il bivio

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L’ARTICOLO DEL MESE

IL BIVIO Una proposta ai genitori degli adolescenti Qual è il mestiere più difficile del mondo? Quello del genitore. E qual è l’impresa più difficile al mondo? Quella di accompagnare i propri figli nella maniera più sana possibile nel pericoloso passaggio della fase adolescenziale. Se l’educazione dei figli è di per sé un rischio, nell’adolescenza il fallimento si nasconde dietro ogni angolo: non basta più l’impostazione del genitore a far da bussola, né però è soluzione efficace abbandonare il figlio alle mode del mercato, anche se questa appare una scelta -ahimè- assai diffusa e finanche troppo facile. Forse una soluzione c’è per prendere il toro per le corna: più che fare da freno alla naturale trasgressione dei nostri giovani, forse è il caso di accompagnare, anzi di stimolare la trasgressione stessa, ma in maniera matura ed intelligente. Si tratta di favorire la trasgressione delle regole, così importante per diventare adulti, ma in maniera guidata, pedagogicamente sana. Ancora una volta, si tratta di una


responsabilità che spetta a noi genitori. Vediamo un pò di capire come fare. La nascita di un figlio, si sa, è una vera e propria rivoluzione: da un semplice atto d’amore spunta fuori un essere vivente che, dalle iniziali fantasie idilliache, ci scombussola non poco la vita, dal sonno ai ritmi quotidiani, dalle finanze allo stesso equilibrio di coppia. Un pò come gli zombies, questi genitori vagano tra lavoro, asili-nido e parchi-gioco alla ricerca di un senso alla vita che sfugge loro sempre di più. Ma è una fase, si sa: il cucciolo d’uomo cresce veloce e, lasciati pannolino e biberon, diventa addirittura un compagno di gioco e finanche un amante del genitore, se solo si pensa alla famosa fase edipica (in cui le figlie si innamorano dei padri ed i figli delle madri). Non appena più tranquilli, non foss’altro perché si riprendono un pò i ritmi di ogni “normale essere umano”, ecco la seconda batosta: l’adolescenza. L’arrivo dei primi segnali della pubertà rappresenta la seconda rivoluzione nel rapporto genitori-figli: il corpo dei nostri pargoli si modifica con nostra sorpresa verso la maturità sessuale ed il riassetto ormonale facilita di non poco la spinta centrifuga di uscita dalla famiglia. Il corpo cresce, le funzioni sessuali vanno a regime, i nostri figli ancora “bambini nella testa” vanno a trovarsi in corpi a cui non sentono ancora di appartenere. Le prime eiaculazioni, le prime mestruazioni, le loro ubriacature ormonali, le loro tempeste pelifere, le loro esplosioni di acne, sono tutti segnali che ci fanno capire che il nostro bambino e la nostra bambina non esistono più, né torneranno ad essere tali. Più vediamo il loro interesse verso l’altro sesso, più sentiamo in noi imbarazzo e paura: se il loro corpo inizia ad essere fisiologicamente pronto ad essere genitori, la loro testa conferma invece l’esatto contrario. E’ questa l’età dell’irrazionalità, in cui inizia ad affacciarsi il rischio educativo: per quanto ben impostata la crescita del ragazzo in famiglia, prevalgono ora gli effetti ormonali e gli agiti d’istinto, come se si volesse sperimentare, non senza paura, il superamento dei limiti imposti. Se le regole, infatti, seppur limite per definizione, davano sicurezza nell’infanzia, nell’adolescenza la conquista di se stessi inizia a fare i conti con la provocazione: in un completo (ed instancabile) impeto onnipotente i nostri figli ci provocano per capire fino a che punto possono chiedere (o


meglio pretendere) per poi sentirsi dire dei no. Ed ecco la prima interpretazione: la loro continua violazione delle regole non è cattiveria o perfidia, bensì un chiaro messaggio a noi: “dammi dei limiti”. Sta a noi rispondere o meno. Tutto ciò deve necessariamente passare per il tentativo di trasgressione e di lotta aperta contro i genitori: è un modo sicuramente doloroso per padre e madre - necessario per abbandonare lo status di figli-dipendenti ed acquisire quello di adulti-indipendenti. Il rischio è alto, si diceva, quindi ancor più stringente diventa il compito educativo dei genitori sia nel “restare presenti”, sia nel saper “mollare gradualmente” il figlio. E’ anche il tempo in cui si sperimentano i primi amori veri e propri, da quelli più platonici fino a quelli consumati sessualmente già nella minore età. E’ davvero forte il rischio di fuga verso storie e compagni a noi assai poco graditi. E’ questo il periodo dello spodestamento genitoriale, in cui centrale diventa il gruppo dei pari: la modellizzazione si sposta così dai genitori agli amici. Se fino a ieri “papà sapeva tutto”, oggi “papà non capisce più niente”. Se poi al genitore-modello-lavoratore-sposo-credente-impegnato si sostituisce “quel” modello della televisione o della musica scavezzacollotrasgressivo-pigro-nichilista-trasgressivo, la guerra è bella e dichiarata. Attenzione, il nostro figlio fa solo finta, certo lo fa per farci incazzare, sicuramente lo fa come reazione al modello (che siamo noi!) che ha ancora dentro di sé. Se noi siamo per costituzione persone consapevoli ed equilibrate, cosa c’è di meglio che contrapporre noi ai modelli sociali dominanti, spesso connessi alle mode del momento? La provocazione fa parte del gioco, occorre pertanto starci, incassare e, al momento giusto, colpire. Si tratta di una fase - quella dell’adolescenza - in cui, come è noto, la velocità di corsa verso l’adultità delle ragazze è più alta rispetto ai loro compagni per cui, grazie anche ai modelli sociali diffusi tramite i massmedia, le adolescenti cercheranno partner più maturi col serio rischio di restare poi incastrate in un modello di coppia “asimmetrico”. Noi padri lo sappiamo benissimo e, forti della nostra gelosia verso la figlia femmina, ci armiamo di tutto punto per contrastare “quel tipo lì”. I maschietti, invece, subiscono la rivoluzione ormonale con un effetto opposto a quello delle femmine: più imbranati, tendono invece a coalizzarsi coi pari alla ricerca degli agiti più stupidi possibili. Se le nostre figlie sognano ad occhi


aperti, i nostri figli dormono ad occhi aperti. Insomma, se in questa fase l’adultità si realizza sul solo piano fisico, su quello relazionale ciò non avviene per nulla, ancor più perché il distacco vero e proprio dalla famiglia avverrà solo diversi anni dopo, quindi ben oltre la maggiore età. Resteranno a casa a far la lotta contro i genitori e a vedere il positivo solo tra i pari, cercando nella trasgressione alle regole la strada per diventare adulti. Ma restiamo sul punto: gli adolescenti utilizzano la trasgressione per crescere, per verificare i propri limiti, per mettere in discussione noi genitori. A ben pensarci, inoltre, dobbiamo comprendere la normalità di tutto ciò, come se fosse fisiologico al progetto di crescita la lotta contro l’ordine costituito: tutti i giovani lo fanno, anche noi lo abbiamo fatto, perché mai non dovrebbero farlo i nostri figli? Rassicuriamoci pertanto sul fatto di trovarci di fronte non alla tragedia di una generazione scellerata, ma al normale comportamento di una persona in evoluzione: è semmai il contrario (figli adolescenti buoni ed ubbidienti) che dovrebbe preoccuparci, e non poco. Ad oggi ci troviamo di fronte ad un bivio: da una parte consegnare i nostri figli all’ignoto, alle mode, al “se lo fanno gli altri, perché non io?”, sperando che tutto vada per il verso giusto, dall’altra un nostro irrigidimento nel tenere la posizione della coerenza educativa. Ma c’è una terza strada? E’ possibile accettare che i nostri figli trasgrediscano si, ma senza farsi male? Visto che devono trasgredire comunque, perché non permettere loro di farlo, ma con le dovute precauzioni? E’ possibile costruire attorno a loro esperienze educative valide che abbiano anche il sapore della violazione delle regole? Può la trasgressione esser “mirata” ed incanalata in percorsi sani? La prima cosa da accettare è sicuramente quella di escluderci come attori: mai e poi mai i nostri figli accetteranno di trasgredire con noi, ed è giusto che sia così. L’epoca dei “genitori-amici” è già passata, Grazie a Dio, non è davvero il caso di lasciare l’autorevolezza del nostro ruolo educativo per giocare alla pari con i nostri figli. Se quindi accettiamo la necessità di autoescluderci, possiamo comunque provare a “giocare di sponda”: possiamo agire dietro le quinte cercando alleati in altri adulti significativi, tipo l’allenatore, il professore o l’animatore della parrocchia.


Spesso il conflitto è ricercato solo contro di noi, non verso tutte le figure adulte in quanto tali: anzi è proprio nel gruppo strutturato che essi vanno a riconoscere l’adulto autorevole ed il modello sano cui ispirarsi. Ricordiamoci di avere a che fare con adulti significativi per i nostri figli, ma “complici” di noi genitori. Un’altra strategia potrebbe essere quella di far sperimentare la trasgressione alle regole, passaggio obbligato per passare all’età adulta, però in contesti protetti. Se cioè accettiamo come fatto educativo la trasgressione, permettiamo ai nostri figli di farlo, ma in un contesto sotto controllo. Se i nostri figli adolescenti, per fare un esempio, pretendono di essere accompagnati la sera in discoteca solo perché “così fanno gli altri”, l’alternativa potrebb’essere non solo quella di internare gli altri genitori che acconsentono a ciò (perché il problema è pure questo….ahimè….), ma anche quella di permetter loro di fare discoteca in un luogo protetto, tipo la parrocchia o il centro sociale. Se l’educazione con gli adolescenti è mediazione, concordare una concessione differendo sul luogo potrebbe essere una valida ed efficace strategia alternativa. A ciò, però, ci si arriva non come singolo genitore, bensì come “gruppo di genitori”: è pertanto buona norma entrare in rete con gli altri papà e mamma, concordare su di una linea condivisa e fare al gruppo (dei figli) una proposta di gruppo (dei genitori). E’ una questione civile, credo: l’educazione dei nostri figli non è un fatto individuale, ma comunitario, e come tale può/deve essere affrontato. Ci sono poi esperienze ed esperienze, occorre differenziare per capire - moda o non moda - dove più alto può essere il rischio di farsi male. Tra l’andata in discoteca a mezzanotte ad ubriacarsi e la gita in barca a vela con l’istruttore io non avrei alcun dubbio: dietro la decisione non c’è solo un probabile pericolo (da evitare), c’è anche l’esperienza trasgressiva che in sé non è male. Se proprio si ama il rischio, basta affrontarlo in modo calcolato e preservarsi dalle cattive conseguenze. Per trasgredire non c’è solo la spinellata di gruppo, l’happy-hour o lo sballo notturno in discoteca, c’è pure lo sport (anche estremo), le feste tra amici e mille esperienze comunitarie. Tutte queste esperienze sono mediabili, richiedono però genitori attenti non solo a dire “si-no”, ma pure a cercarle queste esperienze e a proporle ai loro figli, magari in accordo con i genitori dei loro pari.


A volte basta solo un pò di fantasia per aggirare l’ostacolo: se nostro figlio vuole viversi una festa tutta sua e senza di noi, permettiamoglielo, magari la discoteca se la fa con gli amici per una sera in garage e tutto finisce lì. Se vuole andare al mare di sera ad aspettare l’alba con gli amici (nella cui attesa trangugiare alcool ed aprirsi a rapporti a rischio), forse è meglio lasciar loro per una sera la casa, magari con la promessa di farsi mettere tutto a posto. Se se ne inventa mille per passare un’ora di intimità con la fidanzatina, più che mandarlo in giro allo sbando o farsi fregare l’auto per l’accoppiamento, è il caso di concordare con lui un pomeriggio con la casa a sua completa disposizione mentre noi avremo altro da fare. Io credo che, in fin dei conti, permettere esperienze trasgressive in casa propria sia molto meglio che far rischiare ai nostri figli esperienze non sane. Non dimentichiamo: si tratta di una fase, quella adolescenziale, che ha un inizio ed una fine. Superata questa fase e svelati i segreti e le complicità agite, il giovane (ormai adulto) sarà consapevole di aver attraversato il guado verso l’adultità tramite l’amore (e quindi l’interesse), seppur celato, dei propri genitori. E’ infatti solo con l’età adulta che il giovane ritorna a fidarsi del proprio genitore e, autonomo, ad avviarsi in maniera indipendente verso un futuro sereno. Superata la maggiore età egli spiccherà comunque il volo verso la vita e verso i rischi che questa comporta: in quel momento sarà importante lasciarsi alle spalle la trasgressione adolescenziale come esperienza digerita e passata. Ugo Albano


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