Stars 'N' Stripes N°36

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il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano La Rubrica - Up & Down Nba News

Let’s go...

‘Mister B’


IL LIBRO SULLA ST ORIA RECEN TE DELLA JUVECASERTA IN VENDITA ANCHE ON LINE SCRIVENDO A info@a40m inutidalparadiso.c om


FOCUS MARC O BELI NE LLI

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OCCHI PUNT ATI SU WES MATTHEWS

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IL PERSONAGGIO BLAKE GRIFFIN

Stars ‘N’ Stripes ideato da: scritto da:

Domenico Pezzella Alessandro delli Paoli

IL PERSONAGGIO - 2 NATE ROBINSON

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IL PROFILO JR SMITH

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LA RUBRICA 24 SECONDS

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Bennedetto Giardina Raffaele Valentino

Nicolò Fiumi

Domenico Landolfo

Stefano Panza

Vincenzo Di Guida Guglielmo Bifulco Stefano Livi

info, contatti e collaborazioni:

Lorenzo de Santis

domenicopezzella@hotmail.it

L’A NA LI SI WASH INGT ON WI ZAR DS

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LO STUDIO DESAPARECIDOS: RICKY DAVIS

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La rinasci ta di Belinelli al fian co di Chris Paul FOCUS

Nell’anno in cui Andrea Bargnani è definitivamente diventato l’uomo di punta dei Toronto Raptors e Danilo Gallinari ha il compito di definire il proprio ruolo da stella all’interno dei New York Knicks, anche il terzo scudiero azzurro nel mondo NBA sembra aver trovato la sua collocazione ideale. Nel momento più inatteso, per di più. Se, infatti, le storie a stelle e strisce di Bargnani e Gallinari sono state costellate da grandi aspettative e tanti minuti in campo sin da subito (con l’eccezione dei problemi fisici per il Gallo), quella di Marco Belinelli ha seguito una strada molto diversa. Arrivato lui pure con tante attese dopo i 25 punti segnati contro gli USA al mondiale giapponese 2006 e chiamato con una scelta abbastanza alta (1° giro, numero 18), il lager dei Golden State Warriors e la follia cestistica di Don Nelson lo hanno lentamente fagocitato, tramutando in sostanziale tempo perso buona parte dei suoi primi due anni nella Lega. Poi il passaggio a Toronto, parso come manna dal cielo. Il contesto più europeo del campionato, al fianco di un altro giocatore italiano, fortemente voluto dal GM (italiano lui pure) e con buone prospettive di minutaggio, per rifarsi della triste esperienza californiana. E, invece, tra alti (pochi) e bassi (molti) l’e-

sperienz a canadese si è chiusa n e l l o scorso agosto, con la trade che lo ha portato, in un giro a tre squadre c o n coinvolti anche gli Indiana Pacers, in Louisiana alla corte di Chris Paul. A tanti è suonata come la possibile bocciatura finale del ragazzo da San Giovanni in Persiceto. Passi il flop nell’ambiente irrazionale dei Warriors, ma il fallimento in maglia Raptors pareva senza attenuanti. Ad aggrava-


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DI

N ICOLÒ ICOLÒ F IUMI IUMI

re il tutto l’approdo in una squadra che, nel bel mezzo dell’estate, dava l’idea di essere alla vigilia di una prossima ricostruzione, figlia del desiderio di fuga di CP3. E invece… Dieci partite di regular season dopo siamo a parlare dello scenario opposto, con gli Hornets detentori del miglior record della Lega (9-1), Chris Paul più che mai saldo in cabina di regia e un Belinelli guardia titolare da

quasi 30 minuti a partita, con 12 punti di media e il 44% da 3. Di più, con il playmaker ex Wake Forest a dichiarare quanto segue dopo la prima gara di pre season: «Marco è un tiratore incredibile. Gli ho detto di tenersi sempre in movimento in campo e che io gli passerò la palla al momento giusto. In lui comincio a sentire la fiducia che sentivo in Peja Sotjakovic. Sa come si gioca, sarà una


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grande addizione per noi». Parole che difficilmente non lasciano il segno e che hanno rafforzato la fiducia in se stesso di un giocatore che, a dire il vero, aveva fatto vedere grandi miglioramenti già nelle partite estive con la nazionale. Belinelli, in questi tre anni americani, è, a ben vedere, dei tre azzurri, quello che maggiormente ha ampliato la sua gamma di soluzioni, offensive e difensive. Un processo di apprendimento resosi necessario anche per il ruolo ricoperto. Se di 2,13 che tirano da 3 punti come una guardia (leggi Bargnani) e di 2,08 con il trattamento di palla di un playmaker (leggi Gallinari) anche tra i superatleti americani si fatica a trovarne, di guardie di 1,96 per 90 chili, con buon tiro da 3 e atletismo nella media, per i canoni USA, nella NBA se ne trovano a bizzeffe. Marco ha dovuto sudare più di tutti per guadagnarsi i suoi minuti in campo e, di conseguenza, distaccarsi dal solo tiro da 3 punti, l’unica arma davvero di livello fuori dal comune al suo arriva nella Lega. Oggi, invece, osserviamo un giocatore di grande intelligenza sul parquet, caratteristica che in realtà non gli ha mai fatto difetto, e che mette in mostra grandissime doti di passatore, oltre che a letture del gioco, sia sulla metà campo offensiva che in quella difensiva, di primo livello. Assieme a questo ha aggiunto una maggiore pericolosità dal palleggio, che non lo costringe, così, ad essere unicamente legato alle percentuali di tiro (che comunque al momento sono molto positive), capacità ottimamente fotografate dal general manager della squadra, Dell Demps: «Ha doti di ottimo tiratore ma al tempo stesso di giocatore che da profondità alla manovra verso il canestro e con ottimo trattamento di palla, insieme alla sua già buona esperienza di 3 anni nella NBA e anche di più nelle competizioni internazionali con la nazionale italiana». Quando poi, a tutto questo, si aggiunge un Chris Paul pronto a cercarti e a recapitarti palloni al momento e al punto giusto, allora gli scenari che si schiudono posso-

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no essere assai interessanti. Chi ha visto giocare New Orleans in questo primissimo scorcio di stagione, non ha potuto non notare come Marco, nel frattempo rinominato con votazione popolare Mister B dal Trio Medusa, sia perfettamente inserito nel sistema degli Hornets, e come al contempo lui si fidi di chi gli sta intorno, ma ugualmente senta attorno a se la fiducia dei compagni. «Quello che mi piace di Marco è che non ha paura di tirare. Anche se sbaglia due, tre volte non perde confidenza e continua a tirare. A volte non è semplice, quando sbagli qualche buon tiro puoi deprimerti, ma non è così per lui. Inoltre è un giocatore intelligente. Sa giocare in diversi modi, ad esempio è capace di penetrare e di prendere tiri liberi importanti oppure non finire al ferro per forza ma creare scarichi per i compagni», le parole del coach Monty Williams in una recente intervista, che poi ha aggiunto: «lui sa a che punto della sua carriera si trova. Sa che è un anno decisivo per lui, ma non ha paura ed è all’altezza. Mettete tutte queste cose insieme e avrete un ragazzo di talento, deciso ad aiutarci a vincere». Belinelli, infatti, si trova all’ultimo anno di contratto garantito, e, alle soglie del rinnovo del contratto collettivo, che sarà decisamente punitivo soprattutto peri i giocatori di fascia media come lui, una stagione positiva potrebbe fare una grossa differenza per il suo futuro. La situazione a roster degli Hornets, tra l’altro, gioca in suo favore. In pre stagione le maggiori minacce per il suo minutaggio erano il secondo anno Marcus Thornton, grande sorpresa nell’anno da rookie condotto a quasi 15 punti di media, ma che al momento riposa nella cuccia di coach Williams e nelle ultime partite è stato fra gli inattivi, e il nuovo arrivato Willie Green, che però tende a rendere meglio come uomo di rottura dalla panchina e, ad ogni modo, non ha la completezza cestistica di cui dispone l’ex Fortitudo Bologna. Sbaragliata questa concorrenza Marco si è preso il posto di guardia titolare, ripa-

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Coach Williams: «Quello che mi piace di Marco è che non ha paura di prendersi un tiro e che sa creare per i compagni»

gando la fiducia dello staff con sei doppie cifre in dieci gare (tre volte 18 punti, una 17), ma anche un grande impegno difensivo. Non di rado Belinelli è l’incaricato, assieme a Trevor Ariza, di prendersi cura degli attaccanti più pericolosi delle squadre avversarie. Contro Miami, per esempio, si è giostrato tutta la partita fra la marcatura di Dwyane Wade e LeBron James, altro compito che il Beli svolge con faccia tosta e disinvoltura. Certo è che il clima attorno alla squadra, in questo momento, rende un po’ meno arduo il compito. La pressione è minima, sia sulla squadra, che sta andando molto oltre ogni più rosea previsione, che su di lui, bravo a sorprendere in positivo allena- ai primi momenti di difficoltà, che inevitabilmente, in una tore e management, ma non atteso a rendimento di questo stagione così lunga, arriveranno, e lo stesso discorso vale valore. Importante sarà valutare la reazione della squadra per Marco, che dovrà dimostrare la stessa forza sfoggiata finora per emergere da 3 stagioni complicate e conquistarsi un posto al sole anche quando le cose (ma non glielo auguriamo assolutamente!) potranno complicarsi in futuro. Per il momento, però, continuiamo a goderci il momento d’oro di Marco “Mister B” Belinelli.


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OCCHI PUNTATI SU...

L’ e s p l o s i o d i We s l e y Metthews


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DI

D OMENICO L ANDOLFO

Dopo la stagione strepitosa a Salt Lake City con gli Utah Jazz, il figlio d’arte ci riprova con i TrailBlazers della coppia Roy-Aldridge Se Portland guida con 6-3 di record la sua North West divison, una mano significativa al gioco di Nate McMillan è stata data da Wes Matthews, un fromboliere che arrivato dagli Utah jazz senza pretese, con lo scorrere delle gare sta entrando meglio nel ritmo del gioco estroso e frizzante di quelli del Rose Garden. Fino all’anno scorso era un giocatore incompleto, fra le posizioni di due e tre, che dalla panchina provava a farsi notare e che aveva il compito di mettere a referto punti veloci e ad alta percentuale. Spostatosi invece dalle montagna rocciose sulla costa del pacifico, il giocatore ha avuto un’evoluzione significativa. Ora è il sesto uomo del team, ma ha un compito diverso: riuscire a creare spazi e a costruire il gioco, con i compagni che possono sia avere in lui un terminale offensivo devastante, sia possono trovare le sue mani morbide e veloci per un assist o una grande difesa.

one J r.


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L’esplosione nella gara di Milwakee, quando contro Jennings e compagni, la guardia di Marquette ha iniziato con due belle difese e con grande presenza interna, per poi scatenarsi balisticamente nell’altra metà campo. In quella gara ha messo a referto 18 punti, al momento il suo high stagionale. Non finiscono qui le note liete. Non è un giocatore che si siede sugli allori, ma continua a alvorare e i frutti si vedono. Se escludiamo la gara persa e malamente dai Blazers contro Kobe e Gasol, il figlio del grande Wes Matthews sr , ha sempre offerto una continua di rendimento pazzesca, con la sua solidità e lucidità. Sempre attestandosi sui 9-10 punti ad ogni contesa alzata, il suo minutaggio è stato sempre cresce e ha portato al secondo exploit stagionale nel match perduto all’overtime contro gli Oklahoma City Thunder. La caratteristica è che trovandosi nella stessa gara a marcare prima Sefolosha, poi per alcuni tratti Durant, poi Maynor, è riuscito con grande presenza a ricacciare indietro le loro avanzate, a frustrali nei momenti chiave. Non è bastato, ma di sicuro una prestazione che gli ha messo addosso molti occhi di varie squadre Nba di maggior lignaggio. Probabilmente Portland è il posto ideale per lui, con una squadra ambiziosa e solida, che gioca tanto di squadra e che apre tanti spazi sul campo. Ovvio che nel suo ruolo c’è tanta concorrenza, ma al momento è riuscito a scalzare dal ruolo di sesto uomo quel Rudy Fernandez che tanto vorrebbe tornare in Europa e che forse andrà nella Grande Mela. Una squadra che ha in Roy il suo go to guy, ma con gente come Aldrige, Oden, Camby, che sta vivendo una seconda giovinezza e il “running back nfl” Andre Miller può imporsi nella polveriera a est e magari arrivare a giocarsi la finale contro i Lakers, squadra forse tra le uniche che può dare grattacapi ai rossoneri del Pacifico. Non siamo in una nuova dinastia come quella degli anni 90’ ma siamo sulla buona strada.

Fonte foto: facebook.com

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Da un Matthews all’altro: Wes Senior da stella dei Lakers alla Varese di Rusconi e Thompson Da un Matthews all'altro. Tredici gare, per papà Wes Matthews senior in una stagione 89-90 in quel di Varese, la squadra di Thompson, dei primi Rusconi, di Tombolato e compagnia. Tredici gare di un campione che di Nba ne aveva vista, e che solo due anni prima si era laureato campione Nba con i Lakers. Gare contraddistinte da 22.2 punti di media, con percentuali elevatissime, assist e falli subiti. Un playmaker d'alta scuola quello proveninete da Sarasota, Florida, che uscito da Winsconsin ebbe grandi fortune a Washington, ad Atlanta e poi come detto arrivò all'anello coi Los Angeles Lakers. E' statao allenatore ed il primo ad insegnare al figlio Wes jr i fondamentali. Curioso è il fatto di come lui sia nato e partito nella sua carriera dall'est americano, mentre il figlio invece nato a San Antonio e approdato a Utah e ora a Portland, abbia scelto la West Coast. Di sicuro lee grandi potenzialità che avevano infiammato i parquet per papà, saranno ritornate a qualche anno di distanza nel sangue e nelle movenze dell'attuale guardia dei Portland Trail Blazers. chissà che anche Wes jr, fra qualche anno, possa decidere di fare il grande passo che contraddistinse suo padre, un passo che poi lo fece ritornare di corsa (dopo così belle prestazioni) di nuovo nella città di Atlanta che gli ha dato molto dal punto di vista cestistico ed affettivo. La mela non cade mai troppo lontano dall'albero.

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IL PERSONAGGIO...

B Bl la ak ke e ‘‘T Th he e G Gr re ea at t’’ G Gr ri if ff fi in n

L’anno da rookie speso a guardare i compagni dalla tribuna è alle spalle, ora l’ex Oklahoma potrà mostrare tutto il suo talento

Dopo circa un anno di trepida attesa e di paure per il crack della scorsa preseason, finalmente i pochi appassionati aficionados dei Los Angeles Clippers e il resto del mondo cestistico hanno avuto l’opportunità di tastare con mano e ammirare con occhi uno dei più recenti talenti mai visti su un rettangolo da gioco statunitense, quel Blake Griffin la cui notorietà sin dai tempi del colle-


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G UGLIELMO UGLIELMO B IFULCO IFULCO

ge basket ha spesso incuriosito i tanti addetti ai lavori preposti a cercare continuamente un nuovo Messia della palla a spicchi o un semplicemente un nuovo surrogato di un LeBron James. Se qualche supporter non conosceva le qualità e il potenziale della giovane ala da Oklahoma, saranno bastati circa due quarti dei primi match di regular season per capire quanto improvvisamente il progetto dei Clippers possa decollare verso elevate ambizioni, se solo Griffin riuscisse a mantenere almeno metà delle promesse che il suo talento gli prospetta. Di lui si sapeva molto, la sua straripante forza atletica e la sua dimestichezza con i fondamentali del gioco lo hanno reso la scelta numero uno assoluta al Draft 2009. Gli unici dubbi che potevano sorgere riguardavano esclusivamente l’impatto fisico che avrebbe avuto nell’NBA, notoriamente più ricca di centimetri e peso in libbre rispetto all’NCAA. L’infortunio rimediato nella preseason della scorsa stagione, con conseguente stop forzato di un anno, ha reso ancora più palesi e giustificati i dubbi della vigilia. Osservando già le prime azioni ufficiali di Blake, dicevamo, si sono automaticamente dissolti nel vento i punti interrogativi che lo riguardavano; l’idea che Blake Griffin possa essere un futuro punto di riferimento nella NBA si è tramutata in una lieta realtà. Fin dalle prime apparizioni ufficiali, il corpulento Blake ha infatti esibito una notevole superbia tecnico atletica, un repertorio ricco di movimenti in post basso e movimenti inumani che le sue stesse capacità atletiche gli consentono. Il tutto coniugato ad una personalità speculare agli aspetti appena detti, aspetto che, tradotto in soldoni, sta ad indicare un ego superbo e al tempo stesso focalizzato sull’obiettivo da perseguire. Gli unici limiti rilevabili riscontrati nelle sue prestazioni sono rappresentati dalle eccessive manie di protagonismo tecnico in campo, ma con il passare del tempo questo aspetto, influenzato molto dalla scarsa intesa sul campo con i compagni e la

stessa assenza di un anno, dovrebbe scomparire, o quanto meno attenuarsi. Ciò che era importante certificare è stato chiarito appieno. Blake Griffin ha la stoffa per dire la sua nella lega fin da questa stagione, durante la quale gli si prospetta un lungo tete a tete con John Wall per il trofeo di rookie of the year. L’impressione fin qui riscontrata è che il rosso numero 32 dei Clippers possa viaggiare già ad almeno venti punti e dieci rimbalzi di media a stagione, cifre da capogiro che a memoria nessuno dei lunghi attuali della NBA poteva promettere al primo anno. A questo punto, provando per alcuni minuti a giocare con il fuoco, proviamo ad immaginare Blake Griffin tra 10 anni: un ala forte, utilizzabile arbitrariamente anche come pivot, dotata di un atletismo lievemente riconducibile a quello del miglior Kevin Garnett ma probabilmente più marcato, la capacità di crearsi un tiro sia grazie al buon IQ cestistico che alle suddette capacità fisiche: ma anche una reattività a rimbalzo, già ora magnificamente imbarazzante, ed un fuoco agonistico quasi Bryantesco se solo l’atteggiamento rimane come quello attuale. Se LA riesce a disegnargli una squadra su misura non dovrebbe risultare difficile immaginarlo presenza fissa nei mesi primaverili dei playoff. I sogni son desideri si dice, ma in questo caso il desiderio di tornare ai vertici della Western Conference degli eterni sfigatissimi Clippers, grazie all’enfant prodige da Oklahoma, non è più un sogno, ma un qualcosa di molto vicino alla realtà. Che poi Blake diventi il nuovo Duncan, il nuovo Garnett o, di contro, il nuovo Shawn Kemp è un altro discorso, che solo il futuro potrà illustrarci chiaramente; ma con lui a disposizione, mirare verso il colle olimpo della lega dove già risiedono Kobe Bryant, LeBron James, Kevin Durant con le loro corazzate, non è più eresia. Il discorso globale potrebbe sembrare esageratamente ottimistico, ma il solo fatto che questa tesi inizi ad essere sposata da molti esperti del settore indica veramente un qualcosa di grande che circola nell’aria NBA. Speriamo di essere “witnesses”, almeno questa volta.


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La ‘ kripto nite ’ dei Celtcs: Nate Robinson

IL PERSONAGGIO - 2

LA SCORSA STAGIONE L’EX KNICKS HA DIMOSTRATO DI ESSERE QUALCOSA DI PIÙ DI UNA MINA VAGANTE

È arrivato a Boston tra mille dubbi, legati alla sua scarsa propensione al gioco di squadra e ad un carattere che, per usare un eufemismo, potremmo definire sopra le righe, ma in breve tempo ha dimostrato di poter essere qualcosa di più che una semplice mina vagante per i Celtics. Stiamo parlando ovviamente di Nate Robinson, scaricato da New York lo scorso febbraio e accasatosi nel Massachusetts, dove ha avuto la possi-


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R AFFAELE AFFAELE G IARDINA IARDINA

bilità di lottare per l'anello sin da subito, in una squadra che aveva bisogno di un ricambio per Rajon Rondo e che ha trovato in Krypto Nate un valido elemento. Non è un playmaker, non ha decisamente il fisico da guardia, eppure Robinson dalla panchina riesce a spezzare le partite come pochi grazie al suo mix di atletismo e qualità balistiche, che gli hanno permesso già dalla passata stagione di ritagliarsi un ruolo simile a quello che aveva Eddie House nella stagione del titolo. Chiusa la regular season con 6.5 punti e un buon 41% dall'arco in 26 partite, nei playoff non è riuscito a dare il meglio di sé, lasciando il dubbio su quanto veramente potesse incidere in una squadra come i Celtics. Nonostante una preseason in cui si è reso protagonista di ottime prestazioni, in questo primo scorcio di regular season l'ex Knicks non è riuscito ad ottenere un minutaggio più elevato, e un super Rajon Rondo non lo aiuta certo a trovare più spazio. «Dobbiamo solo continuare a dare energia ai titolari partendo dalla panchina e continuare a fare ciò che abbiamo fatto finora, ovvero giocare insieme e divertirci» Sembrano le solite frasi di circostanza da parte di Nate, incalzato su un possibile malumore per lo scarso impiego in stagione, ma in realtà Robinson non sta vivendo affatto bene questo momento. La svolta per la guardia dei Celtics sembrava comunque essere arrivata dopo il match contro i Thunder, vinto anche grazie ai suoi 9 punti in 14 minuti, dove finalmente si è rivisto il Nate dinamico e capace di spezzare il match, e lo stesso Rivers si è detto convinto di poter trovare nuove soluzioni per il suo folletto: «Devo capire, e sto ancora cercando di capire cosa va bene per lui in attacco, dove può rendersi pericoloso e può servire i compagni, forse abbiamo trovato la soluzione giusta. Se riuscissimo a creare un paio di diverse opzioni per Nate, sarebbe fantastico...» Ma ancora una volta, questa buona prestazione si è mostrata un fuoco di paglia, e nel match successivo perso contro i Mavericks, Robinson è stato protagonista dell'ennesimo fiasco. Solo tre punti con due palle perse in un match che ha visto i suoi Celtics perdere solo nei minuti finali, e ancora una volta un grosso punto interrogativo alle spalle: Nate Robinson può diventare la vera dinamite dei Celtics? Se i presupposti dovessero restare tali, non ci sarebbe bisogno di perdere tempo per classificarlo come una causa persa, ma se coach Rivers dovesse riuscire, come già detto, a metterlo nelle migliori condizioni, potrebbe risultare l'arma in più per una squadra che tutto sommato ha bisogno del suo atletismo e della sua imprevedibilità. Tutto nelle mani del Doc, quindi, nella speranza di vedere un Nate Robinson utile anche sul parquet, e non solo per dare spettacolo allo Slam Dunk Contest.


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IL PROFILO

Jr Smith, la croce e la delizia dei Nuggets

Probabilmente J.R. Smith da Newark, New Jersey, è uno dei più talentuosi giocatori della NBA. Alcune sue giocate, fatte con una classe cristallina, fanno strabuzzare gli occhi a tutti gli addetti ai lavori e anche alle persone comuni. Purtroppo tutto questo talento non si accompagna certo a una testa perfetta. Il suo principale difetto sta appunto nell’intelligenza applicata alla pallacanestro, la sua lettura di gioco in alcune situazioni è completamente errata e lo

porta a commettere degli sbagli che qualunque altro giocatore con un minimo di raziocinio eviterebbe di fare. Sembrava potesse aver fatto questo step mentale dopo la finale di Conference del 2009 contro i Lakers, dove entrando dalla panchina aveva messo a ferro e fuoco la difesa avversaria, segnando molti canestri decisivi e risultando il migliore dei suoi insieme a Carmelo Anthony e Chauncey Billups. Nonostante la sconfitta, JR poteva uscire a testa


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R AFFAELE AFFAELE VALENTINO ALENTINO DI

quet. Non proprio quello che ci si aspetta da un giocatore che dovrebbe cambiare ritmo alla squadra e in special modo in attacco. I Nuggets hanno comunque deciso di confermare Smith, anche se alcuni rumors lo vedevano coinvolto in trades varie. JR però sembra non aver ripagato la fiducia in questo inizio di stagione. Le sue medie sono le più basse dai tempi della stagione da sophomore a New Orleans. Nelle dieci partite finora disputate ha segnato 86 punti, 8.6 di media, tirando con un pessimo 36% dal campo, ma è soprattutto l’atteggiamento irritante che continua a nutrire in noi il dubbio che non sarà mai in grado di fare quel passo decisivo per la sua carriera. Giova comunque ricordare che Smith ha appena iniziato la sua sesta stagione nel campionato più importante del mondo, nonostante abbia da poco compiuto 25 anni. I suoi margini di miglioramento sono ancora ampi e spetta solo a lui decidere se vuole lasciare veramente un’impronta del suo passaggio in questa lega. Altrimenti tra qualche anno saremo qui a parlare dell’ennesimo talento sprecato.

alta dopo i Playoff, chiusi con 15 punti di media in 27’. La regular season successiva sembrava confermare che il lungo processo di trasformazione da giovane talentuoso a buon giocatore era finalmente giunto al termine. In 75 partite giocate, sempre entrando dalla panchina, le sue statistiche parlano di 15.4 punti, 3 rimbalzi e 2.5 assist in poco più di 27’ di gioco. Purtroppo nei playoff il suo rendimento è calato drasticamente e nelle 6 gare contro Utah, JR ha segnato solo 11 punti con il 36% dal campo, dimostrando ancora una volta tutti i suoi limiti. Dopo l’eliminazione è stato oggetto di molte critiche, la sua gara 6 è stata a dir poco pessima: 3 punti con 1/4 dal campo in 20 minuti sul par-


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L’ANALISI

Washington riparte da John Wall. E ‘Agent 9’ Arenas?

I Washington Wizards, franchigia nata a Chicago e trasferitasi nella capitale americana nel 1973, si apprestavano ad iniziare la stagione 2010-11 con ritrovata speranza, dopo aver racimolato la pochezza di 45 vittorie nelle ultime due stagioni. La principale novità di questa stagione è rappresentata sicuramente dall'arrivo di John Wall, prima scelta al draft di quest'estate dopo una scoppiettante annata in quel di Kentucky, senza dimenticare il ritorno di Gilbert Arenas, rimasto forzatamente ai box dal 5 gennaio scorso, causa la squalifica rimediata per possesso di

armi, e l'arrivo di Kirk Hinrich dai Chicago Bulls, a rinforzare il pacchetto guardie. Il quintetto è completato dai giovani lunghi JaVale McGee e Andray Blatche, mentre lo spot di ala piccola è occupato da Al Thornton. Dalla panchina sono pronti Josh Howard, Nick Young e Yi Jianlian. L'inizio della stagione non è stato dei migliori, con 4 sconfitte a fronte di 1 sola vittoria, nonostante i quasi 20 punti di media garantiti da John Wall ad ogni allacciata di scarpe. L'ossatura della squadra, molto giovane e inesperta, sembra di contro mancare di quelli attributti che


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L ORENZO ORENZO

DI

DE DE

S ANTIS ANTIS

Garden contro i Knicks) . Neanche a farlo apposta dal ritorno di Arenas la squadra è incappata nei due scivoloni già citati, tanto da permettere alla stampa di rispolverare le perplessità della prestagione, quando si ritenevano Wall e Arenas incompatibili, al punto da consigliare alla dirigenza di scambiare l'ex agent 0 per un lungo esperto, visto anche l'arrivo di Hinrich. Effettivamente le due prestazioni della prima scelta assoluta in presenza di Arenas sono state al di sotto delle aspettative(26 punti complessivi, 17 assist ma 15 palle perse e 9 su 25 al tiro), ma va anche ricordato che stiamo parlando di un ragazzo di 20 anni, da cui si può aspettare qualche up & down. Dal canto suo Gilbert ha speso solo parole al miele per il ragazzo, definito “un giocatore formidabile. Gli sto accanto ogni giorno e amo sedermi a bordo campo per guardare che cosa è in grado di fare. Lui, detto fra noi, mi stupisce con una cosa nuova ogni singolo giorno”, oltre a dichiararsi pronto per una nuova stagione da protagonista “Sono contento che ad un certo punto della partita (contro i Knicks) il coach mi ha chiesto di prendere in mano la situazione. Di giocare come so giocare e di trascinare la squadra alla vittoria. Questo per me è il top. Sono felice che lui abbia ancora tutta considerazione nei miei confronti e non mi resta che continuare a spingere e concentrarmi ancora di più sul nostro futuro”. Tuttavia la squadra non sembra ancora matura per una stagione vincente, e il gap sotto canestro sembra evidente, con McGee assolutamente inadeguato a essere il centro titolare in una lega come l'NBA, dato il suo scarso tonnellaggio e la sua pochezza tecnica, compensata peraltro con un atletismo invidiabile, e Blatche troppo discontinuo per rappresentare un'opzione costante. Il reparto guardie è dotato di talento strabordante, resta da vedere se questo talento riuscirà a essere messo al servizio della squadra. Dalla panchina escono giocatori potenzialmente buoni (Young e Howard su tutti) ma privi di solidità e soprattutto troppo discontinui. Flip Saunders è sicuramente un allenatore esperto e competente, ma forse rende di più con giocatori esperti piuttosto che con una banda di giovani da svezzare. In conclusione, il futuro potrebbe essere splendente, con un giocatore come John Wall in squadra, ma il roster va puntellato con pedine importanti, specialmente nel reparto lungo, e va aggiunta un pò di quella cattiveria agonistica che non può che far bene.

la giovinezza porta: esuberanza fisica e grande voglia di emergere, I dati sono impietosi, le palle perse toccano quota 20 ogni partita e a rimbalzo ci sono grandissimi problemi, visto che fino ad ora gli ex-Bullets hanno sofferto molto in questo fondamentale, surclassati di 12 carambole di media nelle prime 5 gare della stagione. Coach Flip Saunders, alla sua seconda stagione sulla panchina dei Wizards, non ha fatto mistero di essere insoddisfatto dell'approccio dei suoi ragazzi, che lo ha spinto addirittura a sospendere la seduta di allenamento dopo la sconfitta casalinga contro i Cleveland Cavaliers, perchè secondo lui la squadra, e in particolare i giovani, non avevano quel fuoco negli occhi e quella voglia di migliorare che si sarebbe auspicato dopo due sconfitte consecutive(da citare anche il 112-91 al Madison Square


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LO STUDIO...

Desaparecid Ricky Davi


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DI

Fonte foto: facebook.com

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V INCENZO

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G UIDA

Deve essere da qualche parte. Nascosto magari in un roster di una qualche squadra perdente, invisibile nel fitto sottobosco Nba. E invece no. Tutti (?) si domandano: “Che fine ha fatto Ricky Davis?”. Dopo una fugace apparizione in Turchia all’Ankara nella primavera scorsa di “Bonehead” (capoccione) si erano perse le tracce. Possibile che nessuna delle trenta franchigie Nba abbia voluto dare un’altra chance alla 31enne guardia di Las Vegas? Non arrovellatevi il cervello, la risposta è no. Allora dove sarà finito? Quando le cose si mettono male per ex stelle Nba come Davis, c’è sempre l’opzione Cina. Ai piedi della Grande Muraglia sono già approdati Rafer Alston, Quincy Douby, Fred Jones, Josh Boone e Javaris Crittenton, oltre ovviamente a Stephon Marbury. Nessuno scandalo se adesso tocca a Ricky. Dalla Cina con furore, o meglio in Cina con furore. Destinazione Nanchino, con gli Jiangsu Nangang Dragons Nanjing ad aspettarlo a braccia aperte. Squadra dal nome impronunciabile, peraltro in passato già impalmata da altri tipetti abbastanza disfunzionali come Jelany McCoy e il Chris Andersen post squalifica per uso di sostanze illecite. Nel campionato con gli occhi a mandorla (e andiamo con i luoghi comuni), Davis potrà coronare il sogno mai celato di chiudere la stagione in tripla doppia di media. Un’ossessione vera e propria quella della tripla doppia per l’ex Iowa. Nella sua carriera ha dimostrato di essere pronto a qualunque cosa pur di ottenerla, regalandoci uno dei momenti più imbarazzanti nella storia della Lega al capitolo: “ Ma cosa diavolo gli passa per la testa?”. E’ la sera del 16 marzo 2003, i derelitti Cleveland Cavaliers pre-Lebron stanno vincendo 12095 in casa contro Utah. Alla fine della partita mancano 8”. La palla


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sulla rimessa è dei Cavs. Davis è in doppia doppia per punti e assist, ma gli manca un rimbalzo per completare la tripla doppia. Il nostro genio allora una volta ricevuta la palla nella sua metà campo, decide di tirare intenzionalmente verso il proprio canestro, nel tentativo (riuscito) di sbagliare e prendere il rimbalzo. Il tutto sotto gli occhi esterrefatti di compagni e avversari. Inarrivabile. L’Nba non gliela fece passare liscia e annullò l’intenzionale tripla doppia. Il danno però era fatto. Davis era già entrato nella storia dalla parte sbagliata. Questo episodio non aiutò la già dubbia fama di Tyree Ricardo Davis, detto Ricky. La 24esima scelta al draft del 1998 (quello di Olowakandi al numero uno..) degli allora Charlotte Hornets (due stagioni in North Carolina) avrebbe potuto avere una carriera di alto livello. Le caratteristiche fisiche e tecniche le aveva tutte. Parliamo di una comboguard capace di trovare il canestro come pochi. Un realizzatore dall’atletismo ammorbante, dotato anche di una visione di gioco non comune. In queste storie però c’è

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sempre un “ma”, che in questo caso riguarda l’attitudine come la chiamano dall’altra parte dell’oceano. Un caratteraccio che in certi casi si trasformava in idiozia pura (vedi la quasi tripla doppia). Il nostro inoltre aveva un’elevatissima opinione di se, al punto tale da indignarsi per la sua esclusione dall’All Star Game del 2003. Come se bastasse una stagione a 20.6 di media, 5.5 assist, 4,9 rimbalzi e 1,58 recuperi in una squadra ridicola come Cleveland per guadagnarsi la convocazione alla partita delle stelle. “Tricky Ricky” ad ogni modo fece faville in un team che chiuse con un record di 17 vinte e 65 perse. Anni indimenticabili per i tifosi di Cleveland, che oltre a Davis, potevano assistere alle evoluzioni di Dajuan Wagner, arrivato nella Lega con le stimmate del nuovo Iverson, salvo perderne presto le tracce di Iverson e della Nba, e Milt Palacio, visto e non visto (nel senso che non si presentò proprio), ad Avellino. E ancora Tierre Brown, per un breve e poco scintillante periodo all’ombra del Vesuvio in maglia


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Napoli, Chris Mihm (settima scelta al draft del 2000, sigh…), centro famoso per essere l’unico giocatore Nba che guadagnava meno del padre, noto chirurgo. Senza dimenticare Smush Parker, DeSagana Diop e Michael Stewart. In mezzo a queste “gemme”, i vari Zydrunas Illgauskas (sempre infortunato), Carlos Boozer, Jumaine Jones, Tyrone Hill, Bimbo Coles e Darius Miles, erano un pochino spaesati. Torniamo a Ricky. L’anno dopo si passa a Boston, dove ne timbra 14.1 ad uscita affianco a Pierce e Walker. Le buone prestazioni fanno si che i Cavs se lo riprendano a stagione in corso. Va all’All Star Game, ma quello del sabato per lo Slam Dunk Contest. A fine stagione in concomitanza con l’arrivo di James, coach Paul Silas decide di fare piazza pulita e ordina l’epurazione di Ricky. Si passa a Minnesota dove da spettacolo (19.1 a sera), ma stranamente viene ceduto a febbraio. Boston se lo riprende, lui non delude (19.7), ma caratterialmente non si fa apprezzare per alcune uscite documentate nei night club di Boston. Nel 2007-2008 riappare a Miami

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(13.8 di media nella squadra dove aveva giocato 7 gare nel 2000-2001) nella stagione più disastrosa della storia recente degli Heat, terminata con un record di 15-67 causa infortuni di lungo corso a Wade e Shaq. Per un giocatore così disfunzionale una capatina dalle parti dello Staples sponda Clippers doveva esserci. Si materializzano così due anni nel gulag clippersiano, dove progressivamente esce dalla ribalta per entrare nell’anonimato. Per uno abituato a produrre numeri offensivi di rilievo passare un anno e mezzo a 6.5 di media in poco più 18’ minuti di media, deve essere stato un trauma di non poco conto. Nella sua breve parentesi turca la voglia andava e veniva, nel classico stile Davis. Gli Jiangsu Nangang Dragons Nanjing sperano che la Cina gli risvegli l’appetito cestistico. Tiro da tre punti e paurose accelerazioni dal palleggio. Per la questione della tripla doppia media staremo a vedere. Teniamo d’occhio la CBA (Chinese Basketball Association), sono in arrivo grandi sorprese.


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LA RUBRICA

‘24 SECONDS’

With Chiara Zanini SNS. Quanto stimolo avrà dato la situazione di miami a Kobe Bryant?

SNS. Si parte con il botto: stando a quanto successo in estate il prossimo titolo nba è cosa già scritta? ZANINI. Non mi ricordo una stagione NBA in cui i titoli “di coda” fossero già scritti a novembre. Semmai, nei famosi Jordan Years, c’era una sensazione immanente di infallibilità del Ventitré…Ma neppure in quel caso c’era qualcosa di scritto. Figuriamoci nel 2011, con Kobe alla ricerca del 6° anello peggio di Gollum, le corazzate Celtics e Heat alla prova del nove e i Magic del migliorato Dwight…Ci manca solo che ci si mettano gli Spurs a rovinarmi la festa prima di ufficializzare il decesso sportivo di Duncan.

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ZANINI. Credo che quel caso clinico di Kobe sia già “piuttosto carico” alla semplice idea di eguagliare Jordan con un sesto anello…Gli Heat hanno solo aggravato la prognosi, oltre a contagiare a mo’ di ebola la competitività compulsiva del Capo Triangolo e di RonRon.

Miami? ZANINI. Fino a quando non vincerà un anello...

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SNS. Miami è davvero senza punti deboli? ZANINI. Ma c’è ancora qualcuno che pensa che non abbia punti deboli? Credo ci siano almeno due squadre al momento con meno punti deboli degli Heat e questo senza tenere in conto né i possibili infortuni, né i rispettivi allenatori. E poi nell’NBA contano soprattutto gli accoppiamenti; chi meglio si accoppia contro più squadre, meno punti deboli ha. E gli Heat non mi sembrano i messi meglio rispetto alle altre 29 squadre. Come la mettiamo con i roster con una front-line più lunga e fisica di Bosh&Co e che va a rimbalzo in modo indemoniato?

SNS. Una squadra senza un playmaker puro. Quindi miami si candida ad essere una rivoluzione per questo gioco? Z AN I N I . Ma come, Lebron non era il nuovo Magic Johnson? E il povero Arroyo, ve lo siete dimenticati? Provocazioni a parte, se di rivoluzione si tratta, quella è partita parecchio tempo fa. E poi, mi sbaglio o i Lakers hanno appena vinto due titoli senza una vera point-guard (nel senso puro del termine neppure Fish lo è) perché hanno Kobe tra le loro file?

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SNS. Per ora una domanda che nessuno si pone, ma vogliamo essere un po’ cattivelli: quanto ci impiegherà Riley per tornare in panca come nel 2006? ZANINI. Se non vincono quest’anno, due secondi. Il tempo di dare una pacca sulla spalla a Spoelstra e congedarlo.

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SNS. Quanto durerà secondo te l’impopolarità di James post scelta di andare a


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D OMENICO OMENICO P EZZELLA EZZELLA DI

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SNS. Sono due anni che Phil Jackson dice di voler mollare, secondo te lo farà davvero alla fine della prossima stagio-

ne? ZANINI. Se i Lakers dovessero vincere, si ritirerà. Se dovessero uscire in malo modo, potrebbe anche allontanarsi dai campi temporaneamente per farsi tentare solo dagli Heat, qualora anche questi ultimi non avessero sollevato nessuno stendardo durante il suo sabbatico.

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SN S. I cinque titoli potrebbero essere un traguardo per Kobe?

ZA N I N I . Bryant non conosce l’appagamento sportivo. Ma conoscerà il declino fisico/tecnico. Sarà il modo in cui affronterà l’ultima parte di carriera a collocarlo definitivamente nella storia del gioco.

16 dovesse S N S . E se guardando avanti riuscire a vincere il sesto titolo come Mj, si sentirà appagato oppure… M A M O L I . Vedi sopra. Kobe gioca per vincere, punto. Che siano 6/7 o 8 i titoli raggiunti.

S. Quale la squadra maggiormenda questa free agency? 15 teSNbeffata ZANINI. Giudicando in base alle aspettative, alla nuova arena e alla cordata di proprietari, Jay-Z (amico fraterno di James) e lo zar Prokhorov (dalle finanze illimitate), direi i Nets. Giudicando in base alle modalità e alla tempistica della “Decisione”, direi i Cavs.

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SNS. New York-Amare Stoudemire, pro e contro… ZANINI. Non vedo come possano esserci contro nell’approdo di Amar’e alla Mecca. Chi crede nel vuoto lasciato là sotto da Lee, dovrebbe seguire solo l’eurolega. L’unico contro di Amar’è potrebbe essere Felton se i due non dovessero sviluppare sufficiente feeling.

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S NS . Quanto ci impiegherà Chris Paul a cambiare aria?

ZANINI. Esattamente quanto Monty Williams ci metterà a conquistare Paul dietro alle lavagnette. Altrimenti, a febbraio, Amar’è potrebbe avere la pointguard che si merita.


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LA RUBRICA S N S . La tua previsione sulla stagione di Gallinari… Z A N I N I . Per ora Danilo è assolutamente Missing In Action, ma ho troppa fiducia nel suo talento, nella sua testa e nell’accoppiata D’Antoni/Gallinari per non credere che appena le voci di mercato cesseranno, ingranerà alla grande. A New York servono le sue triple più dell’aria che si respira, altrimenti le zone avversarie collasseranno su Amar’e e addio progetti di playoff. Se però dovesse finire altrove per far arrivare Carmelo…Tutto potrebbe succedere: la sua esplosione così come l’implosione inversa.

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di Bargnani? 11 SZNANS.INSuI. quella Andrea diventerà il 1° rea-

lizzatore di squadra, il miglior Raptor da dietro l’arco e mostrerà nel corso della stagione di saper difendere sull’uomo con cattiveria. Nell’NBA se guardi il mondo dai 7 piedi non basta; devi andare parecchio forte anche a rimbalzo e far paura agli avversari.

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SNS. ...E quella a New Orleans di Belinelli?

ZANINI. Beli, come sempre, riesce a conquistare chiunque nel primo mese di conoscenza; sono i restanti 6 mesi il problema. Se Paul riesce a tenerlo in quintetto base fino a Natale, smetterò di criticare CP3 e inizierò a guardarlo sotto occhi diversi.

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SNS. Kevin Durant e i mondiali: il tuo giuduzio…

ZANINI. Durant è la cosa migliore che sia capitata al basket americano negli ultimi 10 anni. E non ho scritto 10 a caso. Record per maggior numero di punti realizzati da un americano in singola gara durante una competizione internazionale (38), record per miglior media punti di un americano al torneo (23.2); anche Lebron e Kobe hanno dominato un altro evento FIBA, ma il resto del mondo non ha pensato neanche per un secondo di conferire ad uno dei 2 il titolo di MVP. Durant ha preso in mano ogni gara nel momento giusto, con le mosse più giuste mostrando una voglia, una classe e una concentrazione da sicario che tanto ricorda il Jordan della prima decade. E’ lui il vero Redentore a stelle e strisce.

SNS. Kevin Durant e la Nba, secondo te sarà ancora considerato una stella in crescita o un papabile numero uno in maniera definitiva? ZANINI. Metà dei giornalisti yankee lo considera il futuro MVP del 2011, il resto sarà scritto ai playoffs del prossimo aprile. Il testimone NBA, per quanto mi riguarda, passerà dalle mani di Kobe a quelle di KD.

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SNS. Il tuo super quintetto dei mondiali? ZANINI. C- Louis Scola, PF – Linas Kleiza, SF Kevin Durant, SG – Hedo Turgoklu, PG – Vassilis Spanoulis.


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ACIRBUR AL

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S N S . Tolto Durant chi meritava l’Mvp?

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SNS. Come farà Cleveland a vincere un titolo prima di Lebron cosi come ha detto Dan Gilbert?

ZANINI. Scola, senza dubbio. ZANINI. Addormentandosi e facendo un bel sogno bagnato.

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SNS. Il tuo giudizio sui Chicago Bulls…

ZANINI. Nove nuovi giocatori, un nuovo allenatore e un infortunio con un borsone che puzza ancora una volta di maledizione post-Jordan. Ma anche: un precedente All Star (Boozer), due possibili All Star del futuro (Noah e Taj Gibson), una Superstar (Rose), dei tiratori d’importazione (Korver, C.J. Watson e Bogans), un atleta (Ronnie Brewer) e un veterano che ne sa due più del diavolo (Kurt Thomas). Ah, già, e Luol Deng, per almeno una cinquantina di partite, nuovi borsoni permettendo. Se per un colpo di vento chicagoano una finestra dovesse chiudersi sulle dita di Joakim, i Bulls potrebbero fermarsi un’altra volta dove si sono fermati per 2 anni di fila.

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SNS. Quello sui Boston Celtics ed il doppio O’Neal?

ZANINI. Shaq, nelle ultime due stagioni, è riuscito ad affondare l’Era dei-7-secondi-o-meno a Phoenix e ad allontanare Lebron per sempre da Cleveland. Ai Celtics sembra tornato quello di Miami, come Garnett sembra reincarnato nel corpo del 2008. Jermaine è uno degli ultimi dignitari del basket NBA dei primi anni 2000 e male non farà ai playoff. Anche se il miglior lungo dei Celtics è ormai Big Baby Davis. Rondo invece è la miglior pointguard del mondo mentre vi scriviamo. Aggiungeteci il miglior allenatore – tout cour – in Doc Rivers, il miglior jumper in Ray Allen e il Capitano dei Capitani in Pierce…Miami, watch out!

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SNS. Carter riuscirà mai a togliersi l’etichetta di ‘loser’ dalla canotta?

Z ANINI. Temo di no, anche se, a mio parere, sarebbe giusto ritirare la sua maglia come la più stilosa, elegante e sofisticata che si sia mossa sul rettangolo al rintocco del nuovo millennio. Perdente, ma indimenticabile.

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SNS. Duncan e Ginobili, sarà l’ultimo assalto?

ZANINI. Lo spero vivamente. Detesto, cestisticamente parlando, tutti e due e detesto - cestisticamente e non - il loro allenatore e quel dannato Paseo del Rio. Duncan è ancora una macchina, ma non più dominante, in compenso Tony e Manu sanno ancora elevare il proprio gioco quando più serve. Temo che gli Spurs, con l’aiuto di Jefferson, Tiago, DeJuan e George Hill, marceranno verso i playoff nei panni dei peggiori zombie del 2011, con molti avversari impegnati a seppellirli e loro capaci di uscire da più bare.

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SNS. Duncan e Ginobili, sarà l’ultimo assalto?

ZANINI. Direi che di tempo ne dovrà decisamente passare; davanti a lui ha una generazione di generali forse senza uguali e un tiro dal perimetro traballante. Ciò detto, il ragazzo è speciale e non solo perché esce dai blocchi come una biglia da flipper, ma anche perché è capace di trucchetti con la palla ammorbanti e possiede un raro feeling con il gioco e con la squadra.


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LA RUBRICA

NBA Up

& Down


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DI

S TEFANO TEFANO PANZA ANZA


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NEW ORLEANS HORNETS La sorpresa di questo inizio di stagione è senz’altro la squadra di coach Monty Williams. 10-1 è un inizio esaltante, che neanche il più ottimista dei tifosi avrebbe potuto sperare. Tra le vittorie ce ne sono alcune sensazionali, come quella prestigiosissima contro i Big Three di Miami. Eppure l’estate degli Hornets è stata tutt’altro che tranquilla, con le incessanti voci di una possibile partenza di Chris Paul. Invece finora CP3 viaggia a 18.7 punti, 6 rimbalzi e 10.2 assist a gara; West sembra tornato quello di un paio di stagioni fa e soprattutto il nostro Marco Belinelli ha trovato la sua dimensione NBA: sei volte su sei titolare con la maglia di New Orleans, 11 punti di media col 42.3% dall’arco.

con una striscia vincente di 6 partite, per quella che era l’unica squadra dell’est ancora imbattuta. Nel recente passato gli Hawks hanno ben figurato in regular season, ma Mike Woodson ha dato sempre l’impressione di non avere totalmente in mano una squadra composta da giovani talenti straordinari che avrebbero però bisogno di una gestione forte e decisa. Drew sembra finalmente l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto, e non è da escludere che adesso nella corsa ai vertici della Eastern Conference ci sia anche Atlanta. BLAKE GRIFFIN

La prima scelta nel draft 2009 esordisce ufficialmente in questa stagione e, secondo molti, ha già in mano il titolo di Rookie of the Year (Wall permettendo). L’ala dei Clippers, dopo un anno incredibilmente travagliato e costellato da infortuni, ha finalmente mostrato il suo spaventoso talento con giocate eccezionali dal punto di vista tecnico ma soprattutto atletico. È difficile vedere un giocatore bianco con quella predominanza fisica. In 7 partite Griffin ha messo insieme 18.1 punti e 11 rimbalzi di media, cifre di platino per un rookie. Peccato che i suoi Clippers non vadano di pari passo con lui, ma certamente il LARRY DREW buon Blake ha i mezzi per rappresentare la pietra angolare di Il nuovo coach di Atlanta ha esordito come meglio non poteva, questa franchigia per molti anni.


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B R Y A N CO L A NG E L O Soltanto 13 mesi fa, con l’innesto di Turkoglu, i Raptors erano considerati, almeno sulla carta, una squadra di prima fascia. Adesso è opinione comune che l’ultimo posto globale sia una questione tra Toronto e altre due o tre squadre. Con l’arrivo di Barbosa Colangelo ha rimediato solo parzialmente all’errore-Turkoglu, mentre Bosh non è stato assolutamente rimpiazzato. Sotto contratto ci sono giocatori strapagati e ruoli totalmente scoperti. I risultati, infatti si vedono: 1-5 la partenza dei Raptors, che possono aggrapparsi al solo Bargnani. Troppo poco, diciamo la verità.

è traccia. Ben Wallace, Hamilton e Prince ci sono ancora, ma sono soltanto copie sbiadite degli straordinari campioni che hanno portato al titolo MoTown e che si sono stabiliti per anni ai vertici della lega. 1-5 finora quest’anno, qualche spunto di Ben Gordon e poco altro. L’innesto di McGrady è stato un buco nell’acqua, Villanueva fa più notizia per i suoi annunci sui social network che per quanto faccia vedere sul campo. L’orizzonte è macabro, ma in una città affezionatissima alla propria squadra il riscatto è un dovere. L E N U O VE R E G OL E S U L L E P R OT E S T E

Ok, gli arbitri vanno rispettati. Ma un conto è il rispetto, un conto è mostrare educatamente il proprio dissenso per una decisione, anche perché talvolta quest’ultima può rivelarsi errata. È nella natura umana esternare un minimo di disappunto ogni qualvolta si riceva un torto, specialmente in una fase agonisticamente accesa di una partita di basket. Regalare un tiro libero, e quindi in alcuni casi orientare l’esito di una partita, solo ed esclusivamente perché un D E T R OI T P I S T O NS giocatore ha avuto un lieve gesto di stizza in seguito ad un’azione sfortunata va contro lo spirito del basket e Degli inossidabili Pistons del lustro scorso ormai non vi dello sport in generale.


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Parker-Longoria, è tutto finito Problemi in paradiso in casa San Antonio Spurs. La squadra va alla grande (8 vinte-1 persa), ma lo spogliatoio scriccola. Ha fatto il giro del mondo la notizia del divorzio tra il playmaker degli Spurs, il francese Tony Parker e Eva Longoria, star della serie "Desperate Housewives". L’attrice texana ha presentato l’istanza di divorzio ieri alla Corte Superiore di Los Angeles.

'Differenze inconciliabili', questa la motivazione che riportano i documenti, anche se la scorsa settimana le voci di un tradimento di Parker circolavano insistenti. La Longoria ha scoperto sul cellualre dell'ormai ex marito una serie di sms bollenti indirizzati a Erin Barry, moglie dell'ex compagno di squadra di parker agli Spurs Brent Barry, ora commentatore televisivo, come ha rilevato il sito specializzato in gossip hollywoodiano TMZ.com. Ecco i quattro protagonsiti in una foto che vista a posteriori da i brividi alla povera Eva e il malcapitato Brent.


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Rumors chock: Roy cedibile? Clamorosi rumors provengono dall'Oregon. I Trailblazers iniziano a nutrire seri dubbi sulla possibilità che Brandon Roy risolva definitivamente i problemi al ginocchio. L'All Star di Portland è nuovamente fermo ai box e in questo primo scorcio di stagione ha sempre giocato condizionato dagli infortuni. La dirigenza dei Blazers starebbe valutando la possibilità di cedere il suo uomo franchigia.


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Il dramma di Oden: stagione finita La maledizione della prima scelta colpisce ancora i Portland Trailblazers e Greg Oden. Il centro, first pick al draft 2007 davanti a Kevin Durant, dovrà tornare sotto i ferri a causa di una microfrattura al ginocchio sinistro e sarà costretto a saltare tutta la stagione. Si parla addirittura di carriera a rischio per il prodotto di Ohio State. Oden arrivato nella lega con le stimmate del nuovo Bill Russel, rischia di finire come Sam Bowie, eternamente infortunato e con la sfida di essere stato scelto dai soliti sospetti Blazers davanti a un certo Michael Jordan al draft del 1984.


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Lakers alla ricerca di un ‘centro’ A causa dei continui problemi di Andrew Bynum, i Los Angeles Lakers sono alla ricerca di un centro per puntellare la front line. Si segue con attenzione la pista Erick Dampier, free agent ex Dallas Mavericks. Il nome di Dampier è stato accostato in questi mesi anche ai Toronto Raptors e ai Phoenix Suns. Le ipotesi alternative vagliate dal front office di L.A. si chiamano Jake Voskhul, ultima fermata Nba a Toronto e Paul Davis ex Clippers e Wizards, ora in Spagna con il Cajasol di Siviglia. Più consistenti le voci che vogliono i Nets pronti a mettere sul mercato l'ala Troy Murphy. L'ex Pacers, arrivato in estate all'interno di una trade a quattro con Nets, Rockets e Hornets è attulamente infortunato. Una fonte vicina al

club che ha voltuo restare anonima, ha riferito che la possibilità di vedere Murphy a breve con un'altra maglia sono alte. Coach Johnson non avrebbe posto il suo veto, impressionato dalla crescita del rokiee Favors e dalla solidità di Humpries. Murphy è nell'ultimo anno di contratto (guadagna 11.9 milioni di dollari).


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Stojakovic cambia e va a Toronto Trade a sorpresa che in giornata ha coinvolto i New Orleans Hornets ed i Toronto Raptors; in Canada vanno Peja Stojakovic (ed il suo appetitoso contrattone da 15,3 Mln di dollari in scadenza prossima 2011) e la point guard giunta appena un mese fa dai Portland Trail Blazers Jarred Bayless; in cambio agli Hornets vanno il play Jarrett Jack (che coach Monty Williams ben conosce avendolo avuto quando era assistent coach ai Trail Blazers),il lungo Australiano David Andersen e Marcus Banks.


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