Stars 'N' Stripes

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il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano TU TTO IL ME RC ATO ‘SQU AD RA PE R SQU AD RA ’

Made in Italy: Alessandro Gentile

La Rubrica - Up & Down Tip Off - Ready, Set, Go

Tutti a caccia del ‘Mamba’


IL LIBRO SULLA ST ORIA RECEN TE DELLA JUVECASERTA IN VENDITA ANCHE ON LINE SCRIVENDO A info@a40m inutidalparadiso.c om


L A R U B R IC A YOU CAN ’T C ME

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NBA NE WS

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T R O UG H TH E M E M O R IE S GA LLINA RI A MI LANO

Stars ‘N’ Stripes ideato da: scritto da:

Domenico Pezzella Alessandro delli Paoli

FOCUS ATLANTA HAWKS

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OCCHI PUNT ATI SU LAMAR ODOM

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IL PERSONAGGIO CARLOS BOOZER

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IL PERSONAGGIO ANTAWN JAMISON

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IL PROFILO ANDRE IGUODALA

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TUTTI I MO VI MENTI DI ME RC AT O D EL LA NB A

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L’ANALISI DON NELSON

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LO STUDIO LA ‘MID R ANGE S HOOT’ TOP 2 5

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Bennedetto Giardina Raffaele Valentino

Nicolò Fiumi

Domenico Landolfo

Stefano Panza

Vincenzo Di Guida Guglielmo Bifulco Stefano Livi

info, contatti e collaborazioni:

Lorenzo de Santis

domenicopezzella@hotmail.it


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Fonte foto: http://myteamrivals.typepad.com

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SI ALZA IL SIPARIO SULLA NUOVA STAGIONE NBA CON UN UNICO INTERROGATIVO: VINCERANNO DAVVERO I MIAMI HEAT?


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TIP OFF Si riparte con un’unica domanda: alla fine saranno davvero i Miami Heat a vincere il titolo? Se per caso nel periodo di concomitanza di regular season Nba, vi trovate su suolo della Florida, ma sponda South Beach, o se per caso vi ritrovaste a navigare in siti riguardanti la franchigia di Pat Riley, la risposta non ha alternative. Addirittura ci sono addetti ai lavori che già pregustano il trionfo aspettando solo ed esclusivamente quel periodo di fine giugno quando si vedranno in uno scatto fotografico Lebron James e Dwayne Wade con in mano il Larry O’Brien Trophey e quello di Mvp delel finali e con Spoelstra (??) alle loro spalle felice e sorridente. Insomma quando con un successo, schiacciante o di misura che sia, gli Heat ritorneranno sul tetto del basket professionistico a stelle e strisce, dopo esservi scesi malamente nel 2007 quando da detentrici furono capaci di scrivere un nuovo record: cacciati al primo turno e con uno ‘sweep’. Ma c’è anche chi al di fuori della Florida, al di fuori del mini regno di South Beach (noi come Lebron al momento della scelta di questa estate adottiamo la tattica di nominare una delle spiagge più famose del luogo e poi il nome della città di Miami ndr) pensa che poi una sceneggiatura cosi semplice e cosi scontata non sia proprio da produttori americani. Specie se poi si parla di Hollywood (!!). Mancherebbe la suspance, mancherebbe quel pizzico di pepe, mancherebbero quei colpi di scena che di volta in volta hanno sempre caratterizzato il campionato Nba; per informazioni basta chiedere allo stesso ‘The Chosen One’. Già perché lo stesso King James è stato costretto dai colpi di scena, dalla suspnce e dal pepe di cui sopra, a decidere di cambiare aria. A decidere di adottare la strada più corta, facile e all’apparenza priva di ostacoli verso quell’anello che lo cancellerebbe dalla lista degli ‘sfigati’ Nba o più nobilmente definiti come Hall of Famer senza titolo Nba. Gli stessi elementi di un copione, dunque, che lo hanno messo al centro di due diverse posizioni nemmeno si stesse parlando di un dilemma giurisprudenziale per il quale a battagliare per la posizione vi siano la classica ‘dottrina’ e la classica ‘giurisprudenza’. Gli stessi elementi che gli sono valsi il titolo di codardo e traditore da parte del presidente dei Cleveland Cavaliers, Dan Gilbert, in preda alla furia e alla delusione post decisione. Gia la decisione. Giusta o sbagliata? Meglio essere fedeli a chi ti ha osannato per sette anni ergendoti a modello da seguire e restare a bocca asciutta (d’altronde non è che Karl Malone o John Stockton siano dei perso-

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D OMENICO OMENICO P EZZELLA EZZELLA naggi da ricordare con disprezzo anche se senza un anello d’oro e diamanti al dito) oppure fregarsene di tutto e di tutti e pensare alla gloria? ‘Ai posteri l’ardua sentenza…’ avrebbe chiosato Alessandro Manzoni. La verità è che ci si ritrova alle porte di una nuova stagione con nuovi interrogativi; diversi nella sostanza, ma uguali dal punto di vista dei tempi della risposta. Tutto a tempo debito. Tutto a fine giugno. Cosi è stato per l’estate più attesa degli ultimi 10 anni di free agency, cosi sarà per scoprire chi tra ‘dottrina’ e giurisprudenza’ avrà avuto ragione. E intanto gli altri? Stanno a guardare? Assolutamente no. Anzi non ditelo al 24 in maglia gialloviola. Di sicuro il ‘Black Mamba’ sarà quello più attratto da tutta questa situazione. Quello più inferocito, dal punto di vista agonistico e del gioco, dal sapere che ormai tutti danno gli Heat con il titolo tra le mani e James che si prende la sua meritata gloria. D’altronde è dal 2007, o forse anche prima, che tutta la Nba aspetta di vedere Kobe contro Lebron, con l’unica differenza che il figlio di Jeally Bean è stato il solo a rispettare le attese. E chi pensa che lo sceneggiatore supremo degli ‘Dei del Basket’ non rimetta proprio nelle mani di Bryant e dei suoi Lakers gran parte dei colpi di scena per rendere memorabile più di quanto non lo sia già, una stagione che deve ancora iniziare, beh allora ha praticamente sbagliato strada. Tutto questo, però, almeno fino a che non si parli di playoff o di Finals, dal momento che ai Lakers non dispiacerebbe di passare un po’ di tempo in meno sotto i riflettori per meglio elaborare il come rovinare una festa che tutti già pregustano, infilando al secondo dito della mano destra o sinistra che sia, il sesto anello come Michael Jordan. Insomma tante parole per soli due argomenti che da soli già varrebbero qualsiasi tipo di sacrificio per seguire una stagione da non perdere in tutte le sue sfaccettature. Se poi agli argomenti principali ci vogliamo aggiungere da una parte, quella ad Est, una serie di contendenti (si parte dai vice campioni Nba dei Celtics, passando per la quasi immutata truppa di coach Van Gundy degli orlando Magic fino ad arrivare ad una serie di outsider del calibro di Chicago e Atlanta ) che non stenderanno certo il tappeto rosso agli Heat per il solo fatto di avere James-Wade-Bosh, la sfida del ritorno a Cleveland di Lebron James, quella del primo duello tra Heat e Lakers ed una Western Conference sempre più di altissimo livello, allora il quadro è completo e quella 2010/2011 rischia davvero di essere una delle più emozionanti stagioni sin dal primo ‘tip off’.


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L a cr isi fe rme ra’ il volo dei falchi georgiani? FOCUS

Se andate in cerca di conferme della attuale crisi economicofinanziaria in atto in tutto il mondo e, particolarmente, negli Stati Uniti, provate a fare un salto a Atlanta, Georgia, e approfondite un attimo la situazione degli Hawks. Oppure, se preferite risparmiare (d’altronde… c’è crisi), soffermatevi un attimo su queste pagine e analizzate con noi cosa sta passando la franchigia che fu di Dominique Wilkins e oggi deve fare i conti con delle ristrettezze finanziarie ogni anno sempre maggiori, affrontate per la verità con metodi piuttosto contrastanti nel loro complesso. Ma andiamo con ordine. Partendo con l’esonero di coach Woodson. Giustamente ritenuto da molti vittima di se stesso. Nel senso che le cinque stagioni di continui miglioramenti dal 2006 in poi (26, 30, 37, 47, 53 vittorie) hanno lentamente alzato l’asticella delle aspettative, arrivate al massimo nell’ultima stagione. Aspettative che male si sono sposate con il massacro subito dagli Orlando Magic negli ultimi playoffs. Hawks letteralmente in balia di Dwight Howard e compagnia e che hanno dato l’impressione di una squadra arrivata al suo punto massimo, difficilmente riproducibile, tantomeno migliorabile. E così Woodson si è trovato dopo una stagione da 53 vittorie sul marciapiede. A ragione o meno la dirigenza ha preferito pun-

tare su qualcun altro. E q u a arriva il primo punto controverso dell’offseason

Georgiana. Ci si attendeva una sterzata decisa nelle strategie di squadra, magari ingaggiando un allenatore di viste opposte rispetto a quelle di Woodson, sostanzialmente un fautore degli isolamenti per Joe Johnson, Josh Smith, Al Horford e Jamal Crawford. E, invece, a sorpresa, è arrivata la promozione dell’assistant coach Larry Drew, gradito ai giocatori certo, ma di vedute praticamente speculari rispetto all’ex coach di Stanford Universtiy. E se vi dicessimo che Drew è l’allenatore con la paga più bassa di tutta la NBA?


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N ICOLÒ ICOLÒ F IUMI IUMI

Probabilmente pensereste quello che abbiamo pensato noi. Scarseggiano i quattrini, si provano a fare le nozze coi fichi secchi. Drew piace ai giocatori, gioca un sistema che dà continuità al lavoro di Woodson, tanto vale provare a ottenere risultati similari a quelli degli ultimi due anni, risparmiando però un po’ di dollari. E il capitolo successivo della nostra storia sembra confermare questa teoria. Verso metà giugno, infatti, si sparge la voce che Atlanta Spirit, il gruppo che detiene la proprietà degli Hawks oltre che della Philips Arena, campo su cui gli Hawks giocano le partite casalinghe,


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e della squadra di hockey NHL degli Atlanta Trashers avrebbe messo in vendita le loro proprietà, mettendosi nelle mani del Raine Group, una banca di investimento di New York, per gestire la questione. A margine emerge che gli Hawks hanno perso la spaventosa cifra di 20 milioni di dollari nell’ultima stagione NBA e la stessa Philips Arena ha generato perdite per 10 milioni. Peggio di loro fanno i Trashers, sotto di 30 milioni negli ultimi 12 mesi. Nella capitale della Georgia, infatti, il problema del pubblico a palazzo è un’annosa questione che sembra non prevedere una soluzione di nessun tipo. Tenendo presente l’arco temporale 2005-2010 gli Hawks, in termini di spettatori per partita, si sono classificati fra le squadre NBA: 29° nel 2005 e nel 2006, 26° nel 2007, 20° nel 2008 e nel 2009 e 18° lo scorso anno, dato inconcepibile per una squadra di quel livello. Tra le partecipanti alla post season solo Charlotte e Milwaukee, avversaria di Atlanta al primo turno, hanno fatto registrare dati peggiori, ma si parla comunque di squadre con ruoli marginali ai playoffs. Questo è un trend che va avanti ormai da parecchi anni, e probabilmente la volontà di cedere la proprietà del pacchetto da parte dei proprietari è figlia anche della consapevolezza che nemmeno il raggiungimento di risultati sportivi riesca a portare a palazzo pubblico in maniera continuativa, limitando così le perdite. E qui ci colleghiamo alla mossa più incomprensibile di tutte quelle effettuate quest’estate dal management di Atlanta. Il rinnovo di Joe Johnson, unrestricted free agent, per sei anni a una cifra complessiva di 123 milioni di dollari garantiti è da un lato unanimemente riconosciuta come la peggior mossa di tutto il mercato estivo fra le 30 squadre NBA, dall’altro una potenziale follia finanziaria, stanti le considerazione fatte poco sopra. Johnson è un ottimo giocatore, ma non una star a livelli di LeBron James, Kobe Bryant, Dwyane Wade, quelli che in sostanza dovrebbero comandare certi tipi di somme, non è molto vecchio ma nemmeno un giovanotto, e fra due o tre anni sarà molto probabilmente

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una zavorra salariale pesantissima per la franchigia. Nell’opera di rinnovamento di una squadra che, come detto, ha dato l’impressione di aver raggiunto il suo punto massimo, avrebbe avuto molto più senso firmarlo e poi scambiarlo in un sign and trade, magari spalmando la stessa cifra su due o tre giocatori, riuscendo così a risparmiare denari. Quello che sembrava inizialmente l’obiettivo primario della dirigenza, prima di questa scelta potenzialmente suicida. E la situazione all’orizzonte propone un’altra questione molto spinosa, con il contratto di Al Horford, lui sì giocatore cardine della franchigia per il futuro, in scadenza nel 2011/2012 e che chiederà cifre decisamente superiori rispetto a quelle attuali, fatto che, al momento, non esclude la possibilità di vedere cambiar maglia all’ex Gators nei prossimi 12/18 mesi. E sì che quello dei lunghi, tornando per un attimo a parlare del campo, è il grande problema degli Hawks che sotto canestro scarseggiano di centimetri e chili. Josh Smith è un 4 atipico e lo stesso Horford non è certo un centro di stazza imponente. Dietro di loro Pachulia fa tanto lavoro sporco, e poco altro, mentre dal mercato sono arrivati il gregario Josh Powell e Ethan Thomas, inattivo da due anni, che difficilmente sposteranno gli equilibri. Altro argomento molto trattato quest’estate è stato il rinnovo contrattuale di Jamal Crawford, che vedrà il suo contratto da 10 milioni di dollari scadere quest’estate. Abbastanza scontato immaginare che gli Hawks finora abbiano fatto melina, con una serie di mosse che hanno fatto intuire come per il miglior sesto uomo delle stagione 2010 i giorni in Georgia possano essere sempre più contati. Intanto, nonostante le ripetute dichiarazioni d’amore di Crawford la dirigenza non ha mosso un passo in sua direzione, lasciando la situazione senza alcuna risposta piuttosto che in stand by. Poi al draft, con la scelta al primo giro, è arrivato Jordan Crawford da Xavier che non si limita ad essere omonimo dell’ex Bulls e Warriors, ma anche in campo è una specie di suo clone. Come già mostrato nelle prime ottime partite di pre-

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Pochi gli spettatori alla Philips Arena nonostante le ultime stagioni vincenti ed il bel giooco di Johnson&Co.

season, il giovane Crawford è un uomo che entra dalla panchina per cambiare il ritmo tirando più o meno qualsiasi cosa gli passi per le mani (15 tiri in 29 minuti all’esordio, 30 punti alla sua terza partita) ridando energia ai compagni. Praticamente quello che ha fatto molto bene nell’ultima stagione Jamal. Con la sostanziale differenza di 9 milioni di dollari e 8 anni in più. Logico sottolineare come il rookie sia una delle speranze per il futuro della squadra, assieme a Jeff Teague, che nei piani di coach Drew quest’anno dovrebbe prendersi i gradi di titolare, riducendo progressivamente i minuti di Bibby in campo, che potrebbe così dedicarsi a apparizioni più brevi ma di maggiore qualità. In sostanza, perni dell’attacco, Horford il riferimento a centro area, menquindi, Atlanta presenterà una squadra ancora molto simile a tre Marvin Williams dovrà riscattare una stagione deludente. quella della passata stagione. Johnson e Smith saranno i Ragionevole immaginare gli Hawks nuovamente alla post season, probabilmente al di là del primo turno, difficilmente oltre il secondo. Sperando che il pubblico si ricordi che in città gioca una squadra NBA da playoff, che il mercato non fluttui ulteriormente verso il basso e che Joe Johnson giustifichi i suoi 123 milioni per più anni possibili.


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OCCHI PUNTATI SU...

Il fantastic mondo di.. Lamar Odo


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G UGLIELMO B IFULCO Ciò che maggiormente rende unico e attraente un mondo come l’NBA, pieno di miti veri o presunti tali, è la presenza di personaggi controversi, che in alcune situazioni incarnano la figura degli eroi di turno, in altre situazioni si ergono a ruoli di anonimato se non addirittura di capri espiatori. Lamar Odom è certamente un giocatore appartenente a questa categoria: amato da molti, sottovalutato da molti altri. La verità, spesso, è relativa, e difficilmente si riesce a raggiungere l’unanimità di giudizio su elementi cosi discontinui, tanto dal punto di vista tecnico, quanto soprattutto dal punto di vista emotivo. Oggigiorno, tuttavia, dopo anni di critiche e dubbi, le idee sembrano essersi schiarite, soprattutto alla luce degli eventi storici, che, come ben sanno gli studiosi annalisti, vengono scritti esclusivamente dai vincitori. Non bastassero gli ultimi 3 campionati NBA disputati da Lamar Odom a fungere da prova schiacciante, questa estate sono arrivate ulteriori conferme su una verità sul suo conto, che di relativo inizia ad avere ben poco. Andiamo con i fatti più recenti, dunque. All’indomani degli innumerevoli due di picche che le varie superstar NBA reduci da Pechino 2008 hanno mostrato verso la nazionale Americana per la recente spedizione mondiale in Turchia, Bryan Colangelo, team manager di team USA, ha pensato bene di assemblare per la causa una armata che potesse contare sull’estro di Kevin Durant, sull’esplosività di giovani quali Derrick Rose e Russell Westbrook e soprattutto sulla sapienza tattica, la versatilità, l’esperienza e l’abitudine all’elevata pressione di elementi come Chauncey Billups e Lamar Odom. L’ala dei Lakers ha assunto un ruolo delicatissimo, ritrovandosi a giocare in un contesto per lui nuovo, dovendo agire in un ruolo, quello di pivot, assolutamente desueto per quelle che sono le sue abitudini e le sue stesse caratteristiche tecniche:


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nonostante gli innumerevoli dubbi della vigilia, il numero sette dei Lakers non ha per nulla deluso, mostrando una solidità ed una consapevolezza delle mansioni da svolgere assolutamente inaspettate. L’idea dello staff statunitense era quella di sfruttare la sua capacità di andare a rimbalzo e riavviare l’azione grazie al suo aggraziato e dolcemente temibile ball handling made in New York: con il senno di poi la scelta si è rivelata indovinata e totalmente complementare a quelle che erano le esigenze della squadra. In poche parole Lamar Odom, ala grande o piccola a seconda delle necessità, quindi estremamente atipica, quasi trentunenne, figlio dei playground leggendari di NY, ha per l’ennesima volta confermato l’ identità cestistica che oramai da almeno 3 anni ha iniziato ad incarnare in quel dei Los Angeles Lakers pluricampioni di Phil Jackson e Kobe Bryant, dopo aver messo da parte le velleità di inizio carriera di essere una clone versione anni 2000 del Magic Johnson che fu negli anni 80. Un ‘identità assolutamente atipica dicevamo, un ruolo che al peggior osservatore di basket potrebbe sembrare appena marginale, ma che in realtà va ben al di là di quello che possono esprimere le statistiche e persino i cosidetti intangibles: l’importanza che il figlio della grande Mela riveste nel contesto gialloviola è legata alla sua capacità di agire da playmaker mascherato, da specialista difensivo sull’uomo, in particolar modo su giocatori molto difficili da marcare anche solo per questioni di cm ed attitudine a lavorare lontano dal canestro (vedi ad esempio Rashard Lewis, rebus irrisolvibile per i Cleveland Cavs oramai defunti di LBJ). Lamar non è solo questo, poiché è anche in grado di agire come specialista a rimbalzo (ai mondiali è stato il migliore della propria squadra in questa voce statistica), come realizzatore sia in entrata, esclusivamente dal lato sinistro del campo, che in arresto e tiro dalla media distanza e oltre l’arco dei 3 punti: è proprio questa versatilità sul fronte offensivo la prerogativa che rende Lamarvelous assolutamente indispensabile alla causa losangelina: se tutti riconoscono l’importanza che rivestono nel

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sistema della Triple Post Offense le letture degli attacchi e l’imprevedibilità di Kobe, e la capacità di dare via la palla di Pau Gasol, nessuno può negare quanto la sola presenza di Odom in campo possa giovare all’armonia dell’attacco dei Lakers; Lamar, infatti, con la sua capacità di agire anche dal perimetro, preclude alle difese l’opzione di chiudersi a riccio in area, e quindi di intasare gli spazi per i movimenti nel pitturato di Gasol (o eventualmente Bynum), e soprattutto per le sortite in area di Kobe Bryant. Per quanto il rendimento dell’ ala newyorchese sia stato spesso altalenante nell’arco di stagioni intere e spesso anche nell’arco di una stessa partita, le sue tipiche caratteristiche costringono la squadra avversaria ad esporsi maggiormente alle altre bocche di fuoco di Phil Jackson. Nelle giornate di grazia poi, quando le muse ispiratrici trovano in lui un ottimo interlocutore, non mancano le cosidette prestazioni “monstre”, ossia quello che non ti aspetteresti mai dal tuo specialista dalla panchina: ventelli, doppie cifre in rimbalzi o addirittura di assists, stimmate dell’allaround che noti ancor prima di vedere il referto del match, un impatto sull’avversario spesso ai limiti della penetrazione sotto pelle, come ad esempio è avvenuto nelle ultime finali della Western Conference ad Amar’è Stoudemire, a tratti è stato letteralmente violentato in post basso dal 2,07 ex Clippers ed Heat. Purtroppo la costanza non è mai stato il punto di forza di Lamar, e questo gli ha impedito di scrivere pagine da protagonista principale nella storia della lega. Nei primi anni post Shaq, quando era stato chiamato alla causa losangelina come spalla di Kobe, ha dimostrato una volta per tutte di non avere la solidità e la continuità psicologica per essere un punto di riferimento per i propri compagni, ma con l’arrivo di Pau Gasol, coach Zen, per l’ennesima volta vincitore delle sfide propostegli, è riuscito a collocarlo come variabile impazzita dal pino, fino a renderlo, in modo diverso, ma pur sempre palese ed indiscutibile, come un elemento imprescindibile per i 16 volte campioni NBA.

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Hollywood e Kardashian: l’uomo giusto al momento giusto...oppure no A volte nella vita, per rendere al 100%, devi avere la fortuna di capitare nel luogo adatto al tuo carattere ed alla tua personalità. Se risulta difficile immaginare, ad esempio, un Larry Bird sorridere alla volta delle star a bordo campo dello Staples Center (ai suoi tempi c’era il Forum di Inglewood, ma la sostanza è la stessa) nella città degli angeli, di contro viene più facile immaginare quanto un tipo estroverso come Lamar possa essere contento di far parte di un mondo apparentemente marchiato sotto tutti i punti di vista con le 5 stelle, come quello di Hollywood. Nonostante la vita dell’ala newyorchese sia tempestata di brutte storie, vedi la difficile infanzia o la scomparsa prematura della figlia, il sorriso e l’energia sembrano non mancare mai sul volto del 31enne sesto uomo dei Lakers. Diverse apparizioni in video musicali ( con il rapper Busta Rhymes, tra gli altri), il discusso matrimonio con la showgirl Khloe Kardashian, ripreso in diretta televisiva con tanto di compagni di squadra al cospetto, sono fulgidi esempi di quanto Lamar sia riuscito a trovare finalmente una propria dimensione a Los Angeles, in campo come nella vita. L’uomo giusto nel posto giusto, verrebbe da dire.


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IL PERSONAGGIO...

B Bo oz er ua an nd do o oo ze r,, q qu a all ‘‘c c......o on ntto o’’ n n s sii c co ma an da a no on om nd Questioni d’affari, tradimenti o semplice voglia di cambiare aria ed ambiente?

Carlos Austin Boozer Jr., nato in una base militare della Baviera , ma cresciuto in Alaska, dove si allenava al freddo dei campi outdoor della Juneau-Douglas High School, (ha sempre dichiarato che la sua durezza mentale e fisica deriva proprio da quelle sessioni di allenamento con il padre), e` atteso all'ennesimo cambio di casacca della sua carriera. Stiamo infatti parlan-


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L ORENZO ORENZO

do di un giocatore con uno status riconosciuto di top player (2 volte All star, ed ultima medaglia d'oro ai giochi Olimpici di Pechino 2008) ma anche di un uomo d'affari affermato, con una societa`immobiliare, la C Booz Multifamily LLC, venuta alla ribalta per una causa, poi archiviata, con il cantante Prince. Tutti sanno che spesso gli uomini d'affari devono lasciare da parte il cuore per scegliere con la testa la migliore delle opzioni possibili, e il gigante di Juneau ha sempre cercato di seguire questa regola. Ma partiamo con ordine: dopo aver trascinato il suo liceo a due titoli statali consecutivi, Boozer decide di approdare alla corte di Mike Krzyzewski alla Duke University, vincendo tra l'altro un titolo NCAA nel 2001 (con Jason Williams e Shane Battier), e diventando uno dei pochi giocatori nella storia dell'Universita` a segnare almeno 600 punti in una singola stagione. Dopo due anni di College, ecco che Carlos si dichiara al draft del 2002, ma viene snobbato al primo giro, tanto che lo scelgono i Cavs con la numero 35. Questo non basta ad intaccare le sicurezze del giocatore, che gia` nel suo primo anno tra i pro mette insieme buoni numeri (10.0 punti e 7.5 rimbalzi), esplodendo definitivamente nel suo secondo anno, con LeBron James accanto , dove arrivera` a cifre di tutto rispetto (doppia doppia di media da 15 e 11) che gli permetteranno di farsi un nome nella lega. Ed e` qui che iniziano le vicessitudini contrattuali per il giocatore. Come e` noto, i giocatori scelti al secondo turno hanno solamente 2 anni di contratto garantiti, dopo di che o accettano un ulteriore anno di contratto a cifre da rookie (695,000 dollari) o diventano restricted free agent, con la possibilita` della squadra che detiene il contratto del giocatore di pareggiare eventuali offerte provenienti da altre franchigie. I Cavs si accordano con il giocatore per un nuovo contratto di 6 anni per 39 milioni di dollari, che Boozer si impegna a firmare dopo essere uscito dal suo contratto da rookie, diventanto appunto restricted free agent. Mai e` stato ben chiarito se il giocatore avesse dato o no la parola alla franchigia dell'Ohio (lui assicura di no, l'ex proprietario dei Cavaliers afferma a piu` riprese di aver mal riposto la sua fiducia in Boozer), fatto sta che arrivano gli Utah Jazz con 70 milioni di dollari in 6 anni per assicurarsi i servigi del ala forte ex Duke, offerta che Cleveland non puo` pareggiare, e C-Booz accetta, trasferendosi a Salt Lake City con tanti saluti al contratto gia` pronto per rimanere accanto a LeBron James. Dopo un'estate sulle copertine per questo “tradimento” il giocatore dimostra sul campo di meritarsi quel contrattone, con medie da 17 punti e 9 rimbalzi, ma anche un infortunio che lo tiene fuori dal campo nella parte finale della stagione, in cui suoi Jazz non riescono ad arrivare ai playoff. Nel draft del 2005, arriva pero` con la seconda chiamata

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un certo Deron Williams, e il feeling con Boozer non fa che aumentare con il tempo, tanto che in un paio d'anni i due vengono paragonati allo storico duo StocktonMalone e i Jazz ritornano prepotentemente sulla scena della Western Conference gia` nel 2006-2007 quando eliminano i Rockets prima, i Warriors poi, e arrivano alla finale di conference per la prima volta dal 1998, infrangendosi pero` contro lo scoglio dei San Antonio Spurs, poi campioni NBA. Boozer chiude la stagione con 20.9 punti e 11.7 rimbalzi a gara, migliorando ulteriormente nei playoff. Sembra l'inizio di una nuova era a Salt Lake City, ma in realta` i numerosi problemi fisici del ala-centro portano la stampa e anche parte della franchigia a interrogarsi sull'affidabilita`di un giocatore che in 5 anni salta qualcosa come 134 partite, e nel febbraio del 2009 sembrava proprio che il suo destino fosse lontano dalla franchigia dello Utah. Ma, spiazzando un po` tutti, allo scadere della deadline per decidere se rimanere per il sesto anno di contratto o diventare free agent, Boozer dichiara la sua volonta` di restare, e la dirigenza fa lo stesso. Dopo un anno di nuovo ai suoi livelli, senza infortuni particolari, e una nuova eliminazione ai playoff per mano dei Lakers con un brusco 4-0 in semifinale di conference, Carlos diventa unrestricted free agent in questa caldissima estate appena passata, e uno dei giocatori piu` appetibili sul mercato, tanto che i Chicago Bulls mettono sul piatto addirittura 80 milioni di dollari per 5 anni, cifra che un uomo d'affari come lui non puo` certo rifiutare, con buona pace di Jerry Sloan e dei Jazz. Firmato Boozer, I Bulls si affrettano a rifirmare il promettente Joakim Noah per 5 anni e 60 milioni di dollari, e formare cosi` una delle line-up sulla carta piu` pericolose dell'intero panorama NBA, con il francese capace di rovistare tra la “spazzatura” della partita, e il piu` talentuoso numero 5 a sfruttare il suo jumper morbidissimo dai 5 metri. Primi allenamenti agli ordini del nuovo allenatore Thibodeau, e purtroppo anche primo infortunio per il ragazzo di Juneau, che si rompe il quinto metacarpo della mano destra in un incidente domestico, che lo costringe subito a 8 settimane di stop, che influiranno pesantemente sull'inizio di stagione dei Bulls, con i tifosi, che per la verita` sognavano LeBron James o il natio di Chicago Wade (tra l’altro come dargli torto?) che si dovranno accontentare della coppia Noah-Gibson per il debutto previsto il 27 ottobre in quel di Oklahoma City. Siamo pero` sicuri che oltre ad essere un uomo d'affari eccezionale, Carlos Boozer sia anche un grande giocatore, tutto da dimostrare se potra` riportare i Bulls sulla cresta dell'onda, ma, se sapra` rimanere lontano dagli infortuni che hanno costellato la sua carriera, le doppie doppie sono assicurate allo United Center, almeno per qualche anno, poi si sa, gli affari sono affari e la testa deve venire prima del cuore.


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Antawn Jamison: ‘Ritorno al passato’

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DOPO GOLDEN STATE, DOPO I WASHINGTON WIZARDS, L’EX WARRIORS SI RITROVA A FARE DI NUOVO DA PRIMA DONNA. QUESTA RIUSCIRA’ MEGLIO DELLE ULTIME DUE IMPRESE?

Sono passati quasi 6 mesi dall'eliminazione ai playoffs per mano dei Celtics, e da quel giorno i Cleveland Cavaliers si sono ridimensionati in maniera esponenziale. Lebron James, il trascinatore delle ultime stagioni, ha preferito cercare l'anello a Miami, Zydrunas Ilgauskas, un pezzo di storia della franchigia dell'Ohio, ha deciso di seguirlo, Shaquille O'Neal e Delonte West hanno fatto le valigie per Boston e dal mercato non è arrivato nessun elemento del loro livello. Resta dunque una squadra che punta su quello che è rimasto del nucleo dello scorso anno, ma quello che salta all'occhio è l'assenza di un vero go-to-guy, uno capace di alzare il livello della squadra. Improponibile una “promozione” di Mo Williams in quel ruolo, visto


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che l'ex playmaker di Milwaukee in questi due anni ha dimostrato di non trovarsi a proprio agio nemmeno nel ruolo di secondo violino, resta come unico candidato Antawn Jamison, nella speranza che possa tornare ai livelli di Washington per portare i Cavs ai playoffs. Arrivato a Cleveland nello scorso febbraio, la carriera di Jamison sembrava essere in una parabola discendente, reduce da alcuni infortuni e da una stagione disastrosa ai Wizards, terminata col secondo peggior record stagionale. Ora al trentraquattrenne ex Washington toccherà indossare ancora una volta i panni dell'uomo squadra, cosa già successa nella capitale nei periodi di assenza forzata da parte di Arenas, ma non sarà certo un compito facile. Con una squadra che verosimilmente potrà lottare solo per un piazzamento ai playoffs, e con uno scalpitante JJ Hickson pronto a levargli il posto, per Jamison non sarà facile riprendere a giocare a ritmi elevati, anche se il nuovo coach Byron Scott vuole puntare sulla sua esperienza e sulla sua versatilità offensiva. Non è da escludere un impiego di Jamison da ala piccola per qualche spezzone di gara in questa stagione, considerando anche l'assenza di un buon terminale offensivo nel ruolo che fu di James. Lo stesso Jamison, però, non sembra particolarmente entusiasta di questa opzione: «Si tratta veramente di mettere tutto me stesso nella difesa sugli esterni avversari, vuol dire essere ancora capaci di potersi muovere bene contro alcuni degli attaccanti più veloci della lega». Difficile dare torto al 2 volte All Star, vista la sua scarsa vena difensiva, ma è anche vero che lui e Hickson sono 2 dei giocatori più talentuosi dei Cavs, e in qualche modo bisognerà farli convivere. Sarà questo uno dei momenti in cui Jamison dovrà fare la differenza e dimostrare la sua leadership per poter permettere ai Cavaliers di giocare al meglio delle loro possibilità. Dovesse riuscire a dividersi i minuti con Hickson senza comprometterne il rendimento sul parquet, Cleveland potrebbe diventare un vera e propria mina vagante per la prossima stagione, potendo sfruttare sia l'atletismo di Hickson che il gioco interno-esterno di Jamison, altrimenti, lo scenario non sarebbe certo dei più rosei. Se la convivenza tra i due non dovesse funzionare, allora per i Cavs si creerebbero i presupposti per una stagione fallimentare. A pochi giorni dall'inizio della stagione, comunque, l'unica certezza è che l'ago della bilancia di questa squadra sarà appunto l'ex giocatore di Washington, pronto a rimettersi in discussione dopo un periodo problematico. Dove arriveranno i Cavs di Jamison? Questo lo dirà solo il tempo, c'è da scommettere che a Cleveland metterebbero la firma per arrivare tranquillamente ai playoffs, senza dover rimpiangere troppo il recente passato.


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IL PROFILO

Iguodala: o stella adesso o meteora per sempre

Quando venne scelto con la 9a scelta assoluta, nell’oramai lontano draft del 2004, nessuno pensava che Andre Iguodala from Arizona sarebbe diventato “questo” giocatore. All’uscita dal college la sua qualità principale era la capacità innata di saltare e la maggior parte dei suoi punti arrivavano grazie a poderose schiacciate o grazie a qualche rimbalzo offensivo, mentre il suo tiro da lontano scarseggiava (27% al college da oltre l’arco). Probabilmente ben

consigliato dallo staff dei Sixers, dopo essere stato scelto si mise subito al lavoro per migliorare il suo gioco sotto tutti gli aspetti. I risultati furono sotto gli occhi di tutti con una presenza fissa in quintetto nell’anno da rookie, chiuso con 9 punti, 5.7 rimbalzi e soprattutto il 33% dall’arco dei tre punti. Miglioramenti sostanziali per A.I 2 (l’A.I originale era infatti Iverson) che venne inserito nel primo quintetto Rookie dell’anno. Da qui in poi le sue statistiche sono state


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R AFFAELE AFFAELE VALENTINO ALENTINO DI

stagione infatti i Sixers hanno chiuso con un record di 27W e 55L, il peggior record dal 1998. La Princeton offense usata da coach Eddie Jordan non ha funzionato, probabilmente a causa dei giocatori che erano inadatti al sistema. Iguodala ha confermato le cifre delle passate annate, 17.1 punti, 6.5 rimbalzi e 5.7 assist, ma non ha dimostrato lo stesso carattere che lo ha contraddistinto negli anni passati. Coach Jordan è stato licenziato dopo l’ultima partita e al suo posto è arrivato Doug Collins, mentre dal draft con la scelta numero 2 è arrivato Evan Turner, guardia tiratrice con molta classe. Ma il leader di questi Sixers resta sempre lui, Iguodala. Se saprà elevare il suo gioco al livello raggiunto 2 anni fa, non avrei dubbi a pronosticare i Sixers nei Playoff o almeno a lottare per entrarci. Nel frattempo quest’estate Iguodala è stato selezionato per giocare i mondiali in Turchia con la nazionale statunitense, vincendoli meritatamente. Andre ha chiuso il mondiale con 5.7 punti, 4,6 rimbalzi in 17’ minuti di media, giocando prevalentemente da 3-4, sfruttando le sue doti atletiche contro i lunghi stanziali europei. Questa sarà la stagione della verità per lui, per dimostrare di non essere solo un buon giocatore ma di essere un atleta che può davvero fare la differenza.

un crescendo fino alla stagione 2008/2009. Dopo aver firmato il suo primo contratto importante (80 milioni di dollari per 6 anni), chiuse quella stagione con 18.8 punti, 5.7 rimbalzi e 5.3 assist portando i suoi Sixers a un passo dall’eliminare gli Orlando Magic (poi finalisti, perdenti, contro i Lakers). In quei playoff Iguodala innalzò il suo gioco fino a un livello mai più raggiunto, in 44 minuti a partita le statistiche parlano di 21.5 punti, 6.3 rimbalzi e 6.7 assist. Ma le statistiche non dicono tutto di quell’Iguodala, infatti la sua leadership, il suo carattere trascinarono letteralmente quei Sixers, al punto che ci si aspettava una riconferma l’anno successivo. Questa non è arrivata. Nell’ultima


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L’ANALISI

Hawaii e riposo per l’deatore della Run&Gun: Don Nelson

Sia che lo si odi per il suo gioco di attacco totale o che assolutamente lo si disconosca dall’albo degli allenatori, non si può negare che Don Nelson in tutta la sua carriera, ha sempre dato vita a franchigie a tratti disunite e disfunzionali, ma ha garantito divertimento e prestazioni accattivanti, scoprendo nuovi talenti, modificandone le caratteristiche di altri, prendendo qualche abbaglio, ma soprattutto creando sempre qualcosa di nuovo ed estroso. Alti e bassi negli ultimi anni qui nella baia, tirando le somme, però, nonostante qualche gioia inaspettata, “il gran numero di partite pessime e di risultati insoddisfacenti

ha superato tutto quanto di bene c’era nel gruppo, nella squadra, nel gioco” ,come ha recentemente ammesso (in stato di poca sobrietà tra l’altro) dalla sua nuova vacanza. Nellie ha incarnato l’essenza dei Warriors che conoscono la pallacanestro. Non di certo il passato dei fasti di Barry, dell’anello e delle strisce vincenti, ma a volte non conta solo vincere, quanto creare la magia. E se si pensa che, Don, “il più vincente allenatore della storia Nba”, “colui che ha creato il 4 mobile con licenza di tiro”, “l’ideatore della run&gun” e della trap difensiva sul castello della zona adesso non allenerà, a qualcuno dei nostalgici


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D OMENICO OMENICO L ANDOLFO ANDOLFO DI

vincente, e c’è da dire che non è che lui avesse Steve Nash. Vediamo grandi top player come Nowitski, Al Harrington, che ora spaccano e sono delle stelle, ma che senza la mano santa del coach ex GS non sarebbero ora che giocatori da riciclarsi nelle cadetterie europee. L’era Cohan è da dimenticare per i gialloblù, mai così perdenti, e che, se escludiamo solo i Clippers, sono stati gli ultimi della lista. Se era lui il problema, adesso le cose dovrebbero cambiare radicalmente per la franchigia? Smart non è un mago che può risolvere dall’oggi al domani l’impostazione di una squadra che ha voglia di correre e non si ferma a difendere. Fin dal training camp, ha parlato di rimbalzo e difesa, ma ha predicato nel deserto, perché in un roster imbottito di grandi tiratori, specie da tre punti, è difficile avere quell’uomo rude e greve che stia immobile nel centro, pronto a raddoppiare. Eh si, una volta che hai adoperato le scelte di Don, sei costretto tuo malgrado a rispettarne il pensiero e a pagarne magari le conseguenze. In rotta di collisione, a difesa del “vate”, Stephen Curry e Monta Ellis, i due pupilli della squadra. “Con Smart non ci sarà differenza, siamo gli stessi di Nellie, e lui per primo è stato al suo fianco per 3 anni e mezzo. Lui rimane il nostro punto di riferimento, e continuerà a esserlo”. Tutti, o almeno chiunque abbia mai visto una gara diretta da Nelson non possono che essersene subito innamorati. Velocità, dinamismo, puro estro, e tanti uno vs uno. Chi non ricorda la clamorosa sconfitta di Dallas, testa di serie numero 1, nel playoff 2007, con le braccia al cielo di Baron Davis. Chi non ricorda i clinic privati con cui il coach prendeva letteralmente per mano i suoi rookie e li “posizionava” sul campo? Se guardi ai risultati, o cerchi l’essenzialità del basket, di sicuro non sari un suo fan, ma sta di fatto che mentre ora starà sotto una palma a bere qualche drink alcolico in quel delle isole Hawaii, nessuno dei coach in circolazione, sia che abbia a disposizione i big three, sia che si tratti di coach Zen Jackson dai tanti anelli in bacheca. Ha cambiato la pallacanestro, e lascerà un vuoto non indifferente a livello di cultura del gioco. Ci mancherà, ma statene certi… fra un po’ lo rivedremo in circolazione a prendere per mano le ceneri di qualche squadraccia e riportarla a livelli più che accettabili.

verrà di sicuro tanta nostalgia. Lo testimonia il grande affetto che avevano per lui tutti i suoi giocatori, non sempre dei top player, ma alcuni che di anni in america se ne sono fatti. Per lui, da parte di tutti, c’era la fusione tra l’Ego Smodato di Nietzsche e la Ansie Patologiche di Freud. Come dice Radmanovic in intervista, e conferma il promettente Tolliver, “era immensa la cura maniacale di Nellie nel pregara. Rimaneva mezz’ora nello spogliatoio con tutta la squadra, preparava qualcosa sempre di diverso, sempre di speciale, e tutti noi dovevamo liberare la mente e riassimilare tutto da capo. Qualcosa di unico, che compete solo a un grandissimo coach”. Si fa un gran parlare del “seven seconds or less” dei Knicks, e di come sia inapplicabile a squadre vincenti, forse che nessuno come Don Nelson sia riuscito a farlo egregiamente e a essere un


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LO STUDIO...

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Fonte foto: facebook.com

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La chiamano “l’antica arte perduta”. Il tiro dalla media distanza è conosciuto anche come il fondamentale che non s’insegna più. Di grande efficacia e di rara bellezza tecnica e stilistica, questa conclusione è nel bagaglio tecnico di tanti grandi, grandissimi giocatori. Se Michael Jordan non avesse aggiunto questo fondamentale al suo gioco, forse non sarebbe diventato il più grande di tutti. La classifica dei migliori 25 della Lega è stata stilata in base ad alcuni criteri che vale la pena di enunciare. Prima di tutto criteri numerici, come percentuale dal campo e volume di tiro nella zona (tra i 3 e i 6 metri dal canestro) che rappresenta la mid zone. I numeri non dicono tutta la verità ma raramente mentono. Al contempo il freddo calcolo statistico non rende conto dell’essenza del gioco, della capacità di quel giocatore di essere decisivo con quel movimento quando più conta in una partita, e del lavoro che c’è dietro per arrivare a costruirsi quel tiro. Ho optato per una sintesi di questi criteri. In graduatoria possiamo identificare tre fasce di appartenenza: 1) i lunghi tiratori; 2) i tiratori in uscita dai blocchi (che costruiscono il loro tiro grazie al decisivo contributo in termini di assist da parte dei compagni); 3) i giocatori da arresto e tiro (per lo più playmaker come Nash, Williams e Rose). Il mid range shooter lo si deve amare, altrimenti mai si potrà percepire la magnificenza che si cela dietro un tiro dalla media. Via alla danze. 25 – LAMARCUS ALDRIDGE- PF – PORTLAND TRAILBLAZERS Non è più l’Nba dei vostri padri, e neanche quella di chi è cresciuto con l’ultimo Magic e il primo Jordan. Karl Malone ha fatto scuola e così, l’arte perduta per un lungo non è quella del tiro dalla media, ma il gioco in post


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basso, e Aldridge non fa eccezione in questo. Il tiro dalla media è il numero principale nel repertorio del prodotto di Texas, che lo esegue più di due volte a partita (2.1). E’una conclusione che Aldridge non costruisce quasi mai da solo, infatti, il 75% dei canestri proviene da assist smazzati dai vari Brandon Roy e Andre Miller. 24 – LUOL DENG – F – CHICAGO BULLS L’ala dei Bulls è il giocatore che prende più tiri al limite della zona considerata nel medio raggio. Con un piede abbondante dentro l’arco Deng è una sentenza, cosa che non accade con i piedi dietro l’arco del tiro da tre punti. L’ex Duke viaggia con il 46% per 2.6 tentativi di media a partita. Classico tiratore di striscia, se mette i primi due, alla difesa conviene comporre il numero del 911. 23 – JOE JOHNSON – GF – ATLANTA HAWKS Arriva la prima guardia nella nostra classifica. Johnson giocatore dal talento ammorbante, in questa speciale classifica si pone agli antipodi rispetto a Aldridge. Solo il 31% dei suoi canestri proviene da assist. Questo dipende molto dal gioco offensivo di Atlanta, che predilige gli isolamenti, e per la capacità di Johnson di attaccare l’uomo dal palleggio, creare separazione con il contatto, e compiere quel piccolo e decisivo passo di arretramento, che gli consente di effettuare il tiro con grande fluidità. Può prendere un mid range shoot da qualsiasi posizione, risultando un rebus insolubile per il difensore. 22 – DAVID LEE – PF – GOLDEN STATE WARRIORS Negli anni passati ai Knicks, e in particolare gli ultimi due alla corte di Mike D’Antoni, il prodotto di Florida è diventato un’interprete di valore assoluto nel pick and pop. Anche per questo l’81% delle sue realizzazioni provengono da assist. Tira con il 43% in queste situazioni, numeri che salgono vertiginosamente quando può prendere una conclusione dal gomito o dall’angolo sinistro. 21 – CARLOS BOOZER – PF – UTAH JAZZ L’ex Jazz anno dopo anno ha aumentato il suo raggio di tiro, fino a diventare uno dei migliori lunghi tiratori dalla media. Con una meccanica di tiro particolare e una parabola altissima, il suo tiro è quasi impossibile da stoppare. In queste stagioni il buon Carlos avrebbe dovuto devolvere una parte del suo salario a Deron Williams, che nel 86.3% delle volte gli ha fornito un assist. 20 – TIM DUNCAN- PF – SAN ANTONIO SPURS Cosa possiamo dire? Basta vedere una sola partita del grande Tim per rendersi conto della tecnica, dell’intelligenza e del timing, che l’uomo delle Isole Vergini usa in questo specifico fondamentale. Nella passata stagione il 43% del suo attacco si è sviluppato con tiri dalla media. Il gomito è il suo regno, il tabellone il suo migliore amico. Noi possiamo solo guardare estasiati e sperare che non smetta mai. 19 – STEPHEN CURRY – G – GOLDEN STATE WARRIORS Nel sistema run and gun dei Warriors strutturato su tiro da tre punti e contropiede (per lo più conclusi da Monta Ellis), Curry

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rischiava di perdere qualcosina delle sua capacità balistiche dalla media. Rischio scongiurato. Il figlio dei Dell tira il 44% (23% da assist), una percentuale che sale sino al 76% quando può eseguire il palleggio arresto e tiro. 18 – CARON BUTLER – GF – DALLAS MAVERICKS Butler potrebbe essere tranquillamente nella top ten di questa classifica. Parliamo di un giocatore che segna almeno 3 volte a partita dalla media, che ha una percentuale di trasformazione del 43% (63% da assist), che sale al 54% se il tiro è preso in transizione. L’ex Wizards deve però migliorare la selection di tiro in particolare nei decisivi quarti periodi. 17 – RAY ALLEN – G – BOSTON CELTICS Più efficace nel tiro da tre punti che in quella della media, ma come lasciare fuori He Got Game? Meccanica di tiro celestiale, la migliore al mondo. Capacità di leggere cosa fa la difesa e di far impazzire il difensore dietro ai blocchi, e quel 45% su 1.2 tentativi che non guasta mai. 16 – DERRICK ROSE – PG – CHICAGO BULLS Derrick Rose in prospettiva è il giocatore destinato a scalare più posizioni in questa classifica nei prossimi anni. La comboguard dei Bulls prende ben 6.9 conclusioni a partita dalla media, con un percentuale del 44% (solo il 34% da assist). Rose ha la capacità di arrestarsi su una monetina a velocità supersonica e scagliare il tiro in sospensione, ma deve migliorare (in fretta) una selezione di tiro ancora troppo istintiva. 15 – DERON WILLIAMS – PG – UTAH JAZZ Oltre che fornire di assist il suo ex compagno Carlos Boozer, ogni tanto Deron si mette anche in proprio. In uscita dai blocchi, con il palleggio e arresto e tiro, magari con quel crossover spaccagambe, l’ex Illinois costruisce il 64% del proprio attacco nella zona intermedia. Deron è capace di chiudere una transizione da lui stesso condotta con un efficace jump shoot sparato poco prima del cerchio della lunetta. Da quella posizione è quasi infallibile. 14 – AMARE STOUDEMIRE –PF – NEW YORK KNICKS Una volta sbranava i ferri con ferocia. Lo fa ancora tranquilli, ma nella permanenza in Arizona il nuovo alfiere dei New York Knicks ha sviluppato un affidabilissimo tiro dalla media, in particolare dopo che il famoso infortunio al ginocchio ne ha di poco limitato l’esplosività. Con il 68% di collaborazione del solito sospetto Steve Nash, Stat è uno dei lunghi più pericolosi in questo fondamentale, che grazie all’immane atletismo è scagliato ad altezze proibitive per gli altri esseri umani. 13 – LEBRON JAMES – G – MIAMI HEAT The Choose One è migliorato in maniera esponenziale in questo fondamentale, arrivando a prendere 5.4 conclusioni a partita con una percentuale di trasformazione del 40%, e con solo il 15.7% proveniente da assistenze. Come tutti i grandi realizzatori giunti nella fase di piena maturità, LeBron ha aggiunto al suo immenso bagaglio offensivo un tiro dalla media che lo rende virtualmente immarcabile. 12 – CHRIS PAUL – PG – NEW ORLEANS HORNETS

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L’abilità di giocare il pick and roll e la paura delle difese di concedere un lay-up facile al Tyson Chandler di turno, ha portato Chris Paul ha usare con molta più frequenza il tiro dalla media. Gli avversari passano dietro il blocco, e Paul gli spara in faccia il jumper. Semplice, sicuro ed efficace. Dimenticavo, fa tutto da solo (8.2 % da assist), d’altronde il pallone in mano lo ha sempre lui. 11 – PAUL PIERCE – F – BOSTON CELTICS Dal vertice della lunetta, dalla linea di fondo, con l’uno contro uno e il giro dorsale sul perno. Con The Truth non è questione di percentuali (38.2), ma di saper vincere le partite. Quando il punteggio è in bilico, quando serve il buzzer beater, ci pensa Pierce con il suo jump shoot. Il difensore può solo pregare che sbagli. Preghiere quasi mai esaudite. 10 – BRANDON ROY – F – PORTLAND TRAILBLAZERS Pulizia dei movimenti, equilibrio, killer instinct. L’identikit di Brandon Roy. L’ala dei Blazers, giocatore di inarrivabile classe prende almeno cinque tiri a partita nella zona intermedia, convertendoli con il 43% (35% da assist). Il pezzo forte del repertorio è l’esitazione in palleggio e il micidiale rilascio da qualsiasi zona dell’area. 9 – DWAYNE WADE – G – MIAMI HEAT Come il primo Jordan attaccava il ferro in maniera ossessiva e indifendibile. Come il secondo Jordan ha sviluppato un jump shoot dalla media di rara efficacia. Il suo tiro è così rispettato e temuto, che gli avversari saltano quasi sempre sulla finta, permettendo a Flash (5.6 tentativi a partita con il 41%) di dare vita al cosiddetto movimento Wade: finta di tiro in sospensione, il marcatore cade nella trappola e finisce per commetter fallo. A volte oltre ai due liberi ce ne per tre. Intossicante 8 – KEVIN GARNETT – PF – BOSTON CELTICS Nessuna sorpresa, Garnett merita di stare nell’olimpo dei tiratori dalla media. The Revolution ne mette 2.2 a partita con il 46% (93% da assist), e riesce a fare ancora molto male alle difese girando attorno all’area, oppure mettendosi in proprio con il suo tiro cadendo all’indietro. KG è un giocatore che ha tracciato una strada da seguire per tutte le power forward della Nba moderna. 7- CHRIS BOSH – PF – MIAMI HEAT Ecco uno che ha seguito il solco tracciato da Garnett. Bosh a Toronto costruiva gran parte del suo attacco sul tiro dalla media (43%, il 63% da assist). Adesso che è a Miami, con la possibilità di sfruttare i pick and roll di Wade e Lebron, scommettiamo che questa percentuale sia destinata a salire e di molto. 6 – KEVIN DURANT – GF – OKLAHOMA CITY THUNDER Il gioco nel mezzo è parte del suo impressionante arsenale offensive. Il 21enne capocannoniere della Nba 2009/2010, tira il 37% con almeno due tentativi mandati a bersaglio a partita. Dal palleggio o in uscita dai blocchi, è poesia allo stato puro. Un 2.08 che si muove con una fluidità irreale. Con KD siamo alle soglie dell’eccellenza, forse anche oltre.


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5 - STEVE NASH - G - PHOENIX SUNS Il due volte Mvp può segnare dalla media in tanti modi, ma il preferito resta il palleggio arresto e tiro in uscita dal pick and roll. Il play canadese rappresenta il top nel suo ruolo in questa speciale categoria. Tira con il 43% (solo 8.8 da assist), e lo fa dal pick and roll, in arresto e tiro dal contropiede, e con quel particolare tiro fuori equilibrio, che per Nash è un vero e proprio marchio di fabbrica. E’ uno dei migliori tiratori della sua generazione. Semplicemente divino. 4- CARMELO ANTHONY- F- DENVER NUGGETS Melo è cucito dal sarto per giocare nella fascia media del campo. In isolamento, spalle a canestro, attaccando dal palleggio, Anthony può segnare in tantissimi modi. Ne manda a bersaglio 2.9 a partita (dietro solo a Butler e Rose). Con il suo potente fisico può creare separazione dal difensore e sparargli in faccia il tiro come se niente fosse. L’unica pecca? La selezione di tiro. 3 – KOBE BRYANT – G – LOS ANGELES LAKERS Il morso del Mamba fa malissimo dalla media distanza. Crossover, dietro al blocco, in fadeaways, in giro sul piede perno, Kobe non può essere fermato. Bryant e la sua leggendaria capacità di segnare sempre e comunque in faccia all’avversario, sono una delle cose più belle del basket mondiale. Il passo da pantera, il gioco di gambe, la potenza nella parte superiore del corpo che gli consente di far partire il tiro dopo averlo fintato due, tre volte, la sensibilità nei polpastrelli. Tutto questo è Kobe. Tira con il 41%? Numeri, solo numeri che non possono rendere l’idea dell’immensità di Kobe. 2- RICHARD HAMILTON – G – DETROIT PISTONS L’estasi allo stato puro. Nel suo ruolo il più grande di tutti, forse il migliore nella storia della Nba. “Giocatori del genere non esistono più”, come disse Reggie Miller, il giorno della sua ultima partita di playoff, giocata proprio contro i Pistons di Hamilton, in un epico duello tra due giocatori usciti fuori da un’altra epoca. Tra i 3 e i 6 metri dal canestro nessuno è al livello di Rip. Con il palleggio arresto e tiro in uscita dai blocchi, oppure con il suo mitico curl, l’uomo con la maschera (43%, 79.2 da assist con 3 tentativi di media a partita) fa rivivere l’antica arte perduta nella sua forma più meravigliosa. La verità sta nel mezzo e Rip ne è il detentore. 1 – DIRK NOWITZKI – PF – DALLAS MAVERICKS Sul gradino più alto del podio c’è il tedesco di Wurzburg. Quando Dirk prende palla in post alto, si gira sul perno e fa partire il tiro in fadeaways, il difensore può solo ascoltare il fruscio della retina. Una macchina da canestri che produce il 75% del suo attacco nella zona intermedia. Nowitzki e Hamilton sono fuori categoria, ma lo scatto decisivo verso il primo posto il biondo tedesco lo deve al fatto che non si era mia visto, e forse mai si rivedrà, un 2.13 tirare in quel modo dalla media. Wunderbar. WunderDirk. Menzione d’onore: E’ agli sgoccioli di una carriera funestata dagli infortuni, ma tutti i nomi presenti in questa classifica devono moltissimo a Grant Hill. Negli anni di Detroit Hill personfica il mid range shooter, con gli altri distante anni luce. Occhio al futuro: La scuola l’ha fatta da sua maestà Chris Paul. Attenzione a Darren Collinson, prossimamente su queste pagine.

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LA RUBRICA

NBA Up

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S TEFANO TEFANO PANZA ANZA


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D e M arc us Co usins: Niente male il primo approccio in NBA di questo centrone scelto dai Kings con la quinta chiamata assoluta. Sensazionale il suo esordio in pre-season contro Phoenix, match vinto da Sacramento per 109-95 con Cousins autore di una doppia doppia da 16 punti e altrettanti rimbalzi in 30 minuti d’impiego. Non male per un giocatore all’esordio. Cousins ha poi proseguito alla grande: mai sotto i 14 punti nelle prime cinque gare disputate, solcando il parquet per almeno 28 minuti a gara. In doppia cifra nei rimbalzi anche contro Golden State e Lakers. Che a Sacramento abbiano pescato il jolly?

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presa quella clamorosa contro gli Hornets del nostro Belinelli: 135-81 nella nuova Arena di Orlando. Da segnalare un Dwight Howard già in forma, un Vince Carter tirato a lucido ed una panchina a tratti impressionante. Nella vittoria contro New Orleans, ad esempio, Anderson e Redick hanno siglato 23 punti a testa alzandosi dalla panchina, mentre Gortat ne ha aggiunti 15. Da verificare soltanto l’inserimento di Quentin Richardon, che ancora fatica un po’ più degli altri. Comunque Miami, per il primato ad est, deve stare in campana..

W esle y Matthew s: In molti ritenevano che in estate fosse stato pagato più del dovuto. 33 milioni in 5 anni per un giocatore che solo un anno fa non era neanche stato scelto al draft possono effettivamente apparire un po’ troppi. Ma dopo la buona stagione in maglia Jazz, Matthews ha convinto la dirigenza dei Blazers a puntare su di lui e per ora i fatti sembrano darle ragione. Escludendo la gara contro i Nuggets, in cui Matthews ha disputato solo 8 minuti realizzando 5 punti, nelle altre tre, contro Clippers e due volte Jazz, ha chiuso con 19 punti di media in 29 minuti. Era uno dei free agent di secondo o Orland o Magic: 4-0 nelle prime quattro uscite di pre-sea- terzo piano, ma potrebbe spostare gli equilibri più di son. Nessuna delle quattro vittorie ha avuto storia, com- molti altri.


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Bargnani & Gallinari: Sono entrambi attesi da una grandissima stagione a livello personale. L’ex trevigiano dovrebbe essere la prima punta dei Raptors, il Gallo ha tutti i numeri per essere la seconda bocca da fuoco di New York. Le primissime uscite stagionali, però, non hanno fatto intravedere nulla di buono. Il Mago ha esordito con 3 punti contro Phoenix prima di siglarne 4 ai Celtics. Incoraggia il costante miglioramento nelle successive tre uscite, rispettivamente con 11, 14 e 15 punti, ma le percentuali al tiro sono da brividi: si parte da un 1/9 all’esordio fino al 5/16 della quinta gara, ancora contro i Celtics. In tutto, nelle prime cinque apparizioni, Bargnani ha tirato con 16/64 dal campo, pari ad un terrificante 25%. Non se la passa molto meglio Gallinari che, eccezion fatta per il positivo esordio contro Milano (24 punti), non è andato oltre un 5/21 nelle due successive apparizioni

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contro Minnesota e Boston, per 18 punti totali. Da loro ci attendiamo molto di più. L o s A n ge l e s L ak e r s: D’accordo, la pre-season ha ovviamente un valore relativo. Tuttavia i campioni in carica rappresentavano certamente la maggiore attrazione dell’NBA Europe Live, ma nelle due uscite contro Barcellona e Minnesota l’imbarcata è stata pesante. Passi la débacle di Londra contro i T’Wolves, con un Bryant a mezzo servizio, ma la sconfitta con il Barcellona rappresentava simbolicamente una sorta di spareggio per un’ipotetica Coppa Intercontinentale, e i Lakers hanno incassato una batosta che magari dimenticheranno presto, ma in Spagna sicuramente ricorderanno a lungo. Per gran parte dell’ultimo quarto coach Jackson ha anche utilizzato il quintetto migliore, segno che voleva vincere quella sfida. Andrà meglio sul suolo americano, ne siamo certi. Charl otte Bobcats: 0-4 la partenza della squadra di coach Brown. L’impressione è che, con la cessione di Felton, la squadra fatichi a creare gioco. Negli ultimi anni l’attacco non è certamente stato il punto forte dei Bobcats ma, se si escludono i 93 punti realizzati contro i Thunder, finora Charlotte non ha mai varcato quota 78 nelle altre tre sfide. Chiaro che quattro sconfitte in pre-season non siano molto indicative, ma qualche segnale di allarme è comunque stato lanciato.


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TROUGH THE MEMORIES

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Gallinar i, D’Antoni e la Milano di oggi L’EVENTO NELL’EVENTO. LA VENUTA IN ITALIA DEI KNICKS PER IL PROGRAMMA NBA EUROPE LIVE TOURS, SI È TRAFORMATO IN UN VERO E PROPRIO VIAGGIO NEI RICORDI DEL BASKET MILANESE

Doveva essere la notte di Danilo Gallinari, e lo è stata. Anche se Amare Stoudemire si è preso una bella fetta dello show, con 32 punti e quella schiacciata squassante su Stefano Mancinelli, l’azione che più ha fatto capire quanto ancora la NBA sia lontana. Doveva essere la notte di Danilo Gallinari e lo è stata, così come è stata la sua settimana: scattata con le iniziative collaterali alla partita, nelle precedenti giornate milanesi, terminata con la partita, nel quale il Gallo si è calato con la sua proverbiale ‘finta timidezza’. Niente show, niente proclami, niente ricerca del numero ad effetto, solo tanta emozione nel momento in cui si è trovato al centro del Forum con il microfono in mano e 12mila sguardi su di sé. E tanta concretezza in campo, per quanto possi-


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M ICHELE ICHELE TALAMAZZI ALAMAZZI

bile in un evento del genere e con i suoi New York Knicks alla prima uscita stagionale. Ma quando, come nella logica delle cose, Milano ha provato a rientrare in partita sul rilassamento degli arancioblù, la spallata l’ha data Danilo con due triple delle sue. “Gallo e Mike, bentornati a casa”. Così recitava lo striscione preparato dalla curva milanese, posto sul terzo anello ma ben visibile. Già, non c’era solo il ritorno di Gallinari, ma anche quello del ‘baffo’, al secolo Mike D’Antoni. Che rispetto alla sua ala piccola ha contribuito certamente di più alla storia dell’Olimpia. E difatti, pure per lui, è arrivato il boato del pubblico; ma siccome il ricordo del Gallo è più fresco, il palcoscenico e gli applausi più convinti se li è presi lui, il ragazzo di Graffignana passato in un amen sul tragitto Casalpusterlengo-PaviaMilano e poi volato nella Grande Mela, e che ora trova sparsi per il Forum migliaia di poster, centinaia di ragazzi con la maglia numero 8, oltre alla prima autobiografia, a soli 22 anni, scritta a quattro mani con Flavio Tranquillo. Spazio ai ricordi, alla festa per il ritorno dei due ‘milanesi’, ma il giusto, però: perché in fin dei conti era sempre una partita di una squadra NBA in Italia, a tre anni di distanza dalle vacanze romane dei Toronto Raptors. Il pubblico milanese, a distanza di 11 anni dagli Spurs di Tim Duncan impegnati nel McDonald’s Open, ha potuto ammirare tutta la potenza e la classe di Stoudemire, la rapidità di Ray Felton e l’agilità di Mozgov, l’atletismo smisurato di Anthony Randolph e le triple di Wilson Chandler. Milano è stata perfetta ‘sparring partner’, orgogliosa quanto basta per giocarsela due quarti e poco più, esibendo la mano dolcissima del suo ex NBA, Pecherov, e per non mollare nemmeno quando i buoi erano già scappati da un pezzo; è finita 125113, ma in fin dei conti nessuno ci ha fatto troppo caso. La mano dell’NBA non si è vista solo sul parquet, ma un po’ in tutto: al Forum si sono viste le panchine disposte su due file, all’americana, si sono visti time-out ricchi di intrattenimento, si sono viste schiere di giornalisti americani attraversare l’oceano per seguire la prima stagionale dei Knicks (tra cui il commentatore ufficiale della squadra, Walt ‘Clyde’ Frazier, una leggenda dell’NBA), si sono viste due icone newyorkesi in tribuna (la guardia John Starks e Chris Mullin, che nella Big Apple ha fatto il college a St. John’s e sembra tra i papabili come prossimo GM dei Knicks), si è visto D’Antoni riunire per 15-20 i membri del suo staff prima di mettersi a colloquio con la sua squadra durante i time-out. Usi e costumi a stelle e strisce, mescolatesi per una sera con quelli tipicamente italiani, per un appuntamento unico nel suo genere. Un evento di cui il pubblico italiano ha dimostrato di avere fame: chissà, che la prossima volta arrivi prima di tre anni…


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S T A R S ‘ N ’ S T RI P E S


S T A R S ‘ N ’ S T RI P E S

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VIAGGIO ATTRAVERSO IL MERCATO DI TUTTE E 30 LE FRANCHIGIE DEL CAMPIONATO A STELLE E STRISCE


S T A R S ‘ N ’ S T RI P E S

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Nba Team by Team...

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I roster della nuova Nba

Gli allenatori, i nuovi arrivi, le partenze e l’organico della trenta franchigie del campionato più affascinante del mondo

ATLANTIC DIVISION AR RI VI

PARTENZE

S O T T O C O N T R AT T O

RIVERS

A.Bradley L.Harangody, J.O'Neal, S.O'Neal, Von Wafer, D.West

Tony Allen, Shelden Williams

Ray Allen, Nate Robinson, Kevin Garnett, J.O’Neal, Kendrick Perkins, Paul Pierce, M.Daniels, Rajon Rondo, B.Scalabrine, S.O’Neal, Von Wafer

A.JOHNSON

D.Favors, D.James, J.Farmar, T.Outlaw J.Petro, S.May, A.Morrow, S.Graham, Overton, E.Gill,

Tony Battie, Keyon Dooling

Devin Harris, Kris Humphries, Courtney Lee, Brook Lopez, Quinton Ross, Ben Uzoh, Terrence Williams, Brian Zoubek

A.Rautins, L.Fields, J.Jordan, R.Felton, Ewing Jr. T.Mozgov, R.Mason K.Azubuike, A.Randolph, A. Stoudemire, R.Turiaf, S.Williams

C.Duhon, Al Harrington, E.House, S.Rodriguez David Lee

Wilson Chandler, Eddy Curry, Toney Douglas, Danilo Gallinari, Anthony Randolph, Bill Walker.

D.COLLINS

E.Turner, T.Battie, S.Hawes A.Nocioni, D.Songaila, C.Brackins, J.Florence, T.Plaisted, C.Quinn

S.Dalembert, W.Green, J.Smith

Elton Brand, Jrue Holiday, Andre Iguodala, Jason Kapono, Jodie Meeks, Marreese Speights, Lou Williams, Thaddeus Young

C OAC H

A RR IV I

PA R T E N Z E

S O T T O C O N T R AT T O

TRIANO

E.Davis, S.Alabi, L.Kleiza, D.Andersen, L.Barbosa, D.Jones, R.Dupree

A.Wright, C.Bosh, H.Turkoglu

Marcus Banks, Andrea Bargnani, Marco Belinelli, Jose Calderon, Demar Derozan, Reggie Evans,Jarret Jack, Amir Johnson (re-signed), Sonny Weems

C OAC H C OAC H

C OAC H D’ANTONI

C OAC H

AR RI VI

AR RI VI

A RR IV I

PARTENZE

PARTENZE PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATTO

SOTTO CONTRATTO

S O T T O C O N T R AT T O


STAR S ‘N’ STR I PES

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SOUTHEAST DIVISION A RR IV I

PARTENZE

S O T T O C O N T R AT T O

Josh Childress

Jason Collins (re-signed), Joe Johnson (re-signed), Mike Bibby, Jamal Crawford, Maurice Evans, Al Horford, Zaza Pachulia, Josh Smith, Jeff Teague, Marvin Williams

L.DREW

J.Crawford, J.Powell, P.Sy

AR R IV I

PA R T E N Z E

BROWN

S.Livingston, D.Mcguire, M.Carroll, E.Dampier, E.Najera, K.Brown, M.Rogers

Raymond Felton, Theo Ratliff, Alexis Ajinca, Tyson Chandler

D.J. Augustin, Derrick Brown, Sherron Collins, Boris Diaw, Desagana Diop, Gerald Henderson, Stephen Jackson, Nazr Mohamed, Tyrus Thomas, Gerald Wallace

SPOELSTRA

D.Pittman, J.Varnado, D.Butler, P.Beverely, L.James, E.House, J.Howard, Z.Ilgauskas, M.Miller, C.Bosh.

C O AC H

AR RI VI

J.O’Neal, Q.Richardson, M.Beaseley, D.Cook.

Dwayne Wade (re-signed), Joel Anthony (re-signed), Carlos Arroyo (re-signed), Udonis Haslem (re-signed),James Jones (re-signed), Jamal Magloire (re-signed), Shavlik Randolph (re-signed), Mario Chalmers, Kenny Hasbrouck

VAN GUNDY

Daniel Orton, Stanley Robinson, Chris Duhon, Q.Richardson, M.Allen

M.Barnes

JJ Redick (re-signed), Jason Williams (re-signed), Ryan Anderson, Brandon Bass, Vince Carter, Marcin Gortat, Dwight Howard, Rashard Lewis, Jameer Nelson,Mickael Pietrus

C OAC H

AR RI VI

PARTENZE

SOTTO CONTRATTO

SAUNDERS

John Wall, Kevin Seraphin, Trevor Booker, Hamady N’Diaye, Hilton Amstrong, Kirk Hinrich

Randy Foye, Shaun Livingston, Mike Miller

Gilbert Arenas (suspended), Josh Howard (re-signed), Andray Blatche,Yi Jianlian,Javale Mcgee, Al Thornton, Nick Young

C OAC H

C OAC H

A RR IV I

PARTENZE

PA R T E N Z E

S O T T 0 C O N T R AT T O

S O T T O C O N T R AT T O

SOTTO CONTRATTO


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CENTRAL DIVISION A RR IV I

PARTENZE

SOTTO CONTRATTO

THIBODEAU

Omer Asik, L.Korver, Ronnie Brewer, Kurt Thomas, Keith Bogans, Carlos Boozer, C.J. Watson.

Kirk Hinrich, Hakim Warrick, Acie Law, Brad Miller, Jannero Pargo

Luol Deng, Taj Gibson, James Johnson, Joakim Noah, Derrick Rose

SCOTT

C.Eyenga, J.Graham, R.Hollins, R. Session, S.Samuels, J.Williams

L.James, Z.Ilgauskas, S. O’Neal, S.Telfair, Delonte West.

Daniel Gibson, Daniel Green, J.J. Hickson,Antawn Jamison, Jamario Moon, Anthony Parker, Leon Powe, Anderson Varejao, Mo Williams

KUESTER

Greg Monroe, Terrico White, T.McGrady

-

C OAC H

A RR IV I

PARTENZE

W.Conroy (re-signed), Ben Wallace (re-signed), Austin Daye, Ben Gordon, R.Hamilton, J.Jerebko, Jason Maxiell, Tayshun Prince, Rodney Stuckey, Dajuan Summers, C.Villanueva, Chris Wilcox

O’BRIEN

P.George, L.Stephenson, M.Rolle

-

M.Dunleavy, TJ Ford, Jeff Foster, Danny Granger, T.Hansbrough, Roy Hibbert, Dahntay D.Jones, Solomon Jones, Troy Murphy, AJ Price, Brandon Rush

C OAC H

A R RIV I

PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATTO

SKILES

L.Sanders, D.Hobson, K.Gallon, D.Gooden, K.Dooling , C.Maggette, J.Brockman,E.Boykins

R.Ivey, L.Ridnour, K.Thomas, C.Bell , D.Gadzuric, D.Jackson

John Salmons (re-signed), Andrew Bogut, Carlos Delfino, Chris Douglas-Roberts, Ersan Ilyasova, Brandon Jennings, Luc Mbah a Moute, Michael Redd

C OAC H C OAC H

C OAC H

A R RI VI

AR R IV I

PA R T E N Z E

PARTENZE

SOTTO CONTRATTO

SOTTO CONTRATTO S O T T O C O N T R AT T O


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NORTHWEST DIVISION AR RI VI

PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATT0

KARL

A.Harrington, S.Williams, C.Karl, B.Butch

J.Graham, L.Kleiza, J.Petro.

A.Carter (re-signed), C.Andersen, A.Afflalo, C.Anthony, Renaldo Balkman, C.Billups, Nene, C.Karl, Ty Lawson, Kenyon Martin, J.R. Smith

RAMBIS

W.Johnson, L.Hayward, P. Prestes, N.Pekovic, L.Ridnour, M.Beaseley, S.Telfair, Martell Webster

Ryan Hollins, Al Jefferson, Ramon Session

Darko Milicic (re-signed), Corey Brewer, Wayne Ellington, Jonny Flynn, Kosta Koufos, Kevin Love, Greg Stiemsma, Anthony Tolliver

Kyle Weaver

Nick Collison, Kevin Durant, Jeff Green, James harden, Serge Ibaka, Nenad Krstic, Eric Maynor, Byron Mullens, Thabo Sefolosha, Russel Westbrook, DJ White

C O AC H C OAC H C OAC H BROOKS

C OAC H

AR R IV I

A R RI VI

C.Aldrich, T.Pleiss, L.Williams, R.Redi, R.Ivey, D.Cook, M.Peterson

PA R T E N Z E

PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATTO

SOTTO CONTRATTO

A R RIV I

PARTENZE

MCMILLAN

Luke Babbitt, Elliot Williams, A.Johnson, Wes Matthews

Juwan Howard, Martell Webster, Ryan Gomes

Lamarcus Aldridge, Nicolas Batum,Jerryd Bayless, Marcus Camby, Dante Cunningham, Rudy Fernandez, Andre Miller, Greg Oden, Joel Prizbylla, Brandon Roy

C OAC H

A R RIV I

PARTENZE

S O T T O C O N T R AT T O

SLOAN

Eric Maynor, Goran Suton, F.Elson

Wes Matthews, Kyle Korver, Carlos Boozer

Sundiata Gaines, Othyus Jeffers, Andrei Kirilenko, CJ Miles, Paul Millsap, Mehmet Okur, Ronnie Price, Deron Williams

S O T T O C O N T R AT T O


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Nba Team by Team...

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SOUTHWEST DIVISION AR R IV I

PARTENZE

SOTTO CONTRATTO

CARLISLE

Dominique Jones, Ian Mahinmi, Alexis Ajinca, Tyson Chandler, S.Novak

Matt Carroll, Eric Dampier, Eduardo Najera

Dirk Nowitzki (re-signed), Brendan Haywood (re-signed), J.J. Barea, Rodrigue Beaubois, Caron Butler, Jason Kidd, Jason Terry, Shawn Marion, D.Stevenson, T.Thomas

ADELMAN

Patrick Patterson, Brad Miller

David Andersen

C OAC H

A RR IV I

PARTENZE

T.Ariza, S.Battier, K.Lowry (re-signed), L.Scola (re-signed), A.Brooks, C.Budinger,M.Harris, C.Hayes, J.Hill, J.Jeffries, A.Johnson, K.Martin, Yao Ming, Jermaine Taylor

HOLLINS

Xavier Henry, Greivis Vasquez, Tony Allen, Acie Law

C OAC H C OAC H

C O AC H

A RR IV I

PARTENZE

Ronnie Brewer

S O T T O C O N T R AT T O

S O T T O C O N T R AT T O

Rudy Gay (re-signed), darrel Arthur, Demarre Carroll, Mike Coley, Marc Gasol, Hamed Haddadi, OJ Mayo, Zach Randolph, Hasheem Thabeet, Sam Young

AR RI VI

PA R T E N Z E

WILLIAMS

Q.Pondexter, J.Pargo, P.Mensah-Bonsu, M.Shakur

Morris Peterson,Craig Brackins

Aaron Gray (re-signed), Darren Collison,Emeka Okafor, Chris Paul, James Posey, Darius Songaila, Peja Stojakovic,Marcus Thornton, David West, Julian Wright

C O AC H

AR RI VI

PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATTO

POPOVIC

James Anderson, Ryan Richards, Tiago Splitter, Gary Neal, K.Penney

Ian Mahinmi, Roger Mason, Keith Bogans

Matt Bonner (re-signed), Richard Jefferson (re-signed), Dejuan Blair, Tim Duncan, Alonzo Gee, Manu Ginobili, George Hill, Curtis Jerrels, Antonio Mcdyess, Tony Parker

SOTTO CONTRATTO


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Nba Team by Team...

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PACIFIC DIVISION A RR IV I

PARTENZE

SOTTO CONTRATTO

NELSON

J.Lin, E.Udoh, D.Lee, D.Gadzuric, C.Bell, R.Carney

R.Bell, K. Azubuike, C. Maggette, A. Morrow, A.Randolph, R.Turiaf, C.J. Watson, J.Pargo

Andris Biedrins, Stephen Curry, Monta Ellis, Vladimir Radmanovic, Reggie Williams, Brandan Wright, Dorell Wright

DEL NEGRO

Al Farouq Aminu, E.Bledsoe, W.Warren, R.Foye, R.Gomes, J.Collins, J.Voskul, M.Blakely, S.Dennis

Steve Blake, Drew Gooden, Travis Outlaw

Rasual Butler (re-signed), Craig Smith (resigned), Brian Cook, Baron Davis, Eric Gordon, Blake Griffin, Deandre Jordan, Chris Kaman

S.Blake, D.Ebanks, D.Caracter, M.Barnes, T. Ratliff, T.Johnson, A.Naymick

Jordan Farmar, Josh Powell

Kobe Bryant, Pau Gasol, Lamar Odom, Shannon Brown (re-signed), Derek Fisher (re-signed), Ron Artest, Andrew Bynum, Sasha Vujacic, Luke Walton

C OAC H C OAC H

C OAC H JACKSON

C OAC H

A RR IV I

A RR IV I

PARTENZE

PARTENZE

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AR RI VI

PA R T E N Z E

GENTRY

G.Lawal, D. Collins, J.Childress, H. Turkoglu, H.Warrick

Amare Stoudemire, Leandro Barbosa, Dwayne Jones

Earl Clark, Gran Dragic, Jared Dudley, Channing Frye (re-signed), Grant Hill, Robin Lopez, Steve Nash, Jason Richardson

C OAC H

AR RI VI

PA R T E N Z E

SOTTO CONTRATTO

WESTPHAL

D.Mcguire, S. May, D.Cousins, H.Whiteside, P.Jeter, D.Sloan, A.Wright, S.Hawes, A.Nocioni, J.Brockman S.Dalembert, D.Jackson

SOTTO CONTRATTO

Omri Casspi,Tyreke Evans, Francisco Garcia, Donte Green, Carl Landry, Jason Thompson, Beno Udrih


S TAR S ‘N’ STR I PES

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Y Yo ou u c ca an n’’tt c c m me e

LA RUBRICA

A LESSANDRO

DELLI

di

PAOLI

CAR LI S LE AL TAP P E TO

Che la consistenza difensiva dei Maveriscks potesse provocare svenimenti a tutti coach che si sono seduti sulla panchina texana, sin dai tempi di Don Nelson, ci può stare come battuta. Peccato però che coach Rick Carlisle sia effettivamente andato per le terre. Le cause, però, non sono certo da ricercare nella tenuta difensiva del suo team. L'ex coach dei Pacers, nel corso della preaseason, ha accusato uno svenimento, molto probabilmente a causa di una alimentazione approssiativa come proprio lo stesso Carlisle ha illustrato: «Mi sono svegliato presto, ho fatto colazione, ho portato mia figlia a scuola, sono venuto in palestra, abbiamo lavorato, mi sono mangiato un paio di barrette energetiche, bevuto un paio di bibite, fatto una riunione con il mio staff ed ero pronto per allenarmi - ha detto Carlisle - All'improvviso mi sono sentito stordito e sono svenuto e prima di rendermene conto ero su una lettiga e mi stavano portando in ospedale».

C A M P IO N E D I P L A Y S T A T IO N Avete presente quando, tra amici, ci si prende in giro accusandosi di eccellere al gioco del basket ma solo nella playstation o console simili? Un qualcosa del genere è capitato a JR Smith. La guardia dei Denver Nuggets, che non brilla certo per modestia, se l'è presa con i programmatori del videogioco NBA 2K11, accusandoli di aver attribuito un valore globale al giocatore virtuale piuttosto basso. Lo sfogo, come da tradizione, arriva su Twitter: "Ehi, mi hanno dato solo 70 wow, indovinate chi non giocherà a 2k11 quest'anno. Avrei avuto un valore più alto in Madden (videogioco di football, ndr.). Non voglio mancare di rispetto a nessuno, ma so che hanno valutato più di me gente che non può neanche marcare le mie scarpe". In attesa di farci una partita al videgioco, attendiamo con ansia l'inizio della regular season per verificare quanti giocatori siano in grado di tener testa al fenomeno (non da baraccone, per carità) JR Smith.


S TAR S ‘N’ STR I PES

NBA NEWS

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sezione A CURA DELLA REDAZIONE

TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET DI

Bayless sulla strada di ‘Beli’ Manca pochissimo all'opening game della stagione 2010/2011 ma nella Nba è ancora il mercato a tenere banco. Con una mossa a sorpesa i New Orleans Hornets hanno acquisito Jerryd Bayless dai Portland Trailblazers cedendo in cambio una prima scelta futura. Bayless play-guardia con molti punti nelle mani sarà un avversario nel ruolo di guardia in più per il nostro Marco Belinelli.

Mike Miller sarà fuori per infortunio fino a gennaio, e i Miami Heat hanno deciso di cautelarsi firmando Jerry Stackhouse. Il super veterano ha firmato un contratto annuale ed è pronto a giocarsi le sue chance da titolo insieme a Wade, James e Bosh.


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S T A RS ‘ N ’ S T R IP E S

NBA NEWS

I Bulls allunga il contratto di Noah I Chicago Bulls hanno raggiunto l'accordo con Joakim Noah per il rinnovo del contratto, in scadenza quest'estate, dando un'ennesima dimostrazione di fiducia nel loro centro, dopo aver rifiutato di inserirlo nella possibile trade per Carmelo Anthony. Per Noah, nona scelta del draft 2007, è pronta un'estensione da 60 milioni di dollari per i prossimi 5 anni, nonostante a giugno l'entourage del giocatore avesse sparato una richiesta vicina ai 70 milioni. Sembra che per convincere Noah a firmare siano stati inseriti diversi incentivi nel contratto, ma lo stesso giocatore aveva intenzione di abbassare le richieste visto il rischio concreto di un lockout nella prossima stagione.


S TAR S ‘N’ STR I PES

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sezione A CURA DELLA REDAZIONE

TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET DI

Steve Francis nei guai con la giustizia Steve Francis è stato arrestato per ubriachezza molesta. L'ex guardia di Houston, Orlando e New York, si trovava all'Aereoporto Internazionale di Los Angeles, quando visibilmente alticcio e incapace di prendersi cura di sè, è stato fermato dalle autorità aereoportuali, mentre era intento ad insultare al check-in il personale dell'United Airlines. L'arresto è avvenuto alle 11.30 di giovedì. Il tre volte All Star (seconda scelta al draft del 1999 da parte dei Vancouver Grizziels) è fermo dalla stagione 2007-2008 disputata per modo di dire (solo 10 partite) con i Rockets. L'anno dopo i texani lo cedettero ai Memphis Grizziels (ironia della sorte la franchigia che lo scelse al draft, poi trasferitasi a Memphis, con la quale si rifiutò di giocare, chiedendo e ottenendo la cessione ai Rockets), ma non disputò neanche una partita, causa problemi di tendinite al ginocchio, che ne avevano già limitato la grande esplosità, e per i noti problemi caratteriali. L'arresto per ubriachezza molesta, segna un'altra triste tappa nell'incredibile parabola discendente del 32enne Francis.


La lente di ingrandimento di Stars N Stripes sulla LegaA

Al essan dro ge nti le

l’ enfa nt p rodige di Tr eviso


M A D E IN I T A LY

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Il figlio di Nandokan sulla rampa di lancio MADE IN ITALY ‘VISTA PANORAMICA’

DI

N ICOLA ICOLA A RGENZIANO RGENZIANO

C’era un’estate casertana, un torneo di basket sempre presente. Sul campo un Nando Gentile che di li a poco avrebbe affrontato la lunga e vincente avventura al Panathinaikos, sempre pronto quando c’era da calcare i campetti dell’infanzia, veniva distrattamente seguito dal piu’ piccolo dei suoi figli. Quel bimbo che poca voglia aveva di stare li a guardare e sembrava poco avvezzo all’amore (sportivo) del padre mai avrebbe fatto pensare di diventare il prospetto piu’ interessante del basket italiano. Poco piu’ di una decina di anni dopo: Palamaggiò di Castelmorrone, un palcoscenico che il ragazzino in q uestione conosce bene… S i g i o c a P e p s i C a s e r t a – Benetton Treviso, Repesa decide che è il luogo ed il momento adatto per lanciare in quintetto quel talento il cui nome è già conosciuto. Treviso disputa una partita difficile che si chiuderà alla fine con una sconfitta netta, ma l’erede di Nando ne esce ingigantito: 23 punti, bombe a ripetizione e tanta personalità. Il pubblico casertano con un po’ di nostalgia e perché no speranza lo acclama e lo applaude a ripetizione dall’inizio alla fine. Sino ad allora l’ormai futuro campioncino aveva inanellato buone prestazioni in altrettante presenze, ma quella sera nella Reggia del basket aveva definitivamente dimostrato di aver doti fuori dal comune. Alessandro Gentile infatti oggi piu’ che mai non è solo il figlio di Nando, ma un giocatore che si sta facendo spazio in maniera prorompente

nel panorama cestistico nostrano ed europeo. L’exploit di Caserta nello scorso campionato, unito ad un’altra super prestazione in quel di Biella e a tante altre buonissime presenze sia in campionato che in Eurocup, hanno mostrato un giocatore si con ancora margini di miglioramento enormi e con molti dettagli tecnico – tattici da evolvere, ma al contempo un talento cristallino, una mano straordinaria, una comprensione del gioco ed una personalità da far strabuzzare gli occhi quando si guarda la sua carta di identità. Maddalonese doc l’ultimo dei talenti in casa Gentile (Stefano proprio quest’anno sta scalando la sua tappa piu’ importante in Legadue con Casal Monferrato) nasce in fatti in terra calatina il 12 novembre del 1992. Il suo nome non è nuovo agli addetti ai lavori piu’ informati, non solo per il cognome, ma perché il giovanotto sono anni che nelle nazionali e nei campionati giovanili fa sfracelli a mani basse. Negli ultimi campionati europei di categoria è stato il miglior realizzatore dei suoi pari età senza alcun problema, confermandosi un gradino piu’ su tra i piu’ “grandicelli” mettendone a segno quasi 24 a partita, sobbarcandosi leadership e responsabilità in qualsiasi gara. In questo campionato appena iniziato con una Benetton dal nuovo corso e a detta di tutti tra le formazioni piu’ temibili e qualitative che ci sia Jasmin Repesa ha puntato e sta puntando moltissimo su un giocatore che di questo passo non può non


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ormai non essere immaginato anche in chiave superiore. Il tecnico croato di coraggio ne ha sempre avuto (fu lui a lanciare un giovanissimo Belinelli) e la personalità per puntellare il ragazzo non gli manca. L’ex coach Fortitudo e Virtus Roma infatti non ha esitato lo scorso campionato ad alzare la voce quando “Gentilino” in poche occasioni aveva calato intensità e concentrazione in palestra. Difetti dell’età piu’ che comprensibili, ma che a certi livelli fanno la differenza, Repesa lo sa bene ed ha subito raddrizzato la situazione alzando si la voce, ma anche responsabilizzando ancor di piu’ un giocatore giovane ancora non affermato. Particolare non indifferente in un panorama come il nostro in cui se un talento in erba mostra delle imperfezioni è spesso messo da parte con il pensiero (incomprensibile) che guardare gli altri giocare ti faccia impararare, o maturare…. L’esordio nella stagione in corso è stato positivo sia in Europa (11 punti con partenza in quintetto nella vittoria di Nicosia) che in campionato (6 punti ed il 100% dal campo in 13 minuti), Alessandro pare esser salito un gradino ancor piu’ su soprattutto fisicamente, riuscendo ad indirizzare forza e agilità sino a qualche mese fa “imprigionati” in un corpo da predestinato, ma ancora a metà tra quello del ragazzino e quello del giocatore vero. Ancor piu’ asciutto, ma

M A DE I N I T A LY

con una forza muscolare invariata ed ancor piu’ esplosiva, oggi il talento Gentile è in grado di mettere in mostra quella rapidità e quella dinamicità indispensabili per fare il salto di qualità tra i “grandi”. I club dell’Europa che conta già sul loro taccuino conoscono bene il nome del giovane figlio d’arte, ma il taccuino piu’ importante ad oggi è quello di Simone Pianigiani. Con il colpo grosso della qualificazione acquisita agli europei in Lituania con una nazionale in piena rifondazione, con tanti giovani chiamati al salto di qualità, in un panorama europeo in cui tutte le nazionali non tarpano le ali ai talenti fatti in casa sarebbe così peregrina l’idea di includere almeno nei 12 anche questo ragazzone di quasi 2 metri con mano educatissima ed in piena evoluzione fisica?


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