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Alla ricerca della verità

In foto: una scena del film Invictus (2009) diretto da Clint Eastwood.

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RICERCA DELLA d i S A B R I N A C O L A N G E L I

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In occasione del novantesimo compleanno di Clint Eastwood, uno dei più grandi maestri del cinema americano, affrontiamo un particolare aspetto della sua ricca filmografia: il rapporto con la realtà e con le storie vere, da lui utilizzate come riferimento per alcune delle sue migliori opere.

Il parallelo musica-storie vere

Sin dal lontano 1988, anno dell’uscita di Bird, Eastwood ha spesso mostrato un certo tipo di riguardo nei confronti di quelle figure realmente esistite, che con la loro storia lo hanno ispirato. Si tratta di un’ispirazione guidata non solo da un proprio personale interesse, quanto talvolta dalla volontà di trasmettere un messaggio. Il valore di alcune vite si può infatti stimare dal loro lascito, giunto sino a noi. Un simile discorso potrebbe valere per lo stesso Eastwood, il cui strenuo e prolifico impegno ci ha portato a contatto con esempi di vita forse altrimenti mai scoperti. Il risultato è sempre un arricchimento, sia in termini di conoscenza, sia, soprattutto, dal punto di vista delle emozioni, potenti e indelebili. E quale miglior conduttore, se non la musica, può toccare il fondo delle nostre anime? Eccoci così tornati a Bird, incentrato su Charlie “Bird” Parker (Forest Whitaker), uno dei più grandi sassofonisti jazz di sempre, morto all’età di soli 34 anni nel 1955. La pellicola, sviluppata in maniera non lineare, si pone come un omaggio all’artista e alla sua musica, capace di dare sfogo ai propri demoni personali in forma di note, andando a comporre un mosaico di dolore e malinconia a cui è difficile restare indifferenti. Tacciato di imprecisioni e invenzioni, il cineasta dovette per forza di cose attuare dei cambiamenti e romanzare alcuni episodi dell’esistenza di Parker: vuoi per una questione puramente commerciale, vuoi per far in modo che le sue tematiche emergessero il più nitidamente possibile. Per quanto riguarda il parallelo musica-storie vere, Eastwood si cimenterà di nuovo nell’impresa più di vent’anni dopo con il poco rinomato Jersey Boys.

Changeling e la variante sul tema della genitorialità

In Changeling è invece una donna, o meglio una madre, protagonista delle vicende realmente accadute nella Los Angeles del 1928. Attraverso l’incredibile storia di Christine Collins (interpretata da una sorprendente Angelina Jolie), una donna alla ricerca della verità riguardante il proprio figlio, Eastwood spazia da un argomento all’altro tenendo altissima l’attenzione del suo pubblico e solleticandolo con continue riflessioni. Il thriller si intreccia al film biografico in un mix equilibrato, elegante, emozionante. La maternità fa pensare a una variante sul tema così cruciale nella filmografia del cineasta quale la paternità, mentre una critica al sistema giudiziario si insinua in ogni fibra della trama. E non è né troppo velata né troppo sottile, ma semplicemente condivisibile. Tra l’altro questo è un discorso ripreso in qualche altro suo titolo, come per esempio Fino a prova contraria.

Il risveglio della coscienza (politica)

Due importanti figure politiche sono al centro delle pellicole successive: Invictus (2009) e J. Edgar (2011). Se con Nelson Mandela, primo presidente nero del Sudafrica alle prese con l’abbattimento dell’apartheid, affronta una questione tanto delicata quanto sentita – a tal proposito si vedano Gran Torino o Gli Spietati – con John Edgar Hoover tenta di restituire uno spaccato della società attraverso le controverse vicissitudini di uno dei suoi massimi rappresentanti. La tolleranza, seppur con diverse sfumature, è chiaramente uno degli argomenti chiave di entrambi i film. Indifferente alle critiche mossegli, Eastwood ha sempre mostrato di avere le idee chiare e di non temere il giudizio altrui. Al di là del condividerle o meno, il suo grande merito sembra essere quello di non voler condizionare, quanto piuttosto di (ri)svegliare una coscienza spesso sopita. La sua è un’umanità messa in discussione, in un modo o in un altro, portatrice di valori fondamentali che a volte ci si dimentica di tenere nella giusta considerazione.

American Sniper e l’omaggio a chi sacrifica tutto per il proprio paese

Così è anche in American Sniper, in cui un monumentale Bradley Cooper veste i panni di Chris Kyle, Navy SEAL celebre per la sua mira e corroso dalle esperienze sul campo di battaglia. Diverse furono infatti le missioni in Medio Oriente, dove gli venne messa addirittura una taglia di 20.000 dollari sulla testa. La pellicola è un intenso racconto di vita, nel quale si può rintracciare un’universalità per quanto riguarda soldati ed ex veterani, uomini che hanno votato la loro esistenza al servizio del proprio paese. Nel farlo, molti di loro hanno sacrificato tutto o quasi, dalla sanità (fisica e psichica) alle persone che amavano, quando non addirittura la vita stessa. Torna allora l’aspetto dell’omaggio, nei confronti di coloro che hanno dato un contributo sostanziale in nome di una libertà e di una giustizia che troppe volte assumono dei contorni sfocati e caotici. Senza sentimentalismi o inutili orpelli, un atto di riconoscimento personale (che diventa poi in qualche modo collettivo) e schietto.

Esempi di vita, da Sully a Richard Jewell

I successivi lavori, Sully (2016) e Ore 15:17 – Attacco al treno (2018) esibiscono altre due storie esemplari, virate esclusivamente verso un’ottica per così dire “positiva”, offrendo degli esempi di integrità, moralità e responsabilità difficili da eguagliare. In entrambi i casi, il coraggio messo in scena è infatti qualcosa di straordinario. Da spettatori, siamo condotti a porci delle domande e a immedesimarci nelle figure di questi eroi dei giorni nostri, capaci di cambiare le sorti di una tragedia senza necessariamente indossare un costume. Concludiamo infine la lunga carrellata con il più recente titolo della filmografia di Clint Eastwood: Richard Jewell. Tra i punti più alti di questa ricerca della verità che sembra caratterizzare la poetica del cineasta sin dai suoi albori. In fondo il desiderio (e forse la necessità) di raccontare storie realmente accadute diventa non solo una sorta di legittimazione, quanto un tratto distintivo della personalità di un artista. O almeno di alcuni artisti. Parlare e presentarsi attraverso le proprie opere, esprimere un’opinione e al tempo stesso portare alla luce episodi dal valore incalcolabile e che altrimenti rimarrebbero ignoti ai più, appartiene a chi possiede una coscienza politica particolare. Esattamente come il protagonista di quest’ultima pellicola – perfettamente incarnato da Paul Walter Hauser – che mette a rischio il suo futuro per ciò che ritiene un bene più grande.