VicenzaPiù n.262, 7 dicembre 2013

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n° 262 web - 7 dicembre 2013 - euro 1,20

Nord del Camerun sottosopra, l’appello di Don Maurizio Il missionario vicentino ci scrive dopo il rapimento di padre Georges Vandenbeusch: il mondo deve sapere quello che accade. E la Chiesa di Vicenza ancora di più visto che nel nord del Camerun ha 2 missioni diocesane (Loulou e Tchéré)


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Jadid, Pelagatti e Tomei scovati in Fuori gioco Nella rubrica Chiaramente Calcio, in onda settimanalmente sul canale 193 di Sportelevision VicenzaPiùTv e sul nostro canale streaming VicenzaPiu.Tv, uno spazio diverso dalle solite interviste ed analisi tecniche è riservato ai ritratti fuori dal campo dei protagonisti delle pedate domenicali vicentine di Lega Pro. Pubblichiamo in questo numero di VicenzaPiù la trascrizione fedele dei primi tre ritratti che la rubrica “Fuori gioco” ha proposto ai telespettatori tv e web: scoviamo per voi chi sono nella loro vita quotidiana Jadid, fantasista del Vicenza calcio, Pelagatti, attaccante del Bassano Virtus, e Tomei, portiere del Real Vicenza.

Pelagatti: Belen è un sogno di Giulia Tessari

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arlo Pelagatti sei arrivato a Bassano a stagione iniziata insieme a Fondi, sei stato presentato come difensore centrale quindi in alternativa a Bizzotto e Zanella in realtà in passato hai giocato come centrale come esterno ma il calcio tecnico ci interessa meno della tua storia. Tuo fratello Saverio è arbitro in Lega Pro Prima Divisione, l’Italia sappiamo è piena di conflitti di interesse, non dovrebbe succedere ma se mai succedesse che fosse tuo fratello ad arbitrare una tua partita che cosa sentiresti, come ti comporteresti? Prima cosa non è possibile che mio fratello possa arbitrare una mia partita perché lui deve dire le parentele che ha nel campionato in cui arbitra quindi non lo manderanno mai né in una mia partita né difficilmente nel girone in cui siamo noi. Però se dovesse succedere una cosa del genere, che come ti ripeto non possibile che succeda, sicuramente ci litigo in campo perchè ci litigo già fuori al campo quando siamo a casa che guardiamo qualche episodio della serie A, la pensiamo sempre in maniera diversa quindi sicuramente anche in campo sarebbe una battaglia. Cosa ne pensi invece dei conflitti di interesse? Purtroppo siamo in Italia, è così fuori dal mondo del calcio e purtroppo si risente anche nel mondo del calcio. Abbiamo questa figura anche all’estero, questa immagine dell’italiano che cerca sempre una via di fuga più facile,è normale dai. Sei nato l’8 gennaio 1989 ad Arezzo, lo sai che con il Valenza il vicentino quindi anche Bassano è concorrente della tua Arezzo, un altro conflitto ma questa volta di bandiere. Cosa ci dici? Lo so perché sia Vicenza che Arezzo sono città dell’oro le città più importanti a livello nazionale e non solo, è un altro conflitto di interessi di cui faccio parte perché sono di Arezzo però non è una cosa che mi interessa questa, sono due città importanti e mi fa piacere diciamo non è una cosa

/ Pelagatti sul ponte di Bassano

che mi preoccupa. Dopo aver esordito proprio ad Arezzo tra i professionisti a 20 anni nel 2008/09 nel 2009 ti sei trasferito a San Giovanni Valdarno e poi per tre anni sei andato all’estero cioè a San Marino, poi sei venuto qui a Bassano. Cosa ti manca della Toscana, della tua città Arezzo, di San Marino e cosa hai trovato qui a Bassano? Arezzo è la mia città natale quindi come penso per tutti è la città in cui sto meglio è la città in cui torno appena posso e che secondo e è la città più bella come per tutti lo è la città natale. Sicuramente mi manca molto San Marino perché ho passato tre anni fantastici conditi da una promozione, play off, dei gruppi straordinari, soprattutto l’ambiente vicino Rimini, Riccione è un ambiente molto bello molto cordiale, ho conosciuto persone fantastiche quindi terrò sempre un bellissimo ricordo di quel posto. Però sono contento di essere arrivato a Bassano che come ho detto ai miei familiari e ai miei amici è un posto molto carino in cui si sta veramente bene, anche le persone che ho conosciuto sono persone fantastiche. Si sta veramente bene, dai! e quindi sono contento perché potevo finire in molte altre città e sicuramente sarebbe stato al 90% delle città in cui potevo fi-

nire peggio quindi sono contento. E oltre il calcio che pratichi da professionista altri sport che hai nel cuore? Non li seguo tutti ma i piacciono tanti sport, mi piace il tennis, mi piace il golf, mi piace tantissimo l’NBA che seguo molto è lo sport che seguo di più. Il calcio facendolo tutti i giorni, vedo le partita più importanti ma non lo seguo più di tanto invece il basket mi piace tanto mi appassiona veramente. Quindi calcio, basket, sport in generale e nel tempo libero? Nel tempo libero mi piace uscire con gli amici andare a cena fuori, stare in compagnia magari anche girare per i negozi, guardare, comprare, spendere soldi diciamo, i riesce facile spendere soldi. Domande adesso un po’ più personali. La tua ragazza ideale come dovrebbe essere come te la immagini? Come Belen! No scherzo, sicuramente mi deve piacere l’aspetto fisico ma non ho e parametri precisi, sicuramente una ragazza che non sia troppo appariscente tranquilla, di paese diciamo dai. Adesso la domanda è scontata, sei fidanzato? No, in cerca. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Jadid ricorda Baggio ma gli piace essere un marito e un padre semplicissimo di Giulia Tessari

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bderrazzak Jadid, regista di centro campo del Vicenza, sei nato il 1° giugno del 1983 in Marocco, poi tuo padre si è trasferito in Italia in cerca di lavoro e tu all’età di cinque anni ti sei trasferito anche tu con la tua famiglia per raggiungerlo. Vorrei partire da questo, Marocco e Italia due culture sicuramente diverse due ambienti diversi ci vuoi parlare un po’ delle tue impressioni, se torni mai nella tua terra d’origine, se ti manca, se ti trovi bene qui. Come hai detto a cinque anni sono venuto qua in Italia con mio papà, mia madre, tutti i miei fratelli e da lì è iniziata una nuova vita, abbiamo tutti iniziato gli studi qui in Italia chiaramente mio papà lavorava quindi si aspettava l’estate per tornare a casa in Marocco dove abbiamo ancora i nonni quindi approfittiamo sempre vacanze d’estate per tornare a casa in Marocco però siamo da tanti anni

che siamo in Italia e ci definiamo italianissimi anche se comunque non rinneghiamo le nostre origini e ci fa sempre piacere l’estate tornare a casa. Prima di giocare nel Vicenza hai giocato nel Brescia e in quell’anno hai giocato anche con un famosissimo calciatore vicentino che è Roberto Baggio. Raccontaci qualcosa, le tue impressioni su di lui, se lo senti ancora, se hai mantenuto qualche contatto. No, contatti non ci sono più stati, c’è stato solo il piacere di rivederlo una volta che è venuto a salutarci a Brescia con Guardiola, sentirci non ci siamo più sentiti e chiaramente è stato un onore per me giocare con lui, non è da tutti, e quindi è stato motivo di orgoglio, assolutamente un piacere aver giocato insieme a lui. Poi sai Baggio lo si conosce per quello che ha fatto in campo la fortuna di viverlo il quotidiano per me è stato assolutamente un piacere. Ecco visto che tu lo hai conosciuto ci vuoi dire che ricordo hai di lui, come era proprio come persona fuori fuori dal campo?

Lui era uno a cui piaceva sempre scherzare, aveva tante barzellette e aneddoti da raccontarti e quindi era sempre un piacere ascoltarlo ma allo stesso tempo era una persona molto seria con dei valori eccezionali e quindi ricordo con piacere l’anno che poi io mi sono operato al ginocchio lui mi disse che quella cicatrice sarebbe stata la mia fortuna nel senso che mi avrebbe rinforzato e quella frase mi ha aiutato molto. Ricordo questo di lui che era sempre pronto ad aiutare qualsiasi giovane. Sappiamo anche che hai firmato un contratto di un anno con il Vicenza, dopo cosa ti piacerebbe fare hai qualche idea, qualche desiderio? Il desiderio adesso comune è quello di fare bene da qui a fine stagione sperando di toglierci qualche soddisfazione e poi le somme si tirano sempre a fine anno. Un’ultima cosa: ci interessano anche le passioni dei giocatori, in questa rubrica ci soffermiamo soprattutto sul lato più umano che tecnico. Ci vuoi raccontare qualcosa di te, come occupi il tempo libero, se pratichi altri

/ Abderrazzak Jadid in piazza dei Signori

sport, quali sono i tuoi interessi per capire te come sei come persona. Fuori dal campo sono un marito e un padre semplicissimo, vivo il quotidiano come lo vivono tutte le persone e ho l’hobby dei cavalli mi piacciono da morire i cavalli e poi guardo tanto sport che siano corse di cavalli, che sia calcio, che sia soprattutto il football americano che mi piacciono parecchio i quarterback la loro prontezza la loro facilità di mandare a segno un compagno è uno sport che mi affascina. Sono come tutte le

persone che vivono il quotidiano, quando c’è la spesa da fare bisogna andare a farla. E poi tanto allenamento, comunque ci alleniamo sette giorni su sette insomma e quindi sono sempre al campo. I tuoi figli hanno preso da te la passione per il calcio, vengono a vederti, ti guardano da casa, fanno il tifo insomma per il papà? Sì, si assolutamente. Anche a loro piace il calcio? Sì tantissimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Tomei: mamma e tatuaggi (g.t.) Matteo Tomei, portiere del Real Vicenza ,sei arrivato che il calcio mercato era praticamente quasi finito, sappiamo che sei stato il punto di riferimento per la serie D, eri considerato il numero 1 della serie D, sappiamo inoltre che la società ti ha accolto a braccia aperte, soprattutto il tecnico Vittadello con cui avevi già avuto un’esperienza quando avevi vinto i play off con il San Bonifacio. Sappiamo che tuo papà inoltre allena una squadra di calcio. Lui come è nei tuoi confronti visto che sei un giocatore del Real Vicenza, ti da dei consigli? Io ho avuto la fortuna di avere mio padre come allenatore a Quinto e quindi in questo momento qui abbiamo un rapporto abbastanza tra giocatore e allenatore poi dopo lui mi da tanti consigli, riesce comunque a farmi vedere il pelo nell’uovo quindi di conseguenza per me è una grossa fortuna averlo a casa come diciamo primo tifoso. Adesso purtroppo non può più venire a vedere le partite del Real Vicenza, veniva ogni domenica, perché sta allenando una squadra di eccellenza e di conseguenza ben venga per lui e speriamo possa fare anche lui un buonissimo campionato. Sei nato a Motta di Livenza un paesino in provincia di Treviso però sei anche uscito dall’Italia hai girato, hai anche fatto un’esperienza in Scozia, al Ross County, sicuramente un ambiente molto diverso

Sicuramente l’ambiente è diverso anche perché comunque in Italia ci sono un po’ più di pressioni, parlo di categorie più elevate come la serie B e la serie A. La Scozia è bella perché c’è tanta natura, la gente è tanto ospitale il calcio è più bello secondo me rispetto a quello italiano anche perché le strutture gli allenamenti sono diversi, ti fanno un po’ più amare questo gioco anche le persone al di fuori di quello che può essere il calcio. Non la rifarei, vi premetto non la rifarei perché è stata un’esperienza abbastanza dura, mi ha formato molto e traggo solo gli aspetti positivi poi dopo diciamo è stato il mio passato adesso il mio presente è qui e speriamo di continuare. Parliamo un po’ delle tue passioni dei tuoi hobby Non ho hobby agonistici, ho hobby abbastanza colorati che sono … i tatuaggi e di conseguenza spendo il mio tempo ad andare su internet oppure a vedere foto per mettermi qualcosa addosso perché amo questi disegni. Possiamo chiederti quanti ne hai e cosa rappresentano per te se non è una cosa troppo personale? Non sono cose personali, adesso ne ho sei e sono in procinto di farne altri tre. Sul braccio ho un samurai fatto dopo aver visto il film di Tom Cruise “L’ultimo samurai” che mi è piaciuto molto perché anche comunque diciamo sonno un amante dei film, poi ho sulla pancia i miei due nonni che non ci sono più e un disegno della mia famiglia sul polpaccio, una

croce sulla coscia e dietro la coscia una data che è molto importante per me. Sicuramente devi farne altri perché sappiamo che i tatuaggi devono sempre essere dispari Non ci credo molto a questa cosa , ti dicevo che ero un po’ anticonformista. Parlavi di film, hai qualche regista preferito qualche film in particolare che ti piace, vai al cinema o li guardi a casa? Mi piace andare al cinema, ma non vado spesso perché sono single. Mi piace vederli a casa. Ripeto L’ultimo samurai è stato uno dei film che mi ha segnato molto e quando ero in Scozia ho visto dalle dieci alle venti volte Braveheart. Sono due colossal, sono questi i film che mi piacciono. Mi hai rubato una domanda. Mi hai già detto che sei single, volevo chiederti se c’è una donna che fa il tifo per te dagli spalti o da casa però anche se mi hai già risposto posso chiederti magari la donna giusta per te come deve essere, se hai un’idea. La donna giusta per me…, diciamo che secondo me le donne giuste, faccio una premessa, le donne giuste per il calciatore sono quelle donne semplici che ti danno serenità che ti danno una mano, ti aiutano e ti sostengono anche nei momenti meno rosei. In questo momento non ho nessuna donna che tifa per me, ne ho solo una in tribuna ogni volta che è mia mamma e quindi di conseguenza sono contento così in questo momento sono single e mi dedico a

/ Tomei con Giulia Tessari

quello che è il mio lavoro che è il Real Vicenza. Speriamo allora che le donne che ci seguono abbiano preso appunti. Guarda io non sono uno che va in

cerca molto, di conseguenza se viene fuori la donna della mia vita ben venga sennò andiamo avanti così.

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Giornale chiuso in redazione alle ore 14.00 di venerdì 6 dicembre 2013


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Nord del Camerun sottosopra: Il documento appello di Don Maurizio Il missionario vicentino: noi da qui possiamo sensibilizzare l'opinione della gente.... e sarebbe già tanto

di don Maurizio Nicola Bernardi, giovane e affermato imprenditore vicentino nel settore immobiliare, ci ha inviato una nota che nulla ha a che fare con la sua attività ma è uno scritto di un suo compagno di scuola delle elementari, ora Missionario in Africa, che pubblichiamo con piacere e testimoniando la nostra vicinanza a quanto da lui scritto. Carissimi amici, qualcuno di voi è a conoscenza di quanto sta accadendo nella regione del nord del Camerun. Non certo perché i giornali italiani ne abbiano parlato (ci mancherebbe!), ma semplicemente perché domani (le lettera è del 28 novembre, ndr) una squadra di muratori da Molina di Malo doveva venire a darci una mano nella costruzione della chiesa della missione e invece, a 3 giorni dalla partenza, il viaggio è stato annullato. Ma ricostruiamo le vicende. Poi darò spazio a qualche considerazione. La notte tra mercoledì e giovedì scorso (13/14 novembre), un gruppo di “banditi” hanno assalito la missione di Nghecewé - 100 km a nord di Maruà - e, dopo un tentativo di furto finito male (il rumore aveva destato la gente delle vicinanze), sono ripartiti sequestrando il parroco, padre Georges, un missionario francese di 42 anni. Qualche kilometro a piedi in mezzo alla savana e poi una fuga in moto fino a passare il confine con la Nigeria. Il governatore della regione dell'Estremo Nord del Camerun e il suo staff, intervenuti immediatamente, hanno passato i successivi due giorni a organizzare le ricerche e a studiare un piano di messa in sicurezza del territorio. Infine, ieri, è arrivata la rivendicazione dell'atto da parte da parte degli estremisti di Boko Haram, la setta islamica che dal 2009 sta mettendo in ginocchio il nord-est della Nigeria. Lo scorso febbraio la stessa setta aveva fatto un’altra incursione in Camerun

settentrionale e aveva sequestrato un’intera famiglia francese (compresi i 4 bambini). La liberazione era avvenuta dopo 2 mesi e – ma solo secondo fonti non ufficiali – dietro lauto riscatto. Poi c’è stata l’uccisione dei giornalisti in Mali. Ed ora il rapimento di questo prete. Padre Georges era arrivato in Camerun come Fidei Donum da soli due anni, unico missionario della sua diocesi in terra d’Africa. Ci si incontrava frequentemente alle riunioni a Maruà e, proprio perché lo si sapeva solo, era stato naturale dimostragli amicizia e farlo sentire ancor più “tra fratelli”. Proprio pochi giorni prima, gli avevo dato un passaggio in macchina e gli chiedevo come stesse. Era sereno, diceva di sentirsi ben voluto dalla gente e “protetto” proprio dai suoi parrocchiani che di continuo gli dicevano di stare tranquillo, che ci avrebbero pensato loro a tener lontano ogni malintenzionato (cosa che, in effetti, hanno provato a fare la notte dell’assalto: ma cosa possono dei bastoni di fronte a fucili e munizioni?). Il passo successivo intrapreso dal governatore è stato quello di provare a mettersi in contatto con le tre province frontaliere della Nigeria, per ottenere un coordinamento tra le forze dell’ordine dei 2 Paesi. Ma quello che è emerso è stato a dir poco inquietante: dall’altra parte della frontiera camerunese non c’è più la Nigeria, ma tre province completamente nelle mani di Boko Haram. Tutte le forze dell’ordine se ne sono andate, la gente fugge dove può. Non più un funzionario a dare una parvenza di normalità. L’esercito nigeriano sta tentando di riprendere il “suo” nord-est attraverso i bombardamenti. Per ora, senza riuscirci. I primi a pagare per questa situazione sono – come sempre! – i civili. La setta, che ha come scopo di distruggere le scuole e la cultura (diabolica manifestazione dell’oppressione occidentale, a loro avviso), assalta scuole e villaggi. La gente, dicevo, fugge dove può. Molti sono coloro che si stanno rifugiando in Camerun, dopo aver perso case, terre e raccolti. E i poveri che abitano le zone di confine stanno

mostrando una solidarietà inimmaginabile, accogliendo nelle loro case e nutrendo “fratelli” che hanno bisogno di tutto. Purtroppo, però, la tragedia non si limita a questo. L’esercito camerunese ha fatto sapere che, ben mimetizzati in mezzo a questi rifugiati, stanno entrando in Camerun anche vari membri della setta di Boko Haram. Fino a qui i fatti. Passiamo a ciò che in questi momenti si sta dicendo e pensando qui, sul posto. Quando, in aprile, la famiglia francese sequestrata era stata liberata, si era tirato un sospiro, illudendosi che lo Stato avesse ripreso in mano il controllo della situazione e che quindi si stesse ritornando “alla normalità”. Ma non era così. Nella tranquillità apparente, la setta stava invece cominciando a tessere la sua tela organizzativa. Le voci che circolano parlano di cellule in formazione. E di una connivenza da parte di qualcuno che quando va bene è solo passiva, ma che talora diventa decisamente attiva (senza complici “locali”, per esempio, l’assalto alla missione di padre Georges è difficile da spiegare). Già all’indomani del sequestro, il governatore aveva disposto che tutti i bianchi che abitano nelle vicinanze della frontiera nigeriana ripiegassero su Maruà e, meglio ancora, rientrassero in Patria. I missionari, però, si erano opposti, dicendo che non si abbandona la gente quando il bisogno si fa più grande. Ma l’autorità civile non aveva ceduto, facendo sentire il peso del suo comando. Ieri, invece, è arrivato l’insperato contrordine: sembra che il papa stesso sia intervenuto a chiedere che sia permesso ai missionari di restare al loro posto. La missione della Chiesa è accanto a chi ha bisogno. Prospettive. La “crisi” attuale (e, per una volta non mi riferisco a quella economica mondiale, ma allo stato di destabilizzazione in atto nel nord del Camerun) non è di quelle destinate a passare velocemente. Se, con l’aiuto di Dio, potremo riabbracciare il nostro amico Georges, questo non significherà la fine di un bel niente. L’Islam estremista è sempre più armato e sempre più intenzionato ad allargare il suo territorio. Purtroppo qui la maggior parte della gente è troppo “semplice” per rendersi conto che aprire la porte a questo Islam non porterà a nulla di buono. Qui non c'è la possibilità di informarsi come da noi, di fare la differenza tra Islam e Islam. Il vescovo di Maruà è da sempre un indefesso propugnatore della pace tra le religioni, del dialogo, della convivenza fraterna. Ma, si sa, con gli estremisti le vie del dialogo raramente portano da qualche parte. Per ora, da quanto si capisce, Boko Haram vuole colpire il Camerun proprio nel suo “punto di vanto”: Paese

in pace da oltre 50 anni, Paese d’integrazione religiosa, Paese aperto al mondo. E così fa di tutto per creare destabilizzazione. Dobbiamo poi aspettarci una seconda fase? Chiese bruciate, scuole assaltate a colpi di mitragliatrice, villaggi interi dati alle fiamme: è questo ciò che sta accadendo dall'altra parte della frontiera. E tutto questo nella volontà di imporre il VERO Islam. E la Chiesa, cosa fa? E cosa deve fare? In queste ore, io sono colpito e toccato dal coraggio di tanti confratelli e consorelle missionari, che non vogliono fare un solo passo indietro. Nessuno è incosciente. Nessuno ha voglia di lasciarci le penne. Ma nessuno intende neanche abbandonare il campo. Ieri sera un padre francese mi raccontava che sta ricevendo molte chiamate da giornalisti del suo Paese per avere dettagli sul sequestro. In molti casi ha dovuto “difendersi” da accuse del tipo: Perché rimanete lì? Volete proprio andarvela a cercare? E se poi vi sequestrano, chi paga? Il Vaticano? Saranno i contribuenti francesi che dovranno pagare la vostra cocciutaggine? Qualcuno si spingeva ancora più in là: Con i soldi del vostro riscatto, voi armate i Boko Haram! E via di questo passo. Sì, lo si sa che la Francia è un Paese ampiamente scristianizzato. Ma non ci stiamo allargando un po’ troppo? Preti, suore, laici che la Chiesa manda in missione non partono per il gusto dell’avventura. E neanche perché sono dei disadattati nel loro Paese d’origine. Si parte perché Gesù ha detto : “Voi sarete miei testimoni fino agli estremi confini della terra”. Testimoni di Gesù attraverso l’annuncio della sua Parola, e, molto più, attraverso una vita spesa al servizio degli ultimi. Sul Suo esempio. Questo è tutto. Come si fa a parlare di “Uno” che ha dato la vita per il mondo, se, al sopraggiungere del pericolo, si dice: “Beh, adesso io ho finito: cavatevela da soli”?!? Il Vangelo, amici miei, non è una bella storia. Bella da raccontare, bella da ascoltare. Il Vangelo è programma di vita. Che credibilità

avrebbe, se coloro che sono venuti ad annunciarlo (e vi ricordo che qui la Chiesa ha solo 50 anni!) se ne andassero non appena il prezzo comincia ad alzarsi? Francamente i missionari non lo vogliono il martirio (di sicuro, non io!), ma quando parli di Gesù in mezzo a gente che la vita ha tenuto sempre schiacciata a terra, senti tutto il peso della Parola che stai portando. E capisci che non puoi scaricarlo. Detto questo, bisogna anche che vi tranquillizzi un po’. Onestamente non mi sembra che qui a Loulou siamo esposti più di tanto. La frontiera nigeriana in linea d’aria è a 70 km. In più, l’esercito camerunese sta davvero mobilitandosi per proteggere le missioni. Quindi, vi invito a non avere particolari preoccupazioni per noi. Ma questa lettera andava scritta perché non può accadere che non si sappia! Il mondo deve sapere quello che accade. E la Chiesa di Vicenza ancora di più, visto che nel nord del Camerun ha 2 missioni diocesane (Loulou e Tchéré). Vi dico fin da subito che qualora qualcuno di voi volesse scrivere in proposito a quanto vi ho raccontato, non so quanto in grado sarò di rispondere. Il periodo è pieno e, alla facciaccia di Boko Haram, la vita continua! Una preghiera intensa per padre Georges, quella, invece, ve la chiedo con tutto il cuore. Vi abbraccio. E a me si associano don Leopoldo, suor Emanuela e suor Anna. Ciao! don Maurizio P.S.: Devo aggiungere una riga. Questo scritto non è un pezzo giornalistico. Non sono stato lì a pesare parola per parola così come fanno "quelli del mestiere". Vi ho raccontato quello che sta accadendo, seguito da quello che in questo momento si dice e si pensa. Se volete farvi anche altre idee, vi invito a navigare in rete (digitate "Georges Vandenbeusch", magari in motori di ricerca francofoni). Buon viaggio nell'informazione! Ancora ciao! © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Forza Sergio, Forza Silvio Sergio Berlato va in Forza Italia: ci crede, dice, ma rimane con Berlusconi, sottintende, per proteggersi dall’interno dopo i suoi attacchi alla galassia che fa capo al suo braccio destro storico, Giancarlo Galan

di Giovanni Coviello Dal rotocalco VicenzaPiùTv Oggi (http://www.vicenzapiu.com/video/guarda/vicenzapiutv-oggi-n-0)

O

norevole Berlato la sua scelta degli ultimi giorni ha sorpreso un momentino perché si parlava di una sua fuoriuscita dal Pdl nel caso in cui il Pdl si fosse trasformato in qualche altra cosa, come ora è Forza italia. Invece lei rimane accanto a Berlusconi Io ho fatto una scelta di coerenza, io sono stato eletto nel 2009 al Parlamento Europeo sotto il simbolo del Pdl, adesso il consiglio nazionale ha scelto di cambiare il nome del partito da Pdl in Forza Italia e coerentemente con l’impegno assunto nei confronti dei miei elettori ho scelto di rimanere nel partito con il quale sono stato eletto. Se poi vedrò che oltre al cambiamento del nome ci sarà il cambiamento del metodo e qualcuno vorrà tornare a dei metodi che escludono la partecipazione della base del nostro partito o vorrà far calare scelte dall’alto questo mi metterà nella condizione di fare scelte diverse. Si parlava di Pdl come partito pesante e di Forza Italia come partito leggero e dicasi, leggasi partito degli affari: c’è Galan, c’è Sartori, personaggi contro le cui eventuali malefatte lei sta lottando. Anche qui non c’è una contraddizione? Guardi io è una vita che combatto contro il malaffare, contro la volontà di qualcuno di arricchirsi ai danni dei cittadini. L’ho sempre fatto e continuerò a farlo. Se emergerà dalle indagini che sono in corso che alcuni esponenti anche di rilievo del partito nel quale milito sono implicati in vicende di malaffare o di reati di grosso tipo a questo punto sarò io a chiedere ai vertici del mio partito se preferiscono avere al loro interno persone per bene oppure componenti del malaffare. E in base alle scelte che farà Berlusconi e il vertice nazionale del partito poi farò anche io delle scelte conseguenti. Una lettura pratica di questa sua scelta fa pensare ad un discorso sottostante, lei è un cacciatore quindi può impallinare o essere impallinato. Rimanere nel gruppo dei possibili impallinatori le con-

sente di controllarli? Ma, guardi, innanzitutto io rimango saldamente legato alla mia base elettorale che mi ha seguito in tanti anni e che continua a seguirmi con un radicamento territoriale del quale sono orgoglioso. Con loro continuo ad avere un rapporto di stretto legame e con loro sono abituato a fare le scelte. Questo cosa comporta? Comporta il fatto che nella misura in cui dovessimo trovare incompatibilità tra il nostro modo di pensare e di agire e il modo di pensare di alcuni che sono all’interno del partito saremmo liberi veramente di fare scelte diverse. Per il momento abbiamo confermato la nostra lealtà sia a Silvio Berlusconi che al partito con il quale io sono stato eletto. Per il momento questa è la nostra scelta. Se le cose andranno come ci è stato promesso, cioè che il Pdl prima, adesso Forza Italia sarà un partito che cercherà di attrarre l’elettorato di centro destra con quello che è lo spirito che già c’è in Europa con il Ppe, allora noi ci sentiremo a casa nostra. Nella misura in cui invece dovessimo constatare che siamo stati presi in giro e che, anziché limitarsi al cambiamento del nome del partito (ci è stato spiegato per questioni di appeal di marketing elettorale, ci è stato detto che Forza Italia riesce ad essere più attraente sotto il profilo del marketing, quindi ad avere anche una notevole attrazione nei confronti dell’elettorato, notevole in più rispetto a quanto non abbia il Pdl), dovessimo constatare invece che c’è qualcuno che ha preso l’occasione, prenderà l’occasione per portare questo partito alla deriva e ad un atteggiamento o metodo che noi abbiamo sempre combattuto non avremmo dubbi sulle scelte che andremo a fare. Berlusconi è in rotta di collisione con Galliani nel Milan perché la figlia Barbara vorrebbe Galliani fuori, mentre lui per vecchi legami lo vorrebbe dentro. È una cosa che assomiglia al rapporto Berlusconi-Galan o no? Io continuo ad avere delle posizioni molto distinte e distanti dal gruppo Galan-Sartori e continuerò ad averle perché il loro modo di fare politica è diametralmente opposto al mio. Noi vogliamo il coinvolgimento della base, noi lavoriamo per un partito radicato sul territorio, noi lavoriamo e insistiamo per garantire

/ Sergio Berlato intervistato da VicenzaPiu ̀ Tv

democrazia interna al partito, il loro concetto di politica è molto diverso dal nostro. Manteniamo queste distinzioni pur essendo attualmente all’interno dello stesso partito. Credo che nei prossimi mesi ci saranno elementi che potranno fare chiarezza e garantire ancora maggiore distinzione tra quello che è il nostro modo di fare politica e il loro modo di fare politica che noi non condividiamo. I tanti piccoli imprenditori che si sono rivolti a lei per essere protetti nella questione degli appalti più o meno pilotati saranno più forti con lei dentro Forza Italia e saranno ancora fiduciosi nel duo operato o potranno pensare a chissà quali accordi sottostanti? Io ho avuto un incarico preciso da parte di molti imprenditori che mi hanno chiesto di fare da megafono alla loro voce, alla loro protesta nel chiedere che venisse fatta chiarezza sul sistema degli appalti pubblici in Veneto. Mi sono state consegnate documentazioni molto importanti, molto corpose che io ho portato pari pari alle autorità inquirenti. Adesso alcuni degli elementi che sono stati portati hanno trovato riscontro nelle indagini che sono state fatte nella nostra regione. Coloro che mi hanno dato fiducia mi hanno chiesto di denunciare il malaffare devono stare tranquilli perché io mi sono assunto nei loro confronti degli impegni e non sarà certo il partito nel quale milito che mi indurrà a fare scelte diverse rispetto a quelle che ho fatto coerentemente con loro e

con il mio modo di fare politica. Combatteremo fino in fondo per fare in modo che venga fatta chiarezza indipendentemente da come si chiamerà il partito dentro il quale militerò. Una domanda mi viene spontanea prima di salutarla. Lei adesso torna a Strasburgo e trova Lia Sartori sua collega all’europarlamento. È ancora responsabile del gruppo di lavoro sulle infrastrutture europee? Io troverò al parlamento europeo più di settecento deputati in rappresentanza di 28 paesi membri dell’Unione Europea, tra questi miei colleghi ci sono Lia Sartori ed altri, altre persone che sono state elette al Parlamento Europeo e che forse si ripresenteranno per chiedere il consenso per essere rieletti nel maggio prossimo. Io mi rivolgo alla mia base elettorale e a coloro ai quali ho dato la mia parola di tenere coerentemente la bussola in mano per continuare a rispettare a combattere per difendere quei valori e quegli ideali che mi contraddistinguono e contraddistinguono tutta la comunità umana che a me fa riferimento. Altri miei colleghi si rivolgeranno alla loro comunità umana ammesso che ce l’abbiano… Le chiedevo se è ancora responsabile del gruppo di lavoro sulle infrastrutture europee Arrivo subito. Loro ovviamente si rivolgeranno e chiederanno i voti, qui non si è nominati al Parlamento Europeo ma si è eletti, e sarà la gente che deciderà. L’on. Sartori ha un incarico importante in Europa in qualità di presidente

della commissione e evidentemente in base all’incarico che ha chiederà di avere sostegno da parte di coloro che hanno finora avuto con lei dei rapporti che sfoceranno anche, se lo riterranno opportuno, in un consenso nei confronti suoi. La base alla quale mi rivolgo io è molto diversa e molto distante rispetto alla base elettorale di Lia Sartori. Lei è in gamba e continua ad essere politico fino in fondo. La mia domanda era un po’ … maliziosa. Le discussioni attorno a GalanSartori si svolgono intorno al sistema di assegnazione degli appalti per le infrastrutture, Lia Sartori è la referente delle infrastrutture europee. Non vede una qualche contraddizione in queste due cose? La mia occupazione attuale è quella di essere deputato al Parlamento Europeo in rappresentanza del mio elettorato, non spetta a me né fare il magistrato, né fare il carabiniere o l’ufficiale della Guardia di Finanza. Io mi sono limitato a denunciare il malaffare che emergerebbe dalla documentazione che mi è stata consegnata, non spetta a me fare nomi di coloro che sono protagonisti del malaffare ma spetta agli inquirenti. Rispetto il lavoro della magistratura e degli inquirenti e saranno loro a dire se esiste il malaffare e quali sono i malfattori che hanno o che avrebbero dissanguato i veneti negli ultimi quindici anni. Buon viaggio allora. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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La sentenza fa un po' di luce sul caso Aim: Giglioli assolto, due anni ciascuno a Rossi e Valle La palla ora passa ai politici, tra cui Achille Variati, chiamati in causa dall’assolto ex assessore Giglioli che li accusa di connivenza con una parte dei poteri forti

di Giovanni Coviello

L

e richieste della pm Silvia Golin erano pesanti come i faldoni dei documenti che la corte ha dovuto e voluto visionare attentamente da giovedì mattina per dieci ore e mezza di clausura fino a poco prima delle 20.40 quando ha reso noto i suoi verdetti, riportati da VicenzaPiu.com in tempo reale: Gianni Giglioli assolto da ogni addebito, Giuseppe Rossi e Carlo Valle condannati per truffa a due anni e al risarcimento dei danni da fissare in sede civile oltre a una provisionale di un milione di euro. Se i reati ascrivibili alla moglie di Valle, proprietaria dell'immobile ceduto alla famiglia Giglioli, sono stati dichiarati ufficialmente prescritti esce completamente pulito dalla ancora intricata vicenda Gianni Giglioli, a cui poche ore prima era stato “tecnicamente” impedito di parlare in consiglio comunale dopo le denunce da lui fatte nelle interviste a VicenzaPiù contro le presunte amnesie degli ultimi due sindaci, Achille Variati incluso, accusato, ora dopo l’assoluzione con maggiore credibilità, anche di non aver seguito la via maestra per ottenere

un altrimenti sicuro risarcimento milionario da Ecoveneta del gruppo Maltauro. Se l’ex assessore, dimessosi per dimostrare la sua innocenza senza danneggiare proprio il sindaco Variati che l’aveva nominato e che poi era stato più volte “redarguito” dal professionista per la sua “indifferenza”, aveva già rinunciato alla prescrizione che scadrebbe fra un mese e mezzo circa, agli altri due imputati rimane aperta, oltre a quella dell’appello, la strada della non perseguibilità. Ma la sentenza e alcuni fatti evidenziati dal dibattimento in aula, correttamente gestito dalla corte, e da quello fuori dal tribunale, a cui rivendichiamo di aver dato una giusta e indipendente eco, daranno ora modo di fare attente riflessioni sulle interconnessioni tra poteri forti e i loro referenti politici, come ci fanno intendere le dichiarazioni che VicenzaPiùTv ha raccolto a caldo per voi da parte di Giglioli e dell'avvocato di Giuseppe Rossi, Lino Roetta, e che pubblichiamo in questa pagina. Oltre ai 43 milioni di euro complessivi di danni quantizzati il pm Silvia Golin, le cui richieste basate anche sull'inchiesta del luogotenente Aguggiaro hanno avuto un ridotto riscontro nella sentenza, aveva puntato su tre anni e otto mesi per Carlo Valle, proprietario della società ven-

/ Giglioli, di spalle,di fronte alla legge

ditrice iniziale della piattaforma "maledetta" di Marghera, ora in capo ad Aim Bonifiche con perdite milionarie e un sequestro giudiziario al suo attivo per smaltimento illegale di rifiuti tossici, su due anni e otto mesi per l'ex presidente dell'epoca di Aim, Giuseppe Rossi, e su due anni e cinque mesi per il consulente Gianni Giglioli che secondo l'accusa avrebbe facilitato una ven-

dita non equa per suoi supposti legami d'affari immobiliari con la famiglia Valle, così come avrebbe fatto Rossi. Fino alle 20 circa, raccontavamo nella cronaca giovedì sera, era in attesa della sentenza anche Carlo Valle, che poi ha lasciato per altri impegni, mentre Gianni Giglioli è arrivato giusto in tempo per abbracciare commosso i figli dopo aver

ascoltato il pronunciamento della dr.ssa Eleonora Babudri. Per lui liberatorio, per Rossi e Valle da gestire, per alcuni poteri forti e per i loro sponsor politici da spiegare. E bene anche perché giovedì si è solo tolto un po' di buio dalle vicende Aim. La luce deve ancora essere fatta. © RIPRODUZIONE RISERVATA

È scomoda per Variati l’assoluzione del suo ex assessore (g.c.) Da VicenzaPiùTv di giovedì 28 novembre 2013 Gianni Giglioli dieci ore e mezza in camera di consiglio, le ultime ore trascorse in sala mentre lei era in consiglio comunale dove non l’hanno fatta parlare, poi qui è arrivato in tempo per sentire la sentenza di completa assoluzione per lei. È con gioia che lo dico per la mia famiglia e per la città: si può, se non ci si fa pecora, confrontarsi con le autorità con piena dignità. Dobbiamo imparare ad entrare all’ospedale dove ci devono trattare non come dei pazienti ma come dei cittadini che hanno bisogno di cure, dobbiamo imparare ad entrare in tribunale a testa alta ed a guardare il magistrato negli occhi perché è un pubblico ufficiale a servizio nostro. Dobbiamo imparare a dire al sindaco di Vicenza (Achille variati, ndr) che se lui a tempo debito si fosse costituito

come parte civile nel processo penale a Venezia passato in giudicato, e si informi su questo punto con il presidente di Aim con cui ho conferito amichevolmente stasera (giovedì, ndr) ed ha confermato pienamente ciò che io sto per riferirvi, bene se si fosse costituito parte civile come hanno fatto le altre “associazioni” nel 2008 oggi Vicenza avrebbe già avuto tutto il rimborso del danno subito da Ecoveneta e non ci sarebbe stato questo processo che è costato, al di là dei danari pubblici, sofferenza per tanti e si è concluso per alcuni infelicemente quando doveva concludersi allora. Carlo Valle e Giuseppe Rossi sono stati invece condannanti a due anni. Prima che lei arrivasse prima che fosse pronunciata la sentenza qualcuno nell’aula sosteneva che probabilmente sarebbe andata male per tutti in termini di sentenza negativa perché lei aveva avuto l’ardire di at-

taccare i poteri forti e di toccare i politici loro amici. La sentenza dimostrerebbe il contrario. Fortunatamente sì. Vuol dire che l’istituto della giustizia, per quanto sia fatto da uomini, che hanno le loro relazioni, i loro rapporti, le loro amicizie, funziona, può funzionare. Continuiamo su questa strada continuiamo insieme e forse ci potrà essere un futuro migliore. Ho visto una scena che non ho fotografato volutamente ma che devo riferire: quando i giudici sono usciti i suoi figli e i suoi vicini hanno applaudito per la sentenza e lei è corso ad abbracciarli. In quell’abbraccio forse c’è qualcosa in più del credere o non credere a quello che hanno stabilito i giudici, c’è una sensazione umana, lo confesso, di solidarietà. Sì, che è una solidarietà ripeto estesa, le altre persone che

continua 

/ Gianni Giglioli


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segue c’erano sono miei collaboratori d’ufficio da vent’anni, trenta. Con loro non so quanto lavoro abbiamo svolto, quanti concordati, fallimenti portati a termine. Le racconterò un episodio particolare dove avrei potuto mettermi in tasca 35 milioni di lire a suo tempo quando non ne avevo proprio perché per un errore di trasmissione della Banca d’Italia mi è arrivato un assegno circolare intestato a me, ma io non avevo crediti. Ho girato tutte le carte, sono impazzito finché sono riuscito a trovare che riguardava il rimborso di un credito erariale di un fallimento, sono andato dal dott. Bozza allora dicendo: “guardi dottore che succede così, forse bisogna correggere qualcosa che sennò qualcuno potrebbe approfittarne”. Io sono questo, so far guadagnare ai miei clienti, so guadagnare io, sono felice di poterlo fare, sono orgoglioso di avere aiu-

tato la gente che tra l’altro lei conosce e questa gente mi vuole bene. Vorrei poter fare di più. Una domanda tecnica. In tutti questi anni, lei, che si è dimesso da assessore prima, ha perso anche professionalmente in termini economici, ha avuto dei danni per questa vicenda? Sostanzialmente non ho più avuto incarichi dal tribunale, ne capisco anche la motivazione, alcune banche mi anno chiesto il rientro, fortunatamente ho potuto farlo senza grosse dismissioni. Di clienti non ne ho perduto neanche uno a dire il vero salvo quelli per “decesso economico” e questa è la vera cosa grave per la quale dovremmo probabilmente tutti impegnarci nel trovare la soluzione possibile, praticabile in breve tempo. Cosa farà stasera? Questa sera stappo una bottiglia di rosso in sintonia con le abatjour che illuminano la città.

/ Gli avvocati attendono la sentenza

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La condanna di Rossi per Roetta è una sentenza annunciata: Zanguio e i due sindaci sono i responsabili del caso Aim Bonifiche Per il suo legale l’ex presidente di Aim è caduto in disgrazia quando non ha approvato il passaggio del business del gas ai privati (g.c.) Da VicenzaPiùTv di giovedì 28 novembre 2013

Avvocato Lino Roetta lei è difensore con un suo collega di Giuseppe Rossi che insieme a Carlo Valle è stato condannato ad una pena di due anni più una provisionale di un milione di euro più la rifusione dei danni da definire in sede civile. La sua opinione su questa sentenza che è arrivata dopo oltre dieci ore di camera di consiglio? Per me era una sentenza annun-

ciata nel senso che Giuseppe Rossi era designato come vittima predestinata di una condanna. Non abbiamo mai avuto dubbi che lui fosse condannato, ma non perché responsabile ma semplicemente perché questo processo è nato solo per arrivare a un giudizio di condanna nei suoi confronti. D’altra parte in un processo che si prescriverà a gennaio 2014 i magistrati avrebbero dovuto dare dimostrazione di maggior coraggio, indipendenza nell’assolvere gli imputati che non a condannarli per una

sentenza che non sarà mai eseguita. È una sentenza contraddittoria nel momento in cui assolve giustamente il dott. Giglioli dalla truffa e condanna Rossi per lo stesso reato: basta leggere il capo di imputazione e si vede come sia una sentenza che non può stare in piedi in nessun modo. Sentenza già scritta secondo lei per motivi politici o per pressioni dei poteri forti? Io sono convinto che le sfortune di Rossi, personalmente convinto che le sfortune di Rossi

siano iniziate come è stato detto durante questo processo in un determinato momento della sua presidenza Aim quando un progetto non è stato approvato. Parlo del piano gas. C’è stato un passaggio finale, ma fuori della sentenza e fuori dal processo, che faceva ricordare come la sentenza di Venezia che condannava Ecoveneta l’avesse anche condannata a risarcire i danni a tutte le parti civili. Tra queste parti civili Giglioli sottolineava che non c’è Aim, Aim non si sarebbe costituita parte civile, avrebbe rinunciato alla richiesta di danni a Venezia per portarla a Vicenza. Pure qui è un po’ strano. Sì, ma questo bisognerebbe chiederlo a chi era l’amministratore pro tempore di Aim all’epoca perché ha deciso di non colti-

vare in quella sede l’azione civile, bisognerebbe chiedere a chi ha nominato quell’amministratore, perché sono state fatte quelle scelte e a chi lo ha mantenuto (al suo posto, ndr) quell’amministratore senza chiedere conto di queste scelte errate. Per far capire a chi ci vedrà (e leggerà, ndr) chi era l’amministratore e chi lo ha nominato? Come amministratore unico di Aim dopo che Rossi ha dato le dimissioni da Aim SpA è stato nominato il dott. Mauro Zanguio dall’allora sindaco Hüllweck ed è rimasto in carica fino a quando è stato nominato da Variati il dott. Fazioli. Per noi i danni di Aim sono intervenuti durante quel lasso temporale lì. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Il passaggio da Eurocoop alla Palladio Veneto Servizi: per D’Angelo un altro buco nero delle cooperative che non esistono più di Giovanni Coviello Da VicenzaPiùTv

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assimo D’Angelo (Filt Gcil) abbiamo spesso affrontato con lei le questioni delle cooperative. Torniamo sull’argomento Eurocoop, ricordo ai lettori la premessa: Eurocoop è una cooperativa abbastanza grossa del vicentino con circa 200 dipendenti, va in crisi, prima di andare in crisi, così ha scritto lei in un documento, affitta, cede un ramo d’azienda ad una cooperativa costituita da poco, la Palladio Veneto Servizi, con cinque dipendenti. E dopo questo atto, con la conseguentemente possibilità di girare i suoi appalti a questa piccola cooperativa, Eurocoop chiede di essere messa in liquidazione. Conferma questa premessa intanto? Confermo la premessa, è un’operazione anomala che noi abbiamo contestato. L’affitto o il trasferimento di un ramo d’azienda è legittimo ma fatto in questa modalità è una cosa che nella pratica, nella prassi della cooperazione non è stata mai usata. Normalmente si usano e si fanno i cambi di appalto. Eurocoop questa operazione probabilmente l’ha voluta fare, si dice, per salvare se stessa, la cooperativa, in crisi economica. In piena crisi economica l’Eurocoop chiude il bilancio 2012 nell’assemblea indetta nel 2013 con 1.500.000,00 euro di sbilancio, chiede ai soci cooperatori di rifinanziare lo sbilancio, i soci cooperatori non accettano la proposta e, quindi, siamo di fronte ad una cooperativa ormai finita che in qualche modo doveva chiudere. L’Eurocoop, quindi, affitta il ramo d’azienda, tutta la cooperativa che poi non sono altro che i lavoratori perché l’elemento aggiunto è l’appalto ma l’Eurocoop l’appalto non può avere la sicurezza di poterlo gestire. Infatti Eurocoop muore in quella situazione e probabilmente andrà in liquidazione con tutti i debiti, ma Eurocoop quell’operazione di per sé non l’ha salvata perché la nuova cooperativa sta perdendo gli appalti. Noi abbiamo parlato con il presidente della nuova cooperativa Antonio Moscatiello al quale abbiamo offerto la possibilità di rispondere a questi rilievi. Ci ha spiegato la questione dal suo punto di vista e non ha ritenuto opportuno farsi intervistare in video quindi si deve fidare di quello che mi ha detto il sig Moscatiello il quale dice che è vero che la cooperativa che ha affittato il ramo d’azienda dall’ Eurocoop è una nuova e piccola cooperativa ma è anche vero che c’erano stati impegni finanziari per circa 300.000,00 euro

messi, dice lui, riferisco, da un parente. Se non so come si possa finanziare una cooperativa tramite un parente visto che dovrebbe essere cooperativa di soci, Moscatiello ha aggiunto comunque che la Palladio Veneto Servizi ha perso qualche appalto ma ne ha conservato la gran parte e soprattutto che quelli che erano i timori espressi dalla Filt Cgil nella sua persona, che non fossero cioè, mantenuti gli impegni di retribuzione con i dipendenti li stanno rispettando. Le torna questa dichiarazione o c’è qualcosa di non preciso? Noi abbiamo parlato con il presidente della nuova cooperativa, lui ci ha sempre dato delle certezze economiche, io non so i fondi da dove vengono, se sono fondi familiari o fondi d’impresa però ai tavoli ufficiali, ufficiosi ci ha sempre dato delle certezze economiche. Secondo me è anche un imprenditore che probabilmente ha creduto e crede in questa operazione. Che, però, è una operazione molto difficile e che sta in qualche modo gestendo anche male. Male perché noi ci troviamo, non so se per difetti tecnici, loro ci dicono difetti finanziari, ci siamo trovati nei mesi di settembre e ottobre con grandi gravi ritardi salariali, qualche cantiere si è fermato, quattro cantieri li hanno persi nel senso che la committenza ha preferito andara da altri: abbiamo noi effettuato i cambi di appalto tra i quali l’ultimo è quello della Saint Gobain che è una grande multinazionale dove c’era un cantiere con oltre quaranta soci cooperatori. Ecco la situazione ad oggi è questa, ora non so poi la tenuta della Palladio Veneto Servizi. Sicuramente la Palladio Veneto Servizi prima di intraprendere questa strada era una piccola cooperativa, dalla visura camerale risulta avere fini a qualche mese fa cinque soci cooperatori oltretutto è una società cooperativa addetta alle pulizie che non ha un’esperienza assolutamente di logistica. Questo è il dato di fatto. Diciamo sostanzialmente però che ad oggi gli stipendi sono pagati, alcune commesse sono state perse come si temeva però i dipendenti in base alla legge dello stato dovrebbero essere tutelati perché che rileva un appalto deve rilevare anche i dipendenti se non sbaglio. Il dubbio che lei esprimeva e che esprime è che una piccola cooperativa possa far fronte a certe commesse però è anche vero che Moscatiello mi diceva non si può impedire a chi vuole investire di poter avviare un’attività che sia funzionante altrimenti nessuno potrebbe partire oggi se dovesse partire sempre essendo già grande Sicuramente sì, io non metto in discussione che la Palladio Veneto Servizi si possa immettere nel mercato e fare impresa però noi in questa situa-

/ Operai della Transporter in sciopero davanti al magazzino Prix a Grisignano (D'Angelo è il secondo da sx)

zione come sindacato dobbiamo denunciare intanto l’operazione Eurocoop che è una operazione che è stata da parte nostra illegittima anche perché l’affitto di ramo d’azienda, che era stato stipulato dal notaio dal consiglio di amministrazione, è stato portato in assemblea in maniera anomala. Però consentita dalla legge, un po’ una forzatura perché servirebbe in certi casi l’assemblea straordinaria in altri casi quella ordinaria però non illecita da quello che capisco È consentita dalla legge però bisogna capire le modalità: non hanno rispettato delle regole. Scusi se la interrompo, ma siccome stiamo seguendo con VicenzaPiù da parecchio il problema delle cooperative ecco per me è importante che chi voglia investire per fare impresa lo faccia ma mi torna strano anche se apprezzabile che una cooperativa quindi un gruppo di soci cooperatori operi perché qualcuno, non i soci cooperatori, ma qualcuno mette 300.000,00 euro. È una cooperativa o un’azienda camuffata da cooperativa? Non parlo solo di questo caso ma il dubbio viene: per andare avanti le cooperative dovrebbero basarsi sui lavoratori, non dovrebbero aver bisogno di qualcuno che metta, a che titolo non si sa, 300.000,00 euro... La cooperativa, diciamo il concetto di cooperativa che era quello di un secolo fa quando i lavoratori per staccarsi dalle catene del datore di lavoro hanno deciso di mettersi insieme, di andare avanti da soli facendo cooperazione, una concezione etica, cioè, non esiste più. La cooperativa adesso sono le grandi multinazionali che si insediano nei territori e che acquisiscono gli appalti. Per vantaggi fiscali, per cosa? Sicuramente alla testa c’è la commit-

tenza perché la committenza che è inserita spesso in Confindustria, senz’altro ha dei vantaggi economici. In questa situazione ci sono quattro, addirittura cinque catene, c’è la committenza, c’è la multinazionale di turno che acquisisce l’appalto che a sua volta lo da a un consorzio che a sua volta lo da alle proprie cooperative e poi ci sono i soci cooperatori. Scusi lei parlava di Confindustria, di associazioni di imprenditori, per astrarre dal problema specifico. Di Confindustria fanno parte anche alcune aziende private nel campo della logistica, nel campo dei servizi. Non sono cooperative e quando parlano con noi si lamentano della concorrenza sleale delle cooperative. Non c’è un po’ una contraddizione tra gli industriali, che per avere accesso a dei prezzi minori danno appalti a delle cooperative o sedicenti tali, e nel frattempo altri iscritti alle loro associazioni industriali, che lamentano la concorrenza scorretta di chi si avvale di strumenti leciti ma che nascondono situazioni di fatto un po’ diverse da quelle che la legge prevedeva, quindi diciamo “cooperative non trasparenti”, per fare concorrenza a chi fa impresa sul serio? La cooperativa nasce per fornire un servizio, ad esempio le pulizie e la logistica, a chi questo servizio non riesce a farlo in maniera economica e, quindi, lo esternalizza. Ma lo esternalizza a cooperative finte, dice lei, a discapito di aziende che non sono cooperative ma che forniscono quel servizio a costi maggiori perché magari ci aggiungono una maggiore professionalità … In questa situazione se la legge del mercato è quella del ribasso sicuramente si innesca tutto, di tutto e di più, si innesca il malaffare, si innesca l’illegalità, il contratto diventa un optional, ecco si innesca tutta una serie di meccanismi. In questo settore per

regolamentarlo da tutti i punti di vista abbiamo bisogno di legalità, che attualmente facciamo fatica a ritrovare, anche di una legalità contrattuale attenzione ... Per chiudere, oggi quanti sono i lavoratori che definiamo soci cooperatori, che poi spesso sappiamo benissimo che non sono soci cooperatori ma sono dei lavoratori che aderiscono a cooperative di cui spesso neanche sanno leggere gli statuti fra le righe perché non capiscono neanche quello che c’è scritto non per loro incapacità ma anche per difficoltà di lingua e per difficoltà di linguaggi legali. Sono tanti, non abbiamo il numero ma parliamo di migliaia e migliaia di soci cooperatori. Solo nel vicentino? Solo nel vicentino perché ormai tutto ciò che viene esternalizzato, appaltato è cooperativa. Se dovesse in base alla sua esperienza dirci una percentuale quanti di questi sono realmente soci cooperatori e quanti di questi sono lavoratori che pur di lavorare chiudono un occhio? Una percentuale non c’è, c’è un metodo sbagliato che bisogna cambiare, l’ho detto poc’anzi non esiste una vera cooperativa perché non esiste una vita associativa del socio. Il socio praticamente diventa uno strumento di guadagno: io utilizzo le braccia e per il resto poi è un lavoro come un altro, chi si trova socio si trova socio per caso in quella situazione là, ma non conosce assolutamente la posizione qual è, le responsabilità, il ruolo associativo. Quasi mai i soci cooperatori che ci arrivano, e sono tanti, conoscono quali sono il ruolo, le responsabilità e anche i diritti e i doveri nel’ambito della cooperativa. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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M5S, proseguono i dissapori interni: Cunial vs Contro di Marco Milini Da Vicenzapiu.com

N

el M5S l’aria rimane frizzante. Dopo la maretta della riunione del meeting della settimana passata ieri c’è stata una riunione informale del meetup (o gruppo d’incontro) del Grappa al quale fanno riferimento i comprensori di Romano, Cassola e Mussolente e Possagno in ambito Trevigiano. «Abbiamo saputo - sottolinea il possagnese Ennio Cunial (in foto), uno degli esponenti del meetup del Grappa - che il nostro gruppo, unitamente ad alcuni suoi membri è stato fatto oggetto di addebiti specifici». Addebiti che sarebbero stati riassunti appunto venerdì scorso dal consigliere comunale di Sandrigo Simone Contro che è anche uno degli organizzatori del gruppo di coordinamento della provincia di Vicenza. Allora Cunial a che cosa vi riferite? «Ad essere sinceri sappiamo che ci sono state mossi diversi rilievi sia in materia di comportamento sia relativamente al metodo di lavoro del no-

stro gruppo, sia per il comportamento di singoli attivisti. Ma le informazioni in nostro possesso non sono così dettagliate». Ad ogni modo al di là del fuori programma di venerdì, immaginate che ci siano di mezzo i dissidi, anche di natura personale, che da mesi vedono protagonisti da una parte Simone Contro e Flavio Ferrazzi e dall’altra Francesco Celotto, che con altri è tra i volti più noti della vostra squadra? «Certamente sì. Ma la questione è un’altra. Premesso che il M5S non è un partito e che quindi procedure formali di censura assimilabili a quelle degli altri movimenti non possono nemmeno essere pensate, rimane una considerazione più generica da fare». Quale? «Ci può stare tranquillamente che uno abbia delle rimostranze. Bene, allora lo si contatta gli si inviano gli addebiti circostanziati e per iscritto. E poi durante un momento assembleare pubblico va in scena il contraddittorio. Cosa che a quanto ci risulta non è avvenuta con queste modalità. Ci sono però alcune valutazioni oggettive da fare». Sarebbe a dire?

«Ammettiamo per un istante la rilevanza delle questioni sospese con Celotto. Mi si deve spiegare che cosa c’entrino gli altri attivisti». Ci sono episodi specifici da considerare? «Sì, il mio. Faccio una premessa. Anni e anni fa, non sono più un ragazzino purtroppo, ho fatto anche io politica. Ho frequentato un po’ la Dc un po’ Fi. Il mio approccio è sempre stato quello di fare l’antenna. Andare in giro per il territorio, sentire la gente, annotare criticità e spunti riferendo poi alle istituzioni o ai referenti politici. È un lavoro silenzioso, che non dà grande visibilità, ma è essenziale perché se uno vuol risolvere dei problemi li deve rintracciare sul territorio. Ed è lo stesso approccio che ho seguito con M5S, anche perché le battaglie in campo aperto erano già altri a seguirle». Ma tornando al punto? «Tornando al punto per oltre un mese e mezzo Contro, che è anche il referente vicentino del gruppo di coordinamento veneto, noto come meetup veneto, mi ha tenuto fuori dalla piattaforma elettronica dedicata alla discussione. Peraltro dopo le mie insistenze sono stato ugualmente inserito».

/ Ennio Cunial

E perché? «Sono state accampate motivazioni di spessore nullo. Ora questo è un piccolo esempio di come le cose non devono andare in un movimento che fa della trasparenza il suo cavallo di battaglia. Se si procede così rischiamo di sclerotizzarci. Per di più Contro ha fatto illazioni sul mio conto e non si capisce bene perché. E parlo con cognizione di causa giacché sono in possesso di tutta la sequenza della documentazione e delle mail spedite ai meetup. Di più, diverse persone possono testimoniare le difficoltà che mi sono state create fino a

poco tempo fa prima di essere iscritto. Ovviamente mai nulla è perduto. Ogni cosa si può appianare. Ma sarebbe bello potere avere con il consigliere Contro un confronto pubblico in modo da capire come stiano le cose. A brevissimo gli proporrò la cosa. Siccome è un ragazzo di buon senso mi sento di dire che accetterà». E se non dovesse accettare? «Mi vedrò costretto a domandarglielo ancora. Se il no perdura, allora dovrò rendere pubbliche tutte le comunicazioni intercorse». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vicenza, nella nursery a cinque stelle da Grillo a Fantozzi Da Vicenzapiu.com

(m.m.) Dal movimento a Cinque stelle alla trasparenza a targhe alterne la strada seppur comica, o meglio ridicola può essere breve. È quanto è capitato ieri a me quando verso le nove di sera sono andato al centro civico della zona 2 dove era in corso una «riunione dei gruppi e meetup della provincia di Vicenza». Premesso che di incontri del genere ne ho frequentati a iosa, per ovvi motivi professionali, in tutto il Veneto. E mai c’erano stati problemi. Ma c’è sempre una prima

volta. Infatti ieri (sabato 30 novembre, ndr) mi è capitato di essere invitato a lasciare la riunione. Latori di questa richiesta si sono fatti il consigliere comunale di Vicenza Liliana Zaltron e il consigliere comunale di Sandrigo Simone Contro; il quale mi ha spiegato davanti a un centinaio di convenuti che a non volere la presenza di un giornalista era una non ben precisata maggioranza. Per non passare da provocatore, cosa che mi gusta non poco, ho preso e ho lasciato l’aula magna del centro civico sistemandomi fuori in

antisala. Dalla quale molto si sentiva del dibattito però. Poco appresso una persona, suppongo un attivista mi invitava, adducendo poche ma confuse motivazioni, a lasciare anche l’antisala. Scocciato gli rispondevo che non avevo intenzione e che avrei continuato a lavorare scrivendo il mio pezzo di cronaca. Il gendarme facente funzione insistendo mi obbligava a chiamare chi materialmente aveva prenotato la sala e che quindi ne era il responsabile pro tempore della gestione (Giordano Lain, un militante storico del M5S vicentino) il quale sconfessando e un po’ sbertucciando il pretoriano estemporaneo gli spiegava che avrei potuto rimanere lì quanto potevo. Questi i fatti. Il fuoriprogramma ha diviso i presenti. In diversi non sono stati d’accordo. Più di qualcuno nella concitazione, a mo’ di bisbiglio, ha indirizzato a Zaltron e Contro epiteti irripetibili coi quali, in modo colorito, si stigmatizzava il comporta-

mento nei miei confronti. Caterina Galiotto, assistente parlamentare del senatore Enrico Cappelletti, sbigottita ha esclamato «poi fanno bene i giornali a massacrarci». In serata si sarebbero dovuti discutere i dissidi tutt’ora in essere in seno al meetup vicentino. Naturalmente la domanda nasce spontanea. I cinque stelle (o alcuni di loro), che hanno fatto del lavaggio dei panni sporchi in piazza una disciplina osannata (giustamente dico io) quando si trovano a dover replicare con gli argomenti hanno o no il fiato corto? Ieri in quella sala ho sentito parlare di regolamenti con una padronanza della logica e del diritto prossimi allo zero. In tante occasioni i militanti mi hanno chiesto un parere sugli stessi attivisti. E la risposta è sempre stata la stessa. Da tecnico dell’informazione vi dico che siete troppo poco grillini. Molti però faticano a capire. E tentando di emulare Grillo finiscono per assomigliare a Fan-

tozzi. E non a quello geniale dei primi due film diretti da Luciano Salce. Ma a quello sbiadito e bolso dei film di Neri Parenti. Ovviamente qualche rimprovero debbo farlo anche a me stesso. Poiché avevo tutte le carte in regola per stare lì (spazio pubblico, mia iscrizione al meetup dal 2007 perché da cronista la realtà era interessante, nessun servizio di guardianìa) sarei dovuto rimanere. Il cronista non abbandona il fronte, anche se è una nursery a cinque stelle popolata da parecchi mocciosi capricciosi e un po’ stentati nell’apprendimento. Sarebbero bastati due minuti a stendere le argomentazioni dei contrari. Ma non me la sono sentita di sparare sulla croce rossa. Chi mi legge su VicenzaPiù sa che non sono uso a trattare del mio personale. Ma per dare conto di quanto accaduto, in questo caso, era necessario un intervento del genere. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Venezia e l’Oriente: una serie di ricerche coordinate dal territorio vicentino di Italo Francesco Baldo

L

a Repubblica di Venezia e il suo territorio furono molto legati all’oriente. La sua millenaria storia attesta come le relazioni furono varie, da quelle commerciali, a quelle politiche e anche belliche. Tutta l’Europa deve a Venezia la conoscenza del mondo orientale e in particolare a Il milione di Marco Polo Marco Polo (Venezia, 15 settembre 1254 – Venezia, 8 gennaio 1324) che ebbe certo maggiore diffusione rispetto alla Historia Mongolorum dell’umbro frate Giovanni da Pian del Carpine o da Piano dei Carpini (Pian del Carpine, 1182 circa – Antivari, 1º agosto 1252). Se il testo di Polo è il più famoso, non mancarono certo nei secoli successivi molte altre relazioni su vari temi e aspetti relativi al Vicino e all’Estremo Oriente. Fare luce e comprendere tutta lòa mole di studi è il compito intrapreso da un gruppo di studiosi che fa capo in primo luogo all’Università Ca’Foscari di Venezia. Da diversi

anni Giovanni Pedrini di Schio (VI), docente all’Università Cà Foscari di Venezia coordina una serie di ricerche nella direzione sopra accennata. Frutto di questo intenso lavoro al cui coordinamento partecipa attivamente Nico Veladiano sono stati tre volumi, il primo Ad Orientes : viaggiatori veneti lungo le vie d’Oriente, edito nel 2006 dal Comune di Montecchio Precalcino, mentre gli altri due sono il frutto di due Convegni. Il primo nel 2009 presso la Biblioteca “La Vigna” di Vicenza” cui ha fatto seguito il volume Itinera Orientalia. Itinerari veneti tra Oriente e Occidente. Relazioni di viaggio tra identiità e alterità, pubblicati dall’Editrice Veneta, Vicenza, nel 2010. Il secondo svoltosi sempre nella stessa sede, si è tenuto nel 2013, scopo di questo è stato il mettere il luce l’importanza delle relazioni culturali che Venezia ci ha lasciato nei suoi rapporti con l’oriente, evidenziano come questi investissero molti campi, tra cui quello della musica. Il volume del secondo Convegno Studia Orientis. Venezia e l’Oriente: un’eredità cultu-

rale (Editrice Veneta, 2013) è stato presentato sabato 23 novembre 2013 a Villa Nievo Bonin Longare ( Montecchio Precalcino) e riporta le relazioni di Giampiero Bellingeri dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Intorno alle fonti venete sull’Azerbaigian); Boghos Levon Zekiyan docente all’Università Ca’ Foscari Venezia e al Pontificio Istituto Orientale Roma (Venezia, Il luogo delle ‘rivelazioni’ della Provvidenza per gli Armeni); Giovanni Pedrini, dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Carovane d’Oriente. Mercanti, viaggiatori, missionari sulle vie carovaniere tra Siria, Mesopotamia e Persia); Giovanni De Zorzi dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Vivere a Costantinopoli con le orecchie bene aperte. Giambattista Toderini (1728-1799) e la “musica turchesca”). Questi temi, opportunamente approfonditi e sviluppati costituiscono la nuova prospettiva di studi delle relazioni Venezia-Oriente, perché analizzano e pubblicano scritti inediti e ci aprono ad una visione non stereotipata di Venezia, come solo interessata agli aspetti mercantili e un oriente che ha da farci conoscere le meraviglie della sua cultura. Il progetto di Giovanni Pedrini ha potuto contare sull’interesse per questo genere di approfondimenti non solo dell’Università Cà Foscari, fondata nel 1868 come “Scuola superiore di commercio” dal veneziano Luigi Luzzatti (1841-1927), allievo del vicentino Giacomo Zanella e Presidente del Consiglio e altri , ma anche del Consorzio di Pro Loco Astico-Brenta comprendente le Pro Loco di Bolzano Vicentino, Bressanvido, Dueville, Montecchio Precalcino, Monticello Conte Otto, Quinto Vicentino, Sandrigo, Schiavon, Torri di Quartesolo, Nove, Pianezze, Mason Vicentino, Camisano Vicentino. Accanto e sempre in primo piano anche la Regione del Veneto, la Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, la Fondazione Masi e la Masi Agricola di Verona, la Banca di Credito Cooperativo San Giorgio

Quinto e Valle Agno e i Comuni di Montecchio Precalcino e Monticello Conte Otto. Questo progetto di studi sulle relazioni tra Venezia e l’Oriente ci mostra come possa essere significativa la sinergia tra istituzioni pubbliche e private che vede assieme istituzioni culturali di grande prestigio e altre, come Pro Loco e Comuni, presenti capillarmente sul territorio. Un modo quanto mai efficace per portare a conoscenza del grande pubblico temi altrimenti destinati a rimanere nel ristretto ambito degli studiosi. E’ questo un esempio che aiuta a comprendere non solo la storia che non si riduce alle sole questioni “politiche” o “militari”, ma è uno sguardo analitico sul passato che ci aiuta anche nel presente, quando sappiamo coglierne l’insegnamento, perché aveva ragione Cicerone, la storia è maestra di vita, se la sappiamo ascoltare. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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I rifiuti tossici delle basi americane, parte I: Usa e getta di Edoardo Andrein Da Vicenzapiu.com.

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rifiuti pericolosi prodotti dalle basi militari statunitensi presenti nel territorio vicentino dove vanno a finire? In questi giorni di indignazione generale per il caos scoppiato in seguito alla divulgazione delle dichiarazioni di Carmine Schiavone sui rifiuti tossici sotterrati dalla Camorra nelle “Terre dei fuochi” della Campania, spunta ora un documento della Defence Logistics Agency riguardante le sostanze nocive prodotte nelle installazioni Usa in Italia. È un documento risalente al 6 ottobre del 2010 scovato dal quotidiano “il manifesto” nel quale è riportato il capitolato d’appalto per la “ge-

stione, il caricamento, lo scarico, la rimozione, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento” delle sostanze pericolose in cinque città sedi delle principali basi americane: Aviano, Livorno, Napoli, Sigonella e Vicenza. Una lunga lista di sostanze che comprende resti di idrocarburi, solventi, vernici di ogni tipo, sostanze chimiche residuali nella gestione del munizionamento, più di dieci tonnellate di batterie esauste di ogni tipo, centinaia di chili di acidi inorganici, ammoniaca, agenti decontaminanti, solventi, idrocarburi aromatici (i temibili benzene e xilene), metalli pesanti come il cromo esavalente, il cromo, il mercurio e il piombo, il Pcb, pesticidi ed erbicidi, lubrificanti, oli esausti ed altri veleni. Nel documento viene specificato nei dettagli il processo di smaltimento di queste sostanze (trattamento, incenerimento e discariche), ma soprattutto il fatto che è vietato

Rifiuti tossici basi Usa, parte II. Un dipendente: noi non li sotterriamo, gli italiani al Dal Molin sì Da Vicenzapiu.com.

L’articolo sui rifiuti tossici delle basi americane che abbiamo pubblicato qualche giorno fa sul web ha creato un notevole interesse tra i vicentini, visto il cospicuo numero di persone che l’ha visualizzato. L’eco è arrivato sino al contingente statunitense di stanza a Vicenza, tanto che un dipendente (che ci ha chiesto di non citare il suo nome) ha voluto contattarci per puntualizzare alcune questioni. “Ovviamente, i miei capi non si sognano neppure di rispondere, ma a titolo personale, vorrei un suggerimento su come pensate che potremmo smaltire i nostri rifiuti pericolosi all'interno delle basi come auspicato nel vostro articolo?”. L'intervento è incentrato sull’ultima frase del nostro pezzo che così recitava: “Di certo nell’impatto ambientale delle due basi c’è anche da considerare la massiccia filiera di smaltimento delle scorie made in Usa, perché gli americani di smaltirli all'interno delle basi non ci pensano nemmeno”. In effetti la frase da noi utilizzata è un po' esagerata, in quanto lo smaltimento di quella tipologia di rifiuti crea un indotto economico per le aziende italiane del settore che operano in modo corretto. Il nostro rife-

rimento era legato alla vicenda, raccontata dal quotidiano “il manifesto” e che abbiamo riportato nell'articolo, dell'azienda bresciana Ecoservizi, la quale per smaltire le scorie pericolose delle basi Usa si avvaleva di una discarica chiusa nell'anno 2000 e che oggi è considerata ad alto rischio e in attesa di bonifica. A creare i toni talvolta maliziosi del nostro articolo probabilmente ha contribuito anche la recente vicenda della “Terra dei fuochi”, una storiaccia esplosa dopo le parole del pentito di camorra Carmine Schiavone, risalenti al 1997 ma rese pubbliche solo poche settimane fa, attraverso le quali vengono spiegati i luoghi dove un ingente numero di camion avrebbe scaricato i rifiuti industriali tossici sotterrandoli nel suolo. Un metodo che il dipendente della base Usa respinge con forza per quanto riguarda le caserme statunitensi di Vicenza, vista la domanda conclusiva che ci pone nel suo intervento: “Avremmo dovuto fare un buco e seppellirli in piena città, come ha fatto per anni l'Aeronautica italiana al Dal Molin lasciando a noi gli oneri della bonifica ambientale, per poi tra qualche anno sentirci accusare di aver inquinato l'area?”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

smaltire i rifiuti nelle stesse basi americane. Il reportage di Andrea Palladino su “il manifesto” racconta come la gestione delle scorie pericolose delle basi Usa è stata affidata ad esempio alla bresciana Ecoservizi che si avvaleva di una discarica per rifiuti pericolosi a Brescia che, dopo essere stato chiusa nel 2000, oggi è considerata ad alto rischio e attende una bonifica. Chi pagherà questa bonifica? Inoltre la base Usa di Camp Darby, secondo il Rapporto sullo stato dell’ambiente del Comune di Pisa del 2006, appare diverse volte nell’elenco dei siti da bonificare, con segnalazioni di perdite di idrocarburi e problemi alla piattaforma per lo stoccaggio dei rifiuti pericolosi. E a Vicenza il monitoraggio ambientale sui rifiuti pericolosi delle due caserme militari è tutto in ordine? Di certo nell’impatto ambientale

/ Manifestazione alla base Usa all'ex dal Molin

dalle due basi c’è anche da considerare la massiccia filiera di smaltimento delle scorie made in Usa, perché gli americani di smaltirli al-

L'alluvione della Moretti da Giletti Da Vicenzapiu.com.

Giocava in casa l’Alessandra nazionale nella caciara de “l’Arena”, il programma dai grandi ascolti della domenica pomeriggio di Raiuno condotto dall’amico estivo Massimo Giletti, il quale nella puntata dedicata alla disastrosa alluvione che ha colpito la Sardegna una settimana fa non può non invitare la front woman vicentina del Partito Democratico Alessandra Moretti, oltretutto sua compagna di vacanze, ritagliandole anche un piccolo spazio sull’alluvione di tre anni fa a Vicenza. Certo che no; e allora, dopo i sermoni di Giletti e le opinioni degli ospiti Maurizio Gasparri e Bruno Vespa, ecco che in conclusione di trasmissione, prima dell’intervistona al ribelle Angelino Alfano, per ora sulla cresta dell’onda prima di finire inghiottito anche lui dal caimano in stile Gianfranco Fini, ecco che arriva il momento di Vicenza, a costo di tagliare anche lo spazio ad altri ospiti invitati con relative scuse d’ordinanza di Giletti. E via, si parte con la marchetta alla storica pasticceria del centro di Vicenza chiamata da Giletti “Bolzoni” facendo storcere il naso a Cinzia della pasticceria Bolzani, il cui intervento in studio si scaglia contro i tre anni di tempo necessari a mettere la prima pietra del bacino di Caldogno e i due previsti per il completamento dell’opera. Poi inizia il Moretti show con l’ormai classico mantra “i volontari che si

sono dati da fare” che si potrebbe anche evitare per non fare la figura dei soliti altezzosi polentoni davanti agli occhi dei tanti volontari delle passate catastrofi in giro per l’Italia anch’essi con le maniche rimboccate, ma senza sbandierarlo ogni volta ai quattro venti. Ma sono altre le perle morettiane del tipo “per troppo tempo non si è fatto nulla” oppure “il papà della signora Bolzani ha subito l’alluvione nel ’67 a Vicenza e l’ha risubita nel 2010” che fanno più riflettere. Perché se anche la maggior parte dei bambini ha imparato che la precedente alluvione del Bacchiglione è stata nel 1966, come ricordano anche i diversi edifici della città sui / Moretti e Giletti on the beach

l'interno delle basi non ci pensano nemmeno. © RIPRODUZIONE RISERVATA

quali ci sono ancora i segni e le date incise sui muri, almeno l’Alessandra nazionale dovrebbe ricordarsi che dal ’66 al 2010 tra i vari sindaci che si sono succeduti ci sono anche otto anni di amministrazione di Achille Variati, tra i quali tre con lei vicesindaco; e gli interventi antialluvione realizzati in città sono tutti avvenuti dopo la sciagura del 2010. Perlomeno, appena terminato l’intervento della Moretti, ci ha pensato il geologo Mario Tozzi, un altro degli invitati ne l’Arena gilettiana, a piazzare una stilettata ricordando che: “Abbiamo costruito troppo e dove non si poteva; e questo l’ha permesso la classe politica”. Ma quando l’Alessandra nazionale diventerà sindaco di Vicenza, tutto sarà diverso; e l’alluvione della Moretti sarà solo un ricordo lontano. Molto lontano. © RIPRODUZIONE RISERVATA



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