Ucuntu n.53

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Fango Politici corrotti e cittadini indifferenti. Oppure (più benevolo) politici vecchi notabili, espressione di un giro chiuso di imprenditori e costruttori, e cittadini ormai culturalmente incapaci di controllare coloro che hanno eletto. Il risultato è il Terzo Mondo: una pioggia più forte delle altre significa decine di vittime, piante con commozione e presto dimenticate. Un'alluvione fisica, tante alluvioni morali. Ma Messina è così? Ma la Sicilia è così? Questa è l'Italia? Testimoni di giustizia: Piera Aiello/ Lo Stato l'abbandona a Cosa Nostra || 018ottobre 2009 || anno II n.53 || www.ucuntu.org ||


Messina, Sicily

Disperato quel popolo che non ha cittadini e politici ma soltanto eroi Una tragedia da terzo mondo in Sicilia. Non è la prima. E ci sono tutte le condizioni (per esempio a Letojanni) perché non sia l'ultima. Eppure nessuno interviene. E se qualcuno denuncia non viene ascoltato. Perché in Sicilia i politici sono così irresponsabili, e il popolo così disattento? E' Bangladesh o è Italia? E di chi è la colpa?

Non c'è molto da dire. Ha piovuto, tutto qua. Nel Bangladesh quando piove più di tanto è una tragedia. Anche qui, in Europa. Almeno nel nostro pezzo d'Europa. “La colpa è dei politici”: certamente. A Messina c'è stato un centrosinistra e un centrodestra, entrambi (per ragioni locali) padronali. Non sembra che nessuno dei due abbia pensato – prima – a Giampilieri o in generale a cosa può succedere alle borgate. Adesso pateticamente si discolpano; alcuni, forse parecchi, in buona fede. Chiedono, in buona fede, funerali di Stato. Saranno eletti di nuovo, alle prossime elezioni. E questo, qui in Bangladesh, è abbastanza normale. I politici sono notabili che rappresentano semplicemente i più ricchi del paese, imprenditori e costruttori. L'elettorato, del resto, non ha le risorse culturali necessarie a controllarli. Non perché sia analfabeta; al contrario: perché è fin troppo acculturato. “Politici? Tutti uguali”. “Io? E io che c'entro, che ci posso fare?”. “A mia m'interessa 'u travagghiu ppi mme figghiu e basta”. Il Bangladesh dei politici alimenta il Bangladesh culturale. Entrambi, prima o poi, producono il Bangladesh fisico, quello che i popoli fortunati guardano alla tivvù. Noi siciliani di solito siamo dal lato sbagliato del televisore, quello delle vittime da intervistare in tono commosso. In gran parte, per libera scelta nostra.

Sopra: Simone Neri.

Non abbiamo politici in Sicilia, e forse non abbiamo neanche elettori. Invero abbiamo eroi, questo sì: i Falcone, i Borsellino, i Fava, i Pio La Torre; e oggi i Simone Neri, il giovane che spontaneamente s'è gettato a salvare sei, sette vittime – e all'ottava non è riuscito più a tornare indietro ed è morto. Non è mai mancato il coraggio, in Sicilia. Ma sarebbe meglio se Simone fosse ancora vivo, se non avesse mai avuto occasione di misurarsi con una tragedia così disperata, da tempo di guerra. Sarebbe bastato poco. Ma quel poco, qui in Sicilia, non è stato fatto. Così tocca a Simone, e agli altri come lui. *** Sarà la magistratura, speriamo, a dire le responsabilità dei politici, che sono individuali, anche se infine riflettono l'intero sistema; e degli amministratori, dei funzionari, delle varie categorie della società che

avrebbero dovuto intervenire e non l'hanno fatto. Ma una categoria ci sentiamo, moralmente, di condannare anche subito senza aspettare nessuno: quella dei nostri colleghi giornalisti dell'unico e ricco quotidiano locale, la Gazzetta del Sud. Perché non hanno scritto? Non dopo, con la commozione; ma prima, freddamente, da giornalisti. Dare l'allarme in tempo, era loro dovere; giornalisti minuscoli (quelli di Tempostretto, di Terrelibere, della rete No Ponte) l'hanno pur fatto. Eppure, se a Messina incontraste un giornalista di Tempostretto o un “politico” dei No Ponte, lo guardereste dall'alto in basso, con degnazione. Davanti a un caposervizio della Gazzetta o a un segretario di Forza Italia o dei Ds o di An, invece, v'inchinereste umilmente e con gran rispetto, pronti a applaudire e a votare senza esitare un momento. Ci sono, a Messina e altrove, giornalisti e “politici” che sono degni di stima, di essere ascoltati. Il loro dovere, di fronte a Simone e a tutti gli altri morti di Giampilieri, è di non scoraggiarsi mai, di essere coerenti, di stare il più possibile uniti; e di non disprezzare mai neanche per un istante il popolo che hanno scelto di servire. Quel popolo un giorno, forse, si sveglierà. Ma fino a quel momento tocca a loro e soltanto a loro tenere botta, ai pochi, ai consapevoli, ai liberi cittadini. R.O.

|| 08 ottobre 2009 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||


Donne contro

Piera Aiello: “Torno a Partanna per lottare” Una testimone di giustizia abbandonata dallo Stato. Non si rassegna. Torna nel paese dai cui i mafiosi l'avevano cacciata. Da sola, con poche amiche, quelle dell' Associazione Antimafie Rita Atria. Rita, la giovane siciliana - cognata di Piera - che s'era ribellata alla mafia fidandosi di un giudice buono, Paolo Borsellino “Siamo come agrumi, spremuti e poi buttati via”. Piera Aiello sintetizza così la sua storia di testimone di giustizia. Diciotto anni fa Piera Aiello lasciò Partanna e la sua vita in Sicilia per dare il suo contributo nella lotta alle mafie raccontando quello che sapeva su Cosa nostra. Nella primavera scorsa ha visto saltare la sua copertura per una fuga di notizie. Un allarme che sembrò rientrare, ma poco dopo ne nacque un altro: l'esclusione di Piera Aiello dal programma di protezione stabilito dalla Legge 45/2001. Mesi difficili, di paure e silenzi. Finché lei ha lasciato la propria famiglia per recarsi in Sicilia a chiedere chiarezza. Piera è cognata di Rita Atria, giovane siciliana ribellatasi alla mafia e diventata, con l'aiuto di Paolo Borsellino, testimone di giustizia. Sette giorni dopo l'esplosione della bomba di via d'Amelio, Rita Atria decise di farla finita; si dimise dalla vita e dal suo sogno di cambiamento di una terra in cui lei era stata una giovane “donna contro”. Una battaglia raccolta e rilanciata dalla cognata Piera Aiello e oggi trasferita proprio li dov'era cominciata, a Partanna, nel trapanese: "non per morire ma per lottare", come fa sapere in una nota dell'associazione Rita Atria. Di queste misure di prevenzione e tutela, di lentezze burocratiche e del suo ritorno a Partanna, abbiamo parlato con Piera. *** - Torna in Sicilia dopo 18 anni di vita sotto copertura come testimone di giustizia, perché? "Torno per proteggere la mia famiglia, per avere chiarezza sulla condizione in cui attualmente versiamo. Negli ultimi mesi la situazione si è fatta insostenibile, tutto è stato difficile per me e per la mia famiglia in questi lunghissimi anni. Però oggi sono qui perché chiedo risposte. Non importa se negative, l'importante è che qualcuno se ne occupi. Sono andata via dalla mia famiglia

per proteggerli e ora non me ne andrò finché non avrò risposte chiare sulla mia condizione, la nostra vita e la sicurezza dei miei familiari". - Sino ad oggi abbiamo parlato di lei come testimone di giustizia oggi invece si apprende che non lo è più. Da quando e cosa è cambiato? "Lo scopro anche io come voi. Sono fuori dal programma di protezione previsto per i testimoni di giustizia, ma non sono mai stata informata sulle condizioni di cessato pericolo per me e i miei familiari. Intendiamoci, sarei ovviamente felice di sapere questo: con la vita che abbiamo fatto in questi anni, sarebbe il ritorno ad una vita normale. Quello che è successo però è altra cosa. Sia chiaro, non parlo dello status economico dei testimoni, quello non mi interessa. Sto parlando di una decisione che nessuno mi ha ad oggi comunicato ma che ha cambiato la mia vita, nuovamente. Se c'è stato un giudice che diciotto anni fa ha scritto una relazione con la quale mi ha inserita nel programma di protezione oggi ce ne sarà un altro che avrà scritto una nuova relazione motivando la mia condizione di “cessato pericolo”. Ecco questa vorrei che mi facessero leggere, conoscere".

- Ha ricevuto comunicazioni dalle procure siciliane presso le quali lei ha deposto in questi anni contro la mafia di Partanna? "No, non al momento. Così ho deciso di scendere in Sicilia, mi sono recata a Partanna insieme a Nadia Furnari dell'Associazione Rita Atria, per chiedere che vengano ascoltate proprio le procure della regione. L'abbiamo chiesto pubblicamente anche nel corso di una conferenza stampa". - Chi c'era ieri al suo arrivo a Partanna? Cittadini, istituzioni locali, chi si è fatto vivo con lei per starle accanto? "Nessuno. Fatta eccezione per una visita in forma privata, non c'erano ufficialmente le forze dell'ordine o altre cariche che rappresentassero lo Stato sul territorio. La vicinanza di questi ultimi c'è stata, ma a titolo personale". - Come sono stati questi diciotto anni contro la mafia da Testimone di Giustizia? "Difficili. Duri. Volti a ricostruire con i miei familiari una parvenza di normalità. Quello che penso è che alcuni uomini delle istituzioni, non solo nel mio caso, hanno continuato a trattarci come fossimo una pratica burocratica. Ieri abbiamo saputo che dovrà riunirsi oggi una commissione per decidere “che fare della Aiello”. Io invece da troppo tempo chiedo e nessuno mi risponde". - Lei in passato ha fatto una scelta che le ha cambiato la vita. Oggi fra sospensioni e incertezze, lo rifarebbe? "Si lo rifarei. Lo rifarei con la consapevolezza però che accanto ad uomini validi ci sono portroppo ancora uomini che non sono competenti, che trattano queste vicende con fare burocratico. Le nostre vite invece, come molte altre a rischio, necessitano di altro. E non chiedono molto in cambio: se non risposte certe, un minimo di delicatezza e chiarezza". Norma Ferrara, liberainformazione.org

|| 08 ottobre 2009 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||


Sicilia a pezzi. E dopo Giampilieri?

Qui Letojanni Terra, palazzi, fango. E colline franose Terra masticata dalle colline per costruire nuovi palazzi “Vistamare” e poi buttata accanto ai torrenti, terra che diventa una bomba pronta a colpire i paesi del lungomare messinese. Un acquedotto provinciale che ha perforato le colline argillose di Letojanni e di Giampilieri, stravolgendo i campi, che infatti vengono giù subito alle prime piogge autunnali

Colline argillose imbracate da reti metalliche, poi masticate dalle ruspe e nuovamente rattoppate alla buona. Sono le quattro colline che stanno alle spalle di Letojanni, la famosa località turistica ai piedi di Taormina, dove aveva la villa pure Greta Garbo,dieci chilometri a sud di Giampilieri. La villa oggi è sommersa dal fango, precipitato a valle con la violenza di una cascata tropicale pochi giorni fa. Sulle colline cominciarono a costruire venti anni or sono, a ridosso dell’autostrada A18. Dapprima eressero il mostruoso Hotel Hantares, che come un

polipo dai lunghi tentacoli di cemento ha cancellato la cima del primo cocuzzolo. Poi in contrada Sillemi il Valtur costruì, negli anni ’90, un enorme complesso edilizio vista mare e villette monofamiliari, subito vendute. Nel corso degli anni le imprese costruirono nuovi residence con nomi altisonanti: “Tropicana”, “Azzurra”, “Helicon”, tanto che oggi salendo per i tornanti si vede un palazzo nuovo ad ogni curva. Qui, su questo colle, abusivismo non ce n’è proprio, al contrario di quanto detto da Bertolaso, il capo della protezione civile, a proposito della

tragedia di Giampilieri. Sono tutte costruzioni che hanno regolare concessione edilizia, partorite da piccole e proficue varianti al piano regolatore. Il sogno dei catanesi o dei messinesi di avere una casa al mare viene subito realizzato, a scapito di cocuzzoli di terra che l’uomo aveva lavorato per secoli, realizzando lunghi terrazzamenti in pietra coltivati a ulivi, mandorli, viti e fichi, capaci di trattenere una terra morbida quanto il pan di Spagna. Le imprese edilizie invece, con la complicità della politica locale che a scapito della sicurezza ha venduto terra e concesso cemento, hanno innalzato piani su piani. A valle, oggi, il fango è entrato nelle case vicino la spiaggia, e ha sommerso le strade. “Il materiale di sbancamento non è mai stato buttato nelle discariche giuste. Qui hanno gettato tutto in cima alla collina, dove nessuno può vedere, per risparmiare, ma ora con le pioggie è caduto tutto giù”, ci dice un uomo che per anni ha guidato camion carichi di calcestruzzo sulla collina indicata dal suo braccio.

|| 08 ottobre 2009 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||


Sicilia a pezzi. E dopo Giampilieri?

Edifici sul costone. In basso: lavori a Letojanni. Pagina a fianco: Hotel Hantares e altre costruzioni.

“Su quest’altra collina – aggiunge che noi chiamiamo Adriana, invece il materiale di sbancamento l’hanno buttato accanto al torrente, ed è venuto giù, sempre per lo stesso motivo: per non pagare la discarica autorizzata”. La collina Adriana ha otto palazzine altissime costruite nel ’90 da una ditta poi fallita. I due ultimi palazzi sono stati lasciati a metà 18 anni fa, gli altri otto invece furono venduti subito, prima che la rete fognaria fosse costruita. Oggi sono lesionate dalle frane recentissime, il fango le ha circondate. Sono edifici abusivi che però sono ancora lì e gettano fogna a cielo aperto nel mare dove

migliaia di bagnanti fanno il bagno durante l’estate. Il terreno della collina era dell’attuale sindaco di Letojanni, l’architetto Giovanni Mauro, il quale, a quanto si dice in paese, guadagnò non poco dalla vendita alle imprese appaltatrici. *** Dunque abusivismo sì, ma abusivismo autorizzato, conosciuto, ignorato, speculato. Un vecchio carpentiere guarda ancora la collina: “Dieci anni fa costruirono l’acquedotto che parte da Piedimonte Etneo e arriva a Messina, ma fecero passare i tubi dalle colline davanti a noi, smuovendo il terreno e sbancando ancora. Ecco perché tutto è venuto giù a Giampilieri: anche per un’opera pubblica fatta male, di fronte agli occhi di tutti”, ci dice seduto sul lungomare: “Qui vicino c’è un torrente dove tutta Letojanni prendeva acqua da bere. Noi lo chiamiamo l’acqua do scapparu. Adesso l’acqua, dopo la costruzione dell’acquedotto, non sa più buona. E’ imbevibile”. “Ho visto fare una cosa che non

avevo mia visto fare: quest’impresa (impresa "La Perla", nda) sta ancora costruendo tre palazzi con vista mare, ha scavato il fianco della collina con le ruspe e ha portato la terra lì in cima”, ci dice un altro signore, sopra la collina. Sui quotidiani nazionali si è scritto che la pioggia degli ultimi giorni è stata una pioggia tropicale e mai vista da queste parti e dunque imprevedibile, ma gli abitanti di Letojanni dicono che non è vero, aveva piovuto così altre volte, ma il terreno aveva tenuto. “Vede laggiù ad esempio? Hanno appena fatto quei due grossi alberghi di lusso, Il capo dei Greci e l’Hotel Baia Taormina. Sulla nazionale ci sono ancora i segnali stradali che indicano frane, ma loro hanno costruito lo stesso, e qualche giorno fa le pietre e la terra sopra hanno distrutto le reti di protezione. Queste montagne si ribelleranno alla prossima pioggia e tutto cadrà a valle, come a Gianpilieri. Moriremo e chi sopravviverà perderà tutto. E la cosa terribile è che sappiamo già ora di che morte moriremo”. Giuseppe Scatà

|| 08 ottobre 2009 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||


Comune di Catania

I debiti aumentano e soldi non ce n'è Il sindaco Stancanelli sembra vivere giorni più tranquilli. Ma è tutta apparenza. In realtà sono pochi i creditori che vengono soddisfatti. Chi ci riesce, grazie alle vie legali, aspetta anni. Ma ci sono anche gli interessi e le spese legali

E' tornato il sereno a Palazzo degli

La via del Tribunale

I creditori in fila

se. I dipendenti non protestano più per

Se poi qualcuno vuole essere paga-

La “Mario Orlando & figli” ha otte-

il ritardo nella riscossione dei loro sti-

to e si presenta in ragioneria con la fat-

nuto il pagamento di un debito del

pendi e neppure le cooperative manife-

tura in mano, in genere la risposta è il

2005 di 116.127 euro. Con l'aggiunta di

stano. Solo, ogni tanto, si vede qualche

silenzio e l'unica strada percorribile che

altri 8.500 per il ritardo.

ambulante che vuole continuare a ven-

gli rimane è quella che passa per le

dere frutta abusivamente.

stanze dei tribunali.

elefanti, la sede del municipio catane-

Comincia allora l'iter dei provvediI soldi fantasma

menti giudiziari con un'amministrazione che si oppone al pagamento ed inca-

I 140 milioni promessi dal governo Berlusconi sembrano avere avuto l'effetto di tranquillizzare gli animi. «Sono

L'associazione “Sacra Famiglia è stata soddisfatta con la modica somma di 417.629 euro, quasi raddoppiata rispetto al debito iniziale di 285.803. L'associazione “Villa Regina” è riu-

rica qualche avvocato. Pur sapendo di

scita, invece, a portarsi a casa quasi tre

stare dalla parte del torto.

milioni, un milione in più di quanto il

Dopo anni, ottenuta una sentenza

Comune avrebbe dovuto sborsare se

stati promessi a tanti creditori – si voci-

definitiva che riconosce le ragioni dei

fera nei corridoi del Palazzo – e quan-

creditori, questi ricorrono al Tribunale

do arriveranno, semmai accadrà, in

Amministrativo Regionale che, a sua

allunga anche la lista dei commissari

molti resteranno a becco asciutto e i

volta, non può fare altro che nominare

che bussano alla porta del Comune con

problemi torneranno, peggio di prima».

un commissario ad acta. Il commissario

il rischio di fare pure errori contabili.

assume i poteri dell'amministrazione

Come quello di pagare alla “Sicula Tra-

denari promessi li vorrebbe dirottati

inadempiente e dispone il pagamento.

sporti” 49.000 euro in più. Questa volta

per il terremoto dell'Abruzzo ed il sin-

A questo punto l'importo da sborsare è

qualcuno se ne è accorto in tempo.

daco veste i panni da sceriffo, pensan-

aumentato di parecchio, grazie agli in-

do così di spostare l'attenzione dell'opi-

teressi e alle spese legali e, quelli che

nione pubblica sulle prostitute, sui bul-

seguono sono solo alcuni esempi.

Intanto l'ultimo avvistamento dei

avesse pagato in tempo. L'elenco è lungo ed ogni giorno si

li, sui vandali e sulle cicche per terra.

|| 08 ottobre 2009 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||

Piero Cimaglia


Precari

“Politica è risolvere i problemi insieme” “Non possiamo delegare ad altri il futuro della nostra scuola. Dobbiamo difenderla insieme con tutta la società civile”. Anche a Catania, la rete dei precari è soltanto una parte di un movimento più generale, come la controriforma della scuola è parte di una “normalizzazione” estesa all'intera società

Da più di un mese al CSA di Catania è in atto una protesta, scatenata dalla rabbia e dall’esasperazione dei precari della scuola per aver perso il posto di lavoro. Giorno dopo giorno l’onda emotiva della contestazione si è tradotta in una forma di lotta dal basso, un momento di confronto, un laboratorio di democrazia. Sono emersi dalle discussioni dell’assemblea pensieri, idee, osservazioni, che hanno preso forma in un documento che rappresenta il manifesto del movimento ed è al contempo un anello di congiunzione con una lotta più ampia che da più parti sta crescendo. È solo l’inizio. Ci rendiamo conto. Tuttavia è il primo passo di una lunga e faticosa battaglia culturale per la difesa del diritto allo studio come

diritto per tutti. Obiettivo polemico del documento è infatti il progetto di “controriforma” della scuola pubblica, che mira a proiettarvi logiche di mercato, svilendo tutte le conquiste ottenute nel campo della ricerca pedagogica e didattica e annullando quella tradizione egualitaria su cui si è fondato il processo di rinnovamento democratico della scuola pubblica. Le misure adottate dal nostro governo rispondono ad una concezione astrattamente selettiva e meritocratica della scuola, ignorano i bisogni delle nuove generazioni e appiattiscono il confronto tra esperienze e culture diverse, reintroducendovi elementi di conflittualità. I tagli non solo non risolvono le contrad-

dizioni presenti nell’attuale sistema scolastico, ma al contrario peggiorano in modo considerevole l’offerta formativa della scuola. Il drastico ridimensionamento del corpo docenti e del personale ATA, l’aumento degli alunni per classe, la riduzione del tempo scuola, l’accorpamento delle classi di concorso, l’istituzione del maestro unico, il taglio degli insegnanti di sostegno privano radicalmente la scuola di quei fondamenti democratici che hanno garantito a tutte le classi sociali uguali opportunità di crescita culturale e promozione sociale. Oltre a dichiararsi nettamente contrario ai contratti di disponibilità, il Coordinamento precari di Catania, in linea con la rete nazionale dei precari, chiede il ritiro immediato dei tagli e del DdL Aprea, perché solo così è possibile restituire ad ogni lavoratore il posto di lavoro e iniziare un processo di riforma della nostra scuola. Non è più il momento di delegare ad altri il futuro della nostra scuola. Possiamo, se vogliamo, insieme con tutta la società civile difendere la nostra scuola, perché come diceva Don Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Francesca Tinè e Gabriella Cicero

|| 08 ottobre 2009 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||


Da Versailles a Villa Certosa

I re dei media nudi davanti alle tecnologie Nella corte di Versailles per il re era molto più facile fare promesse, elargire favori, intrattenere conversazioni piccanti con le favorite: a quei tempi "verba volant" e solo molti secoli più tardi la voce sarebbe stata catturata in un supporto meccanico grazie ai rulli di cera del "fonografo" di Thomas Alva Edison Oggi non abbiamo più i re coi boccoli, ma i presidenti col riporto. E al posto delle ancelle tenute nell'ignoranza da una classe nobiliare bene attenta a non diffondere i suoi privilegi, abbiamo una generazione tecnologica di ragazze abituate ad usare sin da bambine apparecchi di videoregistrazione, telefonini con videocamera e computer, per fare quello che solo dieci anni fa era possibile solo ai servizi segreti e alla Rai messi insieme: registrare una conversazione telefonica compromettente e porgerla all'attenzione di milioni di cittadini. Per una curiosa nemesi, l'ascesa e la caduta del prestigio di Berlusconi coincidono esattamente con la parabola delle tecnologie sociali che gli hanno regalato il potere. L'uomo che ha conquistato l'Italia grazie alle antenne televisive, oggi è messo alla berlina dalle antenne dei telefonini che permettono di registrare le conversazioni. I profitti della pubblicità concentrati nel duopolio Publitalia-Sipra sono sempre più erosi dalla pubblicità diffusa della rete, dove anche i piccoli blog reclamano i loro micropagamenti grazie ai servizi diffusi di advertising come Google Adsense. L'immagine di uomo forte costruita grazie al bombardamento televisivo a senso unico sta sbiadendo di fronte alla comunicazione bidirezionale che al di là di ogni colore politico sta trasformando le reti sociali di Internet in un potentissimo strumento di informazione e di relazione. Un impero televisivo costruito con l'avvio simultaneo di registrazioni su videocassetta che aggiravano i divieti di trasmettere a livello nazionale, oggi è minacciato dalle microregistrazioni individuali che rendono sempre più difficile mantenere segreto, nascosto e sconosciuto ciò che il Re Sole poteva permettersi di dire e fare senza preoccuparsi troppo degli apparecchi utilizzati e

posseduti dalle sue damigelle. Da questo punto di vista non ci fanno paura le nubi all'orizzonte che fanno presagire una dura battaglia per il controllo della Tv Digitale a pagamento tra Sky e l'alleanza Telecom-Mediaset-Rai, ovvero tra il potere economico globale di un tycoon dei media come Murdoch e il potentato locale costruito dal suo omologo italiano.

A guardarla con un certo distacco, questa lotta appare come quella di due dinosauri che si contendono una preda (l'audience della televisione tradizionale e generalista) senza accorgersi dell'arrivo del meteorite che li porterà all'estinzione nello spazio di un mattino (il broadcasting personale sulle reti sociali in cui ogni individuo è al tempo stesso produttore, fruitore e canale di propagazione di contenuti che combaciano esattamente con i suoi interessi). E questa rivoluzione dei costumi innesca-

ta dalle tecnologie non colpisce solo il re, ma anche tutti i dignitari che vivono all'ombra della reggia. Pochi minuti dopo le infelici dichiarazioni di Franceschini sulle coppie di fatto, che allargano l'abisso già enorme che divide questo ex democristiano da Obama e Zapatero, la rete rispondeva con migliaia di segnalazioni del video sull'apologia dell'amore senza etichette, declamata da Roberto Benigni nell'edizione 2009 del Festival di Sanremo. La risposta all'oscurantismo ottuso può arrivare solo dalla cultura e dall'arte. In campagna elettorale Berlusconi si descriveva come "un anziano signore che ancora scrive a penna tutti i suoi interventi e anche quelli che scrive per gli altri" e a chi gli faceva domande su internet confessava "Io uso il computer e internet, ma lo usano soprattutto i miei collaboratori. Mi sa che hanno ragione loro quando dicono che sono troppo vecchio per governare un paese moderno". Ma l'anagrafe non conta: ho conosciuto novantenni perfettamente a loro agio con la posta elettronica e con la pubblicazione dei loro siti web personali. Si tratta di scegliere se abbracciare l'evoluzione delle tecnologie della comunicazione a vantaggio di tutti o rimanere abbarbicati agli antennoni televisivi sulle montagne per mantenere i propri vantaggi individuali. L'unica cosa che resta da fare agli uomini di potere che stanno tramontando assieme alle vecchie tecnologie è dotarsi di strateghi della comunicazione e leader di partito più giovani ed efficaci dei Ghedini e dei D'Alema di turno, perchè gli unici dinosauri che usciranno vivi da questa rivoluzione saranno quelli che riusciranno a trasformarsi in agili lucertole. E poi non dite che non vi avevamo avvertito. Carlo Gubitosa

|| 08 ottobre 2009 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||


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