Ucuntu n.116

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www.ucuntu.org – redazione.lavoriincorso@gmail.com

G.B.Scidà Parcheggi, Palazzi e affari Norma Ferrara Sacrifici per tutti tranne che per corrotti e mafiosi Antonio Mazzeo Qui Mineo, Hotel Inferno Giorgio e Francesco Ruta L'Affare Fortezza

Giornalismo 25-26-27-28 Tutti al Festival de “Il Clandestino”

Tutti nella

stessa barca?

“Siamo tutti nella stessa barca”, “Lavorare e combattere per la vittoria”, “Meno feste e più lavoro”, “Vietato scioperare”... Ma dove le abbiamo già sentite tutte queste belle cose? E com'è andata a finire?

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L'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania Memoria/ 1961- 2011 - Il Muro di Berlino e quelli di ora

|| 16 agosto 2011 || anno IV n.116 || www.ucuntu.org ||

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Società

Sacrifici per tutti meno i corrotti e i mafiosi Nel vuoto gli appelli degli Enti locali antimafiosi

Tagli per 45,5 miliardi nella manovra economica "d'urgenza" varata dal Governo. E cade definitivamente nel vuoto l'appello a evitare tagli a servizi e enti locali e recuperare soldi da lotta alle mafie e corruzione. A lanciarlo in queste settimane Avviso Pubblico, la rete di enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie. 150 miliardi di euro, tanti sarebbero infatti i soldi sottratti quest’anno dalle mafie all’economia nazionale. Rubati, centesimo dopo centesimo, dalle tasche degli italiani onesti per fare cassa con i business illegali, con la complicità di corrotti e collusi. Come riportato in una recente relazione della Commissione parlamentare antimafia la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di PIL in regioni come la Basilicata e la Puglia. E secondo il Censis fa perdere nel Mezzogiorno sino a 180 mila posti all’anno. Questi i veri numeri da tenere a mente in una manovra economica, urgente, che risponda alle richieste dell’Europa, certo, ma anche a quelle della legalità. E invece nè il Governo nè le opposizioni prendono in considerazione queste cifre. Se non bastassero i dati elencati sin qui, secondo l’ultimo rapporto di SOS Impresa di Confesercenti, sono circa 500 mila i commercianti oggetto di attenzione della malavita, per un giro d’affari criminale stimato in 98 miliardi di euro, di cui 37 per mano mafiosa. E la stessa Banca d’Italia per voce della vice direttrice generale Tarantola, ha affermato che in Italia il riciclaggio del denaro sporco incide sul 10% del PIL.

Le cifre sono note da anni, e continuano a peggiorare, ma nemmeno in un periodo di crisi economica generale come questa, la politica vuol tenerne conto. A denunciarlo, con forza, in un appello caduto nel vuoto, Avviso Pubblico. Da settimane chiedono al Governo e alle parti sociali «di introdurre nell’agenda del loro confronto anche il tema della legalità, del contrasto alle mafie, alla corruzione, all’evasione fiscale all’economia sommersa». «Ieri – proseguono da Avviso Pubblico - il governo ha incontrato le parti sociali dopo che queste, nei giorni scorsi, hanno sottoscritto un documento comune per chiedere interventi specifici e urgenti. Da quanto emerge leggendo i giornali, nel corso dell’incontro si è parlato della necessità di attuare misure contro inefficienze e sprechi, di provvedere alla messa in ordine dei conti pubblici, di liberalizzazioni e privatizzazioni, di modifiche da introdurre nel mondo del lavoro». «Non ci risulta che tra l’Esecutivo, gli imprenditori, i banchieri, le associazioni di categoria e i sindacati sia stato affrontato un tema che, secondo Avviso Pubblico, è centrale – concludono : quello dei costi economici e sociali dell’illegalità. Ci riferiamo, in particolare, ai costi delle mafie, della corruzione, dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa che incidono pesantemente sulla qualità della nostra economia, della nostra sicurezza, della giustizia e della nostra vita in generale». Norma Ferrara Liberainformazione

APPUNTAMENTI MODICA/ FESTiVAL DEL GIORNALISMO DAL 25 AL 28

E' ufficialmente partito il conto alla rovescia per l'inizio della terza edizione del “Festival del Giornalismo”, organizzato dal mensile “Il Clandestino”. Sarà il centro storico di Modica, con l'atrio di Palazzo San Domenico, Palazzo della Cultura e Palazzo Grimaldi, a fare da cornice alla manifestazione che prenderà il via da giovedì 25 agosto per concludersi, poi, domenica 28. Tanti i momenti di formazione con sette workshop che si terranno tra Palazzo della Cultura e Palazzo Grimaldi. Sarà presente anche Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale della Stampa

Info: www.festival-del-giornalismo.it ilclandestino1@gmail.com 333.4902756 - 327.5475852

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Movimento

Il prossimo passo, un po' più in su Ne parleremo a Modica, al “Clandestino”

Stavolta non c'è nulla di complicato. Infuria la lotta di classe, col Capitale (direbbe quel tale) che picchia senza scrupoli i Lavoratori. In realtà le cose non stanno esattamente così: il “capitalismo” come l'abbiamo conosciuto non esiste praticamente più da una ventina d'anni (è diventato automatico, e incontrollabilmente non-umano), e sarebbe anche ora di trovargli un altro nome. Quanto ai lavoratori (di qualunque lavoro si tratti, alcuni assai strani), si sfruttano in buona parte da sé medesimi, anch'essi in automatico, senza saperlo. Marchionne non è un “padrone” (né lo è il compagno Chin-chi-lao della Commissione Industria del Partito comunista cinese, che sempre più gli somiglia), ed entrambi non comandano in quanto proprietari di qualcosa. Il computer su cui scrivo, infine, in parte è ancora una “merce” e in parte no; è merce l'hard-disk faticosamente e marxisticamente costruito dai bambini cinesi, ma non lo è affatto il bel design, che invece è un prodotto culturale, che però pesa - nel mercato moderno - per più della metà. Siamo insomma contemporaneamente nel 1810 e nel Tremila, e questo crea qualche problema nel capire le cose, abituati come siamo a ragionare seriamente solo ogni cent'anni (Marx, Keynes, Gandhi...) e per il resto a fare o resistenza o nostalgia. Sarebbe ora di rimetterci a lavorare di buzzo buono su queste cose, perciò se fra i nostri l'ettori c'è qualche piccolo Marx o Keynes potenziale (cosa niente affatto improbabile, con la cultura di massa e dell'internet che la spamma in giro dappertutto) lo prego di mettersi subito all'opera senza perder più tempo con la “politica” corrente, il Nintendo e gli altri giochi.

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Fine della parentesi. In Italia, distrutte le garenzie democratiche (e keynesiane, che erano inseparabili da esse) si va al muro contro muro, e prima ce ne rendiamo conto meglio è. Il fulcro non è Berlusconi ma Fiat. Quest'ultima è il prodotto più apertamente esplicito di un sistema che ormai comprende tranquillamente anche la mafia, in senso lato, ed ecco perché è così importante (a parte legalità ed etica, che pure sono i nostro software di fondo) la lotta antimafia, su cui si decide quasi tutto. Siamo all'altezza? No. Non parlo dell'antimafia mediatica (che pure qualche rara volta ha una sua funzione) ma proprio di noi, l'antimafia di base, quella che lavora ogni giorno, quella reale. Non riusciamo a “far politica” e a fare rete, non quanto occorre, e anzi in questi mesi, nel nostro piccolo mondo (che poi tanto piccino non è) i passi indietro sono stati più dei passi avanti. Non solo sul piano concreto, delle cose prodotte, dei “risultati”, ma proprio nello stato d'animo, nel nostro modo di essere, sempre più individualista e tribale e sempre meno modernamente e coscientemente coordinato. Non faccio esempi (per ora) per carità di tribù, ma credo che ci capiamo. Nella rete informale di Ucuntu, che è un buon esempio per capire tutto il resto, non c'è un solo nodo che funzioni veramente in rete; ciascuno fa quel che deve fare per sé, e rimanda al domani (o rimuove) le cose altrettanto importanti che dovremmo e potremmo fare insieme. Così non ce la facciamo, o meglio ci illuderemo di farcela ma resteremo in sostanza – per difetto di massa critica – sempre subalterni. Quando non avremo più un Berlusconi a tenerci insieme e dovremo affrontare, al posto suo, i

gattopardi, verremo assorbiti da questi ultimi senza nemmeno accorgercene. Perché nel mondo moderno o si è rete o si è spettatori. Non c'è via di mezzo.

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Un'eccezione, nella geremiade di cui sopra, è rappresentata dai ragazzi di Liberainformazione, che affrontano con serietà e coraggio, e spirito unitario, la solitudine in cui li ha precipitati la scomparsa del loro maestro, Morrione. “Non siete soli in realtà, coordinate le forze” è stato l'insegnamento di Roberto, e avendolo compreso vanno avanti. Un'altra eccezione è quella dei ragazzi di Modica, del “Clandestino”. Non solo hanno continuato a sviluppare lo specifico lavoro della loro zona (questo lo fanno anche gli altri), ma hanno sempre cercato di tenersi in rete, di sapere quel che si faceva altrove, di non considerarsi autosufficienti e soli. Per questo il loro incontro è importante: è un modello per tutti, e va sottolineato.

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Modica, all'estremo Sud dimenticato, è il posto migliore - a questo punto - per fare un annuncio importante, il salto di qualità a cui tendevamo in tutti questi anni. Da settembre si apre un capitolo nuovo. Ucuntu, Lavori in Corso, Casablanca e tutto il resto sono tappe utilissime di un viaggio che non è finito, che non si esaurisce in nessuna di esse e che anzi deve ancora toccare i suoi obiettivi più importanti. Insieme, in rete, come nei momenti più alti, più avanti ancora e più in rete ancora: a Modica, e dopo Modica, comincia un altro pezzo di strada. Riccardo Orioles

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Catania/ Poteri e affari

Piazza Europa Una storia infinita Interessi e Palazzi in un caso esemplare di appropriazione della città

Quando il Tribunale di Catania (III Sez.) assolse gli imputati nel processo parcheggi di piazza Europa, i PPMM (Gennaro + 1) si chiusero in composto, esemplare silenzio. Fu il libero giornalismo catanese ad esaltarne l'opera e ad investire i giudicanti di acerrime stroncature (esiste o no, nel nostro Paese il diritto di critica?). Presidente e componenti del Collegio fecero a loro volta la loro parte esemplarmente: muti come senatori romani davanti all'invasore. Gennaro ha parlato adesso, come parlano i magistrati, con gli atti del loro Ufficio. In attesa di conoscere i motivi dell'impugnazione che egli ha proposto, cerchiamo di ripercorrere le tappe la vicenda. I Non tutti i provvedimenti amministrativi inopportuni possono essere sospettati, per ciò solo, di penale illiceità, anche se inopportuni all'estremo e nello stesso tempo giovevoli, com'è naturale che siano, a coloro che li hanno domandati. Tale, per moltissimi cittadini, è il caso della concessione parcheggi di piazza Europa. Ma gli amministratori tornarono sulla concessione, consentendo l'apertura, in alcuni locali, di negozi. Tre consiglieri comunali (D'Agata, Beretta, Arcidiacono) ne fecero segnalazione alla Procura della Repubblica. Era l'agosto del 2006. Ci proponiamo di ricordare al lettore: - l'assetto, a quel tempo, dell'Ufficio di Procura; - l'identità dei concessionari; - le tappe del procedimento; - il corso del giudizio, sino alla sentenza. II Era Procuratore Aggiunto, da sei anni, il dott. Gennaro, già membro del CSM (1994/1998) e di nuovo Presidente, da mar-

zo, dell'ANM; era Procuratore Aggiunto il dott. D'Agata, che Gennaro aveva strenuamente cercato., nel 1998, di mettere a capo della Procura della Repubblica di Messina, competente, ex art. 11 c.p.p., per i magistrati del Distretto di Catania; era ancora Procuratore della Repubblica il dott. Busacca, nominato nel 1996, mentre Gennaro, membro del CSM, faceva parte di quella Commissione Uffici Direttivi. È noto a molti che nominando Procuratore il dott. Busacca, già dal 1984 Procuratore Aggiunto, il Consiglio aveva disatteso le ragioni, fatte presenti da un magistrato in servizio a Catania, che consigliavano di chiamare a quell'Ufficio un estraneo alla Procura. Infine, l'Ufficio di Procuratore Generale era stato conferito, nel maggio 2006, al dott. Tinebra, col voto compatto e trascintore del forte gruppo UNICOST, di cui faceva parte un magistrato di Catania, eletto col sostegno di Gennaro; Tinebra prese possesso in settembre. Sino al febbraio il posto era stato tenuto, per nove anni, dal dott. Scalzo, nominato durante la consiliatura Gennaro. Il pensionamento del dott. Busacca, nel novembre di quello stesso 2006, non provocò cambiamenti dell'insieme, né subito, perché la reggenza fu assunta dal dott. D'Agata, né con la copertura del posto, nel 2008, quando l'estraneo all'ambiente catanese, che in Commissione aveva riportato quattro voti su sei, fu sconfitto nel plenum proprio dal reggente, come fortemente voluto dal grosso battaglione Unicost al quale si unirono il vice Presidente Mancino, il Consigliere Volpi, bertinottiano, e alcuni altri. Pienamente voluta dal gruppo fu la

nomina, nel 2007, del nuovo Avvocato Generale, in persona del dott. Scalia. III Nei parcheggi, oggetto dell'esposto, avevano interesse sia l'impresa Virlinzi che una società riconducibile al gruppo Ciancio, detentore, in regime di fattuale monopolio, dell'informazione tenti catanese: il quotidiano La Sicilia, e le più seguite emittenti televisive. Il giornale era da sempre, con le sue più storiche firme, come l'eco sonora delle posizioni e degli interessi del dott. Gennaro. Dell'imprenditore Virlinzi si è poi affermato esser consuocero del magistrato Scalia. Ma la Procura della Repubblica non ebbe esitazioni. In ottobre del 1997 il cantiere era sotto sequestro; il provvedimenti del gip resisté al riesame; l'ordinanza del Tribunale al ricorso per cassazione. Seguì rinvio a giudizio: imputati di abuso, per il profitto dei concessionari, i pubblici ufficiali che avevano provveduto; imputati di concorso con loro gli amministratori delle società. IV La III Sezione del Tribunale di Catania, cui toccò giudicare aveva trattato e definito, tra il 2006 e il 2009, un processo insorto molti anni prima, a carico del capo (Alfio) del clan Laudani e di un Di Giacomo, statone reggente, per falsa intestazione di edifici, costruiti in S.Giovanni la Punta a società inalberanti il cognome Rizzo, dell'affiliato Carmelo, o a società come la “Di Stefano costruzioni” delle quali il Rizzo era socio, notoriamente, attraverso la moglie; sotto il nome della “Di Stefano” erano state innalzate ville bifamiliari, lungo la via Montello di quel Comune, su terreno ceduto, da certo Arcidiacono, a titolo di permuta.

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Catania/ Poteri e affari

Possiamo aggiungere che parte, in verità preponderante, di una di tali bifamiliari, sorta sul lotto n° 16, fu a suo tempo acquistata (1991) dal dott. Gennaro, allora sostituto Procuratore della Repubblica, e che della metà giusta di un'altra, sul lotto contiguo, si rese acquirente un professionista, cognato di altro sostituto della stessa Procura catanese, già dal 1987 in aspettativa per mandato parlamentare. Del Rizzo si volle negare, nel '93 e nel '94, la situazione di uomo dei Laudani, loro manager e prestanome nella torbida edilizia di San Giovanni, ed inquinatore dell'amministrazione locale, quale lo descriveva, nello stesso 1993, il D.P.R. di scioglimento del Consiglio Comunale. Ma nessuno ha mai dubitato, né in quegli anni né dopo che fu spiccato contro di lui ordine di custodia in carcere, per mafia, né dopo che egli fu ucciso per mandato del capo clan, mentre stava per pentirsi: mai si è dubitato che egli fosse socio della “Di Stefano”. Lo presupposero tutti, come cosa incontestabile, nel procedimento per misura di prevenzione (1993); fu proclamato da lui con un dépliant del 1996, illustrativo della sue realizzazioni da imprenditore, sulla copertina del quale figurava le bifamiliari di via Montello; lo affermava nel 2006 davanti al Tribunale di Monza, in processo a carico del giornalista Chiocci, il querelante Di Loreto, dolendosi che quel suo consocio nella “Di Stefano” fosse stato detto mafioso, pur senza essere mai stato condannato come tale: ma il giudice assolse, tenuto conto del significato assunto, nel linguaggio corrente, da quella espressione: più che

quindici anni, insomma, di pacifica certezza. Ci volle l'udienza del 15/06/2006, nel processo a carico del Di Giacomo (e non anche del Laudani, ancora tenuto per non processabile, in quanto infermo di mente), perché un dubbio venisse avanzato dal PM: non bastava, disse il magistrato: non bastava che della società intestataria fosse socia la moglie del Rizzo, per dare certezza che socio ne fosse costui. Il Tribunale lo seguì. Condannò l'imputato per l'intestazione di altri immobili a società “Rizzo”; lo assolse, applicato l'art.530 n°2 c.p.p., per l'intestazione alla “Di Stefano” e ad altra società. La stampa dette grande risalto alle condanne; tacque dell'assoluzione. Non ci fu appello della Procura Generale. Nel 2009 fu finalmente portato a giudizio il Laudani: stessa Sezione, ma collegio diversamente composto (Presidente, ora, il dott. M.). Il PM di udienza produsse copia della sentenza del 2006, concludendo per l'assoluzione. Il Tribunale ritenne non esserci motivo di discostarsi da quel precedente: ma nel dispositivo non si legge dopo le condanne, alcuna statuizione assolutoria. Non ci fu impugnazione. V Il processo per i parcheggi (Presidente il dott. M.) era in corso (ammesse prove proposte dalle parti) quando fu depositata una perizia d'ufficio: non produttivi di profitto, per i concessionari, i provvedimenti pei quali era causa; insussistente, dunque, l'asserito abuso. Il Tribunale ritenne, dato ciò, di revocare le disposizioni ammissive di prove a carico. Potevano i PPMM (dott.

Gennaro e altro magistrato) ricusare per questo il Collegio, ex art.37 n°1 lett. b c.p.p.? non lo fecero. Trascorso da tempo il termine utile per la ricusa, chiesero revoca dei provvedimenti, con i quali il Tribunale aveva revocato l'ammissione di prove. Al rifiuto fecero seguire ricusazione. La Corte d'Appello la dichiarò inammissibile per tardività. I PPMM non impugnarono per cassazione; il provvedimento della Corte era ineccepibile. Nel concludere, Gennaro chiese condanna degli imputati, senza specificare a quale pena. Non ci pare che l'omissione abbia precedenti, nella nostra storia giudiziaria. VI Contro la sentenza, di piena assoluzione , il dott. Gennaro ha proposto appello; con l'appello egli ha chiesto, come apprendiamo dalle cronache, rinnovazione della consulenza o perizia. Ne aveva fatto richiesta, durante il dibattimento? e se no, perché no? VII Non è ancora tempo di commenti. Occorre che, prima, la rivisitazione dei fatti sia integrata, perfezionata e per quanto del caso corretta (cosa nella quale ci sentiremmo impegnati). Gioverà conoscere i motivi della consulenza, gli argomenti con i quali sia stato chiesto al Tribunale, com'è verosimile, disporsene altra, e i motivi del diniego, e come anticipammo, il testo dell'impugnazione. Chi, dopo, vorrà commentare, difficilmente potrà prescindere da riferimenti a congiunture e contesti. Quel che si può dire sin da ora è ciò che Cittàinsieme ha detto: che piazza Europa non andava toccata. Giambattista Scidà

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Caso Catania Le associazioni sottoscritte,

nel momento in cui vengono da più parti riportati episodi sconcertanti che coinvolgono fra l'altro aspiranti al posto di procuratore capo al Tribunale di Catania, manifestano la propria preoccupazione per la nomina prevista in conseguenza del pensionamento del Dott. Vincenzo D’Agata e sottolineano la necessità che chi assumerà l’incarico riesca finalmente a disvelare e a rendere pubblico l’intreccio fra poteri economici, politici e mafiosi che, anche in campo nazionale, ormai è noto come il “ Caso Catania”. Come cittadini abbiamo il diritto di sperare in un futuro di legalità e giustizia per la nostra città. A questo scopo le Associazioni firmatarie del presente appello, così come già richiesto, auspicano che la nomina a procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Catania ricada su una personalità di alto spessore che eserciti l'autonomia della magistratura rispetto al potere politico, che sia capace di operare al di fuori delle logiche proprie del sistema politico-affaristico della città, che possibilmente sia del tutto estranea all'ambiente cittadino, che provenga cioè da realtà lontane dall’humus siciliano e catanese in particolare, una personalità che favorisca il riscatto civile della nostra città e che contribuisca a restituirle orgoglio e dignità. Associazione Centro Astalli, AS.A.A.E., Assoc.CittàInsieme”, Assoc. Domenicani Giustizia e Pace, Laboratorio della Politica Onlus, La Città Felice, Assoc. Studentesca e Culturale "Nike", Comitato NO-TRIV, Assoc. Oltre la Periferica, Librino, Punto Pace Pax Christi Catania, Sicilia e Futuro, Associazione Talità Kum

*** La Sicilia è la regione dove si trova la maggior economia sommersa del paese, come recenti e qualificati studi hanno evidenziato, e gran parte dell’imprenditoria cheopera nell’isola usufruisce di complicità o alleanze con le organizzazioni criminali. La mafia ha esteso da tempo i suoi interessi nell'economia “legale”, dove l'accumulazione della ricchezza avviene attraverso relazioni e attività costruite sulla base del coinvolgimento diretto e dei favori scambiati con potentati economici, politici, professionali. Si è creato così uno spazio dove lecito e illecito finiscono per entrare in commistione. L'epicentro di questa "area grigia", dove si intrecciano gli interessi di mafia ed economia, è oggi Catania, come ribadito anche dal Presidente di Confindustria Sicilia.

APPELLI PER LA GIUSTIZIA A CATANIA Al Vicepresidente del CSM Alla Commissione Uffici Direttivi e p.c. Presidente Repubblica che UnaAlcittà dove, da della anni, diversamente a Palermo o Caltanissetta, l'azione di contrasto della Procura è stata assolutamente inefficace. Emblematica, da questo punto di vista, è apparsa la gestione dell’inchiesta che ha coinvolto il governatore Lombardo e il fratello Angelo. Gli inquirenti si sono divisi sui provvedimenti da assumere in merito all'esito delle indagini sul Presidente della Regione. Il Procuratore D'Agata, nelle prese di posizione pubbliche, ha dato l’impressione di un evidente imbarazzo e fastidio nei confronti dell’inchiesta; in un'intervista rilasciata a Zermo, sul quotidiano di Ciancio (a sua volta indagato in altro procedimento), sembra esprimere contrarietà per le considerazioni espresse da Ivan Lo Bello sul peso dell'imprenditoria mafiosa a Catania. Infine, una fotografia pubblicata in questi giorni ha riacceso i riflettori sul “caso Catania”, una vicenda giudiziaria nata dalla denunzia di Giambattista Scidà che lanciò l’allarme di contiguità tra criminalità mafiosa e frange della magistratura etnea. Alla luce di tutti questi fatti e alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore della Repubblica, facciamo appello al Csm affinché la Procura di Catania abbia finalmente un Procuratore capo assolutamente estraneo ai giochi di Palazzo e all’intreccio delle poco chiare vicende catanesi. Un magistrato che non subisca le forti interferenze esterne che hanno condizionato da decenni la direzione della Procura catanese. Giolì Vindigni, Gabriele Centineo, Mimmo Cosentino, Angela Faro, Santa Giunta, Vincenza Venezia, Salvatore Cuccia, Luciano Carini, Giuseppe Di Filippo, Enrico Giuffrida, Lillo Venezia, Claudio Novembre, Massimo Blandini, Marzia Gelardi, Maria Concetta Siracusano, Francesco Duro, Margherita Ragusa, Antonella Inserra, Mario Pugliese, Giovanni Caruso, Elena Maiorana, Tuccio Giuffrè, Rosa Spataro, Paolo Parisi, Marcella Giammusso, Giuseppe Pappalardo, Raffaella Montalto, Giovanni Grasso, Federico Di Fazio, Claudio Gibilisco, Riccardo Orioles, Elio Impellizzeri, Ignazio Grima, Angelo Morales, Pippo Lamartina, Andrea Alba, Matteo Iannitti, Valerio Marletta,

Marcello Failla, Alberto Rotondo, Riccardo Gentile, Barbara Crivelli,Massimo Malerba, Enrico Mirabella, Maria Lucia Battiato, Mauro Viscuso, Sebastiano Gulisano, Aldo Toscano, Anna Bonforte, Grazia Loria, Pierpaolo Montalto, Toti Domina, Fabio Gaudioso, Giovanni Puglisi, Titta Prato, Maria Rosaria Boscotrecase, Lucia Aliffi, Fausta La Monica, Salvatore Pelligra, Anna Interdonato, Lucia Sardella, Federica Ragusa, Alfio Ferrara, Federico Urso, Paolo Castorina, Giusi Viglianisi, Laura Parisi, Gaetano Pace, Luigi Izzo, Alberta Dionisi, Carmelo Urzì, Pina De Gaetani, Giusi Mascali, Marcello Tringali, Daniela Carcò, Giulia D’Angelo, Alessandro Veroux, Ionella Paterniti, Francesco Schillirò, Francesco Fazio, Tony Fede, Antonio Presti, Luigi Savoca, Salvatore D’Antoni, Alessandro Barbera, Vito Fichera, Stefano Veneziano, Pinelda Garozzo, Francesca Scardino, Irina Cassaro, Carmelo Russo, Franco Barbuto, Maria Luisa Barcellona, Nicola Musumarra, Angela Maria Inferrera, Michele Spataro, Giuseppe Foti Rossitto, Irene Cummaudo, Carla Maria Puglisi, Milena Pizzo, Ada Mollica, Maria Ficara, Rosanna Aiello, Rosamaria Costanzo, Mario Iraci, Giuseppe Strazzulla, M. C. Pagana, Vincenzo Tedeschi, Nunzio Cinquemani, Francesco Giuffrida, Maria Concetta Tringali, Maria Laura Sultana, Giovanni Repetto, Giusi Santonocito, Marco Sciuto, Tiziana Cosentino, Emma Baeri, Renato Scifo, Luca Cangemi, Elisa Russo, Angela Ciccia, Alfio Fichera, Giampiero Gobbi, Domenico Stimolo, Piero Cannistraci, Roberto Visalli, Mario Bonica, Claudio Fava, Giancarlo Consoli, Maria Giovanna Italia, Riccardo Occhipinti, Giuseppe Gambera, Orazio Aloisi, Antonio Napoli, Giovanni Maria Consoli, Elsa Monteleone, Francesco Minnella, Antonia Cosentino, Sigismonda Bertini, Giusi D’Angelo, Lucia Coco, Fabrizio Frixa, Santina Sconza, Felice Rappazzo, Concetto De Luca, Maria Luisa Nocerino, Alessio Leonardi, Renato Camarda, Angelo Borzì, Chiara Arena, Alberto Frosina, Gianfranco Faillaci, Daniela Scalia, Lucia Lorella Lombardo, Pippo Impellizzeri, Giuseppe Malaponte, Antonio Mazzeo, Marco Luppi, Ezio Tancini, Aldo Cirmi, Luca Lecardane, Rocco Ministeri, Gabriele Savoca, Fulvia Privitera, Daniela Trombetta, Vanessa Marchese, Edoardo Boi, Stefano Leonardi, Ivano Luca, Maria Crivelli, Guglielmo Rappoccio, Grazia Rannisi, Elio Camilleri, Rosanna Fiume, Alfio Furnari, Claudia Urzi, Luigi Zaccaro, Daniela Di Dio, Gigi Cascone, Ettore Palazzolo, Nunzio Cosentino, Matilde Mangano, Andrea D'Urso, Daniela Pagana, Stefania Zingale, Concetta Calcerano, Luana Vita, Maria Scaccianoce, Costantino Laureanti, Pierangelo Spadaro, Paola Sardella, Luisa Gentile, Antonio Salemi, Antonino Sgroi...

|| 16 agosto 2011 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||


Catania

Non dimenticate Piazza Europa Piazza Europa è stata sventrata. Non è possibile dimenticarlo e questo nostro striscione artistico intende ricordarlo ai catanesi distratti. Prendiamo atto che le ditte promotrici scelte per realizzare il parcheggio siano state assolte in primo grado. Prendiamo atto che adesso i Virlinzi cercano con queste

iniziative agostane di chiudere una ferita e riaprire una nuova pagina. Ma è necessario tenere sempre vivo nella memoria ciò che è stato fatto finora. Ed è proprio alla luce del passato che ci auguriamo che queste attuali iniziative artistiche e creative realizzate con la partecipazione di writers, fotografi, musicisti, ecc...

siano il preludio di un nuovo modo di atteggiarsi delle società facenti capo ai Virlinzi nei confronti della città, e non servano invece soltanto a fare dimenticare ai catanesi lo sventramento perpetrato per anni. CittàInsieme

|| 16 agosto 2011 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||


Promemoria

Il Muro Esattamente cinquant'anni fa, 1l 13 agosto 1961, veniva eretto il muro di Berlino. Serviva a impedire la fuga dalla Terra dei Poveri alla Terra dei Ricchi, per ordine dei tiranni dei Poveri e fra il raccapriccio virtuoso dei Ricchi. Si parlò anche – e giustamente – di Libertà. Ogni essere umano dovrebbe poter andare dove vuole, scegliersi liberamente il luogo dove crescere i figli e guadagnarsi il pane. Sono passati cinquant'anni. Quel tiranno è caduto. Ma i Muri ci sono ancora, e anzi sono sempre di più. Servono allo stesso scopo: che nessuno dei Poveri passi dai Ricchi. Ma stavolta a sparare sono questi ultimi, e non parlano più di libertà.

In alto: fra Berlino Est e Berlino Ovest (1961). In basso: fra Palestina e Israele (2010). || 16 agosto 2011 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||


Promemoria Muri

In alto: Muro di Berlino (Ddr, 1961). In basso: Vallo anti-immigranti (Usa, 2011). || 16 agosto 2011 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||


Promemoria Muri

In alto: un passante dal lato occidentale del muro di Berlino (1961). In basso: disegno di un bambino di Lampedusa (2011). || 16 agosto 2011 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||


Promemoria Muri

Durante il periodo di esistenza del Muro di Berlino vi furono circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo. Nello stesso periodo varie fonti indicano in un numero compreso tra 192 e 239 le persone uccise mentre tentavano di passare. Non è noto il numero delle persone morte nei tentativi di oltrepassare i vari Muri contemporanei. Secondo una ricerca diell'osservatorio Fortress Europe sulla base di notizie rinvenute nella stampa internazionale, dal 1988 al 2007 i migranti annegati attraversando il Mediterraneo sono almeno 8.165. Metà delle salme (4.256) non sono mai state recuperate.

|| 16 agosto 2011 || pagina 11 || www.ucuntu.org ||


Immigrati

Qui Mineo Hotel Inferno Miserie e business dell'”accoglienza” Un posto letto in villette ben arredate, i campi da tennis e di football, i prati all’inglese, pasti abbondanti tre volte al giorno, la disponibilità di acqua potabile a tutte le ore. Sino a sei mesi fa era il residence di lusso dei militari Usa in forza alla base di Sigonella. Oggi, il Villaggio degli aranci di Mineo (Catania) ospita il più ambizioso dei programmi di “solidarietà” berlusconiani, il Centro di accoglienza (Cara) per circa duemila richiedenti asilo, donne, uomini e bambini scampati miracolosamente agli orrori delle guerre e alle dittature. L’idea del governo è semplice: concentrare in una struttura confortevole tutti i rifugiati dopo averli prelevati manu militari dalle località dove hanno vissuto sino ad oggi nell’attesa di ottenere asilo in Italia. Gli standard di Mineo non sono comparabili certo con quelli delle ex caserme riconvertite in Cara, ma bastano un paio di giorni di permanenza nella torrida piana etnea per rendersi conto che anche l’inferno può essere a cinque stelle. Il tempo nel centro è scandito da turni e file, in coda per mangiare, per telefonare (solo tre minuti al mese), per fare internet (cinque minuti), per uscire – solo dopo le 8 di mattina - e rientrare – non oltre le 8 di sera - dai cancelli che segnano il confine tra l’oasi del Cara e il deserto di sassi e polvere che si perde a vista d’occhio. Il centro abitato più vicino è quello di Mineo, 11 Km, più distante (25 km), Caltagirone. Chi voleva doveva arrivarci a piedi; adesso sono attivi i bus navetta, ma costano 2 euro A/R per Mineo e 4,5 per Caltagirone e i richiedenti asilo, a differenza di quanto avviene in tutti gli altri Cara d’Italia, non

percepiscono alcun contributo economico e devono pagarsi pure le schede telefoniche per parlare con i familiari. La gestione del centro è stata affidata per trattativa privata alla Croce Rossa italiana. Dalagosto, forse, subentra la Protezione civile con servizi da subappaltare a cooperative e onlus locali. Sperando che non si ripeta quanto avvenuto in aprile, quando uno stretto congiunto del boss mafioso locale, Rosario di Dio, ottenne un breve incarico per la rivendita di sigarette e schede telefoniche all’interno del Cara. “Mineo è un centro di segregazione, un esperimento di nuove politiche di detenzione dei migranti”, denuncia la Rete Antirazzista Catanese, promotrice di una campagna per la sua chiusura immediata. “L’area è ipermilitarizzata, ci sono doppie recinzioni e telecamere, un centinaio tra carabinieri, poliziotti e militari dell’esercito effettua controlli soffocanti e non mancano gli abusi. Di contro ci sono pochi mediatori culturali, niente giornali e tv, nessuna attività ricreativa e culturale. Il cibo non piace e nonostante gli alloggi siano dotati di cucine funzionanti, è proibita la preparazione di alimenti”. L’insostenibilità del modello Mineo è denunciata pure da una ricerca nazionale sul sistema d’asilo condotta dall’ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione) in collaborazione con il Centro Studi Politica Internazionale, Caritas, Consorzio Communitas e Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa. Il Centro di Mineo – scrive l’equipe di ricerca - per ragioni legate alla sua ubicazio-

ne e per il fatto di inserirsi quale corpo estraneo nel già fragile tessuto socioeconomico, rappresenta una struttura ad alto rischio di involuzione verso una realtàghetto completamente isolata dall’esterno, dove possono facilmente prodursi gravi fenomeni di marginalità e degrado sociale”. Nonostante gli impegni del governo, il centro vive nella totale assenza di programmazione dei servizi, senza alcun collegamento con le amministrazioni locali. “La locale ASL, priva di risorse aggiuntive, difficilmente è in grado di rispondere efficacemente al proprio compito istituzionale di tutela sanitaria”, aggiungono i ricercatori. “Inoltre non è previsto il potenziamento dei servizi scolastici a fronte della nuova utenza (al 13 maggio 2011 risultavano presenti circa 80 minori con famiglie e 40 minori stranieri non accompagnati)”. Senso di precarietà ed abbandono, sfiducia, solitudine, disperazione sono i sentimenti più diffusi tra gli “ospiti”. I più forti tentano di rimettersi in gioco, sperimentando la fuga verso la Francia o la Germania. Altri si accontentano di camminare ininterrottamente a ridosso del filo spinato come si fa in carcere durante l’ora d’aria. Altri ancora traducono rabbia e desiderio di libertà in legittime manifestazioni di protesta: per tre volte in meno di quaranta giorni, un centinaio di rifugiati ha occupato la carreggiata della superstrada Catania-Gela, sfidando la reazione delle forze dell’ordine. Il 20 giugno, dieci di loro sono stati costretti a ricorrere alle cure dell’ospedale per le contusioni prodotte dalla carica degli agenti. In molti invece soccombono.

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Immigrati

Lindeterminatezza della semidetenzione, la condizione di eterna sospensione tra l’essere e il non essere, di persona e non persona, possono condurre all’autolesionismo. Sette rifugiati hanno già tentato il suicidio all’interno del Cara, secondo quanto denunciato dallo staff di Medici senza frontiere che a Mineo sta portando avanti un progetto di salute mentale per 350 residenti. Per l’alto numero di rifugiati ospitati e la cronica inefficenza delle istituzioni chiamate a riconoscere lo status di rifugiato si rischia di prolungare all’infinito il confina-

mento nel limbo-inferno di Mineo. La commissione territoriale competente per l’esame delle richieste d’asilo ha iniziato le audizioni solo il 19 maggio e riesce ad incontrare solo due persone al giorno per non più di due volte la settimana. A questo ritmo, per smaltire le pratiche relative ai duemila richiedenti, ci vorranno non meno di tre anni. Inoltre sono già stati pronunciati numerosi dinieghi e per un’intera comunità, quella dei pakistani del Punjab, le richieste sono state rigettate in blocco. Antonio Mazzeo

SCHEDA DA DOVE VENGONO GLI INTERNATI Paesi di provenienza dei richiedenti asilo del Cara di Mineo (aggiornato al 18 luglio 2011) Afghanistan 160, Bangladesh 24, Burkina Faso 47, Ciad 18, Costa D’Avorio 133, Eritrea 116, Etiopia 49, Georgia 1, Ghana 136, Guinea 17, Iran 24, Iraq 11, Kenya 1, Libia 8, Mali 136, Niger 14, Nigeria 328, Pakistan 317, Senegal 54, Siria 1, Somalia 5, Sudan 36, Tunisia 6, Turchia 20, Camerun 7, Gabon 2, Liberia 5, Marocco 1, Mauritania 3, Guinea Bissau 2, Togo 37, Gambia 32, Sierra Leone 12, Benin 4, Congo 12, Egitto 2, Palestina 1.

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Inchiesta

L'affare Fortezza Modica: dietro il nuovo centro commerciale... Ci sono tutti i nomi, le società, le compravendite, le date, i brogliacci giudiziari a far pensare che dietro la costruzione del centro commerciale La Fortezza ci sia un grande affare. Soprattutto ci sono una montagna di soldi e una piccola banca modicana: la Banca di Credito Cooperativo della Contea. Tutto si svolge tra contrada Michelica, alle porte di Modica, in Via S. Cuore, cuore commerciale della città della contea e Piazzale degli Oleandri, sede della Banca della Contea. A distanza di pochi chilometri si svolge una storia che si compone, come un complicato puzzle, in cui i tasselli sono date, indirizzi, e nomi. Tutto combacia perfettamente delineando un grande affare in cui i protagonisti sono i condottieri della Modica bene. Tutto inizia molti anni addietro. È il luglio 2004 e una società modicana, la Gag srl, con sede in Via Sacro Cuore 14 acquista in contrada Michelica, proprio dove sorgerà l'imponente centro commerciale, degli appezzamenti di terreno per 420 mila euro. Tra i venditori risulta Giuseppe Cappello. Un nome da tenere in mente. Nel gennaio 2006, la storia prosegue, Giovanni Vindigni per la Polis distribuzione Srl e per l'albergo del Polo srl, entrambi con sede in Via Sacro Cuore 14, firma un contratto preliminare di compravendita per alcuni terreni, sempre situati nell'area interessata dal centro commerciale, per un valore di 1.850.000 mila euro. L'esito del contratto preliminare non è a nostra conoscenza. Ma le compravendite proseguono e l'ultima viene effettuata nel febbraio del 2007. La Gag acquista terreni per un valore di 33 mila euro da alcuni soggetti, tra cui c'è un'altra volta Giuseppe Cappello. Ritornerà questo nome. Fin qui niente di strano. Comincia a far sorgere i primi dubbi un fatto accaduto nell'ottobre del 2007. A Palazzo S. Domenico, l'8 ottobre, è riunito il consiglio comunale, siamo ancora nella giunta Torchi. La pubblica assise delibera una variante al Prg che interessa la zona in cui Gag, Polis distribuzione e Albergo del Polo hanno acquistato i terreni. Ormai, dopo la decisione del consi-

glio, quei terreni non sono più agricoli ma edificabili. Un affare per chi sapientemente ha fiutato dove girava il vento. Pochi mesi dopo, nel giugno del 2008, Gag, Polis e Albergo del Polo vendono i terreni acquistati per 3.150.000 mila euro. Un surplus milionario. Ma ora per ricomporre il puzzle bisogna svelare chi ci sta dietro le anonime sigle societarie. La vendita milionaria delle tre ditte aventi sede in Via Sacro Cuore 14 è stata fatta al Consorzio centro commerciale di Modica. Dove è la sede legale del consorzio? A Modica, presso Via Sacro Cuore 14. Chi fa parte del Consorzio? Il consorzio nasce nel 2004 ed è composto, dopo l'uscita di due aziende nel 2007, dalla Polis distribuzione amministrata da Xiumè Giuseppe e con un capitale suddiviso tra Lucifora Antonip per il 67,5%, Vindigni Giovanni per il 22,50% e Verona Maurizio per il restante 10%. Fanno parte del consorzio anche la Albergo del Polo, la Gag e la Mida consulting, tutte e tre amministrate da Antonino Lucifora. Insomma, hanno venduto i loro terreni a loro stessi per un prezzo maggiore di quello con cui l'hanno acquistati. Perchè? Antonino Lucifora, leader del consorzio, è il presidente del Consiglio di amministrazione della Banca di credito cooperativo della Contea e Giuseppe Xiumè è il vicepresidente. I nomi ritornano. Il Cda della banca di Via dell'Oleandri ha cognomi pesanti. Seduti a decidere c'è la Modica che conta: Raimondo Minardo, figlio del petroliere; Alessandro Spadola, Moak; Giorgio Alescio, Ag distribuzione; Riccardo Radenza, della catena di supermercati; Giorgio Cicero, dell'omonimo mangimificio. In Via dell'Oleandri c'è la Modica che ha saputo sfruttare al meglio il proprio lavoro. Curioso anche il presidente onorario: Michele D'Urso, consigliere comunale Pdl e giovane avvocato della famiglia Minardo. C'è la banca dietro l'affare del centro commerciale? La risposta sembra scontata, i nomi si ripresentato puntuali. Intanto, gli intrecci per la costruzione del centro commerciale continuano e si spostano fino in Calabria. Il Consorzio centro commerciale di Modica vende le pratiche e

i terreni per la costruzione del mega impianto alla Sercom del Gruppo Russo di Catanzaro. La stessa azienda che ha costruito le Masserie a Ragusa. La ditta calabrese, in passato ebbe un imprevisto sgradevole: la Sercom si occupò dei lavori di costruzione del centro commerciale La Vigna, a Castrofilippo nell'agrigentino. La società del Gruppo Russo acquistò per 4 milioni di euro le autorizzazioni e i terreni da una società di Canicattì riconducibile a persone “vicine” a Cosa Nostra. Ma c'è di più. Ai lavori, realizzando ingenti guadagni, avrebbero partecipato alcune imprese di soggetti vicini al boss mafioso di Campobello di Licata, ritenuto il numero uno di Cosa Nostra nell'agrigentino e – prima del recente arresto – fra i 30 ricercati più pericolosi d'Italia, Giuseppe Falsone. Per tutto questo fu disposto il sequestro dell'impianto, poi revocato a fine 2008 per “l'estraneità della Sercom alle indagini dell'inchiesta Agorà e del legale rappresentante Rosario Russo, ascoltato solo come “persona informata sui fatti”. Ma veniamo ad oggi: i nomi continuano a ripetersi. La Sercom affida i lavori ad una ditta individuale: la Cappello Giuseppe. Proprio quel Cappello che vendette i terreni alla Gag di Lucifora. Una strana coincidenza. A dirigere i lavori è invece una coppia già testata nella costruzione delle Masserie: Marco Giampà di Catanzaro e Carmelo Piccitto di Ragusa. Quest'ultimo finì in carcere assieme all'ex presidente della provincia Giovanni Mauro, oggi in Forza del Sud. Gli inquirenti misero agli arresti Mauro, Piccito e altri per un giro di tangenti denunciato da un ex collaboratore del rampante politico ragusano. Molti tasselli di questo immenso puzzle sono stati messi al loro posto ma ancora molti rimangono da piazzare: Modica ha bisogno di un altro centro commerciale? Cosa significano quelle strane operazioni di compravendita? Che ruolo ha la Banca della Contea? Piccitto è un semplice ingegnere? E ancora: ci possiamo fidare della Sercom? Giorgio Ruta, Francesco Ruta Il Clandestino

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Inchiesta

SCHEDA CENTRI COMMERCIALI IN PROVINCIA DI RAGUSA: COME DOVE E PERCHE'

I centri commerciali nascono dal bisogno di investire capitali di provenienza dubbia. Questo lo si può dire con un certo margine di sicurezza perché confermato dalle inchieste della magistratura che ne hanno messo in chiaro gli aspetti (Misterbianco, Siracusa, Modica) e dagli accertamenti finanziari, come nel caso Sciuto. Dagli anni ’80 si è assistito alla colonizzazione del west, ossia all’arrivo degli imprenditori catanesi che in breve tempo hanno aperto nuovi punti vendita a Modica e di altri imprenditori che hanno investito in provincia di Ragusa. Uno dei primi ad approdare nella città della Contea e a stabilirsi in pianta stabile in tale luogo fu Scaringi, il cui fratello più giovane, Giuseppe, è stato ucciso nel 1993 a Catania, all’interno della guerra di mafia fra i clan Santapaola e Cappello, i quali, nel periodo compreso fra il 1992 e il 1993, fecero segnare più di cento omicidi. Seguì l’imprenditore Strano, il quale, in breve tempo tolse le tende. Ma, al di là dei nomi, calcolando che la provincia di Ragusa ha un bacino di utenza poco sviluppato (solo 300.000 abitanti contro gli oltre 1.090.000, ad esempio, della provincia di Catania), la domanda sorge spontanea: come mai sono nati in breve tempo (e direi, continuano a sorgere) tanti centri commerciali? Già è anomala la situazione di Misterbianco,

ma quella della nostra provincia presenta aspetti ancora più singolari. Spesso i centri commerciali non nascono con l’idea del guadagno, bensì per la necessità di nascondere del denaro e spesso questo viene fatto investendo nei c.d. paradisi fiscali. Non bisogna andare lontano perché si trovi un posto dove le condizioni base di un paradiso fiscale (mancanza di controlli, minore imposizione fiscale, minore costo del lavoro, copertura bancaria) si realizzino. Analizzando la situazione della provincia iblea dagli anni Ottanta ad oggi possiamo prendere atto dei carenti, se non in alcuni casi inesistenti, controlli capillari sul territorio. Adesso che è cambiata la guardia, si sta muovendo qualcosa (e questo fa ben sperare!). Una minore tassazione (per completare la quale si è tentata anche la strada della defiscalizzazione della benzina) consente a chiunque un beneficio in termini di profitto. Se a questo aggiungiamo il minore costo del lavoro la frittata è fatta. Infatti, non dobbiamo dimenticare gli stipendi ridotti percepiti dalle commesse in questa area, gente sottopagata ma che deve svolgere tutto l’orario lavorativo, oppure pagata a mezzo di baratto, con l’acquisto di prodotti all’interno del negozio dove lavora, a prezzo pieno. Il carattere peculiare di questa provincia fa sì che ancora una volta Ragusa si trovi ad essere un’isola nell’isola. A completare il quadro c’è la situazione delle banche che garantiscono la copertura completa dei capitali, diventando altamente

protettive. È strano che in tale contesto non vi sia stata una sola inchiesta forte su banche potenti locali. Anche in questo caso siamo innanzi ad un’anomalia tutta nostra. Il silenzio che cela tutto il sistema bancario di questa zona ha permesso addirittura di mettere a tacere i possibili veri motivi che hanno portato al suicidio lo scorso maggio di Giuseppe Prizzi, funzionario quarantenne della Banca Agricola Popolare di Ragusa, il quale ha lasciato una lettera in cui ha accusato, facendone i nomi, le persone che lo hanno indotto moralmente a compiere questo gesto. Nel West, quando si scopriva una miniera d’oro, cominciava a costruirsi accanto una città con case, negozi e banche che potessero custodire quelle ricchezze, ma, appena l’oro scarseggiava o addirittura si esauriva, la popolazione si spostava. Si assisteva così al fenomeno delle città fantasma: la popolazione andava via, i negozi chiudevano, le banche pure. Nel territorio ibleo possiamo contare negli ultimi anni crisi agricole, edilizie, adesso la forte pressione della crisi economica, eppure le banche sono sempre salde sul territorio, anzi, aprono sportelli ovunque. Come è possibile? Forse perché in questa zona conviene investire: ci guadagnano tutti, sia chi vuole celare qualcosa sia chi vuol trarre profitto. E poi, come è già avvenuto, non è detto che a qualche imprenditore non venga intitolato uno spiazzale così da poter passare alla storia. Angela Allegria Il Clandestino

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In questo Stato

Morte di un emigrante Un ragazzo di 28 anni, Cinoso Evans, nigeriano, n° badge 3507, è morto a Trapani per arresto cardiaco. Dalle dichiarazioni raccolte presso gli amici e i compagni di detenzione del CARA di Mineo (dove aveva soggiornato prima del trasferimento a Trapani), Evans aveva iniziato la sua giornata bevendo un caffè: questo ragazzone dal fisico atletico, ottimo giocatore di football, che mai aveva accusato patologie di alcun tipo, testimoniano gli immigrati, aveva, lo stesso giorno, giocato una partita di calcio, poi era andato a letto a riposare per non rialzarsi mai più. Si prova sgomento di fronte a fatti del genere, perchè è difficile accettare il fatto che un individuo pieno di vita, possa spegnersi in un modo così banale. E proviamo rabbia, perchè non si può ammettere che un ragazzo possa morire, in un luogo di detenzione in cui era recluso senza aver commesso alcun reato! E' morto Evans Cinoso nigeriano, bisogna che noi tutti, insieme agli immigrati, ripetiamo questo nome, e questa nazionalità, perchè si tratta di un essere umano e non di un numero di badge, da eliminare e dimenticare in fretta. Morto come? Vogliamo sapere la verità. Morto perchè? Questo lo sappiamo, in parte, ma è quello che ignoriamo o che temiamo di apprendere che ci inquieta, anche in considerazione del fatto che la notizia della morte del ragazzo l'abbiamo appresa, non dalle autorità che l'hanno censurata per circa dieci giorni,ma dai compagni di detenzione. Hanno sentenziato : morto per arresto cardiaco . Eh, già ...bella tautologia, quando uno muore si ha sempre un arresto car-

diaco...sarebbe come dire,nel caso di una nuova nascita, che è avvenuta per "avviamento" cardiaco. Noi vogliamo conoscere la verità!!! Pretendiamo di poter raccontare la storia della vita breve e sfortunata di Evans. Che essa non rimanga reclusa, come Lui, in un lager, ma che possa uscire, librarsi in volo, essere parte della storia di tutti noi!!! Facciamo in modo che questo caso non venga trattato come l'ennesimo evento che va ad asssommarsi alle statistiche sull'immigrazione. "Ciò che tu puoi patire è il massimo che si possa patire sulla terra. Se morirai di inedia o di violenza, avrai sofferto tutta l'inedia e la violenza che c'è stata e ci sarà"(Shaw). L'orrenda somma dei patimenti umani non deve essere un freno bensì costituire la guida per la volontà di riscatto e per il recupero della dignità di questi uomini cui si vuole sottrarre tutto, in vita ed anche dopo la morte. Il cuore di Evans si è fermato, ma i nostri cuori e i cuori di migliaia di immigrati continuano a battere: battono per non dimenticare, battono il tempo della lotta per la conquista della giustizia e della libertà . Il 13 agosto Cinoso Evans è stato ricordato, all'interno del CARA di Mineo, con una fiaccolata ed una partita di calcio commemorativa, a sottolineare l'amore del ragazzo per questo sport. Ernesto Leone

Miracolo a Catania “Lombardo promosso”. Così “La Repubblica” del 22/7 titola il resoconto della conferenza stampa (Catania 21/7) della Segretaria Generale della Cgil; che non si tratti di un’iperbole è testimoniato dal comunicato ufficiale del sindacato: “Promozione della Camusso per il governo Lombardo”. “Credo – ha detto – sia da giudicare sotto profili molto diversi perché ci sono delle cose che sono state fatte che possono essere anche positive….”. Un pensiero complesso, ma vuoto. Quali le cose che possono o potrebbero essere positive? Manca quel piglio decisionista che accompagna spesso le dichiarazioni della Camusso. I rigassificatori (che non sono cose positive) in Sicilia “s’hanno da fare”, l’accordo del 28 giugno deve essere approvato. Il Ponte di Messina? Lombardo lo vuole, la Cgil no. Che fare? Ma se manca il concitato imperio, se al dover essere si sostituisce un più pacato poter essere, nello stesso tempo la Camusso rimuove quella pacata riflessione che l’ha portata pochi giorni dopo, commentando l’appello delle “parti sociali” per l’unità nazionale, a dichiarare che “non spetta a noi sostenere un governo tecnico. Consapevoli di questo andiamo al confronto e siamo pronti a farci stupire”. Qui da noi, in Sicilia, il governo “tecnico” non è da costruire, c’è già, e Susanna si è già fatta (in)stupi(di)re. Vorremmo a quello stupore partecipare anche se sappiamo che così intense emozioni appartengono spesso ad esperienze mistiche che nascono nel nucleo inattingibile della personalità e che non sono per questo razionalmente comunicabili. In ogni caso possiamo anche noi partecipare dello stupore. Pensavamo infatti, militanti della Cgil, che del governo Lombardo non ci si potesse fidare. Fondavamo questa certezza non solo sulla nostra personale esperienza, ma soprattutto sul giudizio che Mariella Maggio, Segretaria Generale della Cgil Sicilia aveva espresso. Non solo una critica aspra della Finanziaria Regionale, ma anche un secco ed incisivo commento sul dossier elaborato dal Cerdfos: “Il governo regionale è una macchina bloccata ed

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In questo Stato immobile. Intanto la situazione sociale è come una bomba pronta ad esplodere….(le risorse ci sarebbero) il problema è che non esiste un piano per spenderle e sarebbe il momento di smetterla con gli incarichi esterni per l’utilizzo dei bandi comunitari”. Non continuiamo con le citazioni. È chiaro che, fosse per Mariella Maggio, Lombardo non potrebbe neppure essere ammesso agli esami. Ma per la Camusso “il governo Lombardo ha fatto anche cose interessanti” e “sia da giudicare sotto profili tra loro molto diversi”. Alcuni di questi sono impediti dal blocco dell’inchiesta Iblis, imposta dal Procuratore della Repubblica, altri dal generoso aiutino della Camuso. La promozione di Lombardo ha così tutte le caratteristiche del miracolo, dell’azione nella Storia della Provvidenza. Non a caso il prof. Barcellona, pochi mesi fa, aveva evocato, contro i critici di Lombardo, lo spettro di Berlinguer, “una tradizione nella quale era possibile (proporre) agli Italiani la questione meridionale insieme a quella dell’austerità”. Per chi come noi non crede né alla Provvidenza né agli spettri, si tratta molto più semplicemente di una semplice questione di raccomandazioni. Il presidente della commissione d’esami (Camusso) non può accogliere il giudizio dell’esaminatore (Maggio), perché pressato dalle raccomandazioni dei Cracolici, dei Lupo, che alla tavola di Lombardo si sono assisi. Non pensavamo che questo potesse accadere nella Cgil. Alla Camusso vorremmo chiedere soltanto che ci spieghi, in modo articolato, il suo giudizio: cosa ha fatto il governo Lombardo, contro cui abbiamo, nella scuola e nella sanità, organizzato critiche ed azioni, da meritare il suo plauso? Gabriere Centineo

Nuove intimidazioni nel casertano Alta tensione per una nuova intimidazione della camorra, a Pignataro Maggiore (CE), città tristemente nota come la “Svizzera dei clan”, ai danni di chi desidera utilizzare i beni confiscati alle cosche a fini sociali, antimafia e per il ripristino della legalità. Un’intimidazione di oltre tre mesi (già al vaglio delle forze dell’ordine dal 30 aprile 2011) ma la notizia è trapelata solo oggi 11 agosto 2011 per puro caso. Si tratta del “furto” (in realtà un’aggressione camorristica in piena regola) della recinzione in ferro di un immobile sui terreni confiscati di Masseria Pratilli, appartenenti al fascicolo “Vincenzo Simonelli più tre” (cosca Nuvoletta-Lubrano). I terreni sono attualmente nella disponibilità della cooperativa “Le Terre di don Peppe Diana- Libera Terra” che recentemente, il 26 luglio 2011, ha effettuato la raccolta della cicerchia. Secondo quanto si apprende, a voler sottolineare la matrice camorristica dell’incursione, ad apporre una vera e propria minacciosa firma, l’unica parte di recinzione che non è stata rubata è quella con la tabella recante la scritta: “Proprietà del Comune di Pignataro Maggiore – Bene confiscato alla camorra”. Ora si attende una pronta risposta delle Istituzioni, un’indagine serrata per individuare i responsabili della intimidazione. Al Comune di Pignataro Maggiore (dove dei beni confiscati alla camorra si stanno occupando soprattutto il sindaco Raimondo Cuccaro e il comandante della Polizia locale, capitano Alberto Parente) la tensione è altissima, nervi a fior di pelle. Tanto è vero

che questa mattina (11 agosto 2011), dopo un sopralluogo si era diffusa la voce – confermata per alcune ore in sede istituzionale – di un nuovo furto. In realtà si trattava di un furto già denunciato il 30 aprile 2011 ma la notizia non era mai arrivata alla stampa locale. E da allora la recinzione non era stata mai ripristinata. E’ ora che si provveda a ripristinarla. Va ricordato che dopo anni di abbandono degli immobili confiscati, nella sostanza rimasti nella piena disponibilità delle cosche, e una volta rimosso l’ostacolo rappresentato dall’ex sindaco Giorgio Magliocca, in carcere dall’11 marzo 2011 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, esponente politico (Pdl, ex An) completamente asservito alla camorra, finalmente si è riusciti a dare un segnale forte con la intitolazione a Franco Imposimato del bene confiscato al boss Raffaele Ligato in via Ferdinando IV di Borbone, immobile che adesso ospita l’aula consiliare del Comune e il Comando della Polizia locale. Non si possono escludere ulteriori vendette della camorra (in particolare le famiglie mafiose Lubrano e Ligato) per aver dovuto subire uno schiaffo tremendo con la creazione del Polo civico “Franco Imposimato”, inaugurato il 23 luglio 2011 dal neo-sindaco Raimondo Cuccaro, con i figli di Franco Imposimato, Filiberto e Giuseppe. Intanto nell’opinione pubblica locale si è diffusa la notizia di nuovi sviluppi nelle indagini sulle collusioni tra politica e camorra a Pignataro Maggiore e, con i fans dell’ex sindaco Giorgio Magliocca, tremano i suoi sodali nelle Istituzioni e nelle cosche. Comitato anticamorra Pignataro Maggiore (CE) comitato_anticamorra@virgilio.it

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Satira

Salta Europa

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Satira

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LibertĂ

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