CARLO BENDINELLI - LA MIA VITA SPERICOLATA

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Carlo Bendinelli

LA MIA VITA SPERICOLATA

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PREFAZIONE

Il contenuto narrato in questo libro, dove sono stati descritti fatti ed avventure vissute, non è altro che un bilancio della mia esistenza. Lascio intendere al lettore se tutto ciò che è accaduto abbia un senso o, al contrario, se è immagine di un esistenza sprecata come potrebbe intendere qualche buonista. Sappiamo tutti che si vive una volta sola e ognuno di noi programma la propria vita in un’esistenza che dia soddisfazione per raggiungere quegli obiettivi di successo che ognuno di noi si è prefissato. Lascio quindi giudicare al lettore se tutto ciò che ho narrato abbia un senso o se si tratta di una vita sprecata. Carlo Bendinelli

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L’INIZIO DELLA MIA STORIA

Tutto è cominciato quando nel 1956 i miei genitori si trasferirono a Santa Croce sull’Arno. In quegli anni frequentavo il secondo anno di ragioneria all’ITC Pacinotti in quanto avevo già ottenuto il diploma di Computista Commerciale, così si chiamava all’epoca il Ragioniere in II, e per iscrivermi a ragioneria dovetti sostenere un esame di integrazione, che feci a Lucca. Tutto questo con una bocciatura a settembre in Italiano e Storia, nonostante che nelle materie scientifiche come Matematica e Computisteria io avessi sette come voto, ma ricordo bene che fui bocciato dalla professoressa Amato. Allora mi ritrovai senza arte né parte. A quel tempo mio padre Fabrizio era una persona che cercava sempre qualcosa da fare indagando qua e là. Ricordo che io ed un mio caro amico, Gilberto Baggiani, andammo a Milano presso un Manager che si occupava dell’industria delle cartiere, rimase sorpreso vista la nostra giovanissima età. Eravamo infatti ancora minorenni e a causa di problematiche economiche, abbandonammo l’idea delle cartiere. Così mio padre Fabrizio mi portò a Cascine di Buti dove, guarda caso, conoscemmo lo Zoppino che era un mediatore immobiliare, e così fondammo un’azienda di borse in paglia unito con il castagno. Fondammo questa azienda e ricordo che Beppe lo Zoppino mi fece conoscere Otello, un esperto nella lavorazione del castagno e di lì a poco l’azienda partì. 5

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La mia azienda era situata in un magazzino di una vecchia stazione di Cascine di Buti. Era composta da una macchina, chiamata la schiappatrice ed un forno per scaldare il legno che in questo caso era il legno di castagno. La lavorazione era la seguente: scaldare a giusta temperatura il legno, per poterlo dividere in strati sottili per essere utilizzati nella lavorazione delle borse ed altri compositi in castagno. Ricordo, che conobbi un cliente di Udine, la ditta Beltrami, e per questa ditta cominciammo a produrre borse in paglia, usando come materia prima il castagno, la paglia, il canniccio e talvolta anche il bambù, tutte materie prime che trovavo in una rivendita a Signa. Facevo una produzione molto consistente, perché questo cliente veniva da Udine per ritirare la merce con un camion Fiat 615, facevo addirittura anche dei vagoni ferroviari e li riempivo di borse di paglia, il cui prezzo di vendita mi ricordo che era di lire 250. Poi tutto ad un tratto, tutto questo lavoro finì ed io mi orientai a

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fare dei rivestimenti in castagno per damigiane, ma cominciò la crisi. Io ero un ragazzo, avevo sedici anni ed avevo già comprato al mercatino degli americani a Livorno una Harley Davidson e con quella andavo tutte le mattine a Cascine di Buti. Come dicevo, però, di lì a poco purtroppo arrivò anche la crisi. Peccato perché questa mia azienda aveva una quindicina di lavoranti esterni per fare le borse, ma evidentemente, essendo un ragazzo ed avendo poco lavoro, dovetti stoppare tutto. Ricordo che al tempo della crisi andavo in un bar a Buti, dove conobbi una ragazza che gestiva questo bar e mi innamorai di lei. Erano i tempi che c’era il jukebox ed ascoltavo “Il Cielo in una Stanza” cantato da Mina. Poi, tutto d’un colpo, tutto finì poiché vendetti la mia azienda ad un manager di Buti. Allora cominciai a lavorare con mio padre nella sua azienda che si chiamava “L’Artigiana”. Era una scarnatrice e spaccatrice PCT, un 7

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lavoro terribile tutto bagnato con stivali a umido ed avevamo sempre a che fare con pelli bagnate per questo tipo di lavorazione. Tuttavia, c’era anche il risvolto della medaglia poiché la mattina cominciavamo presto a lavorare, circa alle sei e talvolta anche alle cinque, alle tre del pomeriggio di solito avevamo finito ed allora potevo andare in giro. Ricordo che a vent’anni ebbi un terribile incidente con la mia 500 scendendo il monte San Baronto, in quanto avevo scommesso con un mio amico, Giuliano Novelli, di fare alle corse sul S. Baronto in salita e non in discesa. Essendo in cima alla vetta, però, lui partì a freccia per scendere ed io rimasi ad andatura lenta, poiché eravamo d’accordo che la corsa era da fare in salita escludendo la discesa, poi dopo una certa titubanza, decisi di accelerare, non volevo che lui dicesse che era più veloce di me, ma ahimè, nella foga addirizzai una curva e mi ritrovai con la 500 su un olivo. Riuscii a scendere ed arrivai alla strada e di lì a poco arrivò un mio amico, Augusto Giovacchini, che mi portò con la sua 1500 Fiat Oscar Spider all’ospedale di Empoli, infilando per la strada anche una processione. Era la vigilia di Pasqua del 1961. Ricordo, non appena furono avvisati dell’incidente, i miei genitori accorsero nella mia stanza d’ospedale e cominciarono a piangere a vite tagliata, in quanto i medici diagnosticarono che non avrei passato la notte a causa di una lesione interna. Nonostante questo, il mattino seguente verso le cinque cominciai a respirare con la gioia immensa dei miei genitori e tutto andò per il meglio. Nel 1956 organizzarono l’Olimpiade Santacrocese, una gara che si svolgeva in un percorso stradale da ripetere due volte in bicicletta. Allora, per partecipare a questa gara ricordo che presi in prestito la bicicletta di un operaio, impiegato nell’azienda di mio padre, che ovviamente avrei restituito al termine della corsa. Ebbene, con questa bicicletta arrivai primo poiché squalificarono un concorrente di Pisa che effettivamente era arrivato prima perché la sua bicicletta aveva il cambio e per regolamento ciò non era permesso. 8

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Allora tutti mi dissero che ero un fenomeno e, un po’ fenomeno lo ero, parlando con modestia, poiché nella gara di inseguimento a coppie nella pista dello stadio riuscii a riprendere la coppia av versaria che partiva metà pista avanti a me. La gara purtroppo fu poi dichiarata nulla poiché il mio compagno non riuscì a tenere la ruota.

Erano i tempi trascorsi tra i sedici ed i ventidue anni che ce la spassavamo e tutte le sere ci ritrovavamo per le volate in macchina, così le chiamavamo. Da ripescare assolutamente tra i miei ricordi è anche l’episodio di quando partecipai come esordiente con l’UCI Santacrocese con direttore sportivo Cambi a ben tre gare in bicicletta da corsa. A quel tempo avevo una Bianchi. Di queste, alla prima gara che aveva l’arrivo a San Casciano, vicino a Vinci, arrivai quarto poiché, pur essendo inizialmente secondo 9

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in classifica, non riuscii a valutare la lunghezza della salita per distribuire al meglio le forze, così persi l’anticipo ed arrivai comunque quarto. La seconda gara invece era il Campionato Toscano a Prato e lì arrivai tra i primi in volata, ma il sellino mi andò giù ed io smisi di pedalare, arrivando decimo al traguardo. Infine, la terza gara fu il Campionato Provinciale di Buti e lì fu una gara da dimenticare, poiché forai ben due volte e non feci nulla, nonostante tutti i miei coetanei mi indicassero prima della partenza dicendo: “Lui va forte”. LA MIA VITA DA TEENAGER Voglio raccontare alcuni fatti avvenuti in giovane età. Era l’estate del 1963 quando insieme al mio amico dell’epoca, Pierluigi Rolandi, decidemmo di andare in Sardegna, precisamente nell’isoletta di San Pietro, a sud dell’isola. Partimmo tutti carichi in auto per il porto di Civitacecchia, con un auto favolosa, una Lancia Flaminia Touring, carrozzata Pinin Farina Nera. Lui elegantissimo, indossava una giacca blu con uno stemma nobiliare ed io un abbigliamento casual. Allora partimmo per prendere il traghetto da Civitavecchia che ci avrebbe portati fino a Cagliari. All’arrivo al porto, c’era una lunga fila per fare i biglietti, poiché la traversata sarebbe stata notturna e quando arrivò il nostro turno, decidemmo di comune accordo che avrebbe fatto lui i biglietti. Ok, Pierluigi arrivò allo sportello “Due biglietti in cabina, 1ª classe intestati a Conte Pierluigi Rolandi Ricci, ed il marchese Bendinelli Bandini Strozzi, sola andata, grazie”. Le persone che ci erano intorno rimasero sbalordite e fecero posto. Si dà il caso che con questa operazione avevamo congelato il 50% dei nostri soldi con qualche interrogativo per il ritorno. Non appena entrammo in cabina io ovviamente gli rimproverai tutto questo, poiché non ero abituato a dire una cosa per un’altra, ma lui aveva soprasseduto. 10

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Non finì qui, arrivati a Cagliari, prendemmo un traghetto per l’Isola di San Pietro dove pernottammo per una notte in una piccola pensione. La mattina seguente, saliti sulla Flaminia andammo all’albergo che, a detta di Pierluigi, ci avrebbe ospitato. Arrivammo così alla piazzetta vicino all’hotel e Pierluigi scese dall’auto: “Aspetta qui, parlo con il proprietario e poi andiamo”. Passati circa dieci o quindici minuti ti vedo Pierluigi correre verso l’auto. “Che è successo?” domandai, “Andiamo via, qui c’è un problema”. Io pensai che non avevo ancora scaricato il bagaglio in Sardegna e già dovevamo ritornare. Al ché io gli dissi “A questo punto io vado via da solo.” Ed infatti mi feci accompagnare all’aeroporto di Cagliari e lì presi un volo per Roma. L’aereo, per la cronaca, era un Viscount bimotore ad elica ed era la prima volta che volavo. Dopo due giorni dal ritorno, al Bar Bellarno che noi amici fre quentavamo, vidi Pierluigi che era tornato dalla Sardegna. Fui abbastanza meravigliato nel vederlo sapendo che anche lui era rima sto con pochi soldi. “Come hai fatto a ritornare?” gli chiesi ma poi non insistetti, probabilmente aveva fatto qualche pieno di benzina al volo. GARA SALINE – VOLTERRA Andando molto indietro nel tempo, a fine anni ‘60, allora era di moda fare le gare in salita e fu così che partecipai alla gara SalineVolterra, gara mitica per quei tempi. C’erano tutte le categorie da “Turismo Serie gruppo 2” e “Turismo preparato”, poi “Gran turismo” e sport prototipi. Il percorso che da Saline andava fino a Volterra per circa dieci chilometri si snodava con una serie di curve molto impegnative ed io nelle prove ero andato abbastanza bene. In gara, però andai a sbattere in un capitello e così la gara sfumò. Mi dispiacque molto poiché erano venuti a vedermi anche mio 11

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babbo ed altri amici, però, come disse De Coubertin, “L’importante è partecipare”. VACANZE IN OLANDA All’età di 24 anni io ed un mio amico, Giovanni Convalle, ci organizzammo per fare un viaggio nei Paesi Bassi. Il primo viaggio lo facemmo con la mia Innocenti Spider 950 rossa e puntammo su Amsterdam senza avere la più pallida idea di dove effettivamente volevamo andare. Viaggiando nelle strade olandesi ci imbattemmo in un’auto olandese con alla guida due ragazze le quali ci facevano cenni di contatto sembrando di essere disponibili per un’avven-

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tura. Fatto sta che decidemmo di seguirle e guidando questa 950 Innocenti arrivammo ad un paesetto sulla costa Nord dell’Olanda. Questo paese si chiamava Bergen aan Zee ed io e Giovanni eravamo con la tenda da campeggio nel camping che distava circa un chilometro da lì. Naturalmente, abituati alle discoteche italiane, arrivati qui ci trovammo davanti ad un mondo totalmente diverso. Chiedevamo di ballare a qualsiasi ragazza, queste non dicevano mai di no ed allora convenimmo così che avevamo trovato il paese di Bengodi. Lì ballavamo tutti appiccicati a queste bellissime ragazze e questo ci dava una gioia infinita, ma purtroppo i giorni passavano così in fretta che i soldi stavano per finire. Allora decidemmo di tornare in Italia. Ricordo che facemmo l’ultima cena a Baden Baden e la sera ci accampammo in una campagna libera da incomodi. Fu allora che facendo i conti dei soldi che ci restavano per tornare, decidemmo di fermarci a Milano dove io avevo un’amica che poteva prestarci qualche soldo per tornare a casa. Questa mia amica, Bellondi, ex nazionale di atletica leggera, era un mio vecchio flirt, con cui mi incontravo a Salsomaggiore. Ricordo che la conobbi a San Romano poiché aveva dei parenti a Montopoli, e mi colpì il fatto che quando le chiesi di rivederla lei mi disse queste parole: “Ma vengo elegante o casual?” Io andavo spesso a San Romano, poiché ci abitava la mia cara nonna Elettra, nonna materna. L’anno successivo ritornammo in Olanda con l’auto di mio padre, una coupé Osca 1500, carrozzata Pinin Farina, sembrava una Ferrari, ed io con Giovanni ritornammo a Bergen. Fu lì che conobbi Elizabeth Royard, una ragazza che abitava in questo paese ed era appassionata di cavalli. Mi innamorai, era il mese di luglio e le promisi che le avrei scritto. Mi scrisse prima lei, erano i primi giorni di agosto ed io, invece di risponderle, presi la mia auto decisi di ritornare da solo a Bergen dicendo a me stesso che questa ragazza l’avrei sposata. Purtroppo il diavolo ci mise la coda poiché mentre viaggiavo spe13

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dito nella Autobahn tedesca, la mia auto andò in panne e fui costretto a farla caricare da un carro attrezzi. Mi ricordo che mi tro-

vavo a Karlsrhue quando successe. Era successo che quel cretino del distributore, controllando l’olio del motore, si era dimenticato di rimettere l’asta dell’olio per cui, dopo circa 30 minuti di viaggio, fuoriuscì tutto l’olio procurando il grippaggio del motore. Così il mio sogno di Elizabeth sfumò poiché non me la sentì di andare a Bergen senza la mia auto poiché lì a piedi non era possibile e quindi momentaneamente rimandai tutto. Allora andai a Francoforte in treno per poi prendere un volo per Pisa dove c’era un’altra ragazza che mia aspettava ma tengo a precisare che era soltanto un’amica. IN CAMPEGGIO A MARINA DI MASSA Nel periodo dai 15 ai 21 anni ero molto amico di Gilberto Baggia ni. Un giorno andammo con il treno a Massa portando con noi una 14

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piccola tenda che si chiamava “La Pinetina” e soggiornammo per quindici giorni in un campeggio a Marina di Massa. Vi racconto un curioso episodio di allora: Una sera quando andammo a dormire, Gilberto mi disse che aveva conosciuto una bella ragazza e gli aveva dato un appuntamento. Mi disse dove si sarebbero incontrati e che avrebbero dovuto vedersi la mattina seguente ma alle cinque. Al ché io gli dissi “Ma te sei pazzo, io a quell’ora non ci andrei!”. Allorché la mattina seguente, mi svegliai presto ed andai all’appuntamento che aveva preso il mio amico. Quando la ragazza vide arrivare me, mi chiese per quale motivo Gilberto non si fosse pre sentato ed io, per cavarmela, gli inventai una balla qualsiasi e dissi che ero suo cugino e, poiché eravamo coetanei, lei mi sembrò non fece difficoltà. Mentre eravamo lì a parlare, all’improvviso arrivò Gilberto che mi trattò di tutti i titoli, e penso che avesse ragione, ma poi si mise tutto a tacere facendosi una risata. Di lì a poco anch’io conobbi una ragazza. Lei era di Monaco di Ba viera e non capivo una parola di quello che diceva, in quanto parlava tedesco e finite le vacanze andai a ripetizione da Campanella per imparare la sua lingua, così da poterle scrivere quel che provavo. Ricordo che lei si chiamava Eva Sebald, indirizzo Schakstrasse Munich. Circa due anni dopo, in un giorno d’estate partì con la mia 500 ed andai a trovarla a Monaco. Lei rimase molto sorpresa nel vedermi, ma tutto finì lì. ABBORDAGGI ALLE RAGAZZE Per l’autostrada andavamo quasi a tutta ed era bello provare l’ebbrezza della velocità. Una sera ricordo che io e Giulio seguimmo un nostro amico che aveva una Ferrari con a bordo una bella ragazza. Ebbene aspettammo che questo mio amico se ne andasse, dopo aver accompagnato la ragazza all’hotel, ed allora entrammo in azione abbordando la ragazza che quasi quasi era d’accordo. Il giorno dopo venni fermato da questo mio amico di nome Gianni, 15

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il quale ci rimproverò per quello che avevamo fatto la sera precedente, ma poi ci ridemmo su diventando più amici di prima. Mi chiese poi se poteva usare la mia barca cabinata per portarci qualche ragazza, ed io acconsentii e gli diedi anche la chiave poiché la barca era ancorata a Viareggio dove lui portava qualche ragazza. ALCUNE DELLE MIE STORIE In quel tempo andavano di moda le feste in casa. Una volta, insieme a Giacomo, andammo a Ponte a Cappiano in casa di un nostro amico ed io portai con me il mio giradischi. Ricordo che c’era una ragazza molto carina di nome Lory, che però faceva un po’ di problemi per ballare. Di conseguenza, dopo tante avances rifiutate, arrabbiato e deluso, presi il giradischi e me ne andai lasciando tutti al palo. In quel periodo frequentavo una ragazza di nome Giuseppina, ma lei era innamorata di Agatone, così si chiamava il futuro Don Backy e quindi non ci fu mai nulla fra noi due. Una storia abbastanza importante la ebbi invece a San Piero a Ponti con una certa Gianna, non avevo ancora compiuto vent’anni quando la conobbi in un locale, Il Milleluci, a Campi Bisenzio. Ricordo che lei andava con i suoi genitori in montagna al Passo della Consuma ed io l’andavo a trovare con una vespa GS che prendevo a noleggio da un mio amico che si chiamava “Tilde”. Ci impiegavo circa un’ora da Santa Croce. Ero veramente innamorato di questa ragazza, ma poi ebbi un incidente ed i miei genitori mi mandarono in pensione a Cesenatico per fare la convalescenza. Ma quale convalescenza, io andai con la macchina di mio padre, una bella 1500 Fiat coupé, e lì conobbi Patrizia Curioni, una benestante di Milano in vacanza dalla zia. Ebbene, mi innamorai anche di Patrizia. La conobbi un giorno a Cesenatico, lei aveva una 950 Innocenti Spider gialla. Ce la spas16

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savamo ma non ci fu sesso poiché lei mi disse che si sarebbe sposata a breve con Cantoni, quello dei filati, ed al mio rientro a Santa Croce tra l’altro ricevetti un invito per il suo matrimonio. Di rientro da quelle vacanze, però, siccome lei era andata a Rapallo dai suoi, decisi di andare lì anch’io e portai con me il mio amico, Pierluigi Rolandi. Arrivammo a Rapallo ed andammo a trovare Patrizia, che fu contenta di vederci e ci invitò pure a cena. Un tipo di cena a cui non ero abituato a partecipare: dopo ogni bevuta, un cameriere veniva e ti cambiava il bicchiere. Ad ogni pietanza era difficile per me capire quale posata dover adoperare. Per fortuna vicino a me c’era Pierluigi, che avendo frequentato la scuola alberghiera sapeva come muoversi, ed io copiavo. Poi, parlando del più e del meno, Patrizia ci invitò a fare lo sci d’acqua con il motoscafo Riva. La mattina seguente noi declinammo l’invito dicendo che avevamo altri impegni, il fatto era che lo sci d’acqua per noi era un tabù. Fu così che siccome noi eravamo con la tenda al Camping, lei un giorno ci vide mangiare dei panini in giro e da quel momento non me la sentì più di incontrarla. AVVENTURE ANNI 70 – 80 Ricordo che conobbi una ragazza di Prato, molto carina, si chiamava Ida Semeraro e dopo averla conosciuta feci di tutto per rivederla fissando un appuntamento per il sabato seguente. Andai all’appuntamento e con mia grande sorpresa si presentò un’altra ragazza bionda, molto bella ed affascinante. Io rimasi sorpreso e chiesi come mai la ragazza che conoscevo non fosse venuta e lei mi disse che non era potuta venire e quindi era venuta lei. Finite le spiegazioni andammo in una discoteca e lì passai una bella serata. Ricordo che con questa fiamma andai per un fine settimana ad Orvieto ma non ricordo il suo nome. 17

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LE VOLATE CON GLI AMICI In quel tempo, nei primi degli anni 70, era di moda fare le volate ed effettivamente si faceva come un circuito con partenza da Santa Croce, per passare da San Romano e Ponte a Egola, per tornare poi a Santa Croce. Si facevano anche le gare, si diceva quarto di miglio, dove una volta, nelle prove di accelerazione con la mia BMW 1600, misi dietro la Fiat Dino di Pelaghino, auto molto performante che in quella prova finì per andare di sotto dall’Argine. Con un mio amico, Franco “Beeroni”, nella salita del San Baronto a Vinci facemmo una corsa contro la Fiat Arbarth di Stefanelli, ma purtroppo io avevo una BMW 700 coupé per cui quello che guadagnavo nelle curve lo perdevo poi sull’allungo. AZIENDA BENDINELLI & CATENI Negli anni sessanta, dopo aver lavorato con mio padre nella sua azienda di spaccatrice e scarnatrice, facemmo decollare un’altra azienda sempre pct spaccatura pelli, con una macchina innovativa per quei tempi, una scarna e spacca che praticamente eliminava un’operazione cioè la scarnatura. L’azienda si chiamava Bendinelli & Cateni. Mi ricordo che la Conceria Landi&Nuti ci finanziò a patto che lavorassimo per tutto il loro fabbisogno. Contemporaneamente mi interessai a fare delle prove di scamosciato su croste di spalle per fare il camoscio, un progetto che è durato quasi un anno per poi giungere alla conclusione di metter su un’azienda conciaria. Poi, nel 1971 fondai insieme a due amici la Conceria Fiume (la chia mammo così perché era posta sul fiume Arno) e nello stesso anno comprai la mia prima Porsche 911, auto formidabile per quei tempi. Da lì decollai. L’azienda produceva croste sia per calzature che per abbigliamento. 18

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Dopo circa cinque mesi, ci furono dei cambiamenti e buttai fuori il mio socio, Pierluigi Rolandi, e dopo anche l’altro socio, Giuseppe Picchi. Feci poi subentrare mio padre come chimico, che si rivelò molto bravo poiché era una persona molto intelligente. Al tempo che ero appena sposato, intrapresi l’attività di commercio di pelli grezze, comunemente chiamate croste in wet-blu. Questo lavoro lo feci insieme ad un socio, soprannominato Cimino. Lui conosceva un sacco di gente e incominciammo a comprare e vendere, mentre mia sorella Daniela mi teneva l’amministrazione. Questo lavoro durò più o meno un anno, dopodiché abbandonammo per dare spazio ad altri progetti. Alla fine, nel 1975, con l’aiuto economico del babbo di mia moglie, fondai la conceria Laura di Bendinelli Carlo, in onore di mia figlia, e nello stesso anno feci il gran passo spostando la conceria Fiume di Santa Croce a Ponte a Cappiano in via Colombo 214. Lo stabilimento era un capannone di circa 1000 metri di superficie e la commessa la feci alla ditta Edilcemento di Perugia, complice il mio caro amico Davini che fece da intermediario. In quell’anno ebbi an che la fortuna di conoscere due rappresentanti, Tamburini e Prosperi di Empoli e così la mia azienda decollò in quanto lavoravamo per il 50% per un cliente di Montespertoli, “Pasqualetti” (Bamby Moda). Ricordo che nella mia azienda nel pomeriggio lavorava la mia mamma in magazzino a fare i mazzi di pelle e selezionare le scelte per poi fare le spedizioni. Tutto questo insieme ad Aurora, un’esperta specializzata in magazzino. Poi ci lavorava mio padre che era un esperto capace di far funzionare tutti gli impianti poiché erano gli anni ottanta e noi avevamo quasi tutti gli impianti all’interno della conceria con circa quindi ci persone al libro paga. Era quasi tutto automatizzato, acquistavo la materia prima dalla Conceria Cogolo di Udine avendo come rappresentante Cesare Giannoni e poi alla Conceria Bocciardo di Genova, ed importavo materiali da molte parti del mondo, specialmente dai paesi asiatici. Avevo inoltre delle segretarie ed impiegate molto capaci, in special modo nei contatti con l’estero, tra cui una ragazza di Massa laureata in marketing negli Stati Uniti e, 19

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dal 1990, Maya che lavorava alla Sigma, un’agenzia pubblicitaria, e che di venne in seguito il mio cavallo di battaglia per le vendite all’estero. Insieme abbiamo fatto fiere in Corea, Hong Kong, Turchia ed India, e lei è stata molto capace. Eravamo proprio un bel team! QUELLA VOLTA CON IL MORO ALLA TENUTA DEL CIOLINO Eravamo negli anni 70 e ricordo che una sera, io ed il mio amico chiamato “Il Moro”, andammo con la mia Porsche 911 bianca, dopo aver conosciuto alcune ragazze, a Firenze, alla tenuta del Ciolino, che era una proprietà di mia moglie e volevamo portarle in questa casa per poter stare con loro. Tutto però andò storto poiché non appena arrivammo alla tenuta si sentì uno sparo. Il colpo fu chiaramente sparato per allontanarci così, con mio grande spavento, feci retromarcia per allontanarmi al più presto dal casale in cui, nel frattempo, qualcuno continuava a sparare. LA RAGAZZA MILANESE Di solito con la mia famiglia passavamo il fine settimana nella tenuta del Ciolino situata nei pressi di Carmignano, vicino a Firenze e di proprietà dei genitori di mia moglie. In una di quelle volte in cui eravamo là, eravamo una quindicina di persone ed io mi annoiavo. Così per evadere un po’ dissi a mia moglie che andavo a fare un giro a Firenze. Si parla del 1970. Andando via da lì mi sembrò di rinascere ed andai da solo tutto caricato alla stazione ferroviaria di Firenze per vedere un po’ di gente. Allorché notai una bella ragazza nello spazio di attesa della partenza dei treni per Milano. A quel punto mi avvicinai a lei e le chiesi dove andava. Lei mi rispose educatamente e mi disse che aspettava il treno con destinazione Milano. Io traccheggiai un pochino ma dopo decisamente le dissi che a Milano ce l’avrei portata io in macchina. Lei 20

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inizialmente esitò un po’, ma poi accettò. Così andammo alla mia macchina, una BMW 1600 T1 del ’68 e prendemmo l’autostrada per Milano. Era già sera ed il viaggio era abbastanza lungo. Parlavamo del più e del meno, così, con tanti discorsi, arrivammo a Milano che era già mezzanotte passata. L’accompagnai alla sua residenza e lei mi chiese dove sarei andato a dormire. Io le risposi che non lo sapevo ancora e magari se c’aveva un divano per me per la notte. Lei acconsentì e così andammo a casa sua. Naturalmente poi il divano diventò un letto e quindi passai una bella nottata. La mattina seguente rimasi con lei fino al primo pomeriggio e dopo presi la via del ritorno promettendole che il fine settimana dopo sarei tornato da lei. Tornai a casa tutto caricato già pensando al sabato dopo che sarei tornato a Milano. Quando tornai da mia moglie, mi chiese “Ma dove sei stato?” ed io le risposi “Sono andato a prendere un caffè”. Non vedevo l’ora di tornare a Milano. Arrivò il sabato del fine settimana ed io mi misi in viaggio, ma il diavolo ci mise la coda. Purtroppo, infatti, all’altezza tra Pian del Voglio e Roncobilaccio, in una curva tentando un sorpasso, trovai nella corsia di sorpasso un camion ed essendo molto veloce, mi spostai nella corsia di emergenza per ovviare l’ingombro, ma nella corsia di emergenza c’era un altro camion fermo ed allora l’istinto mi dettò di andare a sbattere contro il guardrail di sinistra, per limitare i danni. Fatto sta che la mia BMW fu distrutta ed io mi fratturai il naso. Mi ricoverarono all’ospedale di Bologna dove venne a trovarmi mia sorella e dopo pochi giorni fui dimesso. Non tornai più a Milano. LE AVVENTURE CON IL BORA Negli anni pressappoco 1975, agli inizi dell’estate, comprai una barca, un Bora della Italcantieri due motori Volvo da 125 CV cadauno e la tenevo nel porto di Viareggio alla Lusben Craft, era intestata alla mia mamma. Ricordo un fatto molto eccitante: una mattina insieme ad Alessandro Francioni, Fabrizio Calistri e Franco 21

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Soldani decidemmo di uscire con la mia barca “il Bora”. La cosa strana era che non usciva nessuno e noi eravamo in erba per quanto riguarda l’esperienza marinara ma io dissi: “Mi sembra che il mare sia abbastanza calmo quindi si potrebbe uscire”, a giudicare dall’acqua che ovviamente nel porto era abbastanza calma. Allora decidemmo di uscire. Appena fummo fuori dal porto, ero io il capitano che conduceva la barca e mi ritrovai con delle onde davanti di circa cinque o sei metri di altezza. Al ché dissi “Facciamo una virata di 180°” per poter rientrare in porto. Nel frattempo le onde erano diventate incontrollabili, al ché il Soldani andò sottocoperta, si impaurì, ed anch’io non ero troppo sicuro di questa manovra per l’impetuosità del mare, quindi parlai con gli altri. Volevo portare la barca a riva, poi mi feci coraggio e contrastai queste onde megagalattiche che si infrangevano sulla nostra barca. Ce la facemmo a rientrare con uno spavento che non vi dico, andammo sotto coperta a bere un po’ di whiskey ed effettivamente ci prese un po’ di tremarella. La barca resse l’impatto delle onde e così, non volendo, si era fatta una grande esperienza. Un’altra avventura la facemmo sempre con il Bora quando io con tutta una ressa di appassionati di barche decidemmo di andare all’isola d’Elba. Io ero con tutta la mia famiglia: mia moglie, Laura e Paolo che avevano pressappoco 5 o 6 anni. Le imbarcazioni che aderirono erano circa una decina, avevamo un coordinatore, un certo Nirvano Frangioni, che aveva anche lui la barca e che ci avrebbe guidati nella navigazione fino all’Elba. Si dà il fatto che il Mister Frangioni contò le barche in navigazione e giustamente ne mancava una che era la mia. Siccome le altre barche erano abbastanza veloci e c’era un po’ di maretta, io tentai di stagli dietro ma il Bora riusciva a malapena a planare ed allora decisi di fare un’inversione di marcia di 180°, senza avvertire il coordinatore perché la radio non prendeva. Dopo circa mezz’ora, la barca del Frangioni ci accostò per sapere che cosa fosse successo ed io spiegai le problematiche che avevo riscontrato e pertanto quella volta rinunciammo ad arrivare all’Elba. 23

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PERCHÉ HO COMINCIATO A VOLARE A trentacinque anni ebbi un esaurimento nervoso ed allora mi dissi “Se faccio una cosa di cui ho paura, posso vincere qualsiasi situazione”. Fu allora che decisi di volare e prendere il brevetto di pilota. Ricordo il mio primo decollo: naturalmente ero solo a pilotare un velivolo francese, Moran, l’istruttore di volo era il Comandante Orsini, il quale dopo un’escursione di volo insieme a lui, alla fine dell’atterraggio, mi disse “Ora puoi volare da solo, non hai più bisogno di me”. Ricordo che feci il giro campo ed atterrai senza problemi e da allora sparirono tutte le mie immotivate paure e quando tornai a casa ero l’uomo più felice del mondo. Per quanto riguarda il lato più personale della mia vita, devo dire che non sono stato un padre perfetto ma alla mia famiglia non gli ho mai fatto mancare niente e gli volevo bene.

Forse il problema era l’età sempre troppo giovane. Mi sono sposato a ventisei anni e, a dire la verità, dovevo ancora provare e capire tutte quelle sensazioni che la vita ti offre, comunque ho cercato sempre di fare il mio meglio in tutto questo. 24

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RIEPILOGO DEGLI SPORT FATTI Tutto quello che mi sono inventato nella mia vita riepilogando tutti i passaggi: ATLETICA LEGGERA A sedici o diciassette anni frequentavo l’istituto tecnico Pacinotti e guarda caso ero arrivato secondo alla campestre e primo ai 1000 metri all’arena Garibaldi di Pisa in pista. Sognavo di partecipare alle Olimpiadi che ci sarebbero state a Roma nel 1960 e per questo mi andavo ad allenare nella pista rossa, ma questo rimase solo un sogno. CICLISMO A 14 anni ero iscritto come concorrente all’UC Santacrocese diretto da Cambi. Ero una speranza, ma feci solo tre gare. AUTOMOBILISMO I FASE Nel 1968 feci diverse gare in salita con la BMW 1600 TI nel gruppo 2 per cui correvo con le auto fino a 2000 CC preparate e quindi ero molto svantaggiato, ma non mi importava. KART Ho partecipato a molte gare di Kart. Il trampolino di lancio l’ho avuto a Magaluf, nell’isola di Mallorca nelle Baleari, e da lì ho partecipato attivamente a moltissime gare cittadine ed in pista. Ricordo che nel circuito di Ampugnano a Siena ebbi un incidente poiché fui colpito in pieno in una curva in fondo al rettilineo principale e mi incrinai due costole. Poi partecipai al campionato europeo che si svolgeva a Magione in Umbria in tre prove. Mi ricordo che in una prova fui superato in gara dal campione mondiale Piccini che saltò una chicane senza percorrere la traiettoria della pista, ma a quell’epoca era tutto per108

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messo evidentemente. Io gareggiavo con un Kart Valvola 125 motore Minarelli molto performante. Questi aggeggi, sembra incredibile, ma avevano un’accelerazione impressionante. AUTOMOBILISMO Nel 1998 passai alla F3. Andai con un mio collaboratore dell’azienda a Milano ed acquistai una F3 da un pilota milanese. Da allora cominciai a gareggiare fino al 2008. Mi sono divertito fino al 2016 ad allenarmi con il team di Fausto Bellezza “Bellspeed” ed andando spesso al circuito di Magione in Umbria. Ripeto, il tempo più bello della mia vita l’ho trascorso nelle competizioni. SCI Tutti gli anni, quando si avvicinavano i giorni di Natale e Capodanno, non vedevo l’ora di andare in montagna per cui, essendo un appassionato di sci, non potevo mancare. Ho gironzolato in tutte le località sciistiche più famose: Da Courmayeur a Cortina, a Dobbiaco, in Val Senales, a Madonna di Campoglio, a Cavalese, San Martino di Castrozza, Canazei ed altre. Questo per me, in quel tempo di fine anno, era come una droga. Comunque ho iniziato a sciare all’Abetone nell’Appennino, all’età di 17 anni ed ho continuato a sciare insieme a mio cognato, Alessandro Francioni, e Marcello Bertini. Mi ricordo che all’epoca Marcello preferiva fare La Riva ma cadeva moltissime volte e noi lo prendevamo in giro. Una volta ho trovato mio nipote Filippo in una discesa all’Abetone e direi che lui scia bene, ha stile, io potevo essere anche più veloce ma mi sono divertito. Carlo Bendinelli

UN PENSIERO PER LAURA Voglio raccontare un fatto avvenuto quando Laura aveva non più di sei o sette anni. Lei veniva con me sulla mia Porsche 911S ed io la facevo divertire dicendole che l’avrei fatta volare. “Davvero?” 109

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mi rispondeva ed io davo gas sull’acceleratore e la velocità che imprimevo alla mia auto era tale che sembrava di volare e Laura era contenta e voleva subito ricominciare: “Babbo mi fai volare ancora?”Queste sono le piccole cose che possono sembrare insignificanti ma rimangono stampate dentro noi stessi per comprovare l’amore che si prova verso un figlio, un amore smisurato ed incomparabile.

PER PAOLO Oggi sono andato a trovare Paolo, mio figlio. Parlando del più e del meno l’ho invitato a salire sulla mia Dallara 2001 per fare un giro al Mugello e questa volta, a differenza di tante altre, l’ho visto incuriosito ed invogliato. A dirla tutta, non c’è niente di più bello che salire su un auto da competizione e provare tutta quell’emozione ed adrenalina che solo questo sport riesce a trasmettere. L’ebbrezza che ti trasmette un’auto da corsa è una cosa incomparabile, tipo come buttarsi giù da un aereo con un paracadute o fare una discesa libera con gli sci. Tutto questo si sa, comporta dei rischi, ma pensiamoci bene, io non sto dalla parte di quelli che dicono “non fare questo perché è rischioso, puoi farti male” o “non fare quello perché è stupido”, io dico che è bello mettersi in gioco. Nuvolari ha partecipato alle competizioni fino a quasi settant’annie forse quelle persone che dicono che è stupido rischiare non vedono l’altra faccia della medaglia e non proveranno mai quella soddisfazione, tutta quell’adrenalina incommensurabile che ti entra dentro e tutte quelle emozioni che non sono paragonabili a nient’altro nella routine della vita quotidiana. Mi ha fatto bene parlare con Paolo perché ho constatato che ha preso la strada giusta, sia per il lavoro che per la vita in generale. Non si vive solo di lavoro e lui ha capito, forse guardando il babbo, e nel tempo libero si è buttato nello sport, nella mountain bike, nel tennis ed ora nel padel, e questo mi fa molto piacere poiché sono convinto che tutto questo lo aiuterà a stare bene sia mentalmente che fisicamente. Forse questo Paolo non lo sa, ma quando faceva le gare di kart io ero sempre in 110

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pena guardandolo ed adesso che è diventato l’uomo che è, sono veramente felice di esser stato lì con lui in quei momenti.

CONCLUSIONE Concludendo, ho citato dei fatti più significativi in questo libro, cioè tutto quello che andava fuori dalla logica, per non dire un po’ controcorrente, per stimolare il lettore a voler sapere la conclusione di ogni singolo fatto o avventura. La mia sensazione su tutto quello che ho narrato è che il tempo si sia fermato e tutto quello che è successo, sembra ieri, non abbia un tempo prestabilito. Se è vero, come dice il detto, che il tempo cancella tutto, io questo non lo condivido, poiché la vita è come un fulmine, passa in un lampo e quando te ne accorgi, ormai è già passata. Carlo Bendinelli - 20 novembre 2021

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La mia vita spericolata

INDICE Prefazione

3

L’inizio della mia storia

5

La mia vita da teenager

10

Gara Saline – Volterra

11

Vacanze in Olanda

12

In campeggio a Marina di Massa

14

Abbordaggi alle ragazze

15

Alcune delle mie storie

16

Avventure anni 70 – 80

17

Le volate con gli amici

18

Azienda Bendinelli & Cateni

18

Quella volta con il Moro alla tenuta del Ciolino

20

La ragazza milanese

20

Le avventure con il Bora

21

Perché ho cominciato a volare

24

La mia passione per il volo

25

Il Bussolotto e le ragazze di Milano

27

Quando mi rubarono la Porsche

28

Le corse a Mallorca

29

Le gare di go-kart con mio figlio Paolo

31

La Saab

33

L’incontro con miss culo e la Saab (che non era verde)

34

Settimana ad Hammamet

35

Vacanze con Paolo

37

Una settimana a Livigno

37

Vacanza a Corfù

39

Maya

40 113

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La mia vita spericolata

La traversata con Maya verso l’Elba

43

Tempo libero al Forte

47

Traversata in barca Porto Azzurro-Bastia

49

Escursione a Zurigo

49

Le fiere internazionali degli anni Novanta

51

Seul

53

Elba con Mauro Rovini

54

Golf

56

Sviluppi nella storia con Maya e il periodo con Tamara

58

Tenerife e la cicciona

61

Anni 90 – 91

62

Le avventure in compagnia di Alberto Guidi

64

Avventure con Pietro Giananti

66

Filippo

66

Viaggio ad Alicante

68

Viticcio, pranzo da Simona

68

Porto Azzurro – Marciana Marina

69

La Pielespagna

70

Vacanze a Nizza (2003)

70

Cristina

72

Vacanze in montagna

73

Vacanze con la Honda 600 all’Isola d’Elba

73

Anni dal 2010 al 2020

74

Hobby e passioni

75

I miei sport

76

Ciclismo

76

Atletica leggera

76

Tennis

76

Golf

76 114

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La mia vita spericolata

Automobilismo

77

La mia vita e la mia passione

77

L’inizio della mia storia da pilota

78

Campionato Italiano di Formula 3

78

Autodromo di Magione

80

Flash Amaduzzi

81

Campionato italiano di F3 nel 2006

81

Soddisfazioni con la F3

82

Storie di amicizia

91

Fabrizio Calistri

91

Adolfo Andreini

91

Alberto Guidi

92

Lunedì 5 luglio: rave party a Santa Maria a Monte

93

3 settembre 2021: scomparsa di un amico

94

Pensieri e riflessioni

95

Pensieri sulla pandemia

104

Dedica ad un amico

105

Dedica a Duilio Fancelli

106

Tempi passati con mio cugino

107

Riepilogo degli sport fatti

108

Un pensiero per Laura

109

Per Paolo

110

Conclusione

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ISBN: 9791280343680

Studio Byblos Publishing House studiobyblos@gmail.com ‐ www.studiobyblos.com Finito di stampare Giugno 2022

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