concretamente l’aspetto di lenti piatte o strette? con una profondità sagittale sub-ottimale rispetto Attraverso una prima disamina in fase statica, ovvero ala freccia della cornea può rivelarsi davvero ostile: senza ammiccamento o movimento oculare: la lente in essa si decentra con la possibilità che vi sia invasione che posizione si trova? Copre l’intera area corneale con limbare, che si mostri estremamente instabile e un corretto interessamento della congiuntiva bulbare dinamica e, conseguentemente, impedisca una buona senza compressione o, invece, mostrando particolare risposta visiva. In casi estremi, il bordo di una lente decentramento? Secondo James Wolffsohn, docente molto lasca può generare un fenomeno definito di alla Aston University, una lente morbida si presenta fluting, un effetto cui possono essere soggette alcune spesso con un decentramento superiore e temporale: tipologie di lente con un modulo di elasticità elevato, superiore perché conseguenza del trascinamento come alcuni materiali in silicone-hydrogel. In questo palpebrale verso l’alto; temporale, invece, poiché caso la diagnosi del problema è evidente e facilmente identificabile dagli elementi precedentemente elencati, l’area nasale di limbus e sclera è più piatta rispetto alla porzione controlaterale maggiormente curva. nonché da marcature congiuntivali dovute alla In un controllo dinamico delle lenti è importante pressione meccanica provocata da un dislocamento valutare la velocità di escursione generalmente in area nasale. e il tempo che impiegano nel Nel caso di una lente stretta o, tornare nella posizione di base tornando alla definizione in (lens-lag). La condizione ideale, termini di profondità sagittale, per un controllo realistico del con una freccia maggiore è, movimento di una lente idrofila, invece, più frequente che la lente la si può registrare dopo appena si dimostri più confortevole. Ed è 5 minuti dall’applicazione e non qui che, purtroppo, s’innesca il trascorsa una mezz’ora come meccanismo per il quale si rischia la tradizionale pratica ci ha di convalidare per buona una lente: insegnato: tanto meno variazioni se questa mostra una ragionevole si permettono al materiale, quanto performance visiva e non disturba PushUpTest (photo courtesy Davide Brambilla) più significativo sarà l’esito del fisicamente, non sembrano esservi nostro controllo. Bisogna fare comunque attenzione ragioni per dubitare del tipo di prodotto dispensato. che il movimento non superi la delimitazione È noto che una lente a contatto morbida consenta un limbare e che, quindi, corrisponda mediamente a 1 ricambio lacrimale limitato, basti pensare che rispetto mm, tenendo conto che nella pratica accademica il a una RGP, dove la pompa lacrimale ricambia il 20% diametro totale di una lente idrofila viene calcolato in circa del film post-lente, l’entità del volume rinnovato ragione di 2-2,2 mm più grande dell’HVID (Horizontal durante l’ammiccamento nella prima componente Visible Iris Diameter): ciò vuol dire che sarà, per parte, polimerica è soltanto dell’1-2%. Una lente stretta non fa

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di una lente morbida non può non trovare posto un oltre il limbus di circa 1 mm e che, di conseguenza, check con oftalmometro e topografo corneale. Con questa quota dovrà rappresentare il limite massimo il primo valutiamo la qualità e la stabilità delle mire di escursione. Non sempre un dinamismo autonomo proiettate sulla cornea mentre è indossata la lente: se significa lente piatta, anzi può verificarsi che anche quest’ultima è troppo curva, durante l’ammiccamento una profondità sagittale eccessiva della curva base si osserverà distorsione delle immagini proiettate. Con mostri un ambiguo comportamento. Per potersi il topografo monitoreremo, invece, possibili alterazioni accertare della reale fitting relationship è importante della shape della cornea in differenti intervalli: un effettuare un push-up test, ovvero una spinta inferta giorno, una settimana, un mese, tre mesi, sei mesi, alla lente, durante il controllo, avvalendosi della un anno. Eventuali warpage o, più semplicemente, palpebra inferiore come elemento artefice di una variazioni rispetto alla baseline delle curvature sospensione: se, una volta generato un artificiale corneali in ragione di oltre 0,5 D evidenzieranno che spostamento della lente verso l’alto, questa torna probabilmente la scelta della profondità sagittale della repentinamente in posizione, l’appoggio è certamente lente non è idonea a un porto piatto. Secondo lo stesso Wolffsohn, disinvolto. però, non è sufficiente il pur L’invito, dunque, è quello di esaustivo push-up test, bensì una non sottovalutare l’approccio combinazione complessiva di tutti i applicativo morbido e mettere controlli precedentemente elencati. in campo il più possibile le Mi ha molto colpito, comunque, nostre conoscenze, competenze una considerazione di Eef van e professionalità nel giudicare der Worp: in termini provocatori tutti gli elementi che possano chiede come potremmo far capire permettere la garanzia e la ai giovani allievi, osservando soddisfazione in sicurezza del una lente morbida durante il SICS portatore, durante l’uso di una controllo in lampada a fessura, lente idrofila. Sempre citando che quest’ultima possa essere considerazioni di van der Worp, se è vero come piatta o stretta e, soprattutto, quale scala di valori sembra che il controllo della progressione miopica può adottare per il giudizio dell’una o dell’altra condizione. avvenire con lenti morbide multifocali centro-lontano, Si rischierebbe di poter dichiarare il fitting “buono” sarà sempre più fondamentale farsi trovare preparati o “non ottimale”, trovando difficile descrivere con una caratura di performance attitudinale di diversamente la condizione monitorata. Lo stesso elevato livello. opinion leader olandese riporta un metodo in uso a un suo collega danese, Nico Dames, che unisce ai noti metodi di controllo anche un eye-blink test. La Bibliografia: verifica consiste nel valutare, attraverso la risposta • McNamara NA, Polse KA, Brand RJ, Graham AD, Chan JS, McKennedy CD. “Tear mixing under a soft lens: effects on lens visiva del portatore, la presenza o meno di un cospicuo diameter”. Am J Ophthalmol. 1999;127:659-65. volume lacrimale tra lente e cornea: nel caso vi fosse • Veys j, Meyler J, Davies I. “Contactlenzen in de praktijik deel 5. una notevole clearance, durante l’ammiccamento e Het aanpassen van zachte contactlenzen”. Contactlens Inside – vakblad ANVC:2-18. la conseguente spinta di una lente più concava verso • Wolffsohn, James S.; Hunt, Olivia A. and Basra, Amritpreet K. la cornea si produrrebbe nella prima una distorsione (2009). “Simplified recording of soft contact lens fit”. Cont. Lens delle superfici e, conseguentemente, una transitoria Ant. Eye, 32(1):37-42. • Xiang, Fan; He, Mingguang; Morgan, Ian G. “The impact of disomogeneità del percorso ottico. Il controllo viene Parental Myopia on Myopia in Chinese Children: populationeffettuato anche invitando lo stesso portatore a ruotare based evidence”. Opt.Vis.Sci. 89(10):1487-1496, October 2012. lo sguardo in più direzioni, registrandone, sempre • Young G., Coleman S. “Poorly fitting soft lenses affect ocular integrity”. CLAO J 2001;27:68-74. dopo l’ammiccamento, la qualità visiva: nel caso di • Young G. “Ocular sagittal height and soft contact lens fit”. J. una buona condizione di appoggio non si assiste ad Brit. Cont. Lens Ass. Volume 15, Issue 1, 1992:45-49. alcun ritardo o imperfezione nella visione. Infine, per • Eef van der Worp “Survival of the fitting”. GlobalContact 2-13(63):22-27. una completezza delle fasi diagnostiche nel controllo

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CRIZAL PREVENCIA, L A TECNOLOGIA ANTIRIFLESSO SELET TIVA.

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AIUTA A PREVENIRE L’INVECCHIAMENTO PREMATURO DELL’OCCHIO FILTRA SELETTIVAMENTE LA LUCE BLU-VIOLA NOCIVA Aiuta a preservare la vita delle cellule della retina e a prevenire la Degenerazione Maculare legata all’Età.

CELLULE SANE

CELLULE DANNEGGIATE

PROTEZIONE DOPPIA DAI RAGGI UVA-UVB Riduce radicalmente i raggi UVA-UVB provenienti da entrambe le fonti di esposizione: frontale e riflessa dalla superficie interna della lente. Aiuta a prevenire l’insorgenza della Cataratta.

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PRESERVA IL BENESSERE DEGLI OCCHI E DELL’ORGANISMO

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TEST IN VITRO SULLE CELLULE DELLA RETINA

Permette il passaggio della luce visibile essenziale per la vista e della LUCE BLU-TURCHESE indispensabile per tutelare il ciclo sonno-veglia e le capacità cognitive.

Per una visione perfettamente nitida e una trasparenza che dura nel tempo.

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