3 minute read

8. L’Ontologia aristotelica. Matematica e Logica

Gli studi di biologia sono contenuti nei libri della Fisica; infatti, la Physis è la scienza della natura e del divenire, quindi del mutamento e del movimento dei corpi. Ogni cosa è composta da una miscela diversa dei quattro elementi, già ipotizzati dai filosofi naturalisti (in particolare, da Empedocle): Terra, Aria, Fuoco e Acqua. Ognuno di questi partecipa di due qualità o attributi della materia: caldo (fuoco, aria), freddo (terra, acqua), umido (aria, acqua), secco (terra, fuoco). Inoltre, ogni elemento tende al suo luogo naturale: il basso per la terra e l’acqua, l’alto per il fuoco e l’aria. La Terra come corpo celeste è posta al centro del Cosmo (Universo); al di fuori di essa c’è l’etere (la quinta essenza), privo di massa, invisibile, eterno ed immutabile. In esso, su sfere concentriche alla Terra, si muovono gli altri corpi; nell’ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Infine, il cielo delle stelle fisse, che dà origine al moto dei corpi celesti sottostanti, e perciò è chiamato anche primo mobile. Poiché ogni movimento deve avere una causa, il moto di questo cielo è originato direttamente da Dio, che è il Primo Motore Immobile, l’Essere eterno da cui tutto dipende.

8. L’Ontologia aristotelica. La Matematica e la Logica.

La concezione aristotelica del Cosmo si presentava naturalmente come la più adatta alla religione cristiana, ponendo la Terra e quindi l’uomo al centro del Creato. Pertanto, fu fatta propria dalla filosofia Scolastica e costituì l’immagine del mondo fino alla nuova teoria di Copernico e Galilei. La più completa rappresentazione di essa, allo stesso tempo filosofica e poetica, si trova nella Divina Commedia del grande fiorentino, apolide e universale, Dante Alighieri, il padre della nostra lingua. L’Universo è finito; così anche lo spazio, percepito tramite lo spostamento in esso delle cose ; lo stesso movimento fonda l’intuizione del tempo, che distingue una successione di posizioni. Senza il movimento non è neppure pensabile lo spazio, per cui il Nostro rifiuta l’idea del vuoto (che corrisponderebbe al non-essere). La base dell’indagine filosofica di Aristotele sta nel modo diverso, rispetto a Platone, con il quale si sforza di conciliare il rapporto dell’Essere eterno e immutabile di Parmenide con il Divenire incessante degli enti di Eraclito. Egli introduce il concetto di sostanza, o materia, di cui tutte le cose sono costituite, e di forma che ognuna di esse assume nella sua specificità: pertanto rifiuta l’idea trascendente di Platone. Un ente (òntos, ciò che è, esiste) è parte della materia che ha in sé la propria possibilità di sviluppo, la potenza che si tramuta in atto: perciò, la forma è immanente alla materia. Per esempio, il seme ha in sé la propria forma in potenza, che poi si svilupperà nel fiore o nell’albero adulto. Non c’è più bisogno del Demiurgo (teorizzato da Platone nel Timeo), il divino operaio che costruisce il mondo materiale trasferendo l’idea universale nell’ente particolare. La diversità fondamentale tra le due concezioni della realtà è espressa in modo profondo ed icastico nel sublime affresco di Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene, dove si vedono affiancati i due grandi filosofi: Platone con l’indice della mano destra rivolto al cielo, Aristotele con il palmo della mano verso il basso, la terra. Essi stanno al centro della scena, a testimoniare la complementarità delle loro concezioni nell’interpretazione dell’arte rinascimentale. Ai lati, vi sono raffigurati i filosofi e matematici dell’antichità: Parmenide, Eraclito, Euclide, Pitagora, Plotino; inoltre, gli Dèi simbolo della sapienza e delle arti, come Atena ed Apollo. Secondo il costume dell’epoca, ogni personaggio ha il volto di una persona storica famosa: ad esempio, Platone ha l’aspetto di Leonardo da Vinci. Il significato di questo dipinto va anche oltre le intenzioni dell’autore: si può dire che tutto lo sviluppo successivo del pensiero razionale dell’Occidente poggia le sue basi sulle diverse dottrine dei due grandi Maestri e sull’opera dei Matematici con essi rappresentati.

14